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  • Pino Iacino, il sindaco socialista di una Cosenza che non c’è più

    Pino Iacino, il sindaco socialista di una Cosenza che non c’è più

    Cosenza era diversa, molto. Corso Mazzini era ancora attraversato dalle macchine, c’era la Standa, il bar Manna e il bar Gatto, la coraggiosa esperienza del Giornale di Calabria provava a rompere il monopolio della Gazzetta,  lo spazio davanti Palazzo degli Uffici era pieno di eskimo e sciarpe rosse e a un certo punto della sera si decideva di andare al cinema, all’Italia. Il biglietto costava 500 lire e il cinema cambiava programmazione ogni giorno. Era il 1975 e a Palazzo dei Bruzi sedeva un socialista, si chiamava Battista Iacino, ma per tutti era Pino, al punto che in tanti erano persuasi si chiamasse Giuseppe.

    Pino Iacino e la giunta rossa

    Governava la città con una giunta di sinistra, la sola della storia non breve di Cosenza. Allora le giunte nascevano dentro i consigli comunali, la legge che avrebbe consentito ai cittadini di scegliere direttamente il sindaco sarebbe arrivata molti anni dopo ed erano gli equilibri tra i partiti a livello nazionale e quelli tra i potentati della città a decidere quali maggioranze avrebbero dato vita a una giunta. Per una alchimia che mai più si sarebbe ripetuta il Psi si unì al Pci, tirando dentro Psdi e Pdup e Cosenza ebbe la sua prima giunta rossa.

    La Cultura a un intellettuale comunista

    L’Assessorato alla cultura con Pino Iacino sindaco andò a Giorgio Manacorda, intellettuale comunista, docente universitario. Sono gli anni in cui il cinema Italia rinasce e nella sua sala, sotto la gestione pubblica, vengono proiettati film e registi che mai sarebbero giunti a Cosenza:  Jodorowski, Arrabal, il cinema francese, Pasolini. È in quella sala che la mia generazione ha visto la fantasmagorica esplosione del finale di Zabriskie Point. Ma sono gli anni in cui il Rendano splende per la proposta culturale e per essere diventato teatro di tradizione, mentre nel salotto buono della città il Living Theatre porta lo scandalo dell’immaginario e sotto un tendone da circo muove i primi passi la Tenda di Giangurgolo, da cui sarebbe nato il Teatro dell’Acquario. Su Corso Telesio intanto apriva la prima libreria Feltrinelli.

    La città ai cittadini mentre tutto sta cambiando

    È la prima volta che l’idea che i cittadini possano abitare davvero la casa municipale si fa avanti. Sarà ripresa senza troppa fortuna anni dopo da un gruppo di matti che daranno vita a Ciroma. Quella è stata probabilmente la migliore Cosenza di sempre, ma stava già cambiando. Come in un film di mafia nel 1977 viene assassinato Luigi Palermo, capo incontrastato della malavita non ancora organizzata e la città precipita in una guerra sanguinosa, sul piano politico si annunciano gli anni di piombo.

    Ma in quella fase storica nulla avrebbe fermato il lavoro della giunta rossa e del suo sindaco, che ressero a tutto malgrado in consiglio avessero una maggioranza risicata.  Cosenza conoscerà con Pino Iacino il suo punto più alto di crescita urbana, civile e culturale e quella esperienza finirà nel 1980. Dopo torneranno le camarille, gli accordi, le alleanze strumentali al saccheggio. Oggi Pino Iacino non c’è più, quella sua Cosenza è scomparsa da un pezzo.

  • Sentiero solidale: il Pollino alla portata di tutti

    Sentiero solidale: il Pollino alla portata di tutti

    Quando si va in montagna, il passo è quello del più lento. Significa che il ritmo della camminata è dettato dal membro che va più piano dentro il gruppo. Questa pratica è una questione di sicurezza, ma anche di solidarietà, perché indietro non si lascia nessuno.
    È con questo spirito che il Cai (Club alpino italiano) nazionale ha istituito al suo interno una commissione che si occupa specificatamente di accompagnamento solidale. Lo scopo è far conoscere l’incanto della montagna a chi sui sentieri da solo non può andare. E in Calabria c’è chi su questo fronte si è impegnato già da tempo, infatti la sezione Cai di Castrovillari anche quest’anno ha organizzato una escursione speciale sul Pollino.

