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  • Comunali a Catanzaro, tutti con il PD. Ma la D sta per Donato

    Comunali a Catanzaro, tutti con il PD. Ma la D sta per Donato

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    Il centrodestra catanzarese, usurato dal ventennio di Sergio Abramo e scalfito dalle varie Gettonopoli, Multopoli, Farmabusiness e Basso Profilo, è in fermento. Le scelte andranno fatte e anche in fretta. Tutto in mano ai tavoli romani che, esaurito il non matrimonio tra la deputata azzurra Marta Fascina ed il Cavaliere, dovrebbero riprendere a breve. La scelta è tra rinunciare ai propri simboli (come hanno fatto molti consigliere comunali uscenti di  centrodestra in attesa di ricollocazione, definiti da Domenico Tallini come «anonimi») e nascondersi dietro il civismo per paura di “pesarsi” elettoralmente, oppure riorganizzarsi in tempo con una candidatura unitaria (che ad oggi non è pervenuta e, come si dirà, nemmeno tanto ricercata).

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    Mimmo Tallini, ex presidente del Consiglio regionale

    Centrodestra in cerca di una nuova verginità

    Occorre per il centrodestra, quindi, rifarsi una verginità alla svelta. Ed ecco che fin d’ora si è messo in campo un gioco di candidature farlocche e di nomi da bruciare in vista delle Comunali di Catanzaro. Con accuse, veti e giochi delle tre carte tra i vari attori in campo. Eppure a sciogliere la matassa sarebbe bastata la candidatura diretta dell’ex consigliere regionale Baldo Esposito, del presidente del consiglio regionale Filippo Mancuso o della parlamentare Wanda Ferro. Invece, i “big” se la sono data a gambe levate, lasciando il cerino in mano fondamentalmente a Forza Italia e alle liti più o meno sotterranee tra il coordinatore regionale Giuseppe Mangialavori e quello provinciale Domenico Tallini, con in mezzo l’ex candidato regionale Antonello Talerico tornato centrale nel dibattito dopo la vittoria in primo grado del ricorso elettorale contro l’azzurra Valeria Fedele.

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    Wanda Ferro, parlamentare di Fratelli d’Italia

    L’amicizia è sacra

    Alla base della fuga dei notabili, però, ci sarebbe la stretta amicizia tra i citati Esposito e Ferro ed il candidato sindaco Valerio Donato. Amicizia sì, ma non tale da portare ad un appoggio elettorale secondo la deputata meloniana, che avrebbe varie svolte smentito pubblicamente l’ipotesi. Troppe volte, in effetti, al punto di suscitare comunque più di un dubbio agli alleati. Lo stesso Filippo Mancuso, sarebbe pronto con la lista civica “Alleanza per Catanzaro” a rinunciare al simbolo della Lega, che gli sta assolutamente stretto, per “sposare” la causa Donato.

    Difficile per Fi replicare la strategia delle comunali di Vibo Valentia del 2015 (con rinuncia dei simboli di partito e sostegno al “civico” Elio Costa). Equivarrebbe a riconoscere kingmaker elettorale l’esponente di Coraggio Italia, Francesco De Nisi. Quest’ultimo infatti – tramite il consigliere comunale Andrea Amendola, suo referente locale – ha già messo la bandierina su Valerio Donato, la cui candidatura, come è noto, è nata su idea dell’imprenditore Giuseppe Gatto e dell’ex presidente della Catanzaro Servizi, Giuseppe Grillo.

    Incoerente risulterebbe anche la stessa Wanda Ferro che al ballottaggio delle comunali del 2006 sostenne il centrosinistra di Rosario Olivo contro il civico Franco Cimino «perchè deve vincere la politica contro l’antipolitica», disse unitamente a Michele Traversa.

    Torna la balena bianca alle comunali di Catanzaro

    Tante sono le manovre per l’agognato ritorno del “grande centro”, con una sfilza di vecchi e meno vecchi politici democristiani che dichiarano l’appoggio al docente di diritto privato ed ex commissario liquidatore di Calabria Etica. Non mancano anche le sigle di partiti e partitini. Da, appunto, Coraggio Italia con il citato Amendola (che è stato in passato consigliere comunale di Alleanza di Centro e di Forza Italia) all’Udc con Giovanni Merante, già consigliere comunale di Catanzaro dal 2006 con la Dc, poi anche assessore con Sergio Abramo nel 2008.

    Giova ricordare che proprio con l’Udc ha corso alle ultime Regionali il notabile di centrodestra Baldo Esposito. Presenti anche il nuovo Cdu, con l’ex assessore comunale Vito Bordino, e Italia viva che con il senatore Ernesto Magorno (e l’ex parlamentare Brunello Censore, unitamente al sindaco di Sellia Marina, già candidato con il centrodestra alle Regionali, Francesco Mauro) ha espresso pubblicamente l’orientamento del partito a sostegno di Donato.

    L’ex sindaco Dc e non solo

    Incognita Azione, Noi con l’Italia e mastelliani sono già schierati a favore del citato Antonello Talerico, che in queste ore continua il suo braccio di ferro con Mangialavori e al contempo è in fase dialogante sia con Donato che con Fiorita.
    A sostenere Donato ci sono anche altre personalità del passato politico catanzarese come l’ex consigliere e assessore comunale (con Sergio Abramo nel 2001) e provinciale (nel 2008) Vittorio Cosentino, già esponente di Alleanza Nazionale; l’ex sindaco di Catanzaro nel 1992 in quota Dc, Francesco Granato.

    L’elenco comprende pure Caterina Laria, anch’essa già assessora con Sergio Abramo e nel 2012 candidata alle comunali con la lista Scopelliti (le sopraggiunse una condanna in primo grado per peculato durante la campagna elettorale). Piccolo particolare: la Laria fa parte di “Comunità competente” di Rubens Curia insieme ad Amalia Bruni. Insomma, il centro c’è ed è pronto a pesarsi elettoralmente a Catanzaro.

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    Ernesto Magorno, parlamentare di Italia Viva e plenipotenziario renziano in Calabria

    Il garofano perde petali

    Il Psi, invece, si spacca e perde pezzi. Dopo l’1,83% della lista regionale a sostegno di Amalia Bruni. Il segretario provinciale Pierino Amato si dimette e “abbraccia” Donato.
    Politico di lunghissimo corso, classe ’39, già consigliere comunale e presidente della Provincia, consigliere regionale della Margherita e del Pd, assessore all’Agricoltura con Agazio Loiero e poi vicepresidente del Consiglio regionale all’epoca di Scopelliti, Amato è stato anche Presidente del Lions Club di Catanzaro.

    Nel 2015 lascia il Pd e passa al Psi, esperienza oggi conclusa, nonostante fosse la scorsa estate in prima fila al Parco Gaslini di Catanzaro alla presentazione del cosiddetto “Nuovo Centrosinistra” a favore di Nicola Fiorita e ora in campo con il “suo” circolo dedicato a Carlo Rosselli è in prima fila a favore del docente universitario della Umg.

