Tag: politica

  • Rende succursale di Cosenza? Malara non conosce la storia

    Rende succursale di Cosenza? Malara non conosce la storia

    L’architetto Empio Malara ci intenerisce. Non riesce proprio a rassegnarsi che l’attuale disegno urbano di Rende non corrisponde alle previsioni del PRG da lui redatto alla fine degli anni ‘60 del secolo scorso. Lo abbiamo dimostrato per tabulas in Consiglio comunale indicando più di cento opere da noi successivamente realizzate, non previste dal Piano Malara. Opere che hanno dato alla città l’attuale volto. Del resto, lo stesso architetto ammette di aver terminato la collaborazione con il comune di Rende a metà degli anni ‘80, ben 37 anni fa.

    La Rende di Malara e quella dopo di lui

    Ne è passata acqua sotto i ponti dell’Emoli e del Surdo. Seguire il Piano Malara avrebbe significato fermare la storia della nostra comunità a 60 anni fa. Quanto ai marciapiedi di Quattromiglia, Malara cerca il pelo nell’uovo e non lo trova, poi mangia l’uovo e il pelo gli rimane tra i denti. I limiti di alcuni tratti dei marciapiedi di Quattromiglia sono proprio figli della città di passaggio che lui aveva pensato, limiti che in quella zona abbiamo cercato di superare con la realizzazione della piazza pedonale “Santo Sergio” e con gli ampi marciapiedi del “Colosseo”.

    Ed, infatti, in altre zone della città, nate per trasformare Rende da tessuto urbano di passaggio in città di sosta, abbiamo realizzato marciapiedi larghissimi facendo ciò di cui Malara si è reso conto con un ritardo di oltre 50 anni (zona Metropolis, Roges, via F.lli Bandiera, piazza Matteotti, via Rossini, piazza Green etc. , interventi tutti fatti dai riformisti prima dell’avvento di Manna).

    Sì alla Città unica, no alle fusioni a freddo

    Quanto al progetto di Città unica, ripetiamo per l’ennesima volta che noi siamo per la Città Unica, ma non per una fusione a freddo e dopo aver sperimentato la gestione unitaria dei servizi più importanti, utilizzando le forme giuridiche che la legge consente.
    Certamente, ci opporremo con tutte le nostre forze ad una annessione pura e semplice, come vorrebbe Malara che scandalosamente, impudentemente e provocatoriamente parla di «accresciuta città di Cosenza» riferendosi all’unificazione dei tre comuni, senza Montalto Uffugo come, a nostro avviso, dovrà avvenire.

    Malara? Offensivo con Rende

    Malara, infine, parla in uno modo oggettivamente offensivo di Rende, ignorandone evidentemente la storia. Il libro La storia di Rende, di padre Fedele Fonte, era già in libreria mentre Malara e Larini confezionavano il PRG per fare di Rende una periferia, ma, certamente, l’architetto quel libro non lo ha letto, ignorando che la scienza urbanistica non può prescindere dalla storia.

    Mariapia Galasso
    Segretario Federazione Riformista di Rende
    Clelio Gelsomino
    Presidente Federazione Riformista di Rende
    Fabio Liparoti
    Vice segretario Federazione Riformista di Rende

  • Giustizia: tutti i referendum, quesito per quesito

    Giustizia: tutti i referendum, quesito per quesito

    [responsivevoice_button voice=”Italian Male” buttontext=”ASCOLTA L’ARTICOLO”]

    Per i radicali, in prima fila da sempre, i referendum sulla giustizia non sono proprio una novità.
    Tuttavia, ora c’è un elemento politico inedito: la convergenza della Lega, che ha sostenuto la raccolta delle firme per i quesiti,
    Ancora: rispetto agli anni ’80 l’opinione pubblica è mutata profondamente.
    Non c’è più l’effetto choc della vicenda di Enzo Tortora.

    Enzo Tortora, l’uomo simbolo dei referendum sulla giustizia

    In compenso, le recenti controversie sull’Ordine giudiziario hanno avuto una fortissima esposizione mediatica. Testimoniata, tra l’altro, dal successo dei libri dell’ex capo dell’Associazione nazionale magistrati Luca Palamara e da Alessandro Sallusti, direttore di Libero.
    I cittadini dovranno votare i cinque quesiti sulla giustizia approvati dalla Corte Costituzionale lo scorso 22 febbraio.
    Cosa accadrà se vinceranno i sì?

    Referendum Giustizia vs riforma Cartabia

    Prima di procedere, occorre chiarire un passaggio: in caso di vittoria dei sì, il sistema della giustizia subirà comunque delle modifiche incisive.
    Tuttavia, il Parlamento e il governo sono già all’opera su un progetto di riforma complessiva della giustizia (la riforma Cartabia).
    Come si rapporta questo progetto coi quesiti referendari?

    La ministra della Giustizia Marta Cartabia, impegnata nella riforma della Giustizia

    In alcuni casi, la riforma ignora i problemi posti dai quesiti. In altri, li affronta ma con minore durezza e solo in uno replica la richiesta dei referendari.
    Vediamo come.

    Primo quesito: incandidabilità (scheda rossa)

    La scheda rossa affronta in maniera diretta i rapporti tra magistratura, politica e pubbliche amministrazioni.
    Il quesito mira all’abolizione delle norme che vietano di candidarsi o, se eletti, di restare in carica (o comunque continuare a ricoprire incarichi pubblici) ai condannati in via definitiva per gravi reati dolosi.
    Inoltre, si propone di abolire la sospensione dagli incarichi pubblici prevista nei confronti dei condannati in primo grado per i medesimi reati.
    Che succede se vince il sì?
    In questo caso, decadenza, incandidabilità e sospensione non avverrebbero più “in automatico”, ma sarebbero decise dal giudice caso per caso.

    Scheda del primo quesito referendario: l’incandidabilità

    I sostenitori del sì citano soprattutto i casi (a dire il vero non pochi) di amministratori locali condannati, quindi sospesi, in primo grado e poi prosciolti nei livelli successivi.
    I sostenitori del no, al contrario ventilano il pericolo che i condannati per gravi reati, soprattutto di mafia, continuino a fare politica.
    Il problema reale, forse, è dato dal “caso per caso”. Ovvero, dalla discrezionalità lasciata nelle mani del giudice.
    Comunque, in caso di vittoria del sì non resterebbe il vuoto perché il codice penale, prevede per vari reati l’interdizione dai pubblici uffici.
    Sull’argomento la riforma Cartabia non prevede niente.

    Secondo quesito: limiti alle misure cautelari (scheda arancione)

    La proposta incide sui rapporti tra magistratura e cittadini indagati.
    A questi le misure cautelari si applicano in tre casi, disciplinati dal Codice di procedura penale: pericolo di fuga, alterazione delle prove e ripetizione del reato.
    Se vince il sì, sarà eliminata l’ipotesi di ripetizione del reato.
    I referendari mirano, con il quesito, a eliminare gli abusi nell’applicazione delle misure cautelari, soprattutto della carcerazione preventiva.
    I sostenitori del no, invece, citano alcuni reati costituiti da comportamenti ripetuti: stalking ed estorsione, per esempio, o alcune forme di truffa.

     

    Scheda del secondo quesito: le misure cautelari

    Il tentativo di riforma, comunque, si legittima su un dato numerico forte: negli ultimi trent’anni circa trentamila cittadini sono stati sottoposti ingiustamente a misure cautelari. E tutt’oggi un terzo dei detenuti è tale perché in attesa di giudizio.
    Anche su quest’argomento la riforma Cartabia tace.

    Terzo quesito: separazione delle carriere (scheda gialla)

    La separazione delle carriere è un altro cavallo di battaglia dei radicali.
    Se vince il sì, i magistrati non potranno più passare dai ruoli inquirenti a quelli giudicanti. Dovranno scegliere all’inizio della carriera se fare i pm o i giudici.
    I sostenitori del quesito sostengono che la carriera bloccata in un ruolo sia una garanzia di imparzialità.
    I sostenitori del no temono, invece, che i pm finiscano sotto il controllo diretto del Ministero della Giustizia.
    Attualmente, un magistrato può cambiare ruolo fino a quattro volte nella propria carriera.
    La riforma Cartabia va nella stessa direzione del quesito ma è leggermente più morbida, perché consente un solo passaggio.

    referendum-giustizia-cosa-cambia-e-come-si-vota-quesito-quesito
    Scheda del terzo quesito: separazione delle carriere

    Quarto quesito: chi valuta i magistrati? (scheda grigia)

    La legge, attualmente, prevede che i magistrati siano valutati ogni quattro anni da consigli giudiziari costituiti presso tutte le corti di appello.
    I pareri dei consigli devono essere motivati ma non sono vincolanti.
    I consigli, inoltre, sono costituiti da tre categorie di giuristi: magistrati, avvocati e docenti universitari. Al momento, solo i magistrati possono valutare i loro colleghi.
    Se vince il sì, anche avvocati e accademici potranno valutare i magistrati.
    I difensori del sì considerano il quesito una misura anticasta.

    referendum-giustizia-cosa-cambia-e-come-si-vota-quesito-quesito
    Scheda del quarto quesito: valutazione dei magistrati

    I sostenitori del no, al contrario, temono che i membri laici, soprattutto gli avvocati, facciano pesare nelle valutazioni i propri pregiudizi professionali. O, peggio ancora, che i magistrati possano essere influenzati nel loro operato dal fatto di essere valutati da avvocati.
    Anche in questo caso, la riforma Cartabia va nella stessa direzione, ma un po’ meno: estende la valutazione ai soli avvocati.

