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  • Il “caso” Nello Costabile: così Catanzaro vince anche il derby della cultura

    Il “caso” Nello Costabile: così Catanzaro vince anche il derby della cultura

    Il 18 dicembre, nell’Aula Magna dell’Accademia di Belle Arti di Catanzaro, il regista cosentino Nello Costabile è stato insignito della laurea honoris causa in Cinema, Fotografia e Audiovisivo. Prendendo in prestito il gergo calcistico, potremmo dire che è il secondo derby tra Catanzaro e Cosenza che hanno vinto i giallorossi quest’anno. Certo non parliamo di una partita di pallone quanto, se così possiamo definirla, di una competizione culturale. E l’ABA ha prevalso sull’Università della Calabria, che pure può vantarsi di aver istituito in Italia il secondo corso di laurea in DAMS dopo quello di Bologna. Restando alla metafora calcistica potremmo dire che qualcuno, per comodità o poca lungimiranza, gioca a Subbuteo mentre altri guardano a sfide internazionali, dando i giusti riconoscimenti alle nostre eccellenze.

    Perché una laurea a Nello Costabile

    La laurea honoris causa è arrivato per l’impegno profuso dal Maestro Costabile per l’affermazione del teatro professionale in Calabria e per il lavoro svolto a livello nazionale ed europeo. Il titolo accademico onorifico trova, infatti, riscontro nella seguente motivazione: “Per gli studi e le ricerche sulla regia contemporanea, sul gesto come elemento trasversale tra i generi, sulla maschera di Giangurgolo e sul suo ruolo nella Commedia dell’Arte. Per la sua instancabile attività a favore della ricerca e della formazione teatrale che da oltre 40 anni lo vede impegnato nella creazione di un teatro d’arte per le giovani generazioni e l’area della disabilità non solo nella nostra terra, ma in un più ampio contesto europeo con rapporti di collaborazione con network teatrali di rilevanza transnazionali”.
    Eppure questo riconoscimento poco spazio ha trovato sulle pagine dell’informazione regionale, a conferma di quanto il nostro teatro e le sue maestranze vengano marginalizzate, ignorate e sottovalutate.

    Il precedente

    Nello Costabile ironizza dicendo che questo è un cerchio che si chiude e ricorda che all’inizio della sua carriera, nel 1977, proprio Catanzaro gli aveva conferito il IX Premio Nazionale di Teatro, Musica e Poesia per il miglior testo e la migliore regia per lo spettacolo “Maschere e diavuli- Frammenti di un teatro popolare”.
    Ma la carriera del Maestro tutto può dirsi meno che conclusa. Nello Costabile continua il suo lavoro di ricerca sulle relazioni trasversali tra le discipline dello spettacolo dal vivo, un lavoro artistico, di regia e di pedagogia che si sviluppa in un continuo confronto tra tradizione e nuove tendenze della scena, guardando al teatro di figura, alla maschera, alle arti visive, al nuovo circo, alla danza, alle nuove tendenze musicali, alla riscoperta della marionetta, tutto in  un possibile incontro con le nuove tecnologie.

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    Uno scorcio dell’ABA di Catanzaro

    Possiamo considerare la lunga esperienza professionale di Costabile come parte di un patrimonio immateriale della nostra cultura e in virtù di quanto afferma François Jullien, non dobbiamo pensare che si tratti di valori immobilizzati, quanto di un qualcosa che possa servire da trait d’union tra la tradizione e il futuro culturale da costruire. Il patrimonio culturale deve dialogare con il presente per costruire un futuro, questo è possibile a patto che le istituzioni ne favoriscano il confronto. Allora Costabile può essere quel ponte tra la storia del teatro fatta dai grandi maestri delle avanguardie europee degli anni ’70 del ‘900 con un presente non ancora storicizzato e difficilmente classificabile.

    Nello Costabile e la sua carriera

    Il direttore dell’Accademia, Virgilio Piccari, insieme ad un’ampia commissione di docenti e rappresentanti degli studenti, ha conferito il diploma al regista calabrese riconoscendo il valore della storia professionale del maestro. Ripercorrere le tappe di una lunga e proficua carriera risulta difficile nel ristretto spazio di un articolo, ma già una sintesi sottolinea la ricchezza di una vita dedicata al teatro.
    Tra i maestri di Costabile è doveroso menzionare la regista teatrale e cinematografica francese Ariane Mnouchkine e la sua conseguente formazione presso il Théâtre du Soleil, il maestro Peter Brook dal quale ha appreso i fondamenti della messa in scena, del lavoro con la maschera e l’importanza dell’uso del corpo per il lavoro dell’attore.

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    Jerzy Grotowski

    Nel 1975 l’incontro con Jerzy Grotowski nel Laboratorio di Wroclaw in Polonia, e per la Biennale di Venezia partecipò al “Progetto speciale Jerzy Grotowski, lavorando con Ludwik Flaszen, co-fondatore insieme a Grotowski del Teatro Laboratorio.
    Fu proprio alla Biennale Teatro di Venezia che avvenne l’incontro con il Living Theatre. Da qui l’amicizia e il lungo rapporto di collaborazione con Julian Beck e Judith Malina, tanto da rivestire il ruolo di delegato della compagnia all’organizzazione della tournée in Italia. Grazie al rapporto con il Living, nel 1976 organizzò a Cosenza il “Progetto di contaminazione urbana” al quale partecipò anche l’importante compagnia argentina la Comuna Baires.

    Gli anni di Giangurgolo

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    Nello Costabile nei panni di Giangurgolo in un’immagine d’epoca

    Due anni prima, nel 1974, per la Rai il regista Enrico Vincenti, che stava realizzando una serie di cortometraggi sulle maschere della Commedia dell’Arte, gli chiese di partecipare recitando la maschera del Calabrese, Capitan Giangurgolo, assente dalla scena dal 1650. Nello stesso anno interpretò la maschera nello spettacolo Bertoldo a corte di Massimo Dursi, sempre con la regia di Vincenti. Gli  studi e le ricerche degli anni successivi su Giangurgolo e sul suo ruolo nella Commedia dell’Arte fanno oggi di Nello Costabile il più importante studioso di questa maschera, come gli viene riconosciuto da due esperti internazionali di Commedia dell’Arte quali Arianne Mnouchkine e Carlo Boso.

    Nello Costabile è stato tra i fondatori della prima compagnia professionistica calabrese, la Cooperativa Centro RAT, che ha anche diretto fino al 1979. in quell’anno, poi, il Comune di Cosenza gli ha offerto la direzione del Teatro Comunale “Alfonso Rendano”, di cui è stato il primo direttore artistico.
    Con l’entrata in attività del Consorzio Teatrale Calabrese – Teatro Stabile Regionale ha ricoperto il ruolo di primo direttore. Dopo aver diretto compagnie, teatri e vari festival da oltre un ventennio si dedica, esclusivamente, alla regia e ad attività di educazione e pedagogia teatrale per le nuove generazioni e per ragazzi e giovani con disabilità e disagi sociali.