    Una esperienza giunta già al quarto anno

    «È il quarto anno che organizziamo una escursione con persone disabili», racconta Carla Primavera, presidente del Cai Castrovillari. Un appuntamento tra l’altro sostenuto anche dalla Commissione Sodas (Struttura operativa accompagnamento solidale) e che qui ha trovato un riscontro favorevole, accompagnando in escursione guidata chi è meno fortunato di noi e tuttavia deve poter essere messo nelle condizioni di apprezzare la bellezza della montagna.
    «Abbiamo cercato di contattare le varie associazioni che si prendono cura di persone disabili per tempo, in modo da poter organizzare nel modo più accurato l’uscita e abbiamo avuto il sostegno del sindaco di Castrovillari che ha fornito l’autobus per giungere fino all’inizio del sentiero», prosegue la presidente del Cai.
    Si trattava di una organizzazione capillare, che comportava la gestione dei trasporti, la cura delle persone nel corso dell’escursione, la sicurezza dei partecipanti sui sentieri che, pure se scelti per la loro semplicità, potevano rivelarsi faticosi.

    Sentiero solidale: le associazioni sul Pollino

    Infatti la realizzazione dell’escursione, che si è svolta nella prima metà di giugno, ha coinvolto numerosi soci della Sezione di Castrovillari del Cai e ha visto la partecipazione di diverse associazioni impegnate nell’assistenza ai disabili.
    Alla fine sul sentiero che da Piani di Ruggio conduce dolcemente fino al Belvedere dei Loricati c’erano il Filo di Arianna, l’Associazione Famiglie Disabili, il Centro salute mentale di Castrovillari e l’associazione Azzurra di Corigliano-Rossano.

    Sul sentiero che conduce al Belvedere

    Una lunga paziente fila di escursionisti, composta da guide, persone disabili con i loro accompagnatori del Servizio sociale, un ragazzo su carrozzina e sua madre, ha attraversato il sentiero che conduce fino a un punto da cui si domina la vallata sottostante e sul cui crinale si ergono magnifici alcuni esemplari di Pino Loricato.

    I volontari accompagnatori

    «È stata una esperienza emotivamente potente – racconta Carla Primavera – soprattutto guardando il divertimento e la gioia che pervadevano i nostri ospiti. Al ritorno dal sentiero, prima della ripartenza, hanno voluto dare voce all’emozione per l’esperienza vissuta esprimendo il loro entusiasmo».  Una avventura fuori dall’ordinario che il prossimo anno sarà replicata contando sul coinvolgimento di un numero maggiore di associazioni, per fare conoscere la montagna a chi da solo non può andarci e per non lasciare nessuno indietro.

  • “Salute, società e territorio”, parte il think tank targato Unical

    “Salute, società e territorio”, parte il think tank targato Unical

    Dalla teoria alla prassi, si sarebbe detto una volta. Dopo le recenti riflessioni attuate tra i Cubi dell’Unical sulla necessità di andare oltre i confini delle scienze, prende corpo il primo progetto di natura potentemente interdisciplinare e rivolge la propria attenzione verso ambiti e argomenti che possono essere osservati appunto da prospettive differenti, eppure utilmente convergenti. Nasce infatti un nuovo centro studi che si occuperà di Salute, società e territorio. Un think tank cui partecipano nove dipartimenti universitari: Scienze politiche, Ingegneria e Informatica, Ingegneria meccanica, Economia e Statistica, Farmacia Scienze dalla Salute, Matematica e Informatica, Culture Educazione e Società, Ingegneria dell’Ambiente e Biologia.

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    La presentazione del centro studi oggi a Cosenza

    L’economista Vincenzo Carrieri alla guida del think tank

    A guidare questa nutrita pattuglia è il professor Vincenzo Carrieri, economista del Dispes, fortemente convinto della natura eminentemente sociale della disciplina che insegna. Si tratta di un progetto che ha visto i primi passi un anno e mezzo fa, «sostenuto dall’interesse del Rettore Leone», spiega Carrieri.

    La Casa delle culture, nel centro storico, a rappresentare la vocazione verso il territorio

    La presentazione del progetto dentro la Casa della Culture, nel cuore della città vecchia, parte nobile eppure abbandonata, è un modo per rappresentare questo impegno sociale del nuovo centro studi «che è caratterizzato da una marcata vocazione territoriale». Tale vocazione si tradurrà in studi applicati al contesto sociale ed economico e in termini di restituzione al territorio stesso degli esiti delle ricerche che vedranno la contaminazione interdisciplinare delle scienze “dure” con quelle propriamente sociali. I temi cui sarà rivolta l’attenzione dei ricercatori saranno quelli della salute – questione oggi maggiormente attuale dopo l’approvazione dell’autonomia differenziata – che non deve essere separata dal contesto territoriale.

    Indagare la relazione tra salute e ambiente sociale

    Tutto questo significa indagare i rapporti tra la salute dei cittadini e l’ambiente sociale in cui vivono, cogliere i nessi tra benessere individuale e di comunità. A tale scopo verranno messe in campo le molteplici e differenti competenze tipiche dell’interdisciplinarità che caratterizzano i partecipanti al gruppo di studi. Il lavoro, spiega subito Carrieri, non si rivelerà facile, ma è necessario. Scarseggiano o mancano del tutto infatti dati statistici che riguardano la Calabria, mentre altrove le informazioni relative al rapporto tra Sanità e salute sociale esistono e in una certa misura questo vuoto di informazioni è una delle facce che rivela il mancato sviluppo di un’area territoriale.

