Tag: politica

  • Sila e sci: intoppi alla Regione, stagione a rischio

    Sila e sci: intoppi alla Regione, stagione a rischio

    Con l’inverno, cambiamenti climatici permettendo, arriverà nuovamente la neve sulle montagne della Sila. Ma se avete in un ripostiglio un paio di sci è possibile che anche quest’anno debbano restare lì a prendere polvere.
    Il motivo è che l’apertura degli impianti di risalita di Camigliatello e Lorica resta ancora assai incerta e ormai la stagione invernale incombe.

    Lorica e il nodo del gestore

    Come si ricorderà il destino sciistico di Lorica è stato segnato dall’incursione della Dda, che sequestrò gli impianti mandando in fumo i sogni turistici del comprensorio per i quali si prevedevano 13 milioni di euro di investimenti. Successivamente l’autorità giudiziaria autorizza la prosecuzione dei lavori, che prontamente riprendono e sono ormai prossimi alla conclusione.

    Il passaggio più importante deve però ancora essere formalizzato. È l’approvazione di un protocollo tra le parti interessate: la ditta che ha realizzato i lavori in Sila, il comune di Casali del Manco, nel cui territorio ricade l’area, e la Regione Calabria. Da questa intesa deve emergere il soggetto che gestirà gli impianti. La Regione, infatti, deve decidere se assumerne direttamente la conduzione, indire un avviso pubblico oppure procedere ad un affidamento diretto.

    Nessuna risposta

    «Stiamo inviando continuamente Pec alla Regione, sollecitando l’approvazione dell’intesa – ci racconta Roberto Esposito, coadiutore giudiziario della Lorica Ski – ma ancora non abbiamo ricevuto alcuna risposta». Al contrario, il comune di Casali del Manco ha rapidamente recepito la proposta di intesa della Lorica Ski, aderendo all’idea per sfruttare la stagione sciistica.

    Il nodo sta nel fatto che, pur finendo in tempi brevi i lavori, la ditta non saprebbe a chi consegnare “le chiavi” dell’impianto. E senza l’indicazione istituzionale di un gestore ogni sforzo verrebbe vanificato. A questo si aggiunga l’urgenza dettata dai tempi. Prima che gli impianti diventino concretamente fruibili da sciatori e turisti, è necessario provvedere ai collaudi che precedono ogni inaugurazione. E anch’essi esigono tempi ben precisi.

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    Fausto Orsomarso, assessore regionale al Turismo

    A riguardo l’assessore Orsomarso replica non senza una certa irritazione, rivendicando di essere stato lui uno dei protagonisti dell’individuazione del percorso che ha portato al dissequestro degli impianti e alla ripresa dei lavori in Sila «grazie alla proficua collaborazione di tutte le parti, gli amministratori di Casali del Manco e i vertici di Lorica Ski», affermando quindi che la Regione la sua parte l’ha fatta tutta.
    Se i protagonisti di questa vicenda non parleranno la stessa lingua, quindi, gli appassionati potranno guardare la neve cadere ma senza sciarci sopra.

    Niente soldi a Camigliatello

    Per Camigliatello la situazione è diversa, ma non meno ingarbugliata. La struttura che consente di salire in quota sulle piste deve essere sottoposta alla verifica ventennale e per farlo serve denaro. E non poco. Sempre Orsomarso nei mesi passati aveva annunciato sui social che la Regione aveva stanziato 3,8 milioni di euro «perché l’Arsac aspettava da anni finanziamenti per la manutenzione ed autorizzazioni».

    camigliatello_sila

    Il problema pareva risolto, ma per nulla disposti ad indulgere all’ottimismo invece sono all’Arsac. Carlo Monaco, responsabile amministrativo degli impianti a fune di Camigliatello, dice che ad oggi di quei soldi non c’è traccia. «Al momento siamo fermi e dobbiamo realizzare il collaudo ventennale, per il quale servono risorse. La Regione le ha promesse, ma concretamente qui non è arrivato nulla», racconta con disincanto Monaco.

    Tempi lunghi e/o prestiti

    Anche su questo aspetto Orsomarso cerca di fare chiarezza, spiegando che il denaro è stato stanziato, ma essendo stato spostato da un capitolo di spesa ad un altro, è necessario rimodulare la formulazione del finanziamento presso la Corte dei conti. I tempi previsti potrebbero estendersi fino ad ottobre inoltrato. Poi ci sono quelli richiesti per i lavori di collaudo, insomma molti mesi.

    Ma Orsomarso ha una soluzione: «L’Arsac con in mano la delibera può andare presso un istituto di credito e farsi prestare i soldi, così da procedere rapidamente ai lavori necessari». Per il futuro, secondo l’attuale assessore regionale al Turismo la gestione degli impianti dovrebbe essere assegnata alle competenze dei Trasporti, salvaguardando le professionalità che intanto sono state formate.
    Tra Pec cui non c’è risposta e risorse economiche che sono solo sulla carta, anche questo inverno la neve rischia di cadere invano. Almeno per chi vorrebbe sciare in Sila.

  • PNRR e Mezzogiorno: risorse incerte, riusciremo a usarle?

    PNRR e Mezzogiorno: risorse incerte, riusciremo a usarle?

