Tag: cosenza

  • Sorveglianza attivisti, la Orrico (M5S) chiede la revoca al ministro

    Sorveglianza attivisti, la Orrico (M5S) chiede la revoca al ministro

    Dove finisce il diritto al dissenso e inizia la sua repressione? A Cosenza se lo sono chiesti in tanti nelle ultime settimane dopo le richieste di ammende e misure di sorveglianza speciale per alcuni attivisti locali che la Questura ha richiesto. Prima le multe ai passeggiatori sediziosi, o presunti tali. Poi quelle ai giovani protagonisti di alcune battaglie non violente in difesa della sanità pubblica. La questione della “camminata” era già sul tavolo del ministro Lamorgese grazie alla lettera che le ha inviato il direttore de I Calabresi. Ora la titolare del dicastero degli Interni però dovrà dire qualcosa sulla vicenda di fronte ai deputati.

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    Vittoria Morrone (a sinistra), insieme a Simone Guglielmelli e Jessica Cosenza, i due giovani per cui la Questura ha chiesto misure di sorveglianza speciale

    L’interrogazione parlamentare

    La parlamentare Anna Laura Orrico, infatti, ha deposito un’interrogazione parlamentare in merito alla questione. In una nota stampa della stessa pentastellata, si legge:  «Vorrei capire – dice Orrico – e perciò mi appello al Ministro Lamorgese, che tipo di agibilità democratica vige in città, se, cioè, le prerogative costituzionalmente garantite di attività politica e sindacale, se i diritti civili e se il dissenso sono divenuti dei privilegi riservati a pochi fortunati oppure se è ancora possibile goderne ed esercitarli liberamente».

    Non sono gli attivisti i nemici della collettività

    «Non credo che – sottolinea la Orrico – in una terra piagata dalla criminalità organizzata, dai diritti negati, e talvolta calpestati, da una classe dirigente spesso assente o, addirittura, collusa i principali nemici della collettività, indicati finanche come socialmente pericolosi, possano essere additati fra chi denuncia pubblicamente le terribili condizioni in cui i calabresi vivono e le relative responsabilità politiche».

    Misure per solito riservate ai mafiosi

    L’ex sottosegretario ai Beni culturali cita anche l’intervento di Zerocalcare che ha preso una posizione netta, solidarizzando con gli attivisti (due studenti universitari) sottoposti a misure di sorveglianza speciale.
    La deputata del M5S ha chiesto al Ministro dell’Interno «se queste misure di prevenzione, che comportano gravissime restrizioni della libertà personale, pregiudizievole per le attività di studio e lavoro dei destinatari, solitamente riservate ai mafiosi, non debbano essere revocate».

    La solidarietà di Zerocalcare agli attivisti cosentini nel mirino della Questura
    La solidarietà di Zerocalcare agli attivisti cosentini nel mirino della Questura
  • Cane non mangia cane: il “bilancio Occhiuto” passa, ma che farà Franz da grande?

    Cane non mangia cane: il “bilancio Occhiuto” passa, ma che farà Franz da grande?

    È sfuggito qualcosa, durante la discussione del Bilancio preventivo di Cosenza per il triennio 2021-2023, avvenuta a Palazzo dei Bruzi il 29 dicembre. Preso in sé, il dibattito non fa notizia. Scontato il voto unanime alla relazione dell’assessore al Bilancio Francesco Giordano, frutto di un lavoro certosino sui conti. Scontate, inoltre, le punzecchiature volate qui e lì durante gli interventi. Persino banali i plausi della minoranza: il documento contabile proposto dalla giunta Caruso appartiene solo nominalmente all’amministrazione attuale, ma in realtà è farina del sacco di Mario Occhiuto.

    A proposito di Occhiuto: l’ex sindaco aveva lanciato alcune frecciate al curaro dalla propria pagina Facebook poco prima delle festività natalizie. «Quando ci siamo insediati – aveva detto – avevamo trovato una situazione contabile disastrosa, ma non abbiamo accusato gli altri e ci siamo dati da fare». Sarà. Ma cose simili le aveva dichiarate pure Franco Santo, lo spin doctor di Salvatore Perugini: «Trovammo una situazione disastrosa ed esortammo Perugini a dichiarare il dissesto». Cosa che non avvenne.
    Insomma, il voto unanime ha un significato ben preciso: cane non mangia cane. Neanche quando c’è poco altro da mangiare, come dimostrano gli 11 milioni di disavanzo ereditati dal 2019. Ma cosa è sfuggito?

    Pantalone non paga più

    Contabile di spessore ed esperto in dissesti, l’amanteano Francesco Giordano è approdato nella giunta Caruso dopo aver fatto parte della Commissione di liquidazione del Comune di Cosenza nominata a febbraio 2020, quando il dissesto era ancora “fresco”. È uno che conosce bene la voragine delle casse comunali e tenta di salvare il salvabile. Lo rivelano due passaggi della sua relazione. Il primo: «I beni comunali dovrebbero essere messi a frutto, cioè affittati o liquidati, prima che l’ente vada (di nuovo, ndr) in dissesto».

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    Palazzo dei Bruzi, sede del Comune di Cosenza

    Secondo passaggio: «Non si può più ragionare come quindici anni fa, quando si badava più ai costi che alle entrate, perché dal 2011 è cambiato tutto». Ovvero: le rimesse statali sono calate in maniera drastica e gli enti locali devono far da sé, riscuotendo a più non posso. Il che non è stato per Cosenza. Anzi, è proprio questo il dato più sconfortante: gli uffici di Palazzo dei Bruzi hanno incassato solo il 20% della somma prevista (circa 17 milioni) di tributi urbani, in particolare Tari e fornitura idrica.

    Tocca svendere l’argenteria

    Cane non mangia cane, ma in compenso si morde la coda. Impossibilitato a risparmiare come dovrebbe, pena il collasso dei servizi, il Comune non riesce ad incassare. Anzi, secondo i bene informati, ci sono quartieri in cui riscuotere è utopia, anche a causa della povertà dei cittadini.
    Allora tocca svendere l’argenteria. Posto che sia in buone condizioni e posto che ci siano acquirenti. Altrimenti, la messa in liquidazione si tradurrà in voci attive virtuali e inutilizzabili. Sono i conti della serva? Certo.
    Ma non occorre una specializzazione in finanza pubblica per cogliere il vero rimprovero di Giordano: non si è risparmiato quando si poteva, non si è incassato quando si doveva. In compenso, si è speso.

    L’operazione verità? Un’altra volta

    Che ne è stato delle dichiarazioni con cui Franz Caruso prometteva fuoco e fiamme all’atto del suo insediamento? Una probabile risposta sta in un passaggio dell’intervento dell’ex vicesindaco Francesco Caruso, sconfitto alle Amministrative di ottobre: «Giordano non ha ravvisato elementi tali da portare le carte in nessuna procura. Non sono affermazioni eclatanti queste, ma vanificano l’operazione verità che si sta rivelando una bolla di sapone».

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    Francesco Caruso e Mario Occhiuto durante la campagna elettorale

    L’ex vicesindaco non si ferma qui e – forse in maniera autoassolutoria – rivolge lo sguardo al passato: «È una situazione delicata ma non tragica, effetto di cause di un processo evolutivo che guarda a situazioni di amministrazioni di 10 anni fa». E ancora: «Noi abbiamo trovato nel 2011 un comune in dissesto».
    E, a proposito ancora di operazioni verità: «Non ho mai digerito l’operazione verità perché ha il sapore di una ricerca dei colpevoli. Siamo dei comuni mortali e a fasi alterne occupiamo posti di responsabilità. Oggi, se si vuole andare avanti, il bilancio si deve votare così come sono stati votati i bilanci con perdite significative».

    Il decennio intoccabile

    Non si poteva pretendere dall’attuale maggioranza una riflessione critica sugli anni ’90, quando iniziò in lire il debito che avrebbe travolto Cosenza in euro. Ma il rinvio alle responsabilità passate, fatto tardivamente da Occhiuto e rilanciato dai suoi sodali superstiti in consiglio (tranne da Antonio Ruffolo, arrivato in ritardo e silente come sempre) non è sufficiente. Né ci si può consolare col fatto che Cosenza è in dissesto al pari dell’80% dei Comuni al Sud.

