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  • Assalto alla Cittadella: truppe schierate in cerca di poltrone

    Assalto alla Cittadella: truppe schierate in cerca di poltrone

    Sfida per la continuità o per il cambiamento (ma quale?), le Regionali si annunciano piuttosto combattute, sebbene l’esito sia considerato scontato dalla quasi totalità degli osservatori.
    Roberto Occhiuto, che rivendica l’eredità politica di Jole Santelli, è dato per favorito, grazie anche a liste compilate per fare il pieno di voti.
    Il perno di Occhiuto, come già per Oliverio e la ex presidente prematuramente scomparsa, è Cosenza e non è un caso che il candidato azzurro abbia concentrato proprio nella circoscrizione Nord una potenza di fuoco non indifferente.

    L’armata azzurra

    Il dilemma di Forza Italia è risolto. Capolista sarà l’assessore all’Agricoltura Gianluca Gallo, fortissimo nella fascia jonica e amico-rivale storico dell’aspirante governatore.
    Fuori dalle liste Pino Gentile, che tuttavia non ha rinunciato a lasciare le sue impronte sulla coalizione. Fortissime quelle di sua figlia Katya, già vicesindaca di Cosenza nella prima metà dell’era Occhiuto.

    Meno marcate, ma altrettanto significative, quelle di Simona Loizzo, dentista cosentina con un ruolo importante nella Sanità calabrese, precedenti politici di rilievo (è stata dirigente provinciale cosentina del Pdl), vicinissima alla famiglia Gentile e con addentellati fortissimi nella Cosenza “che conta” (è la nipote di Ettore Loizzo, ex big della massoneria calabrese ed ex gran maestro aggiunto del Goi).

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    Roberto Occhiuto

    La Loizzo, come già anticipato, è candidata nella Lega, in ottima compagnia del consigliere uscente e big di Coldiretti Pietro Molinaro e dell’ex “imbrattamuri” Leo Battaglia, protagonista della bravata ferragostana che ha fatto chiacchierare tutta l’Italia: il lancio sul litorale delle mascherine chirurgiche con santino elettorale dall’elicottero.
    Forti anche nelle altre due circoscrizioni le candidature salviniane: Pietro Raso e Filippo Mancuso nel Catanzarese e Tilde Minasi nel reggino.

    Ma Occhiuto pesca anche nel bacino di Palazzo dei Bruzi: al riguardo, fanno bella mostra di sé Carmelo Salerno (Fi), Pierluigi Caputo (Forza Azzurri) e l’assessora cosentina Francesca Loredana Pastore (Fratelli D’Italia).
    Non mancano i sindaci o ex tali. Ci si riferisce a Pasqualina Straface, ex prima cittadina di Corigliano (Fi) e a Gioacchino Lorelli, attuale sindaco di San Pietro in Amantea molto quotato nel basso Tirreno cosentino.

    Bianchi e neri

    A proposito di Meloniani, resta confermata l’indiscrezione su Luca Morrone, che ha candidato in sua vece la moglie Luciana De Francesco e, finalmente, si candida l’assessore al Turismo uscente Fausto Orsomarso.
    Forte, nella circoscrizione reggina, la candidatura del consigliere uscente Giuseppe Neri.
    Tra le novità assolute, l’ingresso dei seguaci del governatore ligure Giovanni Toti. È confermata, al riguardo, la candidatura di Alfredo Iorio, già uomo ombra dei leghisti Vincenzo Sofo e Pietro Molinaro. Evidentemente, Coraggio Italia è una casa per salviniani in libera uscita.

    Ritorni forti anche nell’Udc, che ricandida Giuseppe Graziano, detto “Il generale” nel Cosentino e Flora Sculco – la figlia di Enzo siede al momento a Palazzo Campanella in quota democrat nel Catanzarese.
    Confermata anche la presenza di Noi con l’Italia di Maurizio Lupi, le cui liste sono state confezionate da un altro ex Udc di peso: Pino Galati.
    L’ultima indiscrezione agostana rivelatasi fondata riguarda la candidatura di Piercarlo Chiappetta, cognato di Mario Occhiuto e consigliere comunale uscente di Cosenza, in lista in Forza Azzurrri.

    Amalia, la scienziata

    Ci voleva proprio una neurologa di fama per venire a capo dello sfacelo del centrosinistra.
    Anche Amalia Bruni ha concentrato il fuoco su Cosenza, dove la sfida è più difficile e i rischi maggiori, a causa dell’ingresso di Mario Oliverio, che potrebbe azzoppare proprio il Pd nel suo territorio.
    Pienissima la lista dem cosentina, in cui sono concentrati i big uscenti tranne Carlo Guccione, silurato in seguito al martellamento di Carlo Tansi. E cioè Mimmo Bevacqua, Giuseppe Aieta, Graziano Di Natale e il presidente della Provincia Franco Iacucci.
    Forte anche la candidatura di Nicola Irto, capolista del Pd nella circoscrizione Sud.

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    Amalia Bruni

    Nella lista della presidente, Amalia Bruni presidente (appunto…), si segnala la presenza di Giovanni Manoccio, storico ex (oggi vice) sindaco di Acquaformosa.
    Un altro ritorno nel Movimento 5 Stelle: si tratta di Domenico Miceli, ex capogruppo grillino di Rende, candidato come capolista nella circoscrizione cosentina.
    A conferma della sua voglia di giocarsi il tutto per tutto per entrare in Consiglio regionale, Carlo Tansi è candidato capolista della sua Tesoro di Calabria in tutte e tre le circoscrizioni.
    A completamento della coalizione, le liste del Psi, del Partito Animalista e di Europa Verde.
    Un merito alla Bruni lo si può riconoscere: è riuscita comunque a tenere unito il centrosinistra, che invece è spaccato a Cosenza, dove sarebbe riuscito a giocare la partita vera…

    Il giustiziere

    Luigi de Magistris schiera sei liste a geometria variabile. Smentisce le voci sulla propria candidatura anche a capolista (segno che conta di arrivare secondo) e schiera i propri fedeli a seconda delle proprie possibilità di farcela o meno.
    Ne sono esempi Anna Falcone, candidata capolista per de Magistris presidente nelle circoscrizioni Nord e Centro, e Mimmo Lucano, capolista in tutte e tre le circoscrizioni calabresi in Un’altra Calabria è possibile.

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    Luigi de Magistris con Anna Falcone durante la raccolta delle firme per presentare le liste

    Non mancano le curiosità. Tra le varie critiche mosse al quasi ex sindaco di Napoli c’è stata quella di aver soffiato candidati ai concorrenti, nello specifico a Carlo Tansi e al Movimento 24 agosto-Equità territoriale, l’ex partitino meridionalista di Pino Aprile.
    Voci confermate: l’ex tansiano Ugo Vetere si candida con Dema nella circoscrizione Nord e l’ex apriliano Amedeo Colacino nella circoscrizione centrale, sempre con Dema.

    Restano confermate la rinuncia a candidarsi dell’ex consigliere regionale Giuseppe Giudiceandrea e la candidatura di Mimmo Talarico, che coltiva un rapporto politico stretto con de Magistris sin dai tempi in cui era consigliere regionale in quota Idv.
    Le liste del “re di Napoli” oscillano tra civismo e sinistra radicale. Di sicuro azzerano le speranze di vittoria di Amalia Bruni ma non garantiscono l’agognato secondo posto al loro leader. A meno che Oliverio non riesca nel suo scopo.

    La ridotta di Mario Oliverio

    I fedelissimi dell’ex governatore tentano il tutto per tutto per ridimensionare il Pd attraverso una candidatura di testimonianza pura e disperata.
    Secondo alcuni, la scesa in campo di Mario Oliverio rievoca una specie di “resistenza”. Più realisticamente, sembra una Salò, per fortuna meno tragica e sanguinosa.
    I “repubblichini” di Oliverio vanno giù duri e promettono fuoco e fiamme contro i “compagni” coltelli dem, anche a costo di agevolare de Magistris.

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    L’ex presidente della Regione, Mario Oliverio

    Col big silano si sono schierati degli ultrà di lungo corso come i cosentini Maria Francesca Corigliano e Mario Caligiuri e Bruno Censore. Più qualche duro dell’ultima ora, come Giuseppe Belcastro, ex sindaco di San Giovanni in Fiore diventato famoso per aver azzoppato il centrosinistra nella sua città appoggiando la candidatura di Rosaria Succurro, assessora di Mario Occhiuto diventata prima cittadina nell’ex Leningrado della Calabria.
    Vendetta, tremenda vendetta, pare lo slogan di Oliverio. E c’è da essere sicuri che, in un modo o nell’altro, riuscirà a coglierla.

    Bagno di sangue

    Le liste risultano tutte più o meno cambiate: via i presunti incandidabili, anche a costo di qualche ingiustizia (come nei casi di Pino Gentile e Luca Morrone) e di qualche rischio.
    Le esigenze restano diverse: Occhiuto, più che di vincere, è preoccupato di rafforzare la propria leadership, mentre gli avversari lottano per la sopravvivenza, senza esclusione di colpi, meglio ancora se bassi.
    Dopo un agosto tropicale, inizia l’autunno caldissimo per la politica.

  • Trasformisti, parenti e borderline: le Regionali nella Circoscrizione Sud

    Trasformisti, parenti e borderline: le Regionali nella Circoscrizione Sud

    Cambi di casacca, contesti relazionali equivoci, parentele imbarazzanti con la ‘ndrangheta o con altri politici non graditi per la candidatura. Chi si aspettava un cambiamento di logiche nella scelta dei candidati al prossimo Consiglio Regionale della Calabria nella Circoscrizione Sud, sarà rimasto molto deluso. A essere maggiormente interessati dal fenomeno sono i due principali schieramenti in contesa. Il centrodestra, alla fine confluito interamente su Roberto Occhiuto. E una parte del centrosinistra, Pd e Movimento 5 Stelle, che appoggiano Amalia Bruni. In mezzo, nel tentativo di non essere stritolati, il sindaco di Napoli, Luigi De Magistris. E l’ex governatore, Mario Oliverio.