    Stiamo ormai entrando nella fase di attuazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Non abbiamo dinanzi a noi un tempo molto lungo per realizzare tutti gli obiettivi che sono stati tracciati: entro il 2026 le azioni definite debbono essere completate.
    Il futuro del Mezzogiorno si lega in buona parte agli investimenti ed alle riforme da completare in questo arco temporale, mettendo a terra quella montagna di risorse finanziarie a disposizione grazie al PNRR. Veniamo da una lunga stagione difficile, nella quale il divario tra il Sud ed il resto del Paese si è allargato.

    La spesa pubblica dimezzata in dieci anni

    Il PNRR dovrebbe consentire di invertire il trend che, tra il 2008 e il 2018, ha visto scendere di più della metà la spesa pubblica per investimenti nel Mezzogiorno, da 21 miliardi di euro a poco più di 10. Secondo quanto espressamente indicato nel documento del Governo, il Piano mette a disposizione del Sud un complesso di risorse pari a non meno del 40 per cento delle risorse territorializzabili del PNRR (pari a circa 82 miliardi), incluso il Fondo complementare, per le otto regioni del Mezzogiorno, a fronte – si sottolinea nel Piano – del 34 per cento previsto dalla attuale normativa vigente in favore del Sud per la ripartizione degli investimenti ordinari destinati su tutto il territorio nazionale.

    Non solo risorse europee

    Il Piano prevede, in aggiunta alle risorse europee, ulteriori 30,6 miliardi di risorse nazionali che confluiscono in un apposito Fondo complementare al PNRR finanziato attraverso lo scostamento di bilancio approvato nel Consiglio dei ministri del 15 aprile e autorizzato dal Parlamento, a maggioranza assoluta, nella seduta del 22 aprile scorso.

    Il Piano nazionale per gli investimenti complementari al PNRR è stato approvato dal decreto legge n. 59 dal 6 maggio 2021, con una dotazione di 30.6 miliardi di euro per gli anni dal 2021 al 2026. Il D.L. n. 59/2021 provvede altresì alla ripartizione delle risorse del Fondo tra le Amministrazioni centrali competenti, individuando i programmi e gli interventi cui destinare le risorse ed il relativo profilo finanziario annuale.

    I conti che non tornano

    Il PNRR si propone insomma l’ambizioso obiettivo di ridurre sensibilmente il divario tra il Mezzogiorno e il resto del Paese. La quota del Mezzogiorno sul PIL nazionale salirebbe dal 22 per cento del 2019 al 23,4 per cento nel 2026.
    Secondo il governo 82 miliardi sono destinati al Mezzogiorno nel PNRR. Per verificarlo, per ogni misura Gianfranco Viesti ha controllato se sia stata indicata una precisa e vincolante allocazione territoriale delle risorse.

    Si è così potuto appurare che una precisa quantificazione dell’investimento nel Mezzogiorno è contenuta in 33 delle 157 misure del PNRR, e in 5 del Fondo Complementare (FC). Tali misure indirizzano verso il Mezzogiorno investimenti per un totale di 22,2 miliardi di euro. Nei documenti ufficiali è quindi individuabile solo poco più di un quarto delle risorse ipoteticamente destinate al Mezzogiorno.

    Quanto andrà davvero al Sud?

    Tuttavia, in altre 22 Misure del PNRR e in altre 6 del FC vi sono degli indirizzi tali da lasciar prevedere che una parte delle risorse disponibili sarà allocata nel Mezzogiorno. Su ciascuna di queste misure è stata operata una stima, con un margine di errore. Il totale degli importi di queste misure ammonta, secondo le stime effettuate da Gianfranco Viesti, a 13,126 miliardi. Sommando le cifre appostate chiaramente al Mezzogiorno (22,2 miliardi) con le stime riconducibili al Sud (13,1 miliardi), si ottengono 35,3 miliardi di euro, ben al di sotto della metà della somma teoricamente destinata al Mezzogiorno dal PNRR.

    Quali sono le misure che non hanno un’allocazione territoriale predefinita? Da che cosa dipenderà questa allocazione? Vi sono in primo luogo alcune misure di incentivazione degli investimenti di imprese, che saranno allocate sulla base delle richieste. In altre misure i beneficiari non sono le imprese ma soggetti del settore pubblico.
    Laddove non vi è alcun indirizzo di allocazione territoriale, essa scaturirà dalle decisioni relative al riparto delle risorse effettuate dai decisori pubblici nazionali incaricati dell’attuazione delle misure. Assai frequenti sono i casi nei quali ciò avverrà attraverso meccanismi a bando fra le amministrazioni pubbliche destinatarie finali.

    Nessun indirizzo chiaro

    Il principale problema consiste nella mancanza di un indirizzo politico verso la perequazione delle dotazioni infrastrutturali e della disponibilità dei servizi nelle diverse aree del paese, in presenza di divari territoriali estremamente ampi.
    Particolarmente interessante è il caso degli asili nido, per i quali vengono destinati ben 4,6 miliardi; la misura, sia pur con una indicazione generica, è priva di qualsiasi indirizzo territoriale, in presenza di disparità estremamente ampie.
    Ciò significa che il Governo non ha ritenuto di dover garantire, seppur tendenzialmente, pari diritti ai cittadini italiani in più tenera età, ma di affidarli all’alea di procedure competitive.