    Alla classe politica cosentina è mancato il coraggio del parricidio. Non lo fece l’amministrazione Perugini, che aveva liquidato il decennio manciniano nell’immobilismo. Non l’ha fatto l’amministrazione Occhiuto, che anzi ha completato i progetti del vecchio Leone socialista, in particolare il ponte di Calatrava e il parcheggio di piazza Bilotti, attirandosi le critiche di chi negli anni ’90 applaudiva.
    Tuttavia, anche l’eventuale “revisionismo” su quegli anni oggi sarebbe inutile. Di sicuro non colmerebbe il deficit in bilancio che costerà ai cosentini lacrime e sangue. Né restituirebbe alla città la voglia di progettare e di sognare di quel decennio.

    La partita inizia ora

    Le schermaglie sono state poca cosa: un botta e risposta tra gli evergreen Mimmo Frammartino e Spataro, qualche stoccata di Bianca Rende che si è tolta i classici sassolini dalla scarpa più qualche precisazione. Ma resta un dato, ancora una volta evidenziato da Giordano e ribadito dal sindaco: quello approvato dal Consiglio comunale del 30 gennaio non è un bilancio di previsione dell’amministrazione Caruso.

    È l’ultimo consuntivo di quella Occhiuto, votato in zona Cesarini e quasi a scatola chiusa per evitare rischi più gravi. Niente interventi della Procura, più dichiarati che minacciati, né inchieste. Solo continuità, per il momento. La partita vera dei conti cosentini inizierà in primavera, quando Franz Caruso e i suoi diranno per davvero cosa faranno “da grandi” e, soprattutto, potranno fare.

  • Massoni cosentini, fratelli e muratori dal sindaco al medico giornalista

    Massoni cosentini, fratelli e muratori dal sindaco al medico giornalista

    C’è una personalità particolare, che rivela tantissimo sul modo in cui si sono costruite le classi dirigenti di Cosenza: Arnaldo Clausi Schettini, che fu sindaco in quota Dc del capoluogo bruzio per dieci anni, dal ’52 al ’64.
    Fu eletto tre volte (nel’52, nel’56 e nel ’60) e si appoggiò a una maggioranza che oggi si definirebbe di centrodestra, costituita, alternativamente, dal Pli e dal Msi.
    Ma, secondo alcune ricostruzioni storiche credibili, alla base di tanta longevità politica, ci sarebbe stato un fattore ben preciso, di quelli che non si misurano nelle urne: la massoneria.

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    Arnaldo Clausi Schettini, tre volte sindaco di Cosenza
    La massoneria cosentina è come le Duracell

    Per quel che riguarda il sindaco Clausi Schettini, non risulta dalle carte alcuna militanza massonica, ma solo l’iscrizione al Rotary. In compenso, era massone suo fratello Oscar, che faceva l’avvocato nella natia Rogliano ed era referente della loggia “Telesio” per il Grande Oriente d’Italia. Invece Vittorio, il papà di Arnaldo e Oscar, era stato podestà a Rogliano.

    Ma, prima ancora, Vittorio aveva fatto parte della vecchia classe dirigente liberale, frequentazioni massoniche incluse: nel 1904, ad esempio, aveva appoggiato, assieme al massone (addirittura un 33) Giovanni Domanico, l’ascesa politica di Luigi Fera, un altro grembiule di rango.
    La massoneria cosentina era come le batterie Duracell: continuava, a dispetto delle leggi “fascistissime” del ’25, che non avevano scalfito di una virgola Michele Bianchi (proveniente da piazza del Gesù) né il podestà cosentino Tommaso Arnoni (il quale, invece, aveva militato nel Goi).
    E l’effetto Duracell sarebbe continuato nel dopoguerra, a dispetto degli anatemi della Chiesa.

    I notabili alla carica

    Un’interessante ricerca di Luca Irwin Fragale, autore del poderoso volume “La massoneria nel Parlamento” (Perugia, Morlacchi Editore 2021), chiarisce il legame tra le classi dirigenti calabresi, cosentine in particolare, e la “grembiulanza”.
    Un rapporto che aveva, e forse ha tuttora, due direzioni: tutti i notabili dovevano avere il benestare delle logge e, viceversa, tutte le logge dovevano essere vissute dai notabili.
    Non fu un caso, quindi, che la massoneria si sia ricostituita a Cosenza non appena gli Alleati arrivarono in Calabria.
    Al riguardo, le fonti concordano su una data: 11 dicembre 1943, quando la storica loggia del Goi “Bruzia-De Roberto” riprende la propria attività dopo diciotto anni di stop imposti dal regime fascista.

    Misasi, Loizzo e la città che contava

    Basta scorrere la lista degli iscritti per rendersi conto che la “Bruzia” conteneva una buona fetta della città che contava, consolidata tra l’altro anche da rapporti di parentela. C’era il medico Mario Misasi, nipote del grande scrittore Nicola, fondatore dell’omonima clinica e creatore del reparto di Pediatria all’Annunziata e ideatore del Rotary cosentino.

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    Il medico Mario Misasi

    C’era Sole Marte Cavalcanti, detto Soluzzo, comandante dei Vigili Urbani di Cosenza.
    C’erano, in particolare i fratelli Emilio e Giovanni Loizzo, un cognome che pesa tuttora nella storia della massoneria: Giovanni, infatti, era il papà di Ettore Loizzo, che avrebbe fatto una grande carriera nel Goi, di cui sarebbe diventato gran maestro aggiunto. Ma questa è un’altra storia.
    Per quel che riguarda la famiglia Loizzo, gli addentellati massonici non finiscono qui: fuori dalla loggia “Bruzia-De Roberto” si contano altri due Loizzo: Eugenio e Antonio, morto durante il bombardamento alleato dell’agosto 1943.

    Il radiologo giornalista

    La personalità più forte resta, tuttavia, il radiologo Oscar Fragale, ufficiale medico all’Ospedale militare di Bari col pallino della filantropia e del giornalismo: già presidente del Circolo della stampa di Cosenza, Fragale rileva assieme a Giuseppe Santoro, altro pezzo grosso della “Bruzia”, la testata “Italia Nuova” che sarebbe diventata il celebre “Corriere del Sud”. Antifascista rigoroso e militante nel Partito d’Azione, aveva proposto nel ’44 l’istituzione di un’università a Cosenza.

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    Oscar Fragale, radiologo e giornalista

    Anche nel caso di Oscar Fragale contano la tradizione di famiglia e i legami politici: suo padre Giovanni era un orafo di Malvito legato al parlamentare Nicola Serra. Serve altro?

    La conquista del Comune

    Personalità piuttosto spigolosa, Fragale era un massone vecchio stampo, liberale e anticlericale. Proprio la sua polemica giornalistica nei confronti dei “fratelli” che si apprestavano a colonizzare la Dc permette di cogliere i retroscena delle Amministrative del ’52.
    Ma andiamo con ordine. Subito dopo la ripartenza di fine ’43, la massoneria cosentina cresce a dismisura. Il Goi, in particolare, apre nuove logge (“Salfi” e “Telesio”) e ne ingloba altre provenienti dai rivali di Piazza del Gesù: tra tutte, la storica “Fratelli Bandiera”. Poi arriva lo stop con le elezioni politiche del ’48, in cui la Dc batte il fronte popolare e inaugura la sua egemonia sulla politica italiana.

    Inizia l’era De Gasperi, caratterizzata da un legame forte con la Chiesa che si declina in due direzioni: contro il comunismo e, appunto, contro la massoneria.
    Quest’ultima, per sfuggire alla morsa cattolica, escogita un piano a livello nazionale che, ovviamente, trova a Cosenza un’applicazione sin troppo zelante.

