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  • Telesio: le idee, l’Inquisizione e la sua Cosenza

    Telesio: le idee, l’Inquisizione e la sua Cosenza

    «Credevo che in Cosenza non ci fossero occhi tanto acuti, che quelli miei errori quali non sono stati visti in Roma, né per il resto d’Italia, fosser visti in Cosenza». È un Telesio amaramente sarcastico quello che emerge dalla lettera scritta, nella primavera del 1570, al cardinale Flavio Orsini, arcivescovo di Cosenza. Proprio nella sua città natale «occhi tanto acuti» avevano visto nella prima edizione del De rerum natura, pubblicata a Roma cinque anni prima, «altre propositioni contra la religione».

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    La statua di Bernardino Telesio a Cosenza

    Telesio, Cosenza e l’Inquisizione

    Le accuse erano pesantissime: a Cosenza si diceva che Telesio difendeva la tesi della mortalità dell’anima e negava che i cieli fossero mossi dalle intelligenze. Lui controbatteva facendo i nomi di coloro i quali avevano sottoposto a revisione il testo del 1565 – che è il suo vero capolavoro – e soffermandosi, in particolare e non per caso, sul domenicano Eustachio Locatelli, severo inquisitore di Bologna, dal 1560 procuratore generale del suo ordine e maestro di teologia, poi confessore di papa Pio V, che lo aveva nominato vescovo di Reggio Emilia nel 1569.

    Ricordava al cardinale Orsini che sia Gaspar Hernández, rettore del Collegio dei gesuiti napoletani, sia Alfonso Salmerón, preposto generale della provincia gesuitica napoletana, avevano dato il loro assenso anche sulle «altre cose»: in particolare, sul numero dei primi corpi del mondo e sulla «materia, et natura del Cielo». I due gesuiti gli avevano assicurato che la tesi secondo cui, «come vole Aristotele», i cieli sono mossi dalle intelligenze «nella scrittura non si trova», e Hernández la giudicava addirittura «assurda, et ridicula». Insomma, nessuno mai – dichiarava enfaticamente Telesio – «seppe vederci cosa contro la religione».

    La difesa di Tommaso Campanella

    Ora però, e proprio a Cosenza, molte «cose» incompatibili con l’ortodossia cattolica venivano viste e denunciate attraverso precise accuse, che – tanto per essere chiari – erano tutto meno che infondate. Era infatti vero che Telesio non voleva sentire parlare di intelligenze o di anime motrici o di motori separati e immobili, e che la tesi platonico-ermetica dell’animazione dei corpi celesti gli sembrava insensata. Ma la vera questione delicata riguardava la concezione dell’anima umana. Tommaso Campanella era sempre stato profondamente legato al «gran Cosentin», e, quando, giovanissimo, si era ritrovato confinato nel piccolo convento di Altomonte, nel giro di pochi mesi aveva scritto un tomo di cinquecento pagine contro gli attacchi sferrati a Telesio da un giurista napoletano.

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    Una vecchia edizione del “De Rerum Natura Iuxta propria principia”

    Un percorso difficile e pericoloso

    Campanella aveva capito fin troppo bene la tesi telesiana della materialità dell’anima umana, e ad esempio nell’Ateismo trionfato aveva lasciato intendere di aver compreso che per Telesio l’anima umana era soltanto una sostanza «calda e sottile». Del resto – e Campanella se ne era sicuramente accorto – i riferimenti di Telesio a un’anima immateriale infusa da Dio, sempre più insistenti col passaggio da un’edizione all’altra del De rerum natura, rimanevano estranei tanto all’ambito conoscitivo quanto all’ambito etico. Come non accorgersi poi che la solenne dichiarazione di sottomissione alla Chiesa cattolica e di esplicita negazione della libertà di pensiero, con la quale si apriva la terza e ultima edizione (1586), era soltanto il frutto di un compromesso accettato obtorto collo? Un compromesso che giungeva alla fine di un percorso che era sempre stato difficile e pericoloso.

    Telesio nell’Indice dei libri proibiti

    Nella lettera a Orsini – che conosciamo da poco tempo – Telesio aveva già manifestato la sua volontà di sottomissione e la sua eventuale disponibilità ad abiurare. Se ho sbagliato – scriveva – sono pronto a correggere i miei errori perché «la mente mia, è per gratia di N. S.re Dio, et sarà sempre sogettissima, et inchinatissima alla vera, et cattolica religione». Sono pronto – aggiungeva Telesio – «ad abbruggiar tutte le mie opre, quando mi fusse mostro, che non siano piene di pietà christiana». Si sottometteva e auspicava che un’eventuale revisione fosse affidata «a persona discreta, et non troppo additta alla dottrina d’Aristotile». Ma tutte queste cautele alla fine non salvarono – né potevano – le sue opere dalla condanna ecclesiastica e dall’inclusione nell’Indice dei libri proibiti del 1593 e poi del 1596, seppure con la clausola attenuante «donec expurgentur».

    Una missione impossibile

    I tentativi di rimettere in circolazione i testi telesiani, dopo un’opportuna espurgazione, fallirono miseramente. Nel 1601 ci provò la città di Cosenza, con in testa Orazio Telesio, nipote del filosofo.

