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  • Transfughi, parenti, evergreen: Caruso fa la squadra

    Transfughi, parenti, evergreen: Caruso fa la squadra

    La seconda partita della Calabria si gioca a Cosenza, dove si deciderà la successione di Mario Occhiuto. Per quanto piccolo e declinante, il capoluogo bruzio è di nuovo l’ago della bilancia degli equilibri regionali.
    Ecco perché il centrodestra si gioca il tutto per tutto e mira alla conquista di Palazzo dei Bruzi senza lesinare mezzi e con un bel po’ di pelo sullo stomaco.

    I numeri dell’armata

    Sulle liste delle Regionali tutto tace o quasi, visto che si attende il verdetto della Commissione antimafia, a cui si è rivolto il solo Roberto Occhiuto.
    Tra il Busento e il Campagnano, invece, è tutto un fermento di numeri, sigle e nomi.
    Magari non sarà “invincibile” (e, anzi, rischia di prendere qualche botta qui e lì), ma l’“armata” comunque c’è. Ed è temibile. Nelle sue file si mescolano veterani “pluridecorati” da tutti gli schieramenti della città e giovani rampanti, attratti dal miraggio della vittoria non improbabile, grazie soprattutto alle divisioni altrui.

    Iniziamo dalle liste, che al momento risultano sette, per il semplice motivo che Francesco Caruso, campione del centrodestra e unto dei fratelli Occhiuto, non ha ancora deciso di compilare la lista del sindaco.
    Ma non disperiamo: Cosenza è una delle città che produce più candidati in rapporto alla propria popolazione in assoluto. Quindi potrebbe essere solo questione di tempo perché si avverta la necessità dell’ottava lista e il mite Caruso si dia da fare per stoccarvi i potenziali candidati in eccesso.

    L’elenco delle liste

    Al momento risultano schierate e prossime al completamento le seguenti liste:

    • Forza Italia, che con tutta probabilità sarà rinominata Forza Cosenza, come nel 2016;
    • Fratelli d’Italia, che come vedremo è oggetto di negoziazioni e tentativi di colonizzazione;
    • Lega, che dopo la defezione di Vincenzo Granata, si presta a operazioni simili, forse addirittura più ardite, a quelle in corso sul partito di Giorgia Meloni;
    • Udc, un rampicante sempreverde della politica calabrese, che a Cosenza risulta più attrattivo che altrove;
    • Coraggio Cosenza, cioè la versione cosentina di Coraggio Italia, il partito di Giovanni Toti e Luigi Brugnaro, diventato il rifugio di Granata e di buona parte dei dissidenti che hanno deciso di mollare Salvini;
    • Azzurri (o Lista Azzurri), un troncone di Forza Italia, in cui si candideranno i fedelissimi di Gianluca Gallo;
    • Continuità, un altro troncone azzurro costituito dagli ultrà del sindaco uscente.

    Tra gli organizzatori dello schieramento, secondo i bene informati, un ruolo di primo piano ce l’ha Carmine Potestio, il superconsulente uscente, che sarebbe intento a spalmare i suoi fedeli, tra consiglieri e aspiranti tali, nelle sette liste.

    L’enigma Ruffolo

    Ma prima di proseguire è doverosa una domanda: che fine ha fatto Antonio Ruffolo?
    Su di lui, al momento, è uscito pochissimo dal delicatissimo gioco di incastri escogitato dallo stato maggiore degli Occhiuto.
    Infatti, non è dato sapere dove si collocherà il consigliere uscente dell’Udc, tanto silenzioso quanto votato. Di Ruffolo non si ricorda un intervento in Consiglio né una polemica. Ma, forte di una media di oltre cinquecento voti a tornata elettorale, il Nostro ha sempre dato il traino alle liste dell’Udc.

    Il motivo di tanto insospettabile successo è piuttosto chiaro: Ruffolo, noto in città col soprannome di ‘A ‘mmasciata, sempre pronto ad aiutare gli anziani a portare la spesa e a sbrigare le faccende condominiali e di quartiere, è il lobbista di chi in una lobby non può mettere piede e il faccendiere di chi non può permettersene uno.
    La sua microclientela di quartiere risulta sostanzialmente innocua per le casse comunali ma paga bene in consensi. Difficile immaginare una coalizione cosentina senza di lui. Di sicuro c’è che Ruffolo è vivo e lotta (con gli Occhiuto). Ma non è dato sapere dove.

    Forza Occhiuto

    La lista di Forza Italia è la croce e delizia dello schieramento di Francesco Caruso. Essendo l’ammiraglia della coalizione, sarà composta da candidati di provata fede su cui i big del centrodestra spenderanno le proprie fiches.
    Tra i candidati berlusconiani si annoverano, sempre per ora, Luca Gervasi, Alessandra De Rosa e Fabio Falcone. Della partita dovrebbe essere anche Michelangelo Spataro, altro uscente di peso, che sarà candidato in ticket con la figlia dell’imprenditore Giampiero Casciaro, per motivi personalissimi: i due sono amicissimi e soci in affari, perché titolari di una casa di riposo a Mendicino, alle porte della città.

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    L’assessore uscente Michelangelo Spataro era in maggioranza anche con Salvatore Perugini sindaco

    L’amicizia prima di tutto. Ed ecco perché Casciaro, dopo aver candidato nel 2016 la moglie in ticket con Giovanni Cipparrone nella coalizione di Enzo Paolini, ha deciso di candidare la figlia in ticket con un occhiutiano di provata fede.

    Udc: democristiani fuori, cosentini dentro

    L’ex partito di Roberto Occhiuto si rivela un ottimo contenitore politico per cosentini di tutti gli orientamenti in libera uscita. Tra i candidati si annovera Salvatore Dionesalvi, ex assessore della giunta di Salvatore Perugini, l’ultima esperienza di governo del centro sinistra.
    C’è, inoltre, Giovanni Cipparrone, ex presidente di circoscrizione in quota Ds, poi oppositore al fianco di Paolini, quindi transitato al centrodestra, dopo un avvicinamento progressivo a Mario Occhiuto.

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    Da sinistra verso destra: Luca Gervasi, Francesco Spadafora e Giovanni Cipparrone

    E figura Emanuele Sacchetti, altro ex presidente di circoscrizione, molto attivo sul territorio ma passato in secondo piano in seguito all’abolizione di questi enti subcomunali. Sacchetti, secondo i bene informati, dovrebbe correre in ticket con la figlia di Giacomo Fuoco, già consigliere e altro fedelissimo di Occhiuto. Il motivo del ticket starebbe nella comune vicinanza di Sacchetti e Fuoco papà a Luigi Novello, medico di San Lucido con una consistente base elettorale e candidato alle scorse Regionali con la Lega.
    Tra i papabili dell’Udc ci sarebbe inoltre Roberto Bartolomeo, un altro mattatore di Palazzo dei Bruzi. Ma sul suo nome non c’è ancora certezza perché potrebbe trovare un’altra collocazione, sempre nel centrodestra.

