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  • IN FONDO A SUD | Le zucche vuote di Halloween, alla calabrese

    IN FONDO A SUD | Le zucche vuote di Halloween, alla calabrese

    «Halloween è ormai alle porte», sta scritto un po’ dappertutto. Ma si può cordialmente detestare Halloween? Sì, prima di tutto, considerando una serie di ragioni antropologiche. Le stesse che ce lo impongono oggi come un evento improrogabile alla stregua del Natale, frutto com’è della globalizzazione dei costumi, e dei consumi. Così anche in Calabria.

    Il calendario di Google

    Era il Giorno dei Morti, e non era un giorno allegro; si andava nei cimiteri a portare fiori sulle tombe dei defunti, non in discoteca né ai party in maschera. In tempi di confusione globalizzata e dissacrazione spinta, la celebrazione del giorno dei morti è diventata una non meglio identificata “festa tradizionale di tutte le cose ultraterrene”, “la festa del lato oscuro” (Google). In questi giorni si scatena di tutto, con preferenza per il cattivo gusto, l’orrifico e l’apologetica per il macabro, la violenza, la crudeltà.

    Morti per soldi

    Non è un segreto che la morte e il dolore (quantunque la lunga crisi pandemica ce li ricordi ogni giorno) siano oggetto della grande rimozione dell’Occidente. Perciò “Day of Death”: dal giorno dei morti al giorno della Morte. Ovvero feste e business, al posto della compassione, del silenzio e delle preghiere, dei fiori e delle visite ai defunti, in nome di un laicismo banale e di un economicismo ormai privo di finalità umanizzatrici.

    Le teste di morto della Marshall

    In giro per il mondo la moda correlata ad Halloween pretende in qualche caso di elevarsi ad arte. Basta “trarre ispirazione dal lato oscuro”, come la pittrice e “designer” Dionne Marshall. Autrice di una serie variegata di “teste di morto” a tema Halloween e di organi asportati e sanguinolenti (sic!). Niente di speciale fin qui. Ma la Marshall si è fatta un nome nell’arte contemporanea “creando” la sue opere d’arte -“punctured arctefact”-, con tatuaggi su pelle (di chi?) che lei offre al pubblico ben conciati e messi graziosamente in cornici e telaietti da cucito, esattamente come faceva con la pelle delle sue vittime umane il serial killer de “Il silenzio degli innocenti”. Oggettini d’affezione che certo tutti vorremmo esibire sulle pareti del nostro tinello. Pare comunque che vadano a ruba tra i collezionisti.

    La pittrice e designer Dionne Marshall
    Il business di Halloween vale 300 milioni 

    Tutto fa brodo, specie in tempi di crisi del turismo. Dopo la riapertura, il business di Halloween fa gola a molti. Dalle palestre, ai supermercati, ai teatri e ai parchi di divertimento, non si salva nessuno da questo «appuntamento con la festa che è entrata nell’immaginario collettivo degli italiani» (Panorama). Nonostante i consumi in frenata, con le famiglie italiane che ancora limitano del 20% il carrello delle spesa al supermercato per colpa della crisi pandemica, l’Halloween-mania in Italia è diventato in pochi anni un business da 300 milioni di euro (stime CIA). Ognissanti ormai è una festa demodé anche nei paesi e nelle regioni del Sud, Calabria compresa.

    Halloween di Calabria 

    Anche nella regione delle processioni sotto casa e dei santi di paese come san Francesco di Paola, san Nilo da Rossano, san Bartolomeo da Simeri, san Cipriano di Reggio, san Ciriaco di Buonvicino (ma l’elenco santo/paese sarebbe molto più lungo e rappresentativo dell’intera Calabria), oramai la notte del 31 ottobre si “festeggia” dal Pollino allo Stretto nelle forme di un ininterrotto “carnevale dark”, nel trionfo di feste a tema tra costumi da zombie e zucche intagliate. “Il ponte dei Morti” passa così dai cimiteri alle vacanze low cost per famigliole a pensione tutto compreso.

    Dolcetto o scherzetto? No, solo le produzioni dolciarie di una nota pasticceria di Cosenza
    I soliti pacchetti vacanza…in agriturismo

    La rete offre lo specchio di una sorta di sgangherato divertimentificio da prezzi di bassa-stagione che trascorre tra discoteche e notti goderecce, in cui si ricicla l’offerta con pacchetti vacanza tutto-compreso per celebrare degnamente la “notte dei morti viventi”. Fioccano i last minute nostrani, a prezzi stracciati per il “weekend dei morti”; tipo “Halloween al mare a Tropea con famiglia”, “Festa di Halloween in agriturismo a Serra san Bruno”.

    Le allegre famiglie Addams calabresi

    Tutto perfetto per le allegre famiglie Addams calabresi-medie: “Volete sorprendere i vostri bimbi che, ogni anno, vi chiedono di preparare per loro le zucche di Hallowen e le maschere più terrificanti? Allora scegliete di portare tutta la famiglia al mare per Halloween e di divertirvi insieme all’animazione dell’hotel, durante i momenti di festa, serate a tema e spettacolo che abbiamo in serbo per il weekend di Halloween 2021”. “Nella notte dei morti viventi chissà quante magie e sorprese aspettano i fortunati che si regaleranno i pacchetti in hotel a Catanzaro Lido”.

    L’immancabile piccante

    Halloween 2021 piccante a Diamante per un pacchetto da urlo, si garantisce divertimento e comfort cimiteriale per tutti: 2 Notti in camera Classic, Classic Plus o Superior, Trattamento di Mezza Pensione/Pensione Completa, Festa di Halloween in Maschera per i più piccoli, Cena con Delitto per i più grandi (leggi Menù). Tutto a partire da € 66,6”. Raffinata ironia e “Servizi family e bimbi”, così tutti accontentati.

    Morti di fame, col reddito di cittadinanza magari, ma in compagnia di assatanati fantozziani della porta accanto impegnati in tragicomici osanna alle streghe , avvinti nel vortice di danze macabre in compagnia di altri impiegati all’Asl camuffati da zombie dalla cugina estetista.

    Il cimitero della Nocturne per Halloween

    Un veloce giro su internet non manca di fornire un fitto elenco di “Feste di Halloween 2021 a Cosenza” e di “eventi per celebrare degnamente ‘la notte delle streghe’ anche nella colta città di Telesio. Con la garanzia di “Paura da brivido per la notte più lunga, ovvero la notte di Halloween. Il 31 ottobre sera la città si trasformerà, come ormai accade ogni anno, in una città piena di bare, streghe e quella zucca che proprio non fa parte della nostra tradizione (sic!)”. Non mancano i Locali che ricevono anche molti gadget offerti dalle varie birre per una festa dove la paura diventa sorriso. Basta pensare al cimitero che la cornetteria Nocturne di Rende organizza ogni anno. Proprio così i ragazzi della Nocturne si mettono di impegno e il giardino, accanto la cornetteria, diventa un vero e proprio cimitero. E si gioca con la morte di gente che è viva e vegeta.

    Il veglione del brivido all’Holiday Inn di Cosenza

    Aspettando che riapra il cimitero della Nocturne, ci sono altri due eventi che meritano la nostra attenzione. Uno è quello della “discoteca Shake. Ogni anno la discoteca di Quattromiglia, organizza serate a tema di Halloween in maschera”. Altro evento di richiamo “è quello del Loft 10. Nella notte di Halloween vi promettono una notte da brividi, con la gente di Cosenza che deve venire vestita in nero”. Persino a Lappano, alla promettente “Tenuta dei Mantelli”, viene organizzato un party horror niente male. Poi in città “La notte delle streghe propone come ogni anno a Cosenza il veglione del brivido nell’elegante sala dell’Holiday Inn. Musica dal vivo per tutta la notte”.

    Come una pagina del marchese De Sade

    Invece “Per il popolo della notte un po’ più in età matura il consiglio è quello di andare al Beattino”. Per i più esigenti c’è “Halloween al Borgo Citerium Resort”, esclusivo club di Cerisano che “Ogni anno per Halloween propone cena a tema e festa per la notte delle streghe”, in una ospitale “struttura del XVIII secolo sapientemente restaurata che offre a voi, signori ospiti, spazi accoglienti ed ospitali con comfort e servizi all’avanguardia. Il resort si propone di offrire un servizio di qualità ad un eccellente rapporto qualità prezzo, dedicando tempo e impegno perché voi abbiate la garanzia di un soggiorno rilassante e piacevole. Qualunque siano i vostri interessi e le vostre richieste, troverete la più ampia disponibilità per soddisfare prontamente ogni desiderio”. E qui più che la pubblicità per un Halloween fuori porta alla cosentina, sembra una pagina del marchese De Sade o di Histoire d’O, ritorno a Roissy di Pauline Réage.

    Americanate d’importazione

    Halloween è una “nuova festa” che di questi tempi dell’anno ci tocca patire sempre più passivamente. Una festa che, per altri riguardi antropologici, corteggia e gioca molto -troppo- disinvoltamente con la morte, l’horror e l’occulto. Negli USA, paese che ha fatto olocausto dei propri rimorsi, dove questa festa è nata ed è molto sentita, l’hanno come si dice “sdoganata” e trasformata da tempo in una sorta di carnevale dell’occulto.
    Certo, si dirà che forme simili sono antichissime, che esistono anche in altre culture, che i riti e le liturgie del mondo dei morti sono in fondo nobile cosa, che in fondo anche noi “avevamo qualcosa di simile” e bla, bla, bla, in uno sciocchezzaio antropologico di inesattezze e luoghi comuni.

    Una parata di Halloween negli Stati Uniti d’America
    Le origini calabresi (?) di Halloween su Vanity Fair

    Perché, come sempre, anche in questo caso salta fuori la mania tutta calabra di intestarsi il primato. Così la credenza che attesterebbe “la presenza di questa usanza in un paesino della Calabria da tempo immemore: Fino a qualche anno fa, nel giorno dei morti i bambini  andavano per le case, portando una zucca svuotata e lavorata a mo’ di teschio, nel cui interno era accesa una candela.

    Con questa maschera mortuaria giravano di casa in casa chiedendo i morti benedetti, dolcetti (e raramente soldi) per placare le anime dei defunti, come riportato in “Halloween è calabrese, credeteci” (di G. Moraca), comparso su “Vanity Fair” del 31 ott. 2014. Quindi anche il famoso “Trick or Treat” anglosassone, “in realtà sarebbe frutto di una contaminazione degli emigrati del Sud Italia, che una volta giunti in America avevano portato avanti una tradizione molto sentita nei paesi dell’entroterra vibonese. Il rito del “coccalu” da Serra San Bruno, sarebbe stato quindi esportato negli Stati Uniti, dove si sarebbe arricchito di altri elementi simbolici con il passare del tempo. Oggi Halloween può essere considerata una festa di ritorno, dal sapore però tutto calabrese” (sic!).

    Succubi dell’americanismo più deteriore

    Ma ben oltre le ricostruzioni sovraniste e fantasiose sulla rivendicata “origine calabrese della festa di Halloween”, qui ci riguarda piuttosto il suo nocciolo problematico. Quello che ha radici nell’America dei film di zombie e di fantasmi, la stessa delle stragi studentesche, del male che nutre la cultura di massa. E dato che siamo succubi dell’americanismo più deteriore, eccoci qua. Sì, la chiamano ormai tutti così: la “festa” di Halloween. E per capire che “festa” sia basta guardarsi in giro. È il trionfo del ciarpame, della volgarità e del cattivo gusto new age, il clou di un esoterismo farsesco ma per nulla innocente.

