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  • Nassim Mendil: hybris, dribbling e il gran rifiuto

    Nassim Mendil: hybris, dribbling e il gran rifiuto

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    I fantasmi del 1428 sono i figli di quelli del 2022: ora la peste, ora la guerra, ora le religioni usate per togliere libertà agli altri. Magica Corsica, mina del Mediterraneo, durezza ispida e fierezza gravida. I pescatori di Bastia guardano all’Italia, quelli di Ajaccio alla Francia. Mari pescosi. E in quel 1428 due marinai dappoco trovarono un prodigio grande: un crocifisso nero, poco oltre la costa. Segno che gli isolani del mare nostrum si conoscono tutti: i mori e i biondi, i musulmani che leggono Gesù nel Corano, gli ebrei convertiti al Dio Trinitario, gli slavi esperti di corde e chiodi, i bestemmiatori che fedeli alla legge del mare salvano ancora anime di tutti i credi, compreso il più arduo di tutti che è quello per l’uomo.

    Nassim Mendil dalla Corsica all’Irpinia

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    Nassim Mendil ai tempi di Avellino

    A fine anni Novanta, esordisce lì a Bastia uno smilzo e tonico franco-algerino di provincia, provenzale di nascita e maghrebino di cultura. Si muove, sbotta, dribbla; nei periodi di forma è appuntito, in quelli di stanca, tra giovanili e tanta panchina e tribuna, appare gracile. Diagnosi da osteopata: deve farsi le ossa. E Nassim Mendil approda ad Avellino a inizio millennio, una big della C che all’epoca tutti pensano possa svezzare il ragazzo molto più di ogni cadetteria francese.

    Fa anche il suo, seppure ancora pochino: più continuità fisico-atletica, i primi goal, l’abbozzo della ricerca in un ruolo più preciso sul campo. Fine stagione, rotta Lecco: la provincia disabituata al calcio dopo una piazza tipicamente meridionale, quanto a pressioni, attaccamento, agonismo, sembrerebbe la pietra tombale. Non uno slancio, ma una definitiva dispersione. In otto gare, Mendil dimostra che tutto sommato c’è, che non ha senso languire ancora nel calcio di terza serie, che un biglietto di sola andata per un salto di categoria sa e può meritarlo.

    Cosenza sulle montagne russe

    E allora eccolo lì: 2001/2002, Cosenza Calcio. Squadra bella e strana il Cosenza di fine Novanta, inizio anni Zero, squadra di quando s’era più giovani. Squadra per sempre. Dal ritorno in serie B, a un anno appena dalle lacrime di Padova e con Marulla che sembrava una volta di più il Dioscuro degli spareggi salvezza, fino al fallimento, al Crati si faranno cinque stagioni sulle montagne russe. Una farsa l’ultima, un travaglio la prima (ingresso sprint, che dalla trasferta al Delle Alpi in poi si avvita in una salvezza stentata), tre onorevolissimi campionati in mezzo. Per larghe fatte di campionato tra le prime, poi pareggi, pareggi, pareggi e piazzamenti e prestazioni che però si rimpiangono soprattutto oggi, quando la salvezza low cost anno per anno è il piatto in tavola. Si mangia, sì, senza troppo piacere né appetito.

    Nassim Mendil idolo all’improvviso

    A Cosenza, in ogni caso, c’è il miglior Mendil di una carriera di circa quindici anni: dieci reti, falcate, pallonetti, diagonali, tocchi sotto misura da due passi, persino qualche veronica e stacchi di testa. Normale che il ragazzo, dopo una lunga incubazione, si senta pronto per il gran salto, se si concede di dribblare un portiere prima di insaccare o se indifferentemente muove novanta minuti dalla fascia al centro e viceversa.

    Gli arriva persino la chiamata dalla nazionale maggiore algerina, all’epoca allenata dal vecchio fantasista di casa, Madjer, tra i migliori giocatori africani di sempre. In grado col Porto, dalla metà degli anni Ottanta ai primi Novanta, di vincere tutto: Coppa dei Campioni, Intercontinentale, campionati. Altro bello spirito libero, col carniere pieno di goal di tacco, calci di punizione, e coppa d’Africa levata al cielo, proprio ad Algeri, nel 1990. Baggio, Vialli, Berti, Mancini, Giannini e gli altri piedi buoni azzurri degli anni Novanta mancarono omologa impresa a Roma, ai Mondiali, pochi mesi dopo; beffati da un serafico Goicoechea e da un invecchiato quanto ribaldo Maradona, nel catino del San Paolo.

    Il gran rifiuto

    Mendil rifiuta: il ragazzo vorrebbe le giovanili francesi e poi giocarsi un posto tra i Blues, freschi campioni del mondo e d’Europa, prima di essere accappottati nel mondiale nippocoreano del 2002. È l’inizio della fine? Forse che si, forse che no: D’Annunzio docet. E il nostro riparte con una girandola bella a metà: Reggina, Catania, Spezia, Ascoli, Salernitana. Altro che Coupe du Monde!

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    1998, Zinedine Zidane alza la coppa Rimet, la Francia ha appena vinto il Mondiale in casa

    Intanto, però, prima dei titoli di coda rivediamo ancora il bel Mendil di Cosenza in qualche spiraglio anconetano, nella patria del Collettivo e della Curva Nord. Una promozione dalla C2, una sofferta quanto meritata salvezza l’anno dopo. Infine, dilettantismo ancora, ormai più (ri)partenze che false partenze. Peccato. Ci piace pensarlo intorno allo stagno di Rognac, dove ci fu una colonia ligure e il mare alto sferza calette e rilevato ferroviario. Che si rimangia quel rifiuto o coccola di nuovo l’esplosione del tifo cosentino nella gabbia dello Scida dopo un due a zero nel recupero, o il profetico tiraggir in riva allo Stretto di Messina. Che tempi!