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    Il Teatro Rendano di Cosenza

    Nello Costabile e la Francia

    La sua solida conoscenza delle reti professionali, delle istituzioni e delle politiche culturali a livello europeo gli ha permesso di essere coinvolto anche in vari progetti e collaborazioni internazionali. In particolare con la École Supérieure Internationale d’Art Dramatique di Versailles, con l’Insitut de Teatre di Barcellona, il Théâtre de la Semeuse di Nizza e la FC-Produções Teatraidi Lisbona.
    È tra i fondatori e consigliere di amministrazione dell’Union Europèenne du Nouveau Théâtre Populaire, network europeo di festival, compagnie e scuole teatrali di Francia, Spagna, Italia, Portogallo, Finlandia, con sede presso il Comune di Versailles. Il network si occupa di cooperazione per la formazione, la programmazione e la creazione nelle arti della scena a livello internazionale.

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    L’edificio che ospita la Ecole Régionale d’Acteurs de Cannes/Marseille

    In Francia Costabile ha ottenuto importanti riconoscimenti accademici. Tra questi, la Laurea in Arti dello Spettacolo–Studi Teatrali dall’Università di Rennes; la Laurea magistrale in Arti della Scena e dello Spettacolo dal Vivo-Progetto culturale e artistico internazionale dall’Università di Parigi 8, Vincennes/Saint Denis; il Diploma di Stato di Professore di Teatro, rilasciato dalla prestigiosa Ecole Régionale d’Acteurs de Cannes/Marseille, sotto la tutela del Ministero dell’Educazione Nazionale Francese.
    Nel 2013, l’Ambasciata della Repubblica d’Indonesia in Italia gli ha conferito il riconoscimento ufficiale di Ambasciatore Culturale per la Promozione in Europa del teatro-danza balinese.

    Passato, presente e futuro

    Nella ristretta bibliografia sul teatro calabrese è triste constatare quanto nessuno, neanche a livello accademico, si sia occupato della storia del teatro dagli anni ’70 in poi. E se da una parte è vero che la Calabria risente della mancanza di una tradizione teatrale, dall’altra c’è tutta una storia, quella dell’incontro con le avanguardie degli anni ’70, che è stata completamente trascurata.
    Un colloquio con il teatro di quegli anni potrebbe raccontarci molto sui processi storici di un periodo di grandi rivolgimenti sociali e politici. Proprio per questo un dialogo con Nello Costabile potrebbe essere il nostro sguardo diretto su un passato che tanto potrebbe raccontarci su quello che siamo diventati. Gustav Mahler affermava che «la tradizione è custodire il fuoco, non adorare le ceneri», noi invece semplicemente ignoriamo il passato, non guardiamo al presente. E difficilmente riusciremo a costruire un futuro culturalmente partecipato.   

                  

  • Il mare non bagna Lamezia

    Il mare non bagna Lamezia

    Apriamo assieme una nuova pagina di Google, sul computer o telefonino che sia. Clicchiamo sulla barra e scriviamo quanto segue: “Marina di Lamezia Terme”. Basta un attimo: “Ma-ri-na di La-me-zia Ter-me”.
    Cosa compare nell’elenco dei risultati? Un sito generalista in cui sono inzeppate le spiagge – vere o presunte – di tutto il Paese. A corredo, una fotografia che non pare per nulla Lamezia Terme. E poi cos’altro? Vaghi suggerimenti di spiagge del Tirreno prossime alla città della Piana di Sant’Eufemia e una manciata disordinata di canali per prenotare viaggi su gomma e su rotaia.

    Forse abbiamo sbagliato noi la ricerca; perciò riproviamoci e scriviamo “Lamezia Terme Lido”. Cosa troviamo adesso? Nuovamente altre cittadelle vicine, ma non ciò che desideriamo, e una lista di megasiti di viaggi che ci propongono esperienze non di nostro interesse. In una parola: decine di risultati che non soddisfano affatto la nostra ricerca.
    Ci sorge, a questo punto, un dubbio, una domanda legittima: ma Lamezia Terme è bagnata dal mare?

    I due lungomari di Lamezia Terme

    Ebbene sì, Lamezia Terme è bagnata dal mare. O perlomeno sembrerebbe. Esiste anche un lungomare. In vero addirittura due – il “Falcone-Borsellino” e quello (senza denominazione ufficiale) di località Ginepri – di costruzione anche abbastanza recente (inaugurati nell’estate 2014). Per circa due chilometri corrono paralleli alla linea della battigia, toccando le altre due località rivierasche ricadenti nel territorio comunale lametino di Cafarone e Marinella.
    La risposta al nostro interrogativo, pur senza il sostegno di Google, pare esserci giunta: Lamezia Terme è bagnata dal mare. E, approfondendo la nostra ricerca, veniamo a sapere che lo è anche per una buona dozzina di chilometri, dal confine con la contigua spiaggia del comune di Gizzeria a Nord fino al pontile della ex Sir, l’area industriale della città, fra i simboli del flop (o della truffa) della industrializzazione della Calabria partita negli anni settanta del Novecento, a Sud.

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    Il pontile dell’ex SIR a Lamezia

    Dai brasiliensi ai “lamentini”

    Del tratto costiero, passato circa a metà dal fiume Amato (l’antico Lametos da cui ha origine parte del nome alla città), però in pochi sono concretamente a conoscenza. In primis gli abitanti della città-miraggio nata il 4 gennaio 1968 a seguito della unione coatta dei tre ex comuni autonomi di Nicastro, Sambiase e Sant’Eufemia Lamezia, primo esempio di conurbazione fra municipalità che non ha mai portato ai risultati sognati oltre mezzo secolo fa. Quelle bizzarre fantasticherie avrebbero voluto Lamezia Terme la Brasilia del Sud Italia (curioso binomio fondato sulle origini politiche della capitale pianificata, messa in piedi fra il 1956 e il 1960 sull’altopiano del Planalto Central per unire e dare sviluppo a tutto il Brasile, ma forse – ipotesi cialtronesca dell’autore – soltanto perché i dialetti calabresi hanno un suono parente alla lingua portoghese parlata nella nazione al di là dell’Oceano).

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    Vita nel campo di Scordovillo

    L’ambizioso obiettivo era rendere Lamezia il centro politico e culturale dell’intera regione. Così non è stato – chissà se lo sarà mai – con buona pace dei lametini più campanilisti, o anche più ottimisti. Una anomalia sociale quest’ultima, comunque una sparuta minoranza, ché i lametini sono chiamati localmente e bonariamente “lamentini” per la loro tendenza a lamentarsi; una indole spesso aprioristica e ingiustificata, data dalla scarsa coscienza del fatto che attorno, entro i confini regionali, insistono situazioni di degrado e incuria socioculturali ben maggiori rispetto a quelle della città della Piana, in cui la situazione più difficile è storicamente concentrata nel campo rom, il più vasto del Mezzogiorno, di Scordovillo.
    Ma questa è un’altra storia.

    L’estate sta finendo… ma è cominciata?

    Riprendiamo a passeggiare lungo il bagnasciuga del mare che probabilmente c’è di Lamezia Terme. Lo scenario è lo stesso da sempre: attorno a noi pochi bagnanti, perlopiù indigeni, amareggiati dalle acque difficilmente pure e cristalline di questo tratto di costa bagnato dal Golfo di Sant’Eufemia, cronicamente afflitto dai problemi legati alla depurazione e agli sversamenti abusivi di liquami.
    Il sole sta per tuffarsi in acqua, lo sta facendo sempre qualche minuto prima rispetto al giorno precedente. La silhouette di Stromboli si inscurisce e capiamo che un’altra estate sta volgendo al termine. Inizia il tempo in cui stilare un bilancio, ma a Lamezia oramai neppure ci si pone più il problema se sia andata bene oppure no la stagione balneare, ché una vera stagione balneare non è mai cominciata nella breve striscia di spiaggia pressappoco antropizzata con il lungomare dedicato ai due giudici uccisi da Cosa nostra nel ’92 e la pineta in parte vandalizzata e a cui sovente viene donata una nuova incivile destinazione d’uso, quella di parcheggio.