    Abbiamo smarrito cultura greca e cristianesimo

    Ora, se le cose stanno così sarebbe molto più ragionevole ridimensionarle. Perché, come scrive Umberto Galimberti: «Questo è Halloween. Il canto della disperazione. Perché la modernità recupera questo antico rito? Perché della cultura greca il nostro tempo ha perso la “giusta misura”, e del cristianesimo, ridotto a religione laica, abbiamo rimosso, cancellato, proprio la speranza di salvezza che esso ci offriva. Ciò che è rimasto è il motivo cristiano della denigrazione del mondo: Qui amat mundum non cognoscit Deum, diceva Sant’Agostino. Una denigrazione che si accompagna e tramuta nel piacere morboso e perverso dell’altrui e della propria dissoluzione. E tutti sappiamo che nel cupio dissolvi c’è anche il gusto del male, dell’orrore, della sua scontata frequenza e banalità: che è l’unico forse che davvero assapora la nostra tarda modernità. Halloween adesso è solo una festa. Una festa che però richiama il sentimento del nostro tempo che fatica sempre più a dar senso alla vita e quindi anche al suo limite invalicabile, la morte, e perciò celebra l’apoteosi del nulla».

    E adesso festeggiatela pure

    Il corteggiamento della morte e l’acquiescenza facile verso delle forze del male, ad ogni età e a qualsiasi gruppo sociale si appartenga, non è mai privo di conseguenze. Al fondo delle sacre scritture ritroviamo un monito che non passa di moda nemmeno il giorno di Halloween: “Guai a quelli che chiamano bene il male, e male il bene, che cambiano le tenebre in luce e la luce in tenebre, a quelli che cambiano l’amaro in dolce e il dolce in amaro” (Isaia 5:20-25). Adesso se vi piace la notte del 31, festeggiate pure. In una zucca vuota.

  • Cosenza, tra Franz e Bianca un accordo in salita

    Cosenza, tra Franz e Bianca un accordo in salita

    Quale coalizione ha vinto le Amministrative di Cosenza? Di risposte da quella che dovrebbe essere la futura maggioranza ne arrivano due.
    La prima – rafforzata dai numeri: 20 posti in Consiglio che bastano e avanzano per governare in autonomia – è quella che arriva dal trittico lista del sindaco, Pd e Psi: i vincitori sono quelli che hanno portato il centrosinistra al ballottaggio contro “l’altro Caruso”. Poi ci sono gli alleati della seconda ora, che avranno sì i loro riconoscimenti per il supporto dato nella sfida finale, com’è giusto che sia. Però, senza esagerare. Se c’è da sacrificarsi tocca agli ultimi arrivati farlo.

    Il neo sindaco di Cosenza, Franz Caruso (foto Alfonso Bombini)

    La seconda risposta, invece, è quella dell’altra metà del centrosinistra, anche nazionale visto che di mezzo c’è quel M5S che coi democrat ormai flirta apertamente dopo gli anni del “Parlateci di Bibbiano”. A Cosenza, secondo Bianca Rende e i pentastellati, la coalizione vincitrice è quella che si è formata tra il 5 e il 15 ottobre, non quella “franzescana” doc col suo 29% del primo turno, insufficiente perfino a superare l’ex vicesindaco. La rimonta, in questa interpretazione, è arrivata grazie al supporto di chi prima era sfidante. Altrimenti sarebbe rimasta un sogno. E se a De Cicco toccano due posti che contano, il medesimo trattamento va riservato anche all’aspirante sindaca . Anche perché ha preso circa l’1% in meno della coalizione dell’ex assessore al primo turno e, al contrario di quest’ultimo, i “suoi” voti arrivano da un progetto civico ma dichiaratamente di centrosinistra. In linea, cioè, con il voto dei cosentini.

    Il nodo della presidenza

    E così a Cosenza, passata la sbornia per la vittoria, la nuova maggioranza nell’attesa di insediarsi ha iniziato già a scricchiolare. La diversità di vedute sulla distribuzione degli incarichi istituzionali è un problema di non facile soluzione. In casa Rende le idee sono chiare: spettano un assessorato e la presidenza del consiglio comunale. Quella che ritengono Caruso abbia già promesso loro quando, all’indomani dell’accordo per il ballottaggio con la ex rivale, delineò per la nuova alleata «un ruolo istituzionale di vigilanza a garanzia del raggiungimento degli obiettivi condivisi». L’identikit, da manuale, del presidente del consiglio.

    Il fatto è che oltre al manuale esiste la realtà. E in quest’ultima il presidente del consiglio comunale è molto altro. Da capo dell’assemblea è anche colui che ne stabilisce l’agenda, convocando le sedute e organizzando l’ordine del giorno. Stabilisce, in estrema sintesi, di cosa si parlerà in aula e quando si farà. O, se il momento politico non è dei migliori, quando non si farà.
    In più, il presidente guadagna un bel po’ di quattrini, che non guastano mai e al contrario dell’assessore non ci se ne libera ritirandogli la delega dall’oggi al domani. Tocca all’aula – con tutti gli accordi trasversali che possono sorgere in una crisi – trovarne uno nuovo. E il vecchio nell’aula ritorna come consigliere, una garanzia che chi approda in Giunta dal Consiglio non ha.

    Botte piena e moglie ubriaca

    La presidenza per sé e un assessorato ai Cinque Stelle sarebbe la classica soluzione da botte piena e moglie ubriaca per Bianca Rende. Ma quale sindaco affiderebbe a cuor leggero un incarico così delicato a una persona che soltanto poche settimane prima era sua avversaria alle elezioni? E poi, dettaglio non trascurabile, Caruso può rivendicare piena autonomia nel selezionare i suoi assessori, ma il Consiglio è un’altra cosa. Lì sono i partiti a votare. E per quanto il primo cittadino possa far pesare il suo ruolo nella discussione l’ultima parola sul tema non spetta a lui, chiamato a gestire col bilancino gli equilibri politici interni.

    Bianca Rende (foto Alfonso Bombini)

    Anche per questo il successore di Occhiuto continua a ribadire di non aver affatto promesso la presidenza, non di sua stretta competenza, a Rende. Un assessorato le avrebbe detto e un assessorato avrà, per sé o per la persona che vorrà indicare. E se declinerà l’offerta quel posto andrà a M5S. Le altre caselle sono già occupate a prescindere dalle deleghe, ancora tutte da stabilire.

    Il bottino degli alleati

    Stando così le cose, De Cicco avrà due assessori – lui stesso e Sconosciuto – perché a (quasi) parità di voti con Rende i suoi vengono giudicati più “pesanti” nella vittoria: arrivano da potenziali elettori di centrodestra. Un assessore andrà al Psi e altri due alla lista del sindaco, che da socialista storico in sostanza ne avrebbe tre. Pazienza se i nomi dei papabili sono quelli dei consiglieri De Marco e Battaglia, che fino a pochi giorni fa sedevano nella maggioranza di Occhiuto, e quello di Pina Incarnato, figlia di quel Luigi additato, al pari della premiata ditta Adamo&Bruno Bossio e di Carlo Guccione, come uno dei manovratori oscuri dietro il neo sindaco. Infine il Pd, primo partito della coalizione, che farà da asso pigliatutto accaparrandosi tre assessorati e presidenza della sala Catera. I nomi in questo caso sono quelli dei più votati: Covelli, Funaro e Alimena in Giunta e Mazzuca sulla poltrona che era di Pierluigi Caputo.

    Giuseppe Mazzuca e Luigi Incarnato (foto Alfonso Bombini)
    Competenze o consenso?

    Anche qui, riguardo alle note diffuse in campagna elettorale, qualche dubbio è sorto. Se Caruso e Rende dicevano di aver trovato l’intesa in vista del ballottaggio sulla necessità di un esecutivo di alto profilo (tecnico, prima ancora che politico) come mai – senza nulla togliere agli eletti appena citati – il criterio di selezione degli assessori è diventato il numero di voti racimolati? Che fine hanno fatto le competenze, conditio sine qua non degli accordi precedenti? L’impressione è che i vituperati big del Pd locale vogliano i loro uomini in prima fila. Classico spoils system, ma in tempi di antipolitica non è il massimo dal punto di vista dell’immagine agli occhi del cosentino medio, che a certi volti e nomi si dichiara sempre più spesso allergico (salvo votarli ugualmente con altrettanta frequenza).

    Il ruolo dei Cinque Stelle tra Roma e Cosenza

    La discussione tra i vincitori in questo momento resta un dialogo tra sordi. Si è andati avanti con incontri bilaterali, ma un tavolo unitario della (presunta?) nuova maggioranza ancora non c’è mai stato. Sullo sfondo restano le intese romane tra Pd e M5S. Questi ultimi si sono già accordati in autonomia con Caruso per un assessorato, ma probabilmente pensavano che il loro posto in Giunta facesse parte dei due destinati a Rende. Questa a sua volta, ha ancora il pallino in mano, sperando non diventi una patata bollente. C’è un posto soltanto per la sua coalizione? È lei che deve decidere se prenderlo personalmente o darlo a qualcuno che indicherà.

    Ognuna delle due soluzioni rischia di lasciare a bocca asciutta i pentastellati, circostanza che Rende vorrebbe evitare senza però sconfinare nell’autolesionismo. Tant’è che pare che nelle prossime ore debba arrivare proprio un nuovo incontro tra Caruso e i Cinque Stelle per venire a capo della questione. La parola data è importante, ma un sostegno più forte in Parlamento con due forze di governo in maggioranza non è ipotesi da accantonare a cuor leggero. Per uscire dall’impasse la strada parrebbe quella di dare due assessorati all’aspirante sindaca e M5S. Ma a quel punto a sacrificarsi dovrebbero essere i “famelici” democrat o i socialisti. Che avranno anche preso pochi voti rispetto agli altri contendenti, ma restano il partito a cui il neo sindaco ha giurato eterno amore.

    Si parte a metà mese

    Con un bilancio da approvare quasi a scatola chiusa pochi giorni dopo l’insediamento – si ipotizza che proclamazione e prima seduta arrivino a ridosso del 15 novembre – e le casse vuote serve unità d’intenti. Ognuno dovrà assumersi le proprie responsabilità. E a qualcuno toccherà fare un passo indietro per evitare che lo scricchiolio di oggi si trasformi in crepa vera e propria domani. Certo non è il migliore dei segnali litigare prima ancora di aver cominciato. Per quello, in fondo, ci sono cinque anni davanti.

  • Mario Occhiuto da Alarico alle Ztl: dieci anni in ventuno lettere

    Mario Occhiuto da Alarico alle Ztl: dieci anni in ventuno lettere

    Con l’insediamento di Franz Caruso dopo la vittoria al ballottaggio, Cosenza dopo poco più di dieci anni quasi ininterrotti cambia sindaco: nessuno prima di Mario Occhiuto aveva governato tanto a lungo la città. Di cose in tutto questo tempo ne sono successe parecchie, abbiamo provato a sintetizzarle sfruttando l’alfabeto per ripercorrere il decennio appena concluso.