    Il centrodestra

    Tra i cavalli di battaglia del candidato governatore Occhiuto ci sono quelli delle “liste pulite”. Addirittura – dice – andando oltre gli stringenti criteri della Commissione Parlamentare Antimafia. Ma anche il concetto di “liste rigenerate”. Ma è davvero così?

    In Forza Italia, nella Circoscrizione Sud troviamo tra i candidati il presidente uscente del Consiglio Regionale, Giovanni Arruzzolo. Non indagato, viene menzionato spesso nelle carte d’indagine dell’inchiesta “Faust”. Indagine condotta dalla Dda di Reggio Calabria contro la famiglia Pisano di Rosarno. Costola del potente casato dei Pesce che, insieme ai Bellocco si divide da sempre Rosarno.

    A proposito di Bellocco e Rosarno, imbarazza non poco la candidatura di Enzo Cusato nei ranghi della Lega. È il consuocero del presunto boss Rocco Bellocco, la figlia ha sposato Domenico, figlio del presunto capoclan. La scelta stride coi proclami del commissario regionale del Carroccio, Giacomo Francesco Saccomanno. Che da settimane inonda le redazioni di comunicati stampa sulla lotta della Lega allo strapotere dei clan.

    Ma torniamo a Forza Italia. Tra i candidati spicca il nome del giovane imprenditore Giuseppe Mattiani. Già alle scorse Regionali aveva ottenuto un buon risultato, pur non risultando eletto. La famiglia Mattiani negli scorsi anni fu anche interessata da un cospicuo sequestro di beni per presunte connivenze con i clan. Ma riuscirà a dimostrare la propria estraneità, ottenendo la restituzione degli averi.

    Risulta invece indagata, con richiesta di rinvio a giudizio, Patrizia Crea, già assessore comunale a Melito Porto Salvo. La Giunta di cui era anche vicesindaco, infatti, avrebbe assegnato un immobile di proprietà comunale a una università privata, provocando quindi un ingiusto vantaggio alla stessa. Ma non solo. La Procura di Reggio Calabria in un’altra inchiesta la sospetta (insieme ad altri membri dell’allora Giunta Comunale) di falso in bilancio. In ultimo, risulta indagata perché non si sarebbe astenuta in Giunta nel voto di una delibera che, sostanzialmente, promuoveva la sorella ad un incarico superiore. Ovviamente in seno all’Amministrazione Comunale melitese.

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    Giuseppe Neri tenta il bis alla Regione ricandidandosi con Fratelli d’italia

    Situazione pesante, pur senza alcuna indagine formale a suo carico, per Giuseppe Neri. Consigliere regionale uscente e ricandidato nei ranghi di Fratelli d’Italia. L’inchiesta “Eyphemos” portò all’arresto di Domenico Creazzo. Consigliere regionale in manette ancor prima di insediarsi a Palazzo Campanella. Erano numerosi i riferimenti a Neri. E a contesti di ‘ndrangheta. Stando alle conversazioni intercettate di alcuni indagati, Neri avrebbe pescato sotto il profilo elettorale in ambienti malavitosi. Addirittura, si criticava l’ipocrisia politica di Neri che ostentava, ma solo a parole, il suo “amore” per la legalità. Mentre proprio la ‘ndrangheta sarebbe stata il suo interlocutore privilegiato durante la campagna elettorale. Tutto per il tramite di un intermediario. Che conosceva, a differenza del parente sostenuto, quei territori e le famiglie mafiose della Piana di Gioia Tauro.

    Il centrosinistra

    Nella lista del Pd, da segnalare la candidatura del poliziotto Giovanni Muraca. Assessore a Reggio Calabria, viene sponsorizzato dal sindaco Giuseppe Falcomatà. Il problema è che entrambi risultano a processo per il cosiddetto “Caso Miramare”. Dibattimento agli sgoccioli sul presunto affidamento diretto di un immobile di pregio a una semisconosciuta associazione culturale riferibile a un amico di vecchia data del sindaco.

    Incredibile, invece, come l’ex assessore regionale Nino De Gaetano sia riuscito a infiltrare nuovamente il Pd. Ci riesce dopo essere stato, di fatto, messo alla porta per le sue vicissitudini relazionali e giudiziarie. L’accostamento (senza un’indagine formale a suo carico) ad ambienti di ‘ndrangheta del potente casato dei Tegano in primis. E poi il coinvolgimento (anche con gli arresti domiciliari) nell’inchiesta “Erga Omnes”, sullo scandalo dei rimborsi del Consiglio Regionale. De Gaetano penetra nuovamente il Pd. Lo fa attraverso il suo figlioccio politico, quell’Antonio Billari già subentrato a Palazzo Campanella dopo le dimissioni di Pippo Callipo. Un soggetto di rientro. Nella precedente esperienza era nei ranghi di Articolo 1.

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    Antonio Billari, uomo di fiducia di Nino De Gaetano

    Ma c’è qualcuno che cambia: il Movimento 5 Stelle. Che nella sua lista della Circoscrizione Sud (a sostegno di Amalia Bruni) candida Annunziato Nastasi. Non nuovo alle competizioni elettorali in provincia di Reggio Calabria. In un’indagine della Dda di Reggio Calabria di qualche anno fa era possibile leggere le dichiarazioni del collaboratore di giustizia Giuseppe Ambrogio. Un tempo organico alla ‘ndrangheta di Melito Porto Salvo, Ambrogio parlò agli inquirenti dei rapporti tra ‘ndrangheta e politica nell’Area Grecanica. «I Paviglianiti appoggiavano Nastasi», raccontò. Si riferiva all’allora vicesindaco di Melito Porto Salvo. E alla potente famiglia di San Lorenzo. Nastasi, comunque, non venne mai indagato. Ma il “vecchio” Movimento 5 Stelle, forse, non lo avrebbe comunque mai candidato.

    Gli uscenti

    Ovviamente c’è una sfilza di uscenti che intendono mantenere il proprio posto a Palazzo Campanella. A cominciare dal Pd, dove a tutto si pensa tranne che al rinnovamento. Con l’eterno Mimmetto Battaglia, buono per ogni stagione e alla ricerca dell’ennesima candidatura. Si gioca comunque per il terzo posto. Con la speranza di ottenere due scranni in Consiglio Regionale. E subentrare quando il primo degli eletti (quasi certamente il candidato in pectore Nicola Irto) dovesse eventualmente spiccare il volo verso il Parlamento. Ancora, nella lista “Amalia Bruni Presidente”, il consigliere uscente Marcello Anastasi. E l’ex consigliere comunale di Reggio Calabria, Nino Liotta.

    Anche nelle liste a sostegno di de Magistris sono tanti i nomi noti che provano a pescare il jolly. In primis, ovviamente, l’ex sindaco di Riace, Mimmo Lucano. Ma anche il consigliere comunale Saverio Pazzano, già candidato a sindaco di Reggio Calabria. E poi la consigliera comunale di Gioia Tauro, Adriana Vasta. Entrambi candidati in DeMa. O il sindaco di Campo Calabro, Sandro Repaci, la consigliera comunale di Taurianova, Stella Morabito. E, ancora, l’ex amministratore unico di Atam, Francesco Perrelli, e la già candidata a sindaco di Reggio Calabria, Maria Laura Tortorella. Tutti nella lista “De Magistris Presidente”.

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    L’ex sindaco di Riace, Mimmo Lucano

    Nel ritorno per eccellenza, quello di Mario Oliverio, non possono mancare i nomi noti. Come l’imprenditore Francesco D’Agostino, patron di “Stocco & Stocco”. Uscito bene da un’inchiesta della Dda di Reggio Calabria e ora nuovamente pronto a rientrare a Palazzo Campanella. Nella lista ulteriori nomi già presenti (peraltro non con risultati particolarmente lusinghieri) in altre competizioni elettorali. L’avvocatessa Giuliana Barberi, con un passato in Fincalabra proprio negli anni di Oliverio presidente. E poi quel Rosario Vladimir Condarcuri, animatore del giornale La Riviera. E assai vicino all’ex sindaco di Siderno, Pietro Fuda, sciolto per infiltrazioni della ‘ndrangheta.

    Logiche assai simili nel centrodestra. Dove nelle liste c’è un sovraffollamento di Piana di Gioia Tauro e Locride, a discapito di Reggio Calabria città. I nomi forti nella Locride sembrano essere quelli del sindaco di Locri, Giovanni Calabrese (candidato in Fratelli d’Italia) e Raffaele Sainato, uscente candidato in Forza Azzurri e reduce dall’archiviazione ottenuta nell’inchiesta “Inter Nos”.

    Resta da capire, per esempio, chi sarà il candidato sostenuto dal plenipotenziario Francesco Cannizzaro. Il deputato forzista potrebbe, abilmente, aver lasciato i piedi in numerose paia di scarpe. Nella Lega, spiccano i nomi del sindaco facente funzioni di Villa San Giovanni, Maria Grazia Richichi. Ma è in Forza Italia la vera bagarre. Oltre ai già citati Arruzzolo e Mattiani, c’è l’uscente Domenico Giannetta a rimpolpare la lotta interna alla Piana di Gioia Tauro.

    Parenti ed eterni ritorni

    Nel sovraffollamento della Piana di Gioia Tauro, da segnalare in Forza Italia la candidatura di Carmela Pedà. Sorella proprio dell’ex sindaco di Gioia Tauro, Peppe Pedà. Anch’egli ex consigliere regionale. Pasquale Imbalzano (già consigliere comunale di Forza Italia a Reggio Calabria) è figlio di Candeloro Imbalzano. Per anni uomo forte della politica reggina, con incarichi amministrativi al Comune e poi consigliere regionale.