    L’allocazione delle risorse tra le ripartizioni territoriali del Paese dipenderà in buona parte dai criteri che saranno definiti nei bandi competitivi previsti per la realizzazione di una parte consistente degli investimenti del PNRR.
    Da questo punto di vista l’esperienza italiana è particolarmente critica e richiederà la massima attenzione. Sono infatti molto numerosi i casi in cui i criteri per i bandi hanno contenuto indicatori e criteri tali da penalizzare le regioni più deboli del Paese.

    Le amministrazioni locali saranno all’altezza?

    Certamente conteranno anche le capacità delle amministrazioni di volta in volta chiamate a concorrere per queste risorse. Pur non essendovi evidenze univoche a riguardo, è possibile ipotizzare che proprio nelle aree più deboli del paese, le amministrazioni possano essere meno attrezzate proprio a queste progettualità. Tutto ciò si vedrà con i processi di attuazione degli interventi previsti dal PNRR e dal Fondo Complementare.
    Quindi, solo 35 miliardi di euro sono certamente allocati nel Mezzogiorno. Ciò non significa, è bene ricordarlo, che il resto delle risorse del PNRR siano allocati tutti fuori dall’area. Ma lascia un dubbio assai rilevante, dato lo scarto fra le cifre, sull’esito finale.

    La cifra di circa 82 miliardi di investimenti nel Mezzogiorno indicata nel Piano appare dunque, seguendo l’attenta analisi di Gianfranco Viesti, come un “totale in cerca di addendi”. Conseguentemente, l’impatto del PNRR sull’economia e l’occupazione del Mezzogiorno, così come presentato nel Piano è anch’esso al momento solo una ipotesi; è possibile, ma non garantito.

  • VIDEO | Pichierri: C’è pure la Lega, ma al ballottaggio sì al centrodestra

    VIDEO | Pichierri: C’è pure la Lega, ma al ballottaggio sì al centrodestra

    E se un ballottaggio viene fuori, allora «con grande sofferenza» Franco Pichierri potrebbe stare pure con la Lega. Intendiamoci, la Lega di Giorgetti non quella di Salvini. Pichierri è il candidato a sindaco più centrista e moderato di queste elezioni comunali di Cosenza. Scuola Dc e Prima Repubblica. Anche nel linguaggio utilizzato si capisce che la sua cassetta degli attrezzi non è quella di una politica urlata. Con lui due liste: proprio la Democrazia Cristiana e Noi con l’Italia, il movimento che fa capo a Maurizio Lupi.

    Pichierri è un fan del proporzionale spinto. Lo dice espressamente: «Il problema del Paese è la legge elettorale». Che, a suo, avviso non consente a chi ha una storia come la sua alle spalle, di trovare uno spazio adeguato di agibilità politica.

     

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  • Geni, zampogne e fritture: i cv dei candidati alle Regionali

    Geni, zampogne e fritture: i cv dei candidati alle Regionali

    Il dono ce lo ha fatto la legge “Spazzacorrotti” voluta dall’ex Guardasigilli Alfonso Bonafede. Obbliga ogni candidato a qualsiasi elezione, eccetto quelle dei piccoli Comuni, a mettere online, al massimo due settimane prima del voto, il certificato penale e il curriculum vitae. A campione, come fosse un sondaggio, abbiamo dato un’occhiata ai cv dei quasi 500 candidati che si contendono un posto all’interno del consiglio regionale della Calabria. Ne sono venute fuori delle perle che restituiscono un quadro singolare, più antropologico che politico, della varia umanità che si presenta come potenziale protagonista della vita pubblica calabrese. Eccone alcune.

    Baby democristiani

    Molti cv, piuttosto che un riepilogo schematico come da formato europeo, sono brevi scritti spesso coniugati in prima persona. È il caso di due seguaci di Carlo Tansi candidati nella lista “Tesoro Calabria”. Pietro Lirangi (circoscrizione Nord) fa sapere: «La mia attività politica nasce in tenerissima età, avevo nove anni quando frequentavo la DC di Bisignano, l’attività organizzativa, che poi, anche per merito della mia professione, ha fatto sì che mi sono sempre trovato in prima linea con impegno e dedizione con occhio vigile al bene comune e al servizio di tutti, specialmente delle classi più deboli». La prosa di Lucia Quattrocchi (circoscrizione Sud) è più fluida, ma ci permette di sperare che in consiglio regionale arrivi una «liturgista, cantante, direttore, gregorianista, citarista, salmista, suonatrice di tuba, zampognara, insegnante di Religione da circa 22 anni».

    Chi lo ha più lungo

    Lo stesso ex capo della Protezione civile ha ripercorso in 7 pagine tutte le sue skills, comprese le attività di conferenziere, le apparizioni televisive e l’impegno nel Rotary Club di Rende. Ma se Tansi si è spesso vantato di avercelo lungo (il curriculum) c’è chi lo ha superato di brutto: Daniele Nicola, ingegnere di Petilia Policastro candidato con la Lega, ha avuto bisogno di addirittura 40 pagine per elencare tutte le sue esperienze.

