Tag: cosenza

  • Tutti insieme per l’Auser, parola d’ordine: Ubuntu

    Tutti insieme per l’Auser, parola d’ordine: Ubuntu

    Andrà in scena venerdì 26 gennaio alle ore 17.00, presso la Casa della Musica Luciano Luciani di Piazza Amendola a Cosenza, lo spettacolo di beneficenza Ubuntu, tra musica e parole a sostegno della attività dell’Ambulatorio Auser di Cosenza “Senza confini”.
    A promuovere l’iniziativa ci sono anche l’Auser di Rende, le associazioni Confluenze, La Terra di Piero, Methexis, spazio teatrale partecipato e soprattutto il Conservatorio di Musica Stanislao Giacomantonio. Quest’ultimo ha messo a disposizione la struttura e i musicisti per la realizzazione dell’evento.

    Ubuntu e Auser

    Da anni l’Auser si prende cura delle persone che vivono ai margini di una società in cui ogni progetto di inclusione, soprattutto sanitaria, diventa sempre più difficile. Per fare questo c’è bisogno di sostegno da parte delle istituzioni e dei cittadini.
    L’idea di un evento dedicato alla musica e al teatro nasce dal desiderio di creare un rapporto tra le persone e la comunità fondato sulla bellezza che educa ai valori di un’etica che guarda all’equità sociale. Il titolo della serata, invece, arriva dal termine Ubuntu, che nella filosofia sub-Sahariana indica la credenza di un legame che unisce tutta la comunità: «Io sono perché noi siamo». E una comunità che vuole unirsi attorno alla bellezza della musica e delle parole riesce a guarire dal degrado e dalla malattia chi la bellezza non l’ha mai incontrata.

    Odontoiatri volontari nell’ambulatorio dell’Auser a Cosenza (foto Alfonso Bombini 2023)

    Sul palco

    I protagonisti di Ubuntu saranno i musicisti Gottardo e Giuseppe Iaquinta. Al violino e al pianoforte eseguiranno le partiture di Fryderyk Chopin, tra i più importanti compositori del Romanticismo.
    Tra le note musicali si inseriranno i contributi teatrali di Lara Chiellino, Dario De Luca ed Ernesto Orrico, portando in scena storie di migranti, briganti, filosofi e di santi dai desideri spassosi.

  • Il “caso” Nello Costabile: così Catanzaro vince anche il derby della cultura

    Il “caso” Nello Costabile: così Catanzaro vince anche il derby della cultura

    Il 18 dicembre, nell’Aula Magna dell’Accademia di Belle Arti di Catanzaro, il regista cosentino Nello Costabile è stato insignito della laurea honoris causa in Cinema, Fotografia e Audiovisivo. Prendendo in prestito il gergo calcistico, potremmo dire che è il secondo derby tra Catanzaro e Cosenza che hanno vinto i giallorossi quest’anno. Certo non parliamo di una partita di pallone quanto, se così possiamo definirla, di una competizione culturale. E l’ABA ha prevalso sull’Università della Calabria, che pure può vantarsi di aver istituito in Italia il secondo corso di laurea in DAMS dopo quello di Bologna. Restando alla metafora calcistica potremmo dire che qualcuno, per comodità o poca lungimiranza, gioca a Subbuteo mentre altri guardano a sfide internazionali, dando i giusti riconoscimenti alle nostre eccellenze.

    Perché una laurea a Nello Costabile

    La laurea honoris causa è arrivato per l’impegno profuso dal Maestro Costabile per l’affermazione del teatro professionale in Calabria e per il lavoro svolto a livello nazionale ed europeo. Il titolo accademico onorifico trova, infatti, riscontro nella seguente motivazione: “Per gli studi e le ricerche sulla regia contemporanea, sul gesto come elemento trasversale tra i generi, sulla maschera di Giangurgolo e sul suo ruolo nella Commedia dell’Arte. Per la sua instancabile attività a favore della ricerca e della formazione teatrale che da oltre 40 anni lo vede impegnato nella creazione di un teatro d’arte per le giovani generazioni e l’area della disabilità non solo nella nostra terra, ma in un più ampio contesto europeo con rapporti di collaborazione con network teatrali di rilevanza transnazionali”.
    Eppure questo riconoscimento poco spazio ha trovato sulle pagine dell’informazione regionale, a conferma di quanto il nostro teatro e le sue maestranze vengano marginalizzate, ignorate e sottovalutate.

    Il precedente

    Nello Costabile ironizza dicendo che questo è un cerchio che si chiude e ricorda che all’inizio della sua carriera, nel 1977, proprio Catanzaro gli aveva conferito il IX Premio Nazionale di Teatro, Musica e Poesia per il miglior testo e la migliore regia per lo spettacolo “Maschere e diavuli- Frammenti di un teatro popolare”.
    Ma la carriera del Maestro tutto può dirsi meno che conclusa. Nello Costabile continua il suo lavoro di ricerca sulle relazioni trasversali tra le discipline dello spettacolo dal vivo, un lavoro artistico, di regia e di pedagogia che si sviluppa in un continuo confronto tra tradizione e nuove tendenze della scena, guardando al teatro di figura, alla maschera, alle arti visive, al nuovo circo, alla danza, alle nuove tendenze musicali, alla riscoperta della marionetta, tutto in  un possibile incontro con le nuove tecnologie.

    accademia-belle-arti-cz
    Uno scorcio dell’ABA di Catanzaro

    Possiamo considerare la lunga esperienza professionale di Costabile come parte di un patrimonio immateriale della nostra cultura e in virtù di quanto afferma François Jullien, non dobbiamo pensare che si tratti di valori immobilizzati, quanto di un qualcosa che possa servire da trait d’union tra la tradizione e il futuro culturale da costruire. Il patrimonio culturale deve dialogare con il presente per costruire un futuro, questo è possibile a patto che le istituzioni ne favoriscano il confronto. Allora Costabile può essere quel ponte tra la storia del teatro fatta dai grandi maestri delle avanguardie europee degli anni ’70 del ‘900 con un presente non ancora storicizzato e difficilmente classificabile.

    Nello Costabile e la sua carriera

    Il direttore dell’Accademia, Virgilio Piccari, insieme ad un’ampia commissione di docenti e rappresentanti degli studenti, ha conferito il diploma al regista calabrese riconoscendo il valore della storia professionale del maestro. Ripercorrere le tappe di una lunga e proficua carriera risulta difficile nel ristretto spazio di un articolo, ma già una sintesi sottolinea la ricchezza di una vita dedicata al teatro.
    Tra i maestri di Costabile è doveroso menzionare la regista teatrale e cinematografica francese Ariane Mnouchkine e la sua conseguente formazione presso il Théâtre du Soleil, il maestro Peter Brook dal quale ha appreso i fondamenti della messa in scena, del lavoro con la maschera e l’importanza dell’uso del corpo per il lavoro dell’attore.