    Il garofano rosso a sostegno di Donato (almeno idealmente, data la difficoltà a comporre una lista autonoma) ci sarà ugualmente. È arrivato, infatti, il sostegno di Domenico Fulciniti, storico coordinatore regionale del Nuovo Psi (collocato stabilmente nel centrodestra dato alle regionali 2014 aveva pubblicamente sostenuto Wanda Ferro, mentre nel 2020 Jole Santelli). Scampata, quindi, almeno in parte, la scissione dell’atomo.

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    Nicola Fiorita, professore universitario e candidato a sindaco del centrosinistra

    Da campo largo a campo di calcetto

    Fermento anche tra i dem. Al di là dei numeri e del decantato “campo largo” ( «di calcetto» però, secondo la battuta dell’ex capogruppo del Pd in consiglio comunale Alcide Lodari) un fatto è chiaro: il dispensamento di pennacchi avvenuto con i congressi (regionale, provinciale e cittadino) del Pd non è servito a nulla. Sulle amministrative si rilevano importanti diaspore in casa dem.

    Era già avvenuto in parte nel 2017, con esponenti del Pd che abbandonarono partito e coalizione per sostenere l’allora civico puro Nicola Fiorita contro l’ormai ex consigliere regionale Enzo Ciconte.
    La fuga dei democrat è certificata da una sequela di comunicati stampa contenenti prese di distanza dal Partito e, contemporaneamente, pubblici atti di devozione all’altro PD (il partito di Donato).

    2022, fuga dal PD

    A “fare male”, in quanto sonoro schiaffo politico, è l’addio del sindacalista Fabio Guerriero (il fratello Roberto, consigliere comunale, è tra i “donatiani” della prima ora), primo dei votati a Catanzaro città (con 1.861 preferenze in città e 4.291 totali secondo Eligendo) alle ultime Regionali a sostegno di Amalia Bruni.

    Fabio Guerriero, a Roma con il ministro Orlando e a Catanzaro con Donato

    Fabio Guerriero è stato candidato alla Camera con il Pd nel 2013, molto vicino al già vicesegretario nazionale del Pd e attuale ministro del Lavoro Andrea Orlando, che lo scorso settembre giunse in Calabria a sostenerne la candidatura regionale. Piccolo particolare: Orlando e Boccia sono strettamente legati. Questo addio rischia dunque di portare ad un indebolimento della lista del Pd, con buona pace delle mosse del responsabile nazionale enti locali dei dem. Oltre a lui, si registra il sostegno a Donato dell’ex vicesindaco di Catanzaro, Antonio Argirò che lasciò il Pd per abbracciare “Autonomia e diritti” di Agazio Loiero. L’ex presidente della Regione, tra l’altro, in queste ore molto attivo a reperire candidati a favore di Valerio Donato.

    Gli altri con Donato per le Comunali di Catanzaro

    A sostegno di Donato ci sarà anche anche l’esercito di ex. Pino Tomasello, già coordinatore della segreteria provinciale del Pd di Catanzaro fino a due anni fa e prima ancora capo di gabinetto del Presidente della Provincia del Pd, Enzo Bruno; la dottoressa Elena Bova, che nel 2017 abbandonò il Pd per candidarsi a sostegno di Nicola Fiorita e ora lo ri-abbandona per sostenere il docente catanzarese; l’ex segretario del Pd di Santa Maria, Maurizio Caligiuri (che fino a poco tempo fa rappresentava il Pd al tavolo del “Nuovo centrosinistra” di Catanzaro); l’ex segretario del circolo Pd di Catanzaro centro, Antonio Menniti, l’ex segretario provinciale (e candidato alle regionali del 2020 e del 2021), Gianluca Cuda e l’ex consigliere comunale dem Antonio Gigliotti.

    Boccia chiama, Iemma e Viscomi non rispondono

    In tutto questo marasma il già citato ex ministro Francesco Boccia ha chiesto un impegno diretto a candidarsi  in prima persona alla Presidente regionale del Pd Giusy Iemma e al deputato Antonio Viscomi. Entrambi, per paura del flop dell’intera lista alle comunali di Catanzaro, pare abbiano risposto picche. La Iemma è molto vicina al già citato ex vicepresidente del Consiglio regionale Vincenzo Ciconte (il fratello Andrea è stato anche per anni suo portaborse), che ha visto una delle sue figlie conseguire il dottorato di ricerca proprio con Valerio Donato. Seppur lontano dalla scena politica da due anni, oggi non si esclude brami una rivincita nei confronti del suo ex sfidante del 2017, Nicola Fiorita.

    Antonio Viscomi, parlamentare del Pd e professore universitario

    A Fiorita resta il simbolo. E poi?

    Difficilmente il Pd sarà sostenuto dalla ex candidata e attuale membro dell’assemblea regionale Aquila Villella, collega di cattedra universitaria e sodale di Valerio Donato. Si è in attesa di conoscere l’orientamento della cognata, Amalia Bruni, che a Palazzo Campanella tenta di fare da garante dell’intesa e dell’opposizione M5S-Pd, oggi molto scricchiolante.

    Un altro esponente dell’assemblea regionale del Pd è Francesco Pitaro, attuale portaborse del consigliere regionale Raffaele Mammoliti, che miete vendetta nei confronti di un Pd che lo ha escluso all’ultimo minuto alle ultime regionali ed è tentato dal seguire il fratello Pino (attivo con Francesco De Nisi in Coraggio Italia) nel predisporre una intera lista a sostegno di Donato.
    Insomma, a Fiorita nel Pd di Catanzaro rischia di rimanere solo il simbolo ed una piccola cordata composta dalle sardine (!), dal segretario Fabio Celia e dal fedelissimo di Enzo Bruno col sogno di un assessorato comunale, Salvatore Passafaro. E la campagna elettorale è appena cominciata.

  • Tallini d’Achille: Mimmo sfida FI e Mangialavori, ma la Severino…

    Tallini d’Achille: Mimmo sfida FI e Mangialavori, ma la Severino…

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    L’assoluzione di Domenico Tallini un mese fa nell’ambito del processo Farmabusiness da parte del Gup distrettuale di Catanzaro Barbara Saccà ha disatteso le accuse di Gratteri e i suoi. In attesa del deposito delle motivazioni (tra circa 60 giorni) e di sapere se la Dda appellerà la decisione, il dato politico è chiaro: l’ex Presidente del Consiglio regionale è in gran spolvero.

    «Occhiuto piccolo e meschino»

    Subito dopo la pronuncia giudiziaria è stato tutto un susseguirsi di dichiarazioni alla stampa. Con una nota (molto formale) il coordinamento regionale di “Forza Italia Calabria” (che ha a capo il senatore Giuseppe Mangialavori che, però, non appone il suo nome in calce) affermava che l’assoluzione «restituisce dignità politica a un uomo delle istituzioni», con l’auspicio che «Tallini possa al più presto riprendere il cammino politico interrotto».

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    Mangialavori e Occhiuto durante l’ultima campagna elettorale per la Regione

    Queste, invece, le parole del presidente della Regione, Roberto Occhiuto: «L’assoluzione dell’ex presidente del Consiglio regionale della Calabria, Domenico Tallini, è una bella notizia: è stata finalmente ratificata la sua estraneità ai fatti che gli venivano imputati. Allo stesso tempo altre decisioni arrivate oggi – 14 condannati, con pene che variano tra i 16 ed i 2 anni di reclusione – dimostrano che il processo ‘Farmabusiness’ era tutt’altro che campato per aria».