    Ci si rivolse al cardinale Agostino Valier affinché la Congregazione dell’Indice istituisse una commissione per la revisione dei testi telesiani: «La città di Cosenza, devotissima di questa Santa Sede e di Vostra Signoria illustrissima e reverendissima, e Orazio Telesio, servitore di Vostra Signoria illustrissima e nipote del detto Bernardino, quella mossa da zelo di carità verso un cittadino e figliuolo nato nobile e fratello d’un Arcivescovo della stessa città, e questi per onore della sua famiglia, umilmente supplicano e con quanto affetto possano maggiore Vostra Signoria illustrissima e reverendissima, che si degni di operare nella Congregazione dell’Indice si commetta ad alcuni teologi e filosofi, che riveggano ed espurghino i detti libri di tutti quegli errori…». Orazio Telesio fu alla fine ricevuto a Roma al cospetto della Congregazione, ma la decisione era stata di fatto già presa: l’espurgazione era ritenuta impossibile.

    I Telesio “troppo” vicini ai Valdesi

    Senza dubbio tutte queste vicende hanno, per molto tempo e negativamente, influenzato i rapporti tra la città di Cosenza e la memoria di Bernardino Telesio. Andrà anche ricordata la vicinanza dei Telesio ai valdesi. Antonio Telesio, celebre poeta e zio di Bernardino, era stato legato a personaggi come Apollonio Merenda e Scipione Capece, critico severo dell’aristotelismo. Bernardino stesso fu legato invece a Mario Galeota, uno dei più influenti seguaci di Juan de Valdés che aveva «infectato tutta Italia de heresia», come fu dichiarato nel corso di un processo. E i fratelli di Bernardino avevano avuto, anche loro, seri problemi con l’Inquisizione. La Calabria di allora era pervasa da una religiosità marcatamente eterodossa. Forse non è un caso che dei funerali di Telesio, morto a Cosenza nell’ottobre del 1588, non sappiamo praticamente niente, e non sappiamo nemmeno dove sia stato sepolto.

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    La copertina del libro del professor Roberto Bondì su Bernardino Telesio

    Il primo dei moderni

    Bernardinus Consentinus: così amava presentarsi spesso nelle sue opere che hanno fatto di lui uno dei maggiori pensatori del Rinascimento europeo. Il grande filosofo inglese Francis Bacon lo definiva «primo dei moderni». La definizione baconiana è quella più appropriata per cogliere il significato storico di colui che si era proposto di cambiare una mentalità e che apparirà a Galileo un «venerando padre».

    La questione della «modernità» di Telesio è inseparabile dalla questione della discontinuità – perché anche di questo si è trattato – di Telesio rispetto al mondo magico: una discontinuità esplicitamente rivendicata. Nel nuovo naturalismo telesiano il rifiuto del principio di autorità si saldava con la fiducia nel progresso della conoscenza umana. Telesio pensava che il mondo fosse ancora tutto da scoprire, solo che si fosse stati disposti a rifiutare la cultura libresca e a tornare alle cose, cioè a essere liberi. È una di quelle lezioni destinate a durare nel tempo.

    Roberto Bondì (professore ordinario di Storia della Filosofia)

    Università della Calabria

  • Il Liceo Telesio celebra la Giornata mondiale della Filosofia

    Il Liceo Telesio celebra la Giornata mondiale della Filosofia

    “Il mondo come io lo vedo, la filosofia e i saperi scientifici” è il titolo dell’iniziativa organizzata dal Liceo Classico Bernardino Telesio di Cosenza e dell’Università della Calabria in occasione della giornata mondiale della filosofia che si celebra il 20 novembre. Appuntamento alle ore 10:30 nella sala Docenti e biblioteca Stefano Rodotà. Saluti istituzionali di Domenico De Luca, dirigente scolastico del liceo Telesio. Introducono: Roberto Bondì, professore ordinario di Storia della Filosofia all’Università della Calabria; Francesco Valentini, professore ordinario di Fisica all’Università della Calabria. Intervengono Vincenzo Fano, professore ordinario di Filosofia della Scienza all’Università di Urbino e Giulio Peruzzi, professore ordinario di Storia della Scienza all’Università di Padova.

  • Cosenza, immagini e parole per raccontare Gaza a Stella Cometa

    Cosenza, immagini e parole per raccontare Gaza a Stella Cometa

    Arte, solidarietà, presa di coscienza. Tre parole che possono sintetizzare il pomeriggio di oggi, lunedì 17 novembre 2024, nella sede di Stella Cometa Onv in via Popilia 39 a Cosenza. Dalle ore 17:30 sarà possibile visitare la mostra itinerante “Lettere al cielo” per raccontare il dramma dei bambini di Gaza, ma sarà occasione per rivolgere lo sguardo anche al resto dei conflitti nel mondo.
    Interverranno al tavolo di discussione il giornalista e direttore de ICalabresi.it Michele Giacomantonio e  Adriana Scaramuzzino (Strade di Casa – Soc. Coop. Sociale). Gli interventi musicali saranno a cura degli artisti Romilda Cozzolino e Marco Iaconetti.
    Aprirà i lavori don Battista Cimino, modera Marcella Sicilia (consiglio direttivo Stella Cometa).
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  • El Pantanillo: un Sabato argentino al Laghicello di San Benedetto Ullano

    El Pantanillo: un Sabato argentino al Laghicello di San Benedetto Ullano

    Ernesto Sábato (1911-2011) è stato uno dei più noti, importanti, originali –e controversi- scrittori argentini della generazione cresciuta intorno al gruppo di giovani intellettuali che intorno agli anni ’30 del Novecento si riuniva intorno alla rivista di letteratura Sur, oltre che per decenni una personalità centrale nella vita culturale e politica del suo paese, l’Argentina. Di origine italiana, anzi calabrese. Per via di queste ascendenze familiari, nel 1999 aveva riacquisito «con enorme desiderio e soddisfazione» la cittadinanza italiana, oltre a quella argentina di nascita.