     

    Domenico Bilotti

  • Bergamini, anche per la Cassazione «ombre» sulla morte di Denis

    Bergamini, anche per la Cassazione «ombre» sulla morte di Denis

    Anche la Cassazione vuole vederci chiaro sulla morte di Donato “Denis” Bergamini. Ad avvolgere «la tragica fine» nel 1989 dell’ex calciatore del Cosenza nei pressi di Roseto Capo Spulico ci sono ancora «numerose ombre», sostengono infatti gli ermellini, riporta Ansa Calabria. Le parole dei giudici della Suprema corte sul decesso del giocatore ferrarese sono arrivate al termine di un processo che vedeva imputato un cronista, alla sbarra per una diffamazione ai danni del magistrato Franco Giacomantonio.

    Quest’ultimo, da capo della Procura di Castrovillari, secondo il giornalista, si sarebbe mostrato fin troppo «pavido» nell’indagare sul caso Bergamini. Così facendo – sostenevano gli articoli su di lui – avrebbe favorito Isabella Internò, l’ex fidanzata del calciatore sulla quale gravano da anni i sospetti dei tanti, cosentini e non, che respingono l’ipotesi del suicidio del centrocampista.

    Nessun insabbiamento, critiche eccessive

    Per la Cassazione, invece, c’è poco da imputare a Giacomantonio nella gestione della vicenda Bergamini. Il procuratore, infatti, è colui che nel 2011 chiese al Gip la riapertura delle indagini. Nonché lo stesso magistrato che si impegnò «a svolgere, successivamente, una diffusa ed articolata istruttoria, servendosi di numerosi consulenti tecnici e svolgendo molte audizioni di persone informate dei fatti, in vista di un evidente obiettivo di fare luce sul controverso “caso giudiziario”».

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    La Corte di Cassazione

    Nulla da eccepirgli nemmeno per quanto riguarda la successiva archiviazione dello stesso caso. Per i supremi giudici «è formulata con ampie ragioni (che si snodano lungo 73 pagine di provvedimento), dando conto di tutte quante le indagini effettuate: dunque non una decisione superficiale, o peggio, deviata da una qualche parzialità». Senza contare, scrivono ancora, che Giacomantonio a Castrovillari è arrivato decenni dopo la morte di Bergamini e le relative indagini iniziali. Nessun insabbiamento da parte sua, quindi, per i giudici sebbene il legale della famiglia di Donato avesse fatto notare, all’epoca dei fatti, una certa titubanza del magistrato inquirente a far eseguire ulteriori esami sul cadavere. «Non bisogna aver paura della verità», le sue parole.

    Bergamini e le ombre: le parole della Cassazione

    Ma i dubbi su quella tragica notte di pioggia del 1989 e le successive indagini restano. Anche tra gli ermellini. Che, infatti, chiariscono che al momento la Cassazione «non è la sede per diradare alcuna delle numerose ombre che avvolgono la tragica fine di Denis Bergamini», ricordando al contempo che la stessa Internò è oggi imputata a Cosenza per il presunto omicidio del suo compagno di allora. Il caso, anni dopo l’archiviazione targata Giacomantonio, è infatti «riaperto a seguito della richiesta di riesumazione della salma del calciatore, avanzata dai familiari di Bergamini tramite l’avvocato Fabio Anselmo, con nuovi esami che hanno accertato il decesso per soffocamento».

    La lapide in ricordo di Donato Bergamini ai bordi della strada dove perse la vita
  • Sognando la Calabrifornia: l’esercito del surf sulle onde di Jonio e Tirreno

    Sognando la Calabrifornia: l’esercito del surf sulle onde di Jonio e Tirreno

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    Ne ha fatta di strada quest’onda. È nata sulle coste africane e ha viaggiato per migliaia di chilometri prima di arrivare con tutta la sua potenza ad impattare qui, sul litorale calabrese, e farsi cavalcare dalle tavole dei surfisti che l’hanno attesa e sognata per giorni.
    Sono circa trecento i surfisti in Calabria. Impossibile però contarli uno ad uno, lasciano le loro tracce solo nei gruppi whatsapp e sulle pagine social che documentano memorabili giornate in mare. È risaputa la ritrosia a rivelare coordinate precise riguardo alle spiagge su cui arrivano le onde buone, per salvaguardarle dal sovraffollamento. Perché se si è in troppi a lanciarsi in acqua non ci si diverte, o peggio, si rischia di farsi male.

    Il sogno di essere parte della natura

    «Ci studiamo le previsioni del tempo, cerchiamo di conoscere con largo anticipo l’arrivo della mareggiata e una volta individuata ci prepariamo a raggiungerla”. Antonio Ciliberto, più noto come Tony Cili, 34enne di Crotone, è un vero waterman, un appassionato di sport acquatici. Lo si può vedere su Instagram planare sulle onde, felice come un bambino, perché il surfista più bravo è quello che si diverte di più.

    «Da piccolo vedevo nei film i surfisti e sognavo di diventare uno di loro. Adoro le emozioni che questo sport riesce a darmi, adoro sentirmi parte della natura». Ci vuole il fisico, certo, ma questa è un’attività che aiuta a mantenersi in forma. Fino a quando si può praticare? «Spero di poter continuare a surfare fino a 100 anni», scherza Tony. «Del resto in altri paesi mi è capitato di vedere 85enni ancora energici».

