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[caption id="attachment_24882" align="aligncenter" width="696"]mensa-poveri-cosenza-35-anni-san-francesco-assisi Pino Cristiano, sua moglie Rosina e don Caloiero consegnano il pranzo ai meno abbienti (foto Alfonso Bombini 2023)[/caption]

Cosenza è una città solidale, al punto da ottenere il riconoscimento di Capitale italiana del Volontariato 2023. A fronte di vecchie e nuove forme di povertà, la comunità ha sempre risposto in modo capillare, attraverso un arcipelago di realtà associative che spesso hanno fatto rete tra loro. Insieme hanno dato sollievo a disagi sociali, recentemente aggravati dalla pandemia e da crisi economiche sempre più feroci.

Operando fuori dalle logiche di mercato, ma non appartenendo allo Stato, queste associazioni sono la spina dorsale del Terzo settore cittadino.
Gli ambiti di intervento sono molti e diversi: dal sostegno alle forme di disabilità, alla lotta al disagio sociale, alla inclusione multiculturale, all’impegno contro la dispersione scolastica nelle aree urbane di maggiore vulnerabilità economica, fino al soddisfacimento di bisogni primari, come fornire pasti o posti letto a chi vive ai margini della comunità stesa.

Viaggio al centro della solidarietà

Sono storie di solidarietà che I Calabresi racconteranno su impulso della Fondazione Attilio ed Elena Giuliani, che della ricerca è il committente. Nel nostro viaggio a puntate incontreremo uomini e donne che investono il loro tempo nella pratica della solidarietà, provenendo da mondi differenti, come quello legato alla Chiesa, oppure laico e perfino dal variegato universo dei movimenti antagonisti. Mondi che in varie occasioni, come la Fiera di San Giuseppe, fanno convergere gli sforzi per garantire ospitalità e assistenza ai molti stranieri che giungono nella nostra città.

Si tratta di esperienze silenziose, che affrontano con fatica e tenacia fenomeni come la violenza domestica, l’inadeguatezza genitoriale e il soccorso ai minori abbandonati, ma anche l’aiuto materiale a quesi ceti che non sono più al sicuro come una volta rispetto alla minaccia dell’impoverimento. Perché «Il presepe della povertà», come lo chiamava Bourdieu, è cambiato pure a Cosenza. E oggi include anche chi ieri era ceto medio e oggi vive sul confine della precarietà.
Ecco le storie di chi in prima linea affronta questo mondo fragile.

  • Fondazione Lilli, l’amore per la ricerca e la grande fede di Natuzza

    Fondazione Lilli, l’amore per la ricerca e la grande fede di Natuzza

    Michele Funaro ha degli occhi che sanno parlare e una voce limpida. Racconta con sintesi puntuale (del resto è un ingegnere, ma con un taglio umanistico) i 19 anni di attività della Fondazione che porta il nome di Lilli, sua sorella. Scomparsa troppo presto. La famiglia ha trasformato questa grande perdita in un grande dono per le persone che lottano contro il cancro.
    Michele è il portavoce. «Ma il vero motore della fondazione sono le mie sorelle Maria Pia e Checca» -dice.

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    Da sinistra i fratelli Maria Pia, Michele e Francesca “Checca” Funaro

    In 19 anni sono stati devoluti 200mila euro in progetti di ricerca e borse di studio. «Partecipano prioritariamente i ricercatori dell’Unical ma anche della Magna Graecia di Catanzaro, qualcuno viene anche da fuori» – sostiene Michele Funaro.
    La Fondazione continua ad essere anche sportello informativo. Tante persone che si trovano ad essere spiazzate dinnanzi a una diagnosi del genere, chiedono informazioni per sapere come potere affrontare i diversi percorsi.
    Il convegno scientifico condensa gli sforzi di un anno intero. A giugno verranno – come di consueto – relatori del territorio e altri da fuori: dal policlinico Gemelli di Roma, dall’ospedale di Bologna. Sono in programma lectio magistralis per medici, infermieri, fisioterapisti.

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    L’Università della Calabria

    Intanto oggi c’è pure Medicina all’Unical. Sul punto dice: «Noi ci auguriamo che cresca sempre di più. In un certo senso l’abbiamo stimolata. Con l’assegnazione delle borse di studio ci siamo resi conto che tanti bravi ricercatori sono presenti anche qui, come biologi, chimici, alcuni nel settore farmaceutico. L’Ateneo di Cosenza è una realtà fertile».

    Musica e ricerca, le due anime di Lilli

    La Fondazione articola le sue attività sulla base di due aspetti importanti della vita di Lilli. Il tradizionale concerto di agosto – che finanzia larga parte dei progetti – rappresenta la sua anima gioviale e la grande passione per la musica. Da Pino Daniele, il suo preferito, fino a De Gregori e Bennato. L’altra anima di Lilli era quella della studentessa di Medicina, quindi amante della scienza. Ecco spiegato il senso del convegno annuale.
    Da futuro camice bianco lei sapeva perfettamente cosa stesse affrontando. Al contempo aveva il grande dono della fede.
    Una fede mai ostentata. E legata a Natuzza Evolo, la mistica di Paravati. «Molto spesso c’era una nuova cura sperimentale – racconta Michele -. Lei non ci credeva molto. Quasi casualmente arrivava a casa la telefonata di Natuzza. Parlava con Lilli per un quarto d’ora al telefono. Lilli usciva da quella stanza e diceva: sono convinta, partiamo».