    Il Mimmo furioso

    La dichiarazione di Occhiuto ha mandato su tutte le furie Tallini. Che in una chat di WhatsApp con qualche centinaio di simpatizzanti politici si è lasciato andare. «Registro che il Presidente Occhiuto Roberto sembra più preoccupato delle ricadute negative sulla procura catanzarese che della mia estraneità ai fatti. Ambire ad essere un grande Governatore e nel contempo rilasciare dichiarazioni che dimostrano riverenze e sottomissioni nei confronti della magistratura… Significa essere piccoli e meschini».

    Una versione edulcorata poi nella nota pubblica del suo “pupillo” e commissario di Forza Italia a Catanzaro, Ivan Cardamone: «Tallini meritava maggiore e più concreta fiducia dai vertici del partito… Una fiducia che non è stata ricambiata nel tempo».

    Il ritorno in campo

    Il ringalluzzito Tallini non ci sta a recitare ruoli di secondo piano né, tantomeno, a limitarsi a fare l’offeso. Forza Italia ha nicchiato di fronte all’accusa di concorso esterno e voto di scambio avanzata dalla Dda di Nicola Gratteri, ma, al contempo, non lo ha mai sostituito come commissario provinciale del partito. Certo, non sono mancati nuovi innesti politici catanzaresi voluti da Mangialavori che dovevano fungere da contraltare al “tallinismo”: in primis l’arcinemico Marco Polimeni – presidente del Consiglio comunale di Catanzaro e (ex?) pupillo dell’ex candidato Udc, Baldo Esposito – e Antonio Chiefalo, l’ex commissario cittadino della Lega.

    Tallini vs Mangialavori: ennesimo round

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    La neo consigliera regionale Valeria Fedele

    Sia alle Regionali che alle Provinciali di Catanzaro, Tallini e Mangialavori sono stati “separati in casa”. Nella prima competizione, il vibonese ha puntato le sue fiches su Michele Comito e (ma solo ad esclusione e per arginare altri non graditi competitor) Valeria Fedele. Tallini, a sua volta, fece votare la figlia dell’ex capogruppo regionale di Forza Italia, Claudio Parente, Silvia.

    Alle Provinciali dello scorso dicembre, invece, i due notabili azzurri corsero con due liste separate. Mangialavori (con Fedele e Polimeni) con la lista “Noi in Provincia”, Tallini con “Centrodestra per la provincia”. Vinse la prima 3 a 1. Ma ora, con il round delle amministrative del capoluogo, si gioca una nuova partita, ancora più importante.

    Come a Vibo non si può

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    Valerio Donato

    Le amministrative di Catanzaro sono, da tempi non sospetti, l’emblema del trasversalismo e del trasformismo a tinte civiche. I partiti dimostrano la loro debolezza ed in questo momento è proprio il centrodestra, usurato dal ventennio di Sergio Abramo (nonostante la vittoria alle elezioni regionali e a quelle provinciali), ad essere in tilt (ci torneremo).
    I candidati di peso se la sono data a gambe. La parlamentare di Fdi, Wanda Ferro e il presidente del Consiglio regionale in quota Lega, Filippo Mancuso, hanno entrambi rifiutato la candidatura come primi cittadini. Lo stesso ha fatto il già citato Baldo Esposito.
    E la tentazione di virare sul PD (leggasi “Partito di Donato”) si fa forte.

    Lo stesso Mangialavori fece qualcosa di simile alle comunali di Vibo Valentia del 2015, virando sul magistrato Elio Costa. In quell’occasione Forza Italia rinunciò al simbolo, la Lega non c’era e Fratelli D’Italia corse da sola. Oggi un’opzione del genere non è praticabile, pena risultare un mero gregario dei centristi (in particolare del consigliere regionale vibonese Francesco De Nisi) che con Coraggio Italia e l’Udc si sono già posizionati sul “civico” Valerio Donato.

    Tallini e le candidature

    Dall’altra parte, si susseguono i comunicati di Domenico Tallini. Invita ora all’unità, ora a far cadere quelli che definisce «assurdi veti» (nello specifico, a suo dire, quello di Mangialavori sull’ex candidato azzurro Antonello Talerico). Si è ripreso la scena politica al punto da proporre al tavolo del centrodestra la candidatura a sindaco (nientepopodimeno che) del suo avvocato difensore, Valerio Zimatore. Insomma, uno stallo che ha, giocoforza, rimesso ai tavoli romani (più volte bistrattati in sede locale) una scelta che ancora tarda ad arrivare.

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    Il Comune di Catanzaro

    Che Tallini si ricandidi a consigliere comunale pare cosa certa. Con buona pace delle ambizioni in area azzurra dell’assessore Ivan Cardamone e del consigliere provinciale Sergio Costanzo. Difficile che Tallini viri su Donato (politicizzerebbe troppo la candidatura e, dicono, non sarebbe ben accetto), per cui in spolvero, un po’ obbligato, c’è anche la sua fede partitica. Insider del Comune di Catanzaro parlano di una lite tra l’assessore Franco Longo, vicino al leghista Filippo Mancuso, e lo stesso Tallini. Secondo il gruppo che fa riferimento al presidente del Consiglio regionale, si vocifera, una candidatura diretta di Tallini sarebbe negativa per un centrodestra già ammaccato (e disgregato).

    Lo sgambetto della Severino

    La voglia di “contarsi” di Tallini, però, deve fare i conti con la legge Severino. Lo scorso gennaio, l’ex presidente del Consiglio regionale è stato condannato dal Tribunale di Catanzaro per abuso d’ufficio nell’ambito del processo “Multopoli”.

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    L’ex ministro Paola Severino

    Il Decreto Legislativo 235 del 2012 (articolo 11, comma 1, lettera a) prevede la sospensione di diritto per 18 mesi per il consigliere comunale condannato con sentenza non definitiva per determinati reati, tra cui l’abuso d’ufficio. Una norma “salvata” dalla Corte Costituzionale che ritenne ragionevole che una condanna (ancorché non definitiva) per alcuni reati susciti l’esigenza cautelare di sospendere temporaneamente il condannato dalla carica, per garantire la “credibilità” dell’amministrazione presso i cittadini ed il rapporto di fiducia che lega la prima ai secondi (sentenza 236 del 2015).

    La normativa e la giurisprudenza sono chiare: la sospensione arriva anche se la condanna avviene prima dell’elezione.
    Insomma, il gioco alla “conta” che potrebbe fare Tallini subirà lo sgambetto della sospensione prefettizia in caso di elezione, non assegnando né a lui né a Mangialavori il punto di questo ennesimo round della sfida interna agli azzurri.

  • Lamezia, l’aeroporto diventa porno

    Lamezia, l’aeroporto diventa porno

    All’aeroporto di Lamezia per il porno. È la nuova idea di qualche buontempone con ottime conoscenze informatiche, che si è preso la briga di hackerare il sito dello scalo principale della Calabria per aggiungere qualche informazione nuova. E chissà che non attragga più turisti di quelli arrivati grazie allo spot girato da Muccino.