    Curiosa la posizione di Serena Anghelone. Figlia di Paolo Anghelone, già assessore comunale nel centrodestra. Sorella di Saverio Anghelone, che invece è stato assessore comunale col centrosinistra. Ora si candida in prima persona, nuovamente col centrodestra. Sempre nel centrodestra, troviamo la candidatura di Riccardo Ritorto. Già sindaco di Siderno, arrestato e condannato in primo grado per vicinanza alla ‘ndrangheta. Lo ha assolto la Corte d’Appello. E adesso prova a ritornare in pista.

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    La leghista Tilde Minasi

    Disseminati, poi, nelle varie liste del centrodestra, una lunga serie di “Scopellitiani” di ferro. Nostalgici della stagione politica del “Modello Reggio”, finita male con l’arresto dell’ex sindaco reggino ed ex governatore. Nella Lega, la consigliera regionale uscente Tilde Minasi, che con Giuseppe Scopelliti è stata per anni assessore comunale a Reggio Calabria. E poi l’ex consigliera comunale Monica Falcomatà, anche lei per anni nella cerchia di Scopelliti. E poi vicina al consigliere regionale Alessandro Nicolò. Oggi imputato per ‘ndrangheta. Infine, l’ex consigliere comunale di Reggio Calabria, Peppe Sergi. Tra le persone più vicine a Scopelliti. Oggi, però, si candida con Noi con l’Italia, la formazione di Maurizio Lupi, che punta a essere la sorpresa delle Regionali 2021 in Calabria.
    Che, però, assomigliano maledettamente a tutte le altre.

  • Gentile e Occhiuto: c’eravamo tanto odiati

    Gentile e Occhiuto: c’eravamo tanto odiati

    “Le cose cambiano” è il titolo di un bel film di Mamet, perfettamente applicabile ai mutamenti della politica a queste latitudini. Nemici feroci, opportunisticamente alleati, sempre con i pugnali pronti. E’ la storia, per esempio dei fratelli Gentile ed Occhiuto, tra i quali è scorso molto sangue, ma oggi sono uniti dalla presenza di Katya Gentile, figlia di Pino, nella lista che sostiene Roberto Occhiuto, fratello del sindaco uscente di Cosenza.

    Gegè Caligiuri sceglie i Gentile per Forza Italia

    Ma la storia, i conflitti e le alleanze tra loro cominciano molto tempo fa, quando Berlusconi scende in campo e a Cosenza nasce il primo Club di Forza Italia. La sede è in un bell’appartamento del centro, con i soffitti affrescati, scelto da Gegè Caligiuri, uomo di Publitalia, mandato a guidare il partito in Calabria. Caligiuri non sceglie solo la location del partito, sceglie pure gli uomini e tra Roberto Occhiuto, allora giovane di belle speranze e i fratelli Gentile, sceglie questi ultimi. I fratelli sono già ex molte cose: ex socialisti, ex Psdi, ex repubblicani. Cercano casa e portano un considerevole pacchetto di consensi costruito pazientemente, si dice senza mai tradire una promessa fatta. Tra i Gentile e gli Occhiuto non c’è partita, i primi sono troppo forti e Roberto fa le valigie trovando ospitalità nello sguarnito Udc.

    Lo scontro alle provinciali del 2009

    Le due famiglie per anni si ignorano, pascolando in recinti elettorali contigui, ma diversi, ad un certo punto però giunge il momento dello scontro diretto: è il 2009, tempo di elezioni provinciali. I candidati sono tre: Mario Oliverio per il centrosinistra, Pino Gentile per Forza Italia e Roberto Occhiuto con l’Udc. Si capisce subito che il vero avversario di Roberto è Pino, quasi a cercare un modo per misurarsi nell’ambito della stessa alleanza di centrodestra. Curiosamente in quella occasione, al fianco di Occhiuto c’è una lista civica che si chiama “No al Federalismo leghista”, ma speriamo che Spirlì non faccia al riguardo ricerche su Google.

    Le due famiglie tornano ad incrociarsi alle elezioni comunali di Cosenza del 2011. La destra vuole conquistare la città fortino della sinistra e ci riesce candidando Mario Occhiuto che vince di un soffio. È sostenuto da uno schieramento parallelo a quello ufficiale ma trasversale, fatto di grumi del centrosinistra e dai Gentile. Questi ultimi otterranno il posto di vicesindaco affidato a Katya. Occhiuto, come un novello Frankenstein, si ribella presto ai suoi creatori – sostenitori e si libererà di loro. Anche di Katya, marginalizzata e poi defenestrata dopo una serie di atti chiaramente ostili.

    La guerra social di Katya Gentile

    Da allora è guerra. La figlia di Pino da quel momento diventa una pasdaran anti Occhiuto: non c’è giorno che sulla sua bacheca di Facebook non spari bordate contro il sindaco, svelando inciuci, affari, nefandezze.

    Mario non incassa senza replicare e in una occasione chiama mafiosi i Gentile. Sarà querelato, naturalmente, ma incredibilmente assolto. A parte questo, il padre e lo zio di Katya tacciono, sono troppo navigati per farsi prendere dall’emotività, sanno che le cose cambiano, come avverte Mamet e che presto arriverà il tempo della vendetta, oppure di una nuova alleanza e non si sbagliano.

    Dietrofront: un posto per Katya e Andrea Gentile

    Infatti il tempo arriva: Roberto Occhiuto si candida a guidare la Regione e in caso di vittoria cederebbe il posto in parlamento al figlio di Tonino Gentile, rimasto fuori alle passate elezioni, ma soprattutto ecco Katya nelle liste al fianco del fratello del lungamente detestato Mario. Gli improperi social saranno certamente perdonati in cambio di un consistente consenso legato alla storia della famiglia Gentile, che passa lo scettro da Pino alla figlia. In politica si fanno le capriole come al circo, perché le cose cambiano, ma le persone no.

  • Guerra dell’acqua: l’accordo a perdere della Regione con A2A

    Guerra dell’acqua: l’accordo a perdere della Regione con A2A

    L’estate della grande sete si chiude con un accordo «storico». L’aggettivo campeggia sul sito istituzionale del Comune di Isola Capo Rizzuto e, in effetti, è innegabile che, se si modifica una Convenzione che risale al 1968 e stabilisce quanta acqua debba essere presa dai bacini silani per irrigare i campi del Crotonese, il passaggio sia rilevante. Il problema è che paga sempre Pantalone, ovvero la Regione, anche per avere a valle ciò che a monte gli apparterrebbe.

    Il vecchio accordo

    Ma andiamo con ordine. La sigla dell’accordo risale al 25 agosto: da una parte la Regione Calabria, dall’altra A2A (la più grande multiutility italiana dell’energia, 13.500 dipendenti). Sono il corrispondente odierno di ciò che nel ’68 rappresentavano Cassa del Mezzogiorno ed Enel. I bacini da cui viene l’acqua di cui si parla sono l’Arvo, l’Ampollino e il Passante. I destinatari sono i versanti jonici catanzarese e crotonese. Gli utilizzi previsti sono potabile, irriguo, industriale e idroelettrico.

    Il lago Arvo

    L’accordo di mezzo secolo fa prevede che ogni anno, tra maggio e settembre, vengano resi disponibili nel torrente Migliarite e quindi nel fiume Tacina 24,3 milioni di mc di acqua, che con i fluenti arrivano a 33,13 milioni. C’è anche la possibilità di una deroga, ma in «situazioni di ridotta idraulicità» i quantitativi estivi non devono mai essere inferiori al’80% di quanto pattuito.

    I tempi cambiano

    Negli anni la Regione subentra a Casmez e A2A diventa titolare delle concessioni. Il Consorzio di bonifica crotonese, che distribuisce agli agricoltori l’acqua rilasciata nel torrente Migliarite, chiede quantità «maggiori – concordano la Regione e la multiutility – rispetto ai quantitativi spettanti». Ci sono delle ragioni: le «mutate pratiche agricole», la rete consortile colabrodo che ha perdite «anche oltre il 50%», i prelievi abusivi localizzati dalle due parti nell’Altopiano silano. E poi i cambiamenti climatici, non proprio un dettaglio. La Regione concorda con A2A rilasci ulteriori «prevedendo le necessarie forme di indennizzo del danno»: se serve più acqua per irrigare la risorsa mancherà alle centrali di Timpagrande e Calusia e quindi ci sarà un mancato guadagno.

    Agricoltori in ginocchio

    Con queste premesse si arriva alla crisi di queste settimane, con un centinaio di agricoltori di Isola Capo Rizzuto e Cutro costretti a protestare a bordo dei trattori perché, dicono, A2A avrebbe ridotto i rilasci nonostante gli impegni presi con la Regione. «Rivendichiamo il diritto – è la dichiarazione di un loro portavoce, Tonio Tambaro, riportata dall’Ansa – di portare a conclusione le colture in atto. Una società come A2A, che si occupa di sociale anche a livello nazionale, si è completamente disinteressata ai bisogni della comunità, chiudendo in maniera repentina l’acqua il 18 agosto. Abbiamo perso tutte le colture».

    Gli agricoltori sanno bene quanto costi anche un solo giorno in più senz’acqua con le temperature di agosto 2021, dunque ribadiscono la necessità di rimodulare la vecchia Convenzione. «L’acqua appartiene alla Regione Calabria – aggiungono – che avrebbe potuto trovare un accordo con A2A non mettendo in ginocchio gli agricoltori. Noi stiamo continuando ad elemosinare pochi metri cubi di acqua per le colture quando sul versante Neto l’acqua va a finire in mare come ha dimostrato il Consorzio di bonifica».

    Vengono accontentati, l’accordo arriva. Con grande soddisfazione dell’assessore all’Ambiente, il “Capitano Ultimo” Sergio de Caprio, che esalta «il dialogo leale» che «ha prodotto un risultato importante a garanzia delle famiglie che vivono di agricoltura, delle comunità che contribuiscono al miglioramento delle condizioni di vita dei cittadini e dello sviluppo del turismo».