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    Natuzza Evolo, la mistica di Paravati

    «Ho visto Lilli entrare in Paradiso»

    Chiaramente è un aspetto personale, però poi ha caratterizzato i primi anni di attività della Fondazione fino allo stop inevitabile imposto dalla pandemia. «Ogni anno, il 2 luglio, noi organizzavamo diversi pullman – ricorda Michele – da Cosenza a Paravati. Per ascoltare una messa. Una messa speciale. In alcuni frangenti i pullman sono arrivati a sette».
    Perché il 2 luglio? «Lilli muore a febbraio, a giugno ci chiama padre Michele insieme a Natuzza. Che disse di andare a Paravati per una Messa in Gloria il 2 luglio. Natuzza aveva avuto una visione: Lilli che entra in Paradiso. Rappresentata poi dalle vetrate che stanno nella Chiesa di Sant’Aniello a Cosenza. Noi ogni anno ricordiamo questo passaggio. Ultimamente lo facciamo con una Messa a Sant’Aniello. Dopo la Pandemia non abbiamo più organizzato i pullman».

    La colazione per gli ambulanti della Fiera

    Il pranzo della solidarietà era partito prima che il Covid imponesse nuove abitudini sociali. È ripartito quest’anno, una domenica al mese nella chiesa di Sant’Aniello. Un pranzo per chi è solo, non solo per chi ha bisogno. L’ultima di volontariato è stata una colazione offerta agli ambulanti della Fiera di San Giuseppe. «Abbiamo percorso questo chilometro e mezzo di fiera ogni mattina – spiega Michele Funaro – con l’aiuto di bar che ci hanno supportato, volontari che preparavano ciambelle e dolci, tè e latte caldo. Dare un buongiorno a chi porta colore alla nostra città ci sembrava un piccolo gesto da fare».

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    La Fiera di San Giuseppe a Cosenza

    Una rete del terzo settore

    La Fondazione Lilli si muove insieme ad altre esperienze del terzo settore. Per esempio Hasta cuanto podemos. un progetto nato prima della pandemia con la famosa asta delle maglie di calcio organizzata da Daniele e Federica Piraino. «Noi abbiamo sostenuto questa iniziativa a inizio anno con l’asta delle magliette. Fondi utilizzati poi per donare una piccola biblioteca all’ospedale civile dell’Annunziata». E «Collaboriamo con il Moci di Gianfranco Sangermano».
    In passato «abbiamo fatto cose anche con la Terra di Piero. Ci chiesero di ricordare Lilli. Infatti c’è un angolo del Parco Piero Romeo dedicato proprio a lei».

     

     

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    Questo articolo fa parte di un progetto socio-culturale finanziato dalla “Fondazione Attilio e Elena Giuliani ETS”. Cosenza sarà per tutto il 2023 Capitale italiana del volontariato. Attraverso I Calabresi la Fondazione intende promuovere e far conoscere una serie di realtà che hanno reso possibile questo importante riconoscimento.

  • Onco Med: diagnosi e carezze nel centro storico di Cosenza

    Onco Med: diagnosi e carezze nel centro storico di Cosenza

    Fare in fretta equivale a diagnosi precoce. Parole che ad Onco Med, l’ambulatorio oncologico gratuito nel centro storico di Cosenza, conoscono bene. Sono in tanti a rivolgersi all’associazione che ha sede a pochi metri dalla storica chiazza di pisci (piazza dei pesci).

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    Una ecografia eseguita nell’ambulatorio di Onco Med

    Onco Med: una carezza nel centro storico

    Francesca Caruso è la presidente di Onco Med, vicepresidente è l’oncologo, Antonio Caputo. Francesca ha avuto la forza di trasformare la sofferenza di chi come lei lotta contro il cancro in una carezza verso le persone bisognose di cure e attenzioni. Perché sono tanti, troppi, quelli che non possono accedere a una visita specialistica. Molti fino a poco tempo fa ne avevano la possibilità, oggi è terribilmente cambiato tutto. La pandemia, il caro bollette, l’inflazione, il precariato cronico e tutto il resto hanno innalzato l’asticella di chi ha difficoltà economiche. Quando invece certe malattie, più di altre, sono una lotta contro il tempo. E i tempi della sanità pubblica sono notoriamente troppo dilatati. L’alternativa è il privato con costi spesso proibitivi persino per chi ha redditi accettabili.

    La squadra

    Onco Med è un primo step. Fondamentale. Qui trenta specialisti visitano i pazienti 5 giorni a settimana. «Spesso dopo turni massacranti in ospedale vengono qui e prestano il loro servizio gratuitamente» – spiega Francesca Caruso. Completano la squadra sei volontari di studio. L’ambulatorio è dotato pure di un ecografo.

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    Una delle stanze dell’ambulatorio di Onco Med

    Come nasce Onco Med

    «Abbiamo liste di attesa di pochi giorni. Questa cosa è fondamentale per chi viene da noi» – aggiunge Francesca che spiega la genesi di Onco Med: «Dopo la mia esperienza personale di emigrazione sanitaria e poi il ritorno qui dove ho trovato medici bravissimi. A Roma ricordo un ragazzo che mi ha raccontato di aver venduto i mobili nuovi per le visite della moglie. Quando sarebbero bastate 80 euro per un consulto iniziale, aggiunse. Probabilmente la moglie sarebbe lì lo stesso, oppure no, chi può dirlo! Ma quella storia ha provocato in me un sussulto. Dovevo fare qualcosa. Da lì parlai con il mio oncologo a Cosenza. Partimmo col progetto. Dapprima eravamo in pochi, poi altri amici medici si sono aggregati alla squadra».

    Progetti in cantiere

    «Stiamo lavorando a una proposta di legge regionale per rendere le parrucche oncologiche gratuite o per abbattere un bel po’ i costi come in molte altre regioni d’Italia. Intanto chiediamo alle donne guarite di far rivivere le loro parrucche donandole a chi invece ne ha bisogno adesso». Francesca Caruso ci parla dei progetti in cantiere. Che non sono finiti: «Estetica oncologica è un servizio di skin care e make up che Onco Med vuole offrire ai pazienti. Abbiamo attivato prestigiose collaborazioni con grandi imprese nazionali e internazionali del settore. Persino dalla Corea del Sud, Paese leader nella cosmesi».

