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  • Lo strano caso del dottor Tansi e di mister Carlo

    Lo strano caso del dottor Tansi e di mister Carlo

    Seguire le acrobazie politiche di Carlo Tansi può essere un’esperienza sensoriale di rara intensità, in cui si mescolano in parti uguali vertigini e divertimento.
    Già: le sfaccettature del personaggio sono tantissime, le sue contraddizioni pure. Difficile rintracciare una logica nella sua traiettoria (parlare di strategia sarebbe troppo). Impossibile venire a capo della sua comunicazione, semplice e caotica allo stesso tempo.

    Il sistema che t’incatena

    La traiettoria del principe dei geologi sembra essersi conclusa, per il momento, con la conferenza stampa Facebook del 17 luglio, in cui il Nostro si è più o meno “consegnato” ad Amalia Bruni.
    Le motivazioni di questo abbraccio abbondano di salti logici. Tansi, infatti, ha declinato la scelta con la consueta antipolitica: scienziata lei, scienziato lui, chi meglio di loro per dare alla Calabria il meritato destino di progresso?
    Eppoi, ha ribadito il Nostro, giusto per scansare qualche equivoco, il sistema va smantellato dall’interno e se non si sguazza nel fango non si verrà a capo di niente.

    Verrebbe voglia di dar ragione a lui e torto a quel cattivone di de Magistris, che ha reagito con toni e modi da verginella tradita e ha definito l’ex sodale un affamato di poltrone pronto a buttarsi tra le braccia di quella classe politica contro cui aveva detto di tutto e di più. Però i salti logici restano e occorre darne conto.

    Carlo Tansi detto Tanzi non era quello che non faceva coalizione con nessuno per non mescolarsi col “vecchio” e coi profittatori?
    E ancora: non era stato proprio Carlo Tansi detto Tanzi a coniare il Put, un acronimo da cantina sociale che significa Partito unico della torta ed è, appunto, sinonimo di sistema?

    Il percorso di Tansi

    L’abbraccio con la Bruni è iniziato verosimilmente a fine giugno ed è documentato da una serie di post sulla pagina Facebook di Tansi, uno più spassoso dell’altro.
    Il Nostro ha iniziato il 30 giugno, con una missiva inviata a Giuseppi Conte, studiata per profittare della crisi tra l’ex premier e Beppe Grillo: «Sarò al fianco di Conte se costituirà una nuova formazione politica».
    Col secondo post, del 5 luglio, Tansi ha osato di più: ha invocato una Grosse Coalition progressista per fermare il centrodestra di Roberto Occhiuto.

    Il 13 luglio l’arciduca dell’idrogeologia calabra ha iniziato a stringere sulla Bruni e si è detto disposto a mettere da parte l’autocandidatura a governatore. Uno sforzo non indifferente, data la mole e l’iperattività dell’ego tansiano.
    Il 14 luglio, il conte del Cnr ha proclamato urbi et orbi (più verosimilmente, tra Pollino e Stretto) il buon esito dell’incontro con la Bruni.
    Non serve davvero raccontare oltre: chi vuol saperne di più, vada sui profili social del Nostro, dove le occasioni di divertimento non mancano.

    La tansimania

    Riavvolgere il nastro di questi due anni di tansimania, coltivata dal principe dei geologi calabresi, può essere un’esperienza istruttiva su come il civismo e il giustizialismo antipolitico possano essere mezzi politici per far politica. Cioè, in molti casi, per prendere la classica greppia, disprezzata solo se vi aggrappano gli altri.
    Per fare ciò è necessario rispondere a un’altra domanda: cosa ha spinto un brillante ricercatore del Cnr, tra l’altro coccolato dai media, a sporcarsi le mani con la politica? E ancora, cosa ha trasformato il sorridente e piacione “scienziato della porta accanto” in un feroce fustigatore dei (mal)costumi politici altrui? Cosa ha propiziato la metamorfosi di un rotariano doc in Masaniello ’i nuavutri e mangiamassoni?

    Una risposta possibile potrebbe essere: la lunga frequentazione di quegli ambienti politici e sociali su cui ora lancia saette. Una frequentazione da cui ha avuto ruoli e visibilità, ma conclusasi con un trauma: la defenestrazione dalla Protezione civile calabrese, di cui era stato alla guida durante l’amministrazione regionale Oliverio.
    È questo lo spartiacque tra Doctor Carlo e Mr Tansi detto Tanzi.

    La parabola di Tansi

    Indisciplinato come tutte le personalità autoritarie, insofferente a qualsiasi mediazione, indisponibile a qualsiasi confronto in cui non la spuntasse. Tansi detto Tanzi aveva fatto irruzione sulla scena politica calabrese nella canicola estiva del 2019 in maniera a dir poco rumorosa, violando tutti i precetti basilari della comunicazione politica.