    Promuovere politiche pubbliche basate sulla ricerca

    Da questo punto di vista i lavori del nuovo centro studi Salute, società e territorio potrebbero avere una ricaduta reale in termini di indirizzo, «promuovendo l’adozione di politiche pubbliche basate sulla evidenza scientifica». In Calabria sarebbe una novità, sulla quale tuttavia è prudente non nutrire eccessive illusioni.

  • Un nuovo centro studi per l’Unical

    Un nuovo centro studi per l’Unical

    Martedì 25 giugno alle ore 17, presso la Casa delle Culture di Cosenza, è in programma una conferenza stampa di presentazione del nuovo Centro Studi su Salute, Società e Territorio dell’Università della Calabria. Il Centro rappresenterà la più grande struttura di ricerca interdipartimentale ospitata dall’ateneo, coinvolgendo nove dei suoi dipartimenti: il dipartimento di scienze politiche e sociali (capofila), il dipartimento di ingegneria informatica, modellistica, elettronica e sistemistica; il dipartimento di ingegneria meccanica, energetica e gestionale; il dipartimento di economia, statistica e finanza; il dipartimento di farmacia e scienze della salute e della nutrizione; il dipartimento di matematica e informatica; il dipartimento di culture, educazione e società; il dipartimento di ingegneria dell’ambiente; il dipartimento di biologia, ecologia e scienze della terra. Nel dibattito pubblico sulla Calabria, ritorna frequentemente il tema della sanità. Salute e sanità, tuttavia, non sono sinonimi. L’obiettivo del CST è quello di riflettere e produrre ricerca attorno al tema della salute, intesa come stato di completo benessere fisico, mentale e sociale e non semplicemente l’assenza di malattia e di infermità, come ricorda l’Organizzazione Mondiale della Sanità. Ma cosa determina questo benessere? Le sue determinanti sono molteplici: biologiche, genetiche, ma anche sociali, economiche ed ambientali. Da questa prospettiva, dunque, per rispondere al bisogno di salute ed estendere il benessere sociale, non è sufficiente ragionare solo in termini di offerta di posti letto nelle strutture ospedaliere o di prestazioni specialistiche. Le diverse competenze scientifiche che animano il Centro lavoreranno esattamente in questa direzione: interrogarsi su come intervenire per poter migliorare lo stato di salute e benessere individuale e di comunità e promuovere la cultura dell’adozione di politiche pubbliche basate sulle evidenze scientifiche. In questo ambizioso obiettivo confluiranno due delle tre missioni che ha l’Unical come ogni ateneo: produrre ricerca e restituire alla cittadinanza i frutti del processo scientifico diffondendo le conoscenze acquisite attorno ai temi studiati. La conferenza stampa inaugurale sarà l’occasione per avviare il lavoro divulgativo del CST presentando i risultati di studi recenti, in cui si utilizzano dati sulla Calabria elaborati dai componenti del centro per esplorare tematiche di grande rilevanza per la regione. Verranno presentati i risultati di ricerche circa gli effetti delle tecnologie sanitarie, i servizi digitali e l’elaborazione di dati complessi per la diagnosi e la cura delle malattie, il ruolo della nutrizione e degli stili di vita sulla salute fisica e la longevità, i servizi di salute mentale in Calabria e gli studi sul benessere psicologico di bambini ed adulti, e studi sugli effetti dei disastri ambientali sulla salute della popolazione calabrese e sugli effetti delle politiche territoriali sul benessere sociale delle comunità.

  • Interdisciplinarità, ecco l’Unical che fa quadrato

    Interdisciplinarità, ecco l’Unical che fa quadrato

    «Scienziate e scienziati di ogni dove, prendete posto», esordiscono Sonia Floriani e Vincenzo Carrieri nel dare il via al secondo appuntamento organizzato dal Dispes dell’Unical (il primo incontro si era svolto Giovedì 16 Maggio) sul tema della interdisciplinarità. L’ “ogni dove” cui fanno riferimento i due docenti riguarda proprio i mondi accademici diversi da cui provengono i relatori che hanno tracciato il percorso di questo secondo viaggio attraverso i confini tra le scienze.