    La militanza, il peronismo, la dittatura

    Gli studi di fisica, la militanza comunista, il peronismo, i rapporti strategici e sfuggenti con la Giunta capeggiata da Videla ne fanno un personaggio controverso come tanti intellettuali d’argentina. In realtà poi nessuno può negare il suo impegno in prima persona quando svolgerà un ruolo importante soprattutto in mezzo ai difficilissimi anni Ottanta, presiedendo in prima persona la Conadep (Comisión Nacional sobre la Desaparición de Personas). Fu infatti Sabato a presiedere la commissione sugli scomparsi (Desaparecidos) dal 1973 al 1986, passata alla storia come il Nunca más. Più di 30 mila vittime accertate negli anni della tirannide militare argentina, a cui si pose fine, grazie anche all’azione civile e diplomatica promossa dalla commissione presieduta da Sabato, che consentì senza altri spargimenti di sangue il passaggio alla democrazia con il governo di Raul Alfonsin.
    Ma quella di Sabato fu considerata una posizione definita compromissoria e attendista, che non teneva conto di quanti, tra gli scrittori, gli intellettuali o i militanti democratici, che non avevano commesso reati e tantomeno erano implicati nella lotta armata, fossero già stati comunque sequestrati e assassinati dal regime.

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    Ernesto Sabato e Jorge Luis Borges

    Ernesto Sabato, outsider di lusso

    Lo scrittore argentino Ernesto Sabato è stato un outsider di lusso che imprime il suo sigillo narrativo in territorio un di confine, che nel suo caso possiamo cifrare tra autori più densamente morali, come Dickens, Hugo, Tolstoj o Dostoevskij. Il suo romanzo capitale, Sopra eroi e tombe, è proprio una incandescente scheggia novecentesca di quel vecchio genere emotivo ed eticamente tormentato, fatto di chiaroscuri contrastati e di flussi di tormentate ricostruzioni filosofiche e morali che Sabato ha rifuso a modo suo, in materiali narrativi che spesso cozzano tra loro ma che nell’insieme formano un blocco di storie di poderosa grandezza epica: uno di quei libri in grado stralunare e tramortire il lettore. E in fondo oggi Sabato lo si legge poco proprio in virtù di questi aspetti epicamente esasperanti ed eticamente contrastanti, che sempre sfiorano l’assurdo.

    Ma forse anche per questa sua drammatica frequentazione del margine, che la sua narrativa piacque tanto, invece, all’inquieta genialità meridiana di Albert Camus. Sabato ha goduto l’ammirazione del Nobel francese (anche lui un immigrato senza patria), al punto che questi si impegnò per farlo tradurre dal suo stesso editore, Gallimard che pubblicò in Francia nel 1956 il suo primo romanzo, Il Tunnel, scritto nel 1948.
    Questo grande romanziere argentino morto alla soglia venerabile del secolo di vita, che ha vissuto «l’infanzia di un ragazzino solitario e spaventato di un villaggio della Pampa», avrebbe potuto essere benissimo, insieme alla sua famiglia di emigrati espatriati per l’avventura del sogno della grande Argentina, un ragazzino spaventato abitante di un qualsiasi villaggio della Calabria dei primi del ‘900.

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    Il Laghicello di San Benedetto Ullano (foto Piesse da sito Fondoambiente.it)

    Sabato e il Laghicello di San Benedetto

    Del distinto richiamo dei luoghi ancestrali e del fervore epico del suo antico sangue calabrese Sabato ha liricamente chiosato nel suo libro di commiato, Prima della fine: «I mei due genitori calabresi abbandonarono i loro luoghi d’origine, ma non li dimenticarono mai; avevano lasciato lì tutto, partirono con le loro poche cose e non tornarono più indietro».
    E sempre pensando ai suoi genitori, che arrivarono in Argentina a fine ‘800 da due minuscoli paesi viciniori come Fuscaldo (Francesco, il padre) e San Martino di Finita (la madre Giovanna Maria Ferrari) posti sulla catena costiera in provincia di Cosenza, scriveva ancora nella vividezza dei suoi ricordi d’infanzia: «Quanti italiani avrebbero continuato a vedere le loro montagne e i loro fiumi, separati dal dolore e dagli anni, nelle strade labirintiche e disperse di Buenos Aires, in questa metropoli costruita su un porto e trasformata in un deserto di ammucchiate solitudini».

    Sabato, gli antenati calabresi e il Laghicello

    Quando rivolgeva lo sguardo ai ritratti ingialliti dei suoi antenati calabresi Sabato lo faceva con profondi accenti di commozione e di rimpianto. Sentimenti che neanche i riconoscimenti, la fama, i suoi successi personali nel paese del nuovo mondo avevano risarcito.
    Sabato avrebbe desiderato ritornare a ritroso sino alle origini, indietro nel tempo, e nello spazio, dove? Fin dove, ci si chiede? E cos’hanno a che vedere con la sua vicenda spesso finita al centro delle cronache mondiali per la sua letteratura e il suo impegno a difesa dei diritti umani, con i richiami di memoria, con le strofe delle vecchie canzoni popolari calabresi della terra di suo padre: «Ricordo che certe volte la sera mio padre mi teneva sulle ginocchia e mi cantava le canzoni antiche della sua terra, melodie malinconiche e delicate.

    Era una grande emozione», o il Mediterraneo «la cui luce azzurra quando la vidi per la prima volta, era così intensa che mi offuscò lo sguardo», o ancora quella volta che andò in Calabria a conoscere il piccolo luogo montano dove un giorno il padre s’innamorò di sua madre? Laghicello e Pantanillo, un luogo che si fa specchio dell’altro; il tempo oltre lo spazio, lo spazio che annulla il tempo, come in uno dei suoi vertiginosi sofismi letterari.