     

    Questo articolo fa parte di un progetto socio-culturale finanziato dalla “Fondazione Attilio e Elena Giuliani ETS”. Cosenza sarà per tutto il 2023 Capitale italiana del volontariato. Attraverso I Calabresi la Fondazione intende promuovere e far conoscere una serie di realtà che hanno reso possibile questo importante riconoscimento.

  • La Terra di Piero: curva, cuore e mamma Africa

    La Terra di Piero: curva, cuore e mamma Africa

    Dalla curva del San Vito-Marulla fino ai paesi più poveri dell’Africa. La storia della Terra di Piero comincia sugli spalti di un campo di calcio, dentro una moltitudine di persone che si sentono comunità. Ragazzi uniti non solo dalla fede per la squadra della propria città, ma probabilmente legati anche da un insopprimibile insofferenza verso le ingiustizie. E se hai questo fuoco dentro, allora il tuo posto è accanto agli ultimi.

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    Piero Romeo in Africa

    Il loro leader era Piero Romeo e oggi Sergio Crocco spiega che senza quel ragazzo generoso e sfortunato, la Terra di Piero non ci sarebbe. Non ci sarebbero i pozzi realizzati in centro Africa, le scuole per i bambini e le bambine della Tanzania o del Madagascar, né il parchi solidali costruiti a Cosenza, e nemmeno il sostegno alle vecchie e nuove povertà di casa nostra.
    La Terra di Piero oggi rappresenta una delle realtà più vivaci nella galassia del Terzo settore, intervenendo capillarmente sui numerosi aspetti attraverso cui si disvela il disagio, la fatica del vivere, la sofferenza sociale, dai progetti in Africa, fino alla distribuzione di pasti alle famiglie in difficoltà nel corso del lockdown (ma anche successivamente).

    Il viaggio in Africa con Padre Fedele

    «L’Associazione nasce pochi giorni dopo la morte di Piero – racconta Crocco – all’inizio in modo spontaneo, quasi naturale, per dare corso e continuità agli ideali e ai progetti che avevano animato la sua vita: la mensa dei poveri e l’aiuto alle popolazioni della Repubblica Centrafricana». Forse è proprio quel viaggio nel buco nero della miseria africana, fatto da Piero Romeo assieme a Sergio Crocco, Paride Leporace e Padre Fedele ad essere una sorta di seme. L’associazione si struttura, si spoglia piano dello spontaneismo iniziale, diventa organizzazione che attrae volontari, chiama donne e uomini generosi, individua i campi di intervento e mobilita risorse e intelligenze per costruire solidarietà.

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    Sergio Crocco in Africa nella mensa con i bambini

    I primi passi della Terra di Piero

    I primi passi furono rappresentati dalla realizzazione di pozzi nella Repubblica Centrafricana. Il progetto prendeva il nome di “Pozzo farcela”, coniugando l’ironia e la leggerezza con l’impegno solidale. Ma quello fu solo l’inizio.
    Il “mal d’Africa” aveva contagiato quelli della Terra di Piero e i volontari tornarono per costruire scuole, dormitori, mense in Madagascar, Namibia, Senegal e Tanzania. Si tratta di progetti ed interventi che hanno visto i volontari impegnati nel bonificare lebbrosari, edificare luoghi per imparare e giocare, superando le barriere architettoniche. Infatti da un certo momento in poi la Terra di Piero si concentra sulla tematica della disabilità. E lo fa a suo modo: rimboccandosi le maniche e costruendo luoghi praticabili da tutti i bambini, anche quelli meno fortunati.

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    Il Parco Piero Romeo nel centro di Cosenza

    Nasce il Parco Piero Romeo, nel cuore della città, il primo luogo di gioco interamente fruibile da tutti. Oggi quel parco, soprattutto nel corso della bella stagione, è animato dall’allegria giocosa dei bambini. Ma Crocco sul terreno dell’impegno a favore dei disabili, ci tiene a sottolineare un progetto passato forse sotto silenzio, quello della realizzazione presso dieci lidi balneari, sei sul Tirreno e quattro sullo Ionio, di pedane e carrozzine che consentono ai disabili di raggiungere il mare. A tale scopo si è anche provveduto a formare i bagnini.

    Non solo Parco dei nonni

    E proprio di fronte al Parco Piero Romeo, presto potrebbe sorgere il Parco dei Nonni, attorno alla struttura, proprietà del Comune, che in passato ospitava un bar e che adesso diventerà una trattoria inclusiva, dove lavoreranno come cuochi anche ragazzi down.
    La Terra di Piero è una fabbrica di idee, dalla quale escono produzioni teatrali, progetti, impegno concreto. Come la “spasera di coperte” che Maria, calabrese d’adozione e volontaria, sta preparando assieme a molte altre persone. Si tratta di realizzare coperte fatte a mano, da vendere per farle «diventare mattoni per costruire scuole in Tanzania e provare a salvare le bambine dall’infibulazione grazie allo studio».

    Una scuola in Tanzania che nasce grazie all’impegno della Terra di Piero

    Maria ha conosciuto la Terra di Piero per vicende personali ed è rimasta sedotta dal coraggio e dalla generosità di quel mondo fino a scegliere di restare e impegnarsi anche lei. «Sergio mi ha affidato la cura del progetto contro l’infibulazione ed è nata l’idea di realizzare così tante coperte da riempire piazza Fera. Abbiamo coinvolto in questo progetto diverse altre realtà solidali e quando saremo pronti esporremo i nostri prodotti che diventeranno banchi e scuole per le bambine africane, perché il sapere può cambiare le cose». Ci sarà presto una “spasera di coperte”, annuncia Maria, che non è calabrese ma il dialetto l’ha imparato bene. E che ha imparato pure che la solidarietà può avere le sembianze di una coperta.