    Il nuovo atto disciplina la possibilità del rilascio, a favore del fondovalle del Tacina, di volumi idrici annui aggiuntivi. «Eravamo certi – rilancia il Comune di Isola – che con l’impegno del capitano Ultimo, e con la nostra determinazione giornaliera, avremmo raggiunto risultati importanti». Viene messa in risalto anche la «sensibilità» della multiutility che nelle premesse dell’accordo si dice orientata a «soddisfare al meglio le esigenze del territorio».

    Bene pubblico ma non troppo

    Come? Innanzitutto portando al tavolo con la Regione uno studio agronomico «redatto da professionisti del settore» e «contenente una valutazione dei reali fabbisogni irrigui del territorio». Proprio così: quanta acqua serva agli agricoltori crotonesi non lo dice la Regione Calabria, che dovrebbe essere l’istituzione deputata a rappresentare i bisogni dei suoi cittadini, specie in relazione all’utilizzo di un bene (in teoria) collettivo come l’acqua per scopi che hanno a che vedere con il sostentamento primario come l’agricoltura. No: la trattativa parte con uno studio commissionato dall’altra parte, cioè il privato, che come tale deve pensare prima al profitto e poi al resto.

    Ecco cosa prevede la nuova Convenzione. Se ci sono «comprovate esigenze irrigue» i rilasci di acqua possono essere «eccezionalmente» anticipati ad aprile e proseguire fino al 15 ottobre, su richiesta del Consorzio «avallata per iscritto dalla Regione» con almeno 30 giorni di anticipo. L’acqua rilasciata potrà arrivare a ulteriori 10 milioni di mc. Potrà, appunto. Perché normalmente si arriverà ai 33,13 milioni originariamente previsti e gli altri 10 arriveranno «solo a seguito di motivata richiesta scritta in tal senso della Regione».

    Solo «eccezionalmente» saranno rilasciati quantitativi ulteriori oltre ai 10 milioni e «in nessun caso» supereranno i 13 milioni annui. Ovviamente, però, ogni goccia d’acqua oltre i 33,13 milioni di mc originari sarà «oggetto di indennizzo in favore di A2A in ragione del danno per mancata produzione subìto». Un indennizzo che verrà calcolato «considerando la mancata produzione delle centrali di Timpagrande e Calusia, ed il fatto che gli impianti coinvolti sono a serbatoio e, come tali, in grado di produrre energia rinnovabile nelle ore più remunerative».

    Gli indennizzi ad A2A

    Viste le condizioni delle reti consortili, la Regione da parte sua «si impegna ad approvare un programma di investimenti pluriennali sulle reti irrigue». Solo quando sarà pubblicata la delibera regionale con gli investimenti (e la loro copertura finanziaria), che devono necessariamente prevedere anche l’installazione di contatori «sui punti di consegna agli utenti finali», A2A «eccezionalmente» metterà a disposizione acqua fino a 4,5 milioni di mc annui senza applicare il primo scaglione di indennizzo «unicamente per spirito di cooperazione con le comunità territoriali e le istituzioni».

    Ma come «ristoro di tutti i costi sostenuti» la Regione dovrà comunque corrispondere un indennizzo forfettario di 180mila euro all’anno, rispetto a questi 4,5 milioni di mc, fino al 31 dicembre 2024. In via del tutto «eccezionale e irripetibile», per il 2021, A2A si dice disponibile a rilasciare fino 10 milioni di mc in più a fronte di un indennizzo equivalente alla sola somma di ogni importo, tributo, canone demaniale e sovraccanone richiesto alla multiutility per la derivazione dell’acqua eccedente.

    Tutto «senza che ciò possa costituire né un precedente né il presupposto per ulteriori rinunce o concessioni rispetto ai propri diritti acquisiti». Ovviamente non c’è pericolo che la Regione non paghi: tutti gli indennizzi previsti nell’accordo avverranno mediante compensazione sugli importi dovuti da A2A per i canoni relativi alla concessione dell’acqua a uso idroelettrico.

  • Lamezia, la maledizione del consigliere regionale

    Lamezia, la maledizione del consigliere regionale

    Oltre al “titolo” di terza città della Calabria, perso con la fusione di Corigliano Rossano, c’è una mancanza che pesa ancora di più a Lamezia Terme: la rappresentanza. Con un Comune da anni in predissesto finanziario e di nuovo commissariato – stavolta non per mafia ma per irregolarità in 4 sezioni (su 78) dove si rivoterà ad ottobre per far tornare sindaco Paolo Mascaro – è evidente che la caccia grossa è quella che punta alla Regione. Ma c’è un dato storico che fa pensare quasi a un sortilegio: in consiglio regionale da quasi un decennio i lametini non riescono a mettere piede.

    La maledizione di Palazzo Campanella

    L’unico – e ultimo – è stato Franco Talarico, che lo ha fatto da assessore al Bilancio prima di finire impigliato nell’inchiesta “Basso profilo”. Nessun consigliere regionale nelle ultime due legislature. Alle elezioni di gennaio 2020 si è schierata una truppa di una decina di candidati ma nessuno ha staccato il biglietto per Reggio. In Consiglio è entrato solo Pietro Raso, che è di Gizzeria e ci riproverà anche stavolta con il sostegno pesante del deputato leghista Domenico Furgiuele.

    Andando a ritroso, nell’era Oliverio (2014) non è stato eletto nessuno. In quella Scopelliti (2010), invece, sono entrati lo stesso Talarico, poi “salito” alla Presidenza del Consiglio regionale, e Mario Magno, poi subentrato solo per qualche mese del 2017 a Nazzareno Salerno. È stato eletto e rieletto Tonino Scalzo, che è di Conflenti, mentre nel 2014 non ce la fece Gianni Speranza.

    Profilo ingombrante

    Oltre a Furgiuele, leghista della prima ora che porta l’orgoglio sambiasino (Sambiase è uno dei tre ex Comuni, con Nicastro e Sant’Eufemia, accorpati nel 1968) in Parlamento, meritano certamente menzione altri “registi” che da dietro le quinte provano a dirigere aspiranti attori e inconsapevoli comparse nella tragicommedia delle Regionali.

    Uno, il più ingombrante, è senza dubbio lo stesso Talarico, già leader dell’Udc calabrese finito prima ai domiciliari e poi tornato in Giunta ma con l’obbligo di dimora. Agli atti di “Basso profilo” figurano diverse intercettazioni captate tra dicembre 2020 e gennaio 2021, quando le elezioni regionali erano state fissate per il 14 febbraio. Talarico era alle prese con le strategie per la composizione delle liste del suo partito e ne parlava spesso con un ex assessore comunale lametino non indagato ma considerato «vicino al clan Iannazzo».

    Nella fase monitorata l’interlocutore di Talarico si rivelava «determinante per la scelta dei candidati dell’Udc», dimostrando inoltre di essere «in stretta sintonia» con il leader nazionale dell’Udc Lorenzo Cesa «al quale non solo manda i saluti ma anche rassicurazioni sull’attività di ricerca e coordinamento in Calabria».

    Galati e il cavalluccio

    Il ruolo di regista spetta anche a un altro big più volte nel mirino degli inquirenti ma uscito pulito da tutto: Pino Galati. Deputato per cinque legislature, sottosegretario in due governi Berlusconi, coinvolto in “Poseidone” (finita per lui con l’archiviazione), “WhyNot” (assolto), “Alchemia” (archiviato), “Quinta bolgia” (arresto e poi archiviazione), restano in piedi le accuse ipotizzate nell’inchiesta sulla Fondazione Calabresi nel mondo di cui è stato presidente.

    Ida d’Ippolito con l’ex ministro Claudio Scajola e Pino Galati (foto lameziaweb.biz)

    Ha iniziato con la Dc, poi Ccd/Udc, quindi Forza Italia e Pdl, “Ala” di Denis Verdini e a marzo 2018 elezione mancata con “Noi con l’Italia”. Nella convention con cui a giugno è partita la campagna elettorale del centrodestra era presente e ha anche salutato Matteo Salvini. Nelle intercettazioni di “Basso profilo” spunta più volte il suo nome: «Lui (Galati, ndr) sta cercando candidati a Lamezia – dice Talarico – però ancora non ha detto con chi». L’ex assessore «vicino al clan Iannazzo» risponde ridendo: «Lo ha detto anche a me… dice che va cercando un cavalluccio».

    Peppino e Pasqualino

    Una delle candidature che Talarico voleva chiudere per l’Udc è quella di Peppino Zaffina. Ex esponente del Pd, già assessore nella giunta Speranza, successivamente è diventato uomo forte della coalizione di centrodestra guidata da Mascaro. In una conversazione Talarico racconta al suo interlocutore di aver sentito Zaffina: «Mi ha detto “Frà io sono orientato naturalmente a quello che decidiamo insieme a Tonino Scalzo…stiamo ragionando… volevo capire tu a chi candidavi”… gli ho detto – prosegue Talarico – Pino se ci sei tu puntiamo… tutti no».

    Zaffina ha infatti uno storico legame con Scalzo ma il suo percorso politico è lungo. Era già assessore comunale alla fine degli anni ’80 e oggi pare sia uno degli uomini su cui il centrodestra di Roberto Occhiuto vorrebbe puntare per il Lametino. Ma non è l’unico. È infatti tornato in ballo un altro volto noto: Pasqualino Scaramuzzino.

    La veste social della videorubrica quotidiana di Pasqualino Scaramuzzino

    Giovane sindaco di Lamezia nei primi anni 2000, all’epoca del secondo scioglimento per mafia, ai tempi della giunta Scopelliti-Stasi è stato messo a capo della Fondazione Terina. Avvocato, si dedica ogni mattina a una sorta di videorubrica sul suo profilo Facebook (“Secondo me, naturalmente”). Talarico lo menziona probabilmente per ingolosire Zaffina, a cui dice che ci sarebbe anche «l’alternativa di Pasqualino» ma lui (Zaffina) avrebbe «più consenso». Anche perché, ammette l’assessore regionale, «a me serve un candidato di Lamezia forte oh… per dire… i voti ce li abbiamo».