    Grotowski02
    Jerzy Grotowski

    Nel 1975 l’incontro con Jerzy Grotowski nel Laboratorio di Wroclaw in Polonia, e per la Biennale di Venezia partecipò al “Progetto speciale Jerzy Grotowski, lavorando con Ludwik Flaszen, co-fondatore insieme a Grotowski del Teatro Laboratorio.
    Fu proprio alla Biennale Teatro di Venezia che avvenne l’incontro con il Living Theatre. Da qui l’amicizia e il lungo rapporto di collaborazione con Julian Beck e Judith Malina, tanto da rivestire il ruolo di delegato della compagnia all’organizzazione della tournée in Italia. Grazie al rapporto con il Living, nel 1976 organizzò a Cosenza il “Progetto di contaminazione urbana” al quale partecipò anche l’importante compagnia argentina la Comuna Baires.

    Gli anni di Giangurgolo

    giangurgolo-nello-costabile
    Nello Costabile nei panni di Giangurgolo in un’immagine d’epoca

    Due anni prima, nel 1974, per la Rai il regista Enrico Vincenti, che stava realizzando una serie di cortometraggi sulle maschere della Commedia dell’Arte, gli chiese di partecipare recitando la maschera del Calabrese, Capitan Giangurgolo, assente dalla scena dal 1650. Nello stesso anno interpretò la maschera nello spettacolo Bertoldo a corte di Massimo Dursi, sempre con la regia di Vincenti. Gli  studi e le ricerche degli anni successivi su Giangurgolo e sul suo ruolo nella Commedia dell’Arte fanno oggi di Nello Costabile il più importante studioso di questa maschera, come gli viene riconosciuto da due esperti internazionali di Commedia dell’Arte quali Arianne Mnouchkine e Carlo Boso.

    Nello Costabile è stato tra i fondatori della prima compagnia professionistica calabrese, la Cooperativa Centro RAT, che ha anche diretto fino al 1979. in quell’anno, poi, il Comune di Cosenza gli ha offerto la direzione del Teatro Comunale “Alfonso Rendano”, di cui è stato il primo direttore artistico.
    Con l’entrata in attività del Consorzio Teatrale Calabrese – Teatro Stabile Regionale ha ricoperto il ruolo di primo direttore. Dopo aver diretto compagnie, teatri e vari festival da oltre un ventennio si dedica, esclusivamente, alla regia e ad attività di educazione e pedagogia teatrale per le nuove generazioni e per ragazzi e giovani con disabilità e disagi sociali.

    cosenza-colta-accogliente-non-per-i-viaggiatori-i-calabresi
    Il Teatro Rendano di Cosenza

    Nello Costabile e la Francia

    La sua solida conoscenza delle reti professionali, delle istituzioni e delle politiche culturali a livello europeo gli ha permesso di essere coinvolto anche in vari progetti e collaborazioni internazionali. In particolare con la École Supérieure Internationale d’Art Dramatique di Versailles, con l’Insitut de Teatre di Barcellona, il Théâtre de la Semeuse di Nizza e la FC-Produções Teatraidi Lisbona.
    È tra i fondatori e consigliere di amministrazione dell’Union Europèenne du Nouveau Théâtre Populaire, network europeo di festival, compagnie e scuole teatrali di Francia, Spagna, Italia, Portogallo, Finlandia, con sede presso il Comune di Versailles. Il network si occupa di cooperazione per la formazione, la programmazione e la creazione nelle arti della scena a livello internazionale.

    eracm-nello-costabile-165tfn1.srdruj714i
    L’edificio che ospita la Ecole Régionale d’Acteurs de Cannes/Marseille

    In Francia Costabile ha ottenuto importanti riconoscimenti accademici. Tra questi, la Laurea in Arti dello Spettacolo–Studi Teatrali dall’Università di Rennes; la Laurea magistrale in Arti della Scena e dello Spettacolo dal Vivo-Progetto culturale e artistico internazionale dall’Università di Parigi 8, Vincennes/Saint Denis; il Diploma di Stato di Professore di Teatro, rilasciato dalla prestigiosa Ecole Régionale d’Acteurs de Cannes/Marseille, sotto la tutela del Ministero dell’Educazione Nazionale Francese.
    Nel 2013, l’Ambasciata della Repubblica d’Indonesia in Italia gli ha conferito il riconoscimento ufficiale di Ambasciatore Culturale per la Promozione in Europa del teatro-danza balinese.

    Passato, presente e futuro

    Nella ristretta bibliografia sul teatro calabrese è triste constatare quanto nessuno, neanche a livello accademico, si sia occupato della storia del teatro dagli anni ’70 in poi. E se da una parte è vero che la Calabria risente della mancanza di una tradizione teatrale, dall’altra c’è tutta una storia, quella dell’incontro con le avanguardie degli anni ’70, che è stata completamente trascurata.
    Un colloquio con il teatro di quegli anni potrebbe raccontarci molto sui processi storici di un periodo di grandi rivolgimenti sociali e politici. Proprio per questo un dialogo con Nello Costabile potrebbe essere il nostro sguardo diretto su un passato che tanto potrebbe raccontarci su quello che siamo diventati. Gustav Mahler affermava che «la tradizione è custodire il fuoco, non adorare le ceneri», noi invece semplicemente ignoriamo il passato, non guardiamo al presente. E difficilmente riusciremo a costruire un futuro culturalmente partecipato.   

                  

  • Magia a sette note: si torna a comporre a Villa Rendano

    Magia a sette note: si torna a comporre a Villa Rendano

    Il nome sembra altisonante: Mf Songwriting Camp. In realtà la sigla iniziale sta per Mario Fanizzi, l’ideatore dell’iniziativa: un corso full immersion di tecniche compositive (songwriting, appunto).
    La manifestazione – una masterclass, per la precisione – si è svolta in tre densissimi giorni, dal 15 al 18 dicembre, a Villa Rendano, trasformatasi per l’occasione in un incrocio tra uno stage e uno studio di produzione.
    Vi hanno partecipato quarantadue musicisti di tutte le estrazioni artistiche e di tutte le parti d’Italia. «Ma per il futuro voglio internazionalizzare l’evento», spiega Fanizzi.
    Il Songwriting Camp ha già una presenza internazionale prestigiosa: Tommy Parker, il produttore di Britney Spears, Drake, Ariana Grande, Justin Bieber e tanto altro pop che conta (o sta per contare).
    Con questo popò di professori, la situazione è più che interessante. Cerchiamo di saperne di più.

    mario-fanizzi-villa-rendano-full-immersion-grande-musica
    A lezione con Tommy Parker e Mario Fanizzi

    Mario Fanizzi: artista internazionale e calabrese adottivo

    Pugliese d’origine, Mario Fanizzi è approdato in Calabria (per la precisione, a Rende, dove vive) dopo un percorso formativo bello tosto, culminato in un corso di studi al prestigiosissimo Berkleee college of music di Boston e in una intensa attività professionale a Los Angeles come compositore e produttore.
    Anche la vocazione di Fanizzi è internazionale: nel suo carnet di collaborazioni figurano Renato Zero, Tom Jones e Carlos Santana, per citarne alcuni… e scusate se è poco.
    L’idea alla base del corso è piuttosto semplice: «Ho circa seicento allievi in tutto il mondo, a cui insegno le mie tecniche di composizione», che si basano su un metodo intuitivo (e olistico, preciserebbero quelli davvero bravi).
    In parole più povere: «Tutti noi apprezziamo alcuni brani perché ci colpisce la loro struttura musicale. Io parto proprio da questo approccio estetico per insegnare le strutture compositive». Quasi l’esatto contrario dell’insegnamento tradizionale, che parte dagli schemi armonici per arrivare ai brani.