    La Lega dopo Granata

    La missione di compilare le liste della Lega dopo gli ammutinamenti di Granata e di altri dissidenti passa allo staff di Occhiuto.
    Anche in questo caso la missione è semplice: fare voti, il più possibile e senza andare per il sottile. Che lo scopo sia questo, lo conferma uno dei nomi su cui si chiacchiera di più: Roberto Sacco, un intramontabile della politica cosentina che, dopo aver cambiato più volte vasi e aiuole, diventa anche finalmente verde.

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    Roberto Sacco
    Coraggio Cosenza

    È la lista di più difficile compilazione, perché in essa dovrebbero convivere Vincenzo Granata, i transfughi della Lega e altri fedeli di Occhiuto che non troveranno posto altrove.

    Fratelli d’Italia

    Nel partito della Meloni la parola d’ordine è: colonizzare. A riprova, va da sé, della debolezza strutturale di un partito più forte negli slogan che nell’organizzazione.
    Tra i neomeloniani spicca Francesco Spadafora, il consigliere più votato nelle precedenti Amministrative. Già vicino a Ennio Morrone, il giovane poliziotto di Donnici ha dato prova a più riprese di carattere e indipendenza politica. E c’è chi dice che sarà capace di avvicinare le mani alla fiamma sbiadita di Fdi senza scottarsi.

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    Mario Occhiuto e Luca Morrone quando il secondo, prima di sfiduciare il primo, era presidente del consiglio comunale bruzio

    A proposito di Morrone: Luca, il vicepresidente uscente del Consiglio regionale, conferma anche a Cosenza di voler stare fermo un giro e di agire, semmai, per interposta persona anche nella conquista di Palazzo dei Bruzi. Non si candiderà neppure nella sua città ma pescherà nella sua rete parentale: candiderà una sorella della moglie, che a sua volta è già candidata alle Regionali.

    Uno slogan dei leghisti calabresi è: mai i Gentile con noi. Ma forse i seguaci di Salvini intendono i fratelli Gentile e i loro familiari. Infatti, il divieto è escluso per i fedeli dei due fratelli terribili, visto che Massimo Lo Gullo, sodale da sempre della famiglia più potente di Cosenza, si candiderà coi meloniani.
    Sempre con la fiamma, è prevista inoltre la candidatura del figlio dell’assessore Lino Di Nardo, altro destrorso di lungo corso legato al sindaco uscente, seppure con autonomia lucida e critica.

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    Giovanni Quintieri e Annalisa Apicella

    Tra i fiammisti uscenti, si segnala Annalisa Apicella, che correrà in ticket con Giovanni Quintieri. Occorre ricordare, al riguardo, che già nel 2016 la Apicella fu di fatto in ticket con l’avvocato, che si dimise consentendole di entrare in Consiglio.
    Ultimo ma non da ultimo, Michele Arnoni, ex esponente de La Destra di Storace passato poi con Orlandino Greco. Per lui è il classico ritorno di fiamma.

    Lista Azzurri, dallo Jonio con furore

    La lista di Gianluca Gallo ha la stessa impronta centrista di Forza Italia. È un esperimento politico non ancora definito, con cui l’assessore regionale all’Agricoltura ed ex rivale interno di Roberto Occhiuto tenta di mettere qualche pedina a Cosenza.
    I nomi che spuntano sono quelli di Marisa Arsì – altra consigliera uscente, moglie dell’imprenditore Pino Carotenuto, ex seguace della famiglia Morrone ed ex superconsulente di Palazzo dei Bruzi – e Giovanni Gentile, segretario nella struttura regionale di Gianluca Gallo e già seguace di Saverio Zavettieri.

    Il quadro e le variabili

    Per avere un quadro completo e rispondere ad altre curiosità tipicamente cosentine (ad esempio: che farà Katya Gentile?) occorrerà attendere la compilazione definitiva delle liste regionali del centrodestra. Al momento è tutto e, come si vede, è un gran casino.

  • Chi è più civico di me? A Cosenza è fuga dai partiti

    Chi è più civico di me? A Cosenza è fuga dai partiti

    D’accordo che siamo la patria di Cetto, ma qualche occhiatina al dizionario, anche distratta, non fa male. Ci aiuterebbe a capire, per esempio, che “civico” è sinonimo di “civile” o “urbano” e che il contrario di civico non è “partitico”, ma cafone, villico, in definitiva tamarro.
    A questo c’erano arrivati già i picciotti di Stefano Bontate, che prima di farsi sterminare come le mosche, chiamavano viddani, cioè villici, i corleonesi di Luciano Liggio e Totò ’u Curtu. Ma questa è un’altra storia, grande e tragica, che riguarda ben altre classi dirigenti.
    Quella cosentina, a partire dai problemi col vocabolario, è decisamente peggio.

    Faccio danni quindi rivinco

    Squadra vincente non si cambia, recita l’adagio. A Cosenza si va oltre e si mantiene quella perdente, con la quasi certezza di vincere.
    Prendiamo il caso dell’amministrazione uscente. Forse non è del tutto colpa di Mario Occhiuto se il Comune è finito in default: lui aveva solo “ereditato” una situazione disastrosa, il famigerato debito mascherato di cui si era favoleggiato a lungo nei bar “che contano”. Tuttavia, la Corte dei Conti la pensa altrimenti. E ha pure condannato in primo grado Mario l’Archistar e una buona fetta del suo Stato Maggiore a risarcire danni erariali ai cosentini per altre vicende.

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    Un estratto della sentenza di primo grado con cui la Corte dei Conti nel 2020 ha condannato per danno erariale Mario Occhiuto, parte della sua Giunta e alcuni ex dirigenti per spese relative allo staff del sindaco

    Normalmente, l’esperienza di Occhiuto finirebbe archiviata perché i cittadini, stanchi delle tasse a palla, girerebbero i propri consensi altrove. Anche a dispetto del fatto che il fratello Roberto Occhiuto sia l’aspirante governatore regionale in predicato di vincere.
    Invece no: a Cosenza manca l’“altrove” a cui rivolgere consensi e su cui sfogare dissensi e mal di pancia più o meno motivati. Per le deficienze dell’attuale centrosinistra la città rischia di assistere allo spettacolo non bellissimo del 2016, quando Mario l’Archistar vinse in maniera bulgara a dispetto della sfiducia del Consiglio comunale, a cui si associarono elementi importanti della sua stessa maggioranza.

    Solo che allora qualche scusa per la disfatta c’era. Ad esempio, c’era la prepotenza di Renzi, che aveva imposto Lucio Presta in un sussulto di fighetteria. E ci fu la candidatura tardiva di Carlo Guccione, già logorato dai suoi alti e bassi nell’amministrazione regionale Oliverio, che non riuscì ad assicurare nemmeno l’onore della bandiera.
    Ora non c’è alcuna pezza. Ci sono solo gli appetiti dei big che mirano a ritagliarsi spazi e ruoli, col metodo più facile (e vecchio): sputano veleno sui partiti, che nei loro confronti hanno solo la colpa di non elargire abbastanza. In termini di potere, si capisce.