    Alan Turing pioniere dell’interdisciplinarità

    Una esplorazione avventurosa, visto che ci porta fino a Turing, che tutti conoscono per aver contribuito in modo determinante a decifrare codici militari nel corso della Seconda guerra mondiale. Eppure lo scienziato inglese nelle parole di Gianluigi Greco, direttore del Dipartimento di Matematica e Informatica, diventa subito una specie di sintesi di una completa forma di interdisciplinarità. A dare la prova di tale “pluralità” di sguardi è la lapide di Turing, che ricorda come lui sia stato un matematico, il padre della “Computer science”, un appassionato di Logica e alla fine purtroppo anche vittima del pregiudizio e dunque suo malgrado testimone di uno dei fenomeni massimamente studiati dalle Scienze sociali. Siamo certi che quest’ultimo aspetto Turing se lo sarebbe volentieri evitato, ma il fatto che la sua figura sia stata riscattata dall’immeritato oblio cui era stata relegata è il segno di come le società mutino. Il ragionamento interdisciplinare proposto da Greco porta Turing ad avere buoni compagni di viaggio, da Pitagora a Chomsky (in questi giorni vittima di una fake sulla sua morte), fino a Godel: numeri, logica, linguaggi, significati. Cose apparentemente separate e invece vicinissime, se si ha il coraggio di superare le iperspecializzazioni disciplinari.

    Le sinergie già in campo tra Ematologia, Farmacia e Informatica

    Greco però da scienziato “duro” resta aderente ai fatti e racconta di come l’interdisciplinarità possa avere molte facce, forme differenti di collaborazione tra ambiti di ricerca e cita esempi concreti, come la sinergia tra il mondo dell’Informatica, la facoltà di Farmacia e il reparto di Ematologia dell’ospedale di Cosenza. Ma questo è il presente, il tempo che deve venire è proiettato sullo schermo, quando Greco manda il trailer di un film fatto assieme da registi e informatici utilizzando l’AI e che affronta l’ipotesi che un giorno le macchine si ribellino all’uomo.

    L’uomo tra biologia, genetica e influenze sociali

    A proporre un tema complesso, eppure necessario sono arrivate le parole del filosofo Felice Cimatti, raccontando l’esperienza scientifica di Giorgio Prodi, che da medico ha indagato l’origine per così dire “biologica” dei significati. Un tema che mischia l’antropologia fisica, la chimica e la semantica, cercando di capire se il significato che noi attribuiamo alle cose tramite il linguaggio o i segni, sia solo il prodotto di sedimentazioni culturali oppure se abbia anche basi appunto biologiche. Cimatti, attraverso gli studi di Prodi , propone di cercare anche tramite uno sguardo medico- biologico, l’origine di fenomeni che crediamo solo sociali. Del resto che l’ambiente, inteso come la somma delle condizioni sociali e naturali in cui agiamo, influenzi le nostre vite è ben noto, anche sul piano propriamente genetico. A spiegare come il mondo e il modo in cui viviamo siano importanti è Giuseppe Passarino, genetista e Direttore del Dipartimento di Biologia, Ecologia e Scienze della Terra. Lo scienziato ha spiegato come l’essere umano sia una cosa complessa, determinata certamente dal Dna e da fattori ereditari e tuttavia un ruolo importante lo hanno svolto il caso e anche i modi di costruire relazioni sociali. Nell’intervento di Passarino  la spiegazione rigorosa dell’origine della vita si sovrappone a punti di osservazioni tipicamente legati alle esperienze della ricerca sociale, in particolare al presente distopico specifico del capitalismo della sorveglianza, che con algoritmi previsionali può trasformare in merce le nostre caratteristiche genetiche. E qui entra in gioco l’antica questione circa la presunta neutralità delle scienze e delle tecnologie. 

    Le Tecnoscienze non sono neutrali

    Giuseppina Pellegrino, sociologa e studiosa delle comunicazioni non sta a girarci troppo attorno: non c’è neutralità, le tecnoscienze hanno una loro etica e un discreto fardello di responsabilità nel costruire il mondo in cui abitiamo. La sociologa va oltre, perché oggi tentare di capire le cose che ci accadono attorno guardando solo i comportamenti degli umani non basta, occorre fare attenzione ai “non umani”, all’artificiale, alle macchine perché contribuiscono nel modificare il mondo, condizionando le relazioni tra uomini, gli artefatti e il contesto. Di qui la necessità di una interdisciplinarità che superi la tentazione dei primati tra le scienze e che sia capace di una reale ibridazione.  Questi scenari che prospettano l’andare oltre i limiti delle discipline hanno trovato parole – ma non solo –  tra i Cubi del ponte Bucci e il Dipartimento di Scienze sociali e Politiche si candida come punto di contatto tra i molti ambiti di ricerca che tra quei Cubi si realizzano. Un compito non facile né scontato, ma necessario, perché come ha spiegato il Direttore del Dispes, Giap Parini, dalla cui proposta è partito questo percorso, il concetto di confine merita di ritrovare la sua origine etimologica di spazio condiviso.

