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  • Centrodestra alla resa di conti: faide, inciuci e batoste mentre Occhiuto tace

    Centrodestra alla resa di conti: faide, inciuci e batoste mentre Occhiuto tace

    Il centrodestra calabrese ha scelto i cavalli sbagliati su cui puntare alle Amministrative di questi ultimi tre anni. Nonostante abbia “sbancato” per due volte di seguito alle Regionali, nei capoluoghi di Provincia “roccaforti” della destra, come Cosenza e Catanzaro, ha ceduto lo scettro a coalizioni di sinistra. Certo, alla gauche non sono mancati “aiutini” dal campo avverso. Ora “sottobanco”, ora con litigi, divisioni e ripicche. Protagonista, in entrambi i casi, un notabilato che inizia ad arrancare in vista delle Politiche. Saranno queste ultime a rappresentare la vera resa dei conti interna al centrodestra in corso da mesi.

    La carta del “Papa straniero” a Reggio

    Quasi due anni fa il tavolo nazionale del centrodestra vedeva Matteo Salvini, forte del vento in poppa e del voto d’opinione raccolto alle Regionali calabresi del 2020, puntare i piedi per realizzare un sogno: avere un sindaco leghista a Reggio Calabria. Fumo negli occhi per il deputato azzurro Francesco Cannizzaro. Quest’ultimo bramava di piazzare un suo uomo, invece ha dovuto subire il “Papa straniero” Nino Minicuci, originario di Melito Porto Salvo e già direttore generale del Comune di Genova. Ed è proprio in Liguria che Minicuci ha trovato i suoi maggiori sponsor politici, dal segretario regionale della Lega, Edoardo Rixi, al presidente di Regione, Giovanni Toti.

    Antonino Minicuci
    Antonino Minicuci

    Vantava una notevole esperienza tecnica Minicuci. Però non gli ha garantito una volata per sfilare Reggio Calabria a quel Giuseppe Falcomatà che ben pochi (anche tra i suoi) volevano veder rieletto. In primis per il “caso Miramare”, che lo ha portato alla sospensione dalla carica dopo la condanna in primo grado nel relativo processo.

    Al primo turno Minicuci prese il 7,1% in meno rispetto alle sue 10 liste, mentre al ballottaggio straperse a favore del candidato del Pd. «Non ha vinto Falcomatà, ma abbiamo perso noi e la responsabilità è di tutti» dichiarò Cannizzaro in conferenza stampa, Una non troppo velata stoccata contro il senatore Marco Siclari. «Io non ho fatto neanche un giorno di mare mentre qualcuno è andato alle Eolie», aggiunse riferendosi al suo avversario interno. Ossia quello che, con la deputata Maria Tripodi, si era schierato subito a favore del “Papa straniero”.

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    Cannizzaro e la vice presidente della Giunta regionale, sua cugina Giusy Princi

    Profumo di sgambetto nel centrodestra reggino

    Nonostante la sospensione del sindaco per la Severino, l’inchiesta per i brogli elettorali e vari scossoni politico-partitici il centrosinistra governa ancora la città in riva allo Stretto con relativa tranquillità. Ma accade perché in Forza Italia i notabili (i citati Siclari e Tripodi, ma anche l’ex consigliere regionale da 10mila preferenze Domenico Giannetta) sono troppo impegnati a de-Cannizzarizzare il partito in vista delle Politiche. Insomma, sgambetti in vista per “Ciccio Profumo”, nonostante il pennacchio da responsabile di Forza Italia per il Meridione. E nonostante  abbia intascato già la nomina come vice di Roberto Occhiuto per sua cugina Giusy Princi.

    A Crotone briciole e pagnotte

    Coeva alla disfatta leghista a Reggio Calabria è stata quella del centrodestra crotonese. A guidarlo era il deputato azzurro (subentrato proprio nel 2020) Sergio Torromino, coadiuvato dal coordinatore cittadino di FI e oggi portaborse di Valeria Fedele, Mario Megna.
    Fi, Lega e Fdi puntarono sull’avvocato Antonio Manica. Noto professionista, ma politico non trainante, tant’è che al primo turno prese l’8,2% in meno delle sue dieci liste che arrivarono al 49,8%.
    Risultato: Manica al ballottaggio prese oltre 4.500 voti in meno rispetto al primo turno. E a imporsi fu il primo (e unico) sindaco arancione della Regione, Vincenzo Voce, espressione del Movimento “Tesoro Calabria” di Carlo Tansi.

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    Vincenzo Voce, sindaco di Crotone

    In Consiglio comunale Fdi non entrò nemmeno, anche se oggi ha dei simpatizzanti nell’assise. La Lega invece perse la sua unica eletta, Marisa Cavallo, planata nel gruppo misto. La causa principale? I dissidi col commissario provinciale dl Carroccio, Cataldo Calabretta.
    E Forza Italia? Elemosina briciole. Anzi, pagnotte. Tutto nel tentativo (recentemente mancato) di entrare nell’esecutivo civico facendo da stampella ad un sindaco con numeri ballerini. Eppure, con la vittoria schiacciante alle ultime Provinciali che ha visto protagonista politico l’ex assessore Leo Pedace, il centrodestra pitagorico aveva di fronte a sé un governo cittadino alla canna del gas. Invece, la canna è diventata un boccaglio, fornito dal citato forzista Megna e i suoi sodali.

    L’anomalia cosentina

    Le comunali di Cosenza, invece, si sono tenute lo stesso giorno delle regionali che hanno portato Roberto Occhiuto alla Presidenza della Regione.
    Il candidato di Forza Italia, Lega, Fdi, Udc e Coraggio Italia è stato Francesco Caruso, già vicesindaco di Mario Occhiuto. Le sue liste al primo turno ottennero il 43,2%, in linea con il risultato del centrodestra alle regionali, pari al 43,7%. Il candidato, però, ebbe il 5,8% in meno delle otto liste a suo supporto. E si ritrovò come sfidante Francesco De Cicco, assessore in carica della sua stessa Giunta comunale. Lo stesso assessore che al secondo turno “abbracciò” Franz Caruso ed il Pd, sempre rimanendo in carica fino alla successiva nomina nel nuovo governo cittadino e risultando decisivo nella vittoria del centrosinistra.

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    Francesco Caruso e Mario Occhiuto durante la campagna elettorale

    Che Mario Occhiuto ed il centrodestra ormai guidato dal fratello Roberto abbiano puntato su un “pupillo” senza revocare dalla Giunta una spina nel fianco da quasi 5.000 voti odora di inciucio tra schieramenti formalmente avversi. Chissà se ricambiato con la successiva vittoria della sindaca di San Giovanni in Fiore e anche lei già assessora della Giunta di Mario Occhiuto, Rosaria Succurro, alle Provinciali bruzie.

    La debacle del centrodestra a Catanzaro

    Non serve dilungarsi, ne abbiamo recentemente parlato a più riprese. Nel capoluogo di Regione andato al voto poche settimane fa, è emersa plasticamente la scarsa capacità del notabilato regionale di puntare su un cavallo vincente. E con essa tutte le frizioni in vista delle politiche.
    Nell’arco della campagna elettorale a favore del docente di sinistra Valerio Donato, il centrodestra è passato da più fasi. La prima, quella in cui era certo di una vittoria marcata al primo turno. La seconda, in cui ha coltivato la speranza (poi realizzatasi) dell’anatra zoppa. Infine, quella della desolazione post ballottaggio.

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    Nicola Fiorita, professore universitario e nuovo sindaco di Catanzaro

    Oggi il sindaco è Nicola Fiorita. E in queste ore dai partiti di sinistra sta ricevendo più telefonate per posti in Giunta che voti alle elezioni, espressione del civismo di sinistra. Un successo, il suo, frutto non solo dell’attrattività della sua figura, ma anche delle faide interne al centrodestra. Che, pur sconfitto, rimane maggioranza nel tessuto sociale della città. Il neo-sindaco rischia di essere prigioniero del “campo largo” rimasto sulla carta. E c’è la possibilità che si veda imporre dal Nazareno la nomina della “sardina” Jasmine Cristallo come sua portavoce. La cosa causerebbe malumori alle decine di aspiranti assessori che ritengono di poter rientrare in quel concetto di “nomine di alto profilo” che Fiorita vorrebbe sia per la Giunta che per le altre caselle. Insomma, i nodi verranno presto al pettine.

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    Filippo Mancuso (Lega) è il presidente del Consiglio regionale della Calabria

    Detto questo, la carta bianca data dalla Lega a Filippo Mancuso in questa campagna elettorale appena conclusa, non ha premiato. Così come il tentativo del coordinatore regionale di Fi, Giuseppe Mangialavori, di replicare l’esperienza delle comunali di Vibo Valentia del 2015 con Elio Costa, in cui i partiti del centrodestra si erano “mimetizzati” con sigle differenti dalle originali.

