Dalle narrazioni non ufficiali della notte dei lunghi coltelli vissuta dal Pd catanzarese tra venerdì e sabato emerge uno spaccato inquietante. L’introduzione delle quote rosa ha fatto sì che tre posti, sugli 8 disponibili nel collegio Centro (Catanzaro-Crotone-Vibo), fossero blindati: Aquila Villella, Annagiulia Caiazza, Giusy Iemma.
Posto sicuro anche per un consigliere uscente (Luigi Tassone) e per due che si erano candidati ma non ce l’avevano fatta a gennaio 2020 (Fabio Guerriero e Raffaele Mammoliti). Restavano due posti, ma se li contendevano tre maschietti: il sindaco di Soverato Ernesto Alecci (in realtà a garanzia del suo posto c’era l’appartenenza a “Base riformista”, la corrente di Luca Lotti), l’ex presidente della Provincia Enzo Bruno, l’uscente Francesco Pitaro.

Quest’ultimo è entrato in Consiglio regionale con Pippo Callipo, ha fatto quasi tutto lo scorcio di legislatura col Misto e qualche settimana fa si era avvicinato al Pd, forte di un accordo con i vertici provinciali. Apriti cielo. Guerriero ha minacciato di ritirare la candidatura, Alecci pure, Bruno di uscire dal partito. Alla fine sono cadute le teste di Bruno e Pitaro, il posto conteso per uscire dall’impasse lo ha occupato il segretario provinciale Gianluca Cuda e le due “vittime” hanno subito dato sfogo a reazioni al vetriolo.
Lo sfogo di Bruno
L’ex presidente della Provincia ha parlato di «logiche poco trasparenti, perverse e poco rispettose della comunità democratica». Poi con un certo sprezzo del ridicolo ha fatto anche sapere di aver accettato la candidatura a sindaco di Vallefiorita per il «cambiamento e la rinascita» del suo paese, dove era assessore già nel 1988 e vicesindaco nel 1993.
Francesco Pitaro ha descritto un partito di belve feroci che non sarebbe diventato certo una comitiva di educande se avesse accettato la sua candidatura. Pino Pitaro, ex sindaco di Torre di Ruggiero coinvolto nell’inchiesta antimafia “Orthrus” per il quale però la richiesta d’arresto è stata più volte negata, ci ha messo il carico scrivendo sul profilo Facebook del fratello: «La cosca politica si è organizzata contro di te». Secondo i bene informati la regia della loro esclusione sarebbe, almeno in parte, ascrivibile al deputato Antonio Viscomi. Che, così, nel suo collegio di appartenenza ha provato a evitare di farsi fare le scarpe proprio dall’ultimo arrivato.

Pd, il mentore e il discepolo
La vicenda (molto pulp) del Pd catanzarese è emblematica dello stato di un partito a cui sembra interessare solo il mantenimento di postazioni da cui dividersi le macerie di ciò che resterà dopo le Regionali. In questo senso dice molto anche un’altra storia di queste ore che viene dall’entroterra, dalle Serre: quella del ricandidato Tassone. Eletto a gennaio 2020 dopo essere entrato in lista all’ultimo minuto grazie alla scure calata da Pippo Callipo sulle candidature proposte dal duo Graziano-Oddati, e del suo mentore di sempre, Bruno Censore, che invece è nella lista di Mario Oliverio.
L’uno era l’ombra dell’altro, diciamo quasi zio e nipote, oggi invece non si parlano nemmeno e puntano al reciproco scalpo da postazioni distanti. Tassone ha dalla sua un piazzamento decisamente migliore. Censore invece è dovuto ricorrere anche a candidature di servizio per riempire le caselle, ma i voti in provincia sono sempre stati del mentore e il delfino sa in cuor suo che gli venderà (politicamente) cara la pelle.
Il garantismo di FI non vale per Vito Pitaro
Altra vicenda vibonese interessante è quella di un altro Pitaro, Vito, estromesso dalla sera alla mattina dal centrodestra senza tante spiegazioni. Consigliere regionale uscente, è parecchio chiacchierato per delle intercettazioni molto sconvenienti con un sanguinario, presunto capo di una cosca emergente e per dichiarazioni di pentiti non esattamente da curriculum, ma per quel che se ne sa non è nemmeno indagato.