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    Un panorama del Golfo di Sant’Eufemia

    Purché si organizzi…

    L’estate 2023 ha visto sul lungomare “Falcone-Borsellino” di Lamezia Terme spettacoli d’arte, serate musicali e qualche sagra paesana per nulla attinente alle tradizioni locali – delle penne all’arrabbiata, della pizza, della birra, del tartufo di Pizzo. Decine e decine di eventi culturali e culinari – ché il panem et circenses è una garanzia da millenni –, di certo non inediti, non così attraenti per i turisti e svolti con alterne fortune, ma che hanno dato una boccata di ossigeno ai pochi, stoici stabilimenti balneari aperti sulla costa lametina.

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    Il tradizionale (non a Lamezia) tartufo di Pizzo

    Serate che, a detta di molti, non hanno trasmesso grande organizzazione – anzi, piuttosto a emergere era una certa improvvisazione –, in specie dal punto di vista della comunicazione. Eventi senza grosse aspettative, insomma, come se si dovesse per forza organizzare qualcosa al fine di sentire, anche a Lamezia, l’estate addosso; nulla che possa essere ricordato oltre la notte della festa, che lasci un “alone duraturo” nella vita sociale cittadina. E questo è un gran peccato, che riga di rammarico i volti dei tanti lametini – la stragrande maggioranza – che, magari pur non ammettendolo neppure sotto tortura, amano la loro città.

    Cultura e turismo a Lamezia Terme

    Ci si sta focalizzando sugli aspetti turistico-balneari della città, non sulla sua vitalità, ché è indubbio che Lamezia Terme sia una città effervescente. Le associazioni culturali germogliano e lavorano senza sosta, non soltanto quando piovono in casa i soldi di qualche bando. Si svolgono festival letterari e cinematografici con ospiti di caratura nazionale, esiste un museo archeologico statale, dei siti storici e architettonici fruibili come la Abbazia benedettina di Santa Maria di Sant’Eufemia risalente alla seconda metà dell’XI secolo; ci sono caffè letterari, teatri, librerie e biblioteche: un’offerta culturale da fare invidia a quasi tutti gli altri paesi della regione e non solo.

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    L’Abbazia benedettina

    Il turismo poi, seppur la città non abbia mai avuto una spiccata vocazione turistica e nemmeno questo impellente interesse a diventarlo, esiste. Contenuto, che non produce lunghi “oooh” di stupore, ma esiste. Da maggio a settembre, gruppi di turisti, italiani e stranieri, passeggiano per le vie del centro e affollano i locali. Pernottano nei molteplici alberghi e b&b da qualche anno spuntati come porcini e gallinacci in ogni angolo della vastissima città, non soltanto nel centro o nei dintorni dello scalo ferroviario principale o dell’aeroporto internazionale.

    L’aeroporto di Lamezia Terme e i turisti

    Di sicuro l’aeroporto internazionale di Lamezia Terme “Sant’Eufemia” codice IATA: SUF – ché è questa la sua unica denominazione possibile – è il principale artefice della notorietà della città e del flusso turistico locale, sia di passaggio che stazionario. Efficiente punto di riferimento per i viaggiatori e turisti che vogliono visitare la arcaica e misteriosa Calabria – ché mica è cambiata poi tanto la visione della Calabria all’estero rispetto a quella dei viaggiatori del Grand Tour –, quello di Lamezia è pure per tantissimi versi anche il solo autentico scalo aeroportuale della regione, con voli a basso costo di compagnie internazionali volte a promuovere il modo di fare turismo del nostro secolo.

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    L’aeroporto di Lamezia

    Certo, buona parte delle persone che atterrano sulla pista parallela al mare lametino (che c’è allora!) poi si spostano verso le mete turistiche più gettonate e attrezzate della nostra terra (Tropea e Soverato), facendo ritorno nella città della Piana soltanto per salire la scaletta dell’aeroplano del ritorno. Ma è chiaro che a Lamezia qualcuno si fermi, anche per una sola notte, e financo il meno obiettivo dei lametini/lamentini non potrà non ammettere che una corposa affluenza turistica si è vista in città questa estate. E il medesimo poco obiettivo lametino non potrà ugualmente non convenire sul fatto che forse la città non è sembrata così pronta.

    Un piccolo sforzo in più

    Peccato. Un luogo strategico come Lamezia Terme, al centro della Calabria, del Sud e del Mediterraneo, e con una popolazione così vibrante potrebbe fare quel pizzico di sforzo in più per rendersi conforme e più appetibile alle esigenze del turismo d’oggigiorno. Oppure che sia proprio questo il punto? Non sarà mica solo una tattica per non omologarsi ai dettami della società di massa?
    Potremmo rifletterci, ma siamo troppo stanchi, siamo ancora così fiaccati dalla lunga calura estiva. Perciò assopiamoci col rincrescimento – per carità, nulla che ci tolga né la fame né il sonno – di un’altra estate perduta. Senza somme da tirare, senza orizzonti, senza sogni e senza mare.
    Oh, che peccato che il mare non bagni Lamezia.

  • Saverio Mattei, il filosofo della musica che rivoluzionò il Regno di Napoli

    Saverio Mattei, il filosofo della musica che rivoluzionò il Regno di Napoli

    Nel tentativo di realizzare una carrellata estiva di figure della musica calabrese che mi sembrano particolarmente significative e che ancora non tutti conoscono, mi viene in mente l’iniziativa di un noto quotidiano locale, che nel 2008 accolse l’idea magnifica di Franco Dionesalviindimenticato poeta e innovatore delle politiche culturali calabresi – di invitare cultori, specialisti e appassionati a scrivere con intento divulgativo, una Storia dei Musicisti calabresi. Ne venne fuori un volumetto intensissimo di informazioni. Non c’erano solo Mia Martini o Rino Gaetano, la cui popolarità aveva già raggiunto confini planetari, ma nomi poco noti o addirittura ignorati dal pubblico, persino quello locale.

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    Franco Dionesalvi

    I lavori di specialisti, musicologi e storici, che pure esistevano, erano ancora noti solo al livello accademico degli studi. L’idea di Dionesalvi, così, restituì una più vasta popolarità a musicisti come Stanislao e Giuseppe Giacomantonio, Emilio Capizzano, Maurizio Quintieri, Alessandro e Achille Longo, Paolo Serrao. E, ancora, ai più lontani Giandomenico Martoretta, Leonardo Leo, Michelangelo Jerace, Leonardo Vinci, Giacomo Francesco Milano. Era un elenco senz’altro incompleto: mancavano Giorgio Miceli e un adeguato approfondimento del lavoro di Armando Muti o Osvaldo Minervini e altri ancora). In quegli anni era, però, uno sforzo atteso dai lettori. Che infatti lo apprezzarono assai.