    Il Vibocentrismo regge

    L’avvocata Maria Limardo, dopo una candidatura alle elezioni regionali del 2010 con il Pdl e l’elezione sfiorata con ben 4.736 preferenze nell’allora collegio di Vibo Valentia, è divenuta sindaca di Vibo Valentia nel 2019 al primo turno (con quasi il 60% dei voti) con una coalizione trainata dal suo partito, Forza Italia e dal già citato Giuseppe Mangialavori.

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    Maria Limardo, sindaco di Vibo Valentia

    La Limardo è una mosca bianca di questo centrodestra incapace di esprimere amministratori locali di chiara matrice partitica. Netta nelle decisioni, riesce a gestire le fibrillazioni politico-partitiche senza esserne succube.  è sopravvissuta politicamente dopo lo scossone di Rinascita-Scott che portò la commissaria regionale di Fdi Wanda Ferro a chiedere pubblicamente la fine della consiliatura (ricevendo, di fatto una pernacchia). E alle ultime regionali ha superato il brutto sgambetto al leader di una importante formazione politica che governa con lei Vibo Valentia. Parliamo di Città Futura e di Vito Pitaro, estromesso dalle candidature a pochi giorni dal voto.

    Insomma, in una politica fatta di equilibrismi ed equilibristi (ma anche di trapezisti e clown, a dirla tutta), il decisionismo della Limardo è un tratto inedito. Che difficilmente, però, un notabilato alla perenne, famelica ricerca di un altro giro di giostra in Parlamento intende valorizzare.

    Roberto Occhiuto si smarca dal resto del centrodestra

    «Dal primo giorno del mio mandato da presidente della Regione ho detto che avrei fatto l’uomo di governo e che mi sarei occupato soltanto dei problemi della Calabria, lasciando ai partiti le scelte in ordine ai candidati sindaco delle città». «Rimango un dirigente politico nazionale del centrodestra, ed è chiaro che mi impegnerò per le prossime elezioni politiche. Ma per scegliere gli aspiranti primi cittadini non sono intervenuto e non interverrò in futuro». Queste le dichiarazioni di Roberto Occhiuto all’Ansa dopo l’ultima tornata amministrativa.

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    Vincenzo De Luca

    Una posizione molto diversa dai suoi colleghi presidenti di Regione. In Campania Vincenzo De Luca in alcuni comuni ha presentato la lista Campania Libera di sua diretta espressione. E si è preso il merito delle vittorie, tra cui quella di Enzo Cuomo a Portici (con l’80%).

    In Puglia Michele Emiliano rivendica la vittoria locale della «formazione che governa la Puglia» e che ha visto il democrat vicino a molti candidati in questa tornata amministrativa. Tra questi, il sindaco rieletto di Taranto Rinaldo Melucci. «Sicuramente è uno dei risultati più importanti in Italia perché qui la coalizione si è presentata nella stessa formazione che governa la Regione e nella stessa formazione che ci auguriamo possa governare l’Italia nelle prossime elezioni politiche», il suo commento sul voto.

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    Michele Emiliano

    Non differente la situazione a destra. Il presidente della regione Abruzzo, Marco Marsilio, in quota Fratelli D’Italia, ha messo il cappello sul risultato delle Comunali. «Il centrodestra ha sciolto il guinzaglio della sinistra sugli elettori» ha dichiarato festeggiando la vittoria del “suo” candidato Pierluigi Biondi a sindaco de L’Aquila.
    Insomma, ragionamenti e azioni diametralmente opposti a quelli di Roberto Occhiuto.
    Tra paura di ammettere sconfitte e rese dei conti, la partita per le politiche è ancora tutta da giocare.

  • Ospedale a Vaglio Lise, Caruso: «Pronto entro la fine del mio mandato»

    Ospedale a Vaglio Lise, Caruso: «Pronto entro la fine del mio mandato»

    Eppur si muove. Franz Caruso ha voluto ribattere a quanti da mesi lo accusano di un sostanziale immobilismo con una conferenza stampa sul nuovo ospedale di Cosenza da realizzare a Vaglio Lise. Durante l’incontro, però, la struttura sanitaria ha lasciato spazio a numerosi altri temi. Frecciate all’indirizzo di chi lo ha preceduto, promesse su una città che dovrebbe trasformarsi da qui alla fine del mandato del sindaco eletto in autunno.

    Ora toccherà aspettare per sapere se alle parole seguiranno fatti concreti. Gli impegni presi al cospetto dei giornalisti, d’altra parte, non sono semplici da rispettare, a partire proprio da quello sul nuovo ospedale a Vaglio Lise. Per il sindaco Caruso sarà pronto entro la fine del suo mandato. Quattro anni e mezzo, dunque. E poco importa che lo studio di fattibilità consegnato ai presenti parli di 14-15 semestri necessari tra iter burocratico e lavori veri e propri per vedere l’opera al completo.

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    Il cronoprogramma riportato nello studio di fattibilità

    L’Annunziata cambia pelle

    Di tempo quindi, a quanto pare, ne basterà meno per siglare l’Accordo di programma quadro con Regione e Ministero della Salute, convocare e chiudere la conferenza dei servizi, affidare la progettazione definitiva, quella esecutiva e i lavori, completare il nuovo ospedale. E cosa comporterà il trasloco del nosocomio in un altro quartiere? Un bel po’ di cose. La vecchia Annunziata sarà in parte demolita (non il plesso del ’39) per trasformarsi in una Cittadella della Salute destinata a ospitare uffici, pazienti oncologici e lungodegenti, con una bella iniezione di verde nell’area attualmente occupata dai reparti più “moderni”. Così facendo, si eviterà di depauperare la parte Sud della città risparmiando i costi extra che un nuovo ospedale nella franosa Contrada Muoio – la soluzione auspicata dall’ex sindaco Mario Occhiuto e suo fratello Roberto – avrebbe comportato per le casse pubbliche.

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    L’ingresso dell’ospedale dell’Annunziata a Cosenza

    Le ragioni dell’Ospedale a Vaglio Lise

    Vaglio Lise invece, ha ripetuto a più riprese Caruso, appare come la soluzione ideale. Il quartiere, innanzitutto, è baricentrico rispetto al resto della provincia e dell’area urbana. Gli investimenti milionari per l’ospedale ridisegneranno la zona in meglio, portando investimenti anche privati che potrebbero finalmente completare il ricongiungimento (con relativa riqualificazione) tra via Popilia e il resto di Cosenza. Parte della superstrada verrebbe interrata per far spazio a verde pubblico, l’ospedale sorgerebbe in un’area pianeggiante (coi risparmi che ne conseguono) sulla falsariga di quelli di recente costruzione a Siracusa, Andria e Pordenone. E la questione espropri parrebbe già risolta o quasi

    Rispunta la metro

    Così facendo riacquisterebbe forse un senso anche l’idea di andare avanti con la realizzazione della metro. Non è un caso che che nelle slide mostrate in conferenza stampa siano spuntati riferimenti a una linea tranviaria che ricorda tanto la maxi opera attualmente in sospeso. Anche le Autolinee si sposterebbero per trovare posto nei dintorni del nuovo ospedale di Cosenza, decongestionando così il centro città dal traffico dei mezzi pesanti extraurbani.

    Ospedale ad Arcavacata di Rende? No, Unical a Vaglio Lise

    E le rivendicazioni di Rende, tornata a chiedere che la struttura sanitaria sorga nei pressi dell’Unical? «Farebbero perdere altri 20 anni, dopo quelli già persi da quando si parlava di realizzare il nosocomio a Mendicino», replica Caruso. Che con Arcavacata – e l’Inrca – vuole invece realizzare un centro di ricerca specializzato in virologia nel nascituro complesso di Vaglio Lise. E magari lavorare perché l’ateneo si doti di una facoltà di Medicina «autonoma» e non a metà con la Magna Graecia di Catanzaro, argomento principe (Principe?) del dibattito anti Vaglio Lise sull’altra sponda del Campagnano.

    L’ospedale, taglia corto il sindaco bruzio, sorgerà a Cosenza: «Non è in discussione farlo fuori dal capoluogo». E Roberto Occhiuto, sostenendo questo progetto «tecnico e politico», potrà passare alla storia proprio come il podestà che realizzò “la prima Annunziata” nel Ventennio. Il paragone farà senz’altro piacere alla parte più nostalgica della maggioranza in Regione.

    Sanità: non c’è solo l’ospedale a Vaglio Lise

    Ma non ci saranno solo la Cittadella della Salute e l’ospedale popiliano nella nuova Sanità cosentina. A via Bendicenti, nell’attuale sede della polizia municipale, dovrebbe trovar posto una casa/ospedale di comunità, a tutto vantaggio del centro storico. E i vigili dove finiranno? Le ipotesi in campo sono diverse: da quella – con tanto di protocollo d’intesa con le Ferrovie siglato nell’ormai lontano 2012 – che li vorrebbe nella stazione ferroviaria di Vaglio Lise, alla caserma accanto a San Domenico, passando per le alternative su via degli Stadi o alle Casermette di via Panebianco. I diretti interessati pare preferiscano il centro città, anche per questioni d’immagine.