    Quinto quesito: elezioni del Csm (scheda verde)

    Con questa proposta, i referendari vorrebbero limitare il potere delle correnti.
    La legge, al momento, prevede che i magistrati che vogliono candidarsi al Consiglio superiore della magistratura devono raccogliere almeno venticinque firme dei loro colleghi.
    Se vince il sì, quest’obbligo viene meno.

    referendum-giustizia-cosa-cambia-e-come-si-vota-quesito-quesito
    Scheda del quinto quesito: candidature al Csm

    I sostenitori del quesito sono convinti, in tal modo, di eliminare gli accordi politici e i negoziati che accompagnano, di solito, le candidature al Csm.
    I sostenitori del no reputano che il quinto quesito non cambi di molto la situazione o non considerano le correnti quel gran male.
    La riforma Cartabia prevede la stessa cosa.

  • Civismo addio: ora Voce se la fa con gli azzurri

    Civismo addio: ora Voce se la fa con gli azzurri

    [responsivevoice_button voice=”Italian Male” buttontext=”ASCOLTA L’ARTICOLO”]

    Dio è morto, Marx è morto e anche il civismo non si sente molto bene. Il riadattamento della celebre battuta aiuta a comprendere il declino del civismo calabrese.
    Il civismo è riesumato ad ogni campagna elettorale, comunale e regionale, come un “valore aggiunto”. Ma, alla prova dei fatti, quasi inesistente dato che nei momenti di bisogno (o di difficoltà) è proprio ai partiti che ci si appiglia.
    È il caso di Crotone, dove Vincenzo Voce, unico sindaco espressione del movimento Tesoro Calabria di Carlo Tansi, ha visto sgretolarsi tra le mani la maggioranza civica che lo ha portato alla vittoria poco più di un anno e mezzo fa. E che gli garantiva 21 voti sui 11 della minoranza.

    Vincenzo Voci in Consiglio comunale

    Crotone: collassa la maggioranza di Voce

    Nel settembre 2020 furono quattro le liste a sostegno di Voce: Tesoro Calabria, Crotone Cambia, Città Libera e Stanchi dei soliti. L’aspirante sindaco incassò anche il sostegno di Elisabetta Barbuto, la parlamentare più ricca della Calabria in quota M5S, e della collega senatrice Margherita Corrado. La cosa provocò una spaccatura tra i grillini, che si presentavano ufficialmente come rivali dei tansiani.
    Anche la coalizione civica scricchiolò da subito.

    La senatrice grillina Elisabetta Barbuto

    I tansiani si dividono: Tesoro Crotone resta con Voce

    Tesoro Calabria si scisse immediatamente formando un secondo gruppo: Tesoro Crotone. Al suo interno la consigliera Paola Liguori, a capitanarlo invece Dalila Venneri.

    Venneri si candidò alle scorse Regionali con Luigi De Magistris, facendo nascere in consiglio regionale a febbraio il monogruppo De Magistris Presidente, con tanto di benedizione dello stesso ex pm e del consigliere regionale Antonio Lo Schiavo. Entrambi i gruppi sono rimasti in maggioranza.

    La ex tansiana (poi demagistristiana) Dalila Venneri

    Spuntano i renziani

    La consigliera comunale Giada Vrenna, eletta con Crotone Cambia, invece, ha costituito il monogruppo di Italia Viva. «Manifesto il mio entusiasmo nell’aderire e costituire il gruppo di Italia viva in seno al Consiglio comunale della mia città. Ho visto nel partito di Matteo Renzi lo strumento migliore per mettere la persona al centro dell’azione politica»: così dichiarò Vrenna pochi mesi dopo le elezioni. Ma restò in maggioranza, tra lo sconcerto di colleghi reduci da una campagna elettorale giocata contro i partiti.

    Giada Vrenna, dal civismo alla corte di Renzi

    Ex tansiani all’opposizione

    Poi ci sono quattro eletti con Tesoro Calabria: Anna Maria Cantafora, Salvo Riga, Vincenzo Familiari e Nicola Corigliano. Questi hanno costituito il gruppo Un’altra Crotone due mesi fa. Nell’occasione hanno dichiarato: «Non è andata come pensavamo, non abbiamo saputo spenderci per la nostra città perché Tesoro Calabria è solo il gruppo autoreferenziale di Carlo Tansi».
    Non finisce qui: gli ex tansiani si son recentemente collocati all’opposizione assieme a Fabrizio Meo e Carmen Giancotti (che lo hanno fatto fin dalle prime sedute dell’assise pitagorica pur non cambiando gruppo). Il tutto con stoccate a mezzo stampa nei confronti del sindaco. L’ultima è quella di Cantafora. La quale, ha chiesto l’azzeramento della Giunta (dopo il mini rimpasto dello scorso febbraio col siluramento dell’ingegnere Ilario Sorgiovanni, vicino alla Barbuto) e ha provocato la risposta stizzita di Enzo Voce.

    crotone-voce-cerca-soccorso-azzurri-dopo-crollo-civismo
    Anna Maria Cantafora, ex tansiana e ora oppositrice

    Voce s’arrabbia

    Voce ha replicato così: «Il sindaco, gentile consigliera Cantafora non accetta ultimatum, anzi penultimatum. Perchè di questo si tratta: un penultimatum per sondare il terreno, a discapito dell’interesse dei cittadini ma supportato solo da interessi di natura personali. Un penultimatum che non ha nessuna base politica. Il conto alla rovescia non è iniziato, gentile consigliera Cantafora. È già finito»

    Niente soccorso rosso…

    In vista delle Provinciali, Voce si era avvicinato al Partito democratico. Tant’è che si candidò alla presidenza della Provincia con la lista Per il Territorio, costituita tutta da dem (l’unico eletto di quella lista, il cirotano Giuseppe Dell’Aquila, ha infatti costituito il gruppo Pd nella provincia di Crotone). Peccato che proprio alcuni sindaci e amministratori di riferimento del Pd in quell’occasione votarono a destra, tentando il delitto (politico) perfetto nei confronti di Voce.
    Il sindaco, invece, è apparso rafforzato nel post-provinciali lo scorso dicembre. Ma ora, dopo la frattura definitiva con i quattro di Tesoro Calabria, Carlo Tansi, ha dichiarato sui social: «Se qualche traditore farà cadere il sindaco Enzo Voce, avrà la responsabilità di aver riconsegnato Crotone alla ’ndrangheta prima dell’arrivo della valanga di soldi PNRR».

    … Ma arriva quello azzurro

    Ora, però, è emerso sulla scena pitagorica l’ingresso in maggioranza di Forza Italia, con il placet del deputato Sergio Torromino e della consigliera regionale Valeria Fedele.

    crotone-voce-cerca-soccorso-azzurri-dopo-crollo-civismo
    Sergio Torromino, il manovratore azzurro

    Stando a rumors insistenti e alla luce delle riunioni dirette da Mario Megna coordinatore cittadino di Forza Italia (e portaborse della Fedele), un gruppetto di consiglieri sarebbe pronto a fare da “stampella” a Voce. Va da sé, in maniera “organica”, cioè in cambio di poltrone.
    Megna ha trascorsi movimentati: ex vicesindaco del Pd ed ex consigliere cicontiano espressione di Svolta democratica (ancora prima dell’Idv e del Pdm), è oggi presidente della Commissione trasparenza del Comune.

    Totopoltrone e gettoni per Forza Italia

    Megna bramerebbe la poltrona di presidente del Consiglio. Mentre Fabiola Marrelli e Carmen Giancotti, si contenderebbero l’assessorato alle Politiche sociali al posto della traballante Filly Pollinzi.
    Se si tiene conto che l’indennità del presidente del Consiglio è passata da gennaio a 5.120 euro lordi, mentre quella di assessore a 4.096 euro lordi, si capisce che queste postazioni sono ambite.

    crotone-voce-cerca-soccorso-azzurri-dopo-crollo-civismo
    Mario Megna

    Li seguirebbero anche Antonio Manica, fedelissimo di Torromino, e Andrea Tesoriere, vicino a Roberto Occhiuto (il padre, Ottavio Tesoriere, è stato candidato alle ultime regionali con Forza Azzurri), già protagonista di un documento di sfiducia a Voce naufragato mesi fa.