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    Non solo spiagge, parchi o arte in Calabria: l’importanza di avere un aeroporto internazionale

    Stando alla nuova versione della pagina web, infatti, Lamezia «ha molti luoghi di interesse e attrazione turistica». E infatti si è dotata «di un aeroporto internazionale che faciliti l’arrivo di porno turisti da qualsiasi parte del mondo». Mica possiamo lasciare l’intero mercato alla Thailandia o qualche stato del Centro o Sud America. Poi non è detto che da un’altra parte si riescano a trovare «chioschi, freeshop e negozi di articoli da regalo youporn per acquistare quei prodotti o dettagli che hai dimenticato». La memoria a volte gioca brutti scherzi, meglio non rischiare, no?

    Senza contare che ci sono i servizi – o, forse, i servizietti a questo punto – aggiuntivi. La pagina modificata del sito dell’aeroporto di Lamezia spiega che a disposizione dei viaggiatori ci sono «telefoni pubblici, posta, punti informazioni». Ma, soprattutto, «sale pornhub VIP», che per ingannare il tempo prima della partenza potrebbero rivelarsi più attrattive dei soliti bar e negozietti di souvenir.

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    Neanche l’aeroporto di Bangkok offre servizi aggiuntivi come quelli dello scalo lametino

    «Senza dubbio, questo aeroporto ha le caratteristiche necessarie per assistere e fornire un servizio di eccellente qualità ai viaggiatori», si legge ancora. Se la nuova Sacal a gestione pubblica sarà in grado di confermarlo non è detto. In qualsiasi caso per i viaggiatori in cerca di altri servizi c’è sempre la vecchia provinciale nei dintorni di Lamezia stessa. Lì parte delle novità previste per lo scalo dal sito sono in funzione da diversi anni ormai e in bella vista. A occuparsene, tante ragazze disperate ai bordi della strada, in abiti succinti e pose inequivocabili.

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    Se da Lamezia ci si vuol spostare verso la “vicina” Perugia…
  • Un arcivescovo senza cattedrale lo trovi a Catanzaro

    Un arcivescovo senza cattedrale lo trovi a Catanzaro

    «Oggi mi costa non poter fare il mio ingresso sedendomi sulla sedia episcopale in Cattedrale, è un piccolo dispiacere. Vengo da una diocesi in Puglia in cui avevo la Cattedrale chiusa per restauri, ma con la differenza che erano restauri di qualche mese, mentre qui ho capito che servirà diverso tempo. Mi sono già affacciato dall’Episcopio: è una brutta visione, chiusa e abbandonata. La voglio prendere come una sfida. Non so per quali problemi sia chiusa, li posso immaginare, ma farò di tutto perché torni a splendere».

    Cinque anni dopo

    Domenica 9 gennaio era il giorno di insediamento di monsignor Claudio Maniago nella Diocesi di Catanzaro-Squillace. Il nuovo arcivescovo metropolita non si era nemmeno presentato alle autorità cittadine e già commentava con amarezza lo stato dell’arte sulla riapertura del Duomo, attesa ormai da un quinquennio. A seguito del crollo di parte del soffitto, infatti, l’edificio è chiuso da gennaio del 2017. Cinque lunghissimi anni che, dopo una serie di indagini tecniche sulla struttura e il suo interno, non sono bastati per veder partire i lavori di messa in sicurezza e di restauro. In compenso la piazza antistante e l’entrata del Duomo stesso, recintate da pannelli, sono diventate un parcheggio di auto affastellate l’una sull’altra.

    Auto in sosta nell'area recintata
    Auto in sosta nell’area recintata

    L’anniversario saltato

    Negli ultimi giorni del 2021 ricorrevano i 900 anni dalla costruzione della Cattedrale di Catanzaro, nessuno però ha potuto festeggiare. Era il 1121 quando Papa Callisto II la consacrò dedicandola a Santa Maria Assunta ed agli apostoli Pietro e Paolo. Numerose le stratificazioni di stili che, di restauro in restauro, nel corso dei secoli ne hanno modificato l’aspetto originario. La Cattedrale di Catanzaro subì poi una ulteriore trasformazione per i pesanti danni causati dai bombardamenti degli Alleati nel 1943. A inizio 2017 il crollo e la chiusura, con i lavori di somma urgenza per rimuovere l’impianto del campanile e l’area recintata e interdetta al pubblico.

    Le indagini sulla Cattedrale

    La Cattedrale di Catanzaro
    La Cattedrale di Catanzaro

    Il segretariato regionale del Ministero della Cultura, diretto da Salvatore Patamia, ha commissionato una serie di indagini conoscitive. Prima di avviare il restauro, ditte specializzate, dipartimenti universitari, tecnici e professionisti hanno dato il loro parere tecnico e scientifico sulle condizioni della chiesa, predisponendo la documentazione ed effettuando i rilievi necessari a far sì che l’edificio riapra. Nel frattempo si è arrivati all’estate scorsa, quando Invitalia ha finalmente pubblicato un bando per i lavori di restauro. Solo che riguarda solo la loro progettazione per il momento.

    L’attesa si allunga

    A settembre sono scaduti i termini per presentare le offerte. Dall’ufficio stampa di Invitalia sostengono che «nelle prossime settimane» dovrebbe arrivare anche l’aggiudicazione definitiva, salvo ricorsi, con la scelta dei progettisti. Il soggetto vincitore avrà 135 giorni per consegnare gli elaborati finali, poi toccherà rimettersi in attesa. A quel punto, infatti, bisognerà aspettare un nuovo bando, quello per affidare i lavori di restauro veri e propri. In sostanza, sembra che nella migliore delle ipotesi i cantieri apriranno a fine anno, quindi per riaprire il Duomo al pubblico servirà altro tempo. A pagare gli interventi di restauro saranno la Regione e il Ministero della Cultura, che hanno stanziato oltre 6 milioni di euro. Il Vaticano, invece, non pare nutrire grande interesse per la questione, al punto che il nuovo arcivescovo si è sentito in dovere di alzare la voce. Chi vincerà la gara, insomma, avrà gli occhi di Maniago puntati addosso.

    Niente adeguamento antisismico

    «Perché ancora non abbiamo la progettazione finale? Stiamo terminando – dice Patamia – le offerte tecniche della gara. La Cattedrale di Catanzaro – continua – sta crollando e bisogna partire dalle fondazioni, è stato fatto perciò un grande lavoro di diagnostica. Per tre mesi è stato tutto bloccato perché sono state trovate delle ossa umane all’interno della chiesa. È intervenuta la Procura: si trattava di alcuni preti sepolti lì nell’800. Non sarà possibile l’adeguamento antisismico, la struttura presentava ricostruzioni abusive e non conformi. Ma ci sarà un importante miglioramento in questo senso: la reputo una grande soddisfazione perché questo sarà un caso scuola». E le macchine parcheggiate nel piazzale antistante il Duomo di chi sono? «Per motivi di sicurezza abbiamo fatto un accordo con la Guardia di Finanza e ci mettono le loro auto».

    Quando riaprirà la Cattedrale?