     

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    Questo articolo fa parte di un progetto socio-culturale finanziato dalla “Fondazione Attilio e Elena Giuliani ETS”. Cosenza sarà per tutto il 2023 Capitale italiana del volontariato. Attraverso I Calabresi la Fondazione intende promuovere e far conoscere una serie di realtà che hanno reso possibile questo importante riconoscimento.

  • Volontari in azione: il 2023 ruggente del Csv di Cosenza

    Volontari in azione: il 2023 ruggente del Csv di Cosenza

    Cosenza capitale nazionale della solidarietà per il 2023? «Una scommessa un po’ folle», dice Gianni Romeo, figura storica del terzo settore in Calabria e non solo e, da sette anni, presidente del Centro servizi per il volontariato (Csv) della provincia di Cosenza.
    I numeri sono lusinghieri e a favore dell’iniziativa: 160 associazioni per circa 1.200 volontari sono una base sociale di tutto rispetto. E garantiscono alla città di non sfigurare rispetto agli altri due capoluoghi che l’hanno preceduta nel ruolo: Padova e Bergamo.
    Un risultato così non si improvvisa. Anzi, è il frutto di una lunga storia.

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    Un primo piano di Gianni Romeo

    I Csv: cosa sono

    Iniziamo dal Csv. Esiste dai primi anni ’90 e, come i suoi omologhi nel resto d’Italia, anche quello di Cosenza si rapporta a una “casa madre”: Csv Net.
    Prima della riforma del 2017 esisteva un Centro in ogni provincia, ora ne è previsto uno ogni milione di abitanti.
    Con due eccezioni vistose: Reggio Calabria e Cosenza, che a rigore non coprono il dato numerico.
    E tuttavia, spiega Romeo, «la particolarità del territorio cosentino e la forte presenza di volontari giustificano l’eccezione e il riconoscimento».

    I Csv: come funzionano

    Il Centro servizi per il volontariato è un Ente di terzo settore, che fornisce servizi alle associazioni e promuove la cultura del volontariato.
    Questi servizi sono di varia natura: «Aiutiamo le associazioni a fare convegni o le dotiamo delle attrezzature di cui hanno bisogno», spiega ancora Romeo a titolo d’esempio.
    Quello di Cosenza è piuttosto strutturato: «Abbiamo quattro sportelli: per la precisione, a Fuscaldo, Corigliano, Castrovillari e San Marco Argentano e disponiamo di undici dipendenti part time che, assieme a una coordinatrice, costituiscono la parte tecnica».

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    Gianni Romeo e i suoi volontari

    Servizio civile e lavoro: i nuovi gol del Csv

    Servizio civile e inserimento nel mondo del lavoro. Sono gli ultimi step del Csv di Cosenza.
    Ecco come li racconta Romeo: «Il servizio civile è un settore che conosco molto bene, perché a suo tempo fui obiettore di coscienza. Col Centro di Cosenza abbiamo deciso di inserirci in questo discorso, tra l’altro già praticato da molte associazioni importanti».
    Quest’inserimento è propiziato dalla trasformazione del vecchio Servizio civile in Servizio civile universale. Infatti, prosegue il presidente, «stiamo operando una selezione tra 500 domande di servizio civile».
    Per la formazione lavorativa, «abbiamo avviato un dialogo con la Camera di commercio di Cosenza e siamo in contatto con aziende interessate alla nostra proposta: formare, attraverso il volontariato, dei giovani, immigrati ma anche italiani in difficoltà (penso ai ragazzi delle case famiglia) che possano inserirsi nel circuito produttivo». Una partnership che potrebbe dimostrare «come il terzo settore, tradizionalmente no profit, sia in grado di interagire con l’economia reale senza usurparne le funzioni».

    Due parole su Gianni Romeo

    I Csv non si improvvisano. Ma neppure Gianni Romeo ci si improvvisa, e non è un modo di dire.
    Reggino di origine, classe ’60 e cattolico di formazione, Romeo ha trascorso la quasi totalità della propria vita professionale nel terzo settore, a partire da quando non si chiamava ancora così. «Iniziai nel 1979, quando ancora ero studente all’Unical, come volontario in una storica casa-famiglia: La Terra, che si occupava di minori. Ne divenni presidente e, grazie all’impegno dei volontari, siamo riusciti a dare servizi anche ai migranti e a creare un centro polifunzionale».
    Poi il passaggio successivo, sicuramente più importante, almeno dal punto di vista quantitativo.

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    La premiazione del volontario dell’anno

    Il Banco alimentare

    «Nel 1996 fui tra i promotori del Banco alimentare della Calabria, con cui aiutiamo circa quarantamila persone». Come a dire: il lavoro è tanto, il malessere pure.
    Il Banco alimentare, di cui Romeo è diventato direttore generale, si interfaccia sia coi privati, da cui raccoglie le eccedenze, sia con le associazioni e gli enti no profit accreditati. «Che sono oltre seicento di vario tipo: si va dalle Caritas diocesane alle case famiglia e per ragazze madri per finire con le sezioni locali della Croce Rossa».
    L’impegno di Romeo è tanto e i problemi non mancano.

    Volontari e istituzioni: un dialogo difficile

    I volontari del Banco Alimentare

    A partire dal dialogo, tutt’altro che facile, con le istituzioni. «A livello regionale, purtroppo, non c’è nulla di organico», lamenta Romeo. Che incalza: «Il Csv e le associazioni sono interpellati solo per attività di “supplenza”, cioè per cose che il personale, amministrativo e non solo, che gravita attorno alla Regione, non riesce a fare».
    Con la Provincia, «che è fortemente ridimensionata, anche a livello finanziario», il rapporto è minimo, mentre col Comune di Cosenza «per via della situazione finanziaria tragica» si è prossimi all’assenza.