    Alarico

    Un chiodo fisso: fare della figura del barbaro una calamita di turisti. Il risultato? Una serie di figure che con Alarico hanno poco a che fare. Del museo dedicato al saccheggiatore di Roma per adesso esistono solo macerie finite sotto inchiesta e l’impiego di mille maestranze locali per il film che ne doveva rinverdire le gesta è rimasto nelle intenzioni del regista. Neanche i droni israeliani proposti da Luttwak hanno svolazzato sulla confluenza del Crati e del Busento alla ricerca del tesoro. Quello che, ironizzava il CorSera a marzo del 2018, il sindaco sognava forse di utilizzare per rimpolpare le casse di quel comune che saldava i suoi debiti personali.

    alarico-statua
    Un particolare della statua di Alarico a Cosenza commissionata da Mario Occhiuto
    Bilotti

    Tutto cominciò con una perizia scopiazzata e una gara d’appalto annullata. Se il buongiorno si vede dal mattino, il restyling di piazza Bilotti fece capire subito che i problemi non sarebbero mancati. Lavori più lunghi del previsto (ma spacciati per fulminei all’inaugurazione) con i negozi circostanti alla canna del gas, l’ombra della ‘ndrangheta, manovre politiche sottobanco: l’opera simbolo del decennio targato Occhiuto non si è fatta mancare nulla, compresi un senso di marcia all’inglese per le auto e i sigilli della magistratura. Sotto sequestro è ancora lo spazio che ospitava il museo sottostante. Saranno i giudici a stabilire se qualcuno abbia commesso reati nella fase di collaudo.

    Calatrava

    Bello, bellissimo. Ma utile? Se lo sono chiesti in tanti osservando il ponte disegnato dall’architetto valenciano, altra opera – come la piazza appena citata – pensata in epoca Mancini e portata a termine da Occhiuto. Sarà perché sorge tra altri due ponti, saranno le dimensioni mastodontiche in contrasto col panorama circostante, sarà perché – come dicono a Cosenza – per adesso collega il nulla al niente. O, più probabilmente, sarà perché è costato quasi 20 milioni di euro e una buona fetta di quei soldi era destinata in origine all’edilizia popolare.

    ponte_calatrava
    La desolazione sulla sponda del ponte di Calatrava più vicina al centro città
    Debiti

    Pubblici o privati, non si può non parlare di conti in rosso nel raccontare i dieci anni di Occhiuto in Comune. Già nella campagna elettorale del 2011 Enzo Paolini, suo sfidante al ballottaggio, contestava al suo avversario inadempienze con numerosi creditori. Gli elettori se ne infischiarono e gli preferirono l’architetto. Che, arrivato a Palazzo dei Bruzi, trovò un ente sull’orlo del default e avviò un piano di risanamento. Buono solo sulla carta però. I debiti sono cresciuti e la promessa di rimettere in ordine i conti già nel 2018 con quattro anni di anticipo – primo punto del programma elettorale di Occhiuto nel 2016 – si è concretizzata nella dichiarazione di dissesto del 2019. La prima della storia della città.

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    Il primo capitolo del programma elettorale di Mario Occhiuto alle Amministrative 2016
    Elezioni

    A spezzare l’incantesimo tra il sindaco e i cittadini che lo avevano riconfermato a furor di popolo sono state probabilmente le ambizioni del primo. Occhiuto – che pure nel 2012 sulle pagine dei quotidiani locali si definiva un tecnico prestato alla politica pronto a lasciarla al termine del suo primo mandato – forse ci aveva preso gusto a comandare. Tanto da puntare spedito verso una poltrona molto più pesante: quella di presidente della Regione. A molti è sembrato che l’attenzione verso Cosenza sia svanita insieme alle promesse preelettorali sul recupero delle periferie, soppiantate in agenda dalla corsa alla Cittadella. Ad interromperla bruscamente, lo sgambetto degli alleati che gli preferirono Jole Santelli come candidata del centrodestra.

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    Uno degli incontri pubblici per promuovere la sua candidatura alla presidenza della Regione
    Facebook

    Se la socialdemocrazia resta un miraggio, Cosenza ha già sperimentato a pieno la social-democrazia, quella che passa dalle bacheche di Facebook. Dalla sua, Occhiuto ha mostrato progetti per la città, battibeccato con gli avversari (politici e non), aizzato i suoi sostenitori contro quelli che lui stesso ha ribattezzato “odiatori”. Memorabile la pagina istituzionale Decoro Urbano: doveva servire a raccogliere segnalazioni sui disservizi in città, a volte chi la gestiva la trasformava in una succursale della segreteria politica del sindaco beatificandone le gesta. Ancora di più i fotomontaggi circolati sul web, dai più critici a quelli al limite dell’idolatria.

    mario redentore
    Una delle creazioni di un sostenitore di Occhiuto circolata in rete qualche anno fa
    Gentile

    Amore e odio. Più odio che amore, però, quello tra gli Occhiuto e i Gentile, due delle famiglie col maggior peso elettorale in riva al Crati. Mario batte Paolini nel 2011 e come sua vice nomina Katya, che ha fatto incetta di voti. L’idillio dura poco, il tempo che scoppi un pasticcio intorno all’ex bocciodromo di via degli Stadi. Ridotto a pezzi, il Comune prima lo assegna all’ex marito della Gentile per realizzarci un centro di guida sicura. Poi, a stabile rimesso a nuovo, fa marcia indietro. Ne nasce un caso giudiziario – che vedrà sconfitto il municipio – e, soprattutto, politico. Katya chiama “Schettino” Mario, lui la defenestra. Seguono anni di frecciate al veleno, interrotti dalla candidatura alle regionali della Gentile a sostegno di Occhiuto. Roberto però.

    Hellas

    Le ultime parole famose: «Quest’anno avremo il terreno migliore della serie B». La realtà: migliaia di persone arrivate allo stadio per la prima di campionato tra i cadetti dopo anni in C restano fuori dai cancelli. Cosenza zero, Hellas Verona tre: partita persa a tavolino per impraticabilità del terreno di gioco. È la prima e unica sconfitta dei Lupi per ragioni simili dal 1914 ad oggi. Nessuno fa mea culpa, tra silenzi intervallati da urla al complotto. Finché il sindaco trova un sorprendente colpevole: le nottue, voraci insetti erbivori che si sarebbero accaniti sul San Vito nel prepartita per impedire il debutto casalingo dei rossoblù e far sfigurare l’amministrazione comunale.

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    Il terreno del San Vito a poche ore dal match, mai disputato, contro l’Hellas Verona
    Idrico

    Avere l’acqua a casa per molti cosentini resta ancora un problema quotidiano. Va dato atto, però, all’amministrazione di aver migliorato e non poco la situazione trovata al suo insediamento. La rete idrica cosentina all’inizio dello scorso decennio disperdeva oltre due terzi del suo prezioso contenuto lungo il tragitto verso i rubinetti. Stando a rivelazioni più recenti la percentuale si sarebbe invertita e l’acqua persa per strada ora ammonterebbe a circa un terzo del totale. Non abbastanza per cantare vittoria, anche se il Comune lo ha fatto lo stesso: nel 2015 dichiarò che Cosenza era terza in Italia per acqua immessa in rete. E a riprova allegò una classifica. In cui risultava sessantesima.

    Luci

    Forse non illuminato, ma di certo Mario Occhiuto è stato un “sovrano illuminante” con luci artistiche e non piazzate in giro per la città. Dai mitici cerchi alle menorah ebraiche, passando per l’immancabile Alarico le luminarie sono talmente associate al sindaco uscente che tra i nomignoli affibiatigli negli anni ci sono Lampadina e Osram. Dettaglio non trascurabile: per anni quasi tutte le ha installate la stessa ditta. Si chiama Medlabor: prima del 2011 fatturava pochi spiccioli, da quell’anno ha fatto affari con Palazzo dei Bruzi per centinaia di migliaia di euro. E sull’accaduto ora è la Procura a voler fare… luce.

    I cerchi luminosi, una delle costanti dei 10 anni di Occhiuto
    Metro

    L’ha sempre sostenuta ma in molti hanno pensato il contrario. Che ad alimentare l’equivoco, chissà, sia stata la sua presenza e quella dei suoi fedelissimi ai banchetti in cui si raccoglievano firme per un referendum per abolirla? Sulla apparente contrarietà alla metropolitana leggera Mario Occhiuto ha costruito gran parte del successo elettorale del 2016. Tanti voti trasformatisi in altrettanti (o quasi) delusi quando il progetto è partito lo stesso, seppur con le modifiche volute dal sindaco: viale Mancini sventrato, lavori bloccati per mesi e una ferita nel centro città che bisognerà decidere come ricucire.

    Nazi

    La pubblicità funziona purché se ne parli. Un concetto ormai desueto ma ancora in voga a Cosenza, nonostante una pubblicitaria esperta come l’attuale sindaco di San Giovanni in Fiore, Rosaria Succurro, tra gli assessori. Cosenza per attrarre visitatori presenta all’edizione 2015 della Bit di Milano una brochure promozionale sulla città. E sceglie tra i testimonial uno dei meno indicati: il gerarca nazista Himmler, giunto in riva al Crati e al Busento alla ricerca del tesoro del solito Alarico.

    himmler_brochure
    La brochure destinata ai turisti con la contestatissima foto di Himmler
    Ospedale

    Il tira e molla con la Regione su dove costruire quello nuovo ha portato a uno stallo che rischia di proseguire anche nei prossimi anni. Cosenza nel frattempo resta con un ospedale, l’Annunziata, vecchio, decrepito, inadeguato e privo delle necessarie forze in pianta organica. Alla carenza di medici Occhiuto ha provato a mettere mano con due ordinanze in cui imponeva assunzioni all’Azienda Ospedaliera. In entrambi i casi il prefetto ha bollato gli atti come palesemente illegittimi, rendendoli nulli.

    Provincia

    Se in Regione non è riuscito ad arrivare, Mario Occhiuto può vantare comunque nel suo cursus honorum la presidenza della Provincia. Siamo nel 2014 e, a seguito della riforma Del Rio, a votare il successore di Oliverio non sono più i semplici cittadini, ma sindaci e consiglieri comunali del Cosentino. Seguono un paio d’anni scarsi in cui il Palazzo della Provincia diventa sede unificata del Comune, una circostanza che fa ben sperare per il futuro della Biblioteca Civica, finanziata a metà dai due enti. Speranza vana: Occhiuto a inizio 2016 decade da sindaco e, dopo una battaglia legale di Graziano Di Natale, deve lasciare anche piazza XV marzo.

    Quote rosa

    La prima sindacatura per Occhiuto, da un punto di vista politico, è stata senza dubbio la più travagliata. E non solo per la sfiducia che decretò l’arrivo di un commissario a pochi mesi dalle Amministrative. In quei poco meno di cinque anni il sindaco ha modificato in più occasioni la composizione della sua Giunta. Tant’è che di rimpasto in rimpasto è saltato il rispetto della parità di genere nell’esecutivo, con conseguente condanna per Palazzo dei Bruzi. L’architetto addebitò il passo falso ai partiti della coalizione, rei di non avergli suggerito nuovi ingressi al femminile tra gli assessori.

    Rifiuti

    Prima delle Amministrative 2011 Eugenio Guarascio si sta già occupando dei rifiuti cosentini. Ma è con l’ingresso di Occhiuto in Comune che la città e l’imprenditore lametino si legano indissolubilmente. Guarascio si aggiudica in sequenza due appalti milionari e, nello stesso periodo, diventa presidente del Cosenza. Il servizio di raccolta procede tra alti e bassi, un po’ come la squadra rossoblu sul campo da gioco e i rapporti tra sindaco e presidente. Mentre l’operazione nuovo stadio, che vedeva entrambi coinvolti in prima persona, rimane ferma al palo fino al prossimo annuncio.

