Tag: sanità

  • Caos fitti: l’Asp di Cosenza prova a fermare il salasso

    Caos fitti: l’Asp di Cosenza prova a fermare il salasso

    [responsivevoice_button voice=”Italian Male” buttontext=”ASCOLTA L’ARTICOLO”]

    L’Asp di Cosenza è pronta a lasciare tutti gli immobili che prende in affitto sul territorio provinciale. Quella dei cosiddetti fitti passivi, d’altra parte, è questione che da tempo occupa le cronache locali. Nella sola Area Cosenza (una delle 5 accorpate dopo lo scioglimento delle vecchie Asl) stando agli ultimi dati disponibili l’Azienda sanitaria ha sborsato un milione e 660mila euro circa ogni anno. Solo tra Cosenza (21 immobili per oltre 820mila euro di spesa), Rende (8 immobili) e Castrolibero (2) nel 2020 si sfiorava il milione e mezzo di euro.

    Nella stessa conurbazione, l’Asp dava in affitto tre immobili incassando circa 260mila euro ogni dodici mesi. Le proporzioni tra uscite ed entrate non erano da meno in altre zone. A Rossano-Corigliano le prime ammontavano a circa 635mila euro, a fronte di 30mila euro in ingresso. A Castrovillari i 14mila euro incassati con l’affitto del bar nell’ospedale erano ben poca cosa rispetto ai circa 186.500 che l’Asp di Cosenza sborsa ogni anno per affittare 8 immobili.

    L’Asp di Cosenza e i fitti passivi: il dossier di Guccione

    Ma il problema dell’Asp con i fitti passivi, già evidente nei numeri, non si ferma qui. Era settembre del 2020 quando l’allora consigliere regionale Carlo Guccione rese pubblici con un dossier i risultati di una sua ispezione all’Ufficio Patrimonio. Nel documento del democrat c’era una formula che ricorreva sempre: «Dai documenti in atti non si rileva alcun dato riguardo ai “contratti di fitto” e, pertanto, nulla emerge circa la data di stipula, la data di scadenza, la clausola del rinnovo e l’adeguamento del canone». Con una piccola aggiunta nel caso si trattasse di terreni e non di fabbricati: «e la loro destinazione urbanistica».

    asp-cosenza-e-fitti-passivi-tagli-arrivo-dopo-anni-sperperi
    L’ex consigliere e assessore regionale Carlo Guccione, autore del dossier sui fitti passivi

    La task force di La Regina

    Quella denuncia – Guccione inviò tutto anche alla Corte dei Conti – pare aver smosso le acque, seppur in ritardo. Nella primavera dello scorso anno il neo commissario dell’Asp di Cosenza, Vincenzo La Regina, istituì un gruppo di lavoro. Aveva un unico compito: cercare di sbrogliare la matassa dei fitti passivi con una ricognizione completa e razionalizzare la spesa. Compito non semplice, considerato che – al momento di fare un resoconto dopo otto mesi di attività – la mini task force ha risposto chiedendo rinforzi.

    Sicurezza non garantita e carenze strutturali

    Seppure in pochi, però, i controllori scelti da La Regina a una conclusione erano già arrivati: gli immobili sono «non utilizzati in maniera efficiente e conveniente sotto il profilo economico». Ma, ancor più grave, presentano «criticità in merito alla sicurezza e alla carenza dei requisiti minimi strutturali». Dulcis in fundo, permangono i problemi «in merito al contenuto dei contratti». Insomma, sono fuori legge, tant’è che tocca «ricondurre i contratti di locazione passiva in linea con la vigente normativa in materia».

    asp-cosenza-e-fitti-passivi-tagli-arrivo-dopo-anni-sperperi
    Uno stralcio della delibera dell’Asp di Cosenza

    La soluzione? Rescinderli tutti. Subito dopo, andare alla ricerca di nuovi spazi, possibilmente di proprietà di altri Enti pubblici per risparmiare. O, in alternativa, sedersi con gli attuali locatori per ridiscutere dell’intera faccenda su basi differenti dal passato. Già, tutti quelli che in questi anni hanno incassato affittando immobili a condizioni misteriose avranno sei mesi di tempo dalla ricezione della comunicazione di recesso già approvata dal fresco erede di La Regina, Antonio Graziano, per convincere l’Asp a non andare via.

    Fitti passivi: l’ultimatum dell’Asp di Cosenza

    Per riuscire nell’impresa dovranno fornire entro 30 giorni le visure catastali e planimetriche degli immobili attualmente in locazione e una copia del contratto in corso che ne attesti l’avvenuta registrazione. In più, toccherà loro dirsi disponibili a uno sconto sul canone, adeguandolo ai valori medi di mercato ed escludendo la clausola di aggiornamento Istat da contratti che potranno avere una durata massima di sei anni (rinnovabili). Infine, soprattutto, adeguare le strutture alla normativa vigente. Senza impianti a norma, condizioni minime di sicurezza, corrispondenza delle destinazioni d’uso e conformità edilizia-urbanistica, addio al gruzzoletto garantito dall’Asp.

    Sei mesi dopo…

    L’Azienda sanitaria, così, almeno inizierà a risparmiare qualcosa. In fondo, prima o poi, dovrebbe arrivare la fantomatica e pluriannunciata Cittadella della Salute ad accorpare tutti gli uffici della Sanità locale nell’attuale Annunziata con la nascita dell’altrettanto pluriannunciato nuovo Ospedale. Dove si svolgeranno da qui a sei mesi le attività oggi ospitate negli immobili a rischio recesso, nel caso l’addio si concretizzi, resta invece un mistero.

  • Cannabis terapeutica e “trasversale”: la proposta di legge in Calabria

    Cannabis terapeutica e “trasversale”: la proposta di legge in Calabria

    Presentata una proposta di legge per legalizzazione della Cannabis terapeutica. Un testo firmato da consiglieri regionale di varia estrazione politica. Il testo porta la firma del promotore Ferdinando Laghi (De Magistris presidente) e degli altri membri della commissione Sanità: Michele Comito (Forza Italia); Amalia Bruni (Gruppo Misto); Giuseppe Graziano (Udc); Simona Loizzo (Lega); Giuseppe Neri (Fratelli d’Italia).

    cannabis-calabria-erba-terapeutica-mette-accordo-destra-sinistra
    La sede del Consiglio regionale della Calabria

    Si tratta di «un elemento di civiltà che vuole mettere la Calabria al pari delle più avanzate Regioni italiane, ma non solo». Sono parole espresse dal promotore della proposta di legge Ferdinando Laghi. Che continua: «Si tratta infatti di uno strumento importante per ridare un aspetto del diritto alla salute a persone assai sofferenti che, finora, non hanno potuto averlo riconosciuto. O che hanno paradossalmente subito, in assenza di una legge regionale attuativa delle disposizioni nazionali vigenti, addirittura problemi e traversie legali».