Stupisce dunque che il garantismo storico dei berlusconiani stavolta non sia stato adoperato per un politico che è ritenuto utile al Comune di Vibo. Lì (almeno finora) il suo gruppo sostiene l’amministrazione di centrodestra guidata da Maria Limardo ed è risultato “buono” anche per vincere le elezioni regionali del 2020. Invece ora, all’improvviso e senza motivazioni ufficiali, finisce fuori dalle liste. Per di più proprio quando il coordinatore regionale del partito che esprime il candidato alla Presidenza è lo stesso Giuseppe Mangialavori con cui si era alleato per vincere le Comunali.
Il notaio vibonese con De Magistris
Nel collegio centrale ha puntato forte anche un altro aspirante governatore, Luigi de Magistris, che tra Crotone, Lamezia e Vibo ha scelto candidati ben radicati sul territorio come Filippo Sestito, Rosario Piccioni e Antonio Lo Schiavo. Quest’ultimo, notaio vibonese, ci aveva già provato con Callipo alle passate elezioni ma non ce l’ha fatta per una manciata di voti. All’epoca e anche oggi ha il sostegno dell’ex presidente della Commissione regionale antimafia Arturo Bova, ma stavolta gli mancherà proprio l’appoggio lametino dell’area di Gianni Speranza di cui Piccioni è un punto di riferimento. Fra i tre, alla fine, potrebbe trarne vantaggio solo l’ex pm, forse.
Lamezia rischia di non sedere in consiglio regionale
A Lamezia, come previsto, è partita una nuova carica di candidature – una quindicina solo dalla città, senza contare l’hinterland – che rischiano solo di frammentare i rispettivi campi riducendo le possibilità di avere rappresentanti in consiglio regionale per la quarta città della Calabria, com’è già avvenuto nelle ultime due legislature.
È da segnalare il ritorno in campo di Pasqualino Scaramuzzino, ex sindaco ai tempi del secondo commissariamento per mafia di Lamezia ed ex presidente della Fondazione Terina; di recente si è attirato parecchie polemiche social per un video (sponsorizzato) su Facebook in cui, affiancato da da Mangialavori e Occhiuto, esaltava il “sacrificio” di quest’ultimo per aver deciso, dalla postazione di rilievo della Camera, di venire a “sporcarsi le mani” in Calabria.
Gioca la sua personale partita anche il deputato leghista Domenico Furgiuele, spesso citato per gli imbarazzi giudiziari in cui si è trovato il suocero, che ricandida l’uscente Pietro Raso in “accoppiata” con Antonietta D’Amico, provando così dal suo “feudo” di Sambiase ad allargarsi sia nell’hinterland che nel centro di Nicastro.
Flora e Baldo nella campagna acquisti Udc
Sull’asse Crotone-Catanzaro sembra potenzialmente forte, dal punto di vista dei consensi, la doppia new entry nell’Udc rappresentata da Baldo Esposito, già in area Gentile, e di Flora Sculco, altra figlia d’arte che scalpita come Silvia Parente – il padre Claudio ha rinsaldato l’asse con Mimmo Tallini – e Katya Gentile, forte dell’accordo bifamiliare con gli Occhiuto tra la Regione e il Comune di Cosenza. Nell’Udc ha militato anche Sabatino Falduto, ex assessore comunale vibonese che oggi è candidato nella lista di Fratelli d’Italia e che “vanta” anche un passaggio nel Pd.

Cambi di casacca
Trasversalismi e cambi di casacca sono d’altronde pratiche diffuse e nel collegio si segnalano a questo proposito le seguenti curiosità: Giovanni Matacera, candidato di Forza Italia, è fratello di Pietro, già vicesindaco di Soverato, cittadina jonica il cui sindaco è Alecci (candidato nel Pd); Innocenza Giannuzzi, già Agricoop, Confapi e ora Confartigianato, era candidata a gennaio 2020 con “Io resto in Calabria” di Callipo mentre ora è in lista con Oliverio; Tiziana De Nardo, alle precedenti elezioni candidata con i Democratici e progressisti (centrosinistra), nel giro di un anno e mezzo è passata, via Italia del meridione, a conquistare un posto nella lista “Forza azzurri”.

