    Centrosinistra diviso tra lobby e parenti

    Il Pd lametino ha una storia tutta a sé. Dagli anni in cui teneva costantemente sulla graticola “Giannetto” Speranza, che è riuscito a portare a casa due sindacature senza mai avere una maggioranza numerica in consiglio comunale, alle tribolazioni degli ultimi mesi, i tormenti dei dem locali sono stati sempre legati alle elezioni regionali.

    Il caso più recente riguarda le dimissioni prima annunciate e poi ritirate dal segretario provinciale Gianluca Cuda. Anche lui ha le radici nell’hinterland lametino (Pianopoli) e anche lui ha provato invano ad agguantare un seggio in consiglio regionale un anno e mezzo fa. Non è chiaro se sia in procinto di ritentarci – gli spazi sono stretti – ma di certo ha il suo peso nelle dinamiche interne al Pd di Lamezia in cui nei mesi scorsi si è consumata una nuova rottura. L’ex segretario cittadino Antonio Sirianni si è, infatti, dimesso parlando di «gruppi di pressione interni» e dicendodi non avere interesse a «costruire una carriera» tramite la politica, men che meno ad «appartenere a delle lobby».

    Aquila Villella (dietro di lei Antonio Viscomi ed Enzo Bruno) ai tempi delle Politiche del 2018

    Poco prima di lui si era dimessa con motivazioni più stringate – «la mia permanenza nell’organismo cittadino non si concilia più con altri impegni di partito» – Annita Vitale, che milita nel Pd ormai da anni e la cui madre (Ida d’Ippolito, nel 1997 perse al ballottaggio contro Doris Lo Moro e nel 2010 contro Speranza) è stata in Parlamento per cinque legislature con il centrodestra. Vitale, componente della segreteria Cuda, per un certo momento è stata data tra le papabili per un posto “rosa” nella prossima lista Pd, magari in “accoppiata” con lo stesso segretario provinciale.

    L’ipotesi di una sua candidatura è poi sfumata a vantaggio di quella di un’altra pasionaria del Pd lametino: Aquila Villella. In consiglio comunale siede tra i banchi dell’opposizione, ma si era già candidata al Senato nel 2018 e, ora, potrebbe provare con il consiglio regionale. Di certo non le difettano il curriculum (è docente universitaria) e la verve. Ma i maligni fanno notare che la sua candidatura potrebbe trarre vantaggio anche dal fatto che Villella è la cognata di Amalia Bruni.

    L’eterno delfino

    Villella condivide il ruolo di opposizione allo strapotere di Mascaro con un altro (stavolta sicuro) candidato al consiglio regionale: Rosario Piccioni, da anni frontman del movimento “Lamezia Bene Comune” nato sulla scia dell’esperienza amministrativa di Speranza, di cui è l’eterno delfino. Avvocato, classe 1974, dal 2007 al 2011 è stato segretario cittadino di Sinistra Ecologia e Libertà.

    Rosario Piccioni con Pippo Callipo: correrà nelle file di Luigi De Magistris

    Poi, per cinque anni, assessore proprio nella seconda amministrazione guidata da “Giannetto”. Quindi ha cercato la via della successione alla poltrona di primo cittadino: prima, nel 2015, ha avanzato la sua candidatura ma l’ha poi ritirata per appoggiare l’allora vincitore delle primarie, Tommaso Sonni, sconfitto alle elezioni “vere” da Mascaro, la cui prima amministrazione è stata sciolta per mafia nel 2017.

    Le oltre 500 preferenze dell’epoca lo hanno portato a riprovarci nel 2019, sempre contro Mascaro: Piccioni è arrivato quarto (su sei candidati), davanti a lui l’allora aspirante sindaco sostenuto dal Pd Eugenio Guarascio. Un anno e mezzo fa ha mostrato pubblico apprezzamento per Pippo Callipo ma non si è candidato in prima persona. Stavolta, dopo qualche tentennamento dovuto alla discesa in campo della concittadina Amalia Bruni, ha deciso di esserci: sarà nella lista “De Magistris presidente”.

  • Catanzaro e politica, l’eterno ritorno dei soliti noti

    Catanzaro e politica, l’eterno ritorno dei soliti noti

    Se a Vibo i trasversalismi potrebbero essere oggetto di studi antropologici, Catanzaro è certamente la capitale dell’eterno ritorno. Il passato che non passa, nel capoluogo di regione, lo incarna uno come Sergio Abramo che sembra sia sindaco, oltre che presidente della Provincia, da sempre e per sempre. È però convinzione comune che il bottino grosso sia alla Regione. Dunque, in vista delle elezioni del 3-4 ottobre, sono in tanti, tutti arcinoti, a sgomitare per piazzare la propria bandierina nell’Astronave di Palazzo Campanella. Ecco alcuni profili di chi fuori dai giochi non riesce proprio a stare ed è già a caccia di una riconferma o (appunto) di un ritorno nella politica che conta.

    Sergio Abramo, sindaco di Catanzaro
    Due big ingombranti

    Tra i più ingombranti, nel centrodestra, ci sono due big che già nel 2020 hanno giocato un ruolo di primo piano. E che anche a distanza di un anno e mezzo, magari a ruoli invertiti, sono pronti a dare spettacolo. Si tratta di Mimmo Tallini e Claudio Parente, eminenze azzurre del capoluogo che hanno attraversato alterne fortune mantenendo, sempre e comunque, ampi pacchetti di voti. Di Tallini si sa: è stato “incandidabile” secondo l’Antimafia e, nonostante l’Antimafia, è stato candidato, eletto e pure incoronato – con un aiutino dal centrosinistra – presidente del consiglio regionale.

    Poi la bufera giudiziaria lo ha investito con “Farmabusiness”, ma il Riesame e la Cassazione hanno detto che non doveva andare ai domiciliari. È tornato a Palazzo Campanella da consigliere semplice, ha battagliato spesso col facente funzioni Nino Spirlì ma, nel frattempo, si è indebolito sul fronte interno. Politicamente è certo che venderà cara la pelle. Ma se vorrà essere candidato oppure puntare su qualcun altro o su un patto di ferro proprio con Parente è difficile dirlo. Perché a Catanzaro ognuno si impegna a far apparire sempre il contrario di quello che realmente è.

    Un Parente alla Regione

    In molti danno lo stesso Parente come già dentro la lista ufficiale di Forza Italia. «Nel 1997 – si legge in una sua biografia sul sito del consiglio regionale – ha rinunciato alla carriera universitaria per intraprendere la libera professione di medico specialista ed avviare e dirigere diverse iniziative imprenditoriali di successo nel settore sanitario. Dall’anno 2016 presiede il Movimento Politico Sociale “Officine del Sud”».

    Claudio Parente, presidente Officine del Sud

    Dei suoi interessi diretti o indiretti nella sanità privata si è parlato molto a proposito del boom di contagi a Villa Torano, ma anche il suo movimento gli dà un po’ da pensare: il procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri vuole mandarlo a processo per peculato assieme a due “suoi” consiglieri comunali. Al centro dell’inchiesta c’è una convenzione firmata tra l’amministrazione comunale e la “Vivere Insieme”, società che ha fondato proprio Parente e di cui il politico, nonostante le dimissioni, avrebbe mantenuto secondo l’accusa la gestione e il controllo.

    L’Udc piglia tutti

    Il sito istituzionale del Comune di Catanzaro lo dà ancora come capogruppo di «minoranza» ma per le Regionali è già ufficialmente passato dall’altra parte. Se mai si dovesse indicare un corrispondente politico maschile di Flora Sculco (ancora all’opposizione in consiglio regionale ma già candidata col centrodestra) si chiamerebbe Sergio Costanzo. Con lei condivide la caratteristica di stare sia da una parte che dall’altra ma anche l’essere una new entry di un partito che dei “due forni” ha fatto un tratto identitario: l’Udc.

    Sergio Costanzo, new entry nelle file dell’Udc

    Nel 2014 si presentò a sostegno di Mario Oliverio con “Calabria in rete” e proprio la Sculco, nonostante le sue 6687 preferenze, gli soffiò il posto in Consiglio. Nel 2020 provò a bazzicare ancora dalle parti del centrosinistra ma non trovò sponda nella coalizione guidata allora da Pippo Callipo. Gli fu preferito Libero Notarangelo (Pd) che lo ha poi nominato suo segretario particolare.

    C’è anche un’ombra che lo insegue da tempo, ma va detto che non è indagato per niente che abbia a che fare con reati di mafia: è cugino di Girolamo Costanzo, noto come “compare Gino”, storico capoclan dei Gaglianesi. In alcune intercettazioni contenute in “Farmabusiness” si parla di una presunta “ambasciata” partita dal carcere di Opera, ancora tutta da verificare in sede di indagine, per farlo votare.

    Bruno, un delfino tra le correnti

    Si riaffaccia sul fronte del centrosinistra un volto non proprio nuovo come quello di Enzo Bruno. Partito da Vallefiorita, bazzicava la Provincia di Catanzaro già alla fine degli anni ’90, quando guidava anche la Comunità montana “Fossa del lupo”. È stato poi eletto presidente dell’ente intermedio per il Pd nel 2014 e saltella tra le correnti dem con la naturalezza di un delfino che attraversa lo Stretto: è passato da Nicola Adamo ad Agazio Loiero, è stato con e contro Oliverio, quindi vicino a Ernesto Magorno quando era segretario regionale del Pd e, ora, è pronto per la candidatura al consiglio regionale.

    Enzo Bruno, presidente della Provincia di Catanzaro

    Nel suo curriculum la parola «funzionario» ricorre continuamente in riferimento all’Asp di Catanzaro e alla Regione Calabria, ma altrettanto frequentemente vi è affiancato anche il termine «comando», ovvero il distacco di un dipendente pubblico della stessa amministrazione nella struttura di qualche componente della Giunta o del Consiglio. Adesso proverà ad essere lui quello che “comanda”. Sotto i vessilli della nuova/vecchia corrente zingarettiana “Prossima”, si appresta a lottare per un posto al sole di Reggio.