    «La città fa schifo»

    Cosenza, insomma, parrebbe destinata a cambiare parecchio. Nel frattempo però, parola di Caruso stesso, la città «fa schifo per quanto è sporca». Gli appalti per la pulizia, d’altra parte, con Ecologia oggi e le cooperative li ha firmati il sindaco che lo ha preceduto, ma l’attuale primo cittadino promette di mettere mano ai prossimi, visto che gli accordi sono prossimi alla scadenza, per ottenere risultati migliori. «Anche con l’aiuto dei cittadini» che finora hanno avuto meno a cuore la raccolta differenziata.

    Allarme debiti

    Certo, bisognerà barcamenarsi tra i problemi economici di Palazzo dei Bruzi per garantire servizi efficienti. E il compito si preannuncia più arduo del previsto. Nei prossimi giorni toccherà approvare il consuntivo 2021 – «l’ultimo della precedente amministrazione, dal preventivo 2022-2024 ci sarà il primo davvero nostro, chiaro e vero, e che non siamo costretti ad approvare». Sul groppone ci sarà un disavanzo maggiore delle ottimistiche previsioni iniziali: 23 milioni e rotti di rosso, contro i 17 ipotizzati prima che i revisori chiedessero di correggere il tiro.

    Un dato «allarmante», ma che paradossalmente, ha sostenuto Caruso, potrebbe essere un vantaggio. Un deficit sotto i 22 milioni avrebbe costretto l’amministrazione a ripianare tutto in 5 anni. Superata quella soglia, invece, il tempo a disposizione raddoppierà.
    Il tempo in più basterà a consegnare per sempre al passato «la città delle transenne e dei cantieri mai chiusi»? Ai posteri l’ardua sentenza.

  • Reggio Calabria, il Comune la fa sfrattare ma interviene l’Onu

    Reggio Calabria, il Comune la fa sfrattare ma interviene l’Onu

    Rischiava di finire per strada, nel disinteresse del Comune di Reggio Calabria che avrebbe dovuto tutelarla, ma a garantirle ancora un tetto sotto cui dormire ha pensato l’Onu. E così, per la prima volta, in riva allo Stretto un provvedimento delle Nazioni Unite ha fermato l’esecuzione dello sfratto di una signora indigente. La donna non è l’unica ad aver corso questo rischio: sono 218 gli sfratti che il Tribunale cittadino ha deciso durante i due anni di pandemia, tutti in esecuzione nel 2022 dopo il blocco del biennio precedente.

    Il Comune e la Prefettura latitanti

    Gli enti dell’Osservatorio sul disagio abitativo, dopo aver lanciato l’allarme, avevano sollecitato il Comune e la Prefettura ad assumere delle misure operative per garantire il diritto alla casa alle famiglie sfrattate con reddito basso. ma, scrivono in un comunicato, «nessuna misura è stata adottata». Il Comune, infatti, «non ha neppure avviato le assegnazioni ordinarie per i casi di emergenza in graduatoria da dicembre 2020 e non ha fornito alcuna risposta alle istanze successive». Quanto alla Prefettura, «non ha costituito il tavolo sfratti richiesto dalla Ministra dell’Interno». Tant’è che la domanda di alloggio per sfratto che la signora ha inoltrato lo scorso dicembre attende ancora risposte.

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    Il Comune di Reggio Calabria

    Uno sfratto a Reggio sul tavolo dell’Onu

    A trovare una soluzione ha pensato Cesare Ottolini, membro della Segreteria nazionale Unione Inquilini e coordinatore dell’Alleanza Internazionale degli Abitanti. Ottolini ha presentato il 10 giugno scorso un ricorso al Comitato per i Diritti Economici, Sociali e Culturali dell’ONU. L’Italia, infatti, ha ratificato fin dal 2014 il Protocollo Opzionale del Patto Internazionale sui Diritti Economici, Sociali e Culturali. E l’Alto Commissario per i diritti umani dell’Onu ha accettato il ricorso il 22 giugno scorso. Il suo provvedimento chiede allo Stato italiano «di prendere misure urgenti per la sospensione dello sfratto» della donna. O, in alternativa, di offrirle una sistemazione che rispetti le sue esigenze.

    Grazie al documento dell’Alto Commissario, l’avvocato della signora, Francesco Nucara, ha presentato ricorso al Tribunale di Reggio Calabria. E quest’ultimo lo ha accolto con provvedimento del 28 giugno 2022. Ad emetterlo, il GOT Anna Marraffa, che ha sospeso l’esecuzione dello sfratto del 29 giugno fissando l’udienza del procedimento per il 19 luglio prossimo.

    Onu e Tribunale concordi, che farà ora il Comune di Reggio?

    Esultano l’Osservatorio sul disagio abitativo, il CSOA Angelina Cartella e le associazioni “Un Mondo Di Mondi”, “Reggio Non Tace”, “Ancadic” e “Società dei Territorialisti/e Onlus”. «Per la prima volta nella nostra città – commentano in una nota – grazie all’intervento dell’Onu e la positiva risposta del Tribunale è stato affermato il principio di legge che l’esecuzione di uno sfratto è legale e quindi è possibile solo se viene garantito alla persona sfrattata a basso reddito il passaggio da casa a casa, mentre in caso contrario l’esecuzione è illegittima e deve essere fermata». Immancabile la stoccata finale al Comune: «Il Tribunale di Reggio Calabria con questo provvedimento ha dimostrato di rispettare il diritto alla casa sancito dai trattati internazionali mentre il Comune, purtroppo, continua a non farlo. Dopo l’intervento dell’Onu e la risposta del Tribunale, il sindaco f.f. Brunetti deciderà ancora di mettere il Comune fuori dalle norme del diritto internazionale?».

    Il sindaco facente funzioni Brunetti
  • Limardo non ci sta: anche Vibo Valentia può cambiare

    Limardo non ci sta: anche Vibo Valentia può cambiare

    Caro direttore, ho letto con molto interesse l’articolo pubblicato sulla sua testata riguardo alla città che oggi mi onoro di amministrare. Insieme all’onore, va da sé, mi porto dietro anche tutti gli oneri del caso, dei quali sono conscia e che affronto con lo spirito di chi ha la voglia e i mezzi per cambiare in meglio le cose.

    Niente più dei a Vibo Valentia, ma ancora tante persone oneste

    Il lungo articolo firmato dal professor Minervino ha avuto l’indubbio pregio di aprire un dibattito su cosa sia oggi Vibo Valentia. Su dove voglia andare. Su cosa voglia diventare. Di contro, però, mi permetto di dissentire sull’assunto di fondo dell’articolo stesso, che reputo oltremodo severo ed ingeneroso: a Vibo non abiteranno più gli dei, ma di certo vi abitano persone perbene, oneste, che hanno fatto della rettitudine morale la loro stella polare.

    Non bastano alcuni comportamenti esecrabili – che troviamo senza fatica anche a Reggio, Catanzaro, Cosenza o Bolzano, Milano e Roma – per marchiare un posto e chi vi risiede. Eppure è l’impressione che si ha nel leggere certe righe.
    Comprendo bene l’amarezza ed il disagio di chi, passando di qua, può imbattersi in brutture e storture. Sono i medesimi sentimenti che io stessa ho provato in passato nel vedere la mia gloriosa città perdere i suoi fasti e ritrovarsi in un presente tutto in salita. Ma la rotta, da tre anni ormai, l’abbiamo invertita.

    I passi avanti

    Senza tediare i suoi lettori, caro direttore, e ricollegandomi ad alcune problematiche sollevate nel pezzo, mi permetto qui di evidenziare gli enormi passi avanti compiuti in settori nevralgici ai fini della vivibilità: sul fronte ambientale, con una raccolta differenziata che supera il 70%. Con intere vie nuovamente asfaltate. Con la lotta all’abusivismo che passa dalle demolizioni, dalle revoche di determinate concessioni e dal controllo a tappeto di tutte le pratiche; con la regolamentazione urbanistica grazie all’approvazione del Piano strutturale comunale, che si attendeva da diversi lustri ed oggi è realtà; con l’avvio di importanti opere pubbliche, con interventi sostanziali sulle reti idriche per ridare ai cittadini un bene essenziale che è nel loro diritto vedere garantito; con un teatro, anche questo atteso da lustri, che presto verrà consegnato.

    In ambito culturale non posso tacere il riconoscimento di Capitale del libro, che nell’ultimo anno ha permesso ai vibonesi di godere di una kermesse letteraria tra le più importanti a livello nazionale. E poi la legalità: è doveroso rammentare la costituzione di parte civile dell’ente nei processi scaturiti dalle inchieste antimafia Rinascita-Scott, Rimpiazzo e Imponimento, primo passo tangibile verso il ripristino della legge in quei settori soffocati dalla protervia mafiosa. Ma soprattutto, e con questo concludo, con il lavoro certosino che abbiamo svolto sul fronte del risanamento finanziario, i cui frutti si vedranno non soltanto in un futuro lontano, ma in un futuro quanto mai prossimo, posto che abbiamo già incamerato circa 20 milioni a copertura del deficit e nel prossimo Consiglio potremo anche diminuire la Tari.