    Sport, ma anche stile di vita

    Per entrare nel mondo del surf bisogna familiarizzare con lo slang e comprendere i riti e i tempi di una passione che non è semplicemente sport, ma stile di vita. La Calabria, con i suoi 800 km di coste bagnate dal mar Ionio e dal mar Tirreno offre “spot” con onde di qualità da est a ovest e una gamma inesauribile di scorci da scoprire. Bovalino, Copanello, Squillace, Gizzeria, Roseto Capo Spulico sono solo alcune delle località predilette da chi fa surf. E ogni spiaggia ha un nome in codice a prova di intercettazione: Munnizza, Madami, Certi campetti, Lavazza, La torre, Le serre, Lo scoglio, Zinno point, Copa, Il traliccio, Il parcheggio e molti altri.

    Le stagioni del surf in Calabria

    Da ottobre ai primi di aprile – proprio mentre le mareggiate minacciano le linee ferroviarie e i centri abitati – i surfisti s’infilano le loro mute e si lanciano sulle onde. Si ritrovano dalla sera prima, dormono nei pressi della spiaggia in macchina, nei camper, nei furgoni, aspettano l’alba per scrutare l’orizzonte, pronti a tuffarsi. Da maggio lo Jonio va “in letargo”, mentre il Tirreno riceve mareggiate anche nei mesi estivi.

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    Mimmo Gaglianese, uno dei pionieri del surf in Calabria

    In Calabria il surf è arrivato in ritardo rispetto a quanto accaduto nel resto d’Italia. Le prime tavole sono comparse negli anni ’90 e oggi in acqua cominciano ad entrare le seconde generazioni. Come nel caso di Mimmo Gaglianese, uno dei pionieri, che ha trasmesso al figlio la sua grande passione. Molto è cambiato in questi anni in cui le spiagge più ambite sono state “colonizzate” da surfisti che arrivano da altre regioni, in particolare Lazio, Campania e Puglia.

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    La passione di suo padre Mimmo ha contagiato anche Marco Gaglianese, qui in azione

    Un’opportunità per il turismo

    Dietro il surf c’è un potenziale turistico che per il momento in Calabria viene ignorato. «Potrebbe essere strategico per allungare la stagione da ottobre ai primi di maggio: praticamente dove finisce l’interesse del turista tradizionale comincia quello del surfista». A spiegarlo è Gianpaolo De Paola, cosentino, in arte Gizmo. «Ma bisognerebbe preservare i punti costieri dove riceviamo onde di qualità. Servirebbe quindi un cambio di passo rispetto a quello che la politica ha fatto fino ad oggi». I pennelli, le famigerate T, spezzano il moto ondoso oltre a creare danni alle spiagge. «Se non ci fossero interessi che evidentemente remano contro, le barriere sommerse potrebbero rappresentare un’alternativa rispettosa della linea costiera. Noi ci spostiamo. Viaggiamo – continua De Paola – e constatiamo come le altre regioni portino avanti esperienze virtuose che risolvono il problema dell’erosione costiera ma hanno un impatto positivo sul turismo».

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    Guerino “Papà” Preite osserva le onde prima di entrare in acqua

    La grande famiglia del surf in Calabria

    Con gli anni la “comunità” dei surfisti calabresi ha imparato a condividere informazioni, esperienza e – vincendo la tradizionale diffidenza – persino le spiagge. «Siamo una grande famiglia. Rimaniamo in contatto attraverso i social e ci aggiorniamo sulle previsioni del tempo. Al momento giusto ci diamo appuntamento e in attesa che arrivi la mareggiata trascorriamo le notti insieme, parcheggiamo vicini i nostri camper o i furgoni e magari accendiamo il barbecue», racconta Gianpaolo.

    All’appuntamento con le onde bisogna arrivare preparati, non basta la prestanza fisica, la caratteristica fondamentale da possedere si chiama acquaticità. E poi bisogna conoscere le correnti e imparare a gestire la paura che in certi momenti – quando ti trovi nel mezzo di onde alte due metri – toglie il fiato. «Sottostimare le dimensioni di una mareggiata o sovrastimare le proprie capacità può mettere a rischio la vita», chiarisce De Paola.

    L’adrenalina vince la paura

    A lui è successo. «Mi trovavo a Guardia Piemontese, un’onda anomala alta circa quattro o forse cinque metri mi ha seppellito. Quando sono riuscito a risalire per prendere fiato ho visto arrivare un treno di altre onde che mi hanno di nuovo mandato giù. Mi ci è voluto parecchio per riprendermi. Sono esperienze di puro terrore che chi pratica surf conosce bene, ma è l’adrenalina che ti fa amare questo sport e ti fa pensare: bene, non sono morto. Voglio rimettermi alla prova». Dopo esperienze di questo tipo si esce dal mare un po’ ammaccati, ma spesso ad avere la peggio sono le tavole che si lesionano a contatto con il fondale.

    Gianpaolo “Gizmo” De Paola

    Tavole da surf made in Calabria

    Francesco Cerra vive a Catanzaro ed è uno shaper, ovvero realizza artigianalmente tavole da surf ed è l’unico in Calabria. «Ho cominciato nel 2017. Avevo voglia di riprodurre una tavola a cui ero molto affezionato – spiega – e che si era rotta. Ho imparato a farlo da me, da autodidatta». È il fondatore dell’associazione Copa Bay Surf di Squillace che oltre a riunire un nutrito gruppo di surfisti, organizza corsi e promuove attività sociali e ambientali come la pulizia delle spiagge e della pineta. «Costruisco e riparo le tavole per i miei amici. È un modo per sentirmi ancora di più parte di questa comunità di surfisti».