    L’impegno e la speranza

    «C’è molto bisogno di volontariato, soprattutto in gravi momenti di crisi come l’attuale. E purtroppo non è una frase fatta», chiosa Romeo.
    La ricetta è una: «Strutturarsi a rete col minimo di gerarchia funzionale che serve».
    È opportuno chiarire anche questo concetto: «Per gerarchia non intendo rapporti di “potere” ma responsabilità operativa. Significa soprattutto coordinare e, ripeto, dare servizi».
    Ma ciò non esclude altre forme di organizzazione: «Di recente abbiamo promosso un meeting tra i Csv del Sud, per elaborare progetti comuni su aree più vaste di quelle di stretta competenza dei singoli centri».
    Morale della favola: «Soli non si va da nessuna parte. E, a proposito del volontariato e delle sue difficoltà quotidiane, mi si creda: neanche questa è una frase fatta»

  • Misericordie: la Calabria pronta a ogni emergenza

    Misericordie: la Calabria pronta a ogni emergenza

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    «Le Misericordie sono le associazioni di volontariato più antiche nel mondo  e sono ottocento in Italia, di cui 25 in Calabria». A raccontarlo è Valentino Pace, che è responsabile area emergenza delle Misericordie della Calabria e vice presidente della Misericordia di Trebisacce. Non solo: è anche a capo della Consulta regionale delle associazioni di volontariato.
    Il suo dunque è uno sguardo duplice, in grado di raccontare il volontariato partendo dall’esperienza quotidiana di una delle associazioni, ma anche fare il punto sull’organizzazione e sulla capacità di risposta che è caratterizzano il volontariato impegnato nel soccorso. 

    Misericordie, dalle fragilità sociali alla Protezione civile

    «Noi proveniamo dal mondo cattolico» dice subito Pace, rivendicando una appartenenza e una radice culturale che stanno alla base del loro impegno «e che fornisce a ogni volontario motivazione e forza». I campi d’intervento delle Misericordie sono diversi e attraversano trasversalmente tutte le fragilità sociali, fino all’impegno nella Protezione civile.

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    Volontari della Misericordia di Trebisacce caricano un paziente su un’ambulanza

    «La giornata del volontario è scandita dai compiti cui l’associazione è chiamata, per esempio il trasporto dei dializzati o dei disabili. Operiamo in convenzione con il 118 e con le Asp e mettiamo a disposizione del territorio ambulanze operative 24 ore con personale addestrato al soccorso in emergenza».
    Oltre a ciò, le Misericordie si occupano del Banco alimentare e farmaceutico. E in Calabria ci sono tre Empori solidali (Trebisacce, Reggio Calabria e Papanice), dove le famiglie economicamente vulnerabili possono trovare un efficace presidio contro la condizione di povertà.

    Un volontario è per sempre

    Le risorse umane delle Misericordie sono composte da volontari, ma la lunga storia di queste associazioni ha premesso di precorrere i tempi. In passato accoglievano gli obiettori di coscienza contrari alla leva obbligatoria, adesso l’associazione è aperta ai giovano che vogliono svolgere il Servizio civile.

    Qualcuno dopo aver concluso il suo anno di servizio resta come volontario. È il caso di Rachele, che svolge il suo compito sulle ambulanze e che conosce tutti i pazienti che periodicamente porta a fare la dialisi. «Familiarizzo con loro, cerco di rendere meno gravosa l’incombenza, ma mi è successo una volta di non aver riconosciuto un ragazzo con cui avevo condiviso gli anni del liceo. La malattia lo aveva reso irriconoscibile e quando la mamma mi ha spiegato chi fosse, sia pure con fatica abbiamo rievocato gli anni della scuola. In un certo modo l’averlo portato indietro nel tempo ha alleviato la sua sofferenza». Oggi Rachele ha trovato un lavoro che richiede la sua presenza dalle nove del mattino, «ma continuo il mio servizio sulle ambulanze, dalle sei e mezza, per il primo turno giornaliero del trasporto dializzati».misericordia-cosenza

    Fatti, non parole

    La capacità organizzativa di cui sono in possesso le Misericordie è anche a disposizione della Regione per far fronte con uomini e mezzi ad eventuali emergenze che riguardassero l’ambito della Protezione civile. Proprio in questo contesto, di recente, l’associazione ha partecipato a una vasta esercitazione nell’area dello Stretto, simulando un intervento dopo un sisma, finalizzato al recupero e al trasporto in sicurezza di persone con disabilità.

    Ma Pace è anche alla guida della consulta che raccoglie e rappresenta tutte le associazioni che sono riconosciute dalla Protezione civile della Calabria. Essa ha il compito di interagire con le istituzioni regionali deputate agli interventi in emergenza e a tenere aggiornata la mappa delle risorse disponibili e operativamente dispiegabili in caso di necessità sul territorio calabrese.
    La Consulta è organo non solo di rappresentanza, ma significativamente operativo. Ha, infatti, il compito di offrire in tempi rapidissimi una efficace risposta a una qualunque emergenza dovesse verificarsi.

     

     

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    Questo articolo fa parte di un progetto socio-culturale finanziato dalla “Fondazione Attilio e Elena Giuliani ETS”. Cosenza sarà per tutto il 2023 Capitale italiana del volontariato. Attraverso I Calabresi la Fondazione intende promuovere e far conoscere una serie di realtà che hanno reso possibile questo importante riconoscimento.

  • Arca di Noè: una terra amica dei disabili

    Arca di Noè: una terra amica dei disabili

    «Sono qui praticamente da sempre, ma da tre anni presto servizio tutti i giorni», spiega Sonia, ex capo scout. E prosegue: «Io non faccio servizio solo per dare, ma ricevo tantissimo a livello umano».
    Sonia parla di una realtà seminascosta, di cui le istituzioni si accorgono ancora poco (e non sempre bene): l’Arca di Noè.