    Ha invaso Facebook, trasformandolo in un’arena virtuale da cui sparare a zero sugli avversari, reali, potenziali e virtuali.
    Si è parlato addosso un po’ ovunque e sempre ad alto volume. Ha scansato con zelo ogni tentativo di dialogo politico che contrastasse con il suo obiettivo dichiarato: diventare presidente della Regione. Ovviamente, per fare la rivoluzione e trasformare la Calabria in una specie di California del Mediterraneo.

    L’obiettivo percepito, e probabilmente reale, era un altro: entrare in Consiglio regionale purchessia, con costi e impegno minimi. Infatti, oltre che a guida (verrebbe da dire: Duce) della propria coalizione, si era candidato anche come capolista della sua Tesoro Calabria nella circoscrizione di Cosenza.
    E aveva sfiorato il colpaccio, grazie alla coincidenza miracolosa di tre fattori.

    Il primo, prevedibilissimo, è stato il collasso del centrosinistra e dei cinquestelle calabresi, incapaci di far coalizione persino con se stessi.
    Il secondo, anch’esso prevedibile, è stato la contrazione dei votanti, che gli ha reso possibile sfiorare con non troppi voti la soglia dell’otto per cento.
    Il terzo è stato l’effetto novità, che ora ovviamente non c’è più.

    Il tempo di sopravvivere a un gossip pruriginoso d’inizio estate 2020 e di riprendersi da un fastidioso problema di salute, il Nostro si è rimesso in pista per le Regionali subito dopo la tragica scomparsa della ex presidente Jole Santelli.
    Tansi è rientrato con gli stessi metodi e forse con la speranza di ottenere quegli zerovirgola in più che gli consentirebbero di sedere in Consiglio e diventare collega dei membri del Put.

    Perciò è partito a razzo a novembre, con una lite non leggera con Pino Aprile, non ancora direttore di testata ma leader politico meridionalista. La colpa di Aprile? Avergli detto durante un incontro che sarebbe stato meglio parlare prima di programmi, poi di coalizioni e solo dopo di candidature.

    La Regola Aurea

    L’autore di “Terroni” è stato il primo a fare le spese della Regola Aurea Tansiana e del suo corollario. Secondo questa regola il mondo si divide in tre categorie: Tansi, non Tansi, anti Tansi. Secondo il corollario, i non Tansi che non seguono Tansi diventano automaticamente anti Tansi. Per chiarire con un esempio, Tallini è senz’altro anti Tansi. Ma lo sono anche gli ex interlocutori, Aprile prima e de Magistris poi. Resta un dubbio su Roberto Occhiuto: è anti Tansi perché avversario politico o, più semplicemente, perché non se lo calcola?

    Stavolta, però, le cose si sono fatte più difficili: lo scatafascio del centrosinistra e dei cinquestelle è confermato, ma manca l’effetto novità. E, a proposito di populismo e giustizialismo, è sceso in campo il molto più attrezzato (e apprezzato) Luigi de Magistris. Che, a differenza di Tansi, mastica e pratica la politica per davvero.
    In questa situazione, il principe dei geologi naviga a vista tra una contraddizione e l’altra, sperando che gli elettori calabresi, notoriamente privi di memoria storica, non se ne accorgano. Sempre a proposito di de Magistris: come si metterà Tansi se il retroscena del dialogo a distanza tra il sindaco di Napoli ed Enrico Letta dovesse portare a un dialogo politico?

    Comunque vada sarà (in)successo

    A furia di fare e disfare, Tansi è rimasto più o meno isolato. Ed ecco perché ha cercato aperture a Roma (che sarà “ladrona” e “padrona” ma fa sempre comodo) magari attraverso Conte. Ed ecco perché, dopo aver parlato di Put a tutta forza, ha lanciato l’idea di una Santa Alleanza anti Occhiuto, in cui è entrato effettivamente, della quale si può dare un’interpretazione tutto sommato in linea col personaggio: accoglietemi e scurdammoce ’o passato.

    Intanto, gli osservatori più accreditati danno il ricercatore del Cnr in progressivo sgretolamento. E lui, giustamente, reagisce e resiste come può.
    L’augurio di continuare e perseverare è il minimo. Di sicuro non avrà successo, ma almeno è divertente.

  • Muccino, il trucchetto della Regione per non parlarne più

    Muccino, il trucchetto della Regione per non parlarne più

    L’interrogazione che si era persa e poi fu annullata. Sarebbe il titolo efficace per una ipotetica sceneggiatura sul destino di “Sul cortometraggio Calabria terra mia, del regista Muccino”. Presentata il 21 ottobre del 2020, smarrita nell’oblio delle mille carte della Regione Calabria, ricomparsa dopo otto mesi col destino di essere annullata “per assenza del proponente”.
    Il proponente era Francesco Pitaro. Eletto in una lista che sosteneva Callipo, è passato poco dopo al gruppo Misto. Pitaro alla versione fornita da Giovanni Arruzzolo, presidente del Consiglio regionale, proprio non ci sta.