    Il Pantanillo di Ernesto Sabato è anche un bel libro di Pedro Jorge Solans, pubblicato in Italia da Luigi Pellegrini Editore. Ho curato personalmente la nota al testo, mentre la traduzione dallo spagnolo è dello scrittore Marino Magliani.

    Il Pantanillo di Ernesto Sabato (Luigi Pellegrini Editore)

    Le radici e il ricordo dell’Unical

    Dopo la morte dello scrittore l’Università della Calabria di Arcavacata di Rende (Cosenza), decise di conferire al letterato, ma anche al fisico, Ernesto Sabato la Laurea ad honorem dell’Ateneo. Morì prima di poter ritirare la pergamena nel 2011; venne sua nipote diretta, Isabelita Sabato, che in quell’occasione ricordava: «La sofferenza e il ricordo dell’emigrazione meridionale dei suoi genitori calabresi in Argentina e l’importanza della pace nel mondo, sono stati concetti su cui Ernesto Sabato ha insistito fino alla fine. E fino alla fine mio zio voleva sapere tutto della Calabria, e ricordo che anche nel suo ultimo anno di vita, pochi mesi prima di lasciarci, quasi con le lacrime agli occhi e con enorme rimpianto, mi disse: ‘prima di morire tornerò nella terra di mio padre».

    Il buen retiro

    Gran parte della sua opera e del suo lavoro di scrittore Sabato lo ha svolto in un luogo lontano e appartato, distante quasi 900 chilometri dal caos della metropoli bairense, dove si era ritirato sin dal 1948. Un buen retiro che in realtà era una sorta di eremo francescano, un piccolo rancho di poche stanze, quasi invisibile, senza acqua corrente, né luce elettrica o strade.

    Il luogo vissuto in povertà da Sabato con i suoi familiari e la compagnia di alcune mitiche figure di rurales del posto e le visite sporadiche pochi intimi amici e letterati, racconta tutto il mondo di Sabato e la sua solitudine, la sua ferrea disciplina di asceta della letteratura. Fu questo il suo unico rifugio mentre l’Argentina post-peronista attraversava gli anni più bui e luttuosi della dittatura militare, mentre imperversava il dramma dei giovani desapericidos, gli oppositori politici fatti sparire a migliaia dalla repressione dei generali delle giunte militari argentini al potere.

    Sabato al Pantanillo come al Laghicello 

    La Casa di Ernesto Sabato, il suo luogo memoriale al Pantanillo (nella regione di Cordoba, a 900 km da Baires), è rimasta una dimora incredibilmente povera e spoglia.
    Al Pantanillo, in questa umile casa di campagna, non lontano da un piccolo specchio d’acqua lacustre che tanto somiglia al Laghicello, la località montana vicina a Fuscaldo ma che ricade nel Comune di San Benedetto Ullano, luogo prediletto dai suoi genitori calabresi, si può visitare il piccolo patio o contemplare il semplice lettino in cui dormiva lo scrittore, intorno solo poche stanze quasi anguste in cui sono raccolti oggetti e suppellettili domestiche, poche cose essenziali: un lume per la notte, dei libri raggruppati in piccoli scaffali, una macchina per scrivere su un tavolino accanto alla finestra.

    Non ci sono tracce di lussi o di cimeli della fama e dei riconoscimenti dei successi ottenuti in vita da Sabato negli spazi angusti e corruschi di questa piccola casa rurale al Pantanillo, che potrebbe essere benissimo un umile casalino rurale in un angolo disperso dell’appennino calabro, risorto per magia di desiderio e di ricordo in un lembo della grande terra d’oltreoceano. Le stesse stanze povere ed essenziali che fino alla fine sono servite a Sabato, scrittore e uomo tormentato dal dubbio, solo per radunarvi  il necessario per vivere, in cui le crepe nell’intonaco corrono serpeggiando sui muri come il tempo scosso dal peso di giorni che nessuno più si preoccupa di fermare sui fogli di un calendario.

    Mauro Francesco Minervino

     

     

  • Telesio e il mondo magico ed ermetico (VIDEO)

    Telesio e il mondo magico ed ermetico (VIDEO)

    Bernardino Telesio da Cosenza è uno dei fari del pensiero filosofico. Francesco Bacone, l’autore del Novum Organum, pensava fosse il primo dei moderni per la sua capacità di superare frontiere e barriere. A spiegare il cammino del più illustre dei cosentini, seppure mai amato davvero, è stato il professore Roberto Bondì, ordinario di Storia della Filosofia all’Università della Calabria. Bondì ha aperto la Biennale di Filosofia a Cosenza in uno dei luoghi simbolo della cultura e della memoria pubblica cittadina, l’Archivio di Stato adiacente alla Chiesa di San Francesco di Paola. Tra libri antichi e pezzi importanti di storia, Bondì ha dialogato con i ragazzi delle scuole superiori.

    Bernardino Telesio ci ha insegnato che per capire noi stessi e il mondo che ci circonda possiamo fare riferimento a principi che sono solo naturali. Bondì ha spiegato anche il rapporto tra l’autore del De Rereum Natura iuxta propria principia e tutta la tradizione magica ed ermetica. Da una parte abbiamo continuità, dall’altra profonda rottura; soprattutto nella concezione democratica del sapere in Telesio che non poteva in alcuno modo condividere l’impostazione elitaria e iniziatica delle correnti esoteriche. Una rottura nella continuità. Perché non esiste mai una divisione totalizzante tra le idee ma un mescolamento che produce novità, superamenti, innovazioni, fratture.