    Natura e solidarietà ai disabili in Calabria

    L’Arca di Noè si è sviluppata attorno al vecchio giardino botanico dell’Aias, alle spalle dell’ex Pastificio Lecce di Vadue di Carolei, una reliquia semidemolita delle vecchie promesse di sviluppo industriale.
    Le due serre originarie si sono arricchite di un capannone, dove trenta persone in media al giorno socializzano e pranzano. Soprattutto, si riabilitano, attraverso il contatto con la natura e i lavori manuali.

    L’interno di una serra dell’Arca

    Sono disabili, i più. Ma non mancano soggetti con problemi più lievi, come i disturbi dell’attenzione. Qualcun altro, infine, si riabilita a livello legale: l’Arca accoglie anche persone che scontano le pene alternative.

    La storia dell’Arca dei disabili

    Aria un po’ hippie e modi molto semplici e diretti, Alessandro Scazziota è il Noè della situazione.
    «La nostra piccola realtà esiste da circa trent’anni», racconta Alessandro, figura storica del volontariato cosentino.
    «Abbiamo iniziato negli anni ’90 in una vecchia dimora del centro storico di Cosenza: eravamo solo quattro obiettori di coscienza». L’attività di accoglienza e integrazione promossa da Scazziota e dai suoi compagni di ventura ha avuto successo.
    Da qui la decisione di spostarsi a Vadue, sia per motivi di spazio sia per darsi davvero all’agricoltura.

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    Una messa all’ingresso dell’Arca

    L’Arca di oggi

    Franca, come Sonia, proviene dal volontariato cattolico: «Presto servizio qui da dieci anni. Vi sono entrata in un momento di forte smarrimento e l’Arca mi ha abbracciato senza travolgermi».
    L’Arca di Noè è una fattoria sociale e didattica. A livello legale è una cooperativa “a” e “b”, ovvero rivolta sia a soggetti svantaggiati sia a disabili.
    Gli operatori sono dieci, tra loro Antonio, che da settembre vi svolge per sua scelta il servizio civile.
    E c’è Leonard, un assistente sociale keniota, che presta la sua attività professionale su incarico del Moci, il Movimento della cooperazione internazionale.

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    L’interno di una serra dell’Arca

    I mezzi dell’Arca

    «Facciamo tutto da soli», prosegue Scazziota con un pizzico d’orgoglio.
    Detto altrimenti, l’Arca si autofinanzia attraverso le donazioni delle famiglie degli ospiti e, soprattutto. attraverso la propria produzione: gli ortaggi e le verdure che provengono dalle serre.
    Chi passa da Vadue ogni tanto nota i banchetti dove gli ospiti e gli operatori fanno i fruttivendoli. «Ma distribuiamo anche porta a porta», continua Alessandro.
    Come se non bastasse, l’Arca ha anche alcune pecore e degli asinelli per consentire un po’ di pet therapy.
    Il tutto, cosa assai importante, senza contributi pubblici. Segno che la solidarietà orizzontale e dal basso funziona anche da noi, dove generalmente si fa poco senza il gettone della Sanità o dell’ente locale.

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    Scazziota tra agli ospiti dell’Arca

    Gli affezionati, operatori e disabili

    C’è chi, grazie all’Arca, ha cambiato vita. È il caso di Gabriella che, prima di scommettere sull’avventura di Scazziota, era assicuratrice e opera in questa realtà piccola e solida dal ’97.
    Oppure di Giovanni, che dal 2001 gestisce la parte amministrativa. O di Katia, ex docente. Anche alcuni ospiti sono storici: come Francesco, che frequenta la struttura da 15 anni, o Giuseppe, che da 5 partecipa al laboratorio di ceramica. O come Giacomo, legato da sempre all’Arca («Sono un fondatore», dice con un sorriso).

    Gli ospiti e gli operatori dell’Arca

    Le serre

    Chi conosce la storia di Vadue, ricorderà senz’altro le vecchie serre, finite quasi in abbandono negli anni ’90.
    Alessandro e i suoi le hanno ripulite e ammodernate, con l’aiuto di alcune macchine agricole. E con qualche innovazione: ad esempio, le strutture pensili che consentono di coltivare ortaggi su più livelli.
    Fuori, poco dopo il vialetto sterrato a fianco dell’ex Pastificio, ci sono giostre e scivoli per bambini. Un segno di come le attività solidali possono contribuire a riqualificare il territorio.
    Nessuno dei volontari, a quel che risulta, ha bussato alle istituzioni, se non per un riconoscimento. Ma nulla vieta alle istituzioni di valorizzare come si deve l’Arca di Noè, una realtà piccola, solida e indipendente. E sì, anche bella.

     

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    Questo articolo fa parte di un progetto socio-culturale finanziato dalla “Fondazione Attilio e Elena Giuliani ETS”. Cosenza sarà per tutto il 2023 Capitale italiana del volontariato. Attraverso I Calabresi la Fondazione intende promuovere e far conoscere una serie di realtà che hanno reso possibile questo importante riconoscimento.

  • Dottor Auser, l’ambulatorio dei migranti

    Dottor Auser, l’ambulatorio dei migranti

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    La sala d’attesa dell’ambulatorio medico Senza confini dell’Auser inizia ad essere affollata intorno alle 15:30. Qualcuno prega, leggendo, forse recitando a voce meno che bassa le sunne del Corano in attesa del suo turno. Una signora africana con un copricapo multicolore non gradisce l’obiettivo della macchina fotografica e si allontana sorridendo. Intanto arrivano una nonna, la sua nipotina con una forte tosse e la mamma che indica al medico un dente. La tormenta da giorni. Storie dei tanti lunedì, mercoledì e venerdì pomeriggio all’Auser di Cosenza.