    Un domani migliore per Vibo Valentia

    Da qui passa il rilancio di Vibo Valentia, una città animata da persone che malgrado tutto hanno ancora la voglia di lottare per un domani migliore. È questa la mia Vibo, la Vibo che amo, la Vibo che non vuole etichette, la Vibo che sono orgogliosa di rappresentare, la Vibo che insieme alla mia gente sto cercando di costruire.

    Maria Limardo
    Sindaco di Vibo Valentia

    **********

    La risposta del direttore Francesco Pellegrini


    Gentile signora Sindaco,

    La ringrazio innanzi tutto per il suo commento cortese all’articolo del nostro collaboratore Mauro Minervino, antropologo di valore e, quando lo ritiene necessario, osservatore severo ma amante della nostra terra.
    Alla sua difesa legittima e apprezzabile della città da Lei guidata desidero rispondere con il massimo della sincerità, risparmiando a Lei e ai lettori gli stilemi delle repliche in uso nei giornali, grandi e piccoli.

    Personalmente ho letto e poi avviato alla pubblicazione l’articolo su Vibo Valentia con dolore, ma con la consapevolezza che – fatte le inevitabili specificità dei diversi territori, i mali, le manchevolezze, i veri e propri delitti (in senso lato) a danno dei cittadini onesti che quanto meno per un indice probabilistico rappresentano la grande maggioranza – l’articolo era un racconto triste e dolente sull’intera Calabria.

    Certo colpisce che a Vibo, ma non solo a Vibo, ci siano più logge massoniche che balconi sui palazzi che si affacciano sul corso principale. Fa rabbia e provoca sdegno che la ‘ndrangheta interferisca e inquini pesantemente la vita sociale, politica, economica della città. Ma, fatte le debite proporzioni, è un unicum nella nostra regione meravigliosa la massomafia vibonese? Non è cosi. Vibo Valentia non è un caso unico e irripetibile anche se, occorre dirlo, subisce gli effetti di questi fenomeni mefitici in misura particolarmente significativa.

    Lei ricorda le scelte coraggiose e innovative fatte dalla Sua amministrazione e i suoi cittadini gliene daranno atto e apprezzamento. Si evince dalle sue parole dettate da orgoglio e amore per la sua città che il cammino fatto è importante, ma è solo l’inizio di un percorso molto più lungo.
    Le istituzioni che non fanno il loro dovere, prima ancora che perseguite dalla magistratura, debbono essere sanzionate con il loro pubblico dissenso dai cittadini. 
    Le do atto che nella sua lettera non c’è alcuna volontà omissiva e negazionista dei mali presenti, ma sicuramente la determinazione a proseguire sul cammino della legalità e della trasparenza. I sui “giudici” saranno i cittadini onesti e in buona fede.

    Da ultimo, una considerazione che ci riguarda: I Calabresi sono nati per essere un giornale d’inchiesta, libero e rigoroso nelle fonti, che non è né sarà mai la velina dei poteri. Ce lo hanno riconosciuto i lettori sparsi in Italia e in Europa, perché noi calabresi abbiano il destino genetico all’emigrazione. Ed è stato rilevato e apprezzato da alcune autorevoli testate nazionali. Vibo, in persona del sindaco, ha parlato dei mali che deturpano la città, ma anche delle azioni messe in campo per progressivamente emanciparsene.
    Di noi, intendo dire del nostro progetto editoriale vincente e fedele al suo programma fondativo, che per via mediata è sotto attacco, non ha parlato quasi nessun esponente delle istituzioni e delle cosiddette élites, a differenza del caso di Vibo. Non ha parlato, seppure invitato a farlo, neanche il sindaco Franz Caruso. Parlo di Cosenza per essere chiari e non dare alibi a nessuno.

    Caro sindaco di Vibo Valentia, le faccio i migliori auguri. Operi al meglio delle sue possibilità, parli e scriva se necessario. I suoi cittadini, magari con qualche ritardo, le saranno grati. Dia il buono esempio ai taciturni di Cosenza.

    Francesco Pellegrini
    Direttore de I Calabresi

  • Catanzaro: dopo la batosta, il centrodestra prepara la faida

    Catanzaro: dopo la batosta, il centrodestra prepara la faida

    Nei ballottaggi il centrosinistra imperversa un po’ ovunque. A Monza, a dispetto dell’impegno di Berlusconi per il sindaco uscente Dario Allevi (sostenuto anche da Lega e Fdi). E peggio che andar d notte a Verona, dove Damiano Tommasi ha approfittato delle frizioni interne al centrodestra e si è imposto sull’ex sindaco Federico Sboarina.
    A conferma che non c’è due senza tre, le stesse frizioni si sono ripetute a Catanzaro, con un esito altrettanto devastante. Al riguardo, è stato profetico Roberto Calderoli, quando si è lasciato scappare un’espressione piccante: «Comunque vincerà uno del Pd…».

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    Salvini arringa i catanzaresi

    Eppure nel capoluogo regionale Matteo Salvini si era speso assai, anche mediaticamente, per Valerio Donato. E aveva mandato giù un boccone amarissimo. Cioè quel: «Mai sul palco con Salvini» pronunciato proprio dal “suo” candidato.

    La resa dei conti

    Da oggi, però, inizia la resa dei conti nel centrodestra nazionale, in cui la batosta di Catanzaro ha il suo peso.
    Inequivocabile sul punto Flavio Tosi, big veronese passato in Forza Italia: «Se si sono rotti i tavoli a Catanzaro a Parma e anche altrove la causa è Verona. Ovverio: Fratelli d’Italia ha fatto saltare il banco ovunque perché a Verona non c’è stato l’apparentamento su Sboarina».
    Stando a questo ragionamento, la colpa della “botta” di Catanzaro sarebbe delle scelte politiche della commissaria regionale.
    Wanda Ferro, infatti, ha fatto saltare i tavoli di coalizione, ha bruciato nomi come fiammiferi, infine ha ispirato la candidatura di Valerio Donato. Il quale, tra l’altro, è una vecchia conoscenza della deputata meloniana (è stato suo avvocato nel ricorso contro la legge elettorale regionale nel 2014).

    Ma siccome nulla a Catanzaro è lineare, Wanda si è candidata contro Donato, salvo sostenerlo (senza apparentamenti) al ballottaggio.

    Donato il candidato “scaricato”

    Docente della Magna Graecia di Catanzaro e presidente della Fondazione Umg, Valerio Donato ha rivendicato a spoglio ancora in corso la sua matrice di sinistra. In verità, lo ha fatto per tutta la campagna elettorale, nononstante le molteplici iniziative pubbliche con i big del centrodestra.
    Ed ecco che la “Rinascita” ha partorito un topolino.
    Difatti, la lista espressione della sua proposta politica («nettamente bocciata dagli elettori» ha ammesso a scrutinio quasi finito) si è fermata al 4,9% e ha eletto solo Gianni Parisi, l’ex presidente del Sant’Anna Hospital.
    E c’è di peggio: Donato ha avuto il 9,8% di voti in meno rispetto alla coalizione.
    Se non è questo un segnale di sfiducia…

    Fiorita sindaco: l’uomo della rimonta

    Destra e sinistra esibivano la carta “Valerio Donato” da quasi un ventennio alla vigilia di ogni Amministrativa. Forse oggi, alla luce della “remuntada” di Fiorita, si può dire che la carta è stata calata tardi e male.
    Al primo turno Fiorita era indietro di 5.800. Al secondo, ha ribaltato le urne e si è trovato avanti 5.045 schede.

    Nicola Fiorita brinda alla vittoria

    Segno che la proposta civica di Donato è stata soffocata dal notabilato locale di centrodestra. Ma ciononostante non ha sfondato.

    Big allo sbando

    Torniamo a Wanda Ferro: la big meloniana ha postato su Instagram il bacio di Giuda con l’hashtag #quanticenesono. Peccato che il “pasticcio politico” lo abbia imbastito lei.
    Il presidente del Consiglio regionale in quota Lega, Filippo Mancuso, che aveva avuto carta bianca per le Amministrative dai vertici del Carroccio, ha diramato una nota stampa in cui riconosce la sconfitta e fa gli auguri a Fiorita. E tutto lascia pensare che, sotto sotto, Domenico Furgiuele, l’altro boss della Lega, se la rida sotto i baffi.

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    il post di Wanda Ferro su Instagram dopo l’esito del ballottaggio

    Il cerino in mano

    Il coordinatore cittadino di Forza Italia Marco Polimeni, è in un cul de sac.
    È rimasto col cerino in mano dopo la dichiarazione pubblica resa al fianco di Donato e del coordinatore regionale Giuseppe Mangialavori: «Lo dico subito: noi non avremo nessuna intenzione il giorno dopo di venderci e di fare accordi innaturali, il giorno dopo rassegneremo immediatamente le dimissioni e non accetteremo nessun accordo trasversale».
    «Polimeni parla solo per sé stesso» ha dichiarato più di un eletto nella coalizione di Valerio Donato.
    Questa dichiarazione rischia di minare la credibilità politica dell’ex presidente del Consiglio, che secondo i beneinformati era prossimo a diventare portaborse di Michele Comito, il presidente della Commissione sanità del Consiglio regionale, su indicazione di Mangialavori.