  • Ester e il sovversivo: Pedretti racconta amore e Resistenza

    Ester e il sovversivo: Pedretti racconta amore e Resistenza

    È con un avvio mozzafiato («Era arrivato alla fine del mondo») che il sovversivo Ludovico, protagonista di “Ester e il sovversivo” (Edizioni Efesto pag. 218 euro 15,00), esordio narrativo di Perluigi Pedretti – approda a Grimaldi, un borgo incastonato nel cuore della catena costiera cosentina, lì confinato dal lontano Trentino. Il libro del prof Pedretti cosentino ma di origini mitteleuropee sarà presentato lunedì 10 novembre alle 16:00 nella biblioteca Stefano Rodotà del liceo classico “Bernardino Telesio” di Cosenza. A dialogare con l’autore sarà la professoressa Marta Leonetti.

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    Firmacopie di Pierluigi Pedretti, prof e scrittore

    Ester e il sovversivo, Pedretti racconta il fascismo in provincia

    È proprio il sovversivo attraverso l’incontro con Ester, «una giovane magrissima e dai folti capelli neri che lo scrutava con i suoi occhi» – ad illuminare uno dei quarantotto capitoli del romanzo. Se come ha opportunamente segnalato lo storico David Bidussa, in assenza dei testimoni è difficile raccontare e trasmettere la memoria delle atrocità e degli abusi commessi dal fascismo, Pedretti è riuscito ad accostare il triste contesto della Prima guerra mondiale a quello della seconda metà degli anni ’30 del Novecento non solo grazie ad alcune testimonianze orali (che riprendono «lunghe chiacchierate su antichi fatti grimaldesi») ma soprattutto alla documentazione relativa agli atti processuali (raccolti nell’appendice del libro) relativi ad alcuni fatti di sangue effettivamente verificatisi e che l’autore riprende e rielabora collocandoli in ambienti sociali e geografici agli antipodi, pur se permeati dalle medesime contraddizioni, innescate dall’avvento della dittatura fascista.

    Un sovversivo dal Trentino a Grimaldi

    Così di Ludovico Calza il “sovversivo” protagonista, vengono puntualmente ripercorsi non solo gli eventi più significativi della sua esistenza a Fiavè in Trentino – dal dolore per la morte della moglie Erminia, stroncata dal tetano alla struggente nostalgia per il figlio Teo, lasciato alle cure della nonna – ma anche la progressiva maturazione della sua scelta antifascista grazie all’incontro decisivo con l’insegnante d’arte e scultore Giuseppe Firiaci che lo guiderà sulla strada di una profonda educazione etico-letteraria. Assai più complesso è l’impatto con il paese sperduto di Grimaldi e con la Calabria stessa, una regione stupenda geograficamente anche se impervia, «un paradiso abitato da diavoli», segnata da una netta divisione di classe: da un lato gli «sciammergari», cioè i notabili, dall’altro i «turreri», ovvero i contadini sottomessi.

    Ester e il sovversivo, gli antifascisti nelle parole di Pedretti

    Nonostante l’apparente rassegnazione dei grimaldesi al regime, la rivalità e lo scontro tra il gruppuscolo di antifascisti e e la violenta squadraccia di miliziani che opera in paese la tensione rimane altissima al punto che il socialista Franco Lavorini, che aveva diretto la Società Operaia e aveva dato filo da torcere ai signorotti locali, viene trovato impiccato. I fascisti, capeggiati da Giovanni Fiore, che cova un bilioso risentimento per la sua condizione di reduce di guerra, avevano infatti giurato morte ai bolscevichi. Ludovico poco a poco entra nell’orbita di quei tenaci antifascisti locali che si ritrovano nella calzoleria di mastro Bruno Sefardelli, socialista dichiarato dopo l’esperienza come minatore in Carnia, e lì prende forma la sua coscienza politica.

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    Partigiane nel 1943 (foto Istituto storico Modena /Anpi)

    La forza di Ester

    L’incontro fondamentale è però con Ester, ebrea orfana cresciuta dalla nonna Rachele, nota per il suo spirito anticonformista e per essere l’unica donna che aveva aderito alla “Società Operaia”. Entrambe vivono ai margini della società e sono additate come “strie” (streghe): in realtà entrambe eredi di una conoscenza ancestrale, di un sapere altro come era spesso tipico del mondo contadino, nel quale sopravvivevano ancora sacche non cristianizzate. Sarà proprio Ester a prendersi cura di Ludovico sanandolo nel corpo e nello spirito e l’amore che sboccia inarrestabile diventa, in qualche modo, motore di trasformazione: Ludovico impara, cambia prospettiva, entra più profondamente nella realtà calabrese; Ester abbandona la solitudine, da vulnerabile diventa più forte proprio grazie all’affetto e al legame con il “sovversivo”.

    L’amore è sempre sovversivo

    Il termine rimanda anche a questo: l’amore è visto come una forma di sovversione rispetto a un regime che cerca di livellare, reprimere, cancellare differenze e anche come una ribellione morale alla solitudine e all’ingiustizia. È chiaro che la relazione tra Ester e Ludovico non è una romance: è segnata dal tempo storico, dal contesto, dalle perdite. Ma proprio per questo acquista valore: il loro legame diventa simbolo di resistenza, di possibilità di futuro, di umanità.

    Gian Marco Martignoni

  • Biennale filosofia a Cosenza: tutti gli appuntamenti dal 31 ottobre

    Biennale filosofia a Cosenza: tutti gli appuntamenti dal 31 ottobre

    Il 31 ottobre 2025 prenderà il via la Biennale di Filosofia di Cosenza, un grande evento che per tre mesi riporterà il pensiero filosofico fuori dalle aule universitarie per restituirlo alla città, ai giovani e alla comunità, restituendo alla filosofia il suo ruolo originario: interrogare la realtà e generare coscienza collettiva. Il macrotema di questa prima edizione è la parola “Natura”. Dall’Archivio di Stato alla Biblioteca Nazionale, dai musei dell’Università della Calabria alla Taverna dei Tre Filosofi ai fino al Beat Music Club, la filosofia tornerà nei luoghi della vita quotidiana, riaffermando che il pensiero non è patrimonio di pochi, ma bene comune.