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    Dentisti volontari nell’ambulatorio dell’Auser a Cosenza (foto Alfonso Bombini 2023)

    Noi non denunciamo, noi curiamo i migranti in Calabria

    «C’è una fascia ampia di migranti in Calabria, come del resto in tutta Italia, esclusa dal diritto di iscrizione al Servizio sanitario nazionale», spiega il presidente dell’Auser territoriale di Cosenza, Luigi Campisani. Qui trovano assistenza di base e specialistica molti degli invisibili presenti nell’area urbana. La Legge Bossi-Fini era entrata in vigore già da alcuni anni quando l’ambulatorio ha iniziato le sue attività nel 2010. «L’invito era quello di denunciare i cosiddetti clandestini – ricorda Campisani -, la missione è stata sempre quella di prendercene cura. Vuole sapere il nostro motto di allora? Eccolo: noi non denunciamo, noi curiamo».

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    Luigi Campisani, presidente dell’Auser Cosenza (foto Alfonso Bombini 2023)

    Dal Gambia all’Ucraina

    Ogni anno circa 2000 persone hanno accesso a cure completamente gratuite. Prima erano soprattutto africani, da Gambia e Mali in maggioranza. Oggi la geografia dei conflitti si ferma in queste stanze della solidarietà: curdi, afghani, siriani, iracheni e pure ucraini. Completano l’atlante filippini (vive una nutrita comunità in città), bengalesi, romeni e albanesi. Gli italiani sono in aumento. Le crisi ripetute non risparmiano nessuno. Sofferenza e povertà non hanno passaporto.

    L’Auser, finanziato con il cinque per mille, è una diretta emanazione della Cgil e dello Spi Cigl. «Mamma e papà li chiamiamo noi», precisa Campisani. Garantiscono 12mila euro all’anno. Pochi rispetto alle attività svolte. E non sono destinati solo all’ambulatorio, il primo a vedere la luce in Italia. Sono utilizzati, anche se in piccolissima parte, per il centro Auser di Rende (sede della università della terza età) e per gli altri disseminati nella provincia di Cosenza.

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    Valerio e Raffaella Formisani, fratelli e medici dell’Ambulatorio senza confini dell’Auser (foto Alfonso Bombini 2023)

    I medici dell’ambulatorio

    La procedura è sempre la stessa, cambia poco o niente negli altri ambulatori di migranti in Calabria e altrove. Si va dal medico generico dell’Auser. Valuta se sono necessarie visite specialistiche e si procede. Il dottore in questione è Valerio Formisani, volto noto della sinistra in città; da anni presta il suo lavoro e le sue competenze al servizio di chi ha bisogno. Mercoledì pomeriggio è impegnato a medicare un bengalese. Subito dopo esce, saluta, sorride e scambia due parole con il dentista in servizio nella stanza accanto. È Raffaella Formisani, sua sorella.

    I dottor Auser dell’ambulatorio sono odontoiatri, un cardiologo, un ginecologo, un oculista, un internista e due ecografisti. Una ragazza rumena e un’altra afghana danno una mano. Completano la squadra uno psicologo e due assistenti sociali.

    Il mediatore culturale viene dal Mali. Si chiama Ibrahim Conté, da 12 anni è in Italia. Lavora alla San Pancrazio, altra realtà solidale del tessuto urbano. Michele Bochicchio, segretario dell’ambulatorio, accoglie i pazienti. Ha dato pure il suo numero personale ai migranti che lo contattano per prenotare le visite.

    I soldi fermi in Regione

    Come tante altre associazioni del terzo settore, anche l’ambulatorio – il direttore sanitario è Valerio Formisani – si è fermato con le restrizioni imposte dalla pandemia. Dal 2022 ha ripreso a funzionare. I locali di via Cesare Gabriele sono piccoli. Ecco perché il Comune di Cosenza ha concesso all’Auser l’utilizzo del vecchio centro anziani di via Milelli. Un locale molto grande, circa 400 metri quadrati. Dove Campisani intende aprire pure uno sportello di ascolto. L’involucro c’è. Manca la fruibilità. E servono tanti soldi per trasformarlo in ambulatorio. Denaro che pure ci sarebbe. In teoria. «Il ministero del Lavoro e delle Politiche sociali ha finanziato – sostiene Campisani – un progetto per 500mila euro nel 2019. I soldi sono stati trasferiti alla Regione Calabria. Dove sono ancora fermi, in attesa di essere erogati».

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    Migranti all’ingresso del centro Auser di Cosenza (foto Alfonso Bombini)

    Un presidente per il Mali

    Un progetto di cui vanno molto fieri all’Auser di Cosenza è “Vengo anch’io” per la mobilità assistita. Un’altra tassello aggiunto grazie a un Fiat Doblò donato all’associazione dalla Fondazione Terzo Pilastro di Roma e dalla Pmg Italia Spa di Bologna. Un mezzo attrezzato che consente anche il trasporto delle persone disabili. L’autoveicolo è stato utilizzato anche per la raccolta e la consegna di coperte e vestiario in collaborazione con il Comune di Belsito.
    All’Auser di Cosenza si respira un senso di comunità. Con servizi che non si limitano alle, pur essenziali, prestazioni mediche. Il progetto “Adozione in vicinanza” consente, grazie alle donazioni mensili di alcuni soci, di studiare a una serie di ragazzi stranieri di diverse età. Un giovane del Mali si è diplomato e laureato a Cosenza. Si è specializzato a Parigi in Economia politica. Adesso sogna di tornare nel Paese della mitica Timbuctu per diventare presidente.

     

    Questo articolo fa parte di un progetto socio-culturale finanziato dalla “Fondazione Attilio e Elena Giuliani ETS”. Cosenza sarà per tutto il 2023 Capitale italiana del volontariato. Attraverso I Calabresi la Fondazione intende promuovere e far conoscere una serie di realtà che hanno reso possibile questo importante riconoscimento.