    La quadra dei partiti

    Una cosa va detta: gli Occhiuto non sono fessi, quindi non faranno a meno delle sigle di partito, che utilizzeranno forse con le solite accortezze un po’ tamarre: Forza Cosenza per far capire che è Forza Italia, Fratelli di Cosenza, Lega Cosenza ecc.
    D’altronde, non potrebbero eliminarle neppure se volessero: la legittimazione civica per loro è difficile, dopo lo sfascio del Comune, e in questo settore c’è chi è più “bravo” di loro. Ad esempio, Francesco De Cicco, la cui candidatura è civica perché non riesce a essere politica neppure sotto sforzo; lui è il punto zero della politicità.
    A chi storce il naso è possibile obiettare che De Cicco è il civismo su misura di una città invecchiata, in decrescita demografica e in arretramento culturale, in cui il ceto medio si è assottigliato paurosamente.

    Il problema vero per chi aspira a riprendersi il territorio dopo un decennio di lamentele improduttive e di opposizione più urlata che fattiva, è la mancanza di fisionomia politica.
    Già: perché i cosentini dovrebbero votare chi non è carne né pesce, e magari deve tutto al sistema da cui prende le distanze?
    L’interrogativo non riguarda, ovviamente, Franz Caruso, che è contentissimo di essere candidato a sindaco dal Pd e dal Psi, dopo anni di tentativi elettorali e di presenze nelle istituzioni coi marchietti socialisti e post socialisti.
    Il problema è che dietro Caruso ci sono (e, se non cambia qualcosa, ci saranno) Nicola Adamo, Carlo Guccione e Luigi Incarnato. Ovvero, tre spezzoni della sinistra che ha gestito potere. Il che, in parole povere, si traduce in poche briciole per tutti gli altri.

    Una post democristiana civica

    Bianca Rende ha attribuito la sua candidatura a Palazzo dei Bruzi alle esortazioni del gruppo What Women Want, di cui lei fa parte. Una roba civica e neofemminista, insomma.
    Eppure, la Rende ha legami più che solidi con la politica, che datano alla Prima Repubblica più “profonda”. Suo padre Piero è stato un big di lungo corso della Dc, quando la Dc dettava le regole e dava le carte a tutti i tavoli, anche quelli comunisti.
    Lei stessa ha aderito al Pd, nella sua cosiddetta “area popolare”, il centro di stoccaggio per orfani e cuccioli della Balena Bianca.

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    Eletta nella lista del Pd alle elezioni del 2016, Bianca Rende punta a succedere a Occhiuto come rappresentante del civismo

    E c’è stata in buona compagnia: quella di Stefania Covello, figlia del superbig democristiano Franco Covello e anch’essa protagonista di una carriera non proprio piccola, vissuta a cavallo tra centrodestra e centrosinistra. Un’esperienza in consiglio comunale tra i banchi di Forza Italia, eletta parlamentare nel Pd, Stefania ha saltato il fosso e ha aderito a Italia viva, trascinando con sé Bianca.
    Peccato solo che quello di Renzi sia un gruppo parlamentare molto coeso che, tuttavia, pesa poco nella società civile. Detto altrimenti: difficile negoziare qualcosa di serio se il proprio referente romano è l’ex premier. Meglio giocarsi la carta del civismo, magari con l’aiuto della famiglia Covello.

    Con lei ci sarebbero, per quel che pesano, anche i Cinquestelle cosentini. In realtà ci sarebbe pure Carlo Tansi, che pesa altrettanto, ma ingombra di più.
    Giusto una curiosità: non era proprio Bianca Rende quella che tuonava dalle colonne del Quotidiano del Sud nel 2018 contro i finti civici, responsabili a suo dire di generare indisciplina e mettere a repentaglio la governabilità?

    Sergio Nucci, l’irriducibile centrista

    A Sergio Nucci molti giornalisti devono dire grazie, perché con il suo sito ha letteralmente rimpiazzato l’albo pretorio del Comune e rimpinzato i cronisti di tutti i documenti relativi agli strafalcioni dell’amministrazione Occhiuto.
    Anche il dentista cosentino è civico. S’intende: nella misura in cui possono essere civici gli esponenti del notabilato politico che non trovano spazio adeguato nei partiti.
    Nucci, infatti, respira politica da sempre, grazie alla Dc in cui aveva militato e in cui vanta una parentela illustre: quella con Annamaria Nucci, la compianta ex deputata Dc e poi Ppi e donna forte dell’esecutivo Perugini.

    Crollata la Prima repubblica, il Nostro si è posizionato prima nell’area manciniana e poi si è messo in proprio in nome del civismo: nel 2011 si è candidato a sindaco alla guida di una minicoalizione, in cui, oltre alla sua associazione Buongiorno Cosenza, c’erano due liste partitiche: i finiani di Fli e i rutelliani di Api.
    Forte di un buon consenso, il Nostro ha appoggiato Mario Occhiuto al ballottaggio e poi, a causa di una negoziazione finita male, è passato all’opposizione. Ora ci riproverebbe, più civico che mai. Non si sa mai che uno dei due Caruso (Franz o l’occhiutiano Francesco) risulti più malleabile…

    Marco Ambrogio, dal postcomunismo all’infinito

    Anche Marco Ambrogio è un altro civico per autoproclamazione. Il giovane avvocato cosentino vanta, tuttavia, una gavetta forte e radici familiari importanti negli ambienti postcomunisti. È parente di Franco Ambrogio, già eminenza grigia del Pci e poi regista delle successive trasformazioni dei compagni (anche di merende…) fino al Pci.
    Forte di un certo radicamento nella sua Donnici, a cui vorrebbe restituire la circoscrizione, Ambrogio Jr è stato assessore con Salvatore Perugini e capogruppo del Pd. Poi ha tentato il colpaccio nel 2014, schierandosi con Gianluca Callipo in occasione delle primarie per la scelta del governatore.

    Di fatto, si è tarpato le ali da solo. Ma, tra una cosa e l’altra, è riuscito a impalmare Rosaria Succurro, assessora di Occhiuto (e condannata assieme a lui per danno erariale) nonché attuale sindaca di San Giovanni in Fiore.
    L’avvocato cosentino è riuscito a rientrare in Consiglio comunale candidandosi con Carlo Guccione in una lista civica. Civico per civico, ora balla da solo. Non si sa mai che la vicinanza indiretta con Occhiuto, propiziata dal talamo nuziale, non torni utile…

    Giacomo Mancini, l’evergreen postsocialista

    Giacomo Mancini riscuote ancora simpatia, affetto e qualche consenso nella sua roccaforte del centro storico. Ovviamente, tutto questo non basta per motivare una sua candidatura a sindaco al di fuori dei partiti, nei quali, invece, si è mosso alla grande e con forti risultati.
    È stato consigliere comunale nel gruppo socialista quando ancora era forte la nostalgia per suo nonno, il vecchio Giacomo, ed è diventato deputato con la Rosa nel pugno, il partitino radicalsocialista messo in piedi da Daniele Capezzone.