    BIENNALE FILOSFIA COSENZA: FOCUS SU TELESIO

    Il cuore della Biennale sono le quattro maratone filosofiche, vere giornate di immersione nel dialogo, con interventi dalle 8:30 del mattino fino alla sera. La prima maratona, intitolata “Bernardino Telesio e la Natura”, si terrà il 31 ottobre all’Archivio di Stato, nel Chiostro di San Francesco, e sarà dedicata al filosofo cosentino nato nel 1509, autore del De rerum natura iuxta propria principia, che per aver osato osservare la natura con i propri occhi e non attraverso le dottrine aristoteliche venne inserito nell’Indice dei libri proibiti. Interverranno, dialogando con Luigi Gallo, lo storico Luigi Bilotto, che indagherà l’intreccio tra storia e filosofia, parlandoci del suo ambiente, della sua epoca, e delle sue vicende familiari; Roberto Bondì, che metterà Telesio accanto a Galileo per capire cosa significa rivoluzionare lo sguardo; Riccardo C. Barberi, che intreccerà fisica e pensiero. E i ragazzi del Polo Fermi-Brutium non saranno spettatori, ma co-protagonisti. Perché una filosofia che non passa alle nuove generazioni non è futuro, è archeologia.

    Nel pomeriggio Mimmo Tàlia affronterà il tema degli algoritmi che decidono la nostra vita, e dopo di lui Delly Fabiano in un dialogo con Antonio Romeo affronterà le connessioni tra la Matematica e la filosofia. A chiudere la prima giornata sarà, alle ore 18:00, il concerto lirico “Voci per Gaza”, un momento di intensa riflessione civile a cura del Conservatorio “Giacomantonio”, con Pietro De Rose (baritono), Chiara De Carlo e Maria Maiolino (soprano), Fabio Napoletani (tenore) e Luigi Sassone al pianoforte.

    Inoltre il 31 Ottobre alle 11:00, presso l’Archivio di Stato, al centro storico di Cosenza, verrà inaugurata una mostra documentale dedicata a Bernardino Telesio, con l’esposizione di carte originali e testimonianze storiche che restituiranno l’immagine di una Cosenza centro propulsore del pensiero europeo.
    La Biennale Filosofia è ideata e presieduta da Stefania Maranzano, socia fondatrice della Civitas Solis Cosenza aps, l’associazione organizzatrice dell’intera manifestazione. Con il sostegno della Fondazione Carical, proseguirà il 20 e 27 novembre con la seconda e la terza maratona, “Interazioni” e “Interconnessioni”, ospitate stavolta presso la Biblioteca Nazionale di Cosenza, nella sala Giorgio Leone, in piazzetta Toscano, dedicate rispettivamente al dialogo tra i saperi e alle reti visibili e invisibili che definiscono il nostro mondo iperconnesso.

    IL SIGILLO DI ALARICO

    La quarta ed ultima maratona del 2025, il 4 dicembre, “Intelligenza e psiche”, torna alla sede iniziale, l’Archivio di Stato. La giornata si concluderà con la consegna del Premio “Sigillo di Alarico”, ispirato alla figura del re visigoto che, secondo la leggenda, venne sepolto nel fiume Busento con un tesoro mai ritrovato, simbolo del patrimonio nascosto e ancora vitale della nostra terra.
    Parallelamente, la Biennale intreccerà col il SiMU e il Polo Fermi-Brutium, filosofia, letteratura e arti attraverso la rassegna “LibriAmo – Conversazioni con l’autore”, programmata tra novembre e gennaio, con incontri pensati per difendere lo spazio della lettura in un tempo in cui si legge sempre meno.
    Elemento distintivo della Biennale è il coinvolgimento attivo delle scuole superiori attraverso i Percorsi per le Competenze Trasversali e l’Orientamento (PCTO) e i “Salotti filosofici a scuola” che si svolgeranno al Polo Fermi-Brutium nei giorni 4 e 11 novembre e 22 gennaio. Si tratta di laboratori dialogici, non lezioni frontali, in cui docenti e studenti discutono alla pari recuperando la tradizione dei salotti filosofici come luoghi di libertà intellettuale.

    L’intero percorso sarà affiancato da visite guidate e conferenze ai musei afferenti al SiMU – il Sistema Museale dell’Università della Calabria – tra cui il RiMuseum dedicato alla Biodiversità, l’Orto Botanico, Paleontologia, Zoologia, Mineralogia. Gli studenti saranno coinvolti come protagonisti della ricerca, osservando reperti, toccando la natura, comprendendo la complessità dei sistemi viventi non come sfondo inerte, ma come organismo da tutelare.

    FILOSOFIA E CONVIVIALITÀ

    Il 27 novembre, alla Taverna dei Tre Filosofi in via Trento, si terrà un pomeriggio letterario con approfondimenti letterari e culturali, nel segno della filosofia intesa come esperienza conviviale e comunitaria. Il 4 dicembre, all’Archivio di Stato, dopo la quarta maratona filosofica, nel pomeriggio si svolgerà l’evento “PoEtica – Variazioni Cromatiche”, con letture sceniche di brani di tre poetesse, a cura degli attori emergenti laboratorio teatrale “Cilla”, e un concerto di chitarra e flauto del Conservatorio Giacomantonio. Il 18 dicembre, al Beat Music Club su corso Telesio, l’appuntamento “La filosofia incontra la poesia – Inonija. Visioni, suggestioni, versi” unirà parola e musica in un evento dedicato alla forza evocativa del pensiero poetico.