    Poche idee, ma confuse

    Piccolo particolare: Fabiola Marrelli aveva diramato giusto sei mesi fa una nota stampa in cui si indignava per gli «avvicinamenti per entrare in maggioranza». Più di recente, invece, la consigliera ha dichiarato in una intervista al Quotidiano Del Sud: «Oggi il Comune un commissariamento non se lo può permettere». Ma una settimana prima aveva firmato una nota in cui diceva: «Noi come forze di opposizione moderate, popolari e liberali non possiamo che essere consequenziali. La città merita un nuovo inizio». Insomma, molta confusione.

    crotone-voce-cerca-soccorso-azzurri-dopo-crollo-civismo
    Fabiola Marrelli

    Tansi e De Magistris masticano amaro

    Luigi De Magistris e Carlo Tansi, che hanno i propri rappresentanti nel Consiglio di Crotone, faticano a “digerire” questa degenerazione del civismo.
    Tansi, interpellato da I Calabresi, alla richiesta di una dichiarazione sull’allargamento della maggioranza civica di Crotone a Forza Italia ha risposto: «Preferisco di no. La situazione è molto delicata». Più netto, il consigliere regionale di De Magistris Presidente ha risposto: «Meglio di no». Nessuna risposta da Luigi de Magistris. Il deputato forzista Sergio Torromino è pronto ad intestarsi politicamente il cambio di colore dell’amministrazione Voce. Con la più classica delle scuse: il «bene della città».

  • Rende senza Cosenza è soltanto un paese

    Rende senza Cosenza è soltanto un paese

    Sono orgoglioso di essere “cittadino onorario” di Rende, di aver ricevuto da parte dell’Amministrazione e dal sindaco Marcello Manna un così importante attestato di stima per il mio contributo nel disegno della città, per avere svolto il ruolo di urbanista condotto di Rende dalla metà degli anni sessanta alla metà degli anni ottanta del secolo scorso.

    Per mettere in chiaro il mio pensiero e contribuire ad affrontare la complessa realtà di Rende – l’unico vero giardino nel quale posso coltivare pensieri alti – è doveroso da parte mia affermare decisamente le mie valutazioni urbanistiche per migliorare gradualmente la città e favorire autentiche relazioni con Cosenza, la città dove sono nato. (Quanti cittadini di Rende sono nati a Cosenza?).

    rende-senza-cosenza-restera-soltanto-un-paese
    L’urbanista Empio Malara

    Rende? Una città che si giudica dai suoi marciapiedi

    Un esercizio che ogni abitante può compiere a Rende, nella città definita di sosta, è di passeggiare e ammirare le vetrine dei negozi. Peccato che a Rende e in particolare nella frazione di Quattromiglia – il quartiere più vicino all’Università – la maggior parte dei marciapiedi siano risicati, sconnessi, con pavimentazioni una diversa dall’altra. A ben guardare pochi sono i tratti di larghi marciapiedi che meritano di essere catalogati come tali. Se Rende la si potrà definire città di sosta dipenderà dall’amministrazione comunale se riuscirà a promuovere, di concerto con i proprietari degli immobili, quartiere dopo quartiere, frazione dopo frazione, il ridisegno dei marciapiedi: una città si giudica anche camminando sui suoi marciapiedi.

    rende-senza-cosenza-restera-soltanto-un-paese
    Franz Caruso e Marcello Manna, sindaci rispettivamente di Cosenza e Rende

    Le relazioni funzionali tra Rende e Cosenza

    Passando ora alle relazioni con Cosenza mi riferisco alle strategie territoriali intuibili leggendo le fredde zonizzazioni dei piani di Cosenza e Rende del 1974. Come giustamente ricordato da Francesco Forte nel suo saggio sulla grande Cosenza (2015), esse segnalavano già il rafforzamento delle relazioni funzionali tra Cosenza e Rende. Le varianti successive non ne hanno alterato il contenuto. La città reale e gli impeti edilizi auspicavano e auspicano politiche convergenti e l’attuale iniziativa del sindaco di Cosenza, Franz Caruso, con l’adesione del sindaco di Rende, Marcello Manna e del sindaco di Castrolibero, Giovanni Greco, merita di essere sostenuta e seguita con molto interesse.

    La programmazione culturale con Pina e gli altri

    In particolare suscita attese la programmazione coordinata degli eventi culturali da parte dei responsabili dei tre Comuni con la partecipazione del delegato all’area urbana di Cosenza Pina Incarnato. C’è bisogno di nuove politiche culturali e urbanistiche, innanzitutto coerenti, e idonee a rigenerare e sostenere la vitalità e la creatività dei magneti urbani di città Alta di Cosenza e dell’Università della Calabria per realizzare gradualmente l’unione tra Cosenza, Rende e Castrolibero.

    Rende senza Cosenza non è una città

    Per essere chiaro, a mio avviso, la questione di fondo che interessa Rende è tutto sommato semplice, se vuole diventare città, una vera città, deve coniugarsi con Cosenza, altrimenti, nonostante l’impegno delle Amministrazioni, resterà un paese della provincia di Cosenza. La creazione dell’organismo di pianificazione strategico ed integrato di funzioni e servizi nell’ambito territoriale, promosso da Franz Caruso, può essere un primo gradino di una breve scala unificatrice che gli Amministratori di Rende e Castrolibero dovrebbero apprezzare e volgere a favore dell’unificazione a tutto vantaggio degli abitanti dei tre Comuni.

    Cosenza vecchia centro propulsivo

    Rende e Castrolibero sono di fatto entrambi “cosentini”. Entrambi se unificati a Cosenza potrebbero essere parti significative della più estesa città, avendo in comune il patrimonio da rivitalizzare di Cosenza vecchia (la loro antica capitale) e l’Università della Calabria da sostenere e incrementare. I bandi del contratto istituzionale di sviluppo del centro storico di Cosenza per il restauro e la riqualificazione paesaggistica dell’antica capitale sono stati tutti emessi. Il percorso di investimento e rigenerazione culturale è iniziato e può essere alimentato oltre che dallo Stato, dalla Regione Calabria, dalle amministrazioni comunali e dai privati.

    rende-senza-cosenza-restera-soltanto-un-paese
    L’Università della Calabria e, sullo sfondo, Cosenza, Rende e i monti della Sila

    Una città unica che vale 100mila abitanti

    Se si farà l’unificazione dei tre Comuni, l’accresciuta città di Cosenza, con più di 100mila abitanti, potrà provvedere con maggiore forza a valorizzare il più integro insediamento storico della Regione Calabria ereditato dal passato, e potrà con maggiori motivazioni coinvolgere l’Università della Calabria a partecipare attivamente alla crescita culturale della rinnovata città di Cosenza senza trascurare il vantaggio di risiedere nel territorio della città a cui l’università era stata assegnata.

    Cosenza potrebbe essere capitale culturale ed economica della Calabria

    Se si farà l’unificazione, la città di Cosenza potrà affrontare il compito di definire i rapporti con i Comuni dell’intorno circolare, con quelli a forte valenza turistica (mari e Sila) e con le città delle Regioni confinanti della sua provincia. Rapporti necessari e utili per ambire al traguardo di capitale culturale ed economica della regione.

    Empio Malara

    architetto e urbanista

  • In Calabria arrivano i taser, ma è una buona notizia o no?

    In Calabria arrivano i taser, ma è una buona notizia o no?

    [responsivevoice_button voice=”Italian Male” buttontext=”ASCOLTA L’ARTICOLO”]

    Nella fondina di poliziotti, carabinieri e finanzieri calabresi potreste notare qualcosa di diverso. Un’arma in più: delle grosse pistole gialle, che possono sparare due elettrodi collocati su dei piccoli dardi. Al momento dell’impatto, i muscoli del soggetto colpito si contraggono, impedendone i movimenti per qualche secondo.

    Dal 6 giugno, il taser è a disposizione – in un numero limitato – delle forze dell’ordine di Gioia Tauro, Tropea, Cirò Marina, Soverato, Roccella Ionica, Paola e Sellia Marina.
    Non sono i primi agenti ad averlo. Già dal 23 maggio, i taser sono entrati a far parte dell’equipaggiamento dei loro colleghi di Catanzaro, Cosenza e Locri. E dal 31 maggio, il governo ha autorizzato la sua distribuzione alle forze di polizia di Crotone, Corigliano-Rossano, Vibo Valentia, Lamezia Terme, Melito di Porto Salvo e Rende.

    Queste pistole vengono viste soprattutto come un buon deterrente verso i violenti: secondo i sostenitori e le aziende che le producono, contribuiscono ad aumentare la sicurezza degli agenti e dei civili.
    Tra entusiasmi e sbrodolamenti, quello che manca è un dibattito serio ed informato sulla questione. I taser sono armi non letali, ma non sono esenti da rischi per l’incolumità delle persone che subiscono la scossa.