    Niente anatre, solo volponi

    Durante il ballottaggio ha tenuto banco la questione “anatra zoppa”. Che, almeno sulla carta, c’è: Valerio Donato ha 18 Consiglieri, Fiorita ne ha 10.
    Ma la politica catanzarese è abituata alle giravolte. La sa lunga Sergio Costanzo, il più votato a Catanzaro. A un quarto d’ora dalla chiusura dei seggi, su Facebook, ha abbandonato il “donatismo” con un’affermazione inequivocabile: «chiunque vinca avrà l’arduo compito di risolvere gli atavici problemi che attanagliano la nostra città e ridare dignità al capoluogo. Vinca il migliore, in bocca al lupo Valerio e Nicola». Un chiaro segnale di consapevolezza del vento elettorale.
    Tra consiglieri che si congratulano e altri pronti a diventare “responsabili” per il “bene della città”, Fiorita dovrà barcamenarsi tra i volponi ritornati in un Consiglio che ha poche novità. Una bella sfida.

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    Il presidente dell’Ordine degli avvocati di Catanzaro, Antonello Talerico

    Talerico: l’ago della bilancia

    Antonello Talerico, presidente degli Avvocati di Catanzaro con un ricorso in ballo per subentrare a palazzo Campanella, è riuscito a diventare l’ago (pungente) della bilancia. Nonostante la faida personale con Mangialavori, che spesso lo ha distratto, ha tenuto testa ai due poli al primo turno e ricevuto il sostegno di Carlo Calenda, che ha rivendicato il risultato a doppia cifra di Catanzaro, e di Maurizio Lupi.
    Porta in dote, salvo riconteggi, tre consiglieri oltre lui, pronti a sostenere la maggioranza dopo aver dato una bastonata politica a un centrodestra ostile, con la sola eccezione di Roberto Occhiuto.

    Partitismo gregario

    Nicola Fiorita è risultato forte nella sua impronta civica. Le sue liste Mò e Cambiavento hanno trainato i consensi. Va ricordato che i grillini hanno fatto per primi il suo nome a sinistra, in particolare Paolo Parentela.
    il M5S festeggia il primo ingresso in Consiglio comunale (nonostante il 2,77%) con Danilo Sergi. Il Pd cresce di poco rispetto al 2017 (arriva al 5,8%) ma raddoppia la rappresentanza: Giusy Iemma, la presidente regionale, e il segretario cittadino Fabio Celia. Torna anche il Psi (2,7%) con Gregorio Buccolieri.
    Questo partitismo è risultato gregario. Toccherà al neo sindaco non divenirne prigioniero.

    I fantasmi della campagna elettorale

    Non si sono visti per l’intera campagna elettorale né hanno fornito candidati alla coalizione, nonostante le richieste. Sono spariti e ora ritornano.
    Parliamo del parlamentare del Pd Antonio Viscomi, già candidato nell’uninominale di Catanzaro. Viscomi il primo turno delle Amministrative pubblicò una foto con i risultati dei candidati del Pd di Pizzo.
    «Trovare candidati è difficile» disse ai dirigenti dem di Catanzaro quando gli chiesero di dare un apporto fattivo alla lista.
    Idem per la Consigliera regionale del gruppo misto Amalia Bruni. «Ci sto provando senza riuscirci» avrebbe detto, salvo poi spuntare con tanto di Spritz in mano per le photo opportunity.
    Zero tituli anche per la sardina Jasmine Cristallo, spuntata a favor di intervista tra baci e abbracci soltanto all’ultimo ma il cui apporto – nonostante il “campo largo” da sempre decantato – è stato, secondo fonti dem, assolutamente nullo

  • Nicola Fiorita sindaco di Catanzaro

    Nicola Fiorita sindaco di Catanzaro

    Nicola Fiorita nuovo sindaco di Catanzaro. Scrutinate 90 sezioni su 92. Il candidato di centrosinistra si attesta al 58,59 %, mentre lo sfidante Valerio Donato si ferma al 41,41 %. Adesso Fiorita, docente dell’Unical, dovrà affrontare il difficile scoglio dell’anatra zoppa. Le dieci liste che sostenevano Donato al primo turno hanno raggiunto il 53,81 %.

    Ad Acri trionfa l’uscente Pino Capalbo (51,89 %) su Natale Zanfini (48,11 %). A Paola Giovani Politano è in vantaggio su Emira Ciodaro.

     

  • Castorina imbarazza il Pd, ma dice: votato dai vivi, non dai morti

    Castorina imbarazza il Pd, ma dice: votato dai vivi, non dai morti

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    Antonino Castorina di professione fa l’avvocato. È stato capogruppo del Pd in Consiglio comunale a Reggio Calabria e consigliere metropolitano con delega al Bilancio.
    Castorina è stato pure membro della direzione nazionale del Partito democratico. In occasione delle primarie del 2019 è diventato coordinatore regionale della mozione “Sempre Avanti” di Roberto Giachetti e Anna Ascani, ex ministra dell’Istruzione e ora sottosegretaria alo Sviluppo economico.
    L’ex capogruppo è stato, inoltre, coordinatore regionale di “Energia democratica”, la corrente della sottosegretaria.
    Una carriera politica in ascesa, fino al clamoroso arresto nel 2020 nell’inchiesta sui presunti brogli elettorali a Reggio. Oggi Castorina è rinviato a giudizio per tentata induzione indebita nel processo Helios e indagato per concorso morale in falso ideologico nell’inchiesta sui brogli alle ultime amministrative reggine.
    Decorsi i termini della misura cautelare che gli vietava la dimora a Reggio Calabria, l’avvocato è pronto a rientrare nella sua città e nel consiglio comunale dopo un anno e mezzo. Ha deciso di parlare in esclusiva a I Calabresi.

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    Palazzo San Giorgio, il municipio di Reggio Calabria

    Avvocato Castorina, a Reggio i morti votavano per lei?

    «Per la seconda volta consecutiva sono stato tra i pochi consiglieri a superare le mille preferenze in tutti i seggi della città.
    La storia dei morti che mi avrebbero votato è sconfessata prima dal Tar e poi dal Consiglio di Stato. I due organi di giustizia amministrativa hanno chiarito la validità delle comunali di Reggio del 2020. Inoltre, negli atti di indagine a mio carico non c’è alcuna contestazione sul presunto voto dei defunti. Anche perché i loro nomi – proprio perché morti – non possono essere nei registri elettorali. Una fake news bella e buona, usata ad arte per creare suggestione e provare a fare un processo fuori dal Tribunale».

    Il Tribunale del Riesame a febbraio 2021 ha parlato di «vero e proprio sistema di alterazione dell’espressione del voto». Cosa dice a riguardo?

    «Il Riesame si è espresso sulle esigenze cautelari e non sul fatto. Su questo si esprimerà un altro Tribunale quando ci sarà il processo. Mi preme specificare che abbiamo fatto ricorso contro la decisione del Tdl in Cassazione. Tuttavia, la stessa Procura aveva già revocato i domiciliari con il divieto di dimora e poi ha dato parere favorevole alla cessazione della misura».

    Il Presidente di Seggio Carmelo Giustra aveva parlato di un vero e proprio “accordo con Castorina” sui brogli durante l’interrogatorio del dicembre 2020. Lei aveva un davvero questo accordo?

    «Se si legge tutto l’interrogatorio, si può capire come in nessuna parte si sostiene che io ho dato indicazioni di fare brogli. E non è un mistero che il presidente di seggio sottoposto a misura cautelare sia stato interrogato ben tre volte: ciò significa che le sue dichiarazioni sono state alquanto contraddittorie».

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    Giuseppe Falcomatà, il sindaco “destituito” dalla legge Severino

    Quindi non c’erano liste di anziani il cui voto sarebbe stato espresso da altre persone…

    «Di sicuro, durante la campagna elettorale esistevano liste di potenziali elettori che potevano essere intercettati: giovani, anziani, stranieri, tutte le categorie. Alterare la libera espressione del voto non fa parte della mia cultura. Per questo motivo, non avrei mai praticato alcuna alterazione. Inoltre, ritengo che sia molto complicato o addirittura impossibile taroccare i consensi: un seggio elettorale è composto da sei persone, oltre le forze dell’ordine e i dipendenti comunali a presidio degli stessi».

    Lei è imputato nel processo Helios. Secondo l’accusa avrebbe cercato di assumere persone amiche nell’azienda dei rifiuti di Reggio Calabria. Reato o clientela?

    «Lo chiarirà il processo. Io ho fiducia nella giustizia».

    Ma Castorina cosa pensa del clientelismo politico?

    «Io ho fatto politica sempre per passione e per amore del mio territorio, sin da quando ero rappresentante a scuola, all’Università e militavo nel Movimento giovanile. Non vivo di politica, faccio l’avvocato. Perciò il mio impegno politico non si inserisce negli scambi di favori».

    Torna in consiglio comunale, riabbraccerà il Pd?