    La Biennale è coordinata da una commissione scientifica che riunisce figure di alto profilo: Vittoria Carnevale, direttrice del SiMU; Luciana De Rose, presidente di Italia Nostra-Cosenza; Luigi Gallo, membro dell’Accademia Cosentina; Antonello Lavergata, docente e membro del comitato scientifico della Fondazione Collegio San Carlo di Modena; Anna Ziviello ed Eduardo Zumpano, docenti calabresi.

    L’inaugurazione si terrà il 31 ottobre 2025 alle ore 8:30 presso l’Archivio di Stato di Cosenza, nel Chiostro di San Francesco, per lavori di restauro della facciata attualmente l’accesso sarà dall’ingresso laterale in via Paparelle. La Biennale durerà fino a gennaio 2026 e tutti gli eventi saranno ad ingresso libero.

    Le sedi coinvolte includono l’Archivio di Stato nell’ex convento di San Francesco di Paola, la Biblioteca Nazionale di Cosenza, in piazzetta Toscano, sala Giorgio Leone, la Taverna dei Tre Filosofi in via Trento, il Beat Music Club su corso Telesio, il Sistema Museale dell’Università della Calabria e il Polo Fermi-Brutium, con un calendario che comprenderà maratone filosofiche, salotti, incontri con gli autori, concerti, laboratori e visite guidate. Durante tutto il periodo saranno attivati percorsi formativi e laboratoriali destinati alle scuole, riportando la filosofia là dove è nata: nella vita reale, tra le persone.

  • Morto Padre Fedele: monaco, ultrà del Cosenza e missionario

    Morto Padre Fedele: monaco, ultrà del Cosenza e missionario

    È morto Padre Fedele Bisceglia, il frate cappuccino che ha segnato la storia della città dei bruzi con la sua fede incrollabile, il suo amore per i più deboli e la sua passione per il Cosenza Calcio. Francesco Bisceglia, nato a Dipignano il 6 novembre 1937, si è spento all’età di 87 anni, lasciando un vuoto incolmabile in Calabria e nei cuori di chi lo ha conosciuto.

    MORTO PADRE FEDELE: UNA VITA PER GLI ULTIMI

    È stato molto più di un religioso: medico, missionario, tifoso e, soprattutto, un uomo che ha dedicato ogni istante della sua esistenza agli ultimi. Orfano di madre a soli sei anni, entrò in seminario a tredici, ispirato da San Francesco d’Assisi. Laureato in Teologia, Lettere e Filosofia e Medicina, ha messo le sue competenze al servizio dei più bisognosi, in particolare in Africa, dove ha costruito scuole, pozzi e dispensari medici in Congo e Madagascar. La sua pensione, interamente devoluta ai bambini africani, era il simbolo di una vita votata alla carità.

    IL CALVARIO E LA RINASCITA

    A Cosenza, il suo nome è indissolubilmente legato all’Oasi Francescana, il rifugio che ha accolto migliaia di senzatetto e persone in difficoltà, offrendo pasti caldi e speranza. Successivamente, il “Paradiso dei Poveri” a Donnici è diventato un altro baluardo della sua missione. Ma Padre Fedele era anche il “monaco ultrà”, una figura iconica sugli spalti del Cosenza Calcio, dove accompagnava i tifosi con il suo saio, promuovendo il calcio come strumento di aggregazione e integrazione.

    Memorabili i suoi viaggi in Africa con giovani tifosi, per mostrare loro la realtà della povertà e il valore della solidarietà.
    Nel 2006 la drammatica accusa di violenza sessuale da parte di una suora lo travolse, portandolo all’arresto e alla sospensione a divinis. Dopo un calvario giudiziario durato oltre un decennio, la Cassazione lo assolse con formula piena nel 2016, dimostrando l’infondatezza delle accuse. Nonostante il trionfo in aula, la Chiesa non gli restituì mai il diritto di celebrare messa in pubblico, una ferita che Padre Fedele portò con sé fino alla fine, pur dichiarando di aver perdonato i suoi accusatori.

    Una breve parentesi politica lo ha portato ad essere assessore nella giunta comunale guidata dal sindaco Mario Occhiuto.

    IL SOGNO DI VEDERE IL COSENZA CALCIO IN A

    Carismatico, ribelle, a tratti istrionico, Padre Fedele si definiva “un peccatore come gli altri”, ma il suo impegno ha lasciato un segno indelebile. Fino agli ultimi giorni, nonostante gli acciacchi e le ernie alla schiena, continuava a raccogliere fondi per i poveri, sedendo in strada con il suo saio, incurante delle intemperie. Nel 2023, un murale su viale Giacomo Mancini a Cosenza ha celebrato la sua eredità, un tributo a un uomo che ha vissuto per gli altri.

    Padre Fedele sognava di morire aiutando i bisognosi, magari in Africa, e di vedere il Cosenza Calcio in Serie A. Se il primo desiderio lo ha accompagnato fino all’ultimo respiro, il secondo resta un auspicio per i tifosi rossoblù, che porteranno avanti il suo spirito. La città di Cosenza, l’Africa e tutti coloro che hanno incrociato il suo cammino lo ricorderanno come un gigante della carità, un uomo che, tra luci e ombre, ha vissuto con il cuore rivolto agli ultimi.

    Addio, Padre Fedele. La tua voce continua a risuonare nei vicoli di Cosenza e nei villaggi africani che hai illuminato con la tua fede.