    Di tutt’altra pasta, anche se il partito è lo stesso, il mitologico Leo Battaglia. Già agente immobiliare, imprenditore nel settore dell’arredamento e «responsabile per la Calabria» del mensile di annunci gratuiti “Leo Business”, il noto lanciatore di mascherine in mare tiene a far sapere che il nonno è stato «il primo farmacista di Castrovillari» e che, da «cattolico praticante», lui è stato «per anni chierichetto nella Parrocchia della S. S. Trinità». Nel collegio Nord dovrà vedersela con un altro leghista promettente: Santo Capalbo, imprenditore agricolo e della ristorazione, nonché vicepresidente della società sportiva “Tiro a volo”, ha fatto dei corsi di ausiliario del traffico e di «Sefty e Securiti» (testuale).

    Piatti caldi e freddi

    L’Udc ha riversato i cv di tutti candidati in un unico file di 150 pagine, 26 delle quali occupate da Giuseppe Graziano, già generale del Corpo forestale e capogruppo uscente in consiglio regionale. Ma c’è anche Filippo Scalzi, dipendente Arsac, che oltre a dichiarare la militanza nel movimento giovanile Dc si proclama «poeta dialettale ed autore di testi di musica popolare», nonché di 22 poesie diventate «canzoni musicate» depositate presso la Siae.

    Almeno 7 candidati dello scudo crociato, nella sezione dedicata a capacità e competenze varie, riportano la stessa formula copiaincollata. Ma per chiudere degnamente il capitolo centrista va segnalata, nella lista di Coraggio Italia (Centro), la candidata Denise Priolo che tra le «altre capacità e competenze» include «cucina e tavola calda, piatti caldi e freddi, friggitoria».

    Nel Pd c’è il 43enne Gianluca Cuda che tra le esperienze lavorative, oltre all’essere socio di una società di recupero metalli, inserisce per lo più incarichi di partito o istituzionali come segretario provinciale del Pd catanzarese, sindaco di Pianopoli, componente dello staff del presidente della Provincia di Catanzaro e presidente delle sezioni locali di Emergency e dell’Avis (in teoria sarebbe volontariato).

    Cuda ha un diploma da geometra, ma come titolo di studio si fa notare un altro volto noto del centrosinistra che oggi è candidato con Mario Oliverio nella circoscrizione Sud: Francesco D’Agostino, patron dell’azienda “Stocco & Stocco”, è stato consigliere comunale, provinciale, nonché vicepresidente del consiglio regionale, ma ha solo – non è l’unico tra i candidati – la licenza media.

    Neurogenetica e cittadini per antonomasia

    Nel M5S si fanno notare il vibonese Domenico Santoro che da architetto illustra le sue attività professionali con un «curriculum grafico» e l’ufficiale dell’Esercito Nicola Vero che, oltre alle missioni militari in Italia e all’estero, specifica nella sezione hobby di aver viaggiato molto per il mondo in Harley Davidson e in Jeep off-road, nonché di essere istruttore di nuoto e body building.

    Restando nella coalizione di Amalia Bruni emerge come diversi candidati della lista che porta il suo nome pare abbiano avuto rapporti di lavoro o di volontariato con il Centro di neurogenetica da lei diretto. E spicca nella circoscrizione Sud Antonino Liotta, che scrive nella presentazione di essere «cittadino dello Stretto per antonomasia» e, nel cv, include tra le esperienze l’aver vissuto e lavorato per 6 mesi in Irlanda, l’essere stato studente Erasmus a Siviglia per 4 mesi, l’essere ippoterapista, donatore di sangue dal 1988 e volontario Unitalsi.

    Quel gran genio di Talarico

    Il gradino più alto del podio lo guadagna senza dubbio la lista “Dema” (circoscrizione Nord) di Luigi de Magistris. Ugo Vetere, avvocato e sindaco di Santa Maria del Cedro, nella voce «attività e interessi» inserisce solo di essere «tifoso Juventino». Ma il capolavoro situazionista lo ha senza dubbio compiuto un altro volto noto della politica regionale, il rendese Mimmo Talarico. Già nel 2006 «è promotore dei comitati a sostegno di Luigi de Magistris che si oppongono al trasferimento del pm ad opera del Ministro Mastella».

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    La conclusione del curriculum, aggiornato a poche settimane fa, di Mimmo Talarico

    Sempre «su indicazione» del sindaco di Napoli alle Regionali del 2010 viene candidato «come indipendente nell’Italia dei Valori a sostegno dell’imprenditore Pippo Callipo e risulta eletto». Si definisce «tra i più produttivi consiglieri regionali» nella legislatura 2010-2014. Specifica di avere due lauree e altrettanti Master, di lavorare all’Unical come Responsabile amministrativo gestionale della Scuola Superiore di Scienze delle amministrazioni pubbliche». Ma soprattutto Talarico, chiudendo il suo curriculum, si proclama solennemente «uno dei più grandi pensatori del ‘900». E poi c’è chi parla di cervelli in fuga dalla Calabria.