    Saverio Mattei e la Filosofia della Musica

    Tra tanti musicisti riuscimmo a inserire un intellettuale del ‘700 che alla Musica tanto diede di cuore, di mente e di non infeconda attività. Un personaggio singolarissimo, che coi suoi natali calabresi onorò anche il nostro mondo della musica (in un modo singolare anch’esso), fu Saverio Mattei, andreolese, nato a Montepaone nel 1742 e morto a Napoli nel 1795. Quella del 1742 pare essere oggi la data di nascita più accreditata, ma per lungo tempo si è pensato al 1741. Gli studi continueranno senz’altro, anche rispetto all’attribuzione della residenza.

    Quest’ultima è, per così dire, un fitto mistero. Esistono i ruderi di una villa di campagna, abbastanza nascosta, sulla strada verso S. Andrea Ionio, che molti abitanti attribuivano ai Mattei, e che dovrebbe essere stata la sua abitazione in Calabria. Vedremo dove ci condurranno le ricerche.
    Saverio Mattei fu un intellettuale ed erudito, giurista, ebraista, grecista e filologo, consigliere di Ferdinando IV di Borbone. Fu il primo calabrese ad occuparsi in modo sistematico di Filosofia della musica – ma il primato si potrebbe estendere a tutto il Regno di Napoli -, avendo pubblicato proprio una Filosofia della Musica e altri scritti dedicati all’estetica e alla critica musicale. Naturalmente, tutto (o quasi) nella capitale.

    Leggende e repliche sospese

    Giovanissimo, si spostò – dopo il matrimonio con Giulia Capece dei Baroni di Chiaravalle – vivendo un frenetico viavai tra Napoli e S. Andrea Ionio, almeno fino a che i suoi studi e le traduzioni dei Salmi (I libri poetici della Bibbia tradotti dall’ebraico originale) non convinsero i due letterati Galiani e Tanucci a offrirgli una cattedra a Napoli, intorno al 1768. Poi venne chiamato a corte come Consigliere. E, forse, è lì che potremmo far sorgere la leggenda del Saverio Mattei paludato, pomposo, affettato al limite del comico, sempre dedito allo studio, con la testa fra i libri, con una risposta per ogni domanda e in continua lite con la moglie (la prima, in verità: la seconda, Orsola, arrivò nel 1784).

    Duetti Sacri Sopra i Salmi Tradotti in poesia Dall’Avvoc[ato] Il Sig.r D. Saverio Maei […]: Frontespizio (Napoli, Biblioteca del Conservatorio “San Pietro a Majella”)
    Così lo dipinge il Socrate immaginario, commedia per musica in tre atti, un’opera rispetto alla quale si tramanda l’idea che il personaggio principale fosse ispirato a Saverio Mattei. Un Socrate, in fondo, già presente nelle Nuvole aristofanee, ma molto simile all’erudito le cui abitudini erano note al librettista (Lorenzi, con il contributo di Galiani) e al compositore (Paisiello) che erano suoi amici. D’altra parte accadde che le recite dell’opera, rappresentata nel 1775, fossero sospese improvvisamente.

    Scene da un matrimonio

    Il pubblico attribuì la decisione al fatto che le stravaganze del protagonista e le sue baruffe con la consorte fossero troppo simili a quelle di casa Mattei per poterlo considerare estraneo: si disse che l’opera faceva il verso nientemeno che al consigliere del sovrano e che dunque quest’ultimo aveva pensato, in un primo tempo, di vietarne le repliche in segno di disappunto. In realtà l’opera fu poi rappresentata anche nel Teatro del Palazzo Reale il 23 ottobre dello stesso anno.
    Il colore farsesco e buffo della musica, ma anche la modernità comica e brillante della vicenda furono restituite dalla sapientissima revisione della partitura operata da Roberto de Simone per il teatro San Carlo nel 2005.

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    Musicisti suo palco del Teatro San Carlo di Napoli

    Saverio Mattei e gli epistolari con Metastasio

    Ma il legame di Saverio Mattei con la musica è davvero stretto se si considera che a musicare le sue traduzioni dei Salmi furono Piccinni, Jommelli, Hasse (un tedesco napoletano), lo stesso Paisiello. Insomma, tutti i più noti compositori della grande Scuola partenopea del secondo Settecento.
    Per non contare gli epistolari con Metastasio, specialmente quelli sul rapporto tra poesia e musica che cambiano in modo radicale l’approccio critico con il tema dell’aderenza dell’una all’altra nell’azione scenica cantata. E poi l’Elogio del Jommelli in cui le sue tesi sul nuovo Teatro per musica si scontrano con la più nota e decisiva riforma di Christoph Willibald Gluck. Tutto riportato da una ristampa anastatica dell’edizione Forni che resta un riferimento fondamentale assieme ad un volume di Renato Ricco e Milena Montanile del 2016 dall’evocativo titolo Saverio Mattei, tradizione e invenzione, (quest’ultimo è la raccolta degli atti di un convegno tenuto a Salerno nel 2014).

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    Pietro Metastasio

    Prima curatrice in Italia del volumetto intitolato Filosofia della Musica fu la stessa Montanile nel 2008, per Editoriale Programma di Padova, da lì gli studi su Saverio Mattei musicologo, critico e addirittura musicista si sono intensificati in modo esponenziale, chiarendo alcuni dubbi e lasciandone intatti altri come, per esempio, le effettive competenze strumentali possedute dal Nostro.
    Sbirciando tra le lettere vediamo che per una pervicace convinzione si accostava con curiosità agli strumenti “greci” come l’arpa e il flauto, cioè la cetra e l’aulòs, tralasciando quelli moderni

    Il musicista come legislatore dell’arte

    E sempre dalla corrispondenza (con padre Martini, lo stesso Metastasio e altri eruditi dell’epoca) pare che le sue conoscenze in materia di contrappunto e tecnica strumentale non fossero profondissime (era un giurista, in realtà, il resto era passione e curiosità). E tuttavia sembrano sufficienti a comprendere le idee estetiche e le trame del teatro napoletano, il rapporto tra musica e verso, tra cantanti, librettisti, impresari e musicisti tanto da difendere uno di loro (il Maestro Cordelli) con totale devozione nella Probole Se i maestri di cappella son compresi fra gli artigiani. Una specie di arringa in cui difende l’arte della concertazione e della composizione come arte liberale e, implicitamente, pone la figura del musicista come legislatore dell’arte.

    Le sue intuizioni musicologiche ed estetiche, organizzative e didattiche erano, per l’epoca, straordinarie. La riforma dei Conservatori napoletani, cui collaborò attivamente meriterebbe una trattazione a parte. E profondissimo fu il suo legame diretto – ma anche implicito – con la Biblioteca del Conservatorio S. Pietro a Majella che deve a Saverio Mattei la propria esistenza ed è, giocoforza, a lui intitolata. Una storia complessa fatta di lungimiranza e caparbietà che mette oggi a disposizione degli studiosi partiture e parti delle opere del Settecento di tutta la scuola napoletana. Dagli autori più noti ai minori. Un presidio di cultura musicale riconosciuto immediatamente anche dai musicisti francesi che inviarono copisti diversi per apprendere l’arte del contrappunto napoletano.

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    La biblioteca del conservatorio S. Pietro a Majella intitolata a Saverio Mattei

    Nell’epoca in cui Diderot e gli enciclopedisti fissavano l’attenzione sulla critica musicale, Saverio Mattei, con le sue riflessioni e intuizioni estetiche talvolta ingenue, talaltra abbaglianti, fissava nel Regno di Napoli i termini di una Critica del teatro musicale emergente che avrebbe avuto ricadute cruciali anche sulla stampa dei decenni successivi.