    Il piano Pirro

    La strategia “entrista” nella Dc è elaborata da un big del Goi romano, conosciuto come “Pirro” (probabilmente il gran maestro del Goi, Ugo Lenzi).
    Il motivo di questa strategia è piuttosto banale: l’anticomunismo, che in Calabria tuttavia, pesa di meno, visto che anche il Pci vantava massoni di rango come l’ex ministro Fausto Gullo, tra l’altro consuocero di Mario Misasi.

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    Fausto Gullo. ministro e giurista

    Il caso di Gullo non era isolato, visto che è più che nota la vicenda di Ettore Loizzo, che visse la doppia identità di massone e comunista finché i vertici del Pci gli imposero di scegliere tra militanza politica e militanza massonica…

    Pure il vescovo

    Torniamo alla Cosenza del ’52. Il piano massonico di “colonizzare” le liste della Dc è rivelato dal Corriere del Sud (di proprietà di Oscar Fragale, che avversa il piano e non ama la Dc) attraverso un articolo pubblicato in prima pagina il 24 maggio ’52.
    La strategia cosentina è piuttosto semplice: spingere il Pli, partito tradizionale della massoneria, ad allearsi con la Balena Bianca e piazzare sette candidati nella lista di quest’ultima.

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    Il vescovo Aniello Calcara

    Cosa curiosa, di questo piano è al corrente anche la Chiesa, tant’è che l’articolo del “Corriere del Sud” pubblica anche una nota con cui Aniello Calcara, l’arcivescovo di Cosenza-Bisignano, invita i fedeli a scegliere la lista della Dc e, all’interno di questa, i candidati che danno più garanzie dal punto di vista religioso.

    Massoni inclusi

    Il piano Pirro diventa il classico segreto di Pulcinella. Tuttavia, funziona: Arnaldo Clausi Schettini, vicino ai notabili massoni grazie alla militanza rotariana e ai rapporti della propria famiglia, diventa sindaco e resta in sella per più di dieci anni. Il suo posto sarà rilevato da Mario Stancati nel ’63, che inaugura il centrosinistra in città. Massoni inclusi.

  • L’attimo fuggente di Ordine: «Libri e buoni prof ti cambiano la vita»

    L’attimo fuggente di Ordine: «Libri e buoni prof ti cambiano la vita»

    «Questi dati disastrosi sulla lettura e sulla fruizione delle attività culturali sono direttamente proporzionali agli scarsi investimenti, in Calabria e nel Sud in generale, dedicati alla cultura e all’istruzione. Come si possono stimolare i giovani a leggere in una regione dove in molti paesi non esistono librerie, biblioteche, teatri e perfino edicole?». A parlare è Nuccio Ordine, professore ordinario di Letteratura italiana all’Università della Calabria. Il suo è il punto di vista di chi dalla nostra terra – dove è nato, vive ed opera – gira il mondo per far capire, soprattutto ai giovani, il valore della lettura.

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    L’Università della Calabria
    Una regione che non legge

    Nelle scorse settimane su I Calabresi abbiamo parlato del grande balzo in avanti del libro, che si vende sempre più. Anche le librerie fisiche resistono, mantenendo la maggiore fetta di mercato rispetto ai siti di e-commerce. Eppure da queste parti in media, secondo Istat, si leggono poco o nulla giornali e libri. Librai, scrittori ed editori ci hanno detto che occorre partire dalle scuole, investire in politiche che favoriscano la lettura di qualità, non limitarsi ai dati nazionali sulla crescita del mercato editoriale. E un faro in Calabria andrebbe puntato anche sulla quota di studenti della scuola secondaria di secondo grado che non raggiungono un livello sufficiente di linguaggio (e competenze numeriche).

    «Dopo trent’anni di insegnamento a studenti di primo anno – afferma Nuccio Ordine – posso affermare che si legge sempre meno e che la conoscenza dei classici è purtroppo in calo. Il fenomeno non riguarda solo gli iscritti all’Unical: in tutto il mondo l’educazione globalizzata punta alla “professionalizzazione” e non alla formazione di una cultura generale». Ma a chi attribuire la responsabilità di questo fenomeno? Secondo Ordine, non a quelli che spesso finiscono sul banco degli imputati.

    «La colpa – spiega – non è degli allievi o dei professori della secondaria. È un approccio “pragmatico” che riduce spazio alle discipline umanistiche in generale per privilegiare la tecnologia e i suoi derivati. La soglia dell’attenzione si abbassa sempre più. I giovani, educati allo zapping, dopo pochi minuti hanno bisogno di cambiare canale. Ma quando incontrano bravi professori si rendono disponibili all’ascolto. Chiedono valori e possono lasciarsi infiammare da una poesia o un romanzo…».

    Leggere per capire se stessi e il mondo

    Ordine, 63 anni, dirige collane di classici in diversi Paesi e gode di grande fama internazionale, con riconoscimenti e numerose lauree honoris causa anche per la difesa del ruolo del professore (la buona scuola non la fanno i computer, è un suo slogan). Il suo bestseller L’utilità dell’inutile è stato tradotto in 22 lingue. Di una cosa è certo: bisogna far comprendere anche agli studenti che non si legge per superare un esame, ma per cercare di capire se stessi e il mondo circostante.

    Il professor Nuccio Ordine riceve un dottorato honoris causa dall'Université catholique de Louvain
    Il professor Nuccio Ordine riceve un dottorato honoris causa dall’Université catholique de Louvain

    «In un contesto globale – dice – dominato dai tagli alla scuola, all’università e a tutto ciò che ormai, nella propaganda utilitaristica mondiale, viene stimato inutile perché non produce un profitto immediatamente monetizzabile, letteratura, musica, arte, filosofia, ricerca scientifica di base vengono considerate lussi che lo Stato non può più permettersi. Le ricerche in questo settore parlano chiaro invece: più si investe in cultura e in istruzione, più l’interesse per la lettura cresce».

    I ritorni economici

    Già, gli investimenti. L’ultima rilevazione Eurostat su quelli per la ricerca e lo sviluppo in rapporto al Pil evidenzia come l’Italia non raggiunga la media europea. E la Calabria, come abbiamo raccontato su queste pagine, è ancora più indietro. «Non finanziare la ricerca di base, quella di lunga durata che nella storia dell’umanità ha dato grandi risultati, è frutto di una logica in cui si pensa che dare soldi ad una biblioteca, un archivio, museo, laboratorio sia sprecare soldi perché non hai un ritorno economico. È sbagliato».

    E quando gli chiediamo un esempio che confermi quanto sostiene, Ordine ne tira fuori uno illustre quanto poco noto ai più: lo stato del Kerala in India. «L’economista Amartya Sen, premio Nobel, ha riconosciuto nell’idea del governo di investire qui soprattutto nella sanità e nell’istruzione un fattore fondamentale nella crescita dello stesso Kerala in termini di redditi pro capite».

    Amartya Kumar Sen, Premio Nobel per l'economia nel 1998
    Amartya Kumar Sen, Premio Nobel per l’economia nel 1998

    Secondo Nuccio Ordine, «dedicarsi ad una lettura di un libro, alla visita di un museo o alla visione di un concerto è considerato improduttivo nella nostra società». Ma non si deve investire solo in cosa dà profitto o studiare per imparare un mestiere. «Uno dei punti deboli della nostra società – dice – è che il tasso etico delle professioni si sta abbassando in maniera vorticosa. Si sceglie un mestiere nell’ottica del mercato: per il guadagno, non per passione. È sbagliato applicare la logica dell’azienda allo studio e alla cultura. Tagliare il greco o la storia significa non avere più conoscitori di queste materie. La memoria ha giocato sempre un ruolo fondamentale: nell’Olimpo greco la dea della memoria, Mnemosine, è la mamma di tutti i saperi».

    La ricchezza dell’umanità

    Leggere, conoscere il passato, aiuta a costruire una società migliore per il presente e il futuro. Non tutti però se ne rendono conto, anzi. «Pensiamo alla Calabria. Sono calabrese – dice ancora il docente Unical – e fiero che nella mia cultura ci siano origini magnogreche, romane, normanne, bizantine, arabe, e poi spagnole e francesi. Ritengo che la pluralità delle religioni e delle culture, e più in generale la convivenza tra popoli diversi, non siano un ostacolo ma rappresentino la ricchezza dell’umanità. Contro una certa visione identitaria e pseudo-patriottistica giocano un ruolo molto importante la letteratura, la musica e tutti i saperi in generale».