    Le prove balistiche finite male

    Le pistole ad impulsi elettrici sono comunemente note come taser a causa del principale player sul mercato.
    La Taser International è stata l’azienda più nota per la produzione di queste armi. Esiste ancora, ma ha cambiato nome in Axon nel 2017. Ed è proprio lei a fornire l’arma agli agenti italiani.
    La sperimentazione del taser a livello nazionale ha avuto una storia complicata. Se n’è parlato per la prima volta nel 2014, con Angelino Alfano come ministro dell’Interno e Matteo Renzi Presidente del Consiglio. Con la conversione in legge del decreto Stadi, venne autorizzata la prima sperimentazione.

    salvini-taser
    L’allora ministro Salvini al centro nazionale di specializzazione e perfezionamento al tiro VIII Reparto Mobile

    Ma è nel 2018, con Salvini al Viminale, che l’iter è partito per davvero. L’acquisto dei taser era stato inserito persino nel contratto di governo tra Lega e Movimento 5 Stelle, per la formazione del Conte I. A luglio di quell’anno, 30 taser sono stati distribuiti alle forze dell’ordine di 11 città, per iniziare la sperimentazione.

    https://www.facebook.com/salviniofficial/videos/348241469201928

    Il 21 luglio 2020 arriva il primo stop. Le prove balistiche non sono andate bene. I dardi non avrebbero avuto la giusta precisione, e tendevano a staccarsi dal cavo elettrico. Problematiche che mettevano a repentaglio l’incolumità dei civili e degli agenti.
    Ai tempi, il dipartimento della polizia di Stato aveva spiegato in una nota che «sono state riscontrate delle criticità relative alla fuoriuscita dei dardi, che hanno dato risultanze non conformi alle previsioni del Capitolato tecnico». Una circolare del ministero ordina il ritiro dei dispositivi già dati agli agenti. Axon aveva protestato molto, ritenendo le sue armi conformi alle specifiche tecniche del bando di gara.

    Il 23 febbraio 2021, l’ex Taser International viene esclusa da un nuovo bando. Oltre ai già noti problemi tecnici, emersero nuove criticità, secondo quanto riportato da L’Espresso: dalle fondine sbagliate, alla mancanza di istruzioni in italiano.
    Il giorno dopo è il Viminale a sbloccare la situazione. Invece di istituire un nuovo bando, si sceglie una procedura negoziata: sarà l’offerta economica più vantaggiosa ad essere decisiva. Partecipano le tre aziende che hanno partecipato ai bandi precedenti, ma è di nuovo Axon ad avere la meglio.

     

    taser-axon
    Una schermata del sito della Axon

    Il taser è uno strumento sicuro?

    Il mese dopo arriva l’acquisto di 4.482 pistole TX2 della Axon per la sperimentazione in 14 città metropolitane. Tra queste c’è Reggio Calabria, il primo centro calabrese in cui Polizia, Carabinieri e Guardia di Finanza hanno i taser in dotazione.
    A parte il Silp, che ha denunciato la troppa fretta nell’implementare i taser, la maggior parte dei sindacati di polizia hanno espresso la loro soddisfazione.

    In Calabria, Gianfranco Morabito, segretario provinciale del Sindacato Italiano Unitario Lavoratori Polizia (Siulp) a Catanzaro, ha accolto favorevolmente la cosa: «L’utilizzo e la distribuzione di tale dispositivo eviterà il rischio del contatto diretto con l’antagonista fuori controllo, inibendone la furia aggressiva e dando il tempo necessario a contenerlo». Sulla stessa falsariga la reazione di Sergio Riga, segretario provinciale del Sap di Catanzaro.

    La destra canta vittoria

    Sia a livello locale che nazionale, è stata soprattutto la destra a cantare vittoria. Domenico Furgiuele, deputato calabrese della Lega, lo ha definito «uno strumento di non violenza che ha dato ottimi risultati».
    Come ha spiegato il sottosegretario Molteni, «l’utilizzo operativo del taser è stato avviato lo scorso 14 marzo e sta seguendo un cronoprogramma serrato», compreso della formazione degli agenti.

    molteni-salvini
    Molteni e Salvini

    L’intenzione è quella di estendere la dotazione a tutti i reparti delle forze dell’ordine «uno strumento indispensabile per tutelare l’incolumità e la sicurezza degli operatori delle forze di polizia, un’arma di difesa e non di offesa, di sicurezza e non di violenza, un deterrente straordinario per i nostri agenti di polizia».
    Quello che non emerge spesso nel dibattito è quanto il taser sia rischioso per chi lo subisce. Nonostante i proclami sulla sicurezza, “non letale” non significa priva di rischi.

    Eccessi di violenza

    Nel 2007, una commissione dell’ONU li aveva equiparati a strumenti di tortura, che violano la Convenzione contro la Tortura delle Nazioni Unite. Un modello diverso da quello attualmente in dotazione in Italia.
    Negli anni, sono molte le voci che si sono alzate contro queste armi, dalle associazioni, ai centri di ricerca, fino alle redazioni di alcuni giornali, che con il loro lavoro hanno documentato i dubbi, gli incidenti, le morti sospette.

    Uno degli aspetti messo più in risalto dagli attivisti è che la pistola ad impulsi elettrici renderebbe le forze dell’ordine più propense ad utilizzarla quando non ce ne sarebbe il bisogno. «Proprio per la sua minore letalità può essere usata con eccesso di disinvoltura», spiegava ad Huffpost Riccardo Noury, portavoce italiano di Amnesty International.

    Quella disinvoltura che ha spinto Alex Galizzi, consigliere leghista della Regione Lombardia, a provarlo su sé stesso.
    Nel video, Galizzi dice convinto: «Non è un’arma». Ma non è vero. Per la legislazione italiana, infatti, è un’arma propria, soggetta alla regolamentazione sulle armi. Questo vuol dire che solo chi ha un porto d’armi può acquistarla, e non può essere portata in giro per strada.

    Tutto quello che non sappiamo sui taser

    È difficile dire che si è fatto tutto con la massima sicurezza possibile, come fa il sottosegretario Molteni, quando non esistono nemmeno studi scientifici e clinici sui pericoli delle scosse elettriche dei taser sulle persone.
    Come ha evidenziato uno studio portato avanti dal Dipartimento di Igiene e Sanità Pubblica dell’Università della Sapienza, a Roma, è stata la stessa Axon a commissionare più della metà delle ricerche. Un enorme problema di conflitto di interesse.

    sapienza-ingresso
    La Sapienza di Roma

    Sappiamo però che ci sono dei rischi. Le scariche del taser possono causare aritmia cardiaca a delle persone sane.
    Anche in questo caso, però, sono i soggetti più fragili ad avere la peggio, e ad essere più esposti a rischio di arresto cardiaco e di una possibile morte improvvisa.
    In particolare, a rischiare di più sarebbero i cardiopatici, le persone che fanno uso di droghe, o chi si sottopone a sforzi fisici prolungati (ad esempio, come chi scappa da un inseguimento della polizia). Inoltre, i pacemaker rischiano di subire delle interferenze.

    Arma letale

    Infine, la mortalità. Nel 2019, un’inchiesta di Reuters aveva svelato un dato allarmante: 1081 americani sarebbero morti tra il 1983 al 2018 a causa delle scariche dei taser della polizia. La maggior parte sono morti nei primi anni 2000. A subire le conseguenze sono state soprattutto le comunità afroamericane.

    Uno studio del Criminal Justice Service della Standford University era arrivato alla conclusione che la maggior parte della popolazione non poteva essere soggetta alle scariche del Taser. L’arma può essere usata in sicurezza solo «su individui in salute che non sono sotto l’effetto di droga e alcol, non sono in stato di gravidanza e non soffrono di disturbi mentali, a patto che il soggetto riceva una scossa standard della durata di cinque secondi su una delle aree del corpo approvate».
    Condizioni che un agente non può di certo garantire in situazioni di emergenza.

  • [VIDEO] Uffici vuoti a Bruxelles, ma la Regione Calabria paga lo stesso

    [VIDEO] Uffici vuoti a Bruxelles, ma la Regione Calabria paga lo stesso

    [responsivevoice_button voice=”Italian Male” buttontext=”ASCOLTA L’ARTICOLO”]

    Nessuno probabilmente se n’è accorto ma il bergamotto, che è certamente un prodotto DOP (denominazione di origine protetta), da maggio 2019 è diventato anche DOT, di origine toscana.

    CLICCA SULL’IMMAGINE IN APERTURA PER GUARDARE IL VIDEO

    Al numero 14 di Rond Point Schuman – nel cuore del quartiere Ue di Bruxelles – si trova l’edificio dove hanno sede molti enti e uffici di rappresentanza delle Regioni italiane. Ed è stata proprio la Regione Toscana a concedere alle associazioni Profumi di Calabria e Calabresi in Europa, la grande sala convegni all’ottavo piano dello stabile. La sala utilizzata per un evento di promozione del bergamotto.