    Viviana Andreotti

  • Via col vento: a Gizzeria tornano i Mondiali di kitesurf

    Via col vento: a Gizzeria tornano i Mondiali di kitesurf

    Si rinnova l’appuntamento con i Mondiali di kitesurf a Gizzeria presso il Circolo Velico Hang Loose. Protagonisti assoluti di questa edizione 2023 saranno i più giovani: sul litorale tirrenico si terranno due eventi assoluti per A’S Youth Foil U17 e Formula Kite Youth U21 World Championships. Quest’ultima formula farà il suo debutto anche alle prossime Olimpiadi che si terranno a Parigi. Dopo la registrazione dei partecipanti all’A’S Youth Foil U17 e la cerimonia di apertura di ieri, al via da oggi al 16 luglio le regate dei giovanissimi, con premiazione e chiusura del primo evento al termine delle sfide; dal 19 al 23 luglio spazio invece al Campionato Mondiale di Formula Kite U21.

    Gizzeria: il vento termico e i Mondiali di kitesurf

    All’Hang Loose di Gizzeria, in località Pesci e Anguille, i Mondiali di kitesurf sono ormai di casa da tempo. Chi non sfrutta il vento per cavalcare le onde potrebbe preferire altre destinazioni, ma la spiaggia della cittadina del Tirreno può contare sul suo famoso vento termico che ne fa uno spot ideale quando si parla di kitesurf.
    Per i due eventi assoluti di questa edizione del Mondiale si attende l’arrivo di oltre 200 atleti da 25 paesi del mondo. E quello di appassionati della disciplina provenienti da tutta Italia. Con l’immancabile contributo dei tanti curiosi attirati dalla formula dell’organizzatore Luca Valentini, che ha saputo creare per la tappa calabrese il «giusto mix mix tra sport, adrenalina, divertimento e promozione territoriale».
    La tappa dei mondiali di kitesurf organizzata dal Circolo Velico Hang Loose di Gizzeria – in collaborazione di Calabria Straordinariaè promossa da:

    • World Sailing (Federazione Internazionale Vela),
    • IKA (International Kiteboarding Association),
    • FIV (Federazione Italiana Vela),
    • CKWI (Classe Kiteboarding e Wingsport Italia)
  • Nicola Gratteri, la Procura di Napoli si avvicina

    Nicola Gratteri, la Procura di Napoli si avvicina

    Il suo mandato in Procura a Catanzaro è agli sgoccioli – scadrà, dopo 8 anni, nel 2024 – ma per Nicola Gratteri potrebbe presto arrivare una sede ancora più prestigiosa: Napoli. Alle pendici del Vesuvio, infatti, c’è da riempire la casella lasciata vuota dall’addio, circa un anno fa, del procuratore Giovanni Melillo. Melillo passò alla Direzione Nazionale Antimafia, posto per il quale molti vedevano in pole proprio il magistrato calabrese. Che restò, invece, al suo posto in attesa di nuove destinazioni.

    Nicola Gratteri favorito per la Procura di Napoli

    E ora la nuova meta per Nicola Gratteri dopo Catanzaro, si diceva, sarà probabilmente la Procura di Napoli. Nella riunione di stamane della quinta commissione a Palazzo dei Marescialli è il suo nome ad essere emerso come il candidato migliore per il posto che fu di Melillo. Non l’unico, si badi bene, come sempre in occasioni simili. Ma la maggioranza dei voti (4 su 6) del Csm, al momento, ha indicato Nicola Gratteri come futura guida di quello che è il più grande ufficio direttivo d’Italia e d’Europa con 112 pubblici ministeri in pianta organica e 99 in servizio, competente su un territorio di quasi un milione e mezzo di abitanti.

    Ora toccherà al Plenum, entro la fine del mese, stabilire su quale candidato puntare. Gratteri questa volta sembra presentarsi da favorito. Ma gli avversari da battere – Giuseppe Amato, procuratore capo di Bologna, e Francesco Curcio (Potenza) in particolare – non sono certo da sottovalutare. Così come Aldo Policastro (Benevento) e Rosa Volpe, che a Napoli coordina la Direzione distrettuale antimafia e ha fatto da facente funzioni dopo l’addio di Melillo per un anno. Nomi prestigiosi, che rendono impossibile azzardare previsioni.

    La risposta del Plenum dovrà arrivare entro la pausa di inizio agosto. Se nessuna delle candidature proposte raggiungerà la maggioranza assoluta (17 voti su 33), si andrà al ballottaggio tra i due più votati. Lì a fare la differenza, più che i rispettivi curricula, saranno le correnti della magistratura e il voto dei membri laici. E il successo di oggi potrebbe rivelarsi inutile per Gratteri.

  • “La Chance dance competition”: ecco i talenti calabresi

    “La Chance dance competition”: ecco i talenti calabresi

    Il concorso internazionale di danza “La Chance dance competition” parla calabrese. Grandi soddisfazioni ed emozioni al teatro Orione di Roma il 29 aprile scorso per la scuola “Artedanza” di Catanzaro, diretta dal maestro Giovanni Calabrò.  Oltre 50 le scuole di danza provenienti da tutta Italia che si sono esibite dinanzi ad una giuria di fama internazionale. Oltre ai premi ottenuti in tutte le categorie, Artedanza trionfa come “migliore composizione coreografica” e “migliore gruppo concorso”. Grandi soddisfazioni per il direttore artistico, maestro Giovanni Calabrò e per i maestri Giuseppe Torchia, Ylenia Rotundo, Serena Rotundo e Ludovica Mercurio.

    I premiati:

    • Solisti under classico: 1° posto Giulia Grillo; secondo posto Anna Pia Gualtieri

     

    • Solisti Under Contemporaneo: primo posto Anna Pia Gualtieri; secondo posto Sofia Laudadio

     

    • Duo Under Contemporaneo: primo posto allo specchio Giulia Grillo e Anna Pia Gualtieri

     

    • Solista Under Modern: primo posto Alice Dara, terzo posto Diletta Torchia

     

    • Gruppo Under Modern: secondo posto OFFICE & CO Adelaide Silipo, Giulia Muscolo, Federica Borrello, Alice Dara

     

    • Solista Juniores contemporaneo: terzo posto Giulia Maria Rotundo

     

    • Solista Juniores Modern: primo posto Federica Rotella

     

    • Solista Seniores Classico: primo posto Christian Lamanna

     

    Solista Seniores Contemporaneo: primo posto Christian Lamanna

     

    • Solista Seniores Modern: primo posto Roberta Bagnato

     

    • Miglior composizione coreografica: Giovanni Calabrò

     

    • Miglior gruppo del concorso: Artedanza Catanzaro

     

    • Miglior danzatore emergente: Christian Lamanna

     

  • Franco Costabile e la Calabria che non cambia mai

    Franco Costabile e la Calabria che non cambia mai

    Via del Casale Giuliani è una strada di Roma tutta in salita e la prima volta che ci andai fu quasi un pellegrinaggio laico. Volevo vedere la via dove abitava Franco Costabile e dove aveva deciso che la vita era una cosa tropo faticosa per essere affrontata.
    Restai lì a guardare i palazzoni tutti uguali, cercando di indovinare quale fosse la casa del poeta calabrese i cui versi non si insegnano nelle scuole, anzi sono proprio dimenticati, pur se ad amarli quei versi furono Ungaretti e Caproni che a Costabile dedicarono parole cariche d’amore.