  • Diavolo o santo? La politica prende posizione su Lucano

    Diavolo o santo? La politica prende posizione su Lucano

    C’è stato un tempo – neanche troppo lontano, tra il 2014 e il 2015 – in cui Nino Spirlì scriveva corsivi per un giornale ormai chiuso ma dal nome inequivocabile: Le cronache del Garantista. Com’è facile intuire, su quelle pagine si predicava un principio cardine della giustizia italiana: fino a sentenza definitiva, la presunzione di innocenza vale per tutti. La memoria, si sa, può giocare brutti scherzi. E il nostro ff pare aver dimenticato quei suoi trascorsi, così come non aver notato che la condanna a Lucano è in primo grado e altri due ne serviranno per stabilire la sua eventuale colpevolezza.

    Spirlì e la fiction nel cesso

    Dal momento in cui il verdetto avverso all’ex sindaco di Riace è diventato di dominio pubblico, gli uomini di via Bellerio hanno dato fondo a tutto il loro entusiasmo nel festeggiare la sentenza contro l’odiato accoglitore di migranti. Spirlì non ha esitato a definire Lucano «un truffatore», aggiungendo che sia il riacese che de Magistris (nelle cui liste l’ex primo cittadino è candidato) ora dovrebbero ritirarsi dalle elezioni del 3 e 4 ottobre. Poi, con eleganza oxoniana, l’erede pro tempore di Jole Santelli ha aggiunto che la Rai «di sinistra» ora ha del «materiale da buttare nel cesso», in riferimento alla mai trasmessa fiction prodotta dalla televisione di Stato sul modello Riace.

    Epurazioni in Rai

    Più sintetico – su twitter è d’obbligo – Matteo Salvini, che se l’è sbrigata con un «La Calabria non merita truffatori e amici dei clandestini». D’altra parte, a detta di Massimiliano Romeo (capogruppo della Lega in Senato), Salvini è «l’unico contro la mangiatoia della finta accoglienza», mentre l’ex sindaco di Riace è «uno che fa soldi sulla pelle altrui».
    Tornando alla Rai, il solerte forzista Maurizio Gasparri ha già annunciato che chiederà in Commissione Vigilanza l’epurazione degli ideatori della serie tv su Lucano. Mentre Massimiliano Capitanio – membro di quella stessa Commissione, ma in quota Lega – ha tuonato contro il direttore del Tg1 per non aver inserito tra i titoli di testa dell’edizione delle 13.30 la sentenza di condanna pronunciata a Locri.

    Due pesi e due misure

    L’unico nel centrodestra a cui pare davvero fregar poco della questione pare Roberto Occhiuto, che mentre i commenti sulla vicenda impazzavano metteva video su facebook in cui disserta dei suoi trascorsi giovanili e di aiuti alle imprese. Un altro big leghista, Roberto Calderoli, giusto all’indomani dell’esplosione del caso Morisi – quasi derubricato a una ragazzata dai suoi, contrariamente a quando episodi simili coinvolgevano persone qualunque – sale invece sul pulpito per accusare la sinistra di usare «due pesi e due misure» quando le condanne la riguardano. Tesi anche valida, se non si comportasse nel medesimo modo pure la sua parte politica.

    Uno scandalo per la sinistra

    A sinistra (o quasi), in effetti, è tutto un gridare allo scandalo per quanto deciso dai giudici a Locri. La sentenza sarebbe «abnorme» per Matteo Orfini e Laura Boldrini (Pd), così come per Gennaro Migliore (Iv); «incredibile» secondo Nicola Fratoianni (Sinistra italiana); «inaudita» per Loredana De Petris (Leu). L’Anpi si dice «sconvolto», l’Arci parla di «sentenza vergognosa», mentre +Europa la reputa «sproporzionata». Il presidente nazionale di Legambiente, Stefano Ciafani, la definisce invece «inaudita».

    De Magistris, Oliverio e Bruni

    E in Calabria, dove Lucano corre nelle liste di de Magistris? Il primo a pronunciarsi è stato ovviamente il sindaco di Napoli. Che ha promesso di raggiungere Mimmo “il curdo” già domani a Riace perché per lui è «un uomo che è l’antitesi del crimine, un simbolo di umanità e di fratellanza universale». Sarà, alla peggio, il classico “compagno che sbaglia”: «Non è certo un cultore del diritto amministrativo, avrà pure commesso delle irregolarità ed illegittimità, ma sono convinto – scrive Dema – che alla fine del suo calvario verrà assolto perché ha agito per il bene e mai per il male».

    Vicino all’ex primo cittadino di Riace anche Mario Oliverio, che ha affidato a una nota stampa – e una telefonata in privato – la sua solidarietà e stima per quel Lucano che a suo avviso uscirà immacolato dai successivi gradi di giudizio. Campionessa di sintesi, invece, Amalia Bruni. Che ha liquidato l’evento del giorno con 17 parole in totale: «Le sentenze non si commentano, si rispettano. Dispiaciuta dal punto di vista umano, non smetta di combattere».

  • Mimmo Lucano, se questo è un fuorilegge

    Mimmo Lucano, se questo è un fuorilegge

    Finisce sepolto sotto 13 anni e due mesi di reclusione il sogno di Mimmo “il curdo” Lucano. Un sogno fatto di integrazione reale, di solidarietà dal basso, di ricerca della pari dignità tra uomini di terre diverse. Un sogno che si infrange su una sentenza piombata come un asteroide in una terra di frontiera come la Locride, dove gli sbarchi dei disperati in fuga da guerra e fame si susseguono al ritmo di uno ogni due giorni.