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    Francesco Cerra è l’unico in Calabria a realizzare tavole da surf

    I prezzi? Modici: “Non è il mio lavoro principale per cui l’obiettivo non è certo guadagnare tanto, ma rientrare nelle spese per l’acquisto dei materiali: si aggirano tra 350 e 400 euro. Nei negozi specializzati le tavole arrivano a costare da 500 fino a 900 euro». Anche Cerra s’interroga spesso sulle potenzialità del surf in Calabria. «Siamo una regione baciata da mari diversi e onde di qualità che ormai già da anni attirano appassionati da altre parti d’Italia. Sarebbe bello riuscire a rendere tutto questo una opportunità di sviluppo turistico».

    La lezione delle mareggiate

    Dall’album dei ricordi escono le foto più belle degli ultimi anni, giornate indimenticabili che hanno sempre lo sfondo blu del mare in tempesta. «Il 2014 è stato un anno perfetto – racconta emozionato – con tante mareggiate sullo Ionio provenienti da sud-est. Ricordo una giornata a Bova, era Pasquetta, in modo del tutto inatteso ci siamo ritrovati in tanti a surfare e poi a festeggiare assieme». Questa dimensione della socialità è certamente tra le cose da preservare, nello sport e nella vita. Che si rincorrono sempre, proprio come le onde migliori.
    Perché il surf è una grande metafora: attendi il momento giusto, cavalca l’onda, prendi con filosofia anche le sconfitte. Sembrava solo una mareggiata e invece era una lezione di vita.

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    Antonio “Tony Cili” Ciliberto
  • Reggina, fumata bianca: Felice Saladini è il nuovo presidente

    Reggina, fumata bianca: Felice Saladini è il nuovo presidente

    La Reggina si lascia alle spalle le stagioni di luci e ombre targate Luca Gallo, da oggi il nuovo presidente è Felice Saladini. La notizia, nell’aria già da qualche giorno, è diventata ufficiale nel pomeriggio di oggi con una conferenza stampa nel centro sportivo Sant’Agata. Felice Saladini si è presentato con una sciarpa della squadra al collo e il sorriso delle occasioni migliori.

    Le prime parole di Felice Saladini da presidente della Reggina

    Il primo scoglio da affrontare per il nuovo patron della Reggina sarà l’iscrizione alla serie cadetta. Ma Felice Saladini ostenta ottimismo, sicuro di scacciare le paure seguite all’arresto del suo predecessore Luca Gallo «Stiamo già lavorando per ottemperare alle scadenze imminenti, quelle che permetteranno al club di iscriversi al prossimo campionato. La Reggina è un patrimonio di tutti e dobbiamo tutelarla, Reggio Calabria deve tornare a far sognare tutto il Paese e calcare palcoscenici importanti. Sono contento di poter essere il condottiero», le sue parole ai cronisti.

    Ma il 38enne lametino, ex operatore di call center trasformatosi in imprenditore di successo, ha le idee chiare anche per il riassetto della società: «Questa società merita tanto e sto lavorando per un Cda importante, che sia garanzia di legalità e abbia competenza e passione sportiva. Da qui voglio fare ripartire la Reggina, questa é la mia strategia».

  • Pallone d’Oro a Davide Dionigi: Wikipedia dà fiducia a Guarascio

    Pallone d’Oro a Davide Dionigi: Wikipedia dà fiducia a Guarascio

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    Non avrà inanellato grandi successi – pur difendendosi egregiamente con gli esoneri – in panchina finora, questo è certo. Ma Davide Dionigi un record può vantarlo (almeno per un po’): è l’unico giocatore di serie B ad aver vinto il Pallone d’Oro. Questo secondo la più nota delle enciclopedie online: Wikipedia. Qualche buontempone nel pomeriggio di oggi ha infatti messo mano alla voce relativa all’allenatore che Eugenio Guarascio ha voluto per guidare il Cosenza nella prossima stagione. I tifosi mugugnano per il curriculum da tecnico dell’ex bomber della Reggina? Un modo per farli ricredere prima che tocchi riuscirci ai risultati sul campo forse c’è.

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    La pagina di Wikipedia su Davide Dionigi

    L’Italia da Pallone d’oro: dopo Cannavaro, Davide Dionigi

    E così, con buona pace di France Football che assegna il premio ogni anno, l’ex attaccante amaranto si è ritrovato nella lista dei più grandi del calcio europeo. Dopo Rivera, Rossi, Baggio e Cannavaro l’Italia ha scoperto un Pallone d’oro in più tra i suoi campioni, Dionigi. L’unico calciatore, tra l’altro, ad aggiudicarselo militando in serie cadetta. Non ce l’aveva fatta nemmeno Gheorghe Hagi, il Maradona dei Carpazi, nel suo periodo bresciano tra una parentesi al Real Madrid e una al Barça.

    Leo Messi e i suoi sette Palloni d’Oro, nessuno vinto giocando in squadre di serie B

    L’altro neo rossoblù, il ds Gemmi, nel presentare gli obiettivi per la prossima stagione e l’erede di Bisoli, aveva appena detto in conferenza stampa che c’è voglia di stupire i tifosi. Nessuno avrebbe mai potuto aspettarsi che di lì a pochi minuti Davide Dionigi avrebbe vinto un Pallone d’Oro (alla carriera?). L’unica sorpresa maggiore per i tifosi potrebbe essere vedere il Cosenza in ritiro con una rosa già completa o quasi, a questo punto. Ma i bookmakers ritengono più probabile che torni prima alla normalità la voce di Wikipedia sul mister dei Lupi.