    La Regione Calabria a Bruxelles

    Eppure la Regione Calabria a Bruxelles ha un suo spazio nello stesso edificio e continua a pagare un consistente canone di locazione per i suoi uffici. Non li usa e non si fa vedere lì da tempo.

    Di recente anche I Calabresi ha provato a visitare la sede. Ma chi lavora lì ci ha confermato che quegli spazi sono chiusi e inattivi da diverso tempo. Una vicenda che restituisce il mancato legame della Calabria con il cuore delle istituzioni europee. Una regione che adesso si trova ad affrontare tra mille incertezze la sfida del Pnrr.

  • Una Calabria da licenza media, mentre la Princi spera nel Patto educativo

    Una Calabria da licenza media, mentre la Princi spera nel Patto educativo

    [responsivevoice_button voice=”Italian Male” buttontext=”ASCOLTA L’ARTICOLO”]

    Ecco le ultime lezioni dell’anno scolastico anche in Calabria e molti giovani, dopo gli esami e il diploma, si presenteranno da domani nel mondo del lavoro e nelle università.

    scuola-calabria-14-su-100-hanno-solo-licenza-media-tra-18-24-anni
    Una classe semideserta in piena pandemia da Covid

    La scuola, non solo in Calabria ma anche a livello nazionale, non vive il suo momento migliore. Sul sistema formativo sono nati forti dubbi tra gli studenti in seguito alla morte nel 2022 di due giovani, Lorenzo Parelli e Giuseppe Lenoci, durante lo svolgimento di attività per l’alternanza scuola-lavoro. Lo sciopero del settore scolastico del 30 maggio, indetto dai sindacati confederati, a cui ha aderito un prof o maestro su cinque, ha chiesto con forza anche una modifica sostanziale del decreto del governo sulla scuola” attraverso più risorse, un nuovo percorso di abilitazione, la stabilizzazione dei precari.

    La didattica che cambia

    A causa della pandemia nel 2020 e nel 2021 il percorso scolastico degli studenti, inoltre, ha subito una delle più profonde ed inaspettate trasformazioni, passando da una didattica totalmente in presenza ad una a distanza; per poi procedere con la didattica mista nell’anno scolastico 2020/21. In un clima di incertezza, dunque, anche per chi nelle aule ci lavora, gli studenti si sono trovati di fronte a questi importanti cambiamenti e, forse, è arrivata l’ora di aprire un dibattito in Calabria per capire se qui ci sono le stesse possibilità e strumenti delle altre regioni. E se e quanto i giovani raggiungono capacità adeguate a conclusione del ciclo di studi.

    scuola-calabria-14-su-100-hanno-solo-licenza-media-tra-18-24-anni
    I dati di Openpolis sulla dispersione scolastica

    Scuola in Calabria: il 14% tra i 18 e i 24 anni ha solo la licenza media

    In un recente studio elaborato da Openpolis e la impresa sociale “conibambini”, che prende in esame la povertà educativa, infatti, la Calabria risulta la regione con il più alto tasso di incidenza per quanto riguarda la dispersione scolastica totale. Non si tratta di una fotografia da incorniciare, bensì parliamo di un fotogramma in un film in piena evoluzione, come il periodo in cui ci troviamo a vivere. Tra i 18 e 24 anni, è di 14 giovani calabresi su 100 l’incidenza di quanti nel 2021 hanno solo una licenza media e non sono inseriti in percorsi professionali, “ma questo non è l’unico parametro attraverso cui valutare l’impatto della dispersione scolastica” – si legge nell’analisi di Openpolis.

    Competenze minime necessarie

    È importante considerare anche la percentuale di chi, pur concludendo formalmente il proprio percorso scolastico, non ha raggiunto le competenze minime necessarie. Quella che viene definita dispersione implicita. Rispetto all’anno precedente, in Calabria, come ha certificato anche Istat nel rapporto sul benessere equo e sostenibile 2021, ci sono peggioramenti netti sulle competenze alfabetiche e numeriche che raggiungono i giovani della III scuola secondaria di primo grado. Secondo Invalsi, attraverso le prove effettuate su tutto il territorio nazionale nel 2021, i livelli di competenza raggiunti dagli studenti italiani in Calabria dell’ultimo anno scolastico, sono scarsi: nelle materie di Italiano, Matematica e Inglese almeno 1/3 dei ragazzi non ha raggiunto i livelli adeguati (fermandosi al livello 1).

    Scuola in Calabria: il Patto educativo di Princi

    «Perché? La pandemia ha avuto un impatto sociale e culturale notevole, specialmente nelle zone in cui il divario è più evidente» – dice a ICalabresi.it Giusi Princi, vicepresidente e assessore regionale all’Istruzione, Formazione e Lavoro. Per combattere questa emergenza sociale, secondo Princi, la Regione deve «trasformare la scuola in presidio sociale, oltre che culturale».

    Ma come? «In sinergia con l’Ufficio scolastico regionale, sarà inaugurato l’osservatorio sulla dispersione scolastica, attraverso cui sarà possibile un monitoraggio costante della dispersione sul territorio. Inoltre, saranno elaborate nuove linee guida relative al dimensionamento scolastico che sarà orientato a lasciare aperti i plessi che, pur risultando poco numerosi, rappresentano in alcune aree l’unico punto di riferimento e di aggregazione socio-culturale».

    scuola-calabria-14-su-100-hanno-solo-licenza-media-tra-18-24-anni
    Patrizio Bianchi, ministro dell’Istruzione, università e ricerca

    Ma la vice presidente della giunta regionale ha informato il ministro competente di questo problema? Anche perché questi ragazzi corrono il rischio di finire nella rete della criminalità senza trovare un valido percorso lavorativo. «Sto lavorando – sostiene Princi – a stretto contatto con il ministro Patrizio Bianchi ad una nuova, importante riforma come il patto educativo per la Calabria, con l’obiettivo di ridurre la dispersione (attenzionando soprattutto gli studenti fragili) e di fermare la fuga dei cervelli, per consentire ai tanti giovani calabresi che si stanno affermando nel mondo di mettere a disposizione della loro terra le competenze acquisite. La Calabria ha bisogno dei calabresi».

    Il silenzio dell’Ufficio scolastico regionale

    Abbiamo provato a contattare un alto dirigente dell’Ufficio scolastico regionale della Calabria e anche la direttrice, Antonella Iunti, per approfondire questa emergenza sociale. Al momento non hanno risposto alle nostre domande.
    Quanto è dato sapere sulla scuola in Calabria si può, sicuramente, leggere in relazione con i dati sui neet, alla (non) presenza di asili nido e alla (in)capacità di spesa dei Comuni calabresi per interventi per l’infanzia e i minori. Nel 2020 il capoluogo di regione, Catanzaro, ha speso 2,87 euro per abitante contro i 63,26 di Perugia in Umbria.

    Il problema dello scarso numero di asili nido si somma alle altre carenze strutturali della Calabria

    Asili nido: l’anno zero Calabria

    La disponibilità di asili nido a titolarità pubblica e privata a livello regionale è, come noto, caratterizzata da un forte divario dell’offerta del mezzogiorno rispetto al centro-nord. La gestione degli asili nido pubblici “rappresenta una delle materie di competenza dei comuni più impattanti sulla comunità” – si legge nei rapporti Openpolis – e rientra all’interno della missione di spesa dedicata alle politiche sociali. In Emilia-Romagna su 100 bambini ci sono 28 posti in strutture pubbliche e in Calabria invece solo 3.

    Il professor Nuccio Ordine

    Non solo scuola: sempre meno librerie, teatri, edicole in Calabria

    E si può ancora parlare di quanto influisca ciò sui dati disastrosi sulla lettura e sulla fruizione delle attività culturali che, come ci ha detto il prof Nuccio Ordine, «sono direttamente proporzionali agli scarsi investimenti, in Calabria e nel Sud in generale, dedicati alla cultura e all’istruzione, in una regione dove in molti paesi non esistono librerie, biblioteche, teatri e perfino edicole».
    In questo quadro, come visto, le carenze di base degli studenti si sono accentuate nei mesi dell’emergenza pandemica e, secondo la Princi, con un finanziamento di 10 milioni destinato ai ragazzi con bisogni educativi speciali (Bes), si potranno «tenere aperte le scuole anche nelle ore pomeridiane per supportare i ragazzi nell’apprendimento con laboratori incentrati sulle competenze chiave che sono quelle su cui vertono le prove Invalsi».