    Un primo piano di Mario Fanizzi

    Quarantadue virtuosi alla carica

    Tre giorni tutto incluso, quindi sale per esercitarsi e fare lezione, catering per pranzo e cena e albergo.
    C’è il batterista pugliese che cerca di addentrarsi nella composizione. E c’è il cantante marchigiano che prova a diventare cantautore. E ci sono le vocalist che cercano il salto di qualità culturale.
    In un modo o nell’altro, sotto la guida di Fanizzi e Parker, le sale antiche della sede della Fondazione Giuliani si riempiono di note e arte.
    Da una generazione di musicisti, di cui Alfonso Rendano fu capofila, a un’altra, nel medesimo segno della qualità e dell’internazionalità.
    Ciò che cambia davvero sono la comunicazione e l’interconnessione: quelle magie del web che diamo per scontante ma che consentono “miracoli” di questo tipo.
    «Normalmente svolgo i miei corsi online, ma stavolta ho reputato importante un contatto diretto e, a giudicare dai risultati, sono soddisfatto».
    Fanizzi ipotizza il bis dell’iniziativa, anche in tempi brevi. Come dire: l’appetito vien mangiando. O meglio: la musica vien suonando.

    Questo articolo fa parte di un progetto socio-culturale finanziato dalla “Fondazione Attilio e Elena Giuliani ETS”. L’impegno de I Calabresi e della Fondazione Attilio ed Elena Giuliani è quello di arare il terreno della memoria collettiva e trovare le radici da cui proveniamo per riscoprire la fierezza di una appartenenza.

  • Mafia a Rende, Manna: ecco che c’è dietro lo scioglimento

    Mafia a Rende, Manna: ecco che c’è dietro lo scioglimento

    Scioglimento di Rende: «Sono passati circa venti giorni dalla nostra richiesta di accesso agli atti», spiega Marcello Manna, l’ex sindaco di Rende, nella sala convegni dell’Hotel Europa. Ma «finora senza alcun risultato», aggiunge Manna. La prefettura tace, forse perché da quell’orecchio non ci sente.
    A questo punto, è lecito chiedersi: c’era davvero bisogno di una conferenza stampa alle porte di Natale solo per lamentare il silenzio delle istituzioni che hanno commissariato, la scorsa estate, il Comune del Campagnano per mafia?

    Manna: Rende è Rende

    Evidentemente non è solo questo. Magari pesa anche il fatto che «Rende è Rende, con tutto il rispetto degli altri municipi sciolti per mafia», che in Calabria sono circa il 50 per cento del totale nazionale.
    «Che Rende è Rende non lo diciamo noi, ma la Camera di Commercio, secondo cui la nostra città ha il maggior numero di lavoratori, imprese e partite Iva». Già: ma allora perché la città universitaria si è trasformata, stando agli inquirenti, antimafia e non, da modello in sistema ed è passata dal mirino delle Procure a quello del ministero dell’Interno?

    scioglimento-rende-manna-tutto-complotto-ecco-mandanti
    L’ex sindaco Marcello Manna durante la conferenza

    Scioglimento di Rende: tutto un complotto?

    Con la consueta abilità di consumato principe del foro, Manna evita le accuse dirette e, soprattutto, non evoca complotti. Non esplicitamente, almeno.
    Sebbene la tentazione sia forte, l’ex sindaco glissa alla grande le domande dei giornalisti che cercano di cavargli qualche nome, magari per farci un titolone.
    Manna non dice mai che un ipotetico manovratore occulto potrebbe essere Roberto Occhiuto. Tuttavia, allude in maniera piuttosto esplicita. Infatti: «Dal verbale del Comitato per la sicurezza risulta che il sindaco di Cosenza si è astenuto sulla proposta di scioglimento». Ma le cose starebbero altrimenti: «A me Franz Caruso ha detto di aver votato addirittura contro, perché non vedeva i presupposti di una decisione così drastica». Invece, il verbale tace sulla presidente della Provincia di Cosenza e di Anci-Calabria, che forse avrebbe votato a favore.
    Parliamo di Rosaria Succurro, organica al centrodestra a trazione Occhiuto
    Con la stessa abilità, Manna evita di fare l’altro nome, che pure potrebbe ispirare più di un titolista: quello dell’ex procuratore capo di Catanzaro Nicola Gratteri.
    E tuttavia l’ex sindaco si sofferma a lungo sulla sudditanza della politica calabrese nei confronti delle toghe. E, già che c’è, si leva qualche sassolino dalle scarpe. Ad esempio, sull’inchiesta Reset, condotta, ricordiamo, dalla Dda di Catanzaro a guida Gratteri. Ebbene, l’indagine «ha subito forti ridimensionamenti proprio sulle misure cautelari, irrogate in prima battuta». Come a dire: gli indagati tornano a piede libero, ma Rende è sciolta. E ce n’è anche per Mala Arintha, l’inchiesta condotta dalla Procura di Cosenza: «Ricordo che gli inquirenti hanno prodotto alcune intercettazioni che mi scagionavano solo dopo che il gip si era pronunciato contro di me». Perciò di «certi inquirenti non mi fido».

    Scioglimento di Rende: un contesto da congiura

    Forse il complotto non c’è. O, come tutti i complotti, è indimostrabile. Tuttavia, fa capire Manna, il contesto sarebbe tipico di una congiura.
    E, come ogni congiura, anche questa avrebbe forti interessi alle spalle. Tra i principali, l’eliminazione di Rende per semplificare il percorso verso la città unica (e qui si tornerebbe al centrodestra di potere a guida Occhiuto).
    Inoltre, la vicenda di Rende avrebbe l’esito tipico di tutte le congiure: «Con lo scioglimento per mafia si resta isolati». Sarà, ma Manna, circondato dagli esponenti del suo Laboratorio Civico e dai suoi ex assessori, a partire da Marta Petrusewicz, che ha subito il commissariamento da sindaco facente funzione, ha voluto ribadire di non essere solo né isolato.

    Un momento della conferenza di Manna

    Scioglimento di Rende: Mattarella risponda

    L’ex sindaco rilancia: stiamo preparando un dossier che presenteremo al presidente della Repubblica.
    Come a dire che Rende, già modello e sistema, diventa un caso grazie al ricorso al capo dello Stato, che si aggiungerebbe all’attuale ricorso al Tar contro la decisione del ministro dell’Interno.
    Il giudice non può essere a Berlino e forse non è nemmeno a Catanzaro. Tanto vale mirare in alto.
    Tanto più che la città ha già subito i suoi danni: i commissari hanno fatto scadere i termini per la rottamazione dei debiti.
    Ma Manna sostiene di non aver nulla da rimproverarsi: «Anche se mi fossi dimesso, non sarebbe cambiato niente». Il bersaglio, insomma, non era tanto lui ma la città e la sua coalizione di maggioranza, «che forse ha avuto un torto: non essere organica ad alcun potentato». Il che significa essere alla mercé dei poteri forti, politici e giudiziari.