     

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    I versi che Giuseppe Ungaretti dedicò a Franco Costabile dopo la sua morte sulla lapide del poeta calabrese

     

    Oggi ricorre l’anniversario della sua morte e con tutta evidenza ogni cosa è cambiata.
    Il quartiere romano dove Costabile abitava si è trasformato negli anni da triste periferia in una zona residenziale abitata da una borghesia benestante. E la Calabria che lui raccontava nelle sue poesie non c’è più, trascinata da una modernità che non l’ha emancipata dalle sue disgrazie, ma solo imbruttita.

    La Calabria di Franco Costabile

    Eppure sembra restare intatta una potente attualità in quei versi, nella descrizione di una terra senza redenzione, che pare condannata alla rinuncia. Diversa e nonostante tutto ancora drammaticamente uguale la dinamica del consenso elettorale, come nella poesia in cui Costabile elenca ripetutamente i nomi dei notabili della vecchia Dc che durante lo spoglio elettorale si ripetevano senza fine: “Cassiani, Cassiani, Antoniozzi, Antoniozzi, i nomi segnati e pronunciati per trentasei ore”.

    Erano le famiglie che decidevano il destino della Calabria, il cui voto era suggerito dalla Chiesa influente e vicina al potere. Adesso sono cambiati i nomi, ma non troppo. Basti pensare che ancora oggi un Antoniozzi è arrivato in parlamento con i voti dei calabresi. E se in passato “L’onorevole tornava calabrese” in occasione di “processioni ed elezioni”, adesso non deve nemmeno fare questa fatica, i voti se li prende e basta.

    Ma se volete la misura di come Costabile e i suoi versi siano attuali, leggetevi la poesia Il taccuino dell’onorevole, perché è impressionante per come quelle parole sembrino uscite dalla bocca di un qualunque politico attuale.

    Il taccuino dell’onorevole

    L’Occidente,
    Pensarci su

    Insistere
    sul termine
    salvezza ecc.

    Ricordarsi
    l’enciclica.

    Statistiche
    Molte scarpe nel sud
    molti cucchiai

    Avvolgere col tricolore
    dieci minatori morti

    Calcolare
    50” di applausi

    Qualcosa
    sull’uomo

    Tornare
    all’enciclica

    La polizia
    le piazze calme
    Cura del paesaggio
    molta alberatura verde

    Per il contadino
    dire anche 2 foglie

    Bontà delle suore.

    Bambini a scuola
    con molte medaglie

    Undici arcate
    I Cavalieri del lavoro

    Citare
    il cammello
    e la cruna dell’ago

    L’area democratica
    citare più volte

    Diverse e paradossalmente ancora uguali le dinamiche economiche rivolte alla nostra regione. Una volta c’era la Cassa per il Mezzogiorno, oggi i mille provvedimenti per il sud, fino al Pnrr. Ma come scriveva Costabile nella raccolta di poesie La rosa nel bicchiere, “l’occhio del mitra è più preciso del filo a piombo della Rinascita”, perché magari la ‘ndrangheta di oggi spara di meno rispetto al passato, ma è pervasivamente dentro gli affari di qualunque progetto di ricostruzione. Ora come allora vale la supplica di Costabile rivolta ai governanti: Non venite a bussare con cinque anni di pesante menzogna.

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    Una poesia di Franco Costabile su un muro del centro storico di Sambiase

    Perché studiare Franco Costabile

    Né nei versi di Costabile manca la consapevolezza delle opportunità perdute, della distorsione culturale che per anni ci ha portati a “chiamare onore una coltellata e disgrazia non avere un padrone, troppo tempo a stare zitti quando bisognava parlare”. Restano uguali gli stereotipi che vogliono la Calabria un paradiso, una terra meravigliosa, fatta “Di limoni e salti di pescespada”. Oggi quell’inganno si è trasformato nei cortometraggi pagati a milioni e che hanno fatto ridere il mondo.
    Franco Costabile andrebbe letto nelle aule dei licei perché, a saperli leggere, si colgono i mutamenti e l’immobilismo della Calabria più nelle sue poesie che negli aridi report dell’Istat.

  • Vena di Maida, il paese delle porte arbëreshe

    Vena di Maida, il paese delle porte arbëreshe

    Da una quarantina d’anni si è diffuso in Calabria il costume di dipingere con monumentali affreschi le mura, gli esterni dei palazzi, i portoni dei paesi con l’auspicio di dare loro nuova linfa vitale. Non è un’operazione semplice, ma pare che l’idea, oramai ben radicata, stia dando i suoi frutti. Uno degli ultimi esempi è quello di Vena di Maida, frazione arbëreshe del comune di Maida fondata, affidandosi ad alcune fonti, nella seconda metà del Quattrocento, nell’ambito della diaspora albanese dai Balcani successiva alla conquista turca di Costantinopoli e alla morte dell’eroe Giorgio Castriota Scanderbeg, capo della rivolta contro gli Ottomani.

    Da qualche mese, Vena di Maida ospita un percorso artistico a cielo aperto che rimembra e magnifica le sue antiche tradizioni albanofone.
    Il murale – da non confondere col deturpante graffitismo – è un’opera d’arte pubblica offerta alla collettività. Ma è anche una forma di comunicazione che, ridando tono a strutture e angoli disabitati, interloquisce più direttamente con le classi rurali, coi ceti meno avvezzi agli incontri con l’arte, e che sovente si fonda su una chiara connotazione sociale e ideologica.

    In principio fu Diamante

    La vicenda dei murali – o murales – in Calabria cominciò già nel 1981 quando a Diamante, comune dell’Alto Tirreno Cosentino, partì la cosiddetta Operazione Murales su spinta del pittore Nani Razetti e col placet del sindaco di allora Evasio Pascale. Fu una scommessa vincente: oggi, con oltre trecento affreschi a illuminare i suoi vicoli, Diamante è una tra le cittadine più dipinte d’Italia e tra le località turistiche di maggiore notorietà della Calabria e dell’intero Meridione.
    Nel corso di questi ultimi quarant’anni, l’impresa adamantina ha registrato svariate repliche quasi sempre sul solco di quella onesta ottica di valorizzazione, salvaguardia e riqualificazione dei luoghi.

    Una delle opere nei vicoli di Diamante (foto “Diamante Murales 40”)

    Discorsi ben conosciuti e una terminologia che è stata adottata anche dalla politica e di cui, purtroppo, talvolta ci si riempie la bocca – e così diamo senso al precedente “quasi sempre” –, ma che eticamente, e forse pure fiabescamente, convergono verso quel desiderio comune di riabitabilità dei luoghi, di far sì che essi siano riguardati, nel duplice senso suggerito da Franco Cassano ne Il pensiero meridiano: di avere riguardo, cura dei posti e di tornare a guardarli veramente come luoghi vivi e non come presepi da percorrere un festivo all’anno; luoghi palpitanti che ancora potrebbero dare all’umanità che ospitano.