  • Lo chiamavano Guarascese

    Lo chiamavano Guarascese

    In principio c’era la Catizonese, poi venne Eugenio e Guarascese fu perché in entrambi i casi parlare di Cosenza per i tifosi era diventato dannatamente difficile.
    La Storia, aveva teorizzato già parecchio tempo prima un filosofo ed economista tedesco piuttosto noto, ha il brutto vizio di tendere a ripetersi. E quando c’è da replicare una tragedia, ama dare il bis sotto forma di farsa. Le vicissitudini dei rossoblu nel nuovo millennio non sono che l’ennesima conferma della bontà di quella vecchia analisi e della sua attualità.

    Vent’anni dopo

    La prima volta c’erano di mezzo il tragico addio al calcio professionistico dopo il fallimento, la politica (con l’allora sindaca Catizone a rivestire anche l’insolito ruolo di presidentessa di una neonata squadra di calcio), malcontento dilagante tra i tifosi e addirittura un derby: Cosenza Football Club Srl (per i detrattori, Catizonese o Fc Catizone) contro Cosenza 1914 Spa. Era la stagione 2004-2005, annus horribilis per eccellenza nell’ormai ultracentenaria vita sportiva dei Lupi.
    Un paio di decenni dopo, il replay. Non altrettanto tragico, vista almeno l’iscrizione al prossimo campionato di Serie C dopo la retrocessione dell’ultima stagione. Ma – difficile pensarla altrimenti – di certo più grottesco. E, proprio per questo, ancora più insopportabile per chiunque abbia a cuore il destino dei rossoblu.

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    C’è chi dice no: tifosi del Catanzaro invocano la permanenza di Guarascio a Cosenza

    Lo chiamavano Guarascese

    Il Cosenza almeno stavolta è uno solo, ma ormai lo chiamano tutti, o quasi, Guarascese. Non è roba da poco, se si considera che l’italiano medio ha due cose che non cambia mai nella vita: mamma e squadra del cuore, con relativi nomi di battesimo. Eugenio Guarascio – paradossalmente il presidente a conquistare il più prezioso trofeo della scarna bacheca dei Lupi – è riuscito in un’impresa titanica.
    Lo chiamavano Guarascese, il Cosenza, già quando i dirigenti si presentavano tra i proclami a inizio stagione e poi sparivano fino al giorno delle dimissioni. Quando gli steward rivendicavano in piazza mancati emolumenti e nelle pagine social del club entrava in vigore un inedito blocco dei commenti per i sostenitori. O quando in ritiro la rosa era di quattro gatti, magari in prestito, e si aspettava sistematicamente gennaio per rimediare a mercati d’agosto mai all’altezza delle aspettative.

    Continuavano a chiamarlo Guarascese

    E continuavano – e continuano – a chiamarlo Guarascese dopo l’imperdonabile stop iniziale al memorial in onore di Gigi Marulla, così come ogni volta che sulla stampa locale, snobbata dal club in più occasioni, è spuntata qualche ipotesi di cessione societaria. Quelle trattative che a maggio – Guarascio dixit – sono «situazioni concrete» che potrebbero «arrivare alla definizione in brevissimo», per citarne soltanto una, e a luglio diventano – sempre parole di Guarascio – «offerte praticamente a costo zero».
    A quale delle versioni opposte credere se a pronunciarle è la stessa persona? Grande è la confusione sotto il cielo, ma la situazione più che eccellente risulta deprimente.

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    Alfredo Citrigno, che in primavera aveva cercato di acquisire il club da Guarascio, ha smentito di recente le dichiarazioni dell’imprenditore lametino sull’esiguità della cifra offerta per rilevare il Cosenza. Senza renderne pubblica l’entità, però

    Derby d’Eccellenza

    A ravvivare gli animi ha provato il senatore Fausto Orsomarso con un’inattesa proposta. L’esponente di FdI, che nonostante le smentite di rito qualcuno ipotizza possa correre per il dopo Occhiuto alla presidenza regionale, suggerisce di creare una nuova squadra. Sostiene che ci sia una cordata di imprenditori «già pronti» – non a mettere soldi nell’attuale società, però – a darle vita e farla ripartire dall’Eccellenza. Campionato, giusto per la cronaca, i cui calendari sono già stati stilati e non parrebbero prevedere la presenza di nuovi ipotetici club cosentini.
    L’augurio di tutti resta quello di rivedere appena possibile il Cosenza in serie B; la speranza (forse anche dello stesso Guarascio), di farlo con un presidente diverso; il timore quello di assistere l’anno prossimo a un Guarascese-Orsomarsese.

  • Cosenza groove festival, si parte il 21 maggio

    Cosenza groove festival, si parte il 21 maggio

    Cosenza Groove festival al via il 21 maggio nella città dei bruzi. Anche quest’anno lo storico Conservatorio di musica “S. Giacomantonio”, diretto da Francesco Perri, ospiterà la rassegna dedicata allo sfaccettato mondo delle percussioni musicali dal nome Cosenza Groove festival, giunta finora alla sua sesta edizione.
    Un appuntamento davvero atteso da addetti ai lavori e appassionati anche coon masterclass promosse dal Conservatorio “Giacomantonio” di Cosenza. Concerti in programma nell’Auditorium parco della musica: Vibe & Vibrations (21 maggio, ore 19:30) con Paolo Cimmino & Christos Rafalidfes, Fabio Guagliardi e la Grooveria percussion ensamble di Tarcisio Molinaro; Vibe & Vibrations (21 maggio, ore 19:30) con Paolo Cimmino & Gianni Di Carlo, le classi di flauto del conservatorio Giacomantonio di Cosenza e la Grooveria percussion ensamble di Tarcisio Molinaro.