    L’interdisciplinarità come comprensione dell’altro

    Non dunque una separazione, ma un punto di coniugazione, uno spazio di saperi partecipati e più ampi, «una comprensione dello sguardo dell’altro». Un progetto ambizioso che può trasformarsi in una opportunità e che può essere colta solo da una università pubblica. L’Unical è pronta a percorrere questo sentiero con la consapevolezza necessaria alle cose nuove e audaci.

  • Interdisciplinarità, all’Unical lo studio è senza frontiere

    Interdisciplinarità, all’Unical lo studio è senza frontiere

    Le cose sono complesse, rassegniamoci, nessuna scorciatoia torna utile per capire e forse trasformare i fenomeni dentro cui siamo immersi. Dobbiamo avere uno sguardo molteplice, capace di coniugare efficacemente approcci scientifici diversi e certe volte neppure prossimi. Questo vuol dire affrontare il tema dell’interdisciplinarità, andare oltre i “confini”, come li chiama Sonia Floriani, sociologa e anima del laboratorio sulla Interdisciplinarità che ha preso vita nelle stanze del Dispes.

    Interdisciplinarità per andare oltre i confini

    I confini di cui parliamo sono la linea di separazione tra le scienze, che si deve avere il coraggio di superare andando oltre. Ecco, andare “oltre” diventa la parola chiave di questo laboratorio. Lo hanno assai desiderato e organizzato Giap Parini, direttore del Dispes, e la stessa Floriani, sensibili entrambi alla necessità di spiegare con efficacia i tempi che affrontiamo.
Attorno a questo compito lavora, dallo scorso anno, una pattuglia di ricercatori sociali, che prendendo in prestito il concetto di confine hanno usato la parola I-Limes come suggestivo acronimo di Laboratorio di Idee, Metodi e Studi.

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    Da sinistra: Vincenzo Carrieri, Sonia Floriani e Giap Parini

    Questa volta il campo si allarga. A discutere non sono solo studiosi di Scienze sociali, ma vengono chiamati rappresentanti di quelle che normalmente vengono definite “scienze  dure”. È il caso di Riccardo Barberi, fisico sperimentale, anzi studioso di fisica applicata. Non si tratta di un dettaglio, avendo Barberi una certa spiccata sensibilità verso la concretezza del mondo reale. Ed è con i piedi ben piantati per terra che Barberi spiega come l’interdisciplinarità non sia affatto una cosa rivoluzionaria. È, al contrario, una semplice necessità sociale dettata dal bisogno di uscire dalle “gabbie” dentro cui ci siamo rinchiusi inseguendo il mito delle specializzazioni.

    L’iperspecializzazione obbligata dal sistema produttivo finisce per essere asfissiante. Così aprirsi alle altre forme di sapere diventa una boccata d’aria necessaria.
Con la semplicità di chi è avvezzo a risolvere cose complesse, il fisico spiega come probabilmente la cosa più interdisciplinare oggi siano le Large Language Model, capaci di parlare tra loro e dunque intersecare i saperi, ancora per fortuna sotto il controllo umano.

    La Costituzione, le leggi e la fabbrica del consenso

    Il concetto di “confine” resta ad aleggiare nell’aula che ospita il seminario. Nelle parole di Donatella Loprieno, però, assume subito il suo senso più oppressivo: quello di separazione e distanza. Non è casuale: Loprieno è una costituzionalista storicamente impegnata, tra le altre cose, sul fronte dei diritti dei migranti.

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    Donatella Loprieno, Riccardo Barberi e la modetratrice Valeria Tarditi

    «I costituzionalisti si occupano di una materia fatta di sogni», spiega la docente, richiamando La tempesta di Shakespeare, perché le Costituzioni si fondano sul desiderio di una vita più giusta per tutti, ma oltre la bellezza utopica subito le sue parole ci precipitano nell’abisso delle violazioni dei diritti della persona, del migrante come individuo spogliato di ogni forma di umanità, del buco nero della “Detenzione amministrativa”, cioè del carcere senza reato, senza processo, senza avvocati, un inferno destinato solo agli stranieri, uno strumento che divide gli esseri umani tra chi ha diritti e chi è “schiuma della terra”.

    Come una costituzionalista osserva questo mondo usando le lenti della interdisciplinarità? Domandandosi come sia stato possibile che una istituzione così repressiva, chiaramente incostituzionale, sia diventata normale, incontrando anche un vasto consenso tra le persone. Significa utilizzare gli strumenti della comunicazione persuasiva, della manipolazione dell’opinione pubblica, della psicologia delle masse e comprendere che certe scelte vanno oltre la durezza dei codici.