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    Un gommone carico di migranti nel Mediterraneo

    L’attualità però racconta quanto l’intolleranza resti un problema, come risolverlo? «Purtroppo si tende a mettere i poveri (che hanno pagato le crisi economiche) contro i nuovi poveri (chi viene a cercare una dignità umana). Far credere che i migranti siano la causa della crisi economica è una delle cose più immorali e disoneste che possano esistere. Dovremmo insegnare ai nostri giovani: dovete essere fieri delle vostre origini, ma nello stesso tempo dovete imparare a valicare i confini della terra natale. Ulisse ce lo insegna: siamo fatti non per vivere come bruti ma per seguire “virtute e canoscenza” come dice Dante».

    Il riscatto nei libri

    In un mondo sempre più globalizzato, però, gli scenari tendono a riproporre dei modelli standardizzati. Nelle aree più ricche – dove ci sono più stimoli culturali e si investe di più – la media dei lettori è sempre più alta, come indicato dall’ultima rilevazione Istat sul benessere equo e solidale. «Per esperienza personale e quindi senza alcuna pretesa di offrire dati certi, ho potuto verificare che la qualità può trovare punte molte alte soprattutto nelle aree svantaggiate».

    Il sapere può quindi liberare dalle catene del sottosviluppo una terra come la nostra? Ordine non ha dubbi a riguardo. «In Sudamerica o in Calabria, per esempio, ho trovato ragazzi pieni di passione e di entusiasmo, animati da una voglia di conoscenza e di riscatto. Si tratta di “punte” che percepiscono lo studio e il sapere come una grande occasione per cambiare la loro vita. Per questo la scuola ha bisogno di buoni professori: per stimolare i giovani all’amore per la conoscenza. Ma oggi, purtroppo, si spendono miliardi per la tecnologia, mentre si disprezza la professione dell’insegnante (mal pagato e frustrato). Abbiamo dimenticato che solo i buoni professori possono aiutare gli studenti a cambiare la loro vita».

    Un centro unico al mondo

    Nuccio Ordine è anche presidente del Centro internazionale di studi Telesiani, Bruniani e Campanelliani. Dal 2015 ha sede nel palazzo Caselli a Cosenza, in virtù di una convenzione con il Comune. La biblioteca ha ricevuto un finanziamento con i fondi Cis stanziati per il centro storico bruzio, attraverso il segretariato regionale del ministero della Cultura. «Cosa possiamo fare in Calabria, un po’ periferia della periferia? Con un gruppo di studiosi del Rinascimento abbiamo pensato che fosse necessario dar vita a una biblioteca specialistica dedicata ai tre grandi filosofi meridionali che hanno condizionato il dibattito europeo sulla natura e sulla cosmologia. Due sono calabresi, Tommaso Campanella e Bernardino Telesio, e l’altro campano, Giordano Bruno».

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    La statua del filosofo Bernardino Telesio a Cosenza in piazza XV Marzo

    L’iniziativa, pur nobile, è stata accolta da qualche polemica negli anni. Secondo qualcuno, manco a dirlo, i soldi per il centro Telesiano si potevano impiegare per qualcosa di più utile a contrastare l’abbandono della città vecchia. Ma Ordine non ci sta e rivendica il valore del progetto: «La nostra idea – spiega – è di comprare in riproduzione digitale tutte le opere originali dei tre filosofi. E poi comprare tutta la bibliografia secondaria (saggi, articoli, traduzioni) di Telesio, Bruno e Campanella sparsa nelle biblioteche di tutto il mondo e in tutte le lingue. Così da averla in unico luogo, qui a Cosenza. Il segretariato regionale del ministero ha apprezzato il progetto e lo ha fatto suo. Potremo portare a termine la biblioteca. Quando avremo tutto pronto, potremo finanziare borse di studio, ospitare dottorandi, far venire qui studenti da Harvard o da Oxford. In nessuna città del mondo troveranno ciò che abbiamo qui a Cosenza».

    Il professor Nuccio Ordine si è spento oggi, 10 giugno 2023, all’ospedale civile dell’Annunziata di Cosenza dove era ricoverato da alcuni giorni. Aveva rilasciato questa intervista al nostro giornale a dicembre del 2021.

  • L’anima del centro storico contro l’orrore di vetro a piazza Toscano

    L’anima del centro storico contro l’orrore di vetro a piazza Toscano

    È un pregiudizio che ogni opera dell’ingegno sia intoccabile e debba godere di un rispetto aprioristico e incondizionato. A Cosenza basta imboccare l’angusta postierla che conduce da Lungo Crati Miceli a piazza Toscano  per trovarsi, una volta giunti all’aperto, al cospetto di una singolare architettura caduta dall’empireo dei concetti astratti nel corpo vivo di una città ferita. Guardando con sorpresa la macchinosa copertura in vetro, calcestruzzo eo ferrame che sormonta l’area archeologica si viene colti da una sensazione di orrore che lascia senza parole. Un effetto straniante, di stupore e disagio, costringe a interrogarsi sul senso di tanta sciatteria.

    Una rovina contemporanea su quelle antiche

    L’opera avrebbe dovuto nobilitare la piazza e valorizzare i resti di una grande domus romana tornati alla luce dopo i bombardamenti dell’ultima guerra. Sorprendentemente però, in breve tempo, il manufatto è divenuto esso stesso una rovina. Con tutta evidenza, a partire dal giorno della sua inaugurazione, l’opera è stata abbandonata a se stessa e all’incuria, nel chiasso delle polemiche fra addetti ai lavori e nel disinteresse della città intera.

    I resti romani di piazza Toscano prima di essere coperti dall'attuale struttura
    I resti romani di piazza Toscano prima di essere coperti dall’attuale struttura

    L’orrore, al di là delle pur lodevoli intenzioni del progetto, assume qui le forme di un furore compositivo che ha generato un mostro di cui nessuno in concreto si sta occupando. Se ne parla, si promettono interventi risanatori, ma poi, nei fatti, nessuno se la sente di investire risorse in una missione impossibile. Ora si attendono le risorse del CIS, 90 milioni di euro deliberati per la realizzazione di alcuni significativi interventi nel Centro storico, piazza Toscano compresa.

    Piazzetta Toscano è bella o brutta? Non importa

    Le brutture urbane sono spesso un sintomo preoccupante della decadenza delle città. Laddove il brutto si afferma, lì si annida quasi sempre il disagio, l’emarginazione., l’orrore. Alcuni si chiederanno: – chi stabilisce cosa sia il bello e cosa il brutto? Non è questo il punto. Non si tratta di ridurre il problema ad una questione estetica che aprirebbe all’istante una tediosa, quanto inconcludente, polemica fra innovatori e conservatori. E non si tratta neppure di giudicare la bontà delle congetture progettuali, né di sindacare il valore delle costruzioni che deludono rispetto alle pur nobili aspettative degli autori. Lasciamo perdere le questioni teoriche e stilistiche. Lasciamo riposare in pace i maestri futuristi e gli accademici dell’architettura.

    Le domande sono altre
    Sigilli a piazza Toscano
    Sigilli a piazza Toscano

    Chiediamoci invece: – cosa ne facciamo delle impraticabili passerelle in calcestruzzo e dei pilastri arrugginiti che sorreggono una pletora di costosissime vetrate per lo più rotte o ammalorate? Perché un’area archeologica a ridosso della Cattedrale è di fatto sequestrata e negata? Perché significativi resti d’epoca romana e medievale sono tagliati fuori da un tessuto urbano di grande interesse? Quale senso ha che le rovine siano abitate stabilmente dalle erbacce, dai ratti e dai rifiuti? Le polemiche datano ormai da quasi un ventennio e nel frattempo la situazione è totalmente degenerata. Si ha la sensazione d’essere arrivati sulla scena di un film apocalittico. I resti archeologici sono soffocati dalle rovine di una modernità enfatica e sbilenca che celebra se stessa come “rottura dei codici linguistici” e non si confronta minimamente con il contesto se non per negarlo.