    La piazza sarà probabilmente più sicura così, ma lo stesso non si può dire del destino dei fedeli che vorrebbero riavere la loro Cattedrale. La Catanzaro cattolica era già scossa dalle dimissioni, improvvise e senza alcuna spiegazione, dell’ex vescovo Vincenzo Bertolone nei mesi scorsi. I 5 anni – per ora – con il Duomo a porte chiuse non contribuiscono ad aumentare il buon umore nella comunità. Il crollo della struttura, dichiarata di interesse culturale e sotto vincolo, era solo un piccolo campanello d’allarme dei problemi attuali. Quanto tempo dovrà passare ancora prima di poter vedere riaperta al culto la Cattedrale?

  • IN FONDO A SUD | Catanzaro, la capitale del gran bazar calabrese

    IN FONDO A SUD | Catanzaro, la capitale del gran bazar calabrese

    […] Catanzaro è città complicatissima da raccontare in poche pagine, da fotografare in poche immagini. È impossibile tenerla ferma, costretta in posa. La sua dialettica è instabile, un’altalena di sensi opposti, oscillanti tra alto e basso, salite e discese. È un luogo sfuggente, molteplice, contrastante. L’intera fisionomia della città ha qualcosa di pericolante, sgangherato e diffratto. Sembra percorsa da una corrente alternata.

    Fuggito da Catanzaro per diventare Rotella

    Come la stessa ansia esaltata di una di quelle affiche cinematografiche fatue e sognanti sovrapposte alle vecchie pubblicità annonarie e alle belve circensi graffiate e strappate via in un gesto di sfregio carico di furiosa rabbia creativa, alla maniera iconoclasta di Mimmo Rotella. Mimmo Rotella, che fu il suo più grande e geniale artista-simbolo. Che da Catanzaro, per poter diventare Rotella, però, è fuggito, anche lui, prestissimo.

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    Un’opera dell’artista catanzarese Mimmo Rotella
    Il Marc Augé che non ti aspetti

    Qualche anno fa nel corso di un viaggio di studio in Calabria, a vedere Catanzaro c’ho portato in visita Marc Augé. Eravamo in macchina, guidavo io, lui guardava fuori: dopo un’ultima curva, sbucati dalla caverna buia del tunnel Sansinato, Catanzaro si parava improvvisamente davanti, alta fino al cielo: il suo skyline scosso da una specie di onda sismica di cemento e bastioni fatti di palazzoni in technicolor aggrappati a casaccio su una rupe a precipizio tra i due mari, in cima alla vertigine arcuata del ponte Morandi. E Marc Augé, l’antropologo inventore della nozione di “non luogo”, l’esegeta delle metropoli contemporanee e delle società post-tutto, davanti a questa sorprendente visione, ha esclamato, colmo di stupore: “et voilà Catanzaro!, c’est extraordinaire!”.

    L’antropologo francesce Marc Augé

    Non si sbagliava l’antropologo dei non luoghi, già a prima vista Catanzaro è un posto è sorprendente. La visione di quello che ti viene addosso dall’auto prima di infilare la bretella che sale fino al Ponte Morandi è senza scampo. Sbuchi fuori ed è un muro di palazzi e palazzoni, di case vecchissime e nuovissime, screpolate e compatte, alte fino al cielo, nude e malinconiche come l’azzurro allucinato dello Ionio.

    Catanzaro è un inganno del tempo

    La città nuova si rovescia ben oltre l’argine di creta grigia dalle colline di Germaneto, l’antico granaio del suo contado. I cantieri fervono, a ritmi folli, incessanti. Questo terreno incerto su cui avanzano le ultime propaggini urbane sfrangiate dalle ruspe dei cantieri e spellate da un vento proverbiale, è il lembo più stretto d’Italia. Oggi è la trincea fluttuante di una terra di confine. Eppure all’alba, da lontano, Catanzaro, la città capitale della Calabria di oggi, potrebbe ancora apparire a un viaggiatore sonnolento e svagato un antico caravanserraglio chiuso tra le dune di un deserto orientale. Un inganno del tempo.
    Catanzaro ha le sue stranezze, un’astuzia delle forme apparenti fissate nel suo carattere paradossale, è il suo contrassegno, il distintivo perdurante.

    Un capoluogo con l’anima da strapaese

    È diventata città e capoluogo nonostante la sua ristrettezza da strapaese, l’isolamento e l’incredibile discontinuità spaziale. La fame insoddisfatta di spazio contrapposta all’abitudine atavica alla separatezza e all’abbarbicamento, qui ancora contano molto. Specie oggi che ogni cosa è cresciuta a dismisura. Catanzaro non ha mezze misure, qui tutto pare da un momento all’altro frenetico o stagnante. Dopo l’agitazione folle del mattino, c’è la gora languente della controra catanzarese. La città si svuota. Certi pomeriggi d’estate il Corso rovente è divorato dai soffi riarsi dello scirocco. Circolano solo i matti e qualche furtiva ombra umana risucchiata dal caldo, fantasmi che slittano via attaccati ai muri.

    Tra i cubicoli delle sua antica cittadella murata Catanzaro ridiventa provincia meridiana e orientale: i suoi cento caffè a tutte le ore (un rito: tu pijjhasti u’ ccafhhè?), i baretti sempre affollati, il sapido cibo di strada (c’è in città un’Accademia che celebra il culto interclassista del Morzello, la sua piccante zuppa di trippe e interiora), il discutere a crocchi, lo sfottò ferocissimo, il dialetto ostentato come lingua scettica e iniziatica, il lento passeggio sul corso.

    Il Paparazzo di Fellini era un oste di Catanzaro

    Catanzaro un tempo nota per la fiorente arte della seta e dei velluti ereditata dai fondatori bizantini e dagli ebrei della diaspora mediterranea, conserva uno spazio residuale per la storia e l’aneddotica. Qui vi sopravvivono le sue espressioni più ineffabili e vistose, i suoi linguaggi mischiati, le sue figure più umane paradossali. I “cathanzarisi”, con le loro posture sguincie, gli ammicchi teatrali, le sue stradine stravolte dal traffico che sale addosso ai pedoni. Questa città sta dentro il mondo contemporaneo con un suo certo particolarissimo stile. Come quel Coriolano Paparazzo, il “grumpy hotelier”, l’oste affettato e petulante proprietario dall’Albergo Centrale (sull’attuale Corso Mazzini), di Catanzaro, di cui lo scrittore vittoriano Georg Gissing, di passaggio da questa “cima ventosa” nel 1897, lascia una gustosa e memorabile descrizione nel suo diario di viaggio. Ritratto che non sfuggì a Fellini, che in crisi creativa, tra le more della sceneggiatura de “La dolce vita”, spostò il senso di quel cognome ruzzante così tipicamente catanzarese e ne fece il famoso nomignolo del suo reporter, fissando così l’appellativo che designa ancora oggi universalmente i fotografi d’assalto.

    I paparazzi della Dolce Vita di Federico Fellini

    Un altro risarcimento culturale che curiosamente, per l’eterogenesi dei fini così frequente nella vicenda catanzarese, la città del ponte e del vento ha regalato al mondo. Come ricorda anche una targa-memoriale apposta dal Comune nel 1999 sul luogo del fatidico incontro cittadino tra lo scrittore vittoriano e quel catanzarese doc.