    «La mia casa è il centrosinistra moderato, riformista e cattolico. La mia idea è quella del Pd. Il Pd si dovrà determinare.
    Tuttavia, tengo a dire una cosa: se se una persona come me – non condannata ma solo indagata – non può stare nel Pd, lo stesso principio dovrà essere applicato a tutti i soggetti indagati o condannati che militano o hanno ruoli nel partito. Io quando ho subito la misura cautelare ho subito comunicato la sospensione dal Pd e da tutti gli incarichi, compreso quello in direzione nazionale.
    Nelle prossime settimane manderò una lettera al segretario regionale Nicola Irto e a Enrico Letta per capire quel che accadrà».

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    Nicola Irto, il segretario regionale del Pd

    Ci sono malumori o mal di pancia da quelle latitudini per il rientro di Castorina nel Pd?

    «Bisogna chiederlo a quelli del Pd. Io non ho malumori con nessuno».

    Ha ricevuto solidarietà dal suo partito in questo anno e mezzo?

    «Ho ricevuto tanta solidarietà umana. Per quanto riguarda l’aspetto politico, ho evitato qualsiasi contatto o rapporto con esponenti della politica calabrese, fino alla revoca delle misure cautelari e al reintegro in Consiglio. Ritenevo inopportuno fare altrimenti».

    Ha mai pensato di dimettersi?

    «Neanche per un istante. Le dimissioni avrebbero significato una ammissione di responsabilità che non ho mai immaginato di avere».

    Falcomatà “destituito” dalla legge Severino, il cui referendum abrogativo ha fatto flop alle urne, che ne pensa?

    «È una legge giustizialista, totalmente sbagliata e che danneggia le comunità. Mi auguro che molto presto Giuseppe Falcomatà possa tornare al suo ruolo istituzionale».

  • Capistrano vuole sciare “senza” neve: ma i soldi del Ministero fanno miracoli

    Capistrano vuole sciare “senza” neve: ma i soldi del Ministero fanno miracoli

    Da una cabinovia che poteva essere e che non sarà mai, ad una cestovia che attende solo l’erogazione dei fondi per trasportare i turisti su e giù per monte Coppari. D’estate come d’inverno, quando gli stessi turisti potranno usufruire del servizio per raggiungere comodamente la nuova pista da sci, con neve artificiale, che il piccolo comune di Capistrano – poco meno di mille abitanti tra l’altopiano delle Serre e l’Angitola – si è vista finanziare dai fondi previsti dal Cis Calabria con 2 milioni di euro.

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    Il ministro per il Sud, Mara Carfagna

    Il progetto – che ha superato il primo ostacolo dell’iter procedurale previsto, con l’inclusione nella graduatoria regionale tra i 110 considerati a «priorità alta» – prevede la costruzione di una cestovia a due posti che consentirà di risalire fino alla cima del monte, a quota 1000 metri, lungo un percorso panoramico e senza fermate intermedie con un disdivello di circa 500 metri dalla stazione di partenza. Un progetto così ambizioso che va anche oltre l’idea della cabinovia venuta in mente (ma esclusa dalla graduatoria Cis) ai sindaci di Roccaforte e Palizzi nel reggino, e che punta a fare del piccolo centro del vibonese, una nuova meta per gli amanti degli sci in Calabria.

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    Marco Martino, sindaco di Capistrano, mentre si fotografa allo specchio

    Accanto al progetto per l’impianto di risalita permanente infatti, il sindaco Marco Martino – con l’avallo dell’unanimità della sua giunta e del Consiglio comunale – intende mettere in piedi una vera e propria pista da sci con una lunghezza del tracciato prevista in un chilometro. E pazienza se di neve, da quelle parti, se ne vede pochissima. Compresi nel prezzo infatti sono previsti anche 8 cannoni sparaneve nuovi fiammanti che garantirebbero la creazione ex novo della pista e il suo “rimpolpamento” continuo. A dare una mano per la sua conservazione ci dovrebbero pensare, surriscaldamento globale permettendo, le rigide temperature delle colline calabresi.

    «Non c’è niente di strano nell’idea di un impianto di risalita sul nostro territorio, né di una pista da sci – dice a ICalabresi il primo cittadino di Capistrano, Martino –. Gli interventi da realizzare sarebbero a basso impatto visto che già esiste una sorta di percorso naturale sul costone della montagna su cui intendiamo intervenire. Gli alberi da abbattere sarebbero pochissimi e comunque provvederemo a impiantarne contestualmente degli altri. E poi esistono altri impianti di risalita in Regione, solo il territorio di Vibo ne è sprovvisto. Non vedo particolari vincoli ambientali, siamo fuori dal territorio del Parco delle Serre. Manca solo il nulla osta paesaggistico, ma non c’erano i tempi per richiederlo e presenteremo le carte nei prossimi giorni. Questo progetto rappresenta una splendida opportunità per sviluppare il territorio montano del nostro comune e per porre un freno allo spopolamento».

    L’idea di fondo è quella di sfruttare radicalmente le ricchezze della montagna con la creazione di una serie di percorsi turistici che, con la costruzione della cestovia, sarebbero facilmente accessibili e consentirebbero la creazione di numerosi posti di lavoro. «L’unica nostra speranza di sviluppo è puntare sulla montagna. Il nostro territorio è situato in un posto strategico, a 10 minuti dall’autostrada, e con l’intero patrimonio viario che porta in cima, appena rimesso in sesto. Con la realizzazione dell’infrastruttura potremmo portare i turisti in pochissimo tempo fino alla sommità di monte Coppari».

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    La nebbia avvolge uno dei sentieri che porta al monte Coppari (foto pagina Fb “Sei di Capistrano se”)

    Che per considerarla vera e propria montagna, un po’ bisogna crederci. Almeno se la si prende in considerazione dal punto di vista della capacità di ospitare un impianto sciistico: rare le nevicate, rarissime quelle che consentirebbero di tenere in piedi un tracciato. I cannoni servono a questo. «Sono macchine di ultima generazione – spiega ancora Martino – che prevedono un consumo bassissimo di energia e un limitato sfruttamento di acqua. Anche se quello dell’acqua per noi non rappresenta certo un problema. Il nostro territorio si trova “seduto” su un tesoro di sorgenti, creare la pista da sci è un modo per sfruttare al meglio anche questo nostro asset naturale. E poi abbiamo fatti i conti: a pieno regime lo sfruttamento della cestovia frutterebbe al comune – che su questo progetto non sborserà nemmeno un soldo delle sue casse – circa 1,8 milioni di euro all’anno».

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    Il municipio di Capistrano illuminato con i colori della bandiera italiana

    Montagna violata

    E se il progetto di sviluppo montano messo in cantiere dall’amministrazione di Capistrano comincia a muovere i suoi primi passi anche le associazioni ambientaliste, Wwf in testa, cominciano ad attivarsi per capire fino in fondo che tipo di intervento si intende realizzare e quale impatto ambientale possa avere su un territorio già sull’orlo di una crisi di nervi, con l’ipotesi, tutt’altro che remota, della costruzione di un parco eolico tra i comuni di Monterosso e Capistrano, sullo stesso monte Compari.

    Il progetto, finanziato con i fondi del Pnnr, prevede l’innalzamento di alcune pale meccaniche dell’altezza di circa 160 metri e il contestuale abbattimento di circa 250 alberi di faggi. Progetto a cui le associazioni del posto si sono messe di traverso tanto da mettere in piedi, nel dicembre scorso, la manifestazione “abbraccia un faggio”, nella speranza di evitare l’ennesimo intervento invasivo sulle nostre montagne.

  • Mobilità sostenibile: il sogno di Cosenza senz’auto

    Mobilità sostenibile: il sogno di Cosenza senz’auto

    Sono le sette del mattino del 25 giugno 2032, la temperatura è gradevole.
    Cosenza, di solito bollente d’estate, sembra più fresca del solito. Sulla mia bici percorro via Roma fino a piazza Loreto. Le auto parcheggiate ovunque, le doppie e triple file, sono un ricordo del decennio precedente.
    Mi sovviene, quando nel 2021, sono ritornato a Cosenza, quanto invivibile e zeppa di auto, smog, traffico, fosse questa piccola città. Oggi è trasformata in un giardino:  ovunque piste ciclabili, parchi verdi, piazze piene di alberi, percorsi pedonali e autobus pubblici a idrogeno che trasportano cittadini da una parte all’altra.
    Mi sono trasferito a Cosenza Vecchia, come da sempre viene chiamata la parte alta della città. Ma di vecchio qui è rimasto poco, se non le mura restaurate di case e palazzi.