    La via d’uscita

    Il celebre slogan «Fuck the contest» coniato dalla archistar Rem Kolhaas (che potremmo garbatamente tradurre con «chi se ne frega del contesto») raggiunge qui la sua apoteosi. Siamo al cospetto di un gesto virtuosistico di composizione architettonica voluto, teorizzato e rivendicato dal suo autore, ma evidentemente non amato dalla città, rifiutato e degradato fino all’inverosimile. L’unica via d’uscita dall’orrore della situazione di fatto sarebbe la presa d’atto che è stata commessa una serie di errori. Senza cercare capri espiatori si dovrebbe avere il coraggio di mettere mano all’opera e decidere se restaurarla, adattarla, rigenerarla oppure smantellarla.

    Un nuovo inizio

    Non si tratta di sostituire un pregiudizio modernista con una fissazione vernacolare. Non si tratta di allestire un presepe di antichi ruderi, si tratta di prendere coscienza del fatto che i resti archeologici sono “sacri” perché parlano della città e della nostra storia. Prendersi cura del loro decoro è quindi un dovere civico per il bene di tutta la collettività. In quel luogo pulsava il cuore antico di Cosenza e dimenticarlo sarebbe un vulnus fatale alla sua identità. In definitiva il recupero di piazza Toscano potrebbe essere la prima pietra di un nuovo inizio. Un gesto simbolico e lungimirante.

    Giuliano Corti

  • I pianoforti Made in Calabria alla conquista della Cina

    I pianoforti Made in Calabria alla conquista della Cina

    Mentre dai mercati di Wuhan la Cina si preparava a infliggere al mondo la peggiore pandemia che si potesse immaginare, un imprenditore calabrese faceva un biglietto aereo per Changsha, capoluogo dello Hunan, nella Cina centro-meridionale, dove lo stavano aspettando per apprendere da lui l’arte di realizzare pianoforti con la sapienza italiana. Questa è la storia di un sogno che ha il profumo del legno laccato e il suono della musica di Beethoven.

    Un piano dalla Calabria

    Per raccontarcela Pasqualino Serra ci apre le porte della sua piccola fabbrica, nella zona industriale di contrada Gidora, a Luzzi, a due passi da Cosenza. Lui è uno dei pochi costruttori di piani a coda, a gran coda e verticali in Calabria, se non l’unico. Ce ne sono a Trento, a Pavia, pochissimi in tutta Italia, figurarsi in Calabria, che non ha questa vocazione. Bizzarrie della terra dell’enfant prodige Alfonso Rendano, che già a otto anni componeva le sue prime partiture e da adulto inventò il terzo pedale che ancora oggi porta il suo nome. Davanti a un imponente pianoforte a coda che sfiora i due metri e mette quasi soggezione, ci spiega cosa ci fa una fabbrica così di nicchia in questo dedalo di strade, dov’è facile perdersi tra capannoni di infissi di alluminio o montagne di pellet.

    Sessantaquattro anni, stazza di chi è abituato alla fatica, Serra ha
    imparato a costruire pianoforti nella mitica Bösendorfer, a Vienna e
    oggi collabora con un imprenditore cinese, «un amico – precisa Serra –
    oltre che un socio d’affari». Lai Zhiqiang, dice, è arrivato in Calabria per
    firmare l’esclusiva di questa intesa, grazie alla quale, negli ultimi anni,
    ha più che triplicato il suo fatturato.

    Pasqualino Serra si siede sullo sgabello di un pianoforte a coda, mentre parla lo accarezza, come se non fosse soltanto un oggetto.
    «Per ventisette anni ho lavorato in importanti fabbriche di strumenti, ho sviluppato e approfondito le tecniche di accordatura», racconta. «Ero affascinato dall’idea di creare in Calabria qualcosa di veramente innovativo». Il nuovo millennio è appena cominciato, lui ha il giusto know-how, passione e determinazione.

    L’uomo del destino

    Ma le aspettative si scontrano con l’impossibilità di trovare un mercato. «Di fronte ad una realtà molto diversa da quella che mi aspettavo ho dovuto desistere. Ho impacchettato tutti i macchinari e ho messo da parte il mio sogno. Per dieci anni mi sono dedicato ad altro, ho avviato un’azienda di prodotti in legno». Il sogno di “creare” rimane sopito, soffocato dalla razionalità e dalle contingenze economiche. È a questo punto, però, che avviene il primo incontro fortunato: quello tra Pasqualino Serra e Jaques Guenot, un matematico svizzero, studioso di Pitagora e pianista per passione.

    Il professor Jacques Guenot
    Il professor Jacques Guenot

    Guenot è tra i fondatori dell’Università della Calabria, preside della facoltà di ingegneria, docente dell’ateneo per 38 anni di fila. Un intellettuale fine e ricercato, schivo ma con un occhio attento e curioso. Sta per andare in pensione, accarezza l’idea di potersi finalmente dedicare alla sua più grande passione: la musica. «Quando gli dissi che costruivo pianoforti, Guenot rimase stupito, la cosa lo entusiasmò molto». Il professore chiese all’artigiano calabrese di mettersi a lavoro per realizzare insieme qualcosa di innovativo. «Jaques mi dava forza, mi trasmetteva il suo entusiasmo, lui ci credeva. Per un anno studio, progetto, provo, fallisco, ritento» racconta.

    Requiem per un amico

    Poi, l’idea vincente arriva, quella lampadina finalmente si accende. È l’innovazione che aspettavano: «Una bombatura, laterale al piano, con un incavo all’interno dove si mescola il suono della cassa armonica con quello anteriore, rendendo la timbrica più potente». Ma la “gestazione” è complessa: la struttura di legno una volta modellata deve riposare, i pezzi meccanici devono arrivare da lontano, nella maggior parte dei casi dalla Germania.

    Tempi lunghi, in questo caso troppo lunghi. «Nel 2015, quando il pianoforte era finalmente pronto,- sospira Serra – purtroppo Jaques è morto». La scomparsa del professore è un grande lutto. Ancora oggi, a ripensarci, gli occhi diventano lucidi. «Era un amico, una persona meravigliosa. È rimasto qui, tra questi strumenti, in tutto quello che ho continuato a fare grazie anche al suo supporto: ho brevettato quell’innovazione».

    Si vola in Cina

    Accantona l’idea di un’attività in Italia e cerca contatti con la Corea e con la Cina per dare un futuro commerciale ai suoi strumenti. È da Changsha, oggi metropoli con oltre otto milioni di abitanti, che gli arriva una risposta da una fabbrica, la Carod musical instrument, sponsorizzata dal pianista francese Richard Clayderman.

    Richard Clayderman e la sua Ballade pour Adeline, successo da 22 milioni di copie 

    Serra fa il suo primo viaggio in questa città incredibile, negli stessi anni in cui la major del mattone Broad Sustainable Building sta progettando di realizzarvi il grattacielo più grande del mondo (e intanto in diciannove giorni, tira su un prefabbricato di oltre cinquanta piani per i suoi quattromila lavoratori). La Carod piano vuole realizzare pianoforti di qualità e chiede a Serra di guidare gli operai iperspecializzati, praticamente macchine, in una produzione creativa, di alta gamma, con il savoir faire del made in Italy.

    Artigiani della quantità

    «Con la Carod piano è nato un feeling particolare. In Cina la manodopera è molto settoriale, non è flessibile, non è facile fargli intraprendere una lavorazione artigianale come la intendiamo noi. La proprietà ha chiesto la mia collaborazione e la mia guida … e ci ha visto bene». Nel giro di un anno, racconta, la vendita è cresciuta vertiginosamente. «Sono andato quattro volte in Cina. La prima, nel 2015, la fabbrica produceva 600 pianoforti l’anno. Nel 2018, anno del mio ultimo viaggio, ho trovato una realtà diversa: la Carod aveva intanto acquisito altre due fabbriche e ne costruiva quasi 5mila di piani».