    Murales: arte e memoria alla portata di tutti

    Sia chiaro: consci che queste iniziative non debbano essere vissute col furore della apologia del “piccolo mondo antico” e che i nostri non sono né la sede né il tempo per confezionare un giudizio su un’operazione ancora nuova, possiamo sostenere senza tema di smentita che, anche tramite i moderni mezzi di comunicazione sociale, per il suo forte impatto e la sua carica popolare l’arte del murale permette a una platea sempre più vasta di conoscere luoghi mai sentiti prima e che fino a non troppi decenni fa soltanto una ridotta cerchia di eletti – studiosi, viaggiatori, persone fornite di una cultura specifica – poteva essere in condizione di conoscerli.

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    Altre due porte coinvolte nel progetto a Vena di Maida

    In una visione di ampliamento, di omogeneità della conoscenza, perciò, questo è di certo uno strumento valido – non l’unico, non il principale, non il solo possibile da mettere in atto, seppur tra i più semplici e immediati – per non lasciare scivolare negli inghiottitoi della storia paesi spopolati e ruderi che un tempo hanno conosciuto “altra vita e altro calore”, per dirla con Cesare Pavese, e per impedire che essi possano entrare – e con ottime probabilità restare, sino alla perdita della memoria storica – nel lungo elenco dei paesi fantasma, termine tanto alla moda che piace ai fotografi della domenica che in quei luoghi abbandonati da Dio e dagli uomini non ci vivrebbero neppure per ventiquattro ore.

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    Liliana, l’ultima abitante di Cavallerizzo (foto Alfonso Bombini 2021)

    In buona sostanza, la sana e non propagandistica operazione di riqualificazione dei luoghi non può che avere un doppio obiettivo, uno a medio e uno a breve termine: quello di attrarre nuovi possibili abitatori e quello di fare restare i prodi, ultimi abitatori indigeni, ché «restare è un’arte, un’invenzione, un esercizio che mette in crisi le retoriche delle identità locali», come afferma l’antropologo Vito Teti nel suo Nostalgia (Marietti, Bologna 2020).

    Vena di Maida da Dumas padre ai murales

    E pure questa volta abbiamo divagato. Ritorniamo perciò a Vena di Maida, centro che oggi conta circa ottocento abitanti e che, sotto i Borbone, tra il 1831 e il 1839 fu comune a sé, breve parentesi entro la quale però a visitarla fu, nel suo fortuito passaggio a dorso di mulo in Calabria dell’autunno del 1835, da Alexandre Dumas padre che strabiliò dinanzi alla bellezza del costume tradizionale delle donne venote. Quella sosta oggi è ricordata con una targa affissa sull’antico caseggiato dirimpetto alla Chiesa arcipretale di Sant’Andrea Apostolo.

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    Una delle Porte d’artista a Vena di Maida

    Nell’estate del 2022 la piccola comunità arbëreshe – una delle trentatré tuttora presenti in Calabria –, grazie al patrocinio del Comune di Maida e alla direzione artistica di Massimo Sirelli – artista poliedrico, diplomato in Digital e Virtual Design all’Istituto Europeo di Design di Torino, autore di recente di una serie di murali a tema magnogreco tra Bivongi, Cinquefrondi, Locri e Monasterace per celebrare il cinquantenario del ritrovamento dei Bronzi di Riace –, è stata coinvolta in un progetto che ha visto undici artisti dipingere le porte del paese con linea guida la sua identità albanese.

    Le porte d’artista a Vena di Maida

    Porte d’artista è il nome del progetto che, sempre la scorsa estate, ha interessato altri due paesi del Catanzarese, Sersale e Uria (frazione di Sellia Marina), e che in questi giorni sta aggiungendo un’altra tappa: Marcellinara. Tra gli artisti, tutti calabresi, coinvolti nel progetto, oltre Massimo Sirelli: Antonio Burgello, Marco “Moz” Barberio, Claudio “Morne” Chiaravalloti, Vincenzo “Zeus” Costantino, Martina Forte, Andrea “Smoky” Giordano, Immacolata Manno, Alessia Moretti, Roberto Petruzza e Maria Soria.

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    Un’altra porta dipinta nella frazione albanofona di Maida

    Tra i murali freschi di tinteggiatura per le stradine di Vina (questo il toponimo arbëreshë di Vena di Maida) si riconoscono la veste tradizionale che piacque a Dumas, l’aquila nera a due teste della bandiera albanese, figlia diretta del sigillo di Scanderbeg, ma anche immagini contemporanee come quella che ricorda il glottologo di Cirò Marina Giuseppe Gangale.

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    Il ritratto di Giuseppe Gambale

    Dopo Verbicaro, Rogliano, Favelloni Piemonte, Plataci – comune del Pollino i cui affreschi sono improntati pure sulla sua cultura arbëreshë –, San Pietro Magisano, Sant’Agata del Biancodi recente dipinta con un magnifico ciclo murale dedicato a un suo figlio illustre, lo scrittore Saverio Strati –, un altro paesino calabrese gioca la carta dell’arte di strada per scongiurare il rischio che secoli di incontri, commistioni etniche e linguistiche e tradizioni uniche possano essere spazzati via e che il degrado originato dall’abbandonato fisico dei luoghi possa cancellarne la memoria.

  • C’era una volta il futuro: Alessia Principe torna con le sue “Stelle meccaniche”

    C’era una volta il futuro: Alessia Principe torna con le sue “Stelle meccaniche”

    In una sfera immaginaria, in cui le vite degli altri diventano ricordi ed energia e l’umanità non ricorda più il Sole, si riflette la storia scritta da Alessia Principe nel suo nuovo romanzo Stelle meccaniche (Moscabianca edizioni), di recente pubblicazione.
    Aprendo uno squarcio nel tempo e nello spazio la giornalista e autrice porta il lettore in un futuro distopico in cui la Terra ferita da un disastro nucleare crede di riuscire a ripartire dai talenti e dai ricordi. La scrittrice dopo Tre volte (Bookabook, 2017) sceglie di spostare l’immaginazione narrativa lontana dal presente per proiettare il lettore in un futuro cupo, sospeso tra i ricordi del passato e l’ipertecnologia.
    Il romanzo sarà presentato in anteprima giovedì 23 marzo alle ore 18 alla libreria Feltrinelli di Cosenza. A dialogare con l’autrice ci saranno la scrittrice Elena Giorgiana Mirabelli e la critica d’arte Gemma Anais Principe. Il giorno dopo, venerdì 24 marzo, sempre alle ore 18, Alessia Principe dialogherà con Nunzio Belcaro alla libreria Ubik di Catanzaro.

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    Alessia Principe

    Stelle meccaniche: Alessia Principe e il suo futuro distopico

    In Stelle meccaniche tutto ha inizio alla fine degli anni Novanta del XX secolo: il sogno di una fonte di energia pulita, eterna e sicura sembra potersi realizzare grazie alla stella artificiale Meti. Il lavoro del team scientifico a capo della ricerca porta però a una catastrofe di dimensioni inimmaginabili: il 3 aprile del 2013 Meti, creata nella centrale a fusione nucleare Tokamak, implode e crea un buco nero che risucchia al suo interno gran parte del mondo per come lo conosciamo oggi.

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    ​Secoli dopo, il volto della Terra è ancora profondamente segnato dall’incidente e fulcro della vita è ormai il continente Mediana, formatosi dopo l’implosione. E per mandarlo avanti occorre energia: la soluzione sono i Resti, sfere di ricordi cristallizzati, attimi del passato che salgono verso l’atmosfera, invisibili e impalpabili finché lampi elettrici non li mostrano e solidificano.