    La riforma mancata

    Le anomalie dello scioglimento di Rende non finirebbero qui, sostiene ancora Manna: «Non vi sembra strano che la commissione d’accesso era composta da militari che avevano indagato su Rende per conto della magistratura»?
    E si potrebbe continuare. Peccato solo che lo scioglimento per presunte infiltrazioni mafiose sia un procedimento amministrativo che prescinde dai procedimenti penali (e dalle loro garanzie). Anche su tale aspetto, Manna ha qualcosa da dire: «Ricordo che di recente oltre duecento amministratori dell’Anci hanno proposto un progetto di riforma dell’articolo 142 del Tuel (che disciplina lo scioglimento dei Comuni per mafia)».
    E in questa corsa alla riforma, che mirerebbe a garantire di più gli amministratori locali dalla discrezionalità dei burocrati e dei prefetti, Rende è stata in prima fila: «Ricordo anche che la segretaria nazionale dell’Anci ha ribadito che siamo stati i primi amministratori a proporre una riforma della normativa».
    Prendersela con la normativa, elaborata in questo caso per gestire emergenze, può essere il minimo ma è comunque poco.
    Se questa riforma fosse passata almeno un anno fa, sarebbe stata davvero… manna dal cielo, per l’ex sindaco e la sua maggioranza.
    E non è solo un modo di dire…

  • Cosenza, torna la metro? Intanto il parco costa sempre di più

    Cosenza, torna la metro? Intanto il parco costa sempre di più

    Doveva essere tutto pronto prima delle Regionali che poi incoronarono Jole Santelli. Era, almeno nelle intenzioni, il simbolico biglietto da visita da consegnare ai potenziali elettori dell’allora sindaco ed aspirante governatore Mario Occhiuto.
    Oggi il Parco del Benessere su viale Gacomo Mancini a Cosenza porta il nome della governatrice forzista, scomparsa a pochi mesi dalla conquista della Cittadella, ma resta ancora lontano dal completamento. E la spesa, immancabilmente, continua a salire. Tutto mentre il fantasma dell’opera (pubblica) – la principale, ossia la metro leggera che dovrebbe attraversare il viale costeggiando il parco – continua ad aleggiare sull’area. E nessuno chiarisce se i tram da lì passeranno davvero prima o poi.

    A volte ritornano: la metro a viale Parco

    Della metro su viale Parco – come lo chiamano tanti cosentini in barba al pur amatissimo titolare del toponimo originale – infatti non si parla più da tempo. Eppure soltanto pochi giorni fa il Comune ha approvato una perizia di variante ai lavori nell’area che pare proprio tirare l’infrastruttura fuori dal polveroso cassetto in cui sembrava ormai marcire. Costa pochi spiccioli – 175mila euro – rispetto alle decine di milioni in ballo, ma non è detto che, seppur bassa, la somma sia insignificante.
    Dalla determina dirigenziale 2338/2023 si apprende, infatti, che ai piedi del centro commerciale Due Fiumi «[…] La variante prevede che venga ripristinata la forma della Piazza come da Progetto Metro Cs: la forma della piazza, che tra le due progettazioni era variata per forma e dimensioni, verrà realizzata in conformità al Progetto Metro […]». Che non significa eliminare soltanto quel che resta dei chioschetti per gli aperitivi estivi.

    chiosco-viale-parco-cosenza
    Coperti d’estate, copertoni d’inverno: uno dei chioschetti nella piazza

    Non solo: anche il tratto di strada tra via Lupinacci e via Serafini non verrà più chiuso al traffico. Sarà un caso, proprio «come peraltro era previsto dal progetto afferente all’opera principale “Sistema di collegamento metropolitano tra Cosenza – Rende e Università della Calabria”». Il progetto del Parco, invece, da tempo ufficialmente svincolato da quello della metro, prevedeva l’esatto opposto: l’interdizione di quel tratto del viale alle auto.

    tram2-metro-cosenza
    Uno dei tram che avrebbero dovuto percorrere viale Mancini

    Due indizi, secondo Agatha Christie, sono una coincidenza: ne arriverà un terzo? Troppo malizioso, forse, credere di trovarlo nel punto in cui la stessa determina ribadisce che a dicembre 2021 Comune e Regione hanno «concordemente stabilito di lasciare inalterata l’area di ingombro del parco per come configurata dal progetto esecutivo della Regione Calabria, così da evitare ogni possibile interferenza, anche di lieve entità, tra il realizzando Parco Urbano e l’opera principale». A pensar male si fa peccato, ma…

    Metro o non metro, gli interventi nel parco sul viale

    Nel frattempo, ecco alcuni degli altri interventi nella variante. I principali riguardano le aree verdi e quelle per lo sport. Ci sono ulteriori siepi e «percorsi pavimentati, lateralmente e tra i campi da gioco, con un grigliato salvaprato: un sistema di piastre modulari componibili che rendono calpestabile il prato, mantenendolo compatto e folto». Tutte cose che rendono necessari anche altri impianti di irrigazione per la vegetazione extra.
    Niente più campo da squash, poi, con alcuni degli altri campi a cambiare posizione rispetto alle origini per «un più efficiente ed equilibrato assetto distributivo tra gli spazi».
Quanto allo skatepark, «la Stazione Appaltante ha proposto di effettuare delle modifiche sulla progettazione dello stesso in modo da avere una pista che potrebbe essere utilizzata anche nelle competizioni agonistiche».

    operai-viale-parco-metro
    Operai al lavoro vicino ai campetti

    La demolizione è il destino che attende, ai piedi della Sopraelevata, «i 20 mt di pista ciclabile esistente, in quanto realizzati al di fuori sia del presente contratto d’appalto, sia del precedente contratto per la realizzazione della Metrotranvia e non integrati con il progetto esecutivo». Al loro posto ci sarà un prato. Invece «le aree cementate saranno demolite al fine di realizzare delle aree pavimentate ed una rampa pedonale per l’attraversamento della rotonda stradale».

    laghetto-2-viale-metro-parco
    Il laghetto artificiale su viale Mancini

    Si sposteranno alcuni lampioni e arriveranno panchine nella zona dei tavoli da ping pong. In previsione anche 60 metri di ringhiera a lato della cosiddetta “area bambini”. Meglio evitare che i piccoli possano cadere nel dislivello tra il parco e la via privata che lo costeggia, nessuno ci aveva pensato prima.
    Sempre per scongiurare cadute (con bagno annesso) si installerà pure un parapetto, assente dalle previsioni iniziali, in acciaio corten lungo 2/3 dei bordi del laghetto artificiale. Sul restante terzo, toccherà a una siepe proteggere gli utenti della ciclabile da tuffi indesiderati.