    La potenza delle parole e i confini come luoghi di passaggio

    Anche le parole sono interdisciplinari, sul loro uso flessibile sarebbero stati d’accordo Wittgensein e Gramsci. E da questo punto di vista Andrea Lombardinilo, docente di Sociologia dei processi culturali e comunicativi, le utilizza come veicolo per visitare spazi, tempi e protagonisti. Parte da Castoriadis, dal mondo dell’immaginario, e transita rapido attraverso John Coltrane, Miles Davis, Duchamp e Leopardi, Vico e altri. Nel frattempo sulla Lim alle sue spalle compare una scena del film Mission.
    Lombardinilo è come un abile seduttore. E nel suo muoversi dentro il sapere, che deve essere declinato per forza al plurale, ci offre il biglietto per un viaggio che più interdisciplinare non si può.

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    Marcello Walter Bruno

    A chiudere il viaggio un’ultima struggente suggestione, quella che viene dalle parole dell’autore ed attore Ernesto Orrico e del fisico Peppe Liberti. Orrico legge alcune parti de La fuga di Pitagora di Marcello Walter Bruno e Liberti evoca il ricordo di un intellettuale che di confini tra i tanti saperi ne aveva varcati parecchi. Anche perché, come suggerisce Parini, «i confini sono luoghi di passaggio e conviene usarli bene».

  • Vettori alla Ubik contro la logica del muro

    Vettori alla Ubik contro la logica del muro

    Ieri sera, alla libreria Ubik di Cosenza, si è consumato un nuovo appuntamento letterario. Pierpaolo Vettori ha incontrato il pubblico, ancora una volta numeroso e molto partecipe alla discussione, per presentare il suo romanzo “L’imperatore delle nuvole” (Neri Pozza editore). Che, naturalmente, appartiene alla Decina 2024 del Premio Sila. L’immancabile Gemma Cestari, direttrice del Premio, e il magistrato Alfredo Cosenza hanno dialogato con Vettori.

    Le vicende del romanzo ruotano intorno a un lunghissimo muro costruito per contenere l’esodo degli immigrati africani verso l’Europa. Vigilato da guardie murarie che devono tenere a bada i migranti clandestini. Sia gli uni sia gli altri sono, in teoria, aguzzini e vittime, in pratica, entrambi vittime. Senza apparenti vie d’uscita. “Sono vittime – ha sottolineato Pierpaolo Vettori – di un mondo che ormai è monotono. C’è solo un modo per vivere del nostro, ossia questa sorta di capitalismo più o meno democratico e non c’è una realtà alternativa. Per cui se una persona fallisce qui, in questa modalità, non riesce a fare soldi, non riesce… ha fallito per sempre. Non ha un altro modo per realizzarsi. Forse, invece, la soluzione di tanti problemi sarebbe proprio quella di cercare altri modi. Ché ognuno possa in qualche maniera trovare una sua nicchia, un modo per potersi realizzare come persona”.

    “Sono rimasta veramente molto colpita dalla potenza di questo romanzo – ha commentato Gemma Cestari – che è avvincente e si lascia leggere con grande facilità nonostante la complessità dei temi che propone. La parola che mi ha suggerito il libro e che mi ha turbato – e che dovrebbe turbare e interrogare tutti – è ambivalenza. E Franco Zomer (l’io narrante e protagonista del romanzo) è veramente l’ambivalenza che ci chiede ma tu da che parte stai? Perché nelle grandi questioni, quelle che vengono orchestrate da pochi e che poi producono moltissime vittime, sono la storia e la sociologia a occuparsi di quei pochi e di quei moltissimi. Mentre è compito della letteratura parlare di quelli che stanno in mezzo, cioè di quelli che poi in questo meccanismo sono i piccoli ingranaggi e le piccole ruote”.

    Sempre sul protagonista principale, Alfredo Cosenza ha sottolineato che “ciò che colpisce di Zomer è la sua profonda infelicità. Che vien fuori nell’incipit tremendo del libro: ‘Oggi non riesco a vivere’. Una frase – continua – che dopo averla letta uno si ferma e dice: voglio davvero continuare a leggere? E questa è una sensazione che è sempre presente in tutto il romanzo che poi alla fine si spiega…”

  • “Spaesati”, il 12 aprile ecco la presentazione a Giostra Vecchia

    “Spaesati”, il 12 aprile ecco la presentazione a Giostra Vecchia

    Proseguono gli incontri del Cenacolo dell’arte e della cultura, promossi dall’associazione la Giostra a Cosenza. E proprio nella Dimora storica Giostra Vecchia domani, 12 aprile alle ore 18:00, è in programma la presentazione di “Spaesati” (Il Mulino 2023) libro scritto da due scienziati sociali come Massimo Cerulo e Paolo Jedlowski.
    Sarà presente uno dei due autori, Massimo Cerulo, professore ordinario di Sociologia all’Università Federico II di Napoli e editorialista di HuffingtonPost.it.
    Dialogherà con lui il giornalista, scrittore e infaticabile promotore culturale, Franco Laratta. Musica di scena con il pianista Mattia Salemme e il baritono Antonino Giacobbe.