    Nella Cina degli strumenti musicali intelligenti, che suonano da soli, senza musicisti, delle ricostruzioni italiane (proprio a Changsha c’è un parco tematico dedicato alle eccellenze tricolori, con riproduzioni di monumenti di Assisi, Venezia e La Spezia), l’imprenditore del Cosentino vede un futuro roseo. E discute di un progetto di extralocalizzazione al contrario: una linea produttiva di alto artigianato con il core businnes nello Hunan e i laboratori in Calabria.

    Pianoforti-i-calabresi
    Un pianoforte di Serra pronto per essere venduto sul mercato cinese
    Il sogno continua

    Tra i due imprenditori il rapporto di affari diventa un’amicizia. Poi, nel 2020, proprio dal Paese asiatico arriva il coronavirus e tutto si ferma. Oggi Serra guarda ancora verso l’estremo Oriente. Nessuno dei suoi figli lavora nel suo laboratorio: quel giovane imprenditore cinese non è solo un amico, ma rappresenta anche l’idea di non disperdere un patrimonio immateriale ma preziosissimo. «La mia speranza resta immutata: realizzare con la Carod in Italia una produzione d’eccellenza qui in Calabria».

    Per Serra è un cruccio la scarsa attenzione verso una sapienza unica, ricercata e valorizzata, invece, in altri paesi. A Changsha il suo metodo funziona. Là tutto è possibile, tutto è realizzabile, l’Italia è un modello da seguire e c’è spazio per la Calabria e – perché no? – anche per Rendano. Gli architetti della metropoli cinese potrebbero costruire un intero villaggio per il musicista calabrese, o dedicargli un grattacielo. Prefabbricato, gigantesco, tutto in freddo acciaio. Tanto poi ci pensa la musica a scaldare l’atmosfera.

  • «La Questura faccia un passo indietro», Cosenza pronta a mobilitarsi

    «La Questura faccia un passo indietro», Cosenza pronta a mobilitarsi

    Cosenza sarà più sicura se due ragazzi non violenti e impegnati per la tutela di diritti costituzionali saranno costretti a rientrare a casa prima delle 21? A firmare ogni giorno in questura o chiedere – come criminali matricolati ma senza un reato preciso contestato a loro carico, solo un carattere «ribelle» – il permesso a un magistrato per spostarsi? Il fatiscente centro storico della città uscirà dal suo stato di abbandono se chi prova a riportare attenzione sul degrado si vede infliggere multe salate per una passeggiata? In fondo sta tutto in queste tre domande il senso dell’assemblea pubblica che ha animato il Palazzo della Provincia. Anche perché di senso, altrimenti, in quello che sta accadendo sembra essercene veramente poco.

    Un passo indietro

    Tanta gente nel Salone degli Specchi, altrettanta all’esterno dell’edificio, collegata via radio o sui social per esprimere solidarietà agli attivisti locali che nei giorni scorsi sono finiti nel mirino della Questura cittadina. Un inno al libero pensiero e al dissenso, contrapposto a una repressione apparsa eccessiva ai più e che ha suscitato non poco scalpore. Altrettanto abbondanti sono state le parole spese durante l’incontro di ieri sera, un fiume di interventi e messaggi di solidarietà. Ma, soprattutto, di inviti alla Questura a fare un passo indietro.

    Quello che sta accadendo d’altra parte, come ricordato da Vittoria Morrone di Fem.in in apertura, «non è normale». Sembra piuttosto «un attacco politico» a chiunque abbia o voglia avere «una coscienza critica». Gli attivisti per cui è stata richiesta la sorveglianza speciale o quelli multati per la passeggiata – parola del docente Andrea Bevacqua – sono invece persone che lottano per concetti come «partecipazione, democrazia, comunità».

    La meglio gioventù

    Ragazzi che, come hanno ricordato la docente Unical Maria Francesca D’Agostino e il ricercatore Giancarlo Costabile, hanno pronunciato «parole in cui tutti ci siamo riconosciuti» denunciando lo stato della sanità calabrese. E che hanno fatto «con la schiena dritta in una terra di disgraziati e di complici, proteste in maniera pacifica e democratica ridestando coscienze sopite e battendosi per diritti costituzionali come lavoro, sanità, abitazione».

    Quello che è successo «è molto grave», ha sottolineato Antonella Veltri, del Centro anti violenza Roberta Lanzino. Anche perché riguarda «giovani che debbono rappresentare il presente, non il futuro», ha sostenuto il segretario provinciale della Cgil, Pino Assalone. La Questura farà il fatidico passo indietro? Difficile prevederlo.

    Una mobilitazione a gennaio

    Lo hanno comunque chiesto a gran voce l’assessore rendese Elisa Sorrentinodi Palazzo dei Bruzi invece non si è visto nessuno nonostante la solidarietà espressa da Franz Caruso nei giorni scorsi, ai “passeggiatori” quantomeno – e la parlamentare pentastellata Anna Laura Orrico. La prima ha parlato di un «errore marchiano» delle forze di polizia invitandole a tornare sui propri passi. La seconda ha definito «la meglio gioventù, una boccata d’ossigeno per la nostra città e la Calabria» i destinatari dei provvedimenti repressivi auspicando un lieto fine.

    Vittoria Morrone (a sinistra), insieme a Simone Guglielmelli e Jessica Cosenza, i due giovani per cui la Questura ha chiesto misure di sorveglianza speciale
    Vittoria Morrone (a sinistra), insieme a Simone Guglielmelli e Jessica Cosenza, i due giovani per cui la Questura ha chiesto misure di sorveglianza speciale

    Fatto sta che ai cosentini – e non solo, durante l’assemblea è arrivato un messaggio anche da Medici senza Frontiere Italia – quanto accaduto non va proprio giù. E presto potrebbe arrivare il bis della più celebre manifestazione in favore di chi dissente che Cosenza abbia mai ospitato, quella post G8 del 2001. A preannunciarla, in chiusura, proprio uno degli attivisti nel mirino della Questura: «Siamo in una terra che non garantisce  alcun diritto se non sotto ricatto e la Questura decide di perseguire chi prova a far politica dal basso. Va difesa l’agibilità democratica di questa città, crediamo serva una grande mobilitazione a gennaio».

     

  • Antigone a Cosenza, dove serve il permesso per difendere il centro storico

    Antigone a Cosenza, dove serve il permesso per difendere il centro storico

    Ci sono notizie che nel frastuono mediatico colpiscono (e feriscono) per la loro insensata enormità. Udite! Udite! A Cosenza, i promotori di una passeggiata organizzata per sensibilizzare l’opinione pubblica sui crolli che minacciano palazzi antichi e interi isolati del centro storico dovranno rispondere davanti alla legge di “adunata non autorizzata”. Hanno violato le disposizioni ministeriali! Non hanno comunicato per iscritto alle autorità competenti le loro “subdole” intenzioni! Pertanto, il codice li minaccia; e arriva la salatissima sanzione pecuniaria.

    La bellezza oltraggiata di Cosenza vecchia

    Il cuore di Cosenza, il suo bellissimo centro storico, edificato nel corso di oltre 25 secoli, versa in condizioni disastrose, nel totale disinteresse dei più, e se un drappello di volenterosi si permette di passeggiare tra le macerie, senza aver chiesto il nulla osta alle autorità costituite, viene sanzionato. Stupore, sdegno, amarezza!
    Qualsiasi visitatore che, anche occasionalmente, abbia risalito Corso Telesio verso il teatro Rendano sfiorando la cattedrale; o abbia contemplato, dalla sommità del Castello svevo, il panorama della città; o ancora da Palazzo Arnone abbia ammirato le case e i palazzi che dalla riva del Crati scalano, in molteplici filari, la china del colle fino alla Rocca, ebbene, questo “forestiero” sa che Cosenza è uno straordinario deposito di storia e di cultura da salvaguardare a tutti i costi. Eppure, eppure c’è chi pensa che sarebbe meglio non parlarne. Nascondere il disastro e rimuovere le macerie nascondendole nell’inconscio e nella frenesia della cosiddetta “modernità”. Chiunque voglia parlarne può farlo “liberamente” ci mancherebbe, ma solo dopo aver chiesto il permesso in carta bollata.