    Al pari del suo leader, ha saltato il fosso nel 2008, quando l’agibilità del centrosinistra era agli sgoccioli. Giusto in tempo per diventare assessore con Peppe Scopelliti. Il ritorno a sinistra non gli ha portato molto bene, visto che non è riuscito a tornare a Montecitorio nel 2018. Peccato, perché rispetto ad altri Giacomo è almeno presentabile. Il suo tentativo di candidarsi a sindaco sarebbe motivato, secondo i bene informati, da alcune proposte arrivategli da una parte del Pd. Ma dopo che Guccione e Adamo hanno fatto pace, nel partito di Letta lo spazio è esaurito.
    Il suo civismo è quello di chi non ha più partiti: li ha finiti tutti.

    Formisani: a volte i compagni ritornano

    Come tutti i neocomunisti, anche Valerio Formisani ha una tendenza a spaccare l’atomo.
    Lo prova il comunicato con cui i vertici cosentini di Sinistra Italiana hanno lanciato la candidatura in solitaria del “medico del popolo”, che ha contribuito a far saltare il tavolo del centrosinistra.

    A Formisani, già vicino a Rifondazione e poi a Vendola, si può rimproverare tutto fuorché l’opportunismo: fa il “civico” il minimo indispensabile per evitare di dar fastidio ai compagni e cercare di prendere qualche decimale in più per arrivare almeno in Consiglio comunale. È poco. Ma quando si spaccano gli atomi, ciò che conta è sopravvivere alle esplosioni e alle radiazioni. E l’amministrazione? Un’altra volta.

    Occhiuto è vivo

    Se il centrosinistra continua così, Mario Occhiuto rischia di fare il suo terzo mandato come sindaco ombra del suo attuale vice.
    Ma tutto si può rimproverare all’Archistar fuorché l’incoerenza: perseguire un progetto di potere non è un reato. E conseguire una vittoria perché il campo avversario gliela propizia non è un crimine.

    E allora: il contrario di “partitico” non è “civico”. Ma il contrario di “civico” è senz’altro “incivile”, in tutti i significati possibili. E si è incivili anche quando ci si traveste, per infiltrarsi nei partiti e, appunto, spacciarsi per “civici”.
    Già: incivile è anche chi vuol male alla propria città.

  • L’ultima di Marco Ambrogio: ospedali in tutti i quartieri

    L’ultima di Marco Ambrogio: ospedali in tutti i quartieri

    Vi sentite poco bene? No problem: se alle comunali dovesse vincere Marco Ambrogio avrete un ospedale sotto casa. La proposta del candidato post Pd, soccorritore di Occhiuto in questi due mandati e oggi scopritore del civismo, sarebbe la soluzione dei molti e antichi guai della sanità calabrese.

    Più ospedali per tutti

    Il leader della lista La più bella Cosenza di sempre oggi si è prodotto in un’idea rivoluzionaria: perché non costruire piccoli ospedali in ogni quartiere? Ed ecco inserita l’intuizione dentro il programma elettorale. Ogni area cittadina avrà il suo mini nosocomio, con medici pronti a produrre diagnosi. Peccato che una cosa del genere già esista: si chiamano ambulatori e basterebbe farli funzionare.

    In realtà l’idea di Ambrogio è parecchio più ambiziosa. Gli ospedali di quartiere, benché “piccoli”, avrebbe a loro disposizione strumenti diagnostici sofisticati e medici specialisti. Il candidato non spiega dove trovare le risorse per realizzare questo progetto con una sanità che boccheggia ed è assediata da emergenze. Ma in campagna elettorale certi dettagli contano poco. Senza considerare che nel corso di tutto il secondo mandato di Occhiuto uno dei temi roventi è stato proprio l’individuazione del luogo dove costruire il nuovo (vero) ospedale, con il conflitto tra Oliverio e Occhiuto che frapponeva veti ed ostacoli tali da mandare per adesso nel dimenticatoio la soluzione del problema.

    Cosenza indipendente

    Ma a ben guardare non è meglio avere venti piccoli ospedali a pochi passi – avrà pensato Ambrogio – che uno nuovo e grande ma distante? In fatto di proposte audaci lui stesso recentemente aveva anche annunciato che – in caso di vittoria elettorale – avrebbe ridato vita alle circoscrizioni comunali, che nel suo programma sarebbero «il vero front office tra le esigenze quotidiane e la politica delle alte stanze».

    Una bella idea, quella di ridurre le distanze tra i cittadini e la burocrazia, velocizzando le pratiche e snellendo le procedure. Tuttavia il Governo potrebbe non essere d’accordo, visto che una legge dello Stato le ha abolite.
    Forse dentro le pieghe del programma di Ambrogio però c’è la soluzione: una repubblica autonoma di Cosenza. Non sappiamo se sarà la più bella di sempre, certamente sarà indipendente e con molte circoscrizioni e più ospedali per tutti.

  • Cosenza vecchia, il superbonus non basta per sognare Matera

    Cosenza vecchia, il superbonus non basta per sognare Matera

    La sopravvivenza fisica di Cosenza vecchia passa per la necessità di intervenire sulle abitazioni private. Non serve essere urbanisti per capirlo. I crolli si moltiplicano, così come le famiglie costrette a vivere sotto la spada di Damocle di in un soffitto che può venire giù da un momento all’altro. Al fondo resta la domanda posta da Domenico Gimigliano, uno degli attivisti di Prima che tutto crolli: «Quale è il senso del centro storico di Cosenza»?
    L’Atene della Calabria ha abbandonato Telesio per abbracciare la forza effimera e seducente della leggenda di Alarico tanto cara al sindaco Mario Occhiuto.
    E come sempre, alla vigilia delle elezioni amministrative, tornerà ad affacciarsi, sotto forma di slogan o proposte fantasiose, il tema della ripresa della parte più antica della città. Senza tenere conto di quanto sia cambiata. Oggi interi quartieri sono un suk dove si mescolano culture e parlano lingue diverse.

    I 90 milioni per il centro storico

    Prosegue il percorso di avvicinamento dei 90 milioni di euro del Cis (Contratto istituzionale di sviluppo) per il centro storico di Cosenza. Anna Laura Orrico – parlamentare ed ex sottosegretario ai Beni Culturali in quota M5S – continua a seguire la vicenda: «Il Mibact compie passi in avanti con la procedura. Sta raccogliendo documentazione degli enti. In seguito saranno firmati i disciplinari. Quindi saranno indette le gare d’appalto, speriamo entro il 2021 affinché i lavori partano nel 2022». Ma con quei soldi si potrà intervenire solo su edifici pubblici, mentre quelli più a rischio sono tutti privati.

    Superbonus 110%, un treno per pochi

    In linea teorica il Superbonus 110% è quel treno che passa una sola volta anche per Cosenza vecchia. In pratica la parcellizzazione delle proprietà degli stabili ne rende improbabile un’applicazione generalizzata, producendo l’impossibilità della cessione del credito.
    Cosa si può fare? Il coordinatore della commissione Lavori pubblici dell’Ordine degli ingegneri di Cosenza, Marco Ghionna, suggerisce comunque una «mappatura accurata di tutti gli stabili, un censimento degli immobili e, contestualmente, un’interrogazione pubblica sull’albo pretorio». Al termine di questa procedura, forse, il Comune avrà informazione utili e spazio di agibilità. Peccato che servirebbero 10 anni per legge. Tempo entro il quale anche l’erede più sperduto potrebbe legittimamente pretendere di esercitare un diritto su una porzione anche piccola di uno stabile.