    Laghi ricorda il caso del giovane «Cristian Filippo, affetto da fibromialgia, mandato sotto processo a Paola per la coltivazione di poche piantine di cannabis, con le quali alleviare i dolori determinati dalla malattia. Non deve più ripetersi.

    Gli italiani non hanno potuto votare, invece, per la depenalizzazione dell’uso personale della cannabis. La Corte costituzionale ha bocciato il quesito posto nel referendum.

     

  • Matti da slegare: i prigionieri del silenzio a Reggio e Girifalco

    Matti da slegare: i prigionieri del silenzio a Reggio e Girifalco

    [responsivevoice_button voice=”Italian Male” buttontext=”ASCOLTA L’ARTICOLO”]

    Segregati in casa o rinchiusi in manicomio, in Calabria come altrove. Nel ‘900 le famiglie dei “matti” avevano poche alternative. Dovevano tenerli nascosti, rassicurare i condomini, sfuggire agli sguardi e alle occhiate compassionevoli. Oppure internarli. Non si era ancora imposta la necessità di un linguaggio meno incline alla barbarie. Non si discuteva se fosse più giusto chiamarli disabili, diversamente abili o persone con disabilità. Li definivano “spastici”, “handicappati”, “anormali psichici”. Questi termini coprivano un arco ampio di casi, dalla sindrome di Down al ritardo mentale, passando per le menomazioni fisiche e i disturbi della personalità. Addirittura qualcuno scambiava ancora le sofferenze cerebrali per possessioni demoniache.

    calabria-manicomio-prigionieri-silenzio-reggio-girifalco
    Reggio Calabria: l’Istituto di rieducazione per anormali psichici, manicomio cittadino (foto Rosario Cassala)

    «Ti chiudo a Girifalco»

    Il paesino di Girifalco, a partire dalla seconda metà dell’800, divenne così un’antonomasia. Se Gorgonzola è sinonimo di formaggio e Verona evoca l’amore di Giulietta e Romeo, «ti chiudo a Girifalco» in Calabria voleva dire che non stavi bene con la testa e rischiavi di finire in manicomio. Oggi lo stigma del disagio psichico rimane. Chi ne soffre, tende a dissimulare. E i suoi parenti lo circondano con una silenziosa cappa protettiva.

    calabria-manicomio-prigionieri-silenzio-reggio-girifalco
    Girifalco, un internato e un cane sdraiati nel cortile della struttura (foto Rosario Cassala)

    Eppure il clima intorno alle patologie psichiatriche sembra in parte mutato. Il merito è dei tanto vituperati anni Settanta: il decennio del “Vogliamo tutto” e dell’insurrezione contro i poteri dello Stato impose anche conquiste civili e diritti inediti: lo statuto dei lavoratori, il divorzio, l’interruzione di gravidanza. E la legge 180 del 1978, che poi ha portato alla chiusura dei manicomi.

    La Calabria da manicomio di Lombroso

    «La follia è una condizione umana. In noi la follia esiste ed è presente come lo è la ragione. Il problema è che la società, per dirsi civile, dovrebbe accettare tanto la ragione quanto la follia. Invece incarica una scienza, la psichiatria, di tradurre la follia in malattia allo scopo di eliminarla. Il manicomio ha qui la sua ragion d’essere», scrisse Franco Basaglia, padre della rivoluzione nell’ordinamento negli istituti psichiatrici.

    In Calabria il manicomio di Girifalco fu istituito nel 1881, quando le teorie di Cesare Lombroso si stavano radicando nel resto del Paese: la forma del cranio dei calabresi, le arcate sopraccigliari, l’irregolarità del volto e degli zigomi sarebbero segni evidenzianti la nostra natura di “razza criminale”. Lombrosiani furono i direttori del manicomio. A esso lo storico Oscar Greco ha dedicato un’opera monumentale, I demoni del Mezzogiorno (Rubbettino Editore).

    «Quando avviai la ricerca nell’archivio di Girifalco – spiega Greco, docente universitario di Storia contemporanea – provai sensazioni forti. Mi ritrovai tra le mani le cartelle cliniche, quindi la vita delle persone, le ingiuste detenzioni, gli assurdi principi lombrosiani in base ai quali furono internati tanti uomini e in particolare moltissime donne che di folle non avevano niente. Furono recluse solo perché non accettavano la condizione di madre, angelo del focolare e tutto ciò che nella cultura maschilista dell’epoca le relegava in una condizione di subalternità. In più, da calabrese prima ancora che da studioso, rimasi sbigottito dinanzi alle descrizioni aberranti delle caratteristiche somatiche dei malati».

    calabria-manicomio-prigionieri-silenzio-reggio-girifalco
    In manicomio a Reggio Calabria si finiva pure per la propria identità non conforme alla morale comune (foto Rosario Cassala)

    La legge Basaglia e il lager calabrese

    Potrà sembrare strano, ma all’epoca erano proprio le convinzioni protosocialiste a ritenere valida questa catalogazione sociale di impronta razzista. La ricerca di Greco sta adesso riguardando la fase finale dell’esperienza di Girifalco, quella della sua chiusura. «Ci sono dei chiaroscuri. La legge Basaglia – prosegue Greco – affidava alle Regioni il compito di provvedere ai loro cosiddetti pazzi. Possiamo immaginare la Regione Calabria, con ancora l’eco della rivolta di Reggio, quali provvedimenti adottò negli anni successivi al 1978. Praticamente nessuno! Nel 1992 un deputato dei Verdi, Edo Ronchi, effettuò delle ispezioni. A Girifalco non lo lasciarono entrare, lui chiamò i carabinieri ed entrò con i militari nel manicomio. Scoprì un lager».

    Una vita da pazzi

    Da quel momento iniziò un «doloroso percorso di chiusura. Si rimossero le sbarre dalle finestre, però – continua Greco – mancava il personale che si occupasse di questi pazienti. Il manicomio non era più una struttura provinciale, bensì terra di nessuno. Si assistette a fughe e suicidi. Oggi sono rimasti circa 20 pazienti, perlopiù anziani. Alcuni di loro, quattro per la precisione, erano presenti già ai tempi dell’approvazione della legge Basaglia. Sono ormai istituzionalizzati in quel luogo. Per loro il tempo è stato scandito dai cicli dei diversi direttori. Quando con la memoria ripercorrono il passato, identificano ogni periodo con la qualità dei pasti nel refettorio, se si mangiasse meglio o peggio.

    calabria-manicomio-prigionieri-silenzio-reggio-girifalco
    Nel cortile del manicomio di Reggio Calabria (foto Rosario Cassala)

    Fuori da lì non hanno più parenti. Se uscissero, chi se ne prenderebbe cura? Non concepiscono una vita diversa da quella della clinica psichiatrica, perché le loro esistenze si sono svolte al suo interno. Hanno perso una dimensione della libertà, anche se mi chiedono come si stia fuori. Un paziente, in particolare, mi dice spesso che i veri pazzi siamo noi, quelli che viviamo all’esterno, nel cosiddetto mondo dei normali».