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    Eugenio Guarascio e Mario Occhiuto a Palazzo dei Bruzi
    Sfiducia

    A quattro mesi dal termine del mandato diciassette consiglieri comunali firmano davanti a un notaio la sfiducia nei confronti di Mario Occhiuto. Il sindaco decade, ma la congiura di palazzo si rivela un boomerang per chi l’ha ordita. Le successive elezioni si trasformano in una cavalcata trionfale per l’uscente, che straccia i rivali fin dal primo turno grazie anche al voto disgiunto che lo premia oltre ogni rosea aspettativa. Il consenso bulgaro raccolto sembra farne il candidato ideale per il dopo Oliverio alla Cittadella. Saranno i suoi stessi alleati a infrangere il suo sogno di raggiungere Germaneto.

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    Occhiuto simil Che Guevara in una maglietta realizzata dopo la sfiducia del febbraio 2016
    Traffico

    Al cosentino puoi togliere tutto, ma non l’abitudine di prendere la macchina anche solo per percorrere pochi metri. Puntare su pedonalizzazioni e piste ciclabili, insomma, non è esattamente la scelta più popolare in città. Se poi ci aggiungi chiusure che fanno da tappo alle arterie viarie principali, cambi di sensi di marcia e cantieri infiniti la frittata è fatta. E non è parlando di mobilità dolce o paragonandosi alla Svizzera che si placa il malanimo. Il nomignolo Mario “Occhiuso” la dice lunga sull’apprezzamento medio dei cosentini per certe scelte sulla viabilità. Ma, piaccia o meno, svuotare le strade dalle auto resta importante.

    Urgenza

    I lavori assegnati dal municipio con affidamenti diretti per somma urgenza sono stati a lungo sotto i riflettori, dell’opposizione quanto della magistratura. Tante le determine in cui si sfiora senza superare per pochi centesimi la soglia dei 40mila euro che obbligherebbe a una gara pubblica. Persino più numerose delle altrettanto discusse consulenze distribuite negli anni a professionisti transitati in passato dallo studio di architettura del sindaco. C’è chi le derubrica a tradizionale spoils system e chi non è altrettanto generoso nel giudizio a riguardo.

    Vice

    Non gli mancheranno i talenti in altri campi, ma quando si tratta di scegliere il proprio vice meglio non chiedere consiglio a Mario Occhiuto. In dieci anni di decisioni in tal senso non ne ha azzeccato molte, se per insipienza o fiducia mal riposta non è dato sapere. Con Katya Gentile è finita a pesci in faccia, Luciano Vigna lo ha scaricato trasferendosi armi e bagagli alla Regione. Con chi? Ma con un’altra vice Occhiuto, naturalmente, ossia quella Jole Santelli che ha soffiato la candidatura alle regionali proprio al suo “datore di lavoro” cosentino. Al posto di lei è arrivato Francesco Caruso, bocciato alle ultime elezioni dai cosentini proprio per essersi proposto in continuità col suo predecessore.

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    Mario Occhiuto con la sua allora vice sindaca, Jole Santelli
    Ztl

    La grande novità introdotta in centro e nella parte antica della città non pare aver prodotto ottimi risultati. Se ne è lamentata perfino la Curia, non proprio un comitato di rivoluzionari, quando arrivare all’Arcivescovile si è fatto problematico. Per non parlare dei commercianti delle traverse di corso Mazzini, che sostengono di aver visto crollare gli incassi a seguito delle limitazioni al traffico.
    Degno contorno dell’intera questione, centinaia e centinaia di multe arrivate ai cosentini e poi annullate per l’utilizzo fuorviante delle formule “Varco attivo” e Varco non attivo” sui tabelloni elettronici all’ingresso delle Ztl.

  • I segreti dell’organetto alle pendici della Sila

    I segreti dell’organetto alle pendici della Sila

    Senti odore di mosto a Cozzo Carbonaro, piccola frazione di Lattarico, nel Cosentino. Tra quelle colline non è difficile incrociare la melodia di una fisarmonica o di un organetto. Spesso è il maestro Agostino Giuseppe Scavello a suonare. Classe 1933, ringiovanisce di colpo quando indossa i suoi strumenti musicali, quelli che con orgoglio ha costruito con le sue mani. Figlio d’arte, il padre accordava gli organetti, la tecnica l’aveva appresa da autodidatta.

    A vent’anni volevo imparare a costruire organetti

    «Me ne sono andato da Lattarico a vent’anni proprio perché volevo imparare direttamente dalla prima fabbrica italiana (la Paolo Soprani), ad accordare e riparare questi strumenti».
    Le fisarmoniche e gli organetti esplodono nella loro diffusione nell’Italia appena unificata. Le industrie si innestano nella produzione artigianale degli strumenti musicali. La popolarità di questi strumenti a mantice era anche dovuta alla facilità con cui si poteva imparare a eseguire una melodia. Senza necessariamente saper leggere la musica.
    «A Castelfidardo sono stato accolto dalla famiglia Soprani come un amico, mio padre era loro cliente da sempre e non si sono fatti nessun problema a insegnarmi i trucchi del loro mestiere. Tutte le fabbriche di fisarmoniche erano nate da dipendenti che una volta appreso il mestiere si sono messi in proprio e in parte questo era il mio sogno».

     

    Il maestro Scavello torna a Lattarico 

    Dopo cinque anni di apprendistato Scavello torna nella sua Lattarico, ma la difficoltà a trovare operai lo la fa desistere dal suo sogno. Nel frattempo si lascia prendere dall’insegnamento della musica, raggiunge i suoi discepoli a gruppi nelle frazioni e non per diffondere solo la musica, ma soprattutto la passione per l’arte. Quella di antichi mestieri che resistono nella Calabria di oggi.

    «Così già negli anni Sessanta era la fabbrica che mi contattava per fare le riparazioni per loro conto», un’abilità operativa riconosciuta non solo dalla casa madre, ma da tutti i clienti calabresi, che sanno che le piccole riparazioni il maestro le assicura in poche ore, permettendo a molti professionisti di non doversi rivolgere alle aziende produttrici a migliaia di chilometri e rischiare di non potersi esibire.

    Il primo strumento costruito 

    Il primo strumento costruito con le sue mani una volta a Lattarico è l’accordatore, ancora lì nel laboratorio. Operativo dopo sessant’anni, utile quando le ance di metallo non producono più il suono desiderato. Queste complesse lamelle in acciaio e alluminio hanno bisogno di un lavoro certosino a suon di lima e pinza, tutto rigorosamente a mano e a orecchio. Si registra la testiera, si accorda ogni singola parte, di ogni tipo di strumento «quelle più semplici sono quelle italiane, meglio le Soprani, quelle più complesse nella meccanica sono quelle polacche». Nessun problema per il maestro: «Ma io le riparo lo stesso». Nessuno strumento sembra avere segreti.

    L’accordatore del maestro Scavello (foto Tommaso Scicchitano)
    Le innovazioni di Scavello

    «Molti strumenti sono prodotti industriali, comunque hanno bisogno di una cura artigianale», spiega Scavello. E sottolinea: «Ora lo faccio di meno, ma ho realizzato alcuni strumenti quasi interamente a mano».

    Immagini sacre negli organetti costruiti da Scavello (foto Tommaso Scicchitano)

    L’orgoglio è anche di aver inventato qualcosa di innovativo: «Dieci anni fa ho avuto l’idea di inserire nel suono dell’organetto la zampogna, un prodotto molto apprezzato in provincia di Reggio Calabria». Dall’organetto esce anche il suono della piva, si possono sentire due strumenti contemporaneamente. Forse non sarà l’innovazione del secolo in ambito musicale, ma denota l’assoluta padronanza di uno strumento complesso, tale da poterlo ripensare.

    Una questione di famiglia

    Il maestro con orgoglio parla del legame che c’è con la ditta Soprani, una stima reciproca segnata da continui contatti. La musica per Agostino Giuseppe è una questione di famiglia. Tra negozio e laboratorio lavorano un figlio e un nipote. Con orgoglio puntualizza: «Mio nipote è laureato in pianoforte e un altro più piccolo sta imparando». il primo «è arrivato al mio livello, ha l’orecchio, la pazienza, la passione».
    Il know how di un’azienda di famiglia, quello che ti fa riconoscere e stimare per generazioni, non è solo conoscenza e abilità, è soprattutto passione e amore. In questo caso, per la musica.

    Tommaso Schicchitano

  • Il balletto del San Vito: il nuovo stadio a Cosenza tra propaganda e strani numeri

    Il balletto del San Vito: il nuovo stadio a Cosenza tra propaganda e strani numeri

    «Il nuovo stadio Marulla si farà». È stato questo l’ultimo futuristico colpo ad affetto della campagna elettorale del candidato sindaco di Cosenza del centrodestra Francesco Caruso, già vice del vero ideatore del progetto Mario Occhiuto. Di nuovo stadio in città si parla infatti dalla campagna elettorale del 2016, era uno dei cavalli di battaglia dell’architetto che riconquistò a furor di popolo Palazzo dei Bruzi dopo il successo alle urne del 2011. Un progetto lungo già più di cinque anni, quindi, che nel corso del tempo ha conosciuto numerose metamorfosi, impennate propagandistiche e frenate silenziose.

    La presentazione a Roma

    Chi tra gli appassionati di calcio cosentino non ricorda la presentazione romana, nel febbraio 2017, del piano di realizzazione della nuova struttura sportiva cittadina? Oltre al sindaco Mario Occhiuto, nella sede dell’Istituto per il Credito Sportivo erano presenti il Commissario del Credito Sportivo Paolo D’Alessio, l’allora presidente della Lega Nazionale Professionisti B Andrea Abodi, l’assessore allo Sport Carmine Vizza e il presidente del Cosenza calcio Eugenio Guarascio, partner del progetto (almeno così all’epoca veniva riferito).

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    Una delle slide presentate a Roma mostrava ricavi e costi previsti per il club col nuovo stadio

    Nello studio di pre-fattibilità, si ipotizzava per ragioni di sostenibilità economica dell’operazione, una capacità di 11.000 posti espandibili di ulteriori 5.000 per un costo complessivo di 37 milioni di euro. Ciononostante, analizzando i dati relativi ai costi dello stadio, viene da chiedersi come sarebbe stato possibile mantenere certi standard di gestione. L’aspetto forse più assurdo riguardava il denaro per l’affitto dell’impianto che la società guidata da Eugenio Guarascio avrebbe dovuto sborsare: oltre 400mila euro annui. Una cifra spropositata se si pensa alle incrollabili politiche al risparmio dell’imprenditore lametino. Oggi, giusto per intenderci, il Cosenza Calcio paga un affitto al Comune di circa 5.500 euro al mese. Certo, si ipotizzavano grandi incassi: tra questi, anche i soldi dei biglietti (8 euro l’uno) di ben 11mila visitatori annui previsti nel nascituro museo dedicato alla squadra.

    Tre anni dopo…

    Da allora, di acqua sotto i ponti ne è passata molta e, giusto per non allontanarci troppo dalle fantasie occhiutane, quasi mai è stata navigabile.
    «Nei prossimi tre anni – aveva dichiarato in quella circostanza Occhiuto dopo aver valutato il percorso finanziario del piano di lavoro – realizzeremo il nuovo stadio, noi le promesse le manteniamo».

    Tre anni dopo, esattamente nel gennaio 2020, e con un dissesto finanziario del Comune con cui fare i conti, lo stesso primo cittadino si rammaricava dal suo profilo Facebook. Purtroppo non era ancora stato possibile far partire i lavori «nonostante l’immutata disponibilità dell’Istituto del Credito Sportivo, perché il fondo immobiliare Invimit ha rallentato le approvazioni del finanziamento a causa del rinnovo del management. Noi proveremo ad andare avanti, ma non so ormai se riusciremo ad avviare e completare le opere prima della fine del mio mandato. Spero che chi verrà dopo di noi abbia la volontà e la capacità di continuare su questa strada».