  • Delirio e paura: il calcio a Reggio ancora appeso ai suoi 13 giugno

    Delirio e paura: il calcio a Reggio ancora appeso ai suoi 13 giugno

    Da un 13 giugno ad un altro. Dal traguardo della massima serie, allo spettro della scomparsa dal mondo del pallone. Ha del fascino (crudele) la casualità che fa coincidere la data del massimo risultato sportivo raggiunto dalla compagine amaranto, con il giorno che, in un modo o in un altro, potrebbe segnare la prossima ventura del calcio professionistico a Reggio Calabria.

    Ma da quel 13 giugno del ’99, quando un destro sbilenco di Tonino Martino mandò in orbita una città intera, al 13 giugno del ’22, con il presidente Gallo ai domiciliari e la società amaranto sul filo della sopravvivenza, di cose ne sono cambiate molte. E, tutte, in peggio.

    Il fallimento della storica Reggina Calcio nel 2015, la ripartenza dalla serie D con la famiglia Praticò al comando e il ripescaggio tra i prof, lo spettro del nuovo fallimento e l’arrivo tutto lustrini di Gallo con il sontuoso ritorno in serie B, fino alla guardia di finanza tra i campetti del Sant’Agata, con la Reggina trasformata in una banale “scatola cinese” attraverso cui il “presidente col catamarano” giocava con soldi, proprietà e sentimenti di una tifoseria intera.

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    Luca Gallo, presidente della Reggina

    Sull’ottovolante

    Da Foti a (forse) Saladini, passando per Praticò e Gallo: la storia recente della Reggina è come un gigantesco ottovolante a cui sono rimasti aggrappati tifosi, calciatori e semplici lavoratori. Un ottovolante che potrebbe smettere di correre se dovesse saltare la travagliatissima trattativa tra l’imprenditore lametino Felice Saladini e Fabio De Lillo, un passato in Campidoglio e alla Pisana e braccio operativo di Luca Gallo per nomina diretta dell’amministratore giudiziario Katiuscia Perna, terzo inevitabile invitato ad una tavola dove negli ultimi giorni (oltre al Gip del tribunale di Roma a cui spetterà comunque l’ultima parola), si sono aggiunti i molti che lamentano i «poi ndi virimu» con cui la società amaranto avrebbe saldato buona parte dei propri fornitori negli ultimi tre anni.

    Una giostra che non si è fatta mancare proprio niente, neanche il presunto interessamento di una serie di imprenditori cinesi a cui, in tempi non sospetti, Antonio Morabito – reggino di nascita, per anni pezzo da novanta della Farnesina ed ex ambasciatore d’Italia nel principato di Monaco – avrebbe suggerito proprio la società amaranto per la loro personale “lista della spesa” sul mercato italiano delle offerte. Una storia di cui si è persa traccia e che è costata all’ex feluca una delle accuse che lo vedono sotto processo a Roma in questi giorni.

     

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    Walter Mazzarri e Lillo Foti, protagonisti delle pagine più belle della storia amaranto in A

     

    E poi «il soggetto giuridico straniero» di cui ha parlato l’avvocato Giosuè Naso, legale di Gallo, che avrebbe dovuto rilevare la Reggina in seguito al sequestro preventivo che le società del patron amaranto avevano subito nel gennaio dello scorso anno, ed evaporato dietro i «non vendo» sogghignati dall’imprenditore romano in una conferenza stampa dai toni surreali, che a vederla adesso ricorda la «performance» della testata ne La grande bellezza.

    Ultima chance

    Il “toto mercato” indica in oggi, massimo domani, il termine ultimo per capire che sorte attende la Reggina. I tempi sono strettissimi, le procedure burocratiche che coinvolgono anche il Tribunale di Roma sono intricate, e il termine ultimo per l’iscrizione nel campionato cadetto incombe. Senza dimenticare che anche l’accordo per i debiti da spalmare con il fisco – poco più di una decina milioni – è ancora da mettere nero su bianco. Ma seppure risicati, i tempi ci sarebbero.

    Archiviati i tardivi appelli dei sindaci facenti funzione, e riposte le bandiere della disperata e bellissima manifestazione dei tifosi per le vie del centro al grido «Salviamo la Reggina», la città ora è come sospesa tra scariche di ottimismo dirompente e baratri di «non c’è nenti». Anche le invettive a Luca Gallo si sono attenuate con il passare dei giorni: tutto in secondo piano, in attesa di passare la nottata. E se, almeno ufficialmente, nulla trapela della trattativa in corso, i segnali di un possibile esito positivo continuano a rimbalzare sui mezzi d’informazione cittadina. Reggina Tv esclusa, visto che per ordine del direttore, sono stati sospesi tutti i servizi curati dalla corposa redazione giornalistica che per anni ha gestito la comunicazione ufficiale del club, con metodi vicini a quelli della Pravda.

    Alla ricerca del salvatore per la Reggina calcio

    Nonostante le astruse ricerche di riservatezza avanzate da parte della società dello Stretto, il nome di Felice Saladini è spuntato presto come possibile nuovo acquirente della Reggina. Giovane, preparato, calabrese “di ritorno”, ambizioso: il trentottenne lametino è alla guida del gruppo “Meglio Questo” di cui è fondatore e Ceo. Un piccolo impero nella gestione dei clienti con una buona crescita di fatturato negli anni che ha consentito all’imprenditore “emigrato” da Milano, di scalare i vertici del mondo economico calabrese. E se il mondo degli affari sembra sorridere all’imprenditore che potrebbe salvare la Reggina, la vera fissazione di Saladini sembra essere proprio lo sport. All’inizio fu il basket, con l’impegno preso alla guida della Planet Catanzaro traghettata fino alla B2.