    Cosenza vecchia-i calabresi
    Il centro storico di Cosenza
    L’oblio delle radici culturali di Cosenza

    Questo increscioso episodio meriterebbe di essere seppellito da una sonora risata se non fosse il sintomo di un preoccupante oblio delle radici culturali della città che si fa bella alle luci di Corso Mazzini, mentre trascura e abbandona a se stesso il suo cuore antico. La modernità ormai fa rima solo con comodità e stupidità. Tutto ciò che non è a portata di mano, che non è disponibile all’istante viene giudicato scomodo e quindi condannato a morire di stenti in nome del progresso.

    Si straparla di sostenibilità e di transizione ecologica e si lascia la città antica al chiasso e ai veleni dei tubi di scappamento, ai crolli annunciati, ai topi e al degrado. Un traffico sconclusionato e caotico cavalca il lastricato delle antiche strade del borgo mentre la collettività, anziché insorgere e chiedere a voce alta che si faccia qualcosa, si gira dall’altra parte e guarda a valle dove il Crati si perde in una periferia anonima e senza qualità; in attesa che il progresso si faccia vivo. Ma invano.

    Il ridicolo ci mette lo zampino

    C’è da chiedersi cosa direbbe Bernardino Telesio vedendo la sua città a tal punto trascurata. Anzi snaturata. O il suo coetaneo Giovanni Battista Amici il primo a mettere in discussione il sistema tolemaico e i cui studi sui moti e i corpi celesti influenzarono Copernico prima e Galileo Galilei poi. O ancora Alfonso Rendano pianista celebre in tutta Europa nell’età d’oro delle Società dei concerti. Tutto questo glorioso passato potrebbe tacitamente affondare nelle acque del Crati – divenuto ormai il fiume dell’oblio – se il ridicolo non ci avesse messo lo zampino con il clamore di una notizia strepitosa. I facinorosi passeggiano nel centro storico.

    La casa crolla ma serve il permesso per salvarla

    È proprio vero! La tragedia si ripresenta sempre come farsa, per il semplice motivo che il torto si appoggia sempre sulle stesse fissazioni formali che nascondono la solita sete di potere. Secondo questa fissazione burocratica la legge scritta e comandata viene prima della legge di natura e del comune sentire. La casa crolla, ma per salvarla bisogna chiedere il permesso.

    Questa è la legge di Creonte, l’usurpatore. Coloro che si preoccupano della propria città, che si impegnano e denunciano lo “stato delle cose”, per cercare almeno di salvare il salvabile, hanno nel loro cuore lo stesso sentimento di Antigone per il fratello morto in battaglia e condannato da un potere cieco e insensibile a restare insepolto. Tutti devono vedere il cadavere di una città che si oppone alla legge di Bengodi. L’agire di Antigone è mosso da un sentimento di pietas che non ha argomenti da offrire alla violenza del diritto. Le sue parole rimandano alla legge non scritta della cura e della pietà.

    Crolli nel centro storico di Cosenza
    Cittadini schiavi dell’insensibilità

    Perché una terra nobilissima che quotidianamente sperimenta sulla propria pelle la violenza dell’illegalità non alza la voce per chiedere che le amministrazioni si prendano cura dei beni comuni? Beni archeologici, storici, paesistici! Perché il solipsismo consumistico ha trasformato così tanti cittadini in schiavi dell’insensibilità e dell’egoismo maligno. Perché se un manipolo di anime buone e buoni cittadini cerca di interpretare il disagio urbano risalendo i vicoli da Piazza dei Valdesi verso Piazza Piccola, viene multata? Così, nel totale disordine simbolico del potere, si fa strada la voce muta della legge cieca.

    Nel regno di Creonte Antigone, la disobbediente viene condannata a morire di fame e di stenti in una caverna. È colpevole di aver provato pietà per il corpo senza vita del fratello. Creonte decide che nessuno debba vedere la sua fine. Quando però il tiranno, messo alle strette dalle parole di Tiresia e dalle proteste del coro della sua gente cerca, in extremis, di riparare al delitto contro la sua stessa casa, troverà la casa vuota e Antigone senza più vita.

    Giuliano Corti

  • La città unica del Crati per superare i campanili dell’area urbana

    La città unica del Crati per superare i campanili dell’area urbana

    «La città è il più importante monumento costruito dall’uomo», ha scritto Vittorio Gregotti, ma di città non si parla da anni nel dibattito su Cosenza-Rende, se non in forme e modi assolutamente generici.
    Per l’esteso sistema policentrico che si distende per chilometri nella Valle del Crati, si organizza come sistema lineare lungo il tracciato autostradale da Sud verso Nord e viceversa, interessa le colline, lambisce e raggiunge i centri della memoria storica, da anni si scrive, si dice, si parla di “Area urbana”. Ovvero un generico, indefinito agglomerato di centri, medi e piccoli, che possono, più o meno, essere assimilati ad una informe estensione di edifici e strade, che in questa definizione, riduttiva, è come se non avessero confini e identità.

    Unical, la terza città dell’area urbana

    Invece, ogni città nasce con un suo “genius Loci”, così che il rispetto di questa origine è dirimente nella continuità tra storia e modernità. Negarne le matrici, annullandole in geografie improbabili e irriconoscibili è negarne passato e futuro.

    città-unica-cosenza-rende-i calabresi
    L’Università della Calabria

    Nel caso di Cosenza e Rende, per citare le due città più estese dentro una quantità di altre piccole città coinvolte in questi “filamenti”, ci troviamo nel territorio provinciale più ampio della regione, oggi esito di una compulsiva attività costruttiva, con conseguente dilagante urbanizzazione il cui disordine ha disegnato insediamenti a macchia di leopardo. Con una terza città, la più importante per prestigio e credito internazionale, ma che viene anche questa spesso rimossa, e che pure esiste, con una sua identità e valore architettonico, ovvero la città della ricerca, il Campus Unical, con una frequenza giornaliera di almeno 30mila utenti e relazioni nazionali e internazionali.

    Una città-territorio-policentrica

    Per questo insieme scomposto, esploso, fatto di una abbondante quantità di edilizia anonima, strade, luoghi diversi tra loro, periferie estese, assenza di qualità diffusa, mancanza di centralità originali, parlare di città – e non di area urbana – è far emergere il tema vero su cui fondare una visione di futuro. Tra conflitti e potenzialità, come la quantità di differenti forme insediative sparse lungo un raggio di almeno trenta chilometri, che di fatto delineano un nuovo modello urbanistico, che sfugge alla tradizionale pianificazione, e che è fatto di moderne e incompiute strutture urbane. Qui non siamo davanti ad una semplice “area urbana”, ma dentro una città territorio-policentrica, articolata, complessa, ramificata, socialmente diversificata, economicamente differenziata.

    La nuova idea di città post-pandemia

    Se insisto, da tempo, su questa sottile, ma fondamentale differenza, è perché la definizione di città, più che mai oggi, necessita di un aggiornamento dopo l’insieme di fenomeni significativi, che nel corso di almeno cento anni, dall’avvento dell’urbanistica moderna, ne hanno modificato senso e funzione.
    E città oggi è l’esito dei recenti, moderni processi di crescita e formazione, non sempre pianificati, anzi spesso assenti, città che nasce e si sviluppa su polarità economiche, culturali, sociali, politiche e che dopo la pandemia, ha assunto un carattere ancora più marcato e in progressiva mutazione.
    La città post-pandemia, per esempio chiede già alcune scelte precise: meno traffico, spostamenti meno inquinamenti, meno costruito e più verde, meno chiusura sociale e più apertura relazionale, più cultura, più attenzione ai valori e ai servizi.