    L’autogol

    Tornando all’attualità delle recenti elezioni comunali di Cosenza, c’è da sottolineare il clamoroso autogol di Francesco Caruso in vista del ballottaggio. Credeva, grazie al dio pallone, di recuperare il terreno che un altro Francesco (De Cicco) gli aveva fatto perdere con la sua sorprendente “affiliazione” al centrosinistra. Invece ha finito per peggiorare la situazione.

    Il popolo di fede rossoblù, infatti, tranne i soliti puri e duri a morire di speranze e illusioni, stanco di ascoltare promesse mai mantenute, aveva accolto con freddezza l’uscita del candidato a perdere. Caruso, dal canto suo, era andato avanti come un treno aggrappandosi alle rassicurazioni (e non poteva essere altrimenti) di Roberto Occhiuto, fratello di Mario nonché fresco di elezione a governatore calabro.

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    Lo scambio su FB sull’affidamento del progetto che ha fatto scalpore tra i cosentini prima del voto

    Sulla sua pagina Facebook Francesco Caruso sindaco (da qualche giorno misteriosamente scomparsa), il 15 ottobre scorso si era espresso in questi termini: «#NuovoStadioMarulla, progetto già affidato e inglobato nella Città dello Sport».
    Un’uscita sensazionalistica che, oltre a collezionare una marea di sfottò da parte della tifoseria delusa, aveva fatto emergere un aspetto inquietante: l’aggiudicazione di quel progetto da parte di un raggruppamento di specialisti tra cui figurano gli architetti Alfonso Femia e Rudy Ricciotti, non è mai stata verbalizzata dalla commissione esaminatrice.

    La Regione che non c’era

    Per dirla con parole ancora più semplici, i vincitori del concorso internazionale indetto dal Comune di Cosenza per il progetto della “Città dello Sport” che comprende, appunto, la riqualificazione dello stadio comunale San Vito-Marulla e la valorizzazione e riqualificazione delle aree limitrofe, non hanno mai ricevuto alcuna comunicazione in merito. Ecco perché è apparso alquanto bizzarro leggere le parole di Caruso, a cui sono seguite poi, sempre su Facebook, quelle del presidente della commissione consiliare Sport di Palazzo dei Bruzi Gaetano Cairo in risposta all’ingegnere Claudia Grandinetti che aveva fatto notare che nulla ancora è stato affidato.

    «La soluzione progettuale rappresentata nel rendering – aveva scritto Cairo – è quella proposta dall’architetto Rudy Ricciotti e dall’architetto Alfonso Femia con cui probabilmente l’arch. Grandinetti ha collaborato nell’ambito del gruppo di lavoro. La soluzione risulta vincitrice dell’espletato concorso di idee per lo sviluppo del progetto di fattibilità tecnica ed economica della Città dello Sport, un concorso già aggiudicato ma non formalizzato ovviamente a causa della non disponibilità del finanziamento. Il finanziamento verrà garantito dal governatore della Regione Calabria Roberto Occhiuto».

    Ma è proprio su quest’ultima affermazione di Cairo che vengono fuori le perplessità maggiori: cosa c’entra la Regione Calabria con la vicenda stadio? E, soprattutto, in che termini un finanziamento che dovrebbe essere di competenza del Credito Sportivo verrà garantito dal governatore? Difficile se non impossibile pensare che esista un canale di finanziamento dedicato unicamente allo stadio cosentino. Più plausibile, invece, che lo stesso governatore nei giorni roventi del pre-ballottaggio abbia avallato una promessa elettorale dalle basi non troppo solide.

    Capienza (parecchio) variabile e ritocchi

    Il progetto vincitore del concorso prevede(va) l’estensione di circa 60.000 mq solo per lo stadio, con una capienza flessibile, a differenza degli 11.000 del 2017, di ben 40.000 posti (il capitolato speciale d’appalto ne richiedeva, a sua volta, tra i 16.000 e i 20.000), con aree VIP, sky boxes e business lounges e un museo con negozi. E poi ancora la realizzazione di cinema, un hotel, attività commerciali, una biblioteca e un centro medico-sportivo. Di milioni, tra l’altro, ne dovrebbe costare 47, dieci in più di quelli che Invimit non era più disposta a cofinanziare.

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    Ma dalle nostre ricerche è emersa una particolarità di non poco conto: il rendering (o meglio, per dirlo alla buona, i cosiddetti fotomontaggi) che da tre anni l’ex sindaco Mario Occhiuto e più di recente il suo quasi erede Francesco Caruso stanno facendo circolare sui social network, non corrisponderebbe a quello che è il progetto originale vincitore del concorso, ideato – è sempre bene ricordarlo – da Rudy Ricciotti, uno dei più grandi architetti francesi contemporanei, Alfonso Femia che può vantare tre studi in Italia e in Francia e poi ancora Pino Scaglione, Antonio Trimboli e molti altri illustri professionisti cosentini.
    Insomma, qualcuno avrebbe modificato ad arte le immagini, chissà se per renderle più accattivanti agli occhi della gente. Se la situazione non fosse già abbastanza tragicomica di suo, si potrebbe parlare tranquillamente di violazione del diritto d’autore.

    L’appello dei tifosi al neo sindaco Franz Caruso

    Il punto di tutta questa avventura paradossale è che, nonostante la sconfitta del centrodestra e l’elezione a sindaco della città di Franz Caruso del centrosinistra, c’è ancora in città chi spera nel miracolo della realizzazione del nuovo stadio. Pur avendo un intenso sapore elettorale, le esternazioni di Francesco Caruso e quelle di Gaetano Cairo sulla disponibilità del presidente della Regione Calabria a interessarsi finanziariamente alla vicenda, sembrano aver riacceso ugualmente una fiammella di speranza in una parte della tifoseria, evidentemente timorosa che tra le due parti (Regione e Comune) non si riesca a stringere un dialogo costruttivo.

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    L’attuale San Vito-Marulla visto dall’alto

    Nelle ultime ore il direttivo dell’associazione “Cosenza nel Cuore” ha chiesto un incontro al neo eletto sindaco Franz Caruso anche per discutere di una auspicabile implementazione e rigenerazione dello stadio cittadino. Lo fa fatto con una nota in cui ricorda «l’informazione, fornita dal neo Presidente della Giunta Regionale, On. Roberto Occhiuto, secondo la quale tale progetto sembrerebbe suscettibile di immediato finanziamento sui fondi PNRR o simili. È opinione dell’Associazione – prosegue il documento – che un’occasione del genere non debba essere persa e che una tale opera non possa avere un colore politico, ma rappresentare unicamente un elemento di crescita territoriale, sociale ed anche economica».

    Insomma, una storia tanto infinita quanto ingannevole che, probabilmente conoscerà nuovi capitoli. Ovviamente a discapito di chi tifa Cosenza Calcio e crede da sempre nei sogni che lo circondano.

  • Si spengono le luci, l’addio di Mario Occhiuto

    Si spengono le luci, l’addio di Mario Occhiuto

    È probabile che non siano in tanti a ricordarselo, ma c’è stato un tempo (breve) in cui a Cosenza si poteva perfino sciare. Succedeva agli inizi di questi dieci anni targati Mario Occhiuto. Il sindaco aveva fatto innalzare nei dintorni dei “Due Fiumi” una struttura dalla quale si poteva scendere con gli sci ai piedi. La pista era lunga poche decine di metri ma era costata ai cittadini circa 80 mila euro e avrebbe rappresentato l’inizio di una lunga stagione caratterizzata dal “fare”.

    Dopo gli anni incolori dell’amministrazione Perugini, fu anche per questa frenesia del “fare” che Mario Occhiuto, il sindaco-architetto vide crescere il consenso attorno alla sua persona, imponendo la sua visione della città ludica ed effimera, molto costosa e alla lunga separata dai reali bisogni dei cittadini. Furono gli anni delle luminarie e prima ancora dei cerchi, noleggiati a caro prezzo e poi acquistati. Ma anche quelli delle determine di somma urgenza, tutte una virgola sotto i 40 mila euro, per lavori spesso assegnati alle stesse ditte.

    I cerchi luminosi, una delle costanti dei 10 anni di Occhiuto

    Un sistema che produsse un record difficilmente superabile: 61 determine firmate in una sola notte. Intanto la città cambiava volto. Dove prima c’erano strade nascevano piazze e slarghi pedonabili, sempre implacabilmente pavimentate con le stesse piastrelle. Il salotto cittadino si arricchiva di nuove statue, al fianco delle quali ogni tanto sorgevano pupazzi colorati a foggia di dinosauri o altri animali. In alcuni luoghi topici della città nascevano locali per giovani, animando spazi fin lì silenti: il sindaco poteva affermare con orgoglio di aver vivificato «una città che alle dieci di sera andava a letto».

    Il realismo magico

    È difficile comprendere la dinamica di fascinazione e consenso di cui Occhiuto è stato protagonista senza ricorrere a un riferimento culturale: il realismo magico, cioè la capacità di costruire trame narrative che mischiano e sovrappongono la realtà con l’immaginifico. Su questo piano l’ex sindaco è stato insuperabile. Ogni volta che faceva circolare sui social il rendering di un progetto, con le figure di abitanti gioiosi, i viali alberati, i palazzi bellissimi i cosentini cominciavano a sognare. Immaginavano loro stessi in quegli spazi idilliaci, trascurando di domandarsi come e quando quel sogno avrebbe trovato realizzazione.

    Particolare della statua di Alarico alla confluenza dei fiumi Crati e Busento

    Il sindaco architetto conduceva per mano i suoi cittadini nel mondo incantato della grafica digitale. E i cosentini, grati, lo premiavano con il loro diffuso consenso. Da qualche parte giacciono progetti di campi di calcio, tutti diversi e tutti buoni per catturare l’attenzione della città nei momenti del bisogno; ospedali che sembrano usciti da un film americano; perso in qualche cassetto c’è pure il progetto in cui la strada di viale della Repubblica sparisce in un sottopassaggio, mentre sopra c’è un rigoglioso viale alberato. Ma la scommessa più immaginifica resta quella della ricerca del tesoro di Alarico, per il ritrovamento del quale furono scomodati il politologo Luttwack e i droni israeliani. Questi ultimi per fortuna mai arrivati sulle rive del Busento.

    Le opere

    Le cose realizzate da Occhiuto nei dieci anni della sua amministrazione affondano le radici nell’epopea manciniana. È in quella fase storica che furono pensati i progetti di piazza Fera, del ponte di Calatrava, del Planetario. A Mario Occhiuto va il merito di averle realizzate, facendo sbiadire la figura del vecchio leone socialista e intestandosi le opere.
    Non senza qualche smagliatura nell’opera edificatoria. Il ponte di Calatrava è sorto (anche) grazie alle risorse destinate alla costruzione di case popolari. Lo hanno inaugurato – così ha denunciato l’ex assessore De Cicco – con il denaro che era stato stanziato per le periferie, mentre su piazza Fera pende come una scomunica l’indagine della Dda. Un capitolo a parte meritano le giravolte sulla metro e la realizzazione del viale del benessere, quello dove si registra il maggior tasso di maledizioni da parte degli automobilisti.