    Luci della città

    Col laghetto, però, ecco un ulteriore problema: non c’era modo di alimentare gli impianti di sollevamento dello stesso e delle fontane circostanti. Così come i 5 ulteriori pali della luce alti 12 metri da installare che dovrebbero supplire alla scarsa illuminazione della zona. O, ancora, l’impianto a LED per abbellire lo specchio d’acqua. Le ragioni? «Di natura tecnica, logistica ed amministrativa», che non hanno reso «possibile attivare una nuova fornitura».

    laghetto-due fiumi
    Ancora il laghetto. A sinistra, la pista ciclabile. In fondo, gli uffici del Comune nel complesso Due Fiumi

    C’entreranno qualcosa i 5 milioni di euro di bollette elettriche non pagate da Palazzo dei Bruzi tra il 2020 e il 2022, che il Comune dovrà iniziare a saldare tra pochi giorni e finire di pagare a giugno 2026?
    L’atto non lo precisa, fatto sta che toccherà rifornirsi di elettricità altrove rispetto alle previsioni iniziali. Nello specifico, con un collegamento sotto la sede stradale di via Baccelli tra gli impianti nella piazza e «una fornitura già attiva dell’Amministrazione Comunale e localizzata all’interno dei locali tecnici del complesso commerciale “Due Fiumi”».

    Usa e getta

    Ulteriori spese le dobbiamo a due classici intramontabili per Cosenza e il viale: gli sprechi e i rifiuti. Pagheremo parte dei 175mila euro della variante, ad esempio, per «rimozione, trasporto e conferimento ad impianto di recupero autorizzato, di 150 griglie metalliche in ghisa alla base delle alberature». Le abbiamo comprate e installate. Magari qualche volta, senza esagerare troppo, pure manutenute. Oggi apprendiamo che «rappresentano una limitazione ed una strozzatura per la crescita della pianta e che potrebbe, addirittura comprometterne la crescita e sopravvivenza».

    munnizza-viale-parco
    Un addetto alla pulizia del viale in pausa

    Sborseremo, infine, qualche altro quattrino per smaltire «macerie di calcestruzzo e bitume non imputabili alle lavorazioni del presente contratto d’appalto». Le hanno trovate gli operai scavando per realizzare il laghetto. Erano lì, forse, da quando si costruiva il viale, nella sua forma originaria, posando l’asfalto sulla spazzatura.
    Alle tradizioni non si rinuncia, alla metro non si sa.

  • Bottega Barbieri, ecco il nuovo sito

    Bottega Barbieri, ecco il nuovo sito

    Enzo Barbieri è uno degli ambasciatori della Calabria che esporta gusto, tradizione, qualità. Un brand storico nell’ambito del food e della ristorazione capace di conquistare negli anni fette sempre più importanti di mercato. Oggi Bottega Barbieri, lo shop on line, cambia veste con un nuovo portale realizzato dai creativi di Altrama.

    enzo-barbieri-shop-on-line-realizzato-altrama
    Dal caciocavallo ai famosi “cruschi”: un campionario delle delizie (acquistabili on line) di Bottega Barbieri

    Enzo Barbieri, l’agrichef più famoso di Calabria

    Enzo Barbieri, l’agrichef più famoso di Calabria, è uno di quelli che ha vinto una scommessa importante: produrre eccellenza ai confini dell’impero e conquistare palati e cuori. «Facciamo conoscere un territorio, – afferma – le tradizioni e la bontà di quello che in Calabria si produce. Abbiamo la possibilità di fare cose grandiose e mi piace raccontare quanta passione ci mettiamo nel farle». Una passione che viene da lontano. Barbieri ne ricorda l’importanza: «Mio padre è stato un grande pioniere. Io ho saputo cogliere il suo insegnamento. Sapete, negli anni sessanta immaginava già l’Altomonte di oggi. Aveva una visione aperta, da sognatore, verso questa terra. Alla sua morte prematura nel 1974 sono subentrato io e ho saputo cogliere e dar forza ai sogni dei miei genitori. Fino a farli diventare una grande realtà».

    Entusiasmo, passione, rispetto per l’ambiente

    Enzo Barbieri è un fiume in piena di idee e voglia di metterle in pratica; non te lo scordi, Enzo. Le rughe sul viso testimoniano quanta fatica ci sta dietro al successo di un uomo e di una famiglia: entusiasmo, lavoro, rispetto dell’ambiente, amore per la grande biodiversità alimentare di una regione come la Calabria. Il resto è l’abilità di cucinare e raccontare la parte migliore dell’impresa di quaggiù. Bisogna conoscerlo uno come Enzo Barbieri.

    enzo-barbieri-shop-on-line-realizzato-altrama
    Le delizie di Barbieri e sullo sfondo il centro storico di Altomonte

    Bottega Barbieri, lo scrigno delle meraviglie

    Lo shop on line è uno scrigno di meraviglie. Apre il vero marchio di fabbrica della casa: i zafarani cruschi. Se pensi ai Barbieri ti vengono subito in mente catene di peperoni essiccati che aspettano di affogare nel baccalà fritto, oppure in polvere sulla lagana e ceci. Ci sarebbe da continuare in questa epica dei cruschi. Se non fosse per le altre delizie: fichi dottati, carciofini selvatici della Sila in olio, finissima di melanzane, olive nere “arriganate” oppure “ammaccate”, l’immancabile peperoncino e le marmellate. L’elenco continua. Un campionario gourmet tutto da scoprire sul portale. Con un clic ti porti a casa un pezzo di quella tradizione familiare. Le conserve sono sempre state un punto di forza dei Barbieri. E ci ricordano quello che abbiamo perso, che i nostri nonni ci hanno insegnato e noi non abbiamo appreso o ascoltato abbastanza: la capacità di trasformare i doni di madre natura che una terra come la nostra ancora, per fortuna, ancora ci consegna. Oggi molte meraviglie del palato sono disponibili su bottegabarbieri.it.

  • Pietro De Roberto, il massone che sdegnava il potere

    Pietro De Roberto, il massone che sdegnava il potere

    Pietro De Roberto: un nome che a Cosenza dice poco a molti, ma pure qualcosa a tanti. Una via a suo nome, lì dove per anni ha avuto sede una delle principali e più longeve case massoniche in uso alla compagine locale del Grande Oriente d’Italia.
    Una loggia a suo nome, e una delle più prestigiose e datate: più esattamente la “Bruzia – Pietro De Roberto 1874 n. 269”, che tra pochi mesi festeggerà i 150 anni di lavori. Conteggio ovviamente approssimativo, che non conta cioè il ventennio di inattività dovuto alle leggi fasciste. Fu infatti soltanto nel dicembre del 1943 che la loggia si poté risvegliare, grazie alla determinazione del Venerabile Samuele Tocci e di Alessandro Adriano, del pediatra mazziniano Mario Misasi, del medico antifascista Giuseppe Santoro, di Vittorio Tocci nonché di Emilio e Giovanni Loizzo.