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    L’imprenditore lametino, Felice Saladino

    Poi venne il calcio. Le cronache raccontano dell’interesse – siamo nell’agosto del 2020 – che Saladini avrebbe avanzato nei confronti dell’Arezzo, nobile decaduta di un calcio ormai sparito. Di quella trattativa restano però solo i rumors dei giornali. Discorso diverso invece il caso del Fc Lamezia, compagine creata proprio su input di Saladini che ha fuso le varie società cittadine e che nell’ultimo campionato di serie D si è piazzata al quarto posto. Ma il percorso è stato tutt’altro che semplice visto che gli ultras delle squadre interessate si sono messi di traverso all’intera operazione ingrassando i social di insulti e invettive e arrivando ad aggredire fisicamente il presidente della nuova società: proprio la sera della presentazione della squadra infatti, un gruppuscolo di esagitati raggiunse Saladini in un ristorante del centro e oltre alle parole quella volta, volò anche qualche schiaffone.

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    I tifosi della Reggina
  • Reggina, parla il legale di Gallo: «Un fondo estero interessato al club amaranto»

    Reggina, parla il legale di Gallo: «Un fondo estero interessato al club amaranto»

    «Gallo non ha nessuna intenzione di mettersi di traverso alla cessione della Reggina, già l’anno scorso c’erano state avanzate trattative per vendere la società». La notizia che tutta la Reggio sportiva aspettava arriva direttamente da Giosuè Bruno Naso, storico avvocato romano e legale del patron amaranto, finito giovedì scorso agli arresti domiciliari nella sua casa romana con l’accusa di autoriciclaggio ed evasione dell’Iva.

    L’interrogatorio

    Davanti al Gip Annalisa Marzano, l’imprenditore alla guida della società amaranto dal gennaio 2019, ha rilasciato una serie di dichiarazioni spontanee in cui ha provato a giustificare il suo operato rispetto alle pesanti accuse formalizzate dalla Procura di piazzale Clodio. Dichiarazioni in cui Gallo avrebbe ricordato i passaggi dell’acquisizione della società, sottolineando di aver compiuto tutti i passi alla luce del sole e rimarcando come quel rapporto insolito tra lui e il calcio fosse cambiato con il tempo e di quanto Reggio e la Reggina lo avessero coinvolto con il passare dei mesi.

    «Luca Gallo non vuole risolvere solo i suoi problemi – dice ancora a I Calabresi Giosuè Naso, difensore, tra gli altri, anche del “Cecato”, quel Massimo Carminati protagonista di tante pagine oscure dell’eversione “nera” dagli anni di piombo ai giorni nostri – ma anche quelli della Reggina. Non ha nessuna intenzione di affossare la squadra».

    Luca Gallo e la trattativa per la Reggina

    Il futuro della Reggina avrebbe potuto essere diverso rispetto a quello burrascoso (e dai tempi contingentatissimi) che si è andato disegnando in seguito all’arresto del presidente amaranto, accusato di avere trasformato la Reggina in una scatola cinese attraverso cui veicolare consistenti somme di denaro frutto del mancato pagamento delle spettanze Iva di tre società (la M&G Multiservizi, la M&G Service e la M&G Company) del suo impero commerciale. In seguito al sequestro preventivo che il tribunale di Roma dispose nei confronti di parte del patrimonio di Gallo (circa sette milioni di euro messi sotto sequestro nel gennaio del 2021) l’imprenditore avrebbe infatti messo in campo una serie di trattative per cedere le quote della società.

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    Luca Gallo nella sede di una delle sue società nel mirino della Procura

    Alla base della decisione di passare la mano – ipotesi sempre smentita, almeno ufficialmente, dalla società amaranto – ci sarebbe stata la possibilità, per Gallo, di “sbloccare” i soldi messi sotto sequestro dai magistrati romani. «Gallo si era appassionato a Reggio e alla Reggina, gli piaceva fare il presidente di una squadra di calcio – dice ancora l’avvocato – ma dopo il sequestro preventivo si erano create le basi per cedere la società ad un soggetto giuridico straniero. Ma poi non se ne fece nulla».

    Non un privato quindi, ma un fondo straniero che avrebbe formalizzato il proprio interesse per rilevare il 100% della società amaranto che, situazione debitoria a parte, rappresentava e continua a rappresentare un discreto investimento. La serie B è un capitale importante da cui partire. La storia, il blasone e l’amore incondizionato della tifoseria sono la ciliegina sulla torta, ma serve agire in fretta.

    I tifosi della Reggina al San Vito-Marulla di Cosenza
  • Luxuria: essere trans non è un oltraggio alla Madonna di Capocolonna

    Luxuria: essere trans non è un oltraggio alla Madonna di Capocolonna

    Vladimir Luxuria, opinionista televisiva e attivista Lgbt. Domani riceverà una targa nell’ambito del Premio giornalistico sportivo “Franco Razionale” di Crotone, giunto alla XV edizione e promosso dall’associazione “Forza Crotone Alè”.
    Si parlerà di violenza di genere e di omofobia, in concomitanza, però, con la festa della Madonna di Capocolonna. Questa coincidenza ha generato uno sciame di polemiche che tengono banco da giorni nella città pitagorica. Ne abbiamo parlato direttamente con lei in una intervista esclusiva a I Calabresi.