    Il paese della follia

    Un ulteriore radicale cambiamento di scenario potrebbe avvenire dal prossimo 1° luglio, quando a Girifalco aprirà la Residenza Esecuzione Misure Sicurezza, attigua all’ex manicomio. In Calabria ce n’è già una.
    «C’è grande attesa. Su questo tema – chiarisce Greco – la comunità è spaccata. Girifalco tiene molto a essere riconosciuto come paese della follia. E ne va orgoglioso. Anche in anni precedenti alla Basaglia, promosse un inedito modello di integrazione. La Rems è diversa. Non ci sono i pazzi “buoni”, bensì quelli potenzialmente “cattivi”, provenienti dagli Ospedali Psichiatrici Giudiziari, che si sono macchiati di crimini. È un carcere a tutti gli effetti, un’istituzione totale. Grandi sbarre, recinzioni altissime, videosorveglianza. Gli abitanti di Girifalco hanno dovuto accettare questo tipo di struttura e sperano che, come è già avvenuto un secolo fa col manicomio, la Rems possa diventare anche un’occasione di lavoro».

    Lo stereotipo capovolto

    Questo Comune ha saputo ribaltare i pregiudizi regnanti intorno al disagio psichico. Sin dall’inizio, infatti, la direzione del manicomio favorì la coesistenza dei pazienti col resto della popolazione e un percorso terapeutico fondato sulle porte aperte e sull’ergoterapia, cioè il trattamento basato sul lavoro collettivo. «È un paese che vive – conclude lo storico – e si è costruita una sua identità nel rapporto con la follia. Ha pure istituito un premio letterario che ha scelto la pazzia come tema. È stato ideato dallo scrittore Domenico Dara.
    I suoi primi romanzi, per esempio Appunti di meccanica celeste (Nutrimenti Edizioni), sono ambientati a Girifalco. È la sua Macondo».

    calabria-manicomio-prigionieri-silenzio-reggio-girifalco
    Un uomo rinchiuso a Girifalco mostra i suoi appunti (foto Rosario Cassala)

    Prigionieri del silenzio

    Un eccezionale lavoro di ricerca sulle immagini e i corpi è stato realizzato da un altro calabrese, il fotografo Rosario Cassala. Negli anni Ottanta produsse un reportage negli istituti calabresi che all’epoca si chiamavano ancora di “igiene mentale”. In quello di Reggio, tanto per citare uno dei nomi delle pazienti, fu ricoverata da giovane persino la mistica Natuzza. Cassala ha voluto guardare negli occhi gli internati.

    «In un manicomio – racconta il fotografo – sono entrato per la prima volta da bambino. C’era un mio zio ricoverato. Contro il volere di tutti, lo andai a trovare. Ci ritornai perché avevo avuto l’impressione che a queste persone mancasse l’anima, che fossero state private della dignità. In tutti questi anni ho mantenuto riservate le foto, perché alcune riviste le pubblicarono in modo strumentale, ripetendo la solita lamentazione retorica sulla Calabria degradata. Fingevano di non sapere quanto in realtà sia più complessa e vasta la problematica del disagio psichico. Così mi decisi a far sparire queste fotografie. Dopo 37 anni ho iniziato a tirarle fuori. Ormai rientrano nel patrimonio storico. Parlano da sole».

    Uno spettacolo che non si dimentica

    All’epoca in cui entrò nelle strutture psichiatriche, assistette a scene traumatizzanti. «Soffrii tantissimo. C’erano persone – spiega Cassala – che mangiavano le proprie feci, altre legate mani e piedi ai letti di contenzione. Sebbene avessero questi comportamenti anomali, mi soffermai molto sulla loro serietà. Diversi pazienti si trovavano in manicomio non perché soffrissero davvero di un disagio psichico. Erano senza famiglia oppure avevano litigato con qualcuno, erano andati in escandescenze e così li avevano buttati lì.

    Mia nonna fu molto forte, riuscì a riportare fuori mio zio, suo figlio. Ma fu uno dei pochi. Quando continuai ad andare dentro, lui era stato ormai dimesso. Avrei potuto darmi pace: ormai il problema che avevamo in famiglia, era risolto. Invece continuai a recarmi in quei luoghi. La mia vita è rimasta segnata da quell’esperienza. Ma non me ne sono pentito. Sono orgoglioso di essere riuscito a rendere evidenti quelle persone nella loro corporeità, rispettandole».

    I Basaglia di Cosenza

    In giro per la Calabria non sono poche dunque le sensibilità come quelle dello storico Oscar Greco e del fotografo Rosario Cassala, maturate in anni di approccio diretto. Pochi sanno, per esempio, che nel secolo scorso, tra i primi a inquadrare questa problematica con lo sguardo dell’amore, del rispetto e della dignità umana, furono Piero Romeo e Padre Fedele Bisceglia. Molto conosciuti, a Cosenza e oltre, per il loro ruolo di leader del tifo organizzato, per i viaggi solidali in Africa e il sostegno fattivo agli indigenti, sinora non è mai stato approfondito l’approccio al disagio mentale che ebbero all’interno della mensa dei Poveri, sorta negli anni Ottanta su corso Mazzini a Cosenza e poi trasferita nei pressi del santuario del Crocifisso. Oltre a un piatto caldo e a un letto per non trascorrere la notte all’aperto, nell’Oasi Francescana tantissime persone fragili trovarono amicizia, ascolto, accompagnamento.

    calabria-manicomio-prigionieri-silenzio-reggio-girifalco
    Un uomo ricoverato a Girifalco (foto Rosario Cassala)

    Piero aveva un album delle loro fotografie. Lo custodiva con scrupolosa riservatezza. E tra uno scatto e l’altro, inseriva la propria immagine e quella di tanti altri suoi amici, concittadini che presumevano di essere “normali”. Ai volontari e agli ultrà cresciuti intorno a lui, ai pochi che le mostrava, amava ripetere che dietro ognuna di quelle foto c’erano delle storie umane profonde. E che di ogni persona bisognava imparare a interpretare il linguaggio e le richieste. Guai a farsi beffe di loro: «Il confine è sottile. Lo oltrepassiamo ogni giorno. E nemmeno ce ne accorgiamo».

     

    Tutte le immagini dell’articolo sono tratte dal reportage “Prigionieri del silenzio – Viaggio nei manicomi calabresi” di Rosario Cassala. Si ringrazia l’autore per averne concesso l’utilizzo.