    Come muore una proposta di legge

    Servirebbe una legge speciale per Cosenza vecchia allo stesso modo di Agrigento e Siracusa. Peccato non essere una Regione a Statuto speciale come la Sicilia. Ma per Vittorio Sgarbi, già assessore di Occhiuto proprio con delega al Centro storico, era tuttavia una strada da percorrere seppure impraticabile.
    Un’altra strada è stata tentata da una serie di associazioni e cittadini raggruppati sotto il titolo “Prima che tutto crolli”, depositando in Regione una proposta di legge (273/10) di iniziativa popolare, applicabile ai centri storici calabresi. Anche il candidato a sindaco Franz Caruso ha di recente parlato di un legge speciale.

    Crolli nel centro storico di Cosenza
    Crolli all’ingresso del rione Santa Lucia

    Nonostante la minuziosa analisi – completa di spunti storici e soprattutto dotata di copertura economica – il testo non ha riscontrato il favore concreto della maggioranza guidata dall’allora governatore Mario Oliverio. Dopo un primo passaggio favorevole in commissione Ambiente, presieduta da Mimmo Bevacqua, la proposta di legge non è arrivata mai in commissione Bilancio. Una morte lenta e annunciata, dopo un piccolo oblio.

    Da vergogna a tesoro: il caso Matera

    «Se il Mibact riconosce il centro storico di Cosenza come bene culturale è possibile che ci sia una legislazione alternativa a quella regionale». Sarebbe molto più semplice agire sui patrimoni privati preda dell’incuria e dell’abbandono. A suggerire questo percorso, di difficile attuazione, è Raffaello De Ruggieri, presidente della Fondazione Zetema, uno dei protagonisti del miracolo compiuto a Matera: da vergogna nazionale (come disse Togliatti) a Capitale europea della cultura 2019, anno in cui era sindaco della città lucana. «Siamo riusciti – sottolinea De Ruggieri – nell’impresa epica di trasformare la questione culturale in una questione politica, di instillare nella comunità il veleno buono dell’appartenenza. Il modello Matera è replicabile, abbiamo vinto perché ha partecipato la comunità».

    Il centro storico di Matera
    Matera, capitale europea della Cultura 2019

    La storia di Matera insegna quanto contino – aggiunge – «costanza e caparbietà, oggi le configurano come resilienza». Quando tutti scappavano dai sassi, De Ruggieri nel 1969 comprò casa nel posto che avrebbe stregato Pierpaolo Pasolini, Henri Cartier-Bresson, Adriano Olivetti.
    «Il notaio non voleva redigere l’atto, sconsigliandomi l’acquisto», commenta con ironia l’ex primo cittadino, aggiungendo: «Le battaglie si fanno con le testimonianze e noi creammo il partito dei salmoni, nuotando controcorrente».

  • Grave insufficienza renale, l’ospedale di Cosenza la manda via

    Grave insufficienza renale, l’ospedale di Cosenza la manda via

    Ha una grave insufficienza renale, ma l’ospedale di Cosenza la manda via. Dura una notte l’odissea di una signora di mezza età tra il presidio sanitario spoke Paola-Cetraro e l’hub della città dei bruzi. Sul Tirreno non c’è un nefrologo a prestarle cure necessarie. Cosenza è l’unico Hub della provincia. Ma non viene accettata.

    Qualcuno trovi un nefrologo allo spoke Paola-Cetraro
    Il referto dei medici dello spoke Paola-Cetraro

    D’estate si moltiplicano le presenze sulla costa. Turisti e gente che torna a Sud per le vacanze. Un nefrologo di notte non dovrebbe mancare, soprattutto in queste condizioni e con molti pazienti dializzati, quindi esposti a rischi maggiori.

    Il referto firmato da due medici dell’ospedale Spoke Paola-Cetraro spiega la gravità della situazione. «A causa della mancanza di un medico reperibile di Nefrologia e Dialisi in questo presidio (Paola) e in quello di Cetraro – si legge nel documento – si trasferisce il paziente per competenza all’Hub di Cosenza».
    Cercano di «contattare il Pronto soccorso di Cosenza senza esito». Alla fine la paziente rientra dall’Annunziata «senza essere accettata dal Pronto soccorso, né tantomeno essere visitata da un nefrologo».

    Una situazione non più sostenibile

    Un quadro allarmante emerge dalla comunicazione inviata da Francesco Rose, direttore medico di presidio unico facente funzioni dell’AO di Cosenza. Per conoscenza la missiva è rivolta pure al direttore sanitario Angelo Barbato.

    «Negli ultimi giorni in pronto soccorso si registrano gravi criticità per l’eccessivo numero di pazienti in attesa di ricovero». Ha scritto Rose, poi aggiungendo: «Il personale del pronto soccorso ha segnalato modalità di accesso che possono essere definite incongrue». Una situazione «non più sostenibile dal punto di vista dell’assistenza e della logistica».

    Nel documento si danno indicazioni rispetto alla richiesta proveniente da altri ospedali spoke della provincia. «Per patologie specialistiche, le UOC (Unità operative complesse) interessate – è scritto nel testo firmato da Rose – potranno dare disponibilità ad accettare i pazienti solo quando si ha a disposizione il posto letto, evitando di suggerire di far giungere il paziente in Pronto soccorso in attesa» di una sistemazione.

    La missiva inviata da Francesco Rose direttore medico di presidio unico

    La vita delle persone messa a rischio

    «È grave che non ci sia un nefrologo nello spoke Paola-Cetraro per le urgenze notturne. Ci troviamo di fronte a un’interruzione di pubblico servizio, aggravato dal fatto che si mette a rischio la vita delle persone». Il consigliere regionale del Partito democratico, Carlo Guccione, commenta «l’ennesimo caso di malasanità per mancanza di personale e di una turnazione efficace».

    Se medici e il personale sanitario operano oggettivamente in condizioni difficili, Guccione si rivolge, invece, al commissario dell’AO di Cosenza, Isabella Mastrobuono. «Dovrà rispondere – afferma il democrat – del perché, come si evince dal referto, la paziente è stata respinta al pronto soccorso di un hub come Cosenza senza ricevere cure». E «accerti se esistono eventuali responsabilità». Vista la gravità della situazione, che «va al di là del pur emblematico caso singolo, spero che intervenga la magistratura a fare chiarezza». In merito alla comunicazione del direttore Rose, Guccione fa notare: «È un dispositivo che di fatto ha chiuso l’accesso dei tre ospedali spoke di Paola-Cetraro, Corigliano-Rossano e Castrovillari all’hub di Cosenza».

  • La Guarimba, al cinema con zio Rocco e l’elettricista

    La Guarimba, al cinema con zio Rocco e l’elettricista

    La Guarimba è anche il cinema di zio Rocco e Clemente l’elettricista. Il primo decide che quel tombino deve essere tappato e con un po’ di cemento risolve il problema. L’altro consente al grande proiettore di funzionare.
    La gente operosa fa rumore in un posto come Amantea, in provincia di Cosenza, dove spesso l’indifferenza si abbina al sorriso appuntito degli scoraggiatori seriali. Oggi, però, è il giorno della Guarimba, il festival internazionale del cortometraggio ideato da Giulio Vita e Sara Fratini.