  • San Francesco d’Assisi: la macchina del bene a Cosenza

    San Francesco d’Assisi: la macchina del bene a Cosenza

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    Una fredda domenica di gennaio non scoraggia Rosellina. Dalle 7:30 è già ai fornelli della mensa dei poveri della parrocchia di San Francesco d’Assisi a Cosenza. Da 35 anni trovano qui un piatto caldo, un sorriso ad accoglierli, una coperta o un indumento della taglia giusta. Con l’arrivo del Covid 19 le regole sono un po’ cambiate: i pasti non possono essere consumati all’interno. Ma solo consegnati al di fuori della struttura.

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    Pino Cristiano e sua moglie Rosellina, colonne portanti della mensa dei poveri nella chiesa di San Francesco d’Assisi a Cosenza (foto Alfonso Bombini 2023)

    Rosellina e Pino

    Pino Cristiano è il marito di Rosellina. Immancabili baffi e un’abilità perfezionata nel tempo: accogliere e fare del bene ai tanti che hanno bisogno. Un particolare racconta perfettamente il suo attaccamento alla causa. Nel 2020 ha subìto una delicata operazione al cuore. Con un grosso cerotto sul petto, a due mesi dall’intervento chirurgico, è tornato in cucina.

    Catechista e responsabile della mensa, senza di lui tutto si era interrotto. Sorretto da una grande fede il 67enne ha deciso di andare avanti, nonostante il coronavirus potesse essere estremamente pericoloso, soprattutto nelle sue condizioni di allora. Non poteva mancare. Altrimenti tanti, troppi, non avrebbero avuto un pranzo o una cena completa almeno nel giorno del Signore. Pino e Rosellina sono due simboli di Cosenza capitale italiana del volontariato del 2023.

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    Elisa, Francesco e Damiano volontari nelle cucine della chiesa di San Francesco d’Assisi a Cosenza (foto Alfonso Bombini)

    Non solo a Natale si fa del bene

    «Pochi ci danno una mano in cucina, siamo sempre gli stessi». Pino ne parla come un dato di fatto, senza lamentarsi, come si addice a chi si rimbocca le maniche e agisce. Comunque lui c’è. Sempre. Le uniche parrocchie a fare un turno al mese sono quella di Loreto e quella di Laurignano.

    Domenica a preparare le porzioni per i bisognosi sono arrivati di buon mattino tre ragazzi: Elisa da Spezzano Albanese, Francesco e Damiano abitano a Terranova da Sibari. Erano già stati in questa mensa dei poveri di Cosenza il 24 dicembre. Hanno deciso di tornare. Non sono tanti quelli che lo fanno lontano dal Natale o dalla Pasqua. Durante le feste religiose si sente il bisogno di donare tempo agli altri. Purtroppo l’indigenza e la fame non hanno un calendario prestabilito. Le trovi puntualmente a due passi da te. O nelle case diroccate della parte vecchia della città. Dove lingue, suoni e odori si mescolano in questo grande suk della sopravvivenza.

    Il francescano 

    Don Francesco Caloiero dal 1983 è parroco nella chiesa di San Francesco d’Assisi, tre anni fa ha superato il 50esimo di sacerdozio. Frate minimo e cappellano militare, ha partecipato a cinque missioni: Bosnia, Albania, Macedonia, Kosovo, Iraq. Non ha mai dimenticato le «colline piene di lapidi a Sarajevo». Era il 1996 e la guerra era finita da poco.

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    Don Francesco Caloiero, parroco della chiesa di San Francesco d’Assisi a Cosenza (foto Alfonso Bombini 2023)

    Prima di celebrare messa a I Calabresi affida una critica perentoria e senza appello: «Ci troviamo in un quartiere senza legalità e le istituzioni sono completamente assenti». Parole sostenute dal tempo passato nel tessuto sociale più problematico della comunità. Non solo mensa dei poveri nella sua parrocchia. «Martedì e giovedì – spiega – sono due giorni di consegna dei pacchi alimentari. Grazie alle donazioni private, gli aiuti del Rotary e del Banco alimentare. Purtroppo capita sempre più spesso di finire le scorte e non poter dare un sostegno a tutti».

    I poveri aumentano con il lockdown

    La situazione è peggiorata con il lockdown imposto per via della pandemia. Pino Cristiano ricorda perfettamente il baratro di tante famiglie italiane e straniere: «Consegnavamo 500 pacchi alimentari due volte a settimana. Alcuni li portavo io stesso a casa di persone che non avevano mai chiesto aiuto; gente che ha sempre lavorato. Piccoli impieghi precari e a nero, ma riuscivano a far quadrare in qualche modo i conti. Il Covid ha cambiato tutto in peggio».

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    Mario Parise allestisce da sempre il presepe della chiesa di San Francesco a Cosenza (foto Alfonso Bombini)

    Zio Mario

    Mario Parise è un’altra presenza quotidiana nelle attività della parrocchia. Tutti lo chiamano zio Mario. Noto in città per il suggestivo presepe che allestisce ogni anno. Si occupa della distribuzione dei pacchi alimentari. Ha stabilito un rapporto diretto con i meno abbienti, ha modi pacati e una grande sensibilità quando qualcuno bussa alla porta della solidarietà: «So che c’è imbarazzo e per questo sono io a chiedere di cosa hanno bisogno». Prima del 2020 «tanti venivano pure per fare una doccia e la barba, ne hanno tanto bisogno coloro che vivono in strada». Disposizioni, evidentemente applicate ai luoghi religiosi, impediscono di ripristinare questo servizio. Ma tra mille difficoltà la macchina del bene non si ferma mai a San Francesco d’Assisi.

     

    Questo articolo fa parte di un progetto socio-culturale finanziato dalla “Fondazione Attilio e Elena Giuliani ETS”. Cosenza sarà per tutto il 2023 Capitale italiana del volontariato. Attraverso I Calabresi la Fondazione intende promuovere e far conoscere una serie di realtà che hanno reso possibile questo importante riconoscimento.