  • Azienda zero al prof che non molla Toti: ecco il nuovo messia della sanità

    Azienda zero al prof che non molla Toti: ecco il nuovo messia della sanità

    La fase 2 della sanità calabrese comincia con un tweet. Mentre ancora tutti aspettano di capire cosa davvero impedisca l’insediamento del colonnello Maurizio Bortoletti a subcommissario, ieri all’ora di cena Roberto Occhiuto ha comunicato via social di aver piazzato Giuseppe Profiti alla guida dell’Azienda Zero in Calabria. Professore universitario, nato a Catanzaro, è stato il numero uno del Bambino Gesùcoinvolto nel caso dell’attico del cardinale Bertone, ha sempre rivendicato la correttezza del suo operato – ed è coordinatore della Struttura di missione della sanità per la Regione Liguria. Manterrà l’incarico affidatogli un anno fa da Giovanni Toti ma, ora, guiderà anche il nuovo moloch con cui il presidente della Regione punta a mettere ordine nel settore più disastrato della Calabria.

    L’annuncio di Occhiuto su Twitter

    Il compenso per Azienda Zero in Calabria e l’incarico in Liguria

    Il decreto con cui Occhiuto lo nomina sintetizza i suoi compiti e rivela le due fasi con cui dovrà, sostanzialmente, svuotare di parecchie funzioni le Aziende sanitarie. E supervisionare, di fatto commissariandolo, il dipartimento Salute della Cittadella. Non provate però a scervellarvi per capire con precisione quanto Profiti guadagni tra Calabria e Liguria. Si sa che qui, in ragione «della natura straordinaria dell’incarico», percepirà un compenso corrispondente al 90% di quello che prendono i dg delle Asp. A cui però si sommerà il «rimborso delle spese di missione sostenute in ragione dell’incarico» che, ad occhio, non sarà irrisorio. Le sezioni “amministrazione trasparente” delle Asp calabresi e della Regione Liguria non regalano più dettagliate soddisfazioni. A occhio, comunque, prenderà, senza contare i rimborsi, qualcosa in più di 100mila euro annui per ciascuno dei due incarichi.

    sanità-ecco-cosa-farà-quanto-guadagnera-numero-uno-azienda-zero
    Giuseppe Profiti

    Come cambia la governance della sanità

    Di certo Profiti ha davanti obiettivi e aspettative parecchio difficili da soddisfare, dunque non è il caso di fargli più di tanto i conti in tasca. Vale la pena, piuttosto, tentare di capire, al di fuori del burocratese, cosa accadrà ora alla catena di comando della sanità calabrese. È evidente, dalle carte, che la sostanza dell’incarico del numero uno di Azienda Zero in Calabria sia stata concordata da Occhiuto con i Ministeri (Salute ed Economia) che controllano la nostra sanità. Tutto è infatti previsto nel Programma Operativo 2022-2025 concordato con il Tavolo Adduce e in via di approvazione.

    Accentramento e ripartizione

    Gli step fondamentali sono due. In primo luogo Profiti dovrà governare il «riposizionamento» delle funzioni delle Asp, che passeranno «al livello regionale», e si occuperà della «riallocazione» e del «reclutamento» delle figure professionali «necessarie al funzionamento del modello organizzativo ipotizzato». Dunque Azienda zero accentra tutto a sé, come previsto dalla legge con cui è stata istituita. Intanto. Poi, con il secondo step, procederà alla «ripartizione delle competenze e delle risorse professionali» acquisite. E distinguerà «tra competenze di indirizzo e programmazione destinate necessariamente a permanere in capo al livello regionale» e competenze «di carattere operativo e gestionale» da assegnare sempre all’interno della sfera di attività di Azienda Zero in Calabria.

    Il braccio di Occhiuto a Roma

    Altre due cose fondamentali contenute nel decreto di nomina di Profiti. Il prof che condividiamo con la Liguria dovrà occuparsi del «supporto del Commissario ad acta per l’attuazione del Piano di rientro», cioè Occhiuto. E potrà rappresentarlo «presso sedi istituzionali regionali e nazionali sulla base di apposita delega anche permanente». Un vero e proprio braccio destro. Che dovrà aiutare il presidente della Regione nel suo delicato compito in Calabria e farne le veci ai tavoli romani sulla sanità.

    sanità-ecco-cosa-farà-quanto-guadagnera-numero-uno-azienda-zero
    Il team di Occhiuto all’ultimo incontro al Mef (Profiti è l’ultimo)

    Il dipartimento “commissariato”

    Seconda cosa importante. A Profiti viene attribuito «il coordinamento del Dipartimento Tutela della Salute e Servizi Sociali e Socio Sanitari avvalendosi delle sue strutture nonché di quelle facenti capo al Commissario ad acta», e «disponendo delle risorse umane, finanziarie e strumentali» anche sulla base di «apposito Dca da adottarsi allo scopo». Insomma, com’era intuibile fin dai primi passi di Azienda Zero, il dipartimento Sanità della Regione viene di fatto commissariato. E Profiti sarà una sorta di deus ex machina per tutta la struttura amministrativa sia degli uffici della Cittadella sia di quelli della struttura commissariale.

    Incarico di 1 anno e verifiche ogni 3 mesi

    Il suo incarico ha durata annuale ed è prorogabile per una sola volta. Fin quando non sarà nominato un direttore generale. Occhiuto verificherà «periodicamente e, comunque, ogni tre mesi» l’operato del commissario di AZ «e, in caso di valutazione negativa, ne disporrà la revoca dall’incarico, previa verifica in contraddittorio». Ora non resta che attendere che la giunta regionale, come prevede la legge, predisponga una delibera che disciplini «il funzionamento e i tempi di attuazione dell’Azienda Zero». Che poi con un suo Atto aziendale determinerà l’organizzazione degli uffici e delle funzioni.

    sanità-ecco-cosa-farà-quanto-guadagnera-numero-uno-azienda-zero
    Occhiuto durante il Tavolo Adduce affiancato da Profiti

    Da dove si prendono i soldi per Azienda Zero

    Per la propria attività, AZ utilizzerà finanziamenti assegnati dalla Regione, a carico del fondo sanitario regionale. La legge che l’ha istituita ha indicato oneri per 700mila euro all’anno per gli esercizi 2022-2024. Che arriveranno dalla prevista riduzione della spesa per le funzioni assorbite dalle Asp. Ovviamente resta l’interrogativo più grande. Si capirà nei prossimi mesi (o anni) come e in che misura questa “rivoluzione” accentratrice porterà ad approvare i bilanci delle Asp che non riescono a farlo da anni, ad accertare il debito e il meccanismo che lo alimenta, a ridurre l’emigrazione sanitaria e a far salire i famigerati Lea (Livelli essenziali di assistenza) che continuano a focalizzare il sistema sanitario regionale come il peggiore d’Italia. Costringendo a un calvario, ormai percepito come inesorabile, centinaia di migliaia di pazienti calabresi.

  • Taglia e cuci alla meno peggio: la Sanità malata in salsa bruzia

    Taglia e cuci alla meno peggio: la Sanità malata in salsa bruzia

    Li vedi entrare e uscire dai reparti, stremati da ritmi di lavoro estenuanti. Nell’ospedale dell’Annunziata di Cosenza, medici, infermieri e OSS attraversano silenziosi i corridoi e le stanze che fino a due anni fa pullulavano di gente. Prima della pandemia, più che un ospedale sembrava un fumetto di Jacovitti. Poi le misure anti-Covid hanno fatto sparire lo spumante e i pasticcini al varco di Ostetricia, le parmigiane di melanzane per i degenti a Geriatria, i capannelli intorno alle bottigliette piene di caffè fumante davanti alla sala operatoria. Insieme ai familiari dei pazienti, però, è sparita la maggior parte del personale tagliato dalle politiche di “austerità”.