    Un momento della faraonica inaugurazione del ponte di Calatrava nel 2018
    Gli inciampi giudiziari

    Dieci anni da sindaco e una parte di essi da indagato. Le vicende personali e quelle legate al suo ruolo di sindaco si sovrappongono in una sequela impressionante di problemi sospesi con la giustizia: indagato per associazione a delinquere transnazionale; indagato per le spese personali con i fondi del comune; indagato per bancarotta fraudolenta, condannato in primo grado al pagamento di 262 mila euro per danno erariale. Con in più un marchio: essere il primo sindaco ad aver dovuto dichiarare il dissesto del Comune.

    L’assalto alla Regione

    Sono stati questi inciampi giudiziari a fermare la candidatura di Mario Occhiuto alla Regione, interrompendo una cavalcata sapientemente costruita e poi abbandonata per far spazio a Jole Santelli, verso cui aveva avuto parole da tragedia greca, prima di santificarla pubblicamente dopo la morte. Oggi la Regione l’ha conquistata per interposta persona, dal fratello Roberto. Non è la stessa cosa, ma ci si può accontentare.

    In questi dieci anni la frase più celebrativa del governo di Occhiuto è stata “Il bello è buono”, concetto con cui si il sindaco uscente spiegava che quello che a lui piaceva era certamente per ciò stesso anche giusto. Da oggi chi guiderà la città dovrà costruire un nuovo senso di bello. Quello che si lega col giusto.

  • Caruso vs Caruso, la spunta Franz: chi è il nuovo sindaco di Cosenza

    Caruso vs Caruso, la spunta Franz: chi è il nuovo sindaco di Cosenza

    Comunque sia, alla fine ha vinto un Caruso.
    Nelle Amministrative finalmente al termine, Cosenza ha vantato la particolarità di due contendenti a sindaco con lo stesso cognome. La prima poltrona di Palazzo dei Bruzi va a Franz Caruso.
    Una vittoria non facile per il campione di un centrosinistra a dir poco problematico, a cui si deve riconoscere il merito di aver saputo ricompattare il suo schieramento, che finora era diviso in due tronconi (quello che faceva capo a lui e quello che aveva scommesso su Bianca Rende) e di aver tirato dalla sua l’ex assessore occhiutiano Francesco De Cicco, a sua volta candidato sindaco nelle vesti di leader popolare e popolano.

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    Franz Caruso sul palco del suo comizio finale insieme ad altri tre sfidanti del primo turno: Fabio Gallo, Bianca Rende e Francesco De Cicco
    Il vincitore: una vita da socialista

    Alzi la mano chi non ha trovato qualche riferimento a Franz Caruso nelle cronache cosentine e calabresi dell’ultimo ventennio almeno una volta alla settimana.
    Avvocato di lungo corso e big dei penalisti calabresi, Caruso è quel che la vecchia retorica definiva “principe del foro”. Appartiene alla generazione di legali successiva a quella “classica” e azzerata dall’anagrafe, di cui furono esponenti di primo piano Orlando Mazzotta, Ernesto d’Ippolito e Fausto Gullo.

    All’attività forense Caruso ha accoppiato sin da giovanissimo una passione politica viscerale, vissuta tutta sotto le insegne del garofano del vecchio Psi, poi della rosa di Nencini e di nuovo col garofano 2.0 dell’attuale Psi.
    Questa ambivalenza spiega gli spazi più che generosi accordati dai media all’avvocato cosentino, presenza fissa delle cronache giudiziarie e presenza frequente di quelle politiche, dove affiorava periodicamente in occasione delle elezioni.

    Da jolly ad asso da giocare

    Già: Franz Caruso è stato il jolly delle Amministrative cosentine, una carta sempre esibita da quell’asse del centrosinistra che fa capo a Nicola Adamo e Luigi Incarnato ma mai calata con convinzione. Accadde, ad esempio, nel 2011, quando la candidatura di Caruso spuntò nel caos politico che seguì la fine dell’amministrazione Perugini e rientrò nel giro di pochi giorni. Alla fine, il Pd dilaniato dalla lotta intestina tra Adamo e Mario Oliverio, confermò Salvatore Perugini.

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    Mario Oliverio e Nicola Adamo

    Anche nel 2016 emerse, più timidamente, la candidatura dell’avvocato. Ma durò secondi, perché quell’anno il centrosinistra riuscì a far peggio della tornata precedente. Addirittura, risparmiò a Mario Occhiuto la fatica del ballottaggio.
    Stavolta il jolly ha acquisito il valore di un asso, e da tale si è comportato. Con sole tre liste è riuscito ad arrivare al ballottaggio e ha dato un po’ di polvere agli altri avversari. Sia che avessero il suo stesso numero di liste (Rende) sia che, addirittura, avessero schierato interi quartieri (De Cicco e Civitelli).

    Dalla panchina al goal

    D’altronde non ci si improvvisa politici né avvocati. Chi lo ha visto in azione in Tribunale ne apprezza lo stile asciutto, tutto midollo e sostanza, con cui arringa i giudici e le corti senza averne quasi l’aria.
    Stesso discorso per la comunicazione politica: forte ma mai ridondante e con quel po’ di retorica che non guasta mai.

    Dopo anni di panchina politica, a volte sofferta a volte vissuta col sollievo di aver scansato il bagno di sangue, Franz Caruso è sceso seriamente in campo come centravanti di sfondamento. E ha segnato il goal decisivo, grazie anche a una strategia politica efficace.
    E a chi gli ha detto che rappresenta il vecchio ha fatto capire che neppure il suo avversario, l’altro Caruso, era nuovo: alle sue spalle ha altrettanti vecchi.

    Lo sconfitto

    Un volto giovane per una coalizione stagionata. Il vicesindaco uscente Francesco Caruso è un occhiutiano di lungo corso, che ha respirato politica sin da bambino attraverso i polmoni del papà, il compianto Roberto Caruso, che fu deputato di Alleanza nazionale nella seconda metà degli anni ’90.
    Mite, fine e garbatissimo, il giovane ingegnere è il classico bravo ragazzo di cui si innamorano le mamme con la speranza che i loro generi gli somiglino almeno un po’.

    Francesco Caruso è entrato a Palazzo dei Bruzi quasi in punta di piedi ed è rimasto tra i fedelissimi di Mario Occhiuto anche durante la fine prematura dell’amministrazione precedente, caduta per un golpe di corridoio sei mesi prima della scadenza naturale.
    Questa fedeltà politica gli è valsa prima la delega al decoro urbano (2017), poi l’ascesa a vicesindaco, dopo l’addio di Luciano Vigna, altra storica “spalla” di Occhiuto e, al pari di Caruso, proveniente dall’ex destra (quella vera).

    Le deleghe di questi anni

    I paragoni possono essere ingenerosi. Ma in politica si fanno e chi vuol azzardarne uno non può fare a meno di notare la differenza di stile tra i due “vice Mario”. Piuttosto forte e presenzialista Vigna, che ha gestito i conti di Cosenza per sette anni a botte di virtuosismi e rattoppi, molto pacato Caruso, a cui ora tocca la delega al Bilancio.
    E con altrettanta pacatezza Caruso gestisce altre due deleghe: Riqualificazione urbana e Agenda urbana, che sommate e tradotte significano Lavori pubblici.

    Francesco-Caruso-Mario-Occhiuto-Cosenza
    Francesco Caruso e Mario Occhiuto durante la campagna elettorale

    Difficile dire se Francesco Caruso sia una controfigura scelta dallo stato maggiore di Occhiuto per assicurare la continuità non solo dell’amministrazione ma anche del potere.
    Di sicuro, il giovane ingegnere ha dalla sua un’immagine neutrale, che gli è tornata preziosa durante le negoziazioni dell’estate. Non a caso, il nome e il volto di Francesco Caruso sono stati spesi con una certa sicurezza solo dopo che i mal di pancia (ad esempio, quello di Fdi, che aveva ventilato la candidatura Pietro Manna), i dubbi e i giochini erano cessati.

    Un vantaggio dilapidato

    Ed ecco che, grazie a sei liste agguerrite fino ai denti, il “vice Mario” è arrivato al ballottaggio in scioltezza, forte di 14 punti di vantaggio sul suo avversario diretto, il quasi omonimo Franz Caruso.
    Questo risultato prova per l’ennesima volta una regola non scritta della politica: le personalità non appariscenti (e quella di Francesco a volte sembra evanescente) piacciono agli addetti ai lavori e sono funzionali alle negoziazioni.

    Tuttavia, le personalità forti attirano di più gli elettori. E questo spiega come mai Francesco sia arrivato alla sfida finale soprattutto grazie al sostegno delle liste. Poi Franz, personalità più forte e per questo divisiva, è comunque riuscito a giocarsi meglio la partita.
    Essere vice paga. Ma non troppo.

  • La Terra di Piero è un cuore grande come l’Africa

    La Terra di Piero è un cuore grande come l’Africa

    Il cuore grande di Cosenza si chiama Terra di Piero. Di Piero Romeo, l’ultrà dei Lupi morto prematuramente e mai dimenticato. Sergio Crocco, suo compagno di curva e amico fraterno, decise che il ricordo di Piero dovesse diventare un fiume di solidarietà e bene, senza distinzioni e senza confini. Così è stato. Come era in vita Piero che per molti anni aveva seguito Padre Fedele, il monaco più noto della città dei Bruzi, nei suoi viaggi in Africa e nell’opera dell’Oasi Francescana.

    “Pozzo farcela”, uno dei motti della Terra di Piero.

    Nel primo anno di vita l’associazione ha realizzato due pozzi e due asili a Paoua (Repubblica Centrafricana). Tra le prime opere si annovera anche una casa per un ragazzo centroafricano, Jean Paul, morto di aids e vissuto per molti anni in Italia. I sette figli di Jean Paul, rimasti orfani, ora vivono in una casa costruita dalla Terra di Piero.

    Dieci anni con La Terra di Piero

    Tantissimi sono ad oggi gli iscritti che, con pochi euro per la tessera annuale, contribuiscono ai progetti portati avanti dall’associazione.
    La sede è luogo d’incontro della Cosenza solidale. Qui non mancano mai risate, convivialità e accoglienza per chiunque voglia passare, anche solo per fare un saluto.

    Il simbolo della Terra di Piero
    Le opere, le iniziative, la solidarietà

    La Terra di Piero continua ad andare in Africa portando da Cosenza container pieni di cibo, acqua, vestiti, giocattoli per i bambini, costruendo case, scuole, parchi inclusivi. E, a proposito di parchi, l’associazione ha costruito il Parco Piero Romeo su una delle vie principali di Cosenza. Un posto accessibile a tutti i bambini. In poco tempo, quello che era un desolato giardinetto abbandonato a se stesso, è diventato un posto magico che l’associazione è riuscita a costruire ex novo. Ad abbellirlo ulteriormente, sono le risate e le voci dei ragazzini che lo popolano ogni giorno. D quello per i nipoti al Parco dei Nonni, dove le generazioni si incontrano con facilità. Ecco l’ultima new entry ubicata a Rende.

    Il Parco Romeo in pieno centro a Cosenza

     

    Durante il lockdown distribuiti 650 pasti al giorno

    Quando a qualcuno manca materiale scolastico, giocattoli, abiti basta un post su Facebook e arrivano donazioni da parte di tutti i cittadini, scorte di ciò che serve. Un’iniziativa molto recente è quella della tecnica di microblading (trucco semipermanente) per pazienti oncologici, ed esecuzione di tatuaggi artistici e ricostruttivo per coprire cicatrici e ustioni.

    Durante il periodo del lockdown sono stati 650 i pasti completi distribuiti ogni giorno – per un totale di 1250 spese settimanali – a persone e famiglie in difficoltà. Un vero esempio di solidarietà e, diciamolo, civiltà.