  • Cirò Marina, il padel dei Farao con il permesso del Comune

    Cirò Marina, il padel dei Farao con il permesso del Comune

    Su Cirò Marina, come è noto, quattro anni fa si è abbattuta la scure giudiziaria della Dda di Catanzaro. L’operazione “Stige” ha colpito fortemente il clan Farao-Marincola, egemone su quel territorio ma con ramificazioni nel crotonese, in Germania e, soprattutto, nel Nord Italia, come sottolineato nell’ultima relazione della Dia del 2021.

    Il processo Stige

    Stige «è una delle più grandi operazioni degli ultimi 23 anni per numero di arrestati» disse il procuratore Nicola Gratteri subito dopo l’operazione. E aggiunse che «ormai nelle istituzioni locali la ‘ndrangheta ha messo suoi uomini funzionali agli interessi dell’organizzazione criminale». Difatti, Stige portò agli arresti anche il sindaco di Cirò Marina e presidente della Provincia di Crotone, Nicodemo Parrilla, poi condannato in primo grado per concorso esterno. Non c’era di mezzo solo la politica, però. Le ramificazioni ‘ndranghetistiche si estendevano nei più svariati settori. Lo stesso procuratore aggiunto Vincenzo Luberto spiegò: «Non possiamo più parlare di infiltrazione dei clan nella vita economica, ma siamo di fronte a una immedesimazione tra ‘ndrangheta e imprenditoria».

    melillo-nuovo-procuratore-antimafia-sconfitto-gratteri-i-calabresi
    Il procuratore di Catanzaro, Nicola Gratteri (foto Tonio Carnevale)

    Sotto quest’ultimo aspetto, l’allora ministro dell’Interno Marco Minniti nella proposta allegata al decreto di scioglimento scrisse: «Gli accertamenti svolti in sede di indagini hanno interessato la cornice criminale e il contesto ambientale ove si colloca l’ente con particolare riguardo ai rapporti tra gli amministratori e le consorterie locali e hanno evidenziato come l’uso distorto della cosa pubblica si sia concretizzato nel favorire soggetti e imprese collegati direttamente e indirettamente ad ambienti controindicati». Il processo Stige ha portato ad un fiume di condanne in primo grado, mentre per molti di quelli che hanno scelto il rito abbreviato, è già giunta la condanna in appello.

    Un permesso che fa discutere

    Nel 2020 Cirò Marina è tornata alla normalità amministrativa con un voto che ha premiato l’ex assessore comunale al bilancio, simpatizzante di Forza Italia, Sergio Ferrari. Quest’ultimo ha battuto alle urne l’esponente del Pd Giuseppe Dell’Aquila. Oggi Ferrari è, al pari del suo predecessore Parrilla, presidente della Provincia di Crotone.

    Il sindaco Ferrari con il sottosegretario Dalila Nesci

    Il sindaco di Cirò Marina non si esime dal partecipare ad iniziative sulla legalità. Per esempio era di recente al convegno cittadino “Sport: giovani e legalità”, alla presenza, tra gli altri, della prefetta di Crotone Maria Carolina Ippolito e del colonnello della Legione Carabinieri del Comando Provinciale di Crotone, Gabriele Mambor. Ma ha ricevuto anche la visita dello scorso ottobre della sottosegretaria al Sud, la pentastellata Dalila Nesci. Il tema quel giorno era la necessità di «coniugare legalità e sviluppo».

    permesso-padel-farao
    Il permesso rilasciato dal Comune di Cirò marina alla Signor Padel Srls di Giuseppe Farao

    Farà discutere ora, però, un permesso di costruire (il numero 18 del 1 giugno 2022) rilasciato per l’intervento di “realizzazione di una tensostruttura da adibire a campo da Padel con relativi servizi da ubicare in Loc.ta Taverna Comune di Cirò Marina (KR)” su un terreno qualificato come “Uliveto” dal catasto.

    Padel e ‘ndrangheta

    Ad ottenerlo, previo il pagamento a favore del Comune di 9.859,43 euro di oneri concessori, è il “proprietario”, nonché amministratore unico e legale rappresentante della ditta “Signor Padel Srls”, Giuseppe Farao. A suo carico, nell’ambito del processo Stige, risulta una condanna in primo grado a 13 anni e 6 mesi di reclusione  per associazione mafiosa e trasferimento fraudolento di valori aggravato dall’agire mafioso.

    La cattura di Silvio Farao

    Giuseppe Farao è figlio del boss Silvio Farao (condannato, invece, a 30 anni nello stesso processo) ed è stato condannato anche alle pene accessorie dell’incapacità a contrarre con la pubblica amministrazione per 5 anni, all’interdizione perpetua dai pubblici uffici a all’interdizione legale durante l’espiazione della pena.

    La “Signor Padel Srls”

    Sul sito della società, contenente anche l’apposito volantino sulla prossima “nuova apertura”, si legge che il progetto Signor Padel Srls «è in fase di realizzazione, siamo in attesa di ricevere i campi per l’installazione», specificando che “I nostri campi di padel a Cirò Marina sono di ultima generazione” e che il Padel “può essere anche semplicemente un’occasione di incontro e di “ritrovo”…può essere un’attività praticata da tutta la famiglia”.

    La società, nata il 19 gennaio di quest’anno (quindi, dopo la sentenza Stige, risalente agli inizi del 2021) ha come codice Ateco 749099 “Altre Attivita’ Professionali Nca” come attività prevalente (possono rientrare, sotto questa codificazione, ad esempio, attività di intermediazione aziendale, ad esempio per la compravendita di piccole e medie imprese e attività di intermediazione per l’acquisto e la vendita di licenze d’uso) e il codice 93113 “Gestione Di Impianti Sportivi Polivalenti”, come attività secondaria.

    Farao e Garrubba, il signore e la signora Padel

    Amministratore unico e legale rappresentante dell’impresa è Giuseppe Farao (che risulta residente allo stesso indirizzo in Cirò superiore dove risultavano residenti all’epoca dell’ordinanza cautelare di Stige, i boss Giuseppe e Silvio Farao, suo zio e suo padre). Come socia unica, invece, è presente Antonietta Garrubba, sua moglie, che è anche la proprietaria del terreno (qualificato dal catasto come “uliveto” con un reddito agrario di 5,86) su cui dovranno sorgere i campi di Padel.

    Il capitale sociale conferito alla società alla sua nascita di gennaio scorso è stato di 500 euro, mentre i soli oneri concessori pagati al Comune di Cirò Marina (alla fine di aprile) per il permesso di costruire sono stati, come si è detto pari, a 9.859,43 euro.

    L’ex latitante Giuseppe Nicastri

    Il progetto, come si legge nella relativa pratica edilizia, è stato presentato dall’architetto Giovanni Ciccopiedi di Cirò superiore, che ne è anche il progettista e il direttore dei lavori. Ciccopiedi, non condannato né indagato, è il nipote di Giuseppe Nicastri, esponente di rilievo della cosca Farao-Marincola e noto pregiudicato ex latitante. Il fratello di quest’ultimo, Leonardo Nicastri, viene definito dalla Dda di Catanzaro guidata da Nicola Gratteri «medico di professione, persona particolarmente vicina ai componenti la famiglia Farao».

    Farao: prima del padel, le lavanderie

    Nella sentenza Stige si legge che «la cosca Farao-Marincola monopolizzava ‘ndranghesticamente i servizi di lavanderia industriale attraverso le società “Wash Plus s.a.s.” e la “Industrial Laundry s.r.l.” entrambe riconducibili a Giuseppe Farao (detto “Peppone”), figlio del capo-cosca promotore Silvio Farao».

    Per i giudici del Tribunale di Crotone (e per la Dda di Catanzaro), Giuseppe Farao «gestiva per conto della cosca diverse imprese, operanti nel settore della lavanderia industriale che lavoravano in regime di monopolio grazie all’appartenenza alla famiglia Farao nonché alla collaborazione di sodali appartenenti alla consorteria cirotana e altri locali affiliati».

    La Wash Plus s.a.s., società che si occupava di lavanderia industriale, nacque nel 2007 con un capitale sociale di mille euro e due soci («fasulli», disse espressamente il boss Giuseppe Farao durante un colloquio in carcere). Due anni dopo, nella compagine societaria entrò direttamente Giuseppe Farao.

    Da una società all’altra

    Il giovane nipote del boss, il 24 ottobre 2012 costituiva una nuova società operante nel medesimo settore del lavaggio industriale, la Industrial Laundry s.r.l., con capitale sociale di 25mila euro. Le quote di quest’ultima venivano poi suddivise in 17.500 in capo a lui (che era amministratore unico) e 7.500 euro in capo a Antonietta Garrubba, che divenne poi sua moglie. Pochi giorni dopo, Farao cessava la qualità di socio della Wash Plus s.a.s. e il 25 febbraio 2013, dopo soli 4 giorni dal recesso, la Wash Plus conferiva parte del suo capitale, 90mila euro, proprio alla Industrial Laundry srl di cui Farao era socio e amministratore.