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    L’ex coordinatore provinciale della Lega a Crotone, Giancarlo Cerrelli

    Vladimir Luxuria, la tua presenza a Crotone sta destando scalpore. L’ex coordinatore provinciale della Lega, Giancarlo Cerrelli, ha parlato di oltraggio alla festa della Madonna di Capocolonna. 

    «Ma per carità. Veramente si attaccano a queste cose? Io non ho parole. Non hanno altro di cui occuparsi? Ma beati loro. Io sono cattolica, cosa c’entra tutto questo? Mi sento offesa come credente. Come si fa a pensare che la presenza di una persona trans sia un oltraggio alla Madonna? Forse è un oltraggio dire queste parole. Chi decide chi è degno di essere credente o meno? Tra l’altro voglio ricordare che poche settimane fa io ho parlato dentro una Basilica sul tema della transessualità. Alla Basilica di San Giovanni Maggiore, invitata dal sacerdote don Salvatore, ho parlato di Chiesa inclusiva. Ricordo anche che il 22 febbraio, come tutte le Candelore, vado al Santuario di Montevergine, dove vengo sempre accolta dall’Abate, per devozione a Mamma Schiavona, la Madonna di Montevergine. Se vuole posso fornire io qualche altro pretesto per attaccarmi, ma questo è quello più assurdo. Non escludo che domani io possa pregare al Duomo di Crotone».

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    Vincenzo Voce, sindaco di Crotone

    A Crotone un anno e mezzo fa il Consiglio comunale approvò una mozione contro il Ddl Zan, il sindaco fece dietrofront. E oggi cosa si aspetta Vladimir Luxuria?

    «Sinceramente non so quanta possibilità abbia il Ddl Zan di essere approvato. L’importante è che se ne parli. Mi piacerebbe che questo tema si sganciasse da ideologie di partito. L’importante, per me, è che si consideri il contrasto alla violenza fisica e verbale per orientamento sessuale o identità di genere qualcosa che riguarda tutti. E se un consigliere comunale di Crotone che ha votato una mozione contro il Ddl Zan un giorno dovesse avere un amico, un parente, un nipote che torna a casa in lacrime per una offesa subita per il suo orientamento sessuale o con un occhio livido perché gay, lesbica o trans? Forse questo consigliere comunale si pentirebbe per il voto che ha espresso. Mi auguro che su questo tema si possa trovare una convergenza ampia, bipartisan.»

    Intanto la legge regionale calabrese contro l’omofobia è stata affossata dal Pd. Quanta omofobia c’è anche a sinistra?

    «Purtroppo c’è. È vero che la maggior parte delle volte le aperture vengono sempre dalla sinistra. Però, quelle che da noi sono le eccezioni rispetto a certi atteggiamenti, in altri ambiti come in Fdi e Lega, sono la maggioranza. A destra le eccezioni, invece, sono quelle che si distinguono favorevolmente».

    A proposito di destra. Ricorda il volantino della Lega a Crotone nel 2019 sul ruolo della donna «sottomessa all’uomo, buona solo per fare la madre e non adatta a fare la rivoluzione». 

    «Che anno era? 2019 avanti Cristo o dopo Cristo? Le donne non sono adatte a fare le rivoluzioni, sono obbligate! C’è ancora questo retaggio maschilista preistorico, da uomo delle caverne, come nelle vignette dove l’uomo trascina per i capelli la donna nella grotta. Bisogna andare molto oltre».

    Hai sostenuto il referendum costituzionale del 2016. Pensi che senza il bicameralismo attuale sarebbe stato più facile approvare le leggi sui diritti, dal Ddl Zan alla legge sul doppio cognome?

    «Ero favorevole per una questione proprio di praticità. Avendo fatto anche la parlamentare conosco le lungaggini. Questi passaggi continui portano veramente a tempi lunghissimi. Si parla tanto dei tempi della giustizia, ma bisognerebbe parlare anche dei tempi per le approvazioni delle leggi. A volte capita anche che, cambiando la legislatura, occorra rifare tutto da capo. I tempi sono davvero troppo lunghi».

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    Vladimir Luxuria in prima linea nel sostegno al Ddl Zan

    Ti manca il Parlamento? Ci torneresti?

    «Ci sono momenti in cui desidererei essere lì a dire la mia o a proporre delle leggi, ma penso si possa fare politica in tanti modi. Anche parlando di un tema importante come l’omofobia e lo sport a Crotone. Penso sia molto importante.»

  • Luca Gallo: tutte le accuse degli inquirenti al presidente della Reggina 1914

    Luca Gallo: tutte le accuse degli inquirenti al presidente della Reggina 1914

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    Sarebbero stati i soldi frutto dei mancati versamenti Iva di almeno tre società della galassia che fa capo a Luca Gallo, a tenere viva la Reggina nelle ultime stagioni calcistiche. Il Gip Annalisa Marzano lo scrive nero su bianco elencando i capi d’imputazione che hanno portato il patron amaranto agli arresti domiciliari nella sua casa di Roma. Soldi che passano di società in società per poi confluire nelle casse disperate di una Reggina che stava nuovamente per scomparire dal panorama sportivo dopo il fallimento del 2015 e che Gallo “salvò” all’ultimo minuto: un’operazione, sostengono i giudici, che serviva a nascondere al fisco parte degli obblighi Iva che le società dell’imprenditore romano aveva nel frattempo volatilizzato.