    E per chi volesse contribuire a finanziare i progetti dell’associazione, le coordinate bancarie sono queste: intestazione a La Terra di Piero; Iban IT75S0100516200000000002970; banca BNL Filiale di Cosenza. Oppure è possibile donare il 5×1000 (C.F. 98086940784).

    Quarantadue repliche per Conzativicci

    Gli spettacoli, poi, sono uno dei fiori all’occhiello dell’associazione. Scritti e diretti da Sergio Crocco e recitati quasi interamente da attori non professionisti. Maniàmuni, Fora affascino… ma il fenomeno è stato Conzativicci. A partire dal 2014 allo stadio del Cosenza – per poi approdare a Roma, Perugia, Bologna, Milano e (addirittura!) in Canada – ha registrato un totale di 42 repliche.

    Circa 8mila persone hanno assistito a “Conzativicci” al San Vito, commedia scritta e diretta da Sergio Crocco. Era il 2014. Da allora fiumi di repliche da sold out
    Il rapporto della città con La Terra di Piero

    «Negli anni abbiamo raggiunto una sorta di simbiosi con la città che ci permette di interagire con tutti gli strati sociali, con la certezza assoluta di ricevere risposte coerenti ai nostri appelli per migliorare la qualità della vita delle persone in difficoltà. A me piace dire che “Cosenza la sentiamo sempre al nostro fianco”». Descrive così questo rapporto Sergio Crocco, che continua: «Credo che il Parco Piero Romeo abbia avuto questa funzione sociale, oltre che ludica. Mostrare alla città tanti suoi abitanti a volte troppo “invisibili”. Anche nell’aspetto pratico molto è stato fatto, ma tanto resta da fare e da pensare. Resta-no ancora troppe sacche di disagio dovute alla disabilità».

    Un ingranaggio collettivo

    Sergio Crocco è il cuore pulsante della Terra di Piero. Ma spiega quanto è importante il gioco di squadra: «La nostra associazione è un ingranaggio collettivo e io ne faccio parte al pari di tutti gli altri». È consapevole di «avere un ruolo diverso e per alcuni versi più pregnante, ma sempre conscio di essere, senza gli altri, quasi impotente».

    La Terra di Piero ha il volto dei bambini

    «Non ci sono bambini più “uguali” degli altri, ad essere diverse sono, ovviamente, le esigenze» – afferma Sergio Crocco, che trova il tempo per essere al contempo anche giardiniere e scrittore. «La differenza – aggiunge Crocco – tra i bambini di alcune zone d’Africa e quelli occidentali – anche i più poveri – sta nel concetto di appetito (il nostro) e quello di fame (la loro)». Perché «il sangue dei bambini ha però sempre lo stesso colore, che sia di Mendicino come di Addis Abeba».

    Mamma Africa 

    Il progetto già praticamente terminato è il Parco di Daniele a Kaolack in Senegal. «Completamente accessibile ai bambini disabili» – ci spiega Sergio Crocco. Non è finita qui. «Poi ne arriverà un altro ad Antsirabe, in Madagascar. E poi un progetto molto ambizioso ed oneroso: la cittadella degli sport accessibili. Serviranno tempi e fondi, ma sono difficoltà che non ci fanno paura».

    E non è un caso se l’ultimo scritto di Sergio Crocco si chiama “Watoto, storie e sorrisi di bambini d’Africa”. I sorrisi della Terra di Piero.

     

    Giulia Anzani

  • Cosenza, l’Atene delle Calabrie matrigna con i suoi Telesio

    Cosenza, l’Atene delle Calabrie matrigna con i suoi Telesio

    Cosenza è stata indicata come l’Atene delle Calabrie per via dell’Accademia ma essa in realtà era una sorta di confraternita in cui i potentati della città, di tanto in tanto, si riunivano per dare sfoggio d’erudizione. Uno storico del passato scriveva che i soci dell’Accademia Cosentina, per lungo tempo si dedicarono al poetare scompigliato, recitando nelle rare sessioni «rancide poesie» e qualche verso «Dio sa come raffazzonato».

     

    I tronfi ciarlatani dell’Accademia Cosentina

    Nel 1750, Spiriti precisava che il fine dell’Accademia non era quello di rischiarare aspetti sconosciuti del mondo greco o romano, approfondire controversie di storia sacra o profana, speculare sulle scienze fisiche, matematiche o filosofiche. Gli accademici, infatti, recitavano i loro componimenti poetici accompagnati «dal suono di dabbudà o colascione, insipidi poetastri accozzavano sillabe affacenti alle loro orecchie». Credendo di aver già meritato, così, l’ambito titolo di poeta andavano in giro per la città tronfi e pettoruti: tali ciarlatani ambiziosi e senza alcun merito pensavano di coprire la loro ignoranza con lo specioso titolo di accademico!

     

    Versi per la nobildnona d’Althann

    Un volume del 1724, edito a cura dell’Accademia Cosentina, ci offre un quadro del clima politico e culturale che si respirava al suo interno. Nella pubblicazione sono raccolti diversi componimenti recitati durante una pubblica adunanza in memoria della contessa Anna Maria d’Althann. Lionardo Jacuccio scriveva che gli accademici cosentini avevano l’antica e nobile costumanza di celebrare con «funebri pompe di prose e di rime» la memoria delle persone «grandi e valorose» e, considerato che nelle principali città del regno si faceva risuonare «fra tanto strepito» la fama della contessa, essi non potevano certo «starsene oziosi tacendo».

    Egli, quindi, invitava i virtuosi accademici a piangerla e lodarla in rime poetiche da dare alle stampe e divulgare. Ben quarantadue accademici, che non conoscevano la nobildonna, risposero all’appello componendo odi, egogle ed epigrammi in cui si esaltano le doti eccezionali della defunta.

     

    Telesio fu isolato dai cosentini

    Gli intellettuali della provincia di Cosenza che coraggiosamente si sono battuti per affermare le loro verità hanno pagato un caro prezzo. Tra il Cinquecento e il Seicento, nella provincia cosentina molti pensatori e scienziati sono stati emarginati, esiliati, perseguitati e considerati traditori. Bernardino Telesio, uno dei primi filosofi europei ad abbandonare ogni considerazione metafisica della natura e a sostenere che la conoscenza deve basarsi sullo studio dei principi naturali, trascorse gli ultimi anni della vita isolato dai concittadini e, scomunicato per le speculazioni filosofiche, le sue messe all’Indice.

    Giovan Battista Amico, autore di un trattato scientifico in cui discute e sviluppa la teoria delle sfere omocentriche così com’era accolta nella filosofia aristotelica, unanimemente giudicato uno scienziato pieno d’ingegno, fu aggredito e ucciso a Padova, probabilmente da sicari al servizio di qualcuno interessato ad un suo manoscritto mai ritrovato.

    Il trattamento riservato a Campanella

    Il celebre Campanella che soggiornò in città, autore di scritti in cui sosteneva che la natura va conosciuta nei suoi principi e che tutti gli esseri sono dotati di sensibilità e di conoscenza, fu perseguitato dal Tribunale dell’Inquisizione. Accusato di avere organizzato una congiura che mirava alla liberazione della Calabria dal dominio spagnolo, subì terribili torture, fu condannato a morte e riuscì a salvarsi solo fingendosi pazzo, rimanendo in galera per ventisette anni.

     

    Il religioso perseguitato

    Paolo Antonio Foscarini, vicario provinciale dell’Ordine dei Carmelitani, fu perseguitato per aver pubblicato scritti in cui sosteneva che le scienze e le arti portano ad una migliore conoscenza di Dio e che le teorie di Copernico non contraddicevano le Sacre Scritture. Fu accusato di avere esposto i testi sacri diversamente da come erano stati interpretati dai padri e le sue opere messe all’Indice.

     

    L’economista politico

    Antonio Serra, autore di un geniale trattato di economia politica in cui analizza le cause della scarsità di risorse monetarie nel Regno di Napoli e indica i modi per invertire il povero sistema produttivo, si trovava nelle carceri napoletane della Vicaria, secondo alcuni per un reato di falsa moneta, secondo altri perché aveva partecipato ad un tentativo insurrezionale.

     

    Il chirurgo Severino

    Marco Aurelio Severino, ritenuto uno dei fondatori della moderna chirurgia, famoso in tutta Europa per le lezioni e gli interventi chirurgici, fu processato dal Tribunale dell’Inquisizione, imprigionato e spogliato di tutte le cariche. Morì durante la peste del 1656 mentre assisteva gli ammalati e fu seppellito in una tomba senza nome nella chiesa di San Biagio de’ Librari.

     

    Il filosofo e lo scacchista

    Tommaso Cornelio, filosofo e medico di gran valore, considerato uno dei protagonisti della rivoluzione scientifica italiana del Seicento, vagò per l’Italia e subì dure persecuzioni da parte del Tribunale dell’Inquisizione. Gioacchino Greco, conosciuto anche come il Calabrese, scacchista famoso in tutte le corti europee e autore di un codice sul gioco pubblicato in diverse lingue, nel 1634 si recò nelle Indie Occidentali dalle quali non fece mai ritorno.
    L’elenco degli studiosi cosentini perseguitati o costretti ad abbandonare la loro terra è lungo.

     

    Il fondamento mitico della città

    L’atteggiamento dei cosentini dopo secoli non è cambiato. La rielaborazione storica di Alarico, Federico II e Carlo V degli studiosi locali, fa parte di quel processo che Hobsbawn e Ranger hanno definito «invenzione della tradizione»: manipolare e appropriarsi di personaggi e avvenimenti che diano lustro a una comunità. A questa esigenza rispondono le manifestazioni volte a celebrare i protagonisti di avvenimenti famosi. Riprodurre e ricostruire il passato con mezzi e linguaggi immediatamente fruibili, ricreare situazioni emotive in cui ognuno si riconosce spontaneamente all’interno della comunità. L’obiettivo è quello di dare fondamento mitico alla storia della propria città, processo ideologico in cui storia e mito si confondono.

     

    Le verità manipolate

    Gli eventi celebrativi dedicati a re e imperatori contengono verità deliberatamente manipolate, come scrive Debord, il falso forma il gusto e si rifà il vero per farlo assomigliare al falso. Molti studiosi e amministratori, convinti che i cittadini non hanno alcuna competenza, sono portati a falsificare la storia o a fornire racconti inverosimili. Alarico, ad esempio, il cui nome incuteva nelle popolazioni italiche un fremito di terrore, viene familiarizzato al punto da diventare una icona cittadina. Egli non è più l’odiato e temuto barbaro ma un antenato-eroe da celebrare, un re dalla folta chioma e dagli occhi azzurri, amante della tolleranza e della pace!

     

    L’invenzione della storia

    Le manifestazioni dedicate a personaggi storici fanno parte di una industria del consenso che, come scrivevano Horkheimer e Adorno, liquida la funzione critica della cultura e favorisce l’inerzia intellettuale, una fabbrica di feticizzazione del sapere che a volte appare originale ma che, in realtà, elegge lo stereotipo a norma.

    L’obiettivo di questa strategia culturale caratterizzata da effimere iniziative, è offrire una fruizione dell’evento senza alcuno sforzo da parte del consumatore, distrarre momentaneamente gli individui proponendo semplificazioni e illusioni, mettere in scena sogni collettivi e forme archetipe dell’immaginario su cui gli uomini ordinano da sempre i propri sogni. L’invenzione della storia per celebrare il primato culturale della città, tuttavia, spesso si rivela inconsistente.