    Introiti incompatibili

    «Questa successione di società nel medesimo business, è stata esercitata attraverso una serie di operazioni societarie, a seguito delle quali l’azienda della prima società è confluita nella seconda, entrambe di fatto amministrate e gestite da Giuseppe Farao come delegato della cosca», scriveva il Gip De Gregorio a fine 2017.

    Come si legge, inoltre, nella sentenza di primo grado, «con un investimento iniziale di soli 8mila euro (immediatamente rientrati sul suo conto) Giuseppe Farao nel 2013 ha acquisito la titolarità e la piena gestione di un’impresa fortemente capitalizzata (mediante conferimenti di 115mila euro oltre riserve accantonate) perfettamente avviata e senza alcuna posta passiva».

    La Wash Plus raggiunse un volume d’affari nel 2012 di 575.325 euro, mentre la Industrial Laundry di 566.283,00 l’anno successivo. Introiti, secondo giudici e inquirenti, incompatibili con la situazione reddituale di Giuseppe Farao e della moglie.

    Padel e Farao, interverrà la Prefettura?

    La legge regionale n. 9 del 26 aprile 2018 recante: “Interventi regionali per la prevenzione e il contrasto del fenomeno della ‘ndrangheta e per la promozione della legalità, dell’economia responsabile e della trasparenza” all’articolo 28 impone il rilascio del permesso di costruire previa acquisizione della comunicazione antimafia, ma solo per interventi dal valore superiore a 150mila euro. Si deve presumere, quindi, rispetto al permesso di costruire rilasciato dal Comune di Cirò Marina al figlio del boss Silvio Farao, che l’intervento richiesto inerente il progetto presentato, sia al di sotto di tale soglia.

    Vedremo nel prosieguo se, in merito all’attività societaria posta in essere da Farao quale amministratore unico della Signor Padel srls (unitamente alla moglie) la Prefettura di Crotone interverrà con una informazione antimafia ai sensi dell’articolo 91 del D.lgs. 6 ottobre 2011, n. 159 (codice antimafia), anche alla luce delle citate pene accessorie (in primis il divieto di contrarre con la P.A.) alla condanna per associazione mafiosa di Giuseppe Farao.

  • Cannabis terapeutica e “trasversale”: la proposta di legge in Calabria

    Cannabis terapeutica e “trasversale”: la proposta di legge in Calabria

    Presentata una proposta di legge per legalizzazione della Cannabis terapeutica. Un testo firmato da consiglieri regionale di varia estrazione politica. Il testo porta la firma del promotore Ferdinando Laghi (De Magistris presidente) e degli altri membri della commissione Sanità: Michele Comito (Forza Italia); Amalia Bruni (Gruppo Misto); Giuseppe Graziano (Udc); Simona Loizzo (Lega); Giuseppe Neri (Fratelli d’Italia).

    cannabis-calabria-erba-terapeutica-mette-accordo-destra-sinistra
    La sede del Consiglio regionale della Calabria

    Si tratta di «un elemento di civiltà che vuole mettere la Calabria al pari delle più avanzate Regioni italiane, ma non solo». Sono parole espresse dal promotore della proposta di legge Ferdinando Laghi. Che continua: «Si tratta infatti di uno strumento importante per ridare un aspetto del diritto alla salute a persone assai sofferenti che, finora, non hanno potuto averlo riconosciuto. O che hanno paradossalmente subito, in assenza di una legge regionale attuativa delle disposizioni nazionali vigenti, addirittura problemi e traversie legali».

    Laghi ricorda il caso del giovane «Cristian Filippo, affetto da fibromialgia, mandato sotto processo a Paola per la coltivazione di poche piantine di cannabis, con le quali alleviare i dolori determinati dalla malattia. Non deve più ripetersi.

    Gli italiani non hanno potuto votare, invece, per la depenalizzazione dell’uso personale della cannabis. La Corte costituzionale ha bocciato il quesito posto nel referendum.

     

  • Faide, figli e portaborse: Catanzaro pronta a votare

    Faide, figli e portaborse: Catanzaro pronta a votare

    A Catanzaro – nonostante la decantata riscoperta o, comunque, il solito riscatto della “catanzaresità” tipico delle elezioni amministrative – il voto sta assumendo sempre più i tratti di una sfida nazionale. Lo dimostra l’attenzione mediatica di molte testate nazionali, decisamente maggiore a quella rilevata nella scorsa tornata del 2017. Ma anche la sfilata di leader che si sono presentati – o che a breve arriveranno – nella città dei tre colli.

    Certo, alcuni di loro (si vedano Giorgia Meloni e Enrico Letta) arrivano con la premura di mettere toppe a profondi imbarazzi. Sono lì a cercare di arginare spaccature. O, anche, a salvare il salvabile. Altri poi, come ad esempio Matteo Salvini, sono stati praticamente bollati come “indesiderati” dai relativi candidati.
    Quanto ai partiti, invece, a impazzare sono scissioni, riesumazioni, liquefazioni, sdoppiamenti, camuffamenti di simboli, giochi delle tre carte. In sintesi: un gran casino.

    catanzaro-elezioni-vicine-faide-figli-portaborse
    Gli assessori Danilo Russo e Alessandra Lobello con il presidente del consiglio comunale Marco Polimeni (al centro)

    Catanzaro alle elezioni: Azzurri sbiaditi

    Forza Italia è stato il partito di riferimento del ventennale sindaco Sergio Abramo. Ha dominato elettoralmente in città per decenni, ma ora si cela dietro il brand Catanzaro Azzurra, una lista a favore dell’ex Pd Valerio Donato. La capeggia il presidente del consiglio comunale uscente ed ex portaborse di Baldo Esposito: Marco Polimeni. Il senatore Giuseppe Mangialavori ha affidato a lui il coordinamento cittadino di Forza Italia dopo l’uscita dell’ex presidente del Consiglio regionale Mimmo Tallini, dell’assessore Ivan Cardamone (andati in Noi con l’Italia) e dello stesso sindaco Abramo (finito in Coraggio Italia).

    Mimmo Tallini, ex presidente del consiglio regionale

    In Catanzaro Azzurra alle elezioni si presenteranno vari assessori uscenti. Quella al Turismo, Alessandra Lobello, il cui padre, Francesco, è stato nominato autista del già citato Baldo Esposito nel 2020. Ma anche Nuccia Carrozza (Pari opportunità) e Danilo Russo (Personale). Insieme a loro, il consigliere comunale Ezio Praticò e lo storico consigliere provinciale e comunale Giulio Elia, nel 2020 nominato portaborse dell’esponente di centrosinistra Francesco Pitaro.

    Curiosità: in lista è presente il lametino Paolo Marraffa. È parente di Cettina Marraffa, già presidente del movimento apostolico sciolto dal Vaticano lo scorso anno (poco prima delle dimissioni del vescovo Bertolone) e figlio della attivista del M5S di Lamezia Terme, Dora Rocca. Insomma, di storici forzisti non se ne vedono. Sarà per questo che, finora, Roberto Occhiuto non si è pronunciato sulle elezioni amministrative di Catanzaro, limitandosi a fare gli auguri a tutti i candidati. Né risultano in programma discese di big azzurri.

    Coraggio Italia: la faida

    Coraggio Italia in Regione sostiene il centrodestra di Occhiuto. A Pizzo il centrosinistra. A Vibo Valentia si colloca all’opposizione dell’esecutivo guidato dalla forzista Maria Limardo. E a Catanzaro? È letteralmente scoppiato, facendo emergere la faida tra Sergio Abramo e Francesco De Nisi.

    catanzaro-elezioni-vicine-faide-figli-portaborse
    Francesco De Nisi (a sinistra) con Valerio Donato

    Il “big” Frank Santacroce, uscito dal partito dopo le Regionali e dato in un primo momento in avvicinamento alla Lega, è main sponsor di “Azione Popolare” a sostegno di Antonello Talerico. Sergio Abramo, rimasto politicamente vicino al deputato Maurizio D’Ettore e al sindaco di Venezia Luigi Brugnaro, dopo un primo avvicinamento al citato Talerico, è divenuto sponsor della candidatura della meloniana Wanda Ferro. E ha inserito (curiosamente) i candidati espressione di Coraggio Italia, come il membro della direzione nazionale Dario Gareri, nella lista con il simbolo di Fratelli D’Italia.

    Le scelte di De Nisi per le elezioni a Catanzaro

    Francesco De Nisi, consigliere regionale di Coraggio Italia, invece è divenuto il mese scorso segretario regionale di Italia al Centro. A capeggiare l’omonima lista che sostiene Valerio Donato è la consigliera comunale uscente e signora delle preferenze nel quartiere Aranceto, Anna Altomare, con il supporto attivo dell’ex assessore comunale allo sport Giampaolo Mungo, condannato in primo grado per traffico di influenze.