    Cosenza futuribile e bella

    Le strade, i vicoli, le piazzette, si sono rianimate. Sono piene di gallerie d’arte, negozi selezionati, ristoranti biologici e vegetariani, nuovi artigiani digitali, centri di ricerca, giovani studenti di Accademie e luoghi per la creatività e l’innovazione.
    Mi sorprendo a pensare che i fondi del Pnrr sono stati spesi bene al Sud. Che il New Green Deal e il New European Bauhaus sono serviti non solo a cambiare i luoghi, ma anche le coscienze di cittadini e amministratori

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    Traffico su via Misasi

    Un brutto risveglio

    Mi sveglio: sono le sette del mattino del 25 giugno 2022, e mi sorprendo a pensare, che bel sogno che ho fatto. Ma non so ancora, incredulo, se davvero affacciandomi non sia accaduto qualcosa di magico, miracoloso nella notte.
    Mi rompe un timpano l’ennesimo clacson di un autobus bloccato dal solito villano parcheggio in doppia fila, negli spazi della caotica piazza Riforma, un folle crocevia di auto in quantità assurde, smog e caldo. Purtroppo ho sognato: la realtà amara è sotto i miei occhi e orecchie!
    E torno a riflettere su quanto questa pregevole località calabrese, potenziale capofila di un radicale rinnovamento dei modelli urbanistici meridionali, sia sorda ai tantissimi campanelli di allarme che provengono dalla grande massa di auto.

    Inquinatori e incivili

    Le macchine fendono le vie ogni giorno, occupano con prepotenza spazi pedonali, inquinano, non rispettano le – estinte – strisce pedonali.
    Provocano enorme disagio a chiunque desideri, già oggi, muoversi in maniera ecologica: a piedi, in bici, coi pochi mezzi pubblici.
    Nel caos degli innumerevoli fioristi, fruttivendoli (ma davvero i cosentini consumano tutti questi ortaggi?) legali e abusivi, nello slalom tra plateatici di bar, caffetterie, friggitorie e parcheggi assurdi, la città muore, letteralmente soffocata. E vedere un vigile urbano che provi a snellire solo qualcuna di queste situazioni è come trovare un terrestre su Marte.

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    Polizia municipale in azione

    Ribadire che sulla mobilità si gioca il presente e futuro delle città e delle comunità urbane, non è affatto scontato. Sembra uno dei tanti problemi, invece questo è: il problema. A Cosenza, a Catanzaro, a Reggio. Ovunque le città abbiano assunto dimensioni disumane e sproporzionate rispetto alle reali esigenze abitative e di spostamenti.

    Cattive abitudini

    Alcuni dati inconfutabili: solo il 26,40% dei cittadini di Cosenza-Rende si muove a piedi o in bici, ben il 60,90% lo fa in automobile, e circa un ulteriore 12,86% usa i mezzi pubblici.
    A Cosenza il verde pubblico occupa appena il 2,2% dell’area urbanizzata. Lo standard per abitante è pari a 11,9 metri quadri, ma questo perché parte della superficie comunale ha zone naturalistiche (il Crati, il Busento, aree agricole, orti, ecc.).
    Nella realtà, il verde è ben al di sotto dello standard minimo urbanistico e sotto la media per densità di tutte le tipologie di aree verdi (dati Istat e Por Calabria 2014-2020).

    Le auto sono la principale fonte di inquinamento da polveri sottili a Cosenza

    Tra le 8 e le 12 e tra le 17 e le 19, i picchi di traffico hanno impennate preoccupanti. Creano caos, con quantità significative di autobus extraurbani e mezzi in entrata e uscita da Cosenza per raggiungere le attività di rango provinciale del capoluogo.
    Il parco auto è vetusto e presenta un 54,70% di auto a benzina, il 41,12 diesel, il 3,78% tra metano e gpl, e solo lo 0,4 ecologico.

    Allarme polveri sottili

    Un dato preoccupante emerge dai dati atmosferici, che collocano Cosenza tra le categorie A e B, le più instabili. Infatti, la percentuale di pm (polveri sottili) va oltre i 2,5 micron e in alcune zone, tocca i 10. Ciò, come provato, significa che le particelle da 10 micron sono inalabili e si accumulano nei polmoni. Quelle da 2,5 micron, invece, possono finire nel sangue e raggiungere varie parti dell’organismo (fonte Ministero Salute).
    Da questa lettura impietosa deriva la necessità di una Agenzia della Mobilità Urbana di Cosenza, dedicata esclusivamente a questa delicata tematica. Un rimedio che va ben oltre un generico assessorato o un ulteriore carico di personale già sovraccarico.

    Ripensare la città

    Ma esso non può essere scollegato dal ripensamento complessivo della struttura urbanistica della città. Ragionando a compartimenti stagni e solo per specialismi, si torna sempre al punto di partenza. Cioè, si risolvono in forma parziale e non organica i problemi urbanistici generali.

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    Una panoramica di Cosenza

    Non è una città perfetta quella cui aspirare, ma una rinnovata comunità in equilibrio, educata e rieducata, anche con robuste campagne di marketing urbano-civico. Per realizzarle, occorre che l’auspicata, necessaria, Agenzia si dia un tempo (una legislatura) per progettare e poi testare (una seconda legislatura) il nuovo sistema di mobilità sostenibile.

    Un obiettivo minimo

    Concretamente: per stare nei parametri europei Cosenza deve raggiungere, entro dieci anni, il 35% di auto circolanti, il 35 % di pedoni e bici.
    Inoltre la città, si deve dotare in maniera corposa di ciclovie, pedovie, parchi urbani e un 30% di mezzi pubblici elettrici (ancora meglio a idrogeno) con nuove linee dedicate e parcheggi di interscambio per ridurre l’ingresso di mezzi privati in città. Infine, serve una robusta cura di verde. Ovunque. Comunque.

    La volontà oltre gli ostacoli

    Una rivoluzione sostenibile a Cosenza (e altrove) è possibile solo se esiste il desiderio collettivo di sfidarsi. Oltre la normalità quotidiana, oltre la rinuncia e la rassegnazione, oltre la banalità dell’impossibile.
    Oltre quel generico «non si può fare», «non ce la faremo mai», pretesto sempre buono per non fare davvero nulla.
    I sogni si realizzano solo con una ferrea volontà politica e civica. Al 2032 mancano dieci anni, tanti per sperare, per fare, per cambiare.

  • Mare da bere? Il potenziamento del depuratore può attendere

    Mare da bere? Il potenziamento del depuratore può attendere

    In questi giorni avremmo dovuto assistere all’inizio dei lavori di potenziamento del depuratore di Paola. Un progetto ambizioso: 4 milioni di euro sono stati investiti per migliorare l’impianto esistente, in località Pantani, e per allacciare 8 zone della città alle reti fognarie. Tutto rimandato.
    In teoria, è quasi tutto pronto: il progetto prevede di aumentare la portata dell’impianto da 38mila a 50mila abitanti equivalenti. La gara d’appalto è stata vinta dalla Mansueto Snc, che si occuperà sia della gestione che della manutenzione del depuratore di Paola. C’è già l’ok a progetto esecutivo e relative modifiche. Eppure, è ancora tutto fermo.

    Cinque anni senza autorizzare il depuratore di Paola

    Sullo sfondo, ci sono le elezioni comunali, che ancora devono vedere un vincitore. Al primo turno c’è stata la batosta per il sindaco uscente, Roberto Perrotta, che non è riuscito ad arrivare al ballottaggio per pochi voti. Il 25,2% non è bastato per garantirsi un posto al secondo turno. Il prossimo 26 giugno saranno Emira Ciodaro e Giovanni Politano a sfidarsi per ottenere la poltrona di primo cittadino.
    Sul depuratore di Paola, quindi, ci sarà una nuova amministrazione a prendere le decisioni. E ci sono ancora delle questioni rimaste in sospeso.

    Il lungomare di Paola

    Il Comune non ha l’autorizzazione per lo scarico delle acque reflue del depuratore. «Scaricano, ma l’autorizzazione non c’è. La richiesta è del lontano 2017», racconta Chiara Polizza, referente locale della associazione Mare Pulito, che si è confrontata con l’amministrazione sul progetto.
    Il Comune ha presentato ben 5 anni fa la domanda alla Provincia per l’impianto esistente. Sostiene di non aver mai ricevuto una risposta. Non è un dettaglio di poco conto: senza un’autorizzazione vera e propria, non si capisce chi dovrebbe fare le analisi delle acque reflue, fondamentali per capire le performance del depuratore.

    Il tempo corre

    Un’altra questione irrisolta è quella della manutenzione, che fino almeno al 30 settembre prossimo sarà sotto le mani della Ecotec, la società che ha gestito il depuratore di Paola fino a questo momento e che ha ottenuto una nuova proroga del contratto. «Però il Comune voleva implementare il lavoro della Ecotec con la nuova ditta assegnataria dei lavori». Così come andrà deciso chi deve fare le analisi delle acque (e con quale frequenza) del depuratore di Paola.

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    Salvo miracoli, è difficile pensare che i lavori possano partire durante l’estate. «Il processo di attivazione di una linea richiede 4 settimane. La depurazione è un processo naturale, sono batteri che mangiano la parte organica, la trasformano in minerale. Per avere una colonia di batteri che soddisfi il fabbisogno, bisogna avere il tempo di farli crescere. È un processo che va attivato per tempo» ci spiega Luigi Sabatini, co-presidente del comitato scientifico di Legambiente.
    Per ora, la situazione sul Tirreno cosentino è di calma apparente. Il mare è pulito, anche se ci sono già stati i primi avvistamenti delle chiazze marroni in alcune spiagge, a Paola come nel resto del territorio della provincia.