    L’ingresso dell’ospedale dell’Annunziata a Cosenza

    Sanità a Cosenza, il dottore dov’è?

    Solo a Cosenza nella sanità non si bandiscono da anni concorsi per posti a tempo indeterminato. Ciò rende poco attrattiva la partecipazione di giovani medici e infermieri che trovano fuori regione le risposte che cercano in termini di sbocchi professionali. Il piano aziendale prevede per la Gastroenterologia 11 medici (10 + primario). Nel corso degli anni i medici sono rimasti in 6 (5 + 1) e non c’è stato avvicendamento tra pensionati e nuovi assunti. Questo ha portato a una riduzione delle attività ambulatoriali e a un dimezzamento dei posti letto. Ce n’erano 21, ora sono 11. Ciò comporta un mancato decongestionamento del Pronto Soccorso che non sa dove ricoverare le persone richiedenti cure specialistiche. Vi stazionano per giorni e giorni, con ovvi disservizi. Pochi giorni fa si è verificato che era presente un solo medico per 36 pazienti.

    sanita-cosenza-provincia-crepe-colpe-politiche-sistema-collasso-i-calabresi
    I sindaci della provincia durante la protesta velleitaria all’ingresso dell’ospedale di Cosenza (foto Alfonso Bombini)

    Il vero problema, dunque, è la mancanza di personale, aggravato da attrezzature obsolescenti, non sostituite. Alcuni dei medici dell’ospedale dell’Annunziata si sono formati per una metodica denominata ecoendoscopia per la quale l’azienda ha anche investito risorse economiche (stage all’Ismett e al San Raffaele), ma non è mai stato acquistato un ecoendoscopio. Altri reparti, come Medicina Interna, raggiungono risultati encomiabili in termini di prevenzione e diagnosi del tumore alla tiroide o al fegato, ma non potendo coprire un’utenza così vasta, migliaia di pazienti si riversano nelle strutture private. Molti devono recarsi spesso fuori regione o di recente a Reggio Calabria dove hanno investito in attrezzature e personale, realizzando i concorsi a tempo indeterminato.

    Possibile che nella stessa regione ci sia questa difformità? Ai commissari rotanti bisognerebbe chiedere quante sono le unità mediche e infermieristiche aggregate in totale nei vari reparti dell’ospedale di Cosenza, e in ciascuno di essi, dall’insediamento del presidente Occhiuto alla Regione, cioè dall’ottobre 2021 ad oggi. Quanti erano 5 anni fa e quanti sono adesso i medici e gli infermieri? Sono in programma acquisti di nuove strumentazioni per reparti come quello di Medicina Interna? A quanto ammontano le risorse impiegate negli ultimi 5 anni?

    Il vizietto del TSO

    In altri settori, come Psichiatria, si propongono in continuazione TSO e ricoveri ripetuti a brevissima distanza di persone con patologie croniche, che sul territorio non trovano risposte e contesti adeguati. La gestione dei pazienti è spesso completamente a carico delle famiglie, quasi sempre formate da genitori anziani. Ciò fa lievitare i costi e le patologie diventano sistemiche nel contesto familiare. Per quanto riguarda i posti convenzionati nelle cliniche, sono pochissimi. I malati psichiatrici non hanno lo stesso decorso degli anziani nelle RSA. Cinicamente parlando, non muoiono frequentemente, perché non soffrono di patologie organiche. Questo fa sì che i letti convenzionati siano un miraggio per chiunque, perché i posti non si “liberano” mai. Ciò crea una disuguaglianza enorme fra chi può pagare la retta e chi invece rinuncia al ricovero.

    sanita-cosenza-provincia-crepe-colpe-politiche-sistema-collasso-i-calabresi
    Vincenzo Carlo La Regina, commissario straordinario dell’Asp di Cosenza

    La rotazione dei commissari, disposta di recente da Occhiuto, ha fatto slittare l’audizione dei vertici di Asp e Ao in commissione regionale Sanità. Ai direttori La Regina e Mastrobuono non è stato quindi possibile chiedere quali siano stati negli ultimi anni gli interventi concreti (per esempio, assunzioni all’interno del Csm) per potenziare i servizi territoriali dedicati alla salute mentale. Quante sono nel territorio della provincia di Cosenza le unità operative nell’assistenza domiciliare e nel supporto alle famiglie dei pazienti psichiatrici? È in programma l’assunzione di nuovo personale?

    “Fascicolo sanitario? E che cos’è?”

    In questo delirio disorganizzativo, è passato inosservato il fascicolo sanitario elettronico. Sebbene sia stato attivato, nei reparti oncologici di ospedali come quello di Cosenza i malati di tumore devono ogni volta raccontare da capo ai medici la propria storia. In Calabria, per questioni di mera sopravvivenza, si ricorre all’autodiagnosi e all’anamnesi autogestita permanente, con immaginabili conseguenze. Sarebbe interessante sapere quali risorse abbiamo impegnato negli ultimi tre anni per formare il personale sanitario in materia di lavoro a rete e gestione della digitalizzazione dei dati.

    È evidente che tra di loro le diverse strutture sanitarie non comunicano. Inoltre numerosi esami diagnostici (per esempio, la calcitonina) sono stati sospesi. Disagi enormi in territori vasti come quello cosentino comporta l’assenza del reparto Senologia. In assenza di interventi istituzionali, la società civile si è dovuta organizzare da sola. Non è casuale che un’associazione come Onco MED, senza scopo di lucro e con obiettivi come la diffusione della cultura della prevenzione oncologica attraverso uno studio medico multidisciplinare gratuito per indigenti, nel 2021 abbia registrato 550 accessi in studio, 10 interventi domiciliari, 500 percorsi di cura e 528 esami diagnostici.

    sanita-cosenza-provincia-crepe-colpe-politiche-sistema-collasso-i-calabresi
    Volontari di Oncomed nel centro storico di Cosenza

    Mentre la pandemia si appresta ad andare in vacanza, la sanità pubblica in Calabria – specie a Cosenza – non smette di sanguinare. Dilaniato dal trasferimento di fondi e funzioni ai privati, mutilato da tagli alla spesa, affossato dai ripetuti commissariamenti, il sistema sanitario calabrese attende che diventino atti concreti i roboanti annunci della nuova giunta regionale. Gli ospedali di Trebisacce e Praia non hanno ottenuto riattivazioni di reparti. Dei centri Covid non ne è stato reso attivo neanche uno.

    sanita-cosenza-provincia-crepe-colpe-politiche-sistema-collasso-i-calabresi
    Il presidente della Regione Calabria, Roberto Occhiuto

    Il presidente della Regione, Roberto Occhiuto, ha detto che ci sarebbero risorse disponibili per coprire 2500 posti, ma le strutture amministrative burocratiche ospedaliere sono adeguate a sviluppare nei tempi dovuti i concorsi e le assunzioni? E la volontà politica c’è? Il commissario La Regina ha eseguito 87 stabilizzazioni. Sono la classica goccia nell’oceano, se pensiamo che nel 2022 nell’Asp di Cosenza sono programmati 300 pensionamenti.