    De Nisi ha nominato coordinatore per Catanzaro di Italia al Centro è il consigliere comunale Andrea Amendola, ex autista del già citato Tallini e indagato per truffa nell’ambito dell’inchiesta Gettonopoli. Amendola è ispiratore della lista Catanzaro prima di tutto, formazione in cui si candidano l’assessora comunale all’Ambiente uscente Lea Concolino (il cui parente Salvatore Aloi è portaborse di De Nisi, mentre lei stessa lo è stata di Tallini negli anni scorsi) e la consigliera comunale ex talliniana Manuela Costanzo. Con loro anche Danilo Gironda, cugino di Valerio Donato e fratello del consigliere comunale Francesco Gironda rinviato a giudizio per corruzione nell’ambito del processo “Corvo”.

    Il consigliere comunale Francesco Gironda, cugino di Valerio Donato

    Viscomi si smarca

    Non farà notizia, ma occorre dirlo: il Pd si è diviso. Volti noti, storici dirigenti e amministratori sono transitati con il candidato Valerio Donato. Alcuni di loro sono candidati nella lista Rinascita e nella lista Avanti, promossa dai fratelli Fabio e Roberto Guerriero. Sono molto vicini al ministro Andrea Orlando, ma ora strizzano l’occhio a Matteo Renzi e Italia Viva.

    Antonio Viscomi (a sinistra) con Nicola Fiorita

    Sta facendo discutere tra i dem, però, il mancato apporto alla lista per le comunali, a sostegno di Nicola Fiorita, del deputato del Pd Antonio Viscomi. «Non è riuscito ad indicarci nemmeno un nome per la lista» si lamentano i dirigenti locali. Eppure, nonostante l’invito del responsabile enti locali del partito, Francesco Boccia, a candidarsi in prima persona, Viscomi se l’è data a gambe. Lapidaria la sua chiosa: «Ci si candida dove si vive». Peccato che nemmeno nella “sua” Pizzo abbia dato seguito all’invito del nazionale, a differenza della ex candidata alle regionali e oggi presidente regionale del Partito, Giusy Iemma.

    Portaborse e parenti

    A “sbarrare la strada” della Iemma su Catanzaro ci hanno pensato i malefici del Partito. Ricandidatura quindi per la giovane esponente dem Arianna Luppino, compagna dell’ex portaborse cicontiano Andrea Iemma, fratello di Giusy. A proposito di portaborse, nella lista Pd per le comunali troviamo Nadia Correale, cognata del segretario cittadino Fabio Celia (che è candidato capolista), nonché sorella di Giuseppe Correale, portaborse del consigliere regionale Ernesto Alecci.

    Il segretario provinciale del Pd Domenico Giampà con il segretario regionale Nicola Irto

    Presente anche Fabrizio Battaglia, figlio di Marziale, consigliere comunale di Isca sullo Ionio, già vicepresidente della Provincia e oggi autista del citato Alecci. Posto in lista pure per Giancarlo Devona, anch’esso portaborse di Alecci, ma con un particolare: è di Crotone, città dove è stato assessore comunale, mentre oggi il fratello Andrea è consigliere.

    Fabrizio Battaglia è il figlio di Marziale Battaglia, autista di Ernesto Alecci

    Elezioni, la balena bianca si è arenata a Catanzaro

    La collocazione dell’Udc in vista delle amministrative di Catanzaro ha riempito le pagine dei giornali locali per settimane. Da una parte, Vincenzo Speziali (con il placet del segretario nazionale Lorenzo Cesa) aveva la delega a comporre la lista in città a sostegno di Antonello Talerico. Dall’altra, il consigliere uscente Giovanni Merante e il presidente nazionale Antonio De Poli spingevano per sostenere Valerio Donato.

    Risultato: Merante è candidato con la lista espressione del candidato sindaco ex Pd, ma dello scudocrociato si sono perse le tracce su tutti i fronti. I big che si erano avvicinati al partito – come l’ex candidato regionale Baldo Esposito ed il consigliere comunale e provinciale Sergio Costanzo – hanno virato verso altri lidi. L’ex presidente della commissione Sanità alle prossime elezioni sostiene Catanzaro Azzurra. Costanzo, invece, è a capo della lista del suo movimento, Fare per Catanzaro, insieme alla consigliera uscente Cristina Rotundo.

    Sergio Costanzo con Valerio Donato (a destra)

    Anche qui, un piccolo particolare: Costanzo è a processo per truffa per la sua presunta assunzione fittizia presso l’azienda Zoomarket di Salvatore La Rosa (anch’esso imputato). Secondo gli inquirenti, Costanzo avrebbe ricevuto un rimborso complessivo, da gennaio 2016 a dicembre 2018 di 78.749,00 euro. Per questo la Giunta comunale, su proposta dell’assessore Danilo Russo (oggi, come si è detto, candidato con Catanzaro Azzurra nella stessa coalizione di Costanzo) ha deliberato con atto 275 del 22 giugno scorso di costituirsi parte civile nel processo penale (R.G.N.R. 4961/2018 pendente dinanzi al Tribunale di Catanzaro) a carico, tra gli altri, proprio del consigliere comunale Costanzo. La circostanza starebbe causando non pochi imbarazzi al candidato sindaco Donato.

    Wanda e i giovani

    Alla fine è venuta Giorgia Meloni a mettere una toppa dopo le giravolte “donatiane” di Wanda Ferro, con l’imprimatur ad una candidatura di rappresentanza partitica della commissaria regionale.
    Una candidatura “fake”, perché la deputata catanzarese ben poteva essere la candidata unitaria di tutto il centrodestra fin dalla prima seduta delle trattative ai tavoli tra i big. Ha preferito, però, concentrarsi su “trame” che hanno condotto alla creazione della candidatura di Valerio Donato (il quale, fino a poche settimane prima, ospitava le riunioni sulla candidatura di Nicola Fiorita nel suo studio), salvo poi usare come “scudo umano-politico” prima l’assessore regionale Filippo Pietropaolo poi Rino Colace, l’ex coordinatore di Noi con l’Italia.

    Luana Tassone, ex attivista del Movimento 5 stelle

    Oggi, con una sola lista composta prettamente da giovani (i portatori di voti e consiglieri uscenti vicini al consigliere regionale Antonio Montuoro sono candidati nella lista “Progetto Catanzaro” con Valerio Donato), svolge una campagna elettorale per “contarsi” (e per contare?). Tra i candidati troviamo personalità politicamente curiose come Carmen Chiefalo, commessa che sui social si dichiara di centrosinistra, Elisabetta Condello, che su Facebook scrive di lavorare come “Fan di Marco Carta”, cantante per cui, evidentemente, stravede. Ma anche l’ex attivista del M5S Luana Tassone (in lizza per diventare candidata sindaca dei pentastellati nel 2017) e l’estetista Maria Giovanna Moniaci.

    Pittelli e Pietropaolo

    Oltre loro, però, troviamo i “pittelliani”. Già, perché tra i candidati spunta Francesco Saverio Nitti, il commercialista comparso nelle intercettazioni della “vicenda Copanello” con l’ex parlamentare imputato nel maxi-processo Rinascita-Scott, Giancarlo Pittelli. Presente anche Luca De Nardo, che della figlia di Pittelli è il fidanzato.
    Gaetana Pittelli, inoltre, ha in comproprietà con l’assessore regionale Filippo Pietropaolo (usufruttuario risulta il padre Giancarlo) un immobile a Catanzaro, in piazza Roma 9. Un indirizzo non casuale, dato che la “Roma 9 s.r.l.” era la società che aveva proprio Pietropaolo quale amministratore unico.

    Luca de Nardo candidato di Fdi e fidanzato con la figlia di Giancarlo Pittelli

    Tramite la società veniva acquistato un «immobile di cui figuravano solo formalmente intestatari lo stesso avvocato Pittelli e Pietropaolo Filippo, nella qualità di amministratore unico della Roma 9 s.r.l., ma sostanzialmente destinato alla nuova allocazione dello studio Pittelli» (come si legge nel decreto di perquisizione e sequestro datato 26 novembre 2008 della Procura di Salerno, emanato nell’ambito dei procedimenti a carico delle toghe catanzaresi).

    Nessun amico da sistemare

    E se la Meloni a Catanzaro ha dichiarato che Wanda «non ha amici degli amici da sistemare» con le elezioni, allora verrebbe da chiedersi come mai il figlio di Michele Traversa, Cesare, sia portaborse dell’assessore Filippo Pietropaolo, mentre la compagna (nuora dell’ex parlamentare e sindaco) Valentina Talarico è assunta presso aziende riconducibili allo stesso assessore regionale. E verrà anche da chiedersi se il risultato che conseguiranno sarà offerto in dote dalla Ferro all’ “amico” Valerio Donato nel probabile ballottaggio, con buona parte delle critiche a Lega e Forza Italia che, per dirla alla Meloni, «non stanno nella loro metà campo».

    Cesare Traversa