    L’iperattivo Pitaro

    Nel collegio di Enzo Bruno potrebbe creare un certo fastidio elettorale Francesco Pitaro, eletto per il rotto della cuffia con la creatura callipiana “Io resto in Calabria” nel 2020. Non ci ha pensato un attimo, quando gli hanno negato la nomina nell’Ufficio di Presidenza del Consiglio, a “tradire” l’imprenditore del tonno e a mettersi in proprio nel gruppo Misto.

    Francesco Pitaro, consigliere regionale del Gruppo misto. I retroscena politici lo danno vicino al Pd

    Ora pare sia entrato, accolto da parecchi mugugni, nel Pd, e il suo attivismo – non solo nel capoluogo e nell’hinterland, ma da Crotone fino a Lamezia e Vibo – potrebbe tradursi in una crescita di consenso. Un lavorio incessante, il suo, che poi, magari, potrebbe tornare utile anche al fratello Pino, avvocato amministrativista ed ex sindaco di Torre di Ruggiero coinvolto nell’inchiesta “Orthrus“ – rispetto alla quale professa da tempo la sua «assoluta estraneità» –, per un’eventuale corsa a primo cittadino di Catanzaro.

  • Oliverio ricatta, il Pd prova a evitare il disastro

    Oliverio ricatta, il Pd prova a evitare il disastro

    La doppia sortita di Mario Oliverio e Giuseppe Aieta contribuisce a seminare altro caos nel centrosinistra. Dopo la discesa in campo post ferragostana dell’ex governatore, arriva l’invito all’unità e alla pacificazione, almeno per limitare i danni.
    I due, il consigliere uscente e l’ex presidente, hanno giocato a “poliziotto buono e poliziotto cattivo”: il primo ha esortato i “compagni” a cercare la concordia in chiave anti destra, il secondo ha lanciato un ricatto vero e proprio. Si farà da parte, ha detto senza troppi giri di parole, solo se gli altri due competitor faranno altrettanto.
    Questo appello, oltre che tardivo, risulta senz’altro irricevibile per de Magistris, il quale si è spinto troppo avanti per fermarsi ora. Ma è altrettanto irricevibile per Amalia Bruni?

    Sei scatole mezze vuote

    Allo stato dell’arte, le liste schierate a fianco della scienziata sarebbero sei: quel che resta del Pd, il Movimento 5 Stelle – che, detto francamente, non ha mai avuto presa sul territorio e non ha neppure le statistiche a favore -, le due liste di Carlo Tansi (Tesoro Calabria e Calabria Libera) e il Psi, che ricambia coi suoi piccoli numeri la benedizione dello stato maggiore dem alla candidatura di Franz Caruso a sindaco di Cosenza. Più la lista del presidente, che rischia di essere la vera grana.

    A differenza del suo predecessore Pippo Callipo, che aveva esperienze e frequentazioni forti, Bruni è una neofita della politica “politicata”, e soffre di un problema doppio: la penuria di candidature forti al di fuori del Pd (le quali, presumibilmente, si sfogheranno nella lista di bandiera) e la mancanza di strutture organizzate che possano attrarre la società civile. Per riempire le sue liste personali le resterebbero gli amministratori locali. Ma chi sarebbe disposto a rischiare in una contesa percepita comunque come perdente?

    I tre dell’Ave Maria

    Infatti, si sarebbero impegnati a dare una mano tre consiglieri uscenti: il cosentino Graziano Di Natale, il catanzarese Francesco Pitaro e il reggino Marcello Anastasi.
    I tre hanno un dato in comune: sono stati eletti nelle liste di Io resto in Calabria, il movimento civico del Re del tonno.
    Ma questo non fa di loro dei civici “puri”. Senz’altro non lo è Graziano Di Natale, che mastica la politica con competenza (e in maniera piuttosto incallita): è il genero dell’ex big Mario Pirillo – che è un pezzo della storia politica del Tirreno cosentino – ed è il “dominus” incontrastato del circolo del Pd di Paola, la città in cui ha iniziato la propria fulminea ascesa politica.

    Tuttavia, il consigliere uscente non ha rinnovato la tessera di partito per presentarsi come civico (e, suggeriscono i maligni, per non doversi misurare coi big del Pd). Meglio la lista del presidente, che però non può essere lasciata vuota, perché quando si perde il quorum è più difficile da raggiungere.
    Di Natale, forte dell’esperienza che manca alla neurologa, si starebbe dando un gran da fare per reclutare candidati, senza andare troppo per il sottile: infatti, riferiscono i bene informati, si sarebbe rivolto a Marcello Manna, il sindaco di Rende.

    L’interrogativo, a questo punto, è banale e sconcertante allo stesso tempo: a cosa è dovuta questa richiesta a un primo cittadino che regge la propria amministrazione su una maggioranza di centrodestra, piena tra l’altro di recalcitranti fedelissimi della famiglia Occhiuto e dell’assessore regionale uscente Gianluca Gallo?
    La risposta non è banalissima: alla sostanziale impraticabilità del capoluogo e di buona parte dei Comuni dell’hinterland, presidiati con piglio militare da Carlo Guccione e Nicola Adamo.

    Il caos cosentino

    Manna, ovviamente, non si sarebbe sbilanciato. Anzi, riferiscono sempre i bene informati, che il sindaco rendese sarebbe intenzionato ad agire come nel 2020, cioè a restare fuori dalla contesa per non restarne travolto. Tanto più che è diventato rappresentante dell’Anci Calabria col voto di sessantasette sindaci. Un po’ pochi, visto che i primi cittadini con diritto al voto sono più di quattrocento. Ma, c’è da notare, tra questi i sostenitori di area dem sono stati praticamente la maggioranza.

    I nomi disponibili per una candidatura con la Bruni nella città universitaria sarebbero due, uno più impraticabile dell’altro: Fabrizio Totera e Ariosto Artese. Il primo, infatti, è legato a Nicola Adamo, che sull’area urbana di Cosenza gioca la partita della sopravvivenza politica, il secondo è diviso tra due lealtà. La prima è di natura familiare: Ariosto è il fratello di Annamaria Artese, assessora nella giunta di Manna. La seconda è costituita dal legame con i Gentile, in particolare con l’ex senatore Tonino.
    Il bottino, per di Natale, insomma si preannuncerebbe magro.

    Inutile pescare fuori Rende, neppure dove qualche realtà grossa vicina al Pd ci sarebbe. Ad esempio, il popoloso Comune di Luzzi. In effetti, Umberto Federico, il sindaco del paese della Valle del Crati, sarebbe pronto a candidarsi, ma lo farebbe nel Pd, in ticket con Enza Bruno Bossio, la moglie di Adamo.
    Quest’ultima, inoltre, sarebbe in ticket anche con Franco Iacucci, l’attuale presidente della Provincia, su cui ha puntato le proprie fiches Carlo Guccione.
    Un triangolo delicato, il cui baricentro è a Cosenza, dove lo stato maggiore del Pd gioca la partita della vita.

    Squilibri precari

    Proprio da Cosenza arriva la prova della fragilità della coalizione di Amalia Bruni. Com’è noto, il Pd si è schierato, non senza qualche difficoltà, a favore della candidatura a sindaco di Franz Caruso.
    Tuttavia, c’è chi non gradisce troppo il penalista cosentino, espresso formalmente dal Psi ma graditissimo da Nicola Adamo: Carlo Tansi e i Cinquestelle, che sono al lavoro, nemmeno troppo sottotraccia, per spingere la candidatura di Bianca Rende, la quale non ha gradito di candidarsi in ticket con Caruso.

    Tansi, che non è mai stato tenero con Adamo (anzi, lo considera uno dei pezzi più estremi del Put), ha abbassato i toni dopo aver fatto l’accordo con Bruni. E, al momento, non è dato sapere se ha intenzione di esternare qualcosa sulla candidatura di Enza Bruno Bossio. la quale, va detto, è in regola sia coi criteri del codice etico del Pd sia con quelli della Commissione antimafia.

    Sotto ricatto

    Questo gioco di intrecci, che rischia di far collassare il Pd proprio a partire da Cosenza, fa capire l’efficacia del “ricatto” di Oliverio.
    In un’eventuale contesa, l’ex presidente comprometterebbe in maniera irrimediabile le liste di Bruni, che rischierebbe addirittura di arrivare terza. E forse è proprio questo il «bagno di sangue» di cui ha parlato Giuseppe Aieta.

    Tra liste deboli (quelle di Tansi e dei grillini) o di difficile compilazione, pollai diventati troppo stretti per galli troppo forti (il Pd) e residui di vecchie glorie (Psi), le possibilità di evitare che la sconfitta si tramuti in disastro sono diventate poche.
    E sembra un beffardo paradosso che l’unica mano tesa arrivi da chi sa benissimo di non avere più nulla da perdere e gioca al tanto peggio tanto meglio, perché anche il crollo del Pd sarebbe un suo successo.
    Oliverio ha fatto il suo gioco con grande efficacia. Chi è disposto, ora, a vedere le sue carte?

  • Cultura 2020, grandi esclusi e ripescaggi nella corsa ai fondi

    Cultura 2020, grandi esclusi e ripescaggi nella corsa ai fondi

    Per l’edizione 2020 ha ricevuto sostegno dalla Direzione generale Cinema del Mibact, dal Dipartimento di Stato degli Usa, dal regno d’Olanda, dal Canada, dalle ambasciate di Norvegia, Germania, Irlanda, Austria, Svezia, Australia, dall’Istituto culturale coreano. Ma nemmeno un centesimo dalla Regione Calabria.

    Quella della Guarimba, il festival internazionale di cortometraggi che l’anno scorso ha ricevuto anche una medaglia da Sergio Mattarella e la menzione su giornali del calibro del New York Times, è forse l’esclusione più sorprendente dall’elenco dei beneficiari dei finanziamenti del bando Cultura 2020 emanato dalla Cittadella, la cui graduatoria è stata resa pubblica appena tre giorni prima dell’inizio dell’edizione 2021 della rassegna cinematografica estiva che anima Amantea.