    La Loggia Bruzia – Pietro De Roberto

    La Loggia Bruzia–Pietro De Roberto ne aveva passate, insomma, di cotte e di crude, e senza contare i trasferimenti fisici da Casa Tocci ai locali – ormai non più esistenti – di proprietà dei fratelli Loizzo in via Cesare Marini e poi in quelli di via Guglielmo Tocci. Proprio durante la prima convocazione straordinaria, dopo 18 anni di imbavagliamento fascista, il Venerabile Tocci diede lettura dell’ultimo verbale, quello del 18 settembre 1925, e aggiunse una raccomandazione nuova di zecca: «È necessario intanto combattere ogni attività estremistica ed impedire il dilagarsi del Partito democratico cristiano, che vorrebbe ripetere la nefasta attività del Partito popolare». Buona intenzione disattesa, alla luce dell’ormai documentato equilibrio catto-massonico che resse Cosenza nel secondo dopoguerra.

    sigillo-loggia-pietro-de-roberto
    Sigillo della prima Loggia Pietro De Roberto n. 269

    Un rivoluzionario al governo

    Ma torniamo a Pietro De Roberto, che alla loggia – e alla via – dà il nome. Non un Carneade qualsiasi: nacque a Cosenza, il 1° giugno 1815, in una casa di Strada Santa Lucia, dal Consigliere d’Intendenza Francesco (poi magistrato) e da Nicoletta Guarasci.
    Trasferitosi a Napoli, dove conseguì la laurea in Medicina, aderì lì alla Giovine Italia, alla Carboneria locale. Lo perseguitò, pertanto, la polizia borbonica. Dopo un tentativo di sommossa a Cosenza, partecipò ai moti del ’48, che gli costarono quattro anni di carcere «per attentati volti a distruggere e cambiare il Governo ed eccitare gli abitanti del Regno ad armarsi contro l’autorità» nonché «per aver senza diritto o motivo legittimo preso il comando delle Guardie Nazionali». Per tutta risposta, quando Garibaldi nominò Governatore della Provincia Donato Morelli, quest’ultimo chiamò proprio De Roberto a prendere parte al Governo Provvisorio.

    pietro-de-roberto-atto-nascita
    L’atto di nascita di Pietro De Roberto

    Pietro De Roberto «sindaco perenne»

    Fu così consigliere provinciale per il mandamento di Cosenza: in occasione delle elezioni suppletive comunali di Cosenza del 1886 – dovute alle dimissioni del sindaco Clausi – il giornale La Sinistra auspicò la creazione di una lista guidata proprio dal medico, candidandolo contrariamente al suo stesso parere a «sindaco perenne», per «l’onorabilità  della vita e la fermezza del carattere».
    Pietro De Roberto tuttavia rifiutò poiché non concepiva il cumulo delle cariche, così come in passato aveva rifiutato la candidatura al Parlamento dichiarando di non possedere le virtù indispensabili a un legislatore e di non avere i mezzi per vivere nella capitale.

    Il medico e il 33

    Nello stesso 1886 si trovò però assieme ad altri massoni – compreso il futuro senatore Nicola Spada – tra i fondatori della neonata succursale della Banca Agricola in Piazza piccola. Pietro De Roberto era appartenuto infatti alla loggia cosentina Pitagorici Cratensi Risorti e, il 7 ottobre 1874, aveva fondato, assieme ad altri fratelli della stessa, la loggia Bruzia, laddove si sarebbero affrontati con impegno i problemi dell’educazione elementare e di quella domenicale per le donne, dell’educandato femminile, della polizia urbana, dell’annona, delle società  e scuole operaie, di un dispensario gratuito per i poveri e finanche della fondazione di un Gabinetto di lettura come mezzo di lavoro e propaganda.
    Nel biennio 1888-1889 risulta Venerabile, e di grado 33°, della stessa loggia.

    loggia-269-brevetto
    Brevetto di Maestro rilasciato dalla Loggia Bruzia e firmato dal venerabile De Roberto

    Pietro De Roberto morì il 2 aprile 1890. Lo commemorarono nella sala dell’Istituto Tecnico cittadino mentre le sue esequie si svolsero in forma civile: «Aprivano il corteo le società  operaie, seguivano i Fratelli delle due logge cittadine con i labari, le Scuole, i Consiglieri Comunali e Provinciali, le autorità  militari e civili. La bara fu portata dai Maestri Venerabili della Bruzia e della Telesio, e dal Presidente del Consiglio Provinciale. Il corteo, dopo aver attraversato la città fra la più profonda commozione, si fermò presso il Palazzo dei Tribunali, dove il De Roberto fu commemorato dal Sindaco e dal Presidente della Provincia».

    Il monumento a Pietro De Roberto

    L’inaugurazione del busto in memoria di Pietro De Roberto, opera di Giuseppe Scerbo, scultore massone reggino, dell’ingegnere Marino e del geometra Prato, fu inaugurato nel cimitero di Cosenza il 3 novembre 1890, con un discorso di Giacomo Manocchi, tesoriere della loggia Bruzia  (e, in quel biennio, di grado 18°) nonché pastore valdese impegnato nell’evangelizzazione nelle cittadine di Corigliano, Altomonte, Lungro, S. Sofia d’Epiro, S. Demetrio Corone, e Vaccarizzo Albanese.

    simboli-massonici-busto-de-roberto
    Simboli massonici sul basamento del busto funebre di Pietro De Roberto (foto L.I. Fragale)

    Sul monumento spiccano piccole figure esoteriche sui quattro lati del basamento: le insegne del Rito Scozzese Antico e Accettato, poste frontalmente; una squadra assieme ad un serpente accollato al maglietto e a un piccolo destrocherio di scalpellino; le insegne del 33° grado; infine, squadra e compasso in grado di Compagno (e non, come sarebbe stato più corretto, in grado di Maestro) accompagnate da un teschio accollato a una tibia e trafitto da un pugnale.
    Il basamento riporta la seguente epigrafe di mano del cavaliere Zanci: «Pietro De Roberto 33 / nei moti / pel civile riscatto / uno de’ primi / cariche ed onori / sdegnando / menò vita povera / esempio ai posteri / di antica virtù».