    Il calendario della Guarimba

    Ieri era l’anteprima con i corti venezuelani e la presentazione di A Sud del Sud, il libro di Giuseppe Smorto, ex vicedirettore di Repubblica. Stasera parte il festival. Ultimo giorno il 12 agosto. Sono 172 le opere in concorso, 94 dirette da donne, provenienti da 56 paesi e da tutti i 5 continenti. Una settimana di cinema all’aperto. Unico corto calabrese in concorso è Accamora di Emanuela Muzzupappa.

    Una Guarimba contro la rassegnazione

    «A Sud, ad Amantea, il cinema diventa una questione civile, non solo un atto sociale. Ogni anno una nuova sfida da dover affrontare non senza fatica. Qui l’ordinario si trasforma in straordinario per la rassegnazione». Giulio Vita spiega così il contesto della cittadina tirrenica. Il Comune è stato sciolto per mafia dal 26 febbraio 2020 e i tentacoli dei clan sulla cosa pubblica sono stati portati alla luce da inchieste come Nepetia, condotte dalla Direzione distrettuale antimafia.

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    Giulio Vita, co-fondatore della Guarimba
    Il cinema al parcheggio

    Una frana non può fermare la Guarimba. È solo un arrivederci quello alla scenografia naturale del parco della grotta.
    Ecco pronto un altro posto dove masticare cinema. Il parcheggio vicino all’ex arena Sicoli era pieno di spine, rifiuti. Puzzava soprattutto di abbandono. Diventa la nuova location del festival. È un luogo dove la comunità partecipa alla costruzione di questa edizione. I Guarimberi hanno vinto una sfida difficile con la forza della normalità, mobilitando un esercito transgenerazionale in missione per conto della settima arte.

    Ti premia Mattarella ma Spirlì ti ignora

    Strano ma vero. Come nella rubrica della settimana enigmistica. Ambasciate, Parlamento Europeo e Consiglio dei ministri danno patrocini alla Guarimba. Eppure in questi due anni Spirlì, il presidente facente funzioni della Regione Calabria, «ha preferito dare molti soldi a pochi, dimenticando tutti gli eventi che attivano il settore turistico e socio-culturale del territorio come nessuno». Lo ha scritto Giulio Vita su Facebook qualche settimana fa. Da lì a poco la Guarimba avrebbe ricevuto la medaglia del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella.

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    Il parco della grotta ad Amantea, vecchia location della Guarimba
    Desiderio di normalità

    Giulio Vita è un italo-venezualano tornato ad Amantea, luogo di origine della sua famiglia. Ieri sera ha chiuso l’anteprima del festival annunciando un’edizione «sempre più punk». Disordine creativo di uno che pratica «chisciotterie» seguendo il cavaliere di Cervantes. Sulla difficoltà di fare cose buone in questo pezzo di Sud, dice: «Noi aspiriamo alla normalità, invece tutto ciò che c’è di bello in Calabria si trasforma in un atto di resistenza, ogni evento culturale è una piccola rivoluzione». È un po’ come correre o pisciare controvento. Ci si riesce, ma quanta fatica.

  • Legnochimica, 13 anni di indagini per un disastro senza colpevoli?

    Legnochimica, 13 anni di indagini per un disastro senza colpevoli?

    Non è retorico parlare di un processo infinito per i fatti di Legnochimica, la ex mini Fiat cosentina trasformatasi in ecomostro dopo la fine della produzione.
    Il processo, in corso dal 2016 davanti al Tribunale di Cosenza, è l’esito di una serie di inchieste giudiziarie iniziate nel 2009, in seguito agli incendi sospetti scoppiati in quel che resta dell’ex fabbrica di pannelli in Ledorex a partire dall’agosto del 2008.
    Tredici anni di indagini: un po’ tanti per un sospetto disastro ambientale.
    Purtroppo, rischiano di non essere retoriche altre espressioni, con cui viene bollato l’ex sito industriale di contrada Lecco, nel cuore di Rende, circa trenta ettari schiacciati tra lo stabilimento di Calabra Maceri e quello di Silva Team, un’azienda specializzata nella produzione di peptina: “terra dei fuochi calabrese”, “Ilva cosentina” e via discorrendo.

    Tre indizi faranno una prova?

    Ancora oggi c’è chi contesta la pericolosità del sito. Lo hanno fatto alcuni funzionari dell’Arpacal, sentiti come teste nel 2019 durante il dibattimento in cui è rimasto alla sbarra un solo imputato: il commercialista Pasquale Bilotta, ex liquidatore dei beni della società di Mondovì, attualmente in fallimento per incapienza.
    E, dall’altro lato, c’è chi insiste sulla pericolosità estrema di questi terreni, soprattutto perché gli indizi e le suggestioni non mancano, purtroppo.

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    Le acque nere di uno dei laghetti nei terreni dell’ex Legnochimica a Rende

    C’è l’odore nauseabondo che promana dai terreni e dai tre laghi artificiali in cui fino all’inizio del millennio venivano trattati i materiali. Ci sono le fiamme, che si levano alte e inquietanti dalle acque di questi bacini non appena sale la temperatura.
    E ci sono le morti sospette. Dieci in un anno e mezzo circa. Tutte per tumori alle parti molli. Tutte nella stessa zona: via Settimo, un angolo di un chilometro e mezzo che cinge l’ex stabilimento.
    L’ultima parola, con ogni certezza, spetterà ai magistrati cosentini.
    Vogliamo scommettere su come andrà a finire?

    La storia delle inchieste

    Nessuna dietrologia e nessun complotto. La Procura di Cosenza ha indagato su due elementi distinti ma collegati: l’ipotesi di disastro ambientale, attribuibile senz’altro all’attività di Legnochimica, e, ovviamente, la ricerca del colpevole.
    Il presunto colpevole, Pasquale Bilotta, in questo caso è quello che è rimasto col classico cerino in mano.

    Infatti, Bilotta ha una sola responsabilità: aver rilevato il ruolo di commissario liquidatore che fu di Palmiro Pellicori, tra l’altro l’ultimo amministratore di Legnochimica.
    Pellicori è stato il primo indagato in questa vicenda complessa. L’inchiesta a suo carico, avviata dopo le denunce dei residenti e delle associazioni che li rappresentavano (il comitato Romore e l’associazione Crocevia) si fermò nel 2012, in seguito alla sua morte per leucemia.

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    L’ingresso del tribunale di Cosenza

    Questa inchiesta ha lasciato un’eredità pesante e, finora, insuperata: la perizia di Gino Mirocle Crisci, geologo di vaglia e all’epoca non ancora rettore dell’Università della Calabria. Questo documento, importante e inquietante allo stesso tempo, finì archiviato con l’indagine. E si è risvegliato con l’indagine riaperta a inizio 2016.
    Nel frattempo, nessuno ha prodotto un altro documento valido o fatto quel che si poteva (e doveva) fare: un piano di caratterizzazione credibile ed efficace e avviare la bonifica. Sempre nel frattempo, gli abitanti della zona industriale, ma anche quelli della vicina e popolosa Quattromiglia, sono stati investiti dai miasmi. E, come già detto, alcuni hanno iniziato a morire di tumore.