    Dopo un po’ sei “amicu meu” ma non troppo

    Del resto a Catanzaro è facile sentirsi ospite. Fare amicizie e, pure, inimicizie durevoli. La gente ti vuole conoscere, ti annusa e accoglie, cordiale, manierosa, e circospetta e diffidente insieme. Non importa da dove vieni, dopo un poco sei “amicu meu”. Ma dopo anni qui non ti levi mai di dosso la sensazione che resterai comunque altro, separato da loro, come uno straniero tenuto sempre sotto osservazione, un avventizio in uno stato precario. È una città che dissimula e ti tiene in sospeso Catanzaro. Ti fa sentire di passaggio, in equilibrio sulla soglia, sempre un po’ indecisa sul da farsi.

    Città dove contano le superfamiglie e i segreti indicibili

    Catanzaro è resistente, fortemente identitaria. Basta a se stessa. Con poco meno di 89mila abitanti, Catanzaro è una città conservatrice, sfiancata dagli intrighi, da vizi strapaesani e da inossidabili e nostalgiche liturgie sociali. È chiusa in cerchie impermeabili, raccolta intorno a superfamiglie, consorterie sempiterne e a segreti non sempre dicibili.

    Piazza Matteotti e via Indipendenza a Catanzaro
    Cosa scrivono Strati e Alvaro

    Un romanzo (dimenticato) dello scrittore Saverio Strati, “È il nostro turno”, pubblicato da Mondadori nel 1975, rappresentava una Catanzaro post-bellica attardata negli anni 50’ in un’atmosfera da ancien régime, esasperata da povertà e disagi materiali e dalle sue angustie provinciali da nobiltà decaduta. Il realismo di Strati metteva a nudo il carattere ipocrita, pavido e valetudinario dei piccoli burocrati e della classe media catanzarese. Prima di lui Corrado Alvaro, che a Catanzaro si formò e fu allievo del Collegio Galluppi, degli ambienti culturali e della vita cittadina a sua volta aveva scritto in modo acre e penetrante in “Mastrangelina” (uscito postumo nel 1960).

    Città di burocrati bocciata da Pasolini

    Le chiusure e l’ostinato narcisismo, “l’esasperazione rituale” di certi tratti del costume cittadino non sono sfuggiti neppure a un reportage di viaggio di Pier Paolo Pasolini, che in visita in Calabria, era di passaggio per le vie di Catanzaro nell’aprile del 1964, in compagnia di Elsa Morante, alla ricerca di volti interessanti per il suo “Vangelo secondo Matteo”. «Sono stato più volte a Catanzaro ed ho avuto sempre la stessa sensazione. Come tutte le città burocratiche, è una città un po’ triste e deprimente. Ha un aspetto un po’ caotico e confusionario, ma sempre grigio ed amorfo. Non credo che possa considerarsi vita e quindi vivacità quella che caratterizza un certo tipo di società medio borghese, in cui i problemi, le ansie, le attività, nascono solo dalle preoccupazioni individualistiche di una grigia classe impiegatizia».

    Una Metropolis da fumetto

    Oggi Catanzaro incombe e svetta sui valloni quasi come una Metropolis da fumetto futuribile disegnata a mano libera sul canyon della Fiumarella, il profondissimo dirupo naturale che un tempo la separava dal mondo. Migliaia di veicoli che arrancano sulle corsie intasate e verso i ponti, risalendo come una corrente inversa la cima della città. Sembra la vecchia fotografia di un luogo arcaico simile a un forte medievale, un nido d’aquile o l’acropoli antica di una polis sorta a guardia dei due mari. Le vecchie mura del forte di San Giovanni e il suo centro storico fitto di piccole case costruite da arabi e bizantini resistono disperatamente aggrappate sul filo del precipizio, simili a naufraghi abbracciati agli scogli di un’isola.

    Prova a trovare un parcheggio

    Il traffico è impressionante, non c’è mai un parcheggio. Si continua a costruire negli interstizi, tra un vuoto e l’altro si elevano le gru. A Catanzaro ogni cosa si presenta in salita, stretta, cabrata verso l’alto. Puntualmente, ogni volta che ci arrivo, il colpo d’occhio mi sfrena verso certe sensazioni profonde e incontrollabili. Catanzaro scatena irrequietezze. Ha inquietudini erotiche e languori, qualcosa che mi ricorda sempre l’inizio e la fine di certe oscure e intricate storie d’amore.

    Un emblema del Sud di adesso

    Vista più da vicino ti accorgi che la Catanzaro che oggi si affaccia dal suo ponte sequestrato e malsicuro (ma dal traffico sempre ininterrotto) che spicca su questo panorama ondeggiante tra svincoli e flying bridges da far invidia a Los Angeles, è davvero, forse più di altre, una città-emblema del Sud di adesso. Caotica e annoiata, avvolta come un ottovolante dal traffico delle ore di punta e orlata da una spessa e screziata cortina di grandi edifici e palazzoni nuovi che si superano in altezza e tracimano passando come un’onda di cemento da un vallone all’altro, da un ponte all’altro. Uno spettacolo sempre impressionante. In uscita, verso il tramonto, un altro punto di vista cade sulla crosta ininterrotta di case e palazzi cresciuti ex novo a catasta, in un enorme intrico di vani, svincoli e anelli di circonvallazione, cubature e prospettive fuori scala, quasi a formare un vasto ed esteso termitaio umano.

    C’erano una volta le aquile di Palanca

    Altro che Magna Graecia delle migliori annate, come proclamano di queste contrade sconvolte le guide di un turismo nostalgico. Ma anche la Catanzaro del XXI secolo a suo modo resta tributaria dei miti. Un mito suo, araldico, nobiliare, da primatista, molto auto-costruito, sempre preteso e mai conquistato, che risorge ogni giorno anche come tema politico e civico. Un leitmotiv rinfocolato e respirato dai catanzaresi come tema identitario che si impone assumendo spesso le forme di un delirio collettivo piuttosto sconnesso. Dopo la crisi della politica, si pensi al tifo e alla squadra delle aquile giallorosse, che è dai tempi dello storico gol segnato nel 1972 da Mammì alla Juve e dalle gesta funamboliche del mitico bomber–tascabile “Massimé-pari-‘na-molla-Palanca” (tripletta alla Roma nel 1978) non riesce più a rinverdire i suoi allori calcistici, galleggiando con frustrazione crescente dei tifosissimi locali nelle sabbie mobili di una serie C molto maldigerita per le pretese di pubblico e dirigenti cittadini.