  • Fondazione Giuliani: vittoria al Tribunale di Roma

    Fondazione Giuliani: vittoria al Tribunale di Roma

    Seconda sentenza sulle controversie tra la Fondazione “Attilio e Elena Giuliani” e il suo ex presidente, Franco Pellegrini. Lo comunicano gli attuali vertici della Fondazione.
    Per Pellegrini, la decisione presa dal giudice del Lavoro di Roma lo scorso 9 novembre e pubblicata di recente, è la seconda sconfitta in circa diciotto mesi (tanti ne sono trascorsi dal cambio di vertice dell’istituzione cosentina.
    Pellegrini, rappresentato dall’avvocato Stefano Antonelli, aveva chiesto all’istituzione, che aveva presieduto fino all’estate del 2022, circa 500mila euro.
    Questa somma, secondo Pellegrini, era dovuta per la sua attività di direttore della Fondazione Giuliani prestata dal ricorrente.
    Tuttavia, il giudice ha deciso altrimenti, per un motivo persino banale da raccontare: Pellegrini, che pure aveva presentato memorie e documentazione corposissime, non è riuscito a provare la natura reale del rapporto tra lui e la Fondazione.

    fondazione-giuliani-vittoria-tribunale-contro-ex-presidente
    Villa Rendano, sede della Fondazione “Attilio e Elena Giuliani”

    Prove scarse contro la Fondazione Giuliani

    Detto altrimenti: la Fondazione doveva pagare Pellegrini per l’attività svolta?
    Il Tribunale ha dovuto faticare poco per rispondere no, perché le prove prodotte dal ricorrente sono risultate insufficienti. Quindi ha potuto tralasciare le rivendicazioni dell’ex presidente. E, addirittura, alcune eccezioni della Fondazione Giuliani, rappresentata dagli avvocati Massimiliano Vento e Matteo Pollaroli. In particolare, quella relativa a una donazione di circa 540mila euro ricevuta da Pellegrini proprio per gestire la Fondazione.
    Invece, al momento resta un dato: l’ex presidente dovrà pagare 12mila euro circa tra spese legali e tasse.

  • Mancinismi: Giacomo e la legge dei sindaci

    Mancinismi: Giacomo e la legge dei sindaci

    Trent’anni dall’elezione diretta dei sindaci e di Giacomo Mancini vittorioso a Cosenza. Il leone socialista cambiò in meglio la sua città, vinse anche con i voti della destra, fu avversato e subìto apertamente o meno nel corso degli anni da una larga parte degli eredi locali del Pci in un rapporto di reciproca diffidenza. Al di là dei distinguo, dei però, dei forse, questo elemento è difficile da mettere in discussione. Argia Morcavallo, dirigente del Pds di allora – ha ricordato quel periodo con estrema lucidità: «Ho fatto la guerra a Giacomo». Poi arrivò la cosa 2 di Dalema sancendo l’alleanza delle sinistre. Le cose cambiarono, ma fino a che punto?
    La guerra all’ex ministro e segretario del Psi secondo Saverio Greco – giovane socialista nell’agone di Palazzo dei bruzi – non è mai finita. Con gli ex comunisti «sempre pronti a farlo fuori».

    mancini-trenta-anni-elezione-diretta-sindaci
    Giacomo Mancini

    Il ruolo di Martorelli

    L’iniziativa del Club Telesio ha riannodato i fili di quella stagione politica e umana. A dirigere le danze il giornalista Antolivio Perfetti che di quella candidatura manciniana fu uno dei più attivi promotori e sostenitori. Perfetti ha svelato il ruolo di una figura storica del Pci come Martorelli nel countdown che portò alla presentazione della candidatura di Giacomo.
    Mancini ebbe il fiuto di cavalcare la nuova legge che sanciva l’elezione diretta dei sindaci. Enzo Paolini – allora giovane protagonista di quella avventura amministrativa e politica – ha messo in guardia da facili entusiasmi sulla semplificazione come unico strumento per arginare la poca governabilità: «L’elezione di Mancini fu straordinaria, ma quella legge non ha mai funzionato».

    E oggi con l’accelerazione della maggioranza parlamentare sul premierato si insinua nuovamente il fantasma della semplificazione a tutti i costi e del decisionismo senza contrappesi. Paolini lo ha evidenziato cogliendo lo spirito e i rischi di certa ingegneria istituzionale all’italiana. Di parere contrario è stato Mario Oliverio, ex presidente della Regione Calabria: «L’elezione diretta del sindaco è stata una scelta importante e giusta, rompendo l’instabilità politica di prassi prima del 1993». Su Mancini ha aggiunto un aneddoto personale. Il primo giorno da parlamentare telefonò all’ex segretario del Psi, dicendo: «Quanto si sente la tua assenza qui alla Camera». Ha aggiunto: «Mancini si commosse».

    Mancini e l’importanza del contesto

    Serviva uno storico rappresentante della Democrazia Cristiana come Pierino Rende per uscire un po’ fuori dal coro della laudatio totalizzante, in questo caso manciniana, di certe ricorrenze: «Non amo queste celebrazioni, si scade sempre nella retorica». Come dargli torto. L’ex parlamentare riporta il discorso sull’attualità della città unica, sull’eredità manciniane che ne hanno aperto la discussione. Ha ricordato «Il contributo del piano Vittorini con la trasformazione di via Popilia» e gli sforzi per abbattere il muro centro-periferia. Un muro che è esistito davvero. Di mattoni e cemento.

    La conquista di Palazzo dei Bruzi da parte di Mancini è preceduta da un «contesto caotico», sullo sfondo di un’Italia travolta dal ciclone Tangentopoli. La questione giudiziaria, di altra natura rispetto ai garofani al Nord, lambì anche Giacomo che fu poi assolto. Paride Leporace, giornalista che in quel 1993 capeggiava la lista Ciroma, l’ha citata e poi ha spiegato in poche battute il meltin’g pot elettorale messo in piedi dal leone socialista: «Un civismo spinto al massimo, dentro c’erano preti, periferie e la destra estrema». Ne avrebbe parlato Arnaldo Golletti di quella destra, ma ieri non era al tavolo dei relatori seppur presente tra i nomi del manifesto.

    mancini-trenta-anni-elezione-diretta-sindaci
    Nipote e nonno: Giacomo Mancini fa un selfie con la statua dello statista socialista (foto A. Bombini)

    «La destra non fu determinante»

    Giacomo Mancini (il nipote del leone socialista), ex parlamentare e assessore regionale, ha contestato questa versione dei fatti: «Uno degli animatori di quella lista era Pino Tursi Prato e poi c’era qualcuno collocato a destra». Non furono così determinanti come in tanti nella sua città continuano a ripetere, appunto, da 30 anni? A suo parere no. Nel suo intervento non poteva mancare un accenno alla vicenda giudiziaria che investì suo nonno in una serata in cui sul contesto politico e sociale di quegli anni si sono spese tante parole. Mancavano all’appello le parole di un altro socialista che ha recitato un ruolo importante nello scacchiere politico: Sandro Principe. Peccato. Il suo punto di vista avrebbe ampliato il racconto dei vari mancinismi evocati a piazza Parrasio.

  • E il re del terrore diventò Diabolik sull’Isola di Dino

    E il re del terrore diventò Diabolik sull’Isola di Dino

    «Ho passato tutto questo tempo a dare la caccia a un fantasma. Però adesso stiamo per morire. Potresti dirmela la verità! Diabolik, chi sei?».
    E così insieme a Ginko-Valerio Mastandrea scopriamo che l’antieroe creato negli anni Sessanta dalle mitiche sorelle Angela e Luciana Giussani è cresciuto sull’Isola di Dino, di fronte a Praia a Mare. È la location scelta, insieme alla Tonnara di Palmi, per raccontare la sua infanzia e la sua adolescenza, nell’ultimo film della trilogia dei fratelli Marco e Antonio Manetti.