    Sanità a Cosenza, il peccato originale di Adamo

    La provincia bruzia, per estensione e abitanti, da sola costituisce più del 40 per cento del territorio regionale. Dal 2007, da quando le aziende sanitarie e ospedaliere furono accorpate e da 11 passarono a 5, è sprofondata in un abisso. Tra gli artefici del provvedimento, Nicola Adamo, all’epoca vicepresidente della giunta regionale. Il provvedimento fu approvato di notte. L’Asp di Cosenza amministra 150 Comuni, quella di Crotone 27.

    sanita-cosenza-provincia-crepe-colpe-politiche-sistema-collasso-i-calabresi
    Nicola Adamo è stato anche vicepresidente della Regione Calabria

    La conclusione è che nessun essere umano può essere in grado di governare l’Asp (e la sanità) di Cosenza. Il direttore generale o commissario che dir si voglia ha infatti sotto di sé una pletora di personaggi che non prendono ordini da lui, bensì dai rispettivi protettori politici. L’emergenza quotidiana da gestire ogni giorno propone vertenze, carenza di fondi e visite della Guardia di finanza. C’è poi il problema dei costi. Una siringa non può costare un prezzo diverso in province differenti della regione. Gli ambiti territoriali sono vasti, disegnati male, ingestibili.

    Intanto a Rossano proseguono i lavori per la realizzazione dell’ospedale “della Sibaritide”. Bisognerà capire da dove arriveranno le risorse per attivarlo. I fondi per il cemento sono stati reperiti. Quelli per i medici mancano da anni. I nuovi (molti dei quali, vecchi) commissari nominati per le varie aziende sanitarie e ospedaliere avranno gli strumenti per fornire risposte alle tante domande dei calabresi senza sanità? Oppure continueranno a lasciarsi cullare dall’ignavia? E che fine ha fatto il progetto del nuovo ospedale finanziato da anni?

  • Sanità, dopo il “fantasma” c’è il superconsulente a mezzo servizio

    Sanità, dopo il “fantasma” c’è il superconsulente a mezzo servizio

    Lui è quello con la valigia in mano. A marcare stretto Roberto Occhiuto mentre entra negli uffici del Mef è invece la dg del dipartimento Salute Iole Fantozzi. La seconda linea è del subcommissario Roberto Esposito. E in coda proprio Giuseppe Profiti, l’ultimo superconsulente chiamato dal governatore a sbrogliare l’intricatissima matassa della sanità calabrese.

    La narrazione sulla sanità in Calabria

    Se gli indizi visivi contenuti nelle foto diffuse dallo staff di Occhiuto vogliano dire qualcosa, o se sia tutto affidato al caso, non è certo imprescindibile indagarlo. Quello che conta sono i fatti. È mettendoli in fila, depurati dallo storytelling dei social, che si può trarre qualche dato sullo stato di fatto del settore su cui il governatore ha dichiarato esplicitamente di «giocarsi tutto».

    sanita-calabria-debito-monstre-superconsulente-mezzo-servizio-i-calabresi
    Occhiuto durante il Tavolo Adduce affiancato da Fantozzi e Profiti

    160 milioni per risollevare la sanità

    Innanzitutto c’è l’esito, fresco fresco, dell’ultimo confronto al Tavolo Adduce, la sede in cui i tecnici dei Ministeri dell’Economia e della Salute valutano l’attuazione del Piano di rientro sanitario della Calabria. Il comunicato diffuso dalla Cittadella nel pomeriggio di ieri annuncia due risultati. Primo: i conti della sanità calabrese nel 2021 si sono chiusi in positivo «di oltre 145 milioni di euro». Si tratta di un avanzo che consente di sbloccare 97 milioni di euro, di ripianare i disavanzi del 2018 e del 2019 (che ammontano a 77 milioni di euro) e di utilizzare i restanti 68 milioni per il Programma operativo 2022-2025.

    L’accordo romano

    Ecco, proprio il Programma operativo sarebbe, secondo quando reso noto da Occhiuto, il secondo risultato. Al tavolo ministeriale ci sarebbe l’accordo per approvarlo «in tempi brevi». Dando così il via agli interventi strutturali per risollevare la sanità calabrese e sbloccare altri 60 milioni di euro previsti dal decreto Calabria.

    Per salvare gli ospedali servono le assunzioni

    Fin qui gli annunci. Che, è bene chiarirlo, sono potenzialmente di notevole portata. Perché dal Programma operativo passa la possibilità concreta di fare quello che più di ogni altra cosa è necessario fare: assumere medici, operatori sanitari e amministrativi. Altrimenti i pronto soccorso calabresi continueranno ad essere assediati, i reparti degli ospedali resteranno in grave affanno e le Asp inseguiranno ancora le emergenze. Altrimenti anche i nuovi organismi di prossimità previsti dal Pnrr (Case e Ospedali di comunità) si tradurranno solo in un restyling edilizio di qualche struttura territoriale.

    Chi accerta il debito?

    È vero: i conti (banalmente, la differenza tra entrate e uscite nell’arco dell’anno) non sono più in rosso, ma va detto che erano già migliorati nel 2020. E che Occhiuto è diventato commissario a novembre. Di mezzo c’è stato anche il Covid, che ha certamente causato una contrazione delle prestazioni sanitarie “non covid” erogate in Calabria e dell’emigrazione per curarsi in altre Regioni. Altra cosa è invece il debito monstre. Che, ancora, non è stato neanche quantificato.

    sanita-restano-debiti-superconsulente-mezzo-servizio
    Nell’immediato il vero nodo da sciogliere per Occhiuto è quello delle assunzioni

    L’allarme della Corte dei conti e le colpe del governo

    Giusto per farsi un’idea: secondo la Corte dei conti solo l’Asp di Reggio potrebbe toccare i 500 milioni di euro. Occhiuto comunque garantisce che l’entità esatta del debito la sapremo entro la fine dell’anno e c’è da sperare che ciò avvenga davvero. Perché se non si accerta il debito, e non si fa chiarezza sul meccanismo che lo ha prodotto con evidenti responsabilità del governo nazionale, non se ne esce.