    Gli esseri umani sono divisi tra chi possiede il talento, e vive un’esistenza tranquilla, e chi ne è sprovvisto ed è destinato a trascorrere i suoi giorni nel terrore di essere usato come pezzo di ricambio organico. In tal modo il sogno di una società utopica in cui i migliori hanno il posto che meritano, diventa una distopia che vede il talento ridotto da dono a forma di discriminazione.

    Anime, classica e steampunk

    Nel romanzo seguiamo le vicende di due bambini di undici anni: Giosuè, talento del pianoforte e Tito scugnizzo delle periferie, luogo ai margini del grande Continente della Mediana, dove le scorie rendono l’aria irrespirabile. I due si conoscono nella sala d’attesa di un ospedale dove si effettuano trapianti. Giosuè sta per avere delle mani nuove, Tito un cuore migliore. Tra loro si allaccerà un rapporto fraterno e, grazie a quel legame, capiranno cosa è successo al mondo e cosa riserva il futuro.

    In Stelle meccaniche si ritrovano le atmosfere cupe e steampunk che rievocano alcuni anime giapponesi degli anni ’70 e ’80 come Galaxy Express999, mentre tra le pagine risuonano le note di Satie, Mozart e Rachmaninov.
    Stelle meccaniche dal 23 febbraio è disponibile in libreria e nei maggiori store online.

  • Santa Maria di Corazzo, l’Abbazia tra passato e futuro

    Santa Maria di Corazzo, l’Abbazia tra passato e futuro

    Rispetto è la parola chiave, la stella polare degli interventi di restauro, consolidamento e valorizzazione che partiranno dalle prossime settimane alla Abbazia di Santa Maria di Corazzo, sita nella frazione Castagna di Carlopoli, comune di circa 1.500 anime della Presila catanzarese.
    I lavori avranno un approccio corretto, equilibrato e delicato, nel rispetto dell’immenso valore storico, culturale, religioso, paesaggistico e ambientale di quello che è senza dubbio uno dei monumenti più significativi e suggestivi dell’intera Calabria, terra di mare, certo, ma anche di monti, di storia, di tradizioni, di diversità linguistiche e culturali, di beni mobili e immobili di eccezionale pregio. Un patrimonio di cui essere consapevoli e da riguardare, fedeli alla duplice accezione suggerita dal sociologo e saggista Franco Cassano, vale a dire di avere riguardo, premura dei luoghi e di tornare a guardarli e a viverli davvero.

    L’Abbazia di Santa Maria di Corazzo: dalle origini all’abbandono

    L’Abbazia di Santa Maria di Corazzo – per secoli parte dell’Università di Scigliano – prende il nome dal vicino fiume Corace e la sua fondazione risale all’XI-XII secolo. Una più precisa collocazione temporale e susseguente paternità risultano ancora difficili da definire. È confermata la presenza dei monaci cistercensi e dell’abate Gioacchino da Fiore nell’arco di tempo che va dal 1157 al 1188 circa. Non trova, invece, al momento attestazione l’ipotesi caldeggiata da molti di una precedente edificazione dei monaci benedettini.
    La fine dell’Abbazia coincide con i drammatici terremoti del 1638 e 1783 che sconvolsero la popolazione calabrese e cambiarono per sempre l’aspetto paesaggistico della regione. Dopo un secolo e mezzo di trascuratezza e silenzio, dal 1934 il sito è tutelato dallo Stato italiano (legge di Tutela n. 364 del 1909).abbazia-di-santa-maria-corazzo-cartello

    Rispettoso, conservativo e delineato a seguito di un’attenta analisi conoscitiva, il progetto di restauro e consolidamento punta a valorizzare il bene tenendo fissa in mente la sua funzione originaria. Quindi non condannandolo, tracciando la strada, a una futura trasformazione in una luccicante attrazione turistica e macchina per fare soldi nell’interesse di pochi e a scapito di tutti gli altri.

    Malazioni simili vedrebbero l’imponente Abbazia vittima di un altro “terremoto”, non di minore entità – anzi, assai più grave considerato che sarebbe generato da chi è soltanto ospite della Terra e non da chi la governa – rispetto alle calamità naturali che ne determinarono prima la distruzione, poi l’abbandono – seppur documenti ne attestino residenti sino ai primi anni dell’Ottocento – e infine la progressiva espoliazione dei materiali e delle opere che vi erano conservate. Tra questi da citare quello che dovrebbe essere il portale della navata principale, collocato nella chiesa di San Bernardo della vicina Decollatura.

    Ritorno all’antico pensando al futuro

    L’intento è dunque di agire soltanto sulle problematiche in atto – sulle lesioni dannose e la vegetazione deleteria per l’integrità degli elementi delle murature –, lungi dall’alterare l’aspetto dell’antico monumento.
    Nello specifico, l’intervento consterà nella installazione di stampelle di acciaio per sorreggere le creste murarie, di griglie metalliche poste a copertura degli ambienti ipogei, di parapetti e luci gentili, non impattanti, che accompagneranno, giorno e notte, i visitatori. Una serie di operazioni per rendere sicuro e accessibile il rudere medievale, anche per le persone diversamente abili.ruderi-abbazia-santa-maria-corazzo

    Dettaglio importante e che manifesta una lieta sensibilità e lungimiranza: gli interventi di consolidamento e restauro di questa gemma preziosissima del patrimonio artistico e culturale della Calabria, eredità per l’intera regione, saranno potenzialmente reversibili. I componenti impiantati, un domani, potranno essere estratti, non intralceranno l’operato di più avanzate attività che potrebbero avere luogo nei decenni e secoli futuri. Rispetto sia per il bene sia per le generazioni postere, per l’appunto.

    Il progetto per l’Abbazia di Santa Maria di Corazzo

    Il progetto ha ottenuto il via libera – diversamente da un altro, assai più aggressivo e snaturante, che prevedeva l’installazione di pareti in cristallo e di un tetto in legno lamellare, presentato nel 2020 (allora si parlò di «intervento di tipo conservativo ma allo stesso tempo innovativo») – dalla Soprintendenza Archeologica Belle Arti e Paesaggio delle province di Catanzaro e Crotone.

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    Rendering del progetto di restauro respinto

    A realizzarlo, il Comune di Carlopoli e i professionisti della Giannantoni Ingegneria srl: gli ingegneri Andrea Giannatoni e Isabella Santeramo, l’architetto Luisa Pandolfi. L’elaborazione ha beneficiato del supporto e della consulenza scientifica dell’archeologo e docente Francesco Cuteri, del soprintendente Belle Arti e Paesaggio di Catanzaro e Crotone Stefania Argenti, del docente e architetto Riccardo dalla Negra, del docente e architetto Giuseppina Pugliano e del geologo Marcello Chiodo.

    La presentazione del progetto

    A presentare gli interventi di restauro, consolidamento e valorizzazione della Abbazia di Santa Maria di Corazzo sono stati invece Wanda Ferro, sottosegretario al Ministero degli Interni, Mario Amedeo Mormile, presidente della Provincia di Catanzaro, Emanuela Talarico, sindaco di Carlopoli, Antonio Chieffallo, presidente dell’associazione Muricello, all’interno del Municipio di Carlopoli lo scorso 19 marzo nell’ambito degli eventi di chiusura del Premio Muricello.

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