    La galassia di Luca Gallo e la Reggina

    “M&G Multiservizi”, “M&G Service” e “M&G Company”: sono queste le tre società che secondo il nucleo di polizia economica e finanziaria della Guardia di Finanza di Roma avrebbero fatto da collettore di denaro verso la “Club Amaranto” a cui fa capo la squadra dello Stretto. È una storia complessa quella che hanno ricostruito gli inquirenti. E ha per protagoniste società che confluiscono, tutte, su Luca Gallo che ne è legale rappresentante, con in mezzo anche la malcapitata Reggina. In questo gioco di matrioske allestito sulla pelle di una città che trema all’idea di vedere naufragare la propria squadra di calcio, entrano tutte o quasi le operazioni su cui Gallo ha costruito il suo personaggio da “presidente Paperone”.

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    Luca Gallo nella sede di una delle sue società nel mirino della Procura

    Il sistema ipotizzato dagli inquirenti

    Il primo tassello della scalata risale al gennaio del 2019. In quell’occasione la “M&G Multiservizi” paga, con assegni circolari, 356 mila euro per l’acquisizione del 100% del capitale sociale della “Club Amaranto” dai vecchi proprietari Mimmo, Demetrio e Giuseppe Praticò. Quei soldi, ipotizzano gli inquirenti, vengono dal mancato versamento dell’Iva per l’anno 2017. E finiscono per scomparire davanti agli occhi del fisco perché la Multiservizi, semplicemente, non presenta i bilanci.

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    Lo stadio Oreste Granillo di Reggio Calabria

    Da quello stesso bilancio “truccato” arrivano anche i soldi che la Multiservizi utilizza per acquistare, in parte attraverso la “Club Amaranto” e in parte con bonifici diretti, il 13% delle quote della “Reggina 1914” – la vecchia Urbs Reggina – dai vecchi proprietari. In questo ginepraio di aziende e denaro, arriva anche l’acquisto, dalla curatela fallimentare, del «ramo d’azienda sportiva per l’attività del calcio» della gloriosa Reggina Calcio ormai fallita. Poco più di 380 mila euro che Multiservizi paga attraverso assegni circolari e bancari: i soldi, dicono gli investigatori, vengono sempre dall’Iva non versata della Multiservizi ma controparte dell’affare, miracoli della finanza, risulta essere la Reggina 1914.

    Dalle società satellite di Luca Gallo alla Reggina

    E se l’ancora di salvezza dal baratro del fallimento era arrivata dalla Multiservizi, a rimpolpare le casse societarie della squadra di calcio, arrivano i soldi della “M&G Service”, altro satellite della galassia Gallo, che mette sul piatto un versamento da 1,4 milioni di euro in favore della Reggina. Anche in questo caso, scrive il giudice, il sospetto è che l’operazione, resa possibile dalla mancata presentazione del bilancio della “Service” sia stata portata avanti solo per schermare al fisco il flusso di denaro derivante dai mancati pagamenti Iva per gli anni 2017 e 2018.

    Nel 2020 è di nuovo la Multiservizi a scendere in campo per rifornire di denaro contante le casse del team dello Stretto. Anche in questo caso i soldi verrebbero dall’omissione delle spettanze Iva da parte dell’azienda di Gallo che fa trasferire nelle casse della Reggina quasi 7 milioni di euro con bonifici bancari in favore della Reggina 1914. E ancora altro denaro che rimbalza tra una società e l’altra. L’ultimo bonifico su cui puntano l’attenzione gli uomini delle fiamme gialle riguarda fondi per 460 mila euro che alla Reggina arrivano dopo essere partiti dalla M&G Company ed essere transitati attraverso la Multiservizi e la Club Amaranto, in un vortice impazzito di movimentazione bancarie create ad arte per nasconderne la provenienza.

  • Reggina, arresti domiciliari e maxi sequestro della Finanza per il presidente Luca Gallo

    Reggina, arresti domiciliari e maxi sequestro della Finanza per il presidente Luca Gallo

    Si trova agli arresti domiciliari il patron della Reggina Calcio, Luca Gallo. I militari della Guardia di finanza di Roma hanno arrestato l’imprenditore romano questa mattina: l’accusa è di autoriciclaggio e omesso versamento di imposte. I finanzieri, ancora impegnati nelle operazioni di perquisizione, hanno poi sequestrato beni e quote sociali di 17 società riconducibili al patron amaranto per un valore di 11,5 milioni di euro.

    I sospetti su Gallo e la scalata alla Reggina

    La Reggina non rientra tra le società sotto sequestro. Secondo la Procura della Capitale, titolare delle indagini, Gallo avrebbe usato le società del gruppo “M&G” per creare un articolato sistema di appalti fittizi e autofinanziando la propria attività d’impresa non versando le imposte relativa a Iva, ritenute e contributi ai lavoratori dipendenti (sono 1700 quelli che risulterebbero nella galassia del gruppo di Gallo). Gli inquirenti sospettano inoltre che Gallo possa aver utilizzato parte del denaro al centro dell’indagine nella scalata che lo portò alla guida della società amaranto.

    Il futuro degli amaranto: parla l’amministratore giudiziario

    Il club dello Stretto – fresco di penalizzazione di due punti in classifica a causa dei mancati pagamenti con l’Erario – non è direttamente sotto sequestro, ma in sostanza cambia poco. Il Tribunale di Roma ha infatti disposto i sigilli per la società “Multiservizi” che possiede per intero il capitale sociale della società “Amaranto” che a sua volta risulta proprietaria della Reggina Calcio. «Mi sento di poter dire ai tifosi della Reggina che possono stare tranquilli – dice al telefono l’amministratore giudiziario appena nominato dal Tribunale, Katiuscia Perna – e che verranno poste in essere tutte le attività opportune per salvaguardare il futuro del parco calciatori, della società Reggina Calcio e del “capitale umano” che la Reggina rappresenta per Reggio e per i suoi tifosi».