    Dream team mancato

    A questo proposito è interessante osservare la dinamica che ha portato il governatore/commissario a costituire la squadra con cui aggredire il problema-dei-problemi. È quella restituita plasticamente dalla foto di cui abbiamo scritto in apertura. Non è esattamente il dream team che Occhiuto sperava di mettere insieme perché manca proprio l’uomo che avrebbe dovuto ripetere con i conti della sanità calabrese i miracoli fatti in Campania.

    sanita-calabria-debito-monstre-superconsulente-mezzo-servizio-i-calabresi
    Il colonnello Maurizio Bortoletti

    Chi ha paura del “fantasma”?

    Il colonnello Maurizio Bortoletti è stato annunciato come subcommissario per la sanitò in Calabria a novembre. Sono passati 6 mesi ed è ancora un “fantasma”: non si è potuto insediare perché non ha trovato l’accordo con l’Arma dei carabinieri per il suo distacco (o aspettativa). Sembra incredibile ma è successo davvero. E nessuno ha risposto a quanti paventano che oscure forze del male lo tengano lontano dalla Calabria.

    Il supertecnico dalla Liguria

    Così nei giorni scorsi si è materializzato Giuseppe Profiti. Docente universitario, già numero uno del Bambino Gesù di Roma, chiamato un anno fa dal presidente della Liguria Giovanni Toti – che è anche assessore regionale alla Sanità – a coordinare la Struttura di missione con lo scopo di riportare la sanità ligure «a funzionare dopo l’emergenza Covid».

    sanita-calabria-debito-monstre-superconsulente-mezzo-servizio-i-calabresi
    Giuseppe Profiti (foto da Primocanale.it)

    Le polemiche contro Toti

    Quando, una decina di giorni fa, si è cominciato a parlare della sua nomina per la sanità in Calabria, le cronache liguri lo davano in allontanamento dalla Regione guidata da Toti. Poi lo stesso leader di “Coraggio Italia” ha chiarito che Profiti avrebbe mantenuto l’incarico nonostante il nuovo impegno calabrese. E c’è stata una mezza sollevazione dell’opposizione.

    sanita-calabria-debito-monstre-superconsulente-mezzo-servizio-i-calabresi
    Giovanni Toti a Cosenza presenta la lista di Coraggio Italia nelle ultime elezioni regionali (foto Alfonso Bombini)

    Il silenzio in Calabria

    In Liguria la figura a mezzo servizio non è dunque passata sotto silenzio. In Calabria invece nessuno ha sollevato dubbi su questa situazione e ci si limita, ancora una volta, all’accoglienza entusiastica del nuovo supertecnico che arriva da fuori. Che avrebbe anche buone entrature nei Ministeri decisivi per il Piano di rientro.

    I manager confermati

    È evidentemente un fatto che i profili scelti da Occhiuto trovino meno ostilità romane rispetto a commissari e governatori del recente passato. Intanto sul territorio vengono confermati manager come Vincenzo La Regina – spostato dall’Asp di Cosenza alla Mater Domini di Catanzaro – e Gianluigi Scaffidi, che passa dall’Asp al Gom di Reggio, dopo essere stato dirigente del dipartimento Sanità ai tempi di Peppe Scopelliti e poi uomo ombra della sottosegretaria M5S Dalila Nesci.

    L’attesa

    Entro martedì sarà svelato anche il nome del commissario di Azienda zero. Ma ciò che serve e che ci si attende davvero per la sanità in Calabria, oltre ai miracoli sul debito, sono le assunzioni e la riorganizzazione della rete ospedaliera.

  • Terme Luigiane, finora solo annunci. Continua il dramma dei lavoratori

    Terme Luigiane, finora solo annunci. Continua il dramma dei lavoratori

    L’incubo lavorativo, che per i 250 dipendenti delle Terme Luigiane dura ormai da 6 anni, continua. Si sono avvicendati ben 4 presidenti di Regione e sono stati sottoscritti accordi alla Cittadella e in Prefettura. Ma gli stabilimenti si ritrovano ancora una volta chiusi. Eppure la stagione, «se solo si volesse, potrebbe ripartire domani mattina». Il “Comitato dei Lavoratori Terme Luigiane” ne è convinto ma è costretto a osservare come «centinaia di interrogazioni, denunce e istanze promosse da lavoratori, cittadini e da ogni parte politica» non abbiano risolto concretamente un problema «che sta diventando lo specchio di una Calabria che non funziona e che costringe i padri di famiglia, con immensa rassegnazione, a fare le valigie pensando a quanto il buon Dio abbia dato a questa terra e a come noi Calabresi siamo incapaci di mettere a frutto tali doni».

    Acque (e dignità) in mare

    Questo è esattamente ciò che sta accadendo alle Terme Luigiane: «Una realtà perfettamente funzionante da una parte e, dall’altra, qualcuno dotato delle giuste coperture, che ha scelto in maniera arbitraria di distruggere tutto nel tentativo di portare a compimento disegni a noi ignoti, sversando nel mare le preziose acque termali e la nostra dignità di lavoratori». Alla Sateca, «che ha da sempre gestito le Terme Luigiane, garantendoci – proseguono i lavoratori – occupazione stabile e correttamente remunerata, è stata tolta l’acqua termale contro ogni legge e contro ogni sentenza giudiziaria, preferendo il nulla a un qualcosa che funzionava e che ha dato la possibilità ad intere famiglie per intere generazioni di mantenere un livello di vita più che dignitoso e soddisfacente».

    terme-luigiane-pozza
    Una pozza d’acqua sulfurea nei pressi delle Terme Luigiane

    Terme Luigiane, l’aiuto di sindacato e chiesa

    Oggi i lavoratori si ritrovano «costretti a spezzare i sogni» dei loro figli e «nella condizione di non sapere cosa portare in tavola». Tra le istituzioni «che ci sono state sempre vicine (di fatto le uniche)», i dipendenti della struttura annoverano «la Cisl con Gerardo Calabria, che ha dall’inizio combattuto con noi questa battaglia e, nelle persone di Monsignor Leonardo Bonanno e di don Massimo Aloia, la Chiesa che ha provveduto a pagarci le bollette, a farci la spesa alimentare e, soprattutto, a manifestarci costantemente vicinanza e condivisione quotidiana delle nostre angosce».

    don-massimo-aloia-terme-luigiane
    Don Massimo Aloia, parrocco delle Terme Luigiane

    Finora solo buone intenzioni

    Il presidente della Regione Roberto Occhiuto il 15 dicembre 2021 ha ricevuto il sindacato Cisl e una delegazione di lavoratori «garantendo discontinuità con la precedente linea politica e assicurando che entro la fine dell’anno avrebbe risolto la situazione affinché si potesse iniziare a programmare la prossima stagione termale». Il 26 marzo 2022 lo stesso Occhiuto in un video messaggio ha comunicato l’intenzione della Regione di acquisire tramite Fincalabra le Terme Luigiane al fine di superare lo stallo e consentire la ripartenza dell’attività. «Cosa sia successo nel frattempo – afferma il Comitato – noi lavoratori non lo sappiamo e, tutto sommato, ci interessa poco. Quello che rileviamo con sconforto è che alla data di oggi nulla di fatto è cambiato e le prospettive di ripartire per la prossima stagione sono ormai estremamente ridotte».