     

  • Meec: all’Unical il futuro green è già arrivato

    Meec: all’Unical il futuro green è già arrivato

    Il Master del Dimes – Dipartimento di Ingegneria informatica, Modellistica, Elettronica e Sistemistica dell’Unical – sarà presentato oggi, 4 aprile, nel Palazzo della Provincia di Cosenza. Tanti gli ospiti dell’evento dedicato al progetto di alta formazione in mobilità elettrica ed economia circolare e rivolto ai professionisti del futuro green già dietro l’angolo.
    Il Meec è il primo master di secondo livello in mobilità elettrica ed economia circolare per neolaureati e lavoratori.
    La prima edizione accoglierà fino a trenta partecipanti e, in base a una graduatoria di merito, verranno subito erogate (in tre tranche), borse di studio di 20mila euro ciascuna per dodici corsisti.
    Ai partecipanti sarà conferito il titolo di “esperto in gestione di sistemi e strutture per la mobilità elettrica e l’economia circolare”.

    A chi si rivolge il Meec

    Il percorso formativo nasce da un progetto del Dimes dell’Università della Calabria, nel contesto dei patti territoriali per l’alta formazione, finanziati dal Mur, ed è rivolto a laureati in ingegneria, matematica, fisica, economia, economia aziendale, finanza, statistica e informatica, chimica.
    Un ruolo attivo è svolto dalle imprese: attraverso la partecipazione ai moduli formativi e attraverso gli stage aziendali, ma anche per l’assorbimento di nuovi profili professionali, necessari all’evoluzione di un mondo a misura di veicolo elettrico. Un mondo che ha bisogno di diffusi e innovativi sistemi di carica, delle competenze per la manutenzione e la riparazione, di professionisti con competenze adeguate in materia di riciclo.

    I partner del progetto

    La partnership del progetto è di quelle che innescano rapporti immediati con le imprese, nel segno della mission dei Patti territoriali. Si tratta della Motus-E, la prima e principale associazione italiana costituita per accelerare il cambiamento verso la mobilità elettrica.
    In Motus-E fanno sistema, insieme con gli atenei, i principali marchi automobilistici, le industrie, i fornitori di energia, le imprese di servizio, i movimenti di opinione sulla sostenibilità ambientale.
    L’evento di presentazione del Meec 2023/2024, è anche l’occasione per fare il punto nazionale ed europeo sulla doppia tematica: la circolazione elettrica e il modello di produzione e consumo basato sul riciclo.

    Gli interventi previsti

    I lavori saranno aperti dai saluti istituzionali di Rosaria Succurro, presidente della Provincia di Cosenza. Seguirà l’intervento del direttore del master, il docente Unical Gregorio Cappuccino, che presenterà l’intero progetto con un intervento dal titolo: “L’Unical e il patto con il territorio”. Per il governo regionale, l’assessore allo Sviluppo economico Rosario Varì, interverrà sul tema: “La Regione a sostegno delle imprese e dei cittadini calabresi per la transizione ecologica”.
    Previsti i contributi del docente Unical Piero Guido, co-responsabile del master, “La mobilità del futuro in Calabria è già realtà” e dei rappresentanti della partnership: Fabio Pressi, “Motus-E: l’unione fa la forza”; Francesco Naso, “Il ruolo della formazione tra le opportunità e le sfide della E-Mobility”.

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    Rosaria Succurro

    Il dirigente regionale delle Ferrovie della Calabria, Aristide Vercillo Martino, farà il punto su “ASSTRA e la sfida della mobilità elettrica in Calabria”. In conclusione una storia di successo, quella della tenuta di “Serragiumenta” di Altomonte. Paolo Canonaco sarà testimonial di una Calabria votata alla produzione enogastronomica biologica, al turismo esperienziale, allo sviluppo di realtà produttive totalmente alimentate da energie rinnovabili.

    L’importanza del Meec

    Varia e complessa la tematica al centro del progetto Unical. «Mobilità elettrica non significa soltanto il veicolo ad uso aziendale o privato, dall’automobile, alla navetta, alla bici. C’è tutto un altro versante che riguarda i vari settori dell’economia; basti pensare alle macchine, agli attrezzi, ai mezzi off road per la lavorazione in agricoltura e nelle industrie», spiega l’ingegnere Gregorio Cappuccino, docente di Elettronica del Dipartimento di ingegneria informatica, modellistica, elettronica e sistemistica.
    «In questo nuovo orizzonte si sta muovendo anche il settore pubblico. Gli autobus elettrici hanno una crescente diffusione, del tutto inattesa; i droni verranno utilizzati molto presto, appena sarà licenziato il relativo regolamento, per il trasporto di medicinali e di sacche ematiche da un ospedale a un altro».