    Occorre, a questo punto, fissare bene un concetto: una cosa è una ctu, cioè una consulenza tecnica redatta per conto della Procura che indaga; un’altra un piano di caratterizzazione, cioè una relazione tecnica sulle condizioni della zona su cui si sospetta l’inquinamento e di cui si intende promuovere la bonifica.
    Nel caso di Legnochimica, la ctu e i tentativi di caratterizzazione non solo non coincidono, ma arrivano quasi a risultati opposti. Secondo la prima, l’area dell’ex stabilimento sarebbe praticamente compromessa, per i secondi, invece, l’inquinamento c’è, ma non sarebbe pericoloso.

    La perizia Crisci

    Non è il caso di scendere nei dettagli tecnici, che ci si riserva di approfondire.
    In estrema sintesi, è sufficiente dire che la perizia di Crisci è un elaborato di non troppe pagine (circa una quarantina) zeppe di dati, con cui l’ex rettore dell’Unical relazionava all’autorità giudiziaria i risultati della sua indagine.
    I contenuti sono spaventosi: Crisci riferisce di quantità di cloro, metalli pesanti, ferro, zinco e nichel in quantità abnormi, superiori fino al centinaio di volte i limiti massimi stabiliti dalle normative ambientali.

    Attenzione a un dettaglio: già nel 2005 e nel 2008 i primi rilievi affidati ai tecnici dell’Arpacal parlavano di forte concentrazione di sostanze cancerogene nell’area.
    E allora una domanda è spontanea: come mai l’Arpacal ha cambiato idea?
    Ma prima di procedere è doveroso rispondere a un’altra domanda: come ha fatto Crisci a ottenere questi risultati?

    In realtà, il primo a essere insoddisfatto di questa perizia è proprio il suo autore: in più occasioni l’ex rettore ha dichiarato che le sue ricerche sono state incomplete per l’insufficienza dei fondi a sua disposizione. Ma, a dispetto di questa insufficienza, ha lavorato tanto: ha effettuato prelievi d’acqua fino a dieci metri di profondità e prelevato porzioni di terreno fino a trenta metri.
    Crisci avrà fatto poco, ma gli altri, cioè l’Arpacal e i tecnici incaricati da Legnochimica, hanno fatto di meno. Per il primo, il sito è pericoloso. Per gli altri no.

    La perizia alternativa

    Nel 2014 Rende cambia. L’amministrazione comunale guidata da Marcello Manna inizia un rapporto delicato e pericoloso con la società di Mondovì per arrivare alla bonifica in tempi brevi.
    Il costo della bonifica sarebbe di circa sei milioni e mezzo, ma l’azienda prende tempo e propone soluzioni che definire low cost è davvero poco: dal Piemonte arrivano proposte di interventi per un massimo di 650mila euro. Più che un divario, un burrone. E Bilotta, ovviamente, difende gli interessi dell’azienda che rappresenta.

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    La sede del Comune di Rende

    Il balletto dura fino al 2016, quando la Procura, sommersa dalle denunce, riapre l’inchiesta e recupera la perizia di Crisci.
    Tutto risolto? Neanche per sogno, perché la perizia viene messa in discussione.
    La procuratrice aggiunta Marisa Manzini nomina un nuovo consulente: è il chimico Giovanni Sindona, anche lui docente dell’Unical e già protagonista dell’inchiesta sull’ex Pertusola di Crotone, altro grave disastro ambientale tutto calabrese.

    Purtroppo, Sindona fu al centro di un’altra inchiesta, non proprio bellissima: riguardava una presunta truffa ai danni dello Stato.
    Per amor di verità, è doveroso dire che la posizione del prof di Arcavacata fu archiviata. Ma, sempre per amor di verità, è importante ricordare che in quell’inchiesta finirono in manette otto persone, alcune delle quali legate proprio all’ex Legnochimica.

    La perizia Sindona non è mai uscita. Sei mesi dopo il ricevimento dell’incarico, il chimico dell’Unical si limitò a dire che i lavori procedevano a rilento ma che comunque i primi risultati erano diversi da quelli ricavati da Crisci. Risultato: la Procura revocò l’incarico a Sindona e riprese la perizia Crisci tal quale.
    Quali fossero le differenze tra questo lavoro incompiuto e la relazione dell’ex rettore non è dato sapere. Né può spiegarlo Sindona, passato a miglior vita all’inizio del 2020.

    La relazione Straface

    Nel frattempo, l’amministrazione Manna non è stata con le mani in mano. Non avrebbe potuto, anche perché il sindaco, il suo assessore all’Ambiente e il dirigente dell’Ufficio tecnico del Comune erano finiti sotto inchiesta assieme a Bilotta.
    Ma per fortuna, a differenza del commercialista, le loro posizioni furono archiviate.
    Il Comune di Rende, nel 2017 erogò una borsa di studio a favore dell’Unical, da cui è derivata la perizia del professor Salvatore Straface, anch’essa un esempio di incompletezza, tra l’altro giustificata: i cinquantamila euro messi a disposizione dal municipio sono bastati sì e no per alcuni prelievi e scavi superficiali.
    I risultati? Neanche a dirlo, completamente divergenti dalla perizia Crisci: l’inquinamento c’è, ma non è pericoloso. Peccato solo che i pochi mezzi non giustificano risultati così perentori.

    Un finale annunciato?

    È il momento di riprendere la scommessa fatta all’inizio. Il processo a carico di Bilotta potrebbe finire in una maniera tipicamente all’italiana: certificherebbe un disastro senza colpevoli, perché la strategia della difesa, a quanto si è appreso dalle cronache, mira più a sfilare l’imputato dall’accusa di disastro ambientale che a negare il disastro.

    Sarebbe l’ennesima beffa per i cittadini di Rende e per tutti coloro che hanno a cuore l’ambiente. Legnochimica è andata in fallimento, non potrà provvedere alla bonifica in nessuna misura. E difficilmente potrà farlo il Comune, le cui casse sono in crisi da anni.
    Intanto altre persone della zona sono morte, sempre di tumore, accrescendo il bilancio macabro che riguarda gli abitanti della zona e gli ex dipendenti dell’azienda, tra cui le neoplasie hanno mietuto non poche vittime.
    Ma queste sono altre storie, su cui si ritornerà a breve.

  • Comunali Cosenza, Franz Caruso non è il candidato dei grillini

    Comunali Cosenza, Franz Caruso non è il candidato dei grillini

    Franz Caruso non è il candidato dei grillini alle elezioni comunali di Cosenza. Alle 11:30 di oggi è così. Lo conferma, Luigi Aloe, coordinatore cittadino del Movimento 5 Stelle per la campagna elettorale. «Ho una stima enorme per il professionista, però – prosegue Aloe – i percorsi politici restano incompatibili». Stessa cosa vale per «Giacomo Mancini» – sottolinea.