    Una condanna pesantissima – praticamente il doppio della richiesta avanzata dai Pm durante la requisitoria – arrivata in coda ad un processo dai tratti vagamente surreali e che, in poco meno di due anni, potrebbe avere posto una pietra tombale su un modello di accoglienza unico nel panorama europeo. Un modello, nato a due passi e in contrapposizione agli slum per immigrati di Rosarno, che era riuscito nel doppio intento di tendere la mano ai migranti e di ripopolare un paese, Riace, che aveva visto i propri abitanti originari, emigrare alla ricerca di lavoro e stabilità. Una sorta di sistema di vasi comunicanti interrotti dall’indagine che ha portato alle condanne di oggi.

    La tarantella in Prefettura

    Alla genesi dell’indagine della Guardia di finanza ci sono una serie di relazioni della Prefettura che, a leggerle, raccontano realtà completamente diverse: tra gennaio e giugno del 2017, sono cinque le ispezioni che si susseguono a Riace inviate dall’allora prefetto Michele Di Bari, il funzionario che durante il suo mandato in riva allo Stretto si fece notare per il numero di comuni commissariati e che, con nomina del governo Conte 1 e in seguito alla inarrestabile chiusura dei progetti Sprar in provincia di Reggio, fu promosso nel 2019 a capo del dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione al ministero dell’Interno, all’epoca sotto la gestione di Matteo Salvini.

    Ed è in quelle relazioni così diverse tra loro che emergono le differenze più marcate sul modello finito sul banco degli imputati. Nella prima relazione consegnata dai funzionari sbarcati a Riace, con gelido linguaggio burocratico, si evidenziano numerose criticità legate ai residenti “a lungo termine”, sulla condizione delle case e sulla gestione del denaro. Una relazione che, nella sostanza, sembra guardare solo all’aspetto burocratico dell’integrazione senza accorgersi della quotidianità “diversa” di Riace e che tra i suoi estensori vedeva anche la presenza di un funzionario, Salvatore Del Giglio, finito invischiato pochi mesi dopo, ironia della sorte, in un’indagine della Procura di Palmi che lo accusava di avere steso una relazione falsa sul progetto Sprar operativo a Varapodio, sul versante tirrenico d’Aspromonte. Sarà questo il documento che darà il via all’inchiesta.

    E se la prima relazione aveva “smontato” il modello Riace, nel maggio del 2017 arrivano nel piccolo borgo jonico altri tre funzionari della Prefettura di Reggio che di quel piccolo paese, tracciano un quadro che sembra venire da un’altra dimensione rispetto a quello precedentemente redatto dalla Prefettura. I funzionari ministeriali girano per il paese, ne respirano il profumo e raccontano di una scuola riaperta che grazie alla nuova linfa dei bambini venuti dal mare era diventata «un miscuglio di razze, dialetti, diademi e treccine» perché, annotano «una scuola senza bambini è la conclusione ingloriosa di un mondo, un universo senza futuro. Riace ora ha la sua scuola, degli insegnanti, dei ragazzi che apprendono».

    Un mondo al contrario

    Scuola che, in seguito alla serrata dei progetti d’accoglienza, ha mestamente richiuso i battenti, costringendo i pochissimi bimbi rimasti in paese a raggiungere l’istituto della Marina, dieci chilometri a valle. E poi le case «umili ma pulite e confortevoli» e le botteghe e le cooperative per la raccolta rifiuti a dorso di mulo, per una realtà che rappresenta «un microcosmo strano e composito che ha inventato un modo di accogliere e investire sul proprio futuro e che ha ricominciato a fare tante cose» per un’esperienza «che è segno distintivo di quelle buone pratiche che possono far parlare bene di questa regione».

    Una relazione che, superando l’aspetto burocratico, raccontava di un paesino minuscolo che splendeva di luce propria, nel deserto sociale ed economico della Locride, finendo per incuriosire intellettuali e artisti, da anni in pellegrinaggio sulle colline dello Jonio reggino per toccare con mano quel mondo al contrario creato nella Calabria degli ultimi. Wim Wenders, per dirne uno, a Riace ci ha girato anche un film. Una relazione che, a leggere il dispositivo della sentenza e in attesa delle motivazioni, sembra non avere rivestito nessun ruolo.

    Il valzer dei processi

    E poi i vari giudizi così diversi che, nel tempo, sono arrivati dai magistrati che si sono occupati dell’affaire Riace. Dai pm di Locri che ipotizzavano l’associazione che «mitizzava l’accoglienza sulle spalle dei migranti», al Giudice per le indagini preliminari che, in prima istanza, disponendo gli arresti domiciliari per Lucano, ridimensionava fortissimamente le accuse, dispensando bordate sulla fragilità delle indagini, passando per il Gup Monteleone, che quelle accuse di associazione a delinquere, abuso d’ufficio, concussione e malversazione le aveva resuscitate rinviando Lucano e altri 26 a giudizio, finendo al Presidente Accursio che, nel disporre il giudizio, raddoppia di fatto, la richiesta di condanna avanzata dalla Procura.