    Un posto da antropologia del disordine

    Passano gli anni e Catanzaro la osservo, come faccio sempre ogni volta che ci ritorno; resta lì come un geroglifico disegnato tra il ponte e il cielo meridiano. Sono un irrequieto, e il mio è mestiere che si fa in movimento. Ma Catanzaro si è infilata dentro il mio lavoro, e dentro la mia vita come un ospite. Sono quasi una trentina d’anni ormai. È qui, nella città capitale di quelle che una volta erano le vecchie “Calabrie” degli scrittori del Grand Tour, che faccio quella che Marc Augé chiama “antropologia della prossimità”, l’antropologia di quello che vivo e vedo da vicino, di quel che siamo, piaccia o no. Col tempo dentro questi sguardi incrociati Catanzaro è diventata così anche il luogo di molte pagine della mia scrittura. Dovrei dire, dopo tutto questo via vai, che la città dei ponti e del vento si è presa un posto, un posto non da poco, anche nella mia vita. È un luogo interessante per uno come me. È un posto da antropologia del disordine sudista. Anzi, per me, è la già a modo suo la capitale post-moderna del gran bazar calabrese.

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  • IN FONDO A SUD | Catanzaro e il ponte di Babele

    IN FONDO A SUD | Catanzaro e il ponte di Babele

    Povera Catanzaro. Il suo destino sembra giocarsi di continuo tra le pretese di grandeur provinciale e suoi sogni di egemonia regionale, e i pesanti risvegli che puntualmente gettano la città capoluogo nel fango delle cronache. Molto spesso quelle giudiziarie. Come la recente inchiesta della DDA catanzarese, che dopo la tragedia del ponte di Genova ha fatto in tempo a far luce sugli appalti truccati del ponte di Catanzaro, inquinati da affaristi senza scrupoli e funzionari corrotti in combutta per lucrare sui finti lavori di messa in sicurezza del Ponte Morandi.

    Ponte Morandi totem identitario di Catanzaro

    Già, dici Catanzaro e ti figuri il ponte. L’opera pubblica-simbolo che di Catanzaro è diventata il totem identitario. La sua più grande celebrità. Era il 1963, appena pochi mesi dopo il taglio del nastro, e lo scorcio iconico di modernità raggiunta con il ponte, arditissima opera di ingegneria ammirata in tutto il mondo, entra eloquentemente in campo e conquista la scena in “La ballata dei mariti”, pellicola diretta da Fabrizio Taglioni, e interpretata da Memmo Carotenuto, Marisa Del Frate e da un calabrese di successo come Aroldo Tieri, protagonista di questa non indimenticabile commedia all’italiana, tutta di ambientazione calabro-catanzarese – anche molti interni furono girati in centro a Catanzaro, in quello che allora era l’elegante Albergo Moderno, altro vanto cittadino dell’epoca.

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    Il Grande Albergo Moderno di Catanzaro in una foto d’epoca
    Vista dal ponte, bella o brutta che sia

    Il viadotto sulla Fiumarella come fosse il suo ponte di Brooklyn, disegna ancora oggi il punto più alto e scenografico dell’inconfondibile skyline catanzarese. Vista da lì sopra, così com’è adesso, l’intera città, bella o brutta che sia (guai a sminuirla, Catanzaro per i catanzaresi è Parigi), è un museo all’aperto, il paradossale santuario di se stessa. Tutta la città trae identità proprio da questo suo simbolo identificativo, il brand sacrilego e universale del Ponte Morandi. Ancora oggi porta principale e unica via d’accesso alla città dal versante occidentale.

    Questa è la più vera scultura concreta di Catanzaro, coessenziale alla città edificata in verticale dal calcestruzzo vertiginosamente innalzato come una ininterrotta torre di Babele dagli anni del boom fino a oggi. Il ponte che ancora oggi svetta sulla piccola Catanzaro storica è un’opera formato king size degna dell’enfasi impacchettatrice di un Christo, il monumento al presente in cui Catanzaro si celebra al suo meglio (e ora, stando alle cronache giudiziarie, anche al suo peggio).

    L’unico ponte rimasto in piedi dei tre gemelli

    Ogni volta che ci passo sfidando in auto il traffico delle ore di punta – qualche volta anche a piedi, esperienza, assicuro, da escursionismo no limits -, mi vengono i brividi pensando all’incredibile e inavvertita sottigliezza di quel lungo arcone in calcestruzzo armato, opera capolavoro degli anni del boom, universalmente conosciuta e celebrata. Costruito tra il 1959 e il 1962 su progetto dell’architetto Riccardo Morandi, quello di Catanzaro fu a lungo il primo ponte ad arco al mondo per ampiezza tra quelli a campata unica (l’unico rimasto in piedi di tre che gemelli che furono costruiti).

    Il vento di Catanzaro

    Il viadotto di Catanzaro, che un tempo sorgeva dal nulla tra i valloni coperti di ulivi e fichi d’india, si apre sulla città che oggi si disegna ininterrottamente da un capo all’altro dell’orrido spalancato sotto i palazzoni aggrappati all’orlo dei burroni in secca che scivolano verso le rive dello Ionio. È come una vertiginosa passerella tibetana, spaventosamente oblunga e tesa su una sola gettata di calcestruzzo che copre una luce di quasi mezzo chilometro.

    Uno scenario astruso e indimenticabile che diventa ancora più impressionante in una giornata d’inverno. Quando una formidabile tramontana (il famoso vento di Catanzaro) soffia feroce come una bora e scuote le tre corsie automobilistiche e le due sottili fettucce pedonali che corrono ai lati del ponte infinito. Un vento così forte che imperversando sulla città cupa e infreddolita, culla il ponte e chi ci passa sopra per tutta la sua luce, accompagnando il transito con un sinistro dondolio.

    I nuovi quartieri lungo la Statale 106

    Sotto e intorno al ponte Morandi (poi ribattezzato “viadotto Bisantis”) la città dei due mari continua a riprodursi a soverchio più giù, avvampata dai rivoli di una colata di cemento che parte in alto dai colli della vecchia “Catanzaru”. Il centro antico raggomitolato intorno all’intrico di vicoli e vecchie case strette sulle mura del forte di origine araba e bizantina. Un riflusso ardente che si spegne solo quando il fiume di cemento tocca il doppio confine sull’orlo dei due mari dell’istmo, fino al lato della valle del Corace chiusa dalla grande borgata marina di Lido. Quasi 10 km più giù del ponte in riva allo Ionio, tra la Cittadella Regionale, l’Università Magna Graecia e la teoria dei quartieri nuovi cresciuti lungo la 106 ionica.

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    La Cittadella regionale

    Sono i luoghi dispersi in cui tra grandi centri commerciali, raccordi trafficati e lungomari affollati, fermenta la vita dei “marinoti” catanzaresi. Qui vivono i nuovi abitanti di quella grande periferia che forma la Catanzaro del XXI secolo, che a quella vecchia sembra aver voltato definitivamente le spalle. Un vero e proprio centro sdoppiato che del corpo smembrato della città tra i due mari rappresenta già magna pars.

    Capitale della Calabria

    Ripassando a memoria molte delle vicende recenti di Catanzaro, capoluogo che ciclicamente reclama per sé il ruolo di “Capitale della Calabria”, anche invocando – accade proprio in questi giorni – una “legge speciale” che ne sancisca lo status, da antropologo e scrittore sono tornato ad interrogarmi, quasi in forma di apologo, sulla sua condizione sempre oscillante tra avvilimento ed esaltazione. A partire da una serie di storie e di circostanze rappresentative della sua avventura recente, ed esemplari anche della sua contrastata e contraddittoria immagine di città.