    I fratelli Antonio e Marco Manetti (foto Pietro Luca Cassarino, fonte Wikipedia)

    Diabolik-Chi sei?, prodotto da Mompracem e da Rai Cinema, è stato presentato al Citrigno di Cosenza nelle stesse ore in cui usciva in tutta Italia. In sala con Antonio Manetti, Giampaolo Calabrese, project management della Calabria film commission, che ha contribuito alla realizzazione, il presidente regionale dell’Anec Pino Citrigno e la giornalista Rosa Cardillo.
    «Le maestranze calabresi hanno una marcia in più, è incredibile», dice Antonio Manetti. «Lavoriamo sempre con la stessa troupe, siamo una famiglia, ma ogni tanto abbiamo incluso qualcuno proveniente da questa regione, ragazzi e ragazze non alfabetizzati cinematograficamente e che sono cresciuti in fretta; con il resto della squadra spesso siamo rimasti meravigliati dalle capacità dimostrate».

    Le riprese del film dei Manetti Bros sull’Isola di Dino

    Da neonato a criminale… sull’isola di Dino

    Nell’ultimo capitolo della saga si scava nel passato di Diabolik. Girato in un pezzetto di Calabria, a Bologna, Milano e Roma (tra la primavera e l’estate del 2022), è ispirato al numero 107 del fumetto, una storia che i cultori conosco bene.
    Giacomo Giannotti e Mirian Leone interpretano la coppia del crimine. Il loro è un grande amore come quello tra l’Altea di Monica Bellucci e il commissario di Clerville. Deliziosa Barbara Bouchet che appare nei panni di una contessa, mentre Carolina Crescentini, anche lei in una breve parte, ricorda un personaggio di Omicidio a luci rosse di Brian de Palma.
    Il futuro criminale viene salvato in mare, neonato, da un manipolo di criminali che lo porta sull’isola (di Dino) dove crescendo imparerà, grazie a chimici, medici e ingegneri pazzoidi, a costruire le maschere umane, a fabbricare trucchi meccanici rocamboleschi, a far scorrere fiumi di pentothal. E sono scene in bianco e nero con un sentore di espressionismo tedesco alla “dottor Caligari”. Sull’isola si aggira una pantera nera che semina il terrore e che tutti chiamano Diabolik. Una creatura che lo affascina, tanto da prenderne il nome.

    La giornalista Rosa Cardillo e il regista Antonio Manetti

    Palmi e il «film del cuore»

    I fratelli Manetti sono romani ma originari di Palmi da parte di madre. Amano e frequentano la regione dello Stretto da sempre. In questo momento seguono il montaggio di U.S. palmese, finito di girare la scorsa estate, con Rocco Papaleo, Claudia Gerini, Massimiliano Bruni (stessi produttori del terzo Diabolik, con in più il patrocinio della Lega Nazionale Dilettanti).
    Un’opera ottimista, «un film del cuore», confessa il regista, che segna il ritorno dei Bros all’abitudine di spaziare tra i generi.
    «E’ dall’incontro con Giampaolo Calabrese che è nata l’idea. Durante le location per Diabolik ci chiese “perché non fare un film interamente dedicato alla regione?”. Io e Marco avevamo una storia, un progetto già scritto e messo da parte. Gliel’abbiamo raccontata e lui ha risposto: “Facciamolo!”».

    Erano due ragazzini i Manetti, quando in un’osteria vicino allo stadio di Palmi, mentre mangiavano gelati, ascoltavano i racconti sulle imprese di un calciatore. «La squadra di calcio è una scusa per raccontare tante cose, è un film pieno di emozioni, sia sportive sia umane». Un film sulla Calabria migliore. «Vorremmo fare per questa terrà ciò che abbiamo fatto in Campania con il nostro Song’e Napule».
    Molta musica (nel caso della premiata opera napoletana quella dei neomelodici, con il Lollo Love di Giampaolo Morelli), tenerezza, ironia, affetto. Nel cast anche Max Mazzotta e Paolo Mauro, attori calabresi che hanno lavorato in diversi film, molto impegnati sul territorio.

    La copertina “stracult” del numero 107 di Diabolik

    Maschere, vintage e tanta musica

    Nel cast di Diabolik-chi sei? c’è Max Gazzè, un altro artista che da queste parti torna volentieri, grazie alla sua collaborazione con il musicista Checco Pallone e la sua orchestra. Interpreta il re del terrore che si traveste per una “missione” e indossa una maschera che ha la faccia… proprio di Gazzè.
    L’attore Paolo Calabresi fa il cattivo, è King, il capo supremo della comunità di geniali delinquenti che popolano l’isola. È il primo avversario di Diabolik. Chi la spunterà?
    Non spoileriamo, ma ci piace l’alleanza femminile tra Eva e la duchessa Altea di Vollenberg, per salvare i loro compagni dalle grinfie di una banda di rapinatori, talmente sopra le righe da provocare un effetto comico. Una parte della critica non è stata generosa con questo film. I Manetti pagano scelte coraggiose da apprezzare nel tempo. La loro trilogia è un’eredità importante per il cinema italiano.

    I personaggi sembrano realmente fumetti. La cinepresa gli sta addosso esaltandone centimetri fisiognomici e sguardi. Ironici e fedeli agli effetti meccanici più che a quelli speciali, gli autori sembrano divertirsi a creare un film dall’allure vintage. Una pellicola forse un po’ lunga, come tante altre delle ultime stagioni cinematografiche, ma che offre più punti di osservazione: uno spasso è scovare gli oggetti e gli arredi di scena: dallo show di macchine d’epoca, alle lampade, alla varietà di telefoni della Sip.
    Tutta la saga passerà l’esame dei botteghini degli States. I registi, che puntano sulla vena noir e su quel dna di cinema italiano apprezzato dagli americani.
    E poi c’è l’amata musica. La colonna sonora originale, uscita anche in vinile, è di Aldo e Pivio De Scalzi, con una soundtrack a base il funky. E vengono in mente L’ispettore Coliandro e altri lavori dei Manetti. Canta anche il re del falsetto degli anni Settanta Alan Sorrenti. Ti chiami Diabolik è il brano d’apertura firmato insieme con i Calibro 35.

    Da sinistra: Pino Citrigno, Antonio Manetti, Rosa Cardillo e Giampaolo Calabrese

    Un via vai di registi e attori

    «Abbiamo accolto la troupe e i Manetti con grande piacere e siamo orgogliosi – dice Giampaolo Calabrese della Calabria film commission, – di far conoscere il territorio attraverso una narrazione innovativa e di alta qualità». Inizia ad essere molto lungo l’elenco dei film realizzati nella regione in questi ultimi anni. La Fondazione avvierà corsi di formazione per personale specializzato, per poter rispondere alle richieste di produttori e registi che scelgono la Calabria. Partito da Cosenza Alessandro Gassman, dove ha soggiornato durante le riprese di alcune scene di A mani nude di Mauro Mancini, è arrivato l’attore americano James Franco, protagonista di Hey Joe di Claudio Giovannesi. Un magnifico via vai che si spera diventi una costante per una Calabria sempre più cinematografica.