    Il depuratore di Paola e l’interventismo regionale

    Lo stesso Roberto Occhiuto si è mostrato attento alla situazione del depuratore di Paola. Ad aprile, durante un punto stampa con i giornalisti, il presidente della Giunta regionale l’aveva citata, insieme a Fuscaldo, come città particolarmente problematica, dove «forse anche edifici pubblici non sono collettati. Un inquinamento che non è arginabile nemmeno dal buon funzionamento dei depuratori».
    Per quest’estate, non si vedono rivoluzioni in vista. «Io spero che si riuscirà ad avere un mare almeno per il 40-50% più pulito», aveva dichiarato il presidente.

    Il presidente della Regione Calabria, Roberto Occhiuto

    Però, da quando si è insediata la nuova giunta, la Regione ha incarnato un nuovo interventismo sul tema, e in generale sulla salvaguardia dell’ambiente.
    Lo scorso 17 marzo, la Regione ha preso in mano la gestione dei fanghi da depurazione nei comuni più in difficoltà sulla fascia tirrenica, tra Tortora e Nicotera. L’ultimo intervento “muscolare” è del 17 giugno. Con un’ordinanza, Occhiuto ha deciso che il Corap dovrà sovrintendere la gestione di 14 impianti, fino al prossimo 30 settembre.
    Il commissario Sergio Riitano gestirà i depuratori di:

    • Nocera Terinese
    • San Lucido
    • Ricadi
    • Fuscaldo
    • Pizzo
    • Tropea
    • San Nicola Arcella
    • Belvedere Marittimo
    • Guardia Piemontese
    • Sangineto
    • Belmonte Calabro
    • Parghelia
    • Zambrone
    • Briatico

    In queste strutture la Regione ha «accertato il mal funzionamento di sezioni impiantistiche deputate alla depurazione delle acque reflue con la conseguente compromissione del processo di trattamento e con conseguente pericolo per la salute umana e per l’ambiente». Occhiuto ha annunciato ulteriori dettagli sull’ordinanza per la mattina di lunedì 20 giugno.

    La caccia agli abusivi

    Per prendere il toro per le corna, la Regione ha rafforzato i controlli sui corsi d’acqua, sia con l’aiuto di Arpacal, sia con la stazione zoologica Anton Dohrn, con cui ha  stipulato una convenzione per la tutela del mare e delle coste calabresi, a novembre 2021.
    Durante l’anno c’è stata la mappatura di corsi d’acqua, scarichi, vari siti inquinati. «La Regione Calabria, attraverso Arpacal ha recentemente attivato un piano di rafforzamento per il monitoraggio delle acque superficiali e sotterranee. Quest’ultima attività consentirà una classificazione delle acque sotterranee della Calabria secondo quanto previsto dalla Direttiva Acque», ci ha raccontato Michelangelo Iannone, direttore scientifico di Arpacal.

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    Uno scatto relativo all’operazione Deep

    Il fermento ha portato a nuovi interventi delle forze dell’ordine, per colpire gli scarichi abusivi o irregolari. Lo scorso 24 marzo è stata la volta della operazione Deep. I carabinieri hanno messo i sigilli a 5 impianti nelle province di Catanzaro, Cosenza e Vibo Valentia.
    Un mese dopo, gli inquirenti si concentrano sulla provincia di Reggio Calabria, con l’operazione Deep 1. I Carabinieri hanno controllato 48 strutture in provincia di Reggio Calabria, dichiarandone irregolari 14. Per tre di queste è scattato il sequestro, insieme ad un impianto di sollevamento (a Campo Calabro) e a un canale di collegamento delle acque reflue (Sant’Agata del Bianco). Le operazioni Deep 2 e Deep 3 hanno continuato su questa falsariga.

    Avanti piano

    I passi avanti sono evidenti, ma ci vorrà molto tempo e lavoro per avere un quadro preciso. E, come sottolineato dal generale Salsano alla Gazzetta del Sud, non basta la repressione. Continuare a potenziare il monitoraggio renderà più facile individuare i siti problematici. Michelangelo Iannone, presentandoci i dati, ci ha raccontato che su 102 impianti controllati dai tecnici dell’Agenzia nel 2021, «oltre un terzo è risultato irregolare per la mancata conformità dei parametri sia chimici che biologici». Di questi, 11 sono nella provincia di Cosenza.

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    Anche sui comuni non collettati non sono stati fatti grandi passi avanti dai tempi dell’ultima procedura di infrazione europea contro l’Italia sul trattamento delle acque reflue. In Calabria ci sono quasi 150 centri che hanno zone scollegate dalla rete fognaria, stando ai dati del Commissario Straordinario Unico per la Depurazione.
    La Calabria è l’unica Regione dove persino il capoluogo ha delle parti di città non coperti dalla rete fognante. Avremmo dovuto metterci in regola nel lontano 2005, ma non è successo.

    I fanghi spariti e la manutenzione inesistente

    La Calabria è piena di «impianti fermi, impianti da efficientare, ed impianti inesistenti». Ci ricorda Sabatini, citando il caso del depuratore di Pizzo Calabro, in località Carcarella: una delle strutture commissariate dalla Regione. «Da 5 anni monitoro la situazione dei depuratori. Per me, non è cambiato nulla. Quello che c’era nel 2016, c’è nel 2022. Ci sarà qualche piccola novità, come Priolo, che è riuscito a sistemare qualche impianto. Ma niente che stravolge la situazione attuale»
    Quelli che ci sono, potrebbero fare molto di più: «Su una capacità totale di 3 milioni di abitanti equivalente, viene servito 1 un milione di abitanti, l’acqua dovrebbe essere ottima, ma non è così».

    Un’altra incognita è quella dei fanghi prodotti della depurazione. Nel senso che i dati sono quasi inesistenti. Le città li comunicano a macchia di leopardo, quando non mancano del tutto. Sul sito della Regione, i dati dei report provinciali sono aggiornati al 2017. E, senza dati costantemente aggiornati e accessibili, non si può valutare a fondo le condizioni di un impianto. I fattori da valutare sono tanti, così come le cose che possono andare storte.
    I fanghi incastrati nelle tubature degli impianti contribuiscono a renderli più inefficienti. Dalle ultime inchieste è emerso che oltre 22mila tonnellate di scarti stanno bloccando gli impianti di tutta la Regione.

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    La manutenzione è un altro dei punti focali: dovremmo aver imparato la lezione, dopo anni di malagestione in tutto il territorio. «Tutti i comuni dichiaravano quantità di fanghi inferiore rispetto a quello che ci aspetta dalla letteratura scientifica. Per ogni metro cubo di acqua trattata dovrebbe uscirne fuori 2 kg di fanghi», ci spiega Sabatini.
    Il sistema attuale, ad esempio, non incentiva allo smaltimento regolare dei fanghi. Chi se ne occupa, di solito, riceve un pagamento forfettario, che non è legato alla quantità di fanghi che vengono lavorati: «Fingere di depurare bene aiuta a risparmiare. I fanghi devono essere pagati in base alla misura».
    Legambiente propone da tempo di non affidare allo stesso soggetto la gestione e la manutenzione dell’impianto. Una scelta che viene fatta spesso, per semplicità, ma che carica di spese e lavoro un solo soggetto.

    Il peso dell’acqua inquinata

    Sappiamo che è un problema vasto, che non riguarda solo gli scarichi abusivi. In mezzo ci stanno infrastrutture fatiscenti, progetti mai finiti, paesi non collegati alla rete fognaria, impianti dimensionati male, e altri che non dividono il trattamento delle acque nere e quelle bianche. E una diffusa insensibilità verso ciò che ci circonda, e che ci tiene in vita.
    Stare a contatto con l’acqua contaminata è sempre un rischio. In particolare, ingerirla può far insorgere delle malattie gastrointestinali. «Importante in termini di possibili ricadute sulla salute può essere la presenza di sostanze in grado di interferire col sistema endocrino, specialmente nelle acque potabili», spiega Iannone. Un fattore monitorato costantemente dall’Arpacal è quello legato alla presenza di metalli pesanti, «alcuni dei quali sono causa riconosciuta di patologie neurologiche».

    I contaminanti, poi, possono finire nel cibo che mangiamo. «Metalli pesanti, sostanze come PFAS, pesticidi ed altre vengono continuamente monitorate, sulla base delle indicazioni dettate dalla legge, proprio allo scopo di mettere in evidenza l’eventuale presenza di tali inquinanti, con il fine ultimo di identificare e rimuovere la causa dell’inquinamento», precisa ancora Iannone.
    Poi, ci sono le evidenze economiche. Un turismo che plana, ma non decolla mai. Non è un caso se, come riportato dal Sole 24 Ore il 15 giugno, il Sud, in generale, è la macro regione dove ci sono meno turisti. Mancano sia i viaggiatori interni, che esterni. E se il trend è in risalita, è difficile pensare che possa avere un impennata in tempi brevi, se le infrastrutture sono queste.