    La felpa di Beppe Grillo

    In una campagna pubblicitaria di molti anni fa, Beppe Grillo, allora in versione “solo comico”, si era prestato a fare da testimonial tv per una insolita serie di spot dello yogurt Yomo. Mentre gesticola e motteggia al suo solito modo, in questa buffa situazione (immortalata in sei o sette spot prodotti e andati in onda all’epoca), spicca un dettaglio dell’abbigliamento del comico. Grillo indossa una tipica felpa sportiva da college USA, che porta scritto, ben visibile e in un inglese a lettere cubitali, il logo “University of Catanzaro”.

    Non ricordo se a quei tempi l’università a Catanzaro ci fosse già. Credo di no. Comunque la felpa “americana” indossata da Grillo era come se dicesse che nessuno in Italia poteva sognarsi che esistesse un ateneo con quel nome, in una città improbabile come Catanzaro. Il solo pensiero che all’epoca qualcosa come un’università potesse spuntare in un posto sgarrupato e arcaico come Catanzaro (questo era il sentiment di quel sottotesto) creava da solo un calembour così illogico e comico che quella felpa bastava a far ridere il pubblico di tutta Italia.

    University of Catanzaro

    In realtà anni dopo a Catanzaro la prima facoltà universitaria, distaccata da Napoli, fu quella di Medicina, mentre di sicuro c’era già l’Accademia di Belle Arti, anche quella popolata in origine da una colonia di docenti e artisti napoletani. L’Università di Catanzaro, quella vera, nel frattempo è nata ed è cresciuta assai. Nel 2012 finì nel mirino della Procura della Repubblica per un’inchiesta con 97 indagati, tra docenti, impiegati e studenti della facoltà di Giurisprudenza – eh, sono tradizioni -, per esami, lauree e carriere farlocche. Vicenda passata, che peraltro consolida l’immagine, non proprio amichevole, già fissata a futura memoria nell’immaginario proprio da quella prima agnizione comica di Grillo.

    Lo spot è ancora lì su Youtube, che raccoglie sghignazzi per quella citazione politically uncorrect che motteggia e schernisce ferocemente la città del Ponte (Morandi) e delle tre V (Velluto, Vento, san Vitaliano), poi sede del chimerico ateneo catanzarese. «Ammè me piace! Troppo bella la felpa University of Catanzaro!». «Sì, troppo bella la felpa University of Catanzaro», scrive nel blog filogrilliano “lostinthesky”, un anonimo commentatore. Seguono numerosi cazzeggi e altrettante promesse di feroci vendette pronunciate da incazzatissimi utenti catanzaresi, ancora oggi feriti a morte dalla trovata comica di quella felpa derisoria di Grillo.

    La Catanzaro sovversiva va a Cosenza

    Fu invece l’Unical, sorta alla periferia di Cosenza, che divenne negli anni ‘80 il rifugio dell’intellighentzia protestataria e sovversiva di mezza Italia, guidata dal fisico Franco Piperno, nato catanzarese, come i filosofi Giacomo Marramao e il compianto Mario Alcaro, quest’ultimo, anche lui docente all’Unical, teorico che fu tra i fondatori del “Pensiero Meridiano”. Poi c’è, tra i testimoni di quella stessa generazione, il regista Gianni Amelio, che alla Catanzaro della sua non agevole formazione giovanile trascorsa al liceo Galluppi, e alla decisione della sua salvifica fuga dalle angustie e dai moralismi catanzaresi dei primi anni ’60, ha dedicato pagine intrise di nostalgica cattiveria nel suo romanzo “Politeama”

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    Il teatro Politeama di Catanzaro (foto Antonio Cilurzo)

    Intitolato proprio come il vecchio e un po’ equivoco cinema-teatro cittadino. Politeama riesumato nelle linee eclettiche e zuccherose del nuovo monumentale teatro cittadino catanzarese, le cui forme ricordano per sovrabbondanza e discrezione gli strati di una sorta di enorme torta “gateau mariage”, opera pubblica firmata negli anni ’90 dall’archistar Paolo Portoghesi, divenuta in breve celebratissima gloria e vanto della Catanzaro dal look rifatto dei giorni nostri.

    Il Tribunale controverso

    Per secoli Catanzaro è rimasta, prima di quel fatidico ponte, una lontana città di provincia delle Calabrie, sepolta quasi in fondo a Sud. Un capoluogo minuscolo, scosso da un vento proverbiale, arroccato nella sua tradizione bizantina fatta di legulei, di prelati e massoni intriganti, di funzionari di governo e sottogoverno, di caserme, ospedali e distaccamenti militari.

     

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    La sede della Procura di Catanzaro

    Il tribunale della città, ben prima degli scossoni prodotti dalle ultime inchieste di Gratteri, era noto per investigazioni fumose e processi nebbiosi, lentissimi e spesso controversi. Vi transitarono, per insabbiarvisi definitivamente, alcuni dei più scottanti processi politici, stranamente scivolati fin qui dal lontano Nord. Misteri italiani che vanno da Piazza Fontana ai tentativi di golpe destrorsi, dalle trame mafiose alle lobby politico-massoniche.

    Tradizione durevole all’intorbidamento giudiziario, se scendendo per i rami si arriva fino al più recente affare “Why not” e alle indagini di Luigi De Magistris, che qui come magistrato inquirente finì defenestrato e dovette darsi alla politica. A Catanzaro, è risaputo, la giustizia aveva, e ha, secondo i gusti, vita facile o difficile, amministrata com’è tradizione da punti di vista e interessi piuttosto fungibili.

    Effetti collaterali desiderabili

    Ma la fitta cronaca giudiziaria e la lunga tradizione legulea catanzarese annoverano pure qualche risvolto diversamente utile e narrano anche di qualche effetto collaterale molto più fortunato. Fu infatti qui a Catanzaro che nel 1969 capitò per sbarazzare più agevolmente la pratica dei suoi esami di procuratore legale, a repentina chiusura di una svogliata vocazione di avvocato dalla carriera subitamente abortita, il non ancora cantautore Paolo Conte.

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    Il cantautore Paolo Conte ha fatto gli esami d’avvocato a Catanzaro prima di dedicarsi alla musica

    Conte era uno di Asti che aveva fatto il militare come aviere a Cosenza. Seppe così che per diventare avvocato Catanzaro era la miglior piazza d’Italia, con ottime facilitazioni “ambientali” (lo sa pure la ex ministra Gelmini, anche lei generosamente transitata dagli esami di procuratore legale tra queste aule felpate). Mentre veniva giù in interminabili tradotte in treno da Asti, sapendo cosa lo aspettava a Catanzaro, città provinciale che ancora oggi non offre grandi distrazioni, aiutato dalla trance esotica del jazz e dalla noia di un alberghetto del centro, l’avvocato di Asti componeva da queste parti le sue prime stralunate canzoni.

    Per l’eterogenesi dei fini così comune nelle faccende della Calabria e di Catanzaro, la città dei tribunali e delle caserme, dei ponti e del vento, può in fondo vantare questo suo accidentale e fortuito primato: aver causato un transito vocazionale, trasformando un procuratore legale di Asti scarso e frustrato in un immortale poeta della canzone d’autore. [CONTINUA…]

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