    La motivazione? Il progetto – anche dopo un riesame – secondo la commissione chiamata a giudicarlo ha ottenuto sei punti in meno del minimo (54/100) necessario per beneficiare dei fondi. Il successo delle edizioni passate, il patrocinio del Parlamento europeo e di Palazzo Chigi, il respiro internazionale della manifestazione forse non fanno punteggio a queste latitudini.

    Una torta da un milione e mezzo

    La stagione culturale calabrese 2020 costerà alla Regione Calabria circa un milione e mezzo di euro divisi per i 41 soggetti, tra pubblici e privati, che si spartiranno la torta dei finanziamenti a valere sui PAC 2007/2013. Gli esclusi per vizi di forma o mancanza dei requisiti sono stati in totale 29. Tra i destinatari del bando enti pubblici, fondazioni, associazioni culturali, imprese, cooperative e consorzi operanti nel campo della promozione culturale.

    I requisiti indispensabili erano sostanzialmente due: avere svolto almeno sei edizioni dello stesso progetto negli ultimi dieci anni e la realizzazione di eventi che abbiano un legame «duraturo e caratterizzante col bene o con il luogo in cui si svolge».
    L’importo massimo del contributo erogabile era di 50mila euro per i singoli partecipanti e 75mila euro per le domande presentate in forma associata.

    Le graduatorie sono distinte per enti pubblici e soggetti privati. Delle sedici amministrazioni comunali vincitrici, 15 hanno ricevuto il massimo (o quasi) del finanziamento erogabile. Solo il Festival del Libro dei ragazzi promosso dal Comune di Zumpano ha ricevuto 25.500 euro.

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    Il municipio di Zumpano, unico tra gli enti beneficiari del bando a incassare circa la metà del massimo richiedibile

    Cinquantamila euro anche per le associazioni Armonie della Magna Grecia, Associazione Culturale Novecento, Ama, così come per il Festival Trame 2020. La Cenerentola dei privati è il lametino Color Fest, che ottiene appena 10.296 euro. Occorre, però, considerare che molti eventi si sono svolti in streaming con un abbattimento dei costi fino al 50%.

    Troppi errori, niente fondi

    L’anno del Covid ha mietuto vittime anche nel blasonato mondo degli eventi culturali regionali. Fuori per un cavillo burocratico la kermesse Moda Movie, storico evento che unisce moda e spettacolo, fondata da Sante Orrico e giunta oramai alla 25° edizione.
    Per i privati le ragioni dell’esclusione sono prettamente di natura finanziaria: bilanci non completi, mancanza del rendiconto, assenza della certificazione della capacità economica del soggetto che promuove l’evento.

    Quando, invece, parliamo di pubblico ecco venir fuori l’incapacità dei burocrati nel compilare a dovere e inviare la domanda di partecipazione.
    Bocciata per incompletezza la richiesta di finanziamento presentata dal Comune di Castrolibero per la rassegna teatrale “Chi è di scena”. Una svista imperdonabile per la città di Orlandino Greco. Alla mail di partecipazione del Comune di Martirano Lombardo per “Rockon” mancano gli allegati.

    Arrivano fuori tempo massimo la domanda del Comune di San Fili per la “Notte delle Magare” e quella del Comune di Oriolo per “La stagione teatrale Oriolese 2020”. Sono entrambi eventi attesissimi e capaci di richiamare ogni anno centinaia e centinaia di turisti.
    Macroscopica, invece, la svista del Comune di Simeri Crichi che, per la 9° edizione del Presepe Vivente, decide di partecipare con un raggruppamento tra Comune e associazioni non previsto però dal bando.

    Di sfortunata casualità si potrebbe parlare per il Comune di Saracena, che non riesce a partecipare all’avviso perché la carta d’identità allegata al progetto risulta danneggiata. Un salto del responsabile della pratica all’Ufficio Anagrafe del suo stesso ente sarebbe tornato utile probabilmente.
    Sfumano anche la “Sagra degli Arnedos” di Rovito e lo storico festival “Radicamenti – Festa della Seta” del Comune di Mendicino per una mancata risposta al soccorso istruttorio della Regione Calabria. Magari i dirigenti erano in smart-working…

    Clausole e ripescaggi

    Il bando di gara era chiaro: potevano ambire ai fondi regionali gli organizzatori di eventi svolti dal 1 gennaio al 31 dicembre 2020. Nessuna deroga Covid. Così almeno sembrava all’inizio. Deve ringraziare un cavillo l’associazione Cluster, veterana dei finanziamenti regionali ed organizzatrice del Festival del Fumetto “Le strade del paesaggio” a Cosenza. La XIV edizione era prevista per il 2020 ma, sospesa causa Covid, la si è realizzata nel 2021.

    A far ottenere i fondi a Cluster, però, sono state due magiche paroline presenti nel bando: “avvio dei lavori”. Una nota a piè di pagina del bando definisce come “la data di inizio dei lavori di costruzione relativi all’investimento oppure la data del primo impegno giuridicamente vincolante ad ordinare attrezzature o di qualsiasi altro impegno che renda irreversibile l’investimento, a seconda di quale condizione si verifichi prima”.

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    Tanto è bastato per salvare il finanziamento e qualche malpensante potrebbe chiedersi perché non sia stato adottato lo stesso criterio per la “Notte delle Magare” ad esempio. Tra la graduatoria provvisoria di aprile e quella definitiva dei primi di agosto, comunque, le differenze sono quasi nulle. E i pochi ripescati gongolano ripensando alla bocciatura iniziale divenuta promozione (e denaro).

    Riammesso dopo il riesame il “XXIII Festival della Musica” del Comune di Spezzano Sila, dapprima escluso per documentazione incompleta. Rientrano in zona Cesarini anche “MusicAma Calabria” di AmaCalabria , “Arte immaginazione, creat(t)ività e multiculturalità” dell’associazione La città del Sole, la “XXI edizione del Festival dell’Aurora” della Fondazione Odyssea. Ognuna di loro porta a casa 50mila euro, il massimo del finanziamento erogabile. Per “Ricrii 18”, la manifestazione proposta da Scenari Visibili, il ripescaggio porterà in cassa, invece, circa 14mila euro.

  • Lega: 300 in fuga da Salvini, ma c’è già chi li aspetta

    Lega: 300 in fuga da Salvini, ma c’è già chi li aspetta

    Per fortuna, Leo Battaglia è vivo e lotta con noi, altrimenti sai che noia a Ferragosto. Grazie alla sua trovata, ispirata al trash più spettacolare, ha dato di che parlare ad avversari, ambientalisti e benpensanti e ha fatto ridere tutti gli altri, cioè la stragrande maggioranza dei calabresi.
    Il lancio delle mascherine chirurgiche con sponsor elettorale dall’elicottero sulle spiagge dell’Alto Jonio cosentino ha movimentato le cronache politiche, altrimenti scarne, di questo periodo.

    Dalla Lega non c’è alcun imbarazzo apparente per il gesto di Battaglia, famoso nel passato per aver fatto imbrattare le pareti pubbliche e i cavalcavia coi suoi spot elettorali. Anzi, c’è chi dice con un certo candore che in politica contano anche i voti e l’esponente cosentino ne pesa oltre duemila. Di questi tempi, oro zecchino.
    E sono proprio i voti la croce e delizia della Lega calabrese.

    Candidature big e militanti in fuga

    Si può anche pensare tutto il male possibile della Lega. Ma al partito di Salvini occorre riconoscere un merito: è l’unica formazione politica di centrodestra in cui la militanza ha ancora un valore.
    E, non a caso, la fuga dei trecento militanti, capitanati dall’ex segretario provinciale di Cosenza ed ex vicesegretario regionale Bernardo Spadafora ha destato non poco scalpore e qualche preoccupazione.

    Il capitano Salvini, impegnato a promuovere il suo nuovo corso moderato, non sembra eccessivamente turbato. Anzi, la sua unica preoccupazione, a detta dei bene informati, è presentare in tempo utile liste confezionate con un occhio particolare ai voti. E pazienza se qualcuno si fa venire il mal di pancia: in politica, secondo il cinico capitano, contano anche i risultati. Quindi, pazienza se si perde un pezzo di base.

    I vertici calabresi del Carroccio (cioè la terna capitanata da Giacomo Saccomanno e composta da Roy Biase e Cataldo Calabretta), si sono dati un bel da fare per bilanciare tutti gli equilibri e quadrare più cerchi possibili, aiutati in questa missione dal recente tour elettorale del leader nazionale, giunto in Calabria per promuovere i referendum sulla giustizia ma anche per fare campagna acquisti.

    Il salto sul Carroccio del vincitore

    Iniziamo da Cosenza, dove il Carroccio schiererà in lista, oltre al menzionato Battaglia, il consigliere uscente Pietro Molinaro (che tra l’altro figurerebbe tra gli affetti da mal di pancia, per via del mancato assessorato all’Agricoltura), Antonio Russo, il sindaco di Mirto Crosia, e Simona Loizzo, la cui candidatura è stata presentata con una mega conferenza stampa.

    Secondo i malevoli, Loizzo sarebbe anche un’interfaccia di Pino Gentile, la cui candidatura è in discussione a causa di un processo in cui il big cosentino è tuttora alla sbarra. Quindi, con grande probabilità, la famiglia politica più forte di Cosenza darà il proprio contributo elettorale proprio attraverso la dentista cosentina, che vanta di suo un forte radicamento nella Sanità che conta.

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    Simona Loizzo, già gentiliana DOCG, sarà nelle liste della Lega alle prossime Regionali

    Un discorso a parte merita la candidatura di Mariano Casella, ex consigliere comunale di Diamante, imprenditore e amministratore del supermercato Conad a Diamante. Casella è anche il fratello di Anna Francesca, la giovane ex vicesindaca di Diamante e moglie di Ernesto Magorno, attuale sindaco del centro dell’alto Tirreno cosentino, ex segretario regionale del Pd e attuale senatore di Italia Viva.