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    I giudici del Tribunale di Locri pronunciano la sentenza di condanna nei confronti di Mimmo Lucano

    E mentre la parola fine, almeno in primo grado, chiude il discorso sul modello Riace, nei 13 anni inflitti a Lucano, finisce anche la carta d’identità che l’ex sindaco rilasciò a un bambino di una manciata di mesi e alla sua mamma: documento senza il quale il bambino non avrebbe potuto accedere alle cure mediche di cui necessitava (cure garantite dalla Costituzione) che per Lucano rappresenta una bandiera, ma che per la giustizia italiana invece, resta solo un illecito amministrativo.

  • VIDEO | E una parte del Pd non dispiaceva a Formisani

    VIDEO | E una parte del Pd non dispiaceva a Formisani

    Con una parte del Pd l’accordo per le elezioni comunali di Cosenza era possibile. Valerio Formisani, il candidato a sindaco più a sinistra di Cosenza, torna su una questione che ha animato il dibattito politico degli ultimi mesi prima del voto. Tutto comincia con il tavolo Miccoli, l’ex commissario provinciale del Pd di Cosenza. Si dimette e torna a Roma.

     

    Miccoli va via e arriva Francesco Boccia a mettere mano alla complicata matassa cosentina e calabrese. Cambiano gli equilibri e tutto il Pd si arrocca sul socialista Franz Caruso. Si interrompe il dialogo con le altre forze del centrosinistra e della sinistra come Formisani. Bianca Rende, ex Pd e Italia Viva, corre da sola. Dopo un iniziale accenno di intesa con Formisani, anche questo percorso si interrompe.

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    La cosa peggiore dei 10 anni di Occhiuto?

    La cosa migliore dei 10 anni di Occhiuto?

    Metro sì, metro no?

    Riapertura di viale Parco: favorevole o contrario?

    Quali sono i sette colli di Cosenza?

    Dove si trova U Tanninu? E contrada Ciomma?

    Nuovo ospedale: dove e perché?

    Città unica Cosenza-Rende: favorevole o contrario?

    Perché vuoi fare il sindaco di Cosenza?

    Le prime tre cose che farai se vinci?

    Se non fossi candidato, chi voteresti?

    Se altri due fossero al ballottaggio, chi voteresti?

    Sei di destra, sinistra o centro?

    Centro storico, qual è la tua proposta più concreta?

    Chi rappresenta di più Cosenza: Telesio, Alarico, Mancini, Totonno Chiappetta, Marulla?

  • VIDEO | Gallo: Noi saremo con la Lega di Giorgetti

    VIDEO | Gallo: Noi saremo con la Lega di Giorgetti

    Il Movimento Noi sarà con Lega di Giorgetti. Lo ha detto espressamente Fabio Gallo, leader della formazione ultracattolica e candidato a sindaco per le prossime elezioni comunali di Cosenza. La genesi di Noi è – per bocca del suo stesso fondatore – sturziana. Sulla scia di quella Dc, guardando a destra. Quindi adesso diventa centrodestra.

     

    Fabio Gallo ci tiene a precisare che non ha mai avuto intenzione di militare nelle file di quello che lui definisce «questo centrodestra», cioè quello dei quadri locali di Forza Italia e Lega. In particolare il Movimento Noi ha espresso, nel corso del tempo, parole dure nei confronti dell’amministrazione comunale guidata da Mario Occhiuto. Ma le forze politiche sono in fermento e i cambiamenti all’orizzonte. E la grande coperta del centrodestra può fornire riparo e ristoro a tutti.

    Le parole di apertura di Fabio Gallo verso la Lega e il centrodestra possono essere lette pure in chiave ballottaggio a Cosenza. Se dovesse arrivarci Francesco Caruso, può riconoscere in Gallo un interlocutore che si è già prenotato.

     

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  • Debito della sanità azzerato, tutti promettono ma Roma dice no

    Debito della sanità azzerato, tutti promettono ma Roma dice no

    Il debito della sanità calabrese? Azzeriamolo. Questa è la parola magica pronunciata in campagna elettorale dalla politica che promette di risolvere il dramma del buco nero del debito, la cui portata reale non è ancora stata interamente quantificata. Comprensibilmente è pure l’argomento cui i calabresi sono maggiormente sensibili, perché qui si decide se ci si può curare oppure no, se si devono cercare altrove centri specializzati e terapie che qui non funzionano.

    Per questo è anche il terreno di gioco dove si consuma la partita più importante, quella in cui si possono vincere oppure perdere le elezioni e l’idea di azzerare il debito della sanità è così suggestiva che finisce per accomunare tutti i candidati. Un desiderio destinato ad infrangersi contro l’ultimo verbale del “Tavolo Adduce”, la commissione che vigila sullo stato dei conti della sanità calabrese. E che spiega impietosamente che ogni ipotesi di stralcio non ha reale fondamento. Il documento evidenzia come «al momento non è stata quantificata l’entità del debito pregresso».