     

    Alarico superstar

    Le celebrazioni dedicate a grandi personalità come Alarico in cui prevale l’aspetto ludico e di consumo sono prive di valore sentimentale. I cittadini vi partecipano come a una grande fiera, non sono attratti dai contenuti che il più delle volte appaiono loro incomprensibili. Gli organizzatori, volendo appagare i gusti e gli interessi di tutti, alla fine riescono a soddisfare solo quelli di pochi; pur se animati da nobili intenti, non riescono a rendere tali iniziative «tradizione».

    Una memoria ricostruita o inventata, per conquistare legittimità e consenso sociale, ha bisogno di contenuti condivisi; per essere vitale occorre che i suoi sistemi rappresentativi convergano con l’universo culturale dei gruppi coinvolti. Feste, cerimonie e ritualità, sebbene a volte caratterizzate da grande successo di pubblico, per affermarsi devono attivare un meccanismo spontaneo di identificazione da consentire alla collettività di riconoscersi in una storia comune.

  • Medicina all’Unical, una storia di baroni e campanili

    Medicina all’Unical, una storia di baroni e campanili

    Tutti applaudono, o quasi. Ora che il nuovo corso di laurea in Medicina e tecnologie digitali è una realtà, c’è la classica corsa a salire sul carro dei vincitori.
    Ha applaudito Mario Occhiuto, che sta per concludere il suo decennio alla guida di Cosenza. Hanno applaudito, sul versante rendese, il sindaco Marcello Manna e la sua assessora Lisa Sorrentino.

    Non applaudono i gruppi dirigenti e, soprattutto, le associazioni catanzaresi, alcune delle quali si sono spinte a chiedere la testa del rettore Giovambattista De Sarro per quello che percepiscono come uno “scippo” della classe dirigente cosentina, considerata “predatoria”.

    Applaude in maniera tiepida Sandro Principe, che già lo scorso febbraio aveva ammonito: «La strada è ancora lunga», per la creazione di una facoltà vera e propria. E aveva rimesso sul tappeto il problema del nuovo Ospedale di Cosenza e, soprattutto, della sede in cui realizzarlo. Che secondo lui non può che ricadere il più vicino possibile all’Unical. Cioè nella sua Rende. Ma accusare Principe di campanilismo, a questo punto, può risultare gratuito. Nella vicenda travagliata della scuola medica cosentina, infatti, i campanilismi che hanno pesato di più sono quelli tra Cosenza e Catanzaro.

    Un goal accademico

    I politici applaudono. Ma quella che si è patteggiata a febbraio col nulla osta ministeriale e si è conclusa a giugno con l’istituzione del nuovo Corso di laurea è una tregua in una “guerra” ultratrentennale tra le baronie universitarie di Catanzaro e Arcavacata, in cui l’Unical si è ritrovata in una posizione di vantaggio perché decisamente più attrezzata a livello hi tech rispetto alla Magna Graecia.
    Detto altrimenti, se Medicina e tecnologie digitali doveva essere, non poteva che essere all’Unical. Specie ora che il blocco ingegneristico-informatico ha preso il sopravvento con l’amministrazione del rettore Nicola Leone, luminare dell’Intelligenza artificiale.

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    Il rettore Leone durante l’inaugurazione del nuovo corso di laurea

    Questo risultato – senz’altro ragguardevole ma che non autorizza a cantare vittoria – è il frutto dell’impegno di Sebastiano Andò, fondatore e storico preside della Facoltà di Farmacia.
    Un impegno non facilissimo, vissuto tra gli umori cangianti della politica, soprattutto cosentina, e tra i contrasti d’interesse tra le baronie universitarie.
    Perché l’Università della Calabria colmasse in maniera seria la sua lacuna nel settore sanitario sono stati necessari altri due fattori. Il primo è l’indebolimento della vecchia classe politica che, tranne poche eccezioni, ha cincischiato. Il secondo, il cambio della guardia nelle strutture accademiche di vertice.

    L’inizio dei dissidi

    La prima a non credere troppo (e, in buona sostanza a non volerla) nell’istituzione di una Facoltà di Medicina all’Unical è stata proprio una parte della classe dirigente dell’Ateneo di Arcavacata, che temeva di perdere spazi e potere.
    Questo timore, in non pochi casi, era giustificato con una motivazione ideologica in parte vera: la diffidenza, di matrice un po’ salveminiana e un po’ gramsciana, verso le “pagliette bianche”, cioè i medici e gli avvocati, considerati non del tutto a torto una causa dell’arretratezza meridionale.
    In altre parole, si credeva che Medicina e Giurisprudenza avrebbero snaturato la vocazione progressista dell’Università della Calabria.

    Questo pregiudizio agevolò non poco la nascita del polo universitario catanzarese, che approfittò delle lacune dell’Unical per dotarsi, a fine anni ’70, di queste due facoltà. Che furono istituite come sedi staccate della Federico II di Napoli (Medicina) e dell’Università di Messina (Giurisprudenza).
    Questa intelligente autocolonizzazione fu il nucleo da cui sorse la Magna Graecia.

    La lunga marcia

    L’inversione di rotta è iniziata negli anni ’90 con l’istituzione di Farmacia ed è proseguita attraverso step difficili e combattuti.
    Il primo risultato consistente è stata l’istituzione della facoltà di Scienze dell’Alimentazione (2008). Fu il frutto delle pressioni accademiche di Andò ma anche dell’interlocuzione intelligente tra Sandro Principe, all’epoca assessore regionale alla Cultura dell’amministrazione Loiero, e Salvatore Venuta, fondatore e primo rettore della Magna Graecia.

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    Il professor Sebastiano Andò

    Tuttavia, il passo in avanti più forte lo ha fatto il preside di Farmacia, sceso in campo in prima persona nel 2011.
    Andò dapprima propose un Ordine del giorno al Consiglio provinciale di Cosenza sull’istituzione di Medicina all’Unical. L’assemblea provinciale votò all’unanimità l’iniziativa e Mario Oliverio, all’epoca al suo secondo mandato di presidente della Provincia, la sposò appieno.
    In seconda battuta, il prof di Arcavacata contattò direttamente i sindaci del Cosentino, da cui ottenne 143 delibere favorevoli all’istituzione della nuova Facoltà. Praticamente un tripudio.

    Lo stop di Scopelliti

    Purtroppo, territori e istituzioni seguono tempi e logiche diverse. Ne è un esempio il tentennamento di Peppe Scopelliti, all’epoca presidente di Regione, di fronte all’istituzione di un’altra facoltà medico-sanitaria presso l’Università della Calabria, cioè Scienze sanitarie, che si sarebbe dovuta realizzare attraverso un accordo tra l’Unical e la Sapienza di Roma.

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    L’ex presidente della Regione, Giuseppe Scopelliti, stoppò l’istituzione della facoltà di Scienze sanitarie all’Unical

    Catanzaro, in questa occasione, mise il bastone tra le ruote, con un’impugnazione al Tar sostenuta da Aldo Quattrone, all’epoca rettore della Magna Graecia. Vinse l’Unical, che poteva contare anche sul classico asso nella manica: lo sponsor “romano” dell’accordo con la Sapienza era allora il cosentino Eugenio Gaudio (per capirci, il quasi commissario alla Sanità calabrese), prossimo a diventare rettore.

    Le condizioni c’erano tutte. Mancò solo la firma di Scopelliti, che all’ultimo si tirò indietro. Campanilismo reggino? Forse. Ma tutto lascia pensare che nella retromarcia dell’ex governatore e commissario regionale della Sanità abbia avuto un ruolo non leggero il timore di inimicarsi la classe dirigente catanzarese, che tiene tuttora i cordoni della borsa in Regione.

    Il timore di Oliverio

    E probabilmente questo timore lo ha provato anche Oliverio, che durante la sua amministrazione regionale si è dimostrato piuttosto tiepido sull’ipotesi Medicina all’Unical.
    In pratica, ha funzionato sin troppo la regola non scritta del regionalismo calabrese, secondo cui si vince e si perde a Cosenza, ma si comanda sempre a Catanzaro.
    Scopelliti vinse grazie ai voti del Cosentino, anche di quei sindaci che firmarono entusiasti l’appello di Andò ma si frenò davanti alla classe dirigente catanzarese.
    Oliverio, primo governatore cosentino eletto direttamente dai calabresi, titubò di fronte al Pd del capoluogo regionale.

    Se le cose stanno così, non si va lontani dal vero a pensare che la situazione si sia sbloccata grazie al declino della classe politica calabrese.
    Non è un caso che, proprio nel 2018, il Dipartimento di Farmacia dell’Unical abbia avuto il riconoscimento del Miur per l’Area medica. E che, nello stesso periodo, la specialità delle Professioni sanitarie sia entrata nel bottino dello stesso dipartimento.
    Quindi il Corso di laurea in Medicina e tecnologie digitali è il primo punto d’arrivo di un percorso piuttosto lungo e ancora da finire.

    I campanilismi tra Cosenza e Rende

    Una seconda contesa campanilista si è messa di mezzo nel percorso verso il Dipartimento di Medicina: quello tra Cosenza e Rende. Questa contesa ha per oggetto il nuovo Ospedale Hub di Cosenza, più precisamente la sua collocazione.
    Le classi dirigenti rendesi vorrebbero realizzare in nuovo nosocomio nei terreni vicino all’Istituto agrario d’oltre Campagnano, che sono di proprietà della Provincia e quindi non dovrebbero neppure essere espropriati.
    Questo progetto risale al 2006, ai tempi dell’amministrazione di Umberto Bernaudo. E si basa sulla integrazione totale tra Ospedale e Unical.

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    Il progetto per il nuovo ospedale presentato nel 2016 da Mario Occhiuto in campagna elettorale

    Le risposte cosentine sono state più articolate. La prima è stata avanzata durante la sindacatura di Salvatore Perugini e prevede la costruzione del nuovo Ospedale a Donnici. Le altre proposte, corroborate da studi di fattibilità approfonditi (e costosi), hanno corretto il tiro verso il centro città. Cioè Vaglio Lise (tra l’altro zona della Stazione ferroviaria), Colle Mussano e comunque un’area a metà strada tra l’Ospedale dell’Annunziata e il Mariano Santo di Mendicino.
    Ma il legame tra nuovo Ospedale, inteso come struttura fisica, e Dipartimento di Medicina è considerato imprescindibile solo dalla classe politica.

    Un problema politico, ma anche medico

    Infatti, secondo Andò, il problema è piuttosto di scuola medica: «L’Ospedale, prima che una struttura edile, è una comunità di professionisti. Cosenza, in cui non mancano dei grandi medici, sconta un problema serio: la classe sanitaria più anziana d’Italia». Un modo elegante di dire che occorre un turn over e, soprattutto, una classe medica più giovane, capace di conciliare la ricerca e la professione.
    Se questo turn over ci sarà, si potranno realizzare le cliniche. Altrimenti, per il momento va bene il modello “cogestito” tra Magna Graecia e Unical: i primi tre anni ad Arcavacata per la teoria e gli altri tre a Catanzaro per le cliniche.

    Ad ogni buon conto, il primo passo è stato fatto. Ed è un passo importante, al netto di ogni campanilismo: per soddisfare i fabbisogni della Sanità calabrese servirebbero trecento medici in più. E l’Ateneo di Germaneto ne produce sì e no cento all’anno.
    Una formazione sanitaria diffusa potrebbe aiutare non poco tutto il territorio regionale. Quindi, non Arcavacata “contro” Germaneto ma Unical e Magna Graecia. Quando lo si capirà a dovere, si passerà dalla tregua alla pace.