    Il consigliere c’è, ma non si vede

    «Quel giorno ero presente in aula e ho tenuto anche degli interventi» racconta come prova del suo impegno. In effetti sulla pagina della Regione è riportato il video del suo intervento, con cui annuncia voto contrario ad alcuni provvedimenti che l’opposizione considerava inammissibili.

    «Mi ero allontanato dall’aula – prosegue – perché il mio naturale interlocutore, cioè il presidente Spirlì, era assente. Dunque non avrei avuto nemmeno in quella occasione risposta alla mia interrogazione». Nella seduta precedente, il 18 Giugno, proprio Spirlì aveva chiesto di rimandare la discussione perché non del tutto preparato a fornire informazioni. E «per cortesia istituzionale avevo acconsentito», sostiene Pitaro.

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    Francesco Pitaro, consigliere regionale del gruppo Misto

    Fuga dalla risposta

    Sembra un giochino un po’ infantile, costruito attorno alle pieghe del regolamento per sfuggire all’obbligo istituzionale di dare risposte su un tema che ha fatto sorridere molti. E che, però, ha anche rappresentato una scelta “strategica” e molto orgogliosamente propagandata dell’amministrazione Santelli. In realtà è la misura di una pratica politica che sceglie la furbizia a discapito dell’impegno responsabile, lo sgusciare rispetto alla difesa delle proprie scelte. O, forse, l’unica soluzione per una classe dirigente consapevole dell’indifendibilità di certe operazioni.

    Viene da immaginare gli assessori riuniti e un po’ seccati, in cerca della via di fuga meno imbarazzante per evitare di parlare ancora del corto di Muccino. Poi il colpo di genio di Arruzzolo, che scorgendo vuoto il banco di Pitaro si affretta a dichiarare decaduta la questione. Tattiche elusive, davanti a un argomento imbarazzante dopo la magra figura rimediata dal video. Doveva promuovere la Regione, ha scatenato ilarità e critiche sui social, tra congiuntivi torturati a morte e stereotipi consunti di coppole e bretelle indossate da giovani in improbabili piazze di paesini.

    Uno scontro più corto del filmato

    Il seguito della storia è uno scontro tra il committente e il regista, accusata di aver divulgato il prodotto realizzato senza le necessarie autorizzazioni, con conseguente minaccia di non eseguire il pagamento della cifra pattuita.
    Sembrava il via di una battaglia legale e invece si è giunti presto ad un accordo piuttosto banale: uno sconto, nemmeno sostanzioso. Il Burc racconta che dal milione e 600 mila euro del costo iniziale si è scesi ad un totale di 1.382.729,90 euro.

    Del video intanto non c’è traccia. Scomparso dai social e mai usato sui canali istituzionali, né su quelli destinati alla promozione del territorio. Il presidente facente funzioni ha chiesto al regista alcuni aggiustamenti, mai chiaramente definiti. Pare che sparirà il finocchietto dalla soppressata.

    Pitaro tenta il bis

    Intanto Pitaro non si è arreso. E dopo aver visto decadere la sua interrogazione per una assenza mai davvero avvenuta ha ripresentato il quesito. Certo nemmeno lui è sembrato particolarmente insistente. Da ottobre del 2020, data di presentazione della prima interrogazione, fino a giugno 2021 non risulta abbia marcato stretto la Giunta per sollecitare repliche. «Non avrei potuto fare altro, le regole a riguardo sono stringenti. Il consigliere che propone una interrogazione – spiega – può solo attendere la risposta».

    Intanto, perché in Calabria non ci facciamo mancare niente, dalla graduatoria relativa al finanziamento di grandi eventi culturali sono scomparsi alcuni festival storici. E anche su questo l’implacabile Pitaro ha avanzato richiesta di accesso agli atti.
    «Il 17 giugno ho fatto richiesta di tutti i verbali della Commissione di valutazione. Tuttavia ne sono stati consegnati solo alcuni e non quelli precedenti la fase di annullamento della graduatoria», racconta.  E il materiale pervenuto «non è sufficiente» per poter svolgere il suo mandato.

    Il rimpianto che non ti aspetti

    Le preoccupazioni di Pitaro sembrano ben fondate. Alcuni eventi culturali esclusi sono assai rappresentativi di fermenti culturali vivaci, importanti ed apprezzati. Nell’elenco figurano il Peperoncino Jazz festival, il Festival d’Autunno e gli eventi della Fondazione Trame, cancellati proprio nell’anno in cui Vibo è “Capitale italiana del libro“.

    Al netto delle motivazioni, sono scelte che appaiono come scarsamente sensibili verso le realtà dei luoghi e al successo di certi eventi. Al punto da far affiorare una inattesa nostalgia, quella dei tempi di Oliverio. Sembra un’eresia, eppure è il consigliere Giuseppe Aieta a spiegare che l’allora governatore destinò 7 milioni di euro agli eventi culturali nel triennio 2017/19. L’attuale Giunta ha stanziato per i grandi festival solo un milione e 300 mila euro. Meno dei soldi sborsati per un cortometraggio senza sapore.