    Annunci da destra…

    Eppure in mille occasioni ogni candidato continua a sostenere la promessa di cancellare il disavanzo. Il primo a sollevare questa ipotesi è stato Roberto Occhiuto, che già nel dicembre del 2020 annunciava trionfante che grazie ad un suo emendamento «di fatto si azzera il debito». In realtà la supposta conquista del candidato della destra è piuttosto una rateizzazione del «debito sanitario diluendolo in 30 anni con un tasso d’interesse del 1,2%». Ma nel gioco delle parole il parlamentare, che ancora non era candidato alla presidenza della Calabria, nel settembre di quell’anno spiegava che «il problema del debito verrà azzerato».

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    Nino Spirlì e Roberto Occhiuto, il ticket che il centrodestra propone per la guida della prossima Giunta regionale

    Sullo stesso fronte nel marzo dello scorso anno il presidente facente funzioni Spirlì proclamava in una delle sue dirette social, ma anche in maniera più ufficiale, di aver avanzato «la richiesta di azzeramento al ministro della Salute Speranza». Il leghista spiegava che tale ipotesi «si poggia sulla constatazione che se non si riparte da zero sarà impossibile poter prevedere nuovi investimenti».

    … E da sinistra

    Ma se credete che il sogno della cancellazione del disavanzo appartenga solo alla destra vi sbagliate: la candidata del centro sinistra, Amalia Bruni, ha in più occasioni affermato la necessità di ricorrere a questa cura, perché «la ricetta necessariamente deve passare dall’annullamento del debito». Sulla stessa linea si è espressa Dalila Nesci, unica calabrese tra i sottosegretari del governo dei Migliori guidato da Draghi. L’esponente dei 5 Stelle, parlando della sanità regionale ha esortato a «lavorare per azzerare il debito». A questo miraggio non si sottrae nemmeno de Magistris, nel cui programma è scritto con chiarezza che si deve ottenere la «fine immediata di ogni commissariamento» e procedere «all’azzeramento del debito sanitario»

    I casi di Reggio e Cosenza

    La proposta dell’azzeramento rivela la misura della distanza tra il meraviglioso mondo della teoria e il severo mondo della realtà. E a marcare questa distanza è la dimensione del debito che gela ogni ipotesi di stralcio. Ma, soprattutto, sono le parole con cui si chiude la relazione del Tavolo Adduce.

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    L’Asp di Cosenza: l’ultimo bilancio consuntivo approvato risale al 2017 e sulla sua attendibilità sussistono parecchi dubbi

    «Con riferimento alla richiesta di costituire gestione stralcio per affrontare la questione del debito pregresso, con particolare riferimento alle ASP di Reggio Calabria e Cosenza, valutano che eventuali modifiche normative che potrebbero rendersi necessarie, dovranno essere valutate una volta definita la quantificazione del debito pregresso». Fuori dalla rigidità del lessico burocratico, vuol dire che non potete stralciare nulla, anche perché non siete stati in grado di dirci a quanto ammonta il debito e soprattutto come coprire l’eventuale azzeramento.

    Roma dice no

    Ma non è finita. La stessa relazione mette sull’avviso che «occorre poi attentamente valutare eventuali proposte normative che potrebbero generare effetti emulativi e ricadute in termini di finanza pubblica nel breve e nel lungo periodo, dopo un lavoro di risanamento dei conti del SSN che ha richiesto impegno pluriennale da parte di tutte le regioni». Tradotto in soldoni significa che le altre regioni che stanno affrontando piani di rientro con successo e sacrifici, potrebbero esigere di azzerare anch’esse il debito residuo.

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    La sede del Ministero della Salute

    E in conclusione di tutto ciò, lapidariamente si afferma che «pertanto la proposta di una gestione stralcio per il debito pregresso, per le motivazioni su esposte, non si ritiene percorribile». Se qualcuno pensava di risolvere la questione con un fantasioso scurdammoce ‘o passato, si è sbagliato alla grande.

  • VIDEO | Chi ha tradito davvero le idee di Giacomo Mancini?

    VIDEO | Chi ha tradito davvero le idee di Giacomo Mancini?

    Tutti si sentono eredi di Giacomo Mancini. E addirittura c’è chi lo scrive sui manifesti. Una delle storie più divertenti che animano la campagna elettorale per le comunali a Cosenza è quella di Francesco Civitelli, candidato a sindaco di Cosenza. Ha tappezzato la città con i suo manifesti, dove compare la sua immagine e quella del leone socialista. E un testo che non richiede troppe interpretazioni: “Il mio nome, le tue idee”.

    Apriti cielo. Coro di indignazione per lesa maestà da parte della intellighenzia socialista cosentina. Sul punto è intervenuto pure il nipote di Giacomo Mancini, rivendicando l’eredità politica, a suo dire, indebitamente sottratta da tanti, compreso il Civitelli.

     

     

    Civitelli viene da una famiglia di sinistra, ma adesso ritiene opportuno superare la politica delle contrapposizioni tra partiti per un civismo popolare. Alle Regionali manifesta il suo sostegno a Luigi de Magistris. A suo avviso osteggiato anche dal centrosinistra che farebbe parte del sistema.

    In merito alla affermazioni di Giacomo Mancini jr sui suoi manifesti elettorali Civitelli ha espresso parole dure. Senza sconti e senza briglie.

     

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