    Si è vociferato a lungo dei tentativi (falliti) di Magorno di portare il suo partito nel centrodestra. Ora, con tutta probabilità, il senatore ha calato il suo carico di briscola. Le ragioni di partito saranno sacre senz’altro, ma per lui è importante avere amici anche nelle forze che, con molta probabilità, governeranno la Regione. Perciò ha preso il toro per le corna, ha bypassato le forze centriste e ha bussato direttamente a destra: un Salvini è per sempre. O quasi.

    Nel resto della Calabria vale la militanza

    Nel collegio di Catanzaro, invece, il Carroccio ha schierato in prima fila il suo dirigente Antonio Macrì e i consiglieri regionali uscenti Filippo Mancuso e Pietro Raso. Un asset elettorale decisamente più di partito.
    Un discorso simile vale per Reggio, dove risulta confermata Tilde Minasi. Squadra vincente non si cambia? Certo. Ma anche logica ferrea di partito più ragion politica.

    La Lega, infatti, deve confermare i risultati dalla Sila Greca in giù e acchiappare quanto può a Cosenza, dove l’emorragia dei trecento può creare qualche guaio.
    A partire, magari dalle Amministrative del capoluogo bruzio, perché tra le defezioni si registra quella del consigliere comunale cosentino Vincenzo Granata, esponente del Carroccio a Palazzo dei Bruzi, già incaricato di compilare la lista per le prossime comunali.

    L’abbandono di Granata, fratello di Maximiliano, attuale presidente del Consorzio Vallecrati, ha a che fare più con ragioni di equilibrio politico che di militanza ideologica: a differenza degli ammutinati di Spadafora, Granata non ha una matrice destrorsa e c’è chi lo considera più vicino agli Occhiuto (Mario o Roberto non importa) che ai vertici regionali leghisti.

    Dove andranno a finire i dissidenti?

    Un rifugio possibile per i dissidenti potrebbe essere Fratelli d’Italia, che si ostina a esibire nel simbolo la mitica fiamma tricolore (per quanto ridotta a poca cosa, più piccola che nel simbolo della ex An).
    Ma nel partito della Meloni, gonfiatosi nei sondaggi grazie a una campagna acquisti aggressiva e incauta, la militanza non è proprio uno degli elementi forti. Resterebbero i mini partiti, cioè i seguaci di Maurizio Lupi e di Giovanni Toti.

    Per quel che riguarda Noi con l’Italia di Lupi, ci sarebbe poco da fare: le liste sono quasi completate e l’orientamento è decisamente centrista. Qualcosa, invece, si muoverebbe in Coraggio Italia, il movimento federato che fa capo a Toti e a Luigi Brugnaro, il sindaco di Venezia.

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    Luigi Brugnaro e Giovanni Toti

    Anche questo movimento starebbe preparando proprie liste. E per il collegio di Cosenza spunta già un nome: Alfredo Iorio, calabrese trapiantato a Roma già vicino alla Lega. Anzi, vicinissimo, visto che è stato l’uomo ombra di Vincenzo Sofo durante le ultime europee e poi, durante le Regionali 2020, di Pietro Molinaro. Che sia lui il Mosè a cui toccherà il compito di portare i dissidenti verso qualche improbabile terra promessa?

    Neodemocristiani alla carica

    I seguaci di Maurizio Lupi si sono dati un gran da fare e, quatti quatti, hanno quasi completato le liste per le Regionali e si preparano ad aggredire anche Cosenza.
    Noi con l’Italia vanta un organigramma regionale non numeroso ma compatto, in cui c’è lo zampino di Pino Galati, un altro evergreen del centrismo calabrese, intenzionato a “morire democristiano” (infatti, ha smentito come gossip ferragostani le voci che lo darebbero pronto a inciuciare con Salvini…).

    Lo stato maggiore dei lupacchiotti calabri è costituito da altri tre evergreen: il cosentino Franco Pichierri, già notabile dell’Udc, e aspirante sindaco di Cosenza, il vibonese Michele Ranieli, che gestisce il collegio di Catanzaro-Vibo-Crotone (insomma, la “Grande Catanzaro”), e il reggino Nino Foti, già parlamentare azzurro.

    Pichierri si è mosso in due direzioni: ha preparato due liste (una con la sigla di partito e l’altra personale) con cui tenterà l’avventura a Palazzo dei Bruzi in “amichevole concorrenza” col centrodestra e ha compilato la lista per il più importante collegio elettorale regionale.
    Ne fanno parte l’ex sindaco di Acri Nicola Tenuta e il big della Cisl Franco Sergio, già consigliere regionale con Oliverio.

    A Catanzaro, invece, sono schierati Concetta Stanizzi, avvocata e presidente provinciale della Lega italiana tumori, Tea Mirarchi, consigliera comunale di Soverato, Tranquillo Paradiso, consigliere comunale di Lamezia, e Levino Rajani, presidente provinciale dell’Ordine dei farmacisti di Crotone.
    Più delicati gli equilibri a Reggio, dove figura il nome di Maria Tarzia.

    Conto alla rovescia

    Secondo i bene informati la Commissione Antimafia è già all’opera sui nominativi inviati dai responsabili calabresi e dovrebbe fornire il suo responso nei primi giorni della prossima settimana.
    Ovviamente, a chi ne ha fatto richiesta, visto che i Masanielli di de Magistris hanno risposto picche in maniera sdegnata: il loro codice etico sarebbe più forte del regolamento della Commissione parlamentare.
    Mario Oliverio, invece, si è limitato ad annunciare la propria candidatura con due liste a supporto e non è dato sapere se aderirà alla sfida “legalitaria” lanciata da Roberto Occhiuto.
    Il conto alla rovescia per confermare o smentire il totonomi è iniziato…

  • Ne resterà solo uno: Oliverio candidato, guerra aperta al Pd

    Ne resterà solo uno: Oliverio candidato, guerra aperta al Pd

    Muoia il Pd con tutti i suoi elettori: Mario Oliverio ha deciso di spaccare quel che resta dei democrat e presentarsi alle Regionali. Da solo. Contro il suo vecchio partito che lo ha scaricato come l’ultimo dei reietti. In una prova di forza che probabilmente lascerà a terra più vittime sul campo amico (?) che quello nemico.

    Alle tradizioni non si rinuncia

    Non è certo un fulmine a ciel sereno, la notizia era nell’aria da tempo. Almeno da quando Oliverio era riapparso sulla scena dopo un autoesilio volontario tra gli amati boschi silani tramite una Fondazione che in realtà dovrebbe occuparsi di temi che col voto di ottobre dovrebbero avere poco a che vedere. E poi a certe tradizioni nella sinistra calabrese non si rinuncia: che elezioni sarebbero se non si andasse tutti divisi? E così ecco arrivare l’ufficialità della candidatura alla presidenza della Regione del grande ex. Lo slogan, a giudicare dai post dei comitati che lo sosterranno, sarà quello di Gene Wilder nell’immortale Frankenstein Junior di Mel Brooks: «Si può fare».

    Se prima eravamo in due

    Non c’è due senza tre, quindi dopo Amalia Bruni e Luigi de Magistris all’elenco degli aspiranti governatori più o meno di sinistra si aggiunge il sangiovannese in cerca di un (difficile) bis a scoppio ritardato. La mancata ricandidatura al termine del suo primo mandato per far spazio al fallimentare esperimento civico targato Pippo Callipo era rimasta sul groppone a Oliverio. Non che la sua di esperienza alla Cittadella sia rimasta impressa nella mente dei calabresi come una delle più felici della storia del regionalismo, ma il caos che da tempo regna in casa democrat ha convinto il politico silano che nel centrosinistra lui possa – e debba – ancora dire la sua.

    Classici intramontabili

    Difficile ipotizzare che la tripartizione dei voti tra i candidati della gauche crei difficoltà a Roberto Occhiuto, anzi. Con elezioni che non prevedono ballottaggi come quelle calabresi vince chi prende anche un solo voto in più dei rivali. E se i tuoi pescano tutti nello stesso bacino elettorale (o quasi) probabilmente quel voto in più non lo avranno. In compenso per Oliverio sarà l’occasione di riproporre l’intramontabile schema che da anni caratterizza le vicende del Pd locale e di quello bruzio in particolare.

    Due di qua e uno di là

    Protagonisti quasi sempre Oliverio e altri due big cosentini: Nicola Adamo e Carlo Guccione. A rotazione due di loro si alleano e l’altro si smarca, con combinazioni di volta in volta differenti. Il solitario di turno in questo modo fa vedere quanto ogni tentativo di vittoria sia impossibile senza lui e i voti che porta con sé. Spesso, per un curioso scherzo del destino, accade quando a contrapporsi al centrosinistra è uno dei fratelli Occhiuto. La storia recente di Cosenza ne è l’esempio più evidente, con l’attuale e ormai uscente sindaco che ha beneficiato dei dissidi del momento tra i tre ex Pci per sbancare alle Amministrative sia nel 2011 che nel 2016.

    Il toto-nomi

    Sarà così anche alle Regionali? Stavolta gli avvantaggiati dalla sua corsa in solitaria potrebbero essere in due, quel de Magistris con cui Oliverio avrebbe anche flirtato e Occhiuto Jr, seppur con risultati finali ben diversi. Certo è che all’annuncio del sangiovannese è scattato il toto-nomi su chi potrebbe seguirlo in lista. Con lui dovrebbero esserci il fedelissimo Giuseppe Aieta e il suo carico di preferenze e il figlio di quel Brunello Censore che a Vibo i suoi voti li ha sempre. Quanto a Reggio, altri esclusi eccellenti del recente passato, come l’ex consigliere Francesco D’Agostino, potrebbero dar man forte a Oliverio. Una grana non da poco per la Bruni, visto che “Palla Palla” difficilmente non si sarà fatto i conti prima di sciogliere le fatidiche riserve sul suo ritorno in prima linea. Se poi quei conti gli permettano di aspirare davvero alla presidenza della Regione o solo di uscire vincitore dalla guerra fratricida si vedrà.