    le Terme Luigiane e le riunioni che non risolvono

    Da quello che la Cisl comunica ai lavoratori e dalle informazioni che loro stessi riescono ad avere pare che continuino le interlocuzioni e le riunioni tecniche. Ma le soluzioni sembrano ancora lontane. «Ciò di cui né noi 250 lavoratori, né i 22.000 curandi, né le migliaia di assidui frequentatori delle Terme Luigiane riescono a capacitarsi – fanno notare ancora i dipendenti – è il motivo per cui le Terme Luigiane siano chiuse. Secondo la sentenza del Tar dell’8 novembre 2021, l’attività della Sateca sarebbe dovuta continuare senza soluzione di continuità e questo è stato impedito con la forza da parte delle due amministrazioni comunali di Guardia Piemontese e di Acquappesa e con la complicità della Regione Calabria che, in quanto proprietaria delle acque, avrebbe avuto l’obbligo, sia morale che istituzionale, di impedire un simile scempio e di assicurare il diritto a tutti i cittadini di curarsi».

    La politica «cieca» e il bene comune

    I dipendenti della struttura ribadiscono dunque come non sia accettabile «che in una terra assetata di lavoro come la nostra ci troviamo ancora una volta davanti a chi il lavoro potrebbe garantircelo immediatamente e questo viene impedito da una politica cieca ed egoista, incurante del bene comune e, soprattutto, indifferente a quanto sancito dalla magistratura».

    L’ennesimo appello a Occhiuto per riaprire le Terme Luigiane

    Il presidente della Regione Calabria, Roberto Occhiuto

    Il Comitato lancia dunque un ennesimo appello a Occhiuto: «Ripristini immediatamente una situazione di legalità, nella quale si dia immediata esecuzione alla sentenza del Tar, nella quale chi ha distrutto le Terme Luigiane venga punito e chi ci ha garantito da sempre giusti diritti abbia la possibilità di continuare a farlo. Presidente, faccia riaprire l’acqua, come è giusto che sia, e ci ridia la dignità e il futuro che meritiamo. La Sua sensibilità, la Sua cultura e formazione politica e il Suo ruolo Le consentono di trovare una “soluzione ponte” immediata che dia finalmente respiro a noi lavoratori e alle migliaia di curandi che aspettano con ansia una data di riapertura».

  • Il j’accuse del vescovo: chiesa e poteri, massoni deviati, politici come caporali

    Il j’accuse del vescovo: chiesa e poteri, massoni deviati, politici come caporali

    Francesco Savino è il vescovo di Cassano, territorio ricco, con una antica radice cattolica, ma anche tormentato dalla presenza di una potente criminalità organizzata. Ed è l’uomo mandato da Papa Francesco nella Chiesa calabrese.

    La voce pacata e lo sguardo mite non devono ingannare: Savino viene dalle lotte di Libera contro le mafie, è delegato presso la conferenza episcopale della Chiesa calabrese ai temi della Salute. E sa che qui è troppo spesso un diritto negato, assieme al lavoro e alla dignità.

    Non fa giri di parole. Sa pure che i responsabili sono da cercare nei legami tra certa politica e il malaffare, nella presenza di poteri trasversali che si sono impossessati di ampie porzioni della vita pubblica. E sa anche che lo sguardo severo va rivolto anche dentro la Chiesa, troppe volte in silenzio quando avrebbe dovuto gridare.

    E così, partendo dal messaggio del pontefice, Savino traccia la rotta di una chiesa militante, dentro la moltitudine delle persone, immersa tra la gente, alla ricerca di una via di liberazione che non lasci escluso nessuno. Quando Savino pronuncia la parola “liberazione”, una suggestione latinoamericana sembra insinuarsi nel salone della Diocesi. E invece siamo a Cassano, in Calabria. Ma forse non è così differente.
    CLICCA SULL’IMMAGINE IN APERTURA PER VEDERE L’INTERVISTA

    Michele Giacomantonio e Claudio Dionesalvi

  • Medico, Oss e infermiere aggrediti in ospedale

    Medico, Oss e infermiere aggrediti in ospedale

    Sanitari presi a schiaffi dai parenti di una paziente all’ospedale Giannettasio di Corigliano-Rossano. È successo la notte scorsa. Un medico, un infermiere ed un operatore socio sanitario, in servizio nel nosocomio della città ionica del cosentino, sono stati aggrediti da una coppia, marito e moglie, che lamentava la mancanza di attenzione e assistenza nei confronti della madre dell’uomo in attesa di essere visitata nel pronto soccorso.

    La donna anziana, che pare non fosse in condizioni particolarmente gravi, era giunta nell’ospedale di Corigliano-Rossano da un comune della zona e attendeva di eseguire degli accertamenti per un possibile ricovero. I sanitari, che sono stati refertati dai loro colleghi, hanno anticipato che lunedì presenteranno una denuncia di aggressione alle forze dell’ordine mentre la coppia, secondo quanto è stato riferito, esasperata dalla presunta mancata attenzione nei confronti della congiunta, si è rivolta ai carabinieri.

  • Coronavirus: tutti i dati della giornata

    Coronavirus: tutti i dati della giornata

    Sono 1.316 le persone risultate positive al Covid nel bollettino di oggi (26 aprile) della Regione Calabria. Il dato arriva a fronte di 5.715 tamponi. Il tasso di positività si attesta, pertanto, al 23,03%, in lieve calo rispetto alla giornata di ieri. Sono 7 le persone morte oggi. I guariti, inoltre, sono 963.

    Il Covid in Calabria oggi (26 aprile)

    Territorialmente, dall’inizio dell’epidemia, i casi positivi sono così distribuiti:

    • Catanzaro: CASI ATTIVI 7.710 (81 in reparto, 8 in terapia intensiva, 7.621 in isolamento domiciliare); CASI CHIUSI 43.217 (42.939 guariti, 278 deceduti).
    • Cosenza: CASI ATTIVI 47.119 (77 in reparto, 5 in terapia intensiva, 47.037 in isolamento domiciliare); CASI CHIUSI 41.286 (40.234 guariti, 1.052 deceduti).
    • Crotone: CASI ATTIVI 4.051 (16 in reparto, 0 in terapia intensiva, 4.035 in isolamento domiciliare); CASI CHIUSI 31.675 (31.458 guariti, 217 deceduti).
    • Reggio Calabria: CASI ATTIVI 8.388 (94 in reparto, 4 in terapia intensiva, 8.290 in isolamento domiciliare); CASI CHIUSI 125.731 (124.982 guariti, 749 deceduti).
    • Vibo Valentia: CASI ATTIVI 18.371 (16 in reparto, 0 in terapia intensiva, 18.355 in isolamento domiciliare); CASI CHIUSI 19425 (19.255 guariti, 170 deceduti).

    L’ASP di Cosenza comunica 466 nuovi soggetti positivi di cui 8 fuori regione.