    A sinistra del Pd tutti contro il penalista

    Il M5S non è solo in questa guerra dei veti. Contro la candidatura dell’avvocato socialista si schierano pure Cosenza in Comune, Buongiorno Cosenza, Progetto Meridiano, What women want, Controcorrente, Pse. Sigle pronte a mettere sul tavolo di una eventuale trattativa con il Pd i nomi di Valerio Formisani, Bianca Rende e Sergio Nucci. Questo è emerso dalla riunione di ieri nella sede della Cgil. Tra i commensali della serata anche il Movimento 5 stelle.

    L’incontro on line con i parlamentari del M5S

    La posizione del coordinatore Luigi Aloe e le decisioni prese nella riunione di ieri con le altre sigle saranno discusse oggi on line. Una riunione alla quale parteciperanno i deputati Anna Laura Orrico, Alessandro Melicchio e Massimo Misiti. In collegamento da Bruxelles interverrà anche l’europarlamentare Laura Ferrara. Da Cosenza si collegheranno gli attivisti. Particolarmente agguerriti.

    Boccia non ci ascolta

    Con il commissario del Partito democratico, Marco Miccoli, era un’altra musica per il Movimento 5 Stelle. Francesco Boccia ha cambiato sinfonia. Il coordinatore del M5S, Lugi Aloe: «Noi abbiamo proseguito la nostra collaborazione con il Pd rispettando le regole di ingaggio». E poi? «Boccia ha interloquito separatamente con ogni formazione politica, con Miccoli le candidature erano state azzerate per fare sintesi».

    Il sondaggio che divide

    Il sondaggio commissionato dal Pd ha alimentato la rabbia dei grillini. Sono stati sottoposti ai cittadini «nomi del M5S che non possono essere presenti perché non candidabili in base al nostro statuto» – puntualizza Aloe. Si riferisce al senatore Massimo Misiti, nome circolato insieme a quelli di Franz Caruso e Bianca Rende proprio nel sondaggio commissionato dal Pd.

    La guerra dei voti

    Non è solo una questione di sigle. Sul tavolo peserà pure la consistenza elettorale dei protagonisti. Il blocco composto da grillini, associazioni e sinistra può dire la sua anche da questo punto di vista? E orientare Il Partito democratico verso la cancellazione delle candidature in atto? Candidature, peraltro, non ancora ufficializzate.

  • Cosenza, stavolta ci siamo: sarà Serie B

    Cosenza, stavolta ci siamo: sarà Serie B

    La notizia che tutti a Cosenza aspettavano è arrivata. Con tutta calma, ma è arrivata. Il Chievo è fuori dalla serie B e dal calcio professionistico, respinto anche dal Tar del Lazio il suo ricorso per chiedere l’iscrizione al campionato. Troppe le inadempienze dei veronesi con il fisco, anche il tribunale amministrativo ha confermato quanto già ampiamente sancito dalla giustizia sportiva. Niente più X sul calendario della Serie B 2021/2022, la casella finora vuota ha un nuovo inquilino: la società di Eugenio Guarascio.

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    La decisione del Tar sull’istanza presentata dal Chievo

    Si chiude così una telenovela prolungatasi fin troppo, per la strana decisione della Figc di non dare seguito immediato a quanto stabilito a più riprese dai suoi organi a luglio. Una prudenza, quella di Gabriele Gravina e i suoi, apparsa ingiustificata agli occhi di molti e rivelatasi superflua. La decisione della sezione I-Ter del Tar del Lazio non si discosta da quelle già arrivate, per cui niente sospensiva al provvedimento di esclusione come richiesto dal Chievo. Niente procedura d’urgenza come volevano i veneti. Infondato il reclamo avverso la sentenza emessa dal Collegio di Garanzia dello Sport del Coni. Il provvedimento fissa l’udienza in camera di consiglio nei tempi stabiliti dal giudice. Ora la Figc dovrà ratificare la decisione, poi per il Cosenza sarà serie B.

    Sarà la quarta stagione consecutiva per i Lupi tra i cadetti, la seconda di fila per merito dei gialloblù. La penultima stagione, infatti, si era chiusa in trionfo grazie a un goal last minute del clivense (ma cosentinissimo) Luca Garritano, che aveva evitato al Cosenza i playout dopo una rincorsa da record. In quest’ultima, invece, è stato l’autogol di Campedelli e i suoi a spalancare le porte per una permanenza in B che il Cosenza non aveva fatto nulla per meritare sul campo.

     

  • Cosenza o Chievo in B? Il Tar prende tempo

    Cosenza o Chievo in B? Il Tar prende tempo

    Chievo fuori, Cosenza dentro. Oppure l’esatto contrario. Ancora una volta bisognerà attendere prima di conoscere quale sarà la ventesima squadra della serie B 2021/2022. La decisione del Tar del Lazio, attesa per il pomeriggio di oggi, non è arrivata. Il tribunale, proprio come gli organi federali nei giorni scorsi, ha deciso di prendersi un altro po’ di tempo prima di pronunciarsi sul ricorso dei veronesi. Il verdetto, salvo ulteriori rinvii, arriverà nella mattinata di domani.

    I timori dei tifosi del Cosenza

    Al momento l’unica certezza è che, nel caso il Tar confermi l’esclusione del Chievo dalla cadetteria, sarà il Cosenza, come quart’ultima dello scorso campionato, a rilevarne il posto. Le certezze dei giorni scorsi sul prossimo ripescaggio, seguite alle plurime bocciature della giustizia sportiva alle istanze dei veneti, tra i tifosi rossoblù però cominciano a vacillare. L’atteggiamento pilatesco assunto dal presidente Gravina, che invece di riammettere subito i Lupi ha deciso di aspettare, fa il paio infatti con il tempo extra che pure il Tar si è riservato prima di dire la sua sulla questione.

    Sospensiva sì o no?

    L’udienza di oggi è cominciata verso le 16:30 e vedeva Coni, Figc e Cosenza schierate contro il ricorso del Chievo. Ma già un’oretta e mezza dopo circolava la notizia del nulla di fatto. Il nodo su cui dovranno pronunciarsi i giudici riguarda le inadempienze fiscali dei gialloblù, ritenute insanabili dalla giustizia sportiva nei precedenti gradi di giudizio. Ma ora la partita è di nuovo aperta e se dalla sezione I-Ter del tribunale amministrativo laziale la società di Campedelli dovesse ottenere l’agognata sospensiva al provvedimento di esclusione per quella di Guarascio sarebbe davvero dura continuare a sperare.

    Il Chievo continua a sperare

    Gravina, infatti, a quel punto sarebbe legittimato a reinserire il Chievo come ventesima squadra del campionato. Poi bisognerebbe attendere l’udienza collegiale del Tar, che al momento è in programma il 7 settembre. Poco importa che sarà senz’altro anticipata, considerato che l’inizio del campionato è fissato per il 20 agosto. Chi “vincerà” domani difficilmente potrebbe perdere in quella seconda occasione e gli eventuali ricorsi non potrebbero che arrivare a campionato già cominciato, rendendoli con ogni probabilità vani.