    Intorno al Meec c’è un ampio progetto per creare un learning gateway fisico del settore, cioè un punto di riferimento e di scambio per le best practices.
    «Il cambiamento, oltre ad essere un dato di fatto, è un’esigenza di mercato. Il futuro – dice ancora l’ideatore e responsabile del master, – è il recupero delle batterie dalle apparecchiature elettroniche e dagli autoveicoli e per arrivare preparati dobbiamo essere in grado di sfruttare a pieno il valore del riciclo. In questo campo si sta investendo moltissimo e sono interessati anche gli operatori locali. Per tutti questi motivi c’è assoluto bisogno di professionalità ben formate, con competenze tecniche, normative e manageriali».

    Come e quando iscriversi

    Le domande di richiesta di partecipazione al Meec devono essere inoltrate entro il prossimo 30 aprile. Le borse di studio copriranno i costi di iscrizione (pari a 1.900 euro a iscritto, mille per gli uditori), per circa metà dei corsisti, fornendo un sostegno finanziario importante agli studenti e offrendo loro un ulteriore incentivo all’accesso alla formazione di alto livello.
    Tutte le informazioni utili possono essere visionate cliccando qui.

  • Premio Sila ’49, presentato il libro di Carmen Verde

    Premio Sila ’49, presentato il libro di Carmen Verde

    Sabato 23 marzo, nella sede della Fondazione Premio Sila ’49, in via Salita Liceo, nel centro storico di Cosenza, Carmen Verde ha presentato il suo romanzo “Una minima infelicità”, già candidato al Premio Strega 2023. A dialogare con l’autrice, Elena Giorgiana Mirabelli, scrittrice e docente di corsi di scrittura, anche per la Scuola Holden diretta da Alessandro Baricco, e Gemma Cestari, la direttrice del Premio Sila.

    “Le atmosfere del libro di Carmen – ha sottolineato Gemma Cestari nel suo intervento introduttivo – mi hanno riportato a certa narrativa di Giorgio Bassani, Piero Chiara, Goffredo Parise, perché c’è un altro protagonista, oltre a questa famiglia infelicissima. Un protagonista pesantissimo: il giudizio della comunità di provincia. Che è così pesante, rispetto alle dinamiche familiari apparentemente intime, che a un certo punto entra fisicamente nel romanzo attraverso la cattivissima domestica che governa le loro vite facendo del male a madre e a figli. Con loro a lasciarsi far del male. E qui arrivano ancora altre suggestioni che mi riportano a quello che viene dal mondo delle favole. Ché è proprio il nucleo incandescente del romanzo: Annetta è una donna di piccolissima statura che non crescerà mai, cioè continuerà a rimanere piccola. La prima cosa a cui penso è Pollicino, ma ci sono tante altre cose delle favole, appunto la governante cattivissima, la nonna pazza, il castello…”.

    Elena Giorgiana Mirabelli ha sottolineato come il libro sia stratificato ovvero “ci siano tantissimi livelli di lettura e quando a volte questi livelli sono più o meno evidenti, alcuni sono profondissimi e li comprendi soltanto dopo esserci ritornato a una seconda lettura. Ti risuonano diversamente. Queste parole – ha continuato – sono inquadratura, dettagli, piccolezza, linea femminile e quindi risuona la linea femminile, l’infelicità che è evidente fin dal titolo, ma c’è anche corpo, perché è un libro dove parlano i corpi, dove sono infelici i corpi, in diverse sfaccettature e in tante diverse declinazioni”.

    Carmen Verde ha poi raccontato come ha lavorato per scrivere il suo romanzo. “Ero alle prese con l’infelicità – ha detto – che ho messo addirittura nel titolo, e sapevo di muovermi in un terreno poco sicuro, ma ritengo che sia una questione profondamente letteraria. Intanto perché non è uguale per tutti, e la parola è uguale, e questo potrebbe indurci nell’errore di considerare che l’emozione sottostante sia uguale, invece no, perché ognuno di noi è diversissimo nell’infelicità. L’infelicità è singolare, quello che ci rende singolarissimi. E l’altra cosa è che la parola infelicità non comunica nessuna infelicità, la parola sofferenza, nessuna sofferenza. E allora, in un libro fatto di parole, come tradurre in un libro un sentimento così complesso? L’idea che mi sono fatta è che facciamo esperienza di alcune cose concrete, di alcune situazioni, cioè non è che facciamo esperienza del sentimento dell’infelicità nel suo complesso, ma arrivano delle situazioni in cui questo accade…”.