    Cosenza-Rende? Meglio la città del Crati

    Ed ecco, per esempio, su queste basi, su tale riconoscimento di ruoli, di pesi territoriali e di gravitazioni, di vere posizioni geopolitiche tra storia e modernità, sul senso di partecipazione dei cittadini e di tutte le forze attive, che si può aprire la discussione sulla fusione tra i diversi centri che fanno corona al capoluogo Cosenza. Perché non solo di una relazione “privilegiata” tra le due big city, Cosenza e Rende, si tratta, ma dell’articolata città-territorio, più ampia e complessa citata, che se non riconosciuta nella forma urbanistica, nelle nuove e articolate morfologie odierne, e nelle dimensioni che ha assunto in circa cinquant’anni, ovvero quello della città estesa della Valle del Crati, resterà incapace di sviluppare qualsiasi forma di collaborazione, nonché di fusione tra centri, che avverrebbe in modi del tutto semplicistici e solo amministrativi.

    E a ben guardare il Crati, “espulso” da tempo dalle vite di città e cittadini, che lambisce naturalmente da sempre tutti gli insediamenti, e che nella sua rete ecologica, tra affluenti e sistemi idrici minori, riguarda quasi tutti i centri, potrebbe essere l’elemento unificante e l’unico capace di garantire una vera transizione ecologica, costruendo sul suo antico e prestigioso ruolo di più grande fiume di Calabria, la città che sarebbe soprattutto la Comunità del Crati.

    Evitare la sommatoria Corigliano-Rossano

    Ma quale ruolo la nuova, futura Città del Crati deve avere nel contesto regionale, meridionale e nazionale, una volta messe insieme le diverse entità, ora separate amministrativamente, potrà garantirlo solo una visione unitaria, proiettata nel futuro di almeno trent’anni, capace di dare respiro, slancio e iniziative urbane per superare le questioni numeriche e puntare alla qualità.

    città-unica-corigliano-rossano-i calabresi
    La città di Corigliano-Rossano

    Anche attraverso la somma, positiva, delle diverse identità storiche che comporranno lo scenario futuro, su cui si decideranno scelte determinanti che vanno dalla mobilità, agli spazi di relazione, a quelli della società e dell’economia, della cultura.
    Insomma, ciò che è successo a Corigliano-Rossano, dove è mancata persino la creatività di trovare un nome-acronimo comune che potesse rendere identificabile la nuova città, e dove la fusione è stata fatta a freddo, per meri calcoli amministrativi e conseguenti vantaggi (forse solo “per qualche dollaro in più”!), non dovrebbe accadere a Cosenza-Rende, alla Città del Crati, pena un impoverimento e non un arricchimento.

    Una mobilità non inquinante per Cosenza-Rende

    Rifondare una nuova città in Calabria, da città esistenti, in un momento storico come questo, in piena fase di transizione ecologica, vuol dire uscire dal vecchio modello quantitativo e muoversi su quello qualitativo. Vuol dire sapere tenere insieme la complessa rete di realtà che solo un progetto di mobilità di rango metropolitano, non inquinante, può garantire, vuol dire scelte coraggiose, lungimiranti, ambiziose, ma fondate, che purtroppo non si intravedono nei programmi delle attuali classi di amministratori.

  • Centro storico, anche Caruso si unisce alla protesta: «La Questura ci ripensi»

    Centro storico, anche Caruso si unisce alla protesta: «La Questura ci ripensi»

    La stangata inflitta a Stefano Catanzariti, Roberto Panza e Roberto Martino, colpevoli secondo la Questura di Cosenza di aver organizzato una passeggiata pacifica tra le macerie del centro storico fa sempre più rumore. In difesa dei tre, che hanno ricevuto una multa da quasi 1.200 euro ciascuno, si schiera anche il neo eletto sindaco Franz Caruso.

    Anche il sindaco prende posizione

    «La libertà di manifestazione del pensiero, costituzionalmente garantita, reca in sé, come diretta conseguenza, che anche la libertà di esprimere il proprio dissenso goda della medesima tutela«. Caruso, da buon politico, ribadisce «il pieno rispetto delle decisioni assunte dalle autorità preposte e nella convinzione che la giustizia debba fare il suo corso». Poi però viene fuori l’avvocato penalista che è in lui e non gira troppo intorno alla questione: «Non posso fare a meno di esprimere una posizione di garanzia a favore della libertà di manifestazione del pensiero e quindi anche di quella tesa ad esprimere il proprio dissenso».

    «In una società democratica come la nostra – prosegue il sindaco – sarebbe impensabile censurare aprioristicamente i contributi alla discussione ed alla riflessione, soprattutto quando, come nel caso specifico, siano finalizzati a richiamare pacificamente l’attenzione dell’opinione pubblica e delle istituzioni su questioni e problematiche che riguardano aree degradate e bisognevoli di interventi». Infine, l’invito a ragionare meglio sulla decisione augurando ci sia un passo indietro. «Per come rappresentati, non mi pare che i fatti del luglio scorso possano in qualche modo integrare ipotesi di reato. Auspico, pertanto, che vi sia la volontà degli organi preposti a riconsiderare i comportamenti degli attivisti e a rivedere i provvedimenti adottati nei loro confronti».

    La solidarietà di decine di associazioni

    Quello di Caruso non è il solo attestato di solidarietà arrivato a Catanzariti, Panza e Martino. Già ieri oltre 40 tra associazioni, movimenti e partiti locali avevano diramato una nota per esprimere la loro vicinanza dopo la sanzione draconiana voluta dalla Digos bruzia.
    «È una solidarietà totale perché il provvedimento mira a punire l’attivismo civico e sociale che in questo frangente specifico si concretizza con una pratica molto diffusa. La passeggiata di quartiere, infatti, è una delle tecniche – pacifiche – di facilitazione della partecipazione, un modo per sensibilizzare ed educare alla cittadinanza attiva, per coltivare i valori della Costituzione italiana.

    Il provvedimento merita una riflessione attenta da parte di tutta la società civile cosentina perché crea un precedente preoccupante. Si punisce l’attivismo e si criminalizza la solidarietà. Il centro storico di Cosenza oggi versa in una situazione devastante dal punto di vista urbanistico e sociale. Denunciarne lo stato di abbandono e degrado in cui versa non può essere punito!
    Punire chi oggi pratica con metodi pacifici la partecipazione e la riflessione oltre che le buone prassi solidaristiche non può meritare questo trattamento».

    Questi i firmatari del comunicato:
    • Radio Ciroma«
    • ANPI Provincia di Cosenza ” Paolo Cappello “
    • La Terra di Piero
    • Arci APS Cosenza
    • Ass. di volontariato San Pancrazio
    • Ass. di volontariato Santa Lucia
    • Associazione “Dossetti”
    • Associazione di volontariato “MorEqual”
    • Galleria d’arte indipendente autogestita (GAIA)
    • Arci Red
    • Coessenza
    • Summer school ‘Abitare l’inabitabile’
    • R-accogliere Soc. Coop. Soc.
    • Cosenza in Comune
    • Strade di casa Soc. Coop. Soc.
    • Associazione Bernardina Barca Onlus
    • Prendocasa
    • Centro Sociale Rialzo
    • Auditorium Popolare
    • Fem.in cosentine in lotta
    • Comitato Piazza Piccola
    • Federazione Provinciale Rifondazione Comunista
    • Forum Ambientalista Calabria
    • Oncomed
    • CSV 89
    • Progetto Azadì
    • Aula studio liberata
    • Consulta pari opportunità e diritti umani comune di Rende
    • USB Cosenza
    • Cobas telecomunicazioni Cosenza
    • S.P.Arrow
    • Friday for Future Cosenza
    • Comitato Rivocati Riforma
    • Associazione Niki Aprile Gatti Onlus
    • Skalea solidale
    • Progetto Meridiano
    • Comitato di quartiere Villaggio Europa
    • ASD Ceep Villaggio Europa
    • Lav Romanò
    • Fronte Gioventù Comunista Cosenza
    • Sinistra italiana Cosenza
    • Ass. Insieme
    • SeminAria culture
    • Ass. Culturale Prometeo
    • I giardini di Eva
    • MEDIterraneanMEDIA.