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  • Il modello droni non basta a salvare l’Aspromonte dal fuoco

    Il modello droni non basta a salvare l’Aspromonte dal fuoco

    A babbo morto. Dopo che anche quest’anno si è sfiorato il disastro col fuoco divampato nel cuore del Parco Aspromonte a pochi chilometri dalle faggete vetuste, si fa la conta dei danni: 50 ettari andati in fumo a Polsi in piena area protetta (zona A) cui si somma il vasto incendio dei Piani di Lopa di Bagaladi dello scorso agosto.

    Il 28 maggio 2024 la Prefettura di Reggio aveva presieduto una riunione di coordinamento per la mitigazione del rischio incendi boschivi con Comune, Metrocity, Ente Parco, Calabria Verde, Vigili del fuoco, Anas, Rfi, Prociv regionale e forze dell’ordine. Mezzi e uomini erano stati garantiti da Calabria Verde (11 Dos, 20 squadre, 5 autobotti a Oppido Mamertina, Bagaladi, Bova, Bovalino e Mammola). Il Parco aveva annunciato i contratti di responsabilità con 15 associazioni di volontariato per le attività di prevenzione, avvistamento e primo spegnimento nelle 15 aree in cui è suddiviso. Tutto il resto a cascata, ognuno per la propria area di competenza. E non è bastato.

    Oggi è una beffa conoscere il destino di quei mezzi forniti da Calabria Verde. Due vasche mobili erano state posizionate al Santuario di Polsi e a Bagaladi, le aree che hanno bruciato di più e per ordini di ragione presumibilmente diversi, se è vero che il fuoco di Bagaladi è stato causato da un fulmine. Per Polsi si parla di un incendio ripartito nella stessa notte almeno 3 volte in una zona impervia, difficilmente raggiungibile, in generale poco battuta e fuori dai normali circuiti di frequentazione del grande pubblico. Un incendio divampato alla fine di una stagione particolarmente secca e proprio a chiusura delle annuali celebrazioni della Madonna della Montagna, quest’anno ancora più restrittive: inibiti l’area mercatale, il transito dei veicoli a diversi km dal santuario e la presenza degli ambulanti privi di certificazioni Haccp e di registratori per gli scontrini fiscali. Nonostante fosse stata predisposta una navetta, non è stata sufficiente e sono comunque mancati coordinamento e comunicazione della logistica per permettere ai fedeli di organizzare gli spostamenti.

    Proprio la scorsa settimana al TG1 andava in onda un servizio sulla prevenzione agli incendi adottato da Regione Calabria con la legge regionale del 27 marzo 2024 e basato sull’utilizzo dei droni: 30 al momento quelli che sorvolerebbero giornalmente i territori. Il provvedimento stanzia 2,5 milioni l’anno per il triennio 2024-2026 e traccia un indirizzo politico preciso: utilizzare il modello droni per costruire tutta la strategia regionale per la tutela del territorio richiamandola nel Piano contro gli incendi boschivi 2024, approvato con delibera 174 dello scorso 15 aprile, cui dovrebbero essere allegati i piani dei singoli parchi. Tutti confluiti nel Programma regionale ponte per lo sviluppo nel settore della forestazione e per la gestione delle foreste regionali 2024. Una serie di atti di indirizzo e norme transitorie in attesa della finalizzazione e dell’approvazione del “redigendo nuovo programma regionale per le attività di forestazione e per la gestione delle foreste regionali”.

    Nonostante il commissariamento l’Ente Parco Aspromonte ha approvato il proprio Piano antincendio boschivo 2024 –2028, con un modello che guarda invece alla sperimentazione avviata da Perna e Bombino e prevede il coinvolgimento attivo delle comunità attraverso i contratti di responsabilità con avvio previsto dalla determina 257 del 17 luglio 2024. A ogni zona del Parco avrebbe dovuto essere assegnata un’associazione tra coloro che avevano inviato la propria manifestazione di interesse a collaborare con il Parco. Tutto bene, si dirà. Invece no, perché, a quanto riferiscono alcune fonti, le manifestazioni di interesse giunte sarebbero state inferiori al fabbisogno stimato. Questo ha condotto a un dato e due riflessioni: per coprire l’intera zonizzazione, il Parco avrebbe assegnato la sorveglianza di più zone alla stessa associazione, da una parte impattando sull’efficacia e sull’efficienza dell’azione di quelle associazioni e, dall’altra, dimostrando che diversi operatori del territorio non troverebbero interesse a collaborare con l’Ente Parco.

    La prima parte della determina dell’Ente Parco nazionale d’Aspromonte n° 257 del 17 luglio 2024

    Emergono dunque una serie di criticità: se il modello droni, non ancora a regime, può rappresentare un sistema di monitoraggio e raccolta dati utile, non è sufficiente ad fronteggiare un problema che non può essere risolto con azioni repressive di giusta tolleranza zero, ma che deve prevedere il coinvolgimento e la sensibilizzazione delle comunità e delle loro associazioni. Serve un approccio misto, anche perché i droni possono essere utilizzati con ottimi risultati per la lotta agli incendi di vegetazione che colpiscono le aree al confine tra aree urbanizzate e vegetazione – come descritto nel servizio del TG1, ma poco possono fare contro gli incendi boschivi che si sviluppano sotto il fitto manto degli alberi che inibisce la visuale dell’occhio elettronico, spesso oggetto di attacco di specie rapaci molto territoriali. E perché non battere anche la strada del monitoraggio satellitare concludendo le interlocuzioni avviate tra Nasa, Città Metropolitana ed Ente Parco prima del commissariamento?

    Per Luca Lombardi, Presidente dell’Associazione Guide Parco Aspromonte il punto non riguarda solo il metodo, ma come viene applicato: “Perché l’area intorno a Polsi, così come altre zone spesso interessate dai roghi, non vengono monitorate maggiormente”. Dalla zona di San Luca e Natile di Careri abbiamo potuto raccogliere testimonianze di chi è arrabbiato per lo stato in cui versa Polsi, madre di uno dei culti mariani più importanti del Meridione, tutt’oggi poco accessibile, senza una strada sicura che conduca al Santuario. Questo il ragionamento: Polsi è rimasta come secoli fa, della strada annunciata da Occhiuto non c’è traccia e i divieti sono sempre più stringenti e quest’anno è stato vissuto un disagio enorme da parte di fedeli e operatori commerciali. Può questo elemento costituire un movente che spinge qualche scellerato a ricorrere al fuoco come arma di protesta?».

    E può una politica puramente repressiva rappresentare una soluzione di lungo periodo senza azioni di educazione, formazione e mediazione dei conflitti? Nell’attesa di una risposta i boschi calabresi, nostro patrimonio, continuano a bruciare.

  • GENTE IN ASPROMONTE| “Il selvaggio” Demi, l’uomo che unisce comunità

    GENTE IN ASPROMONTE| “Il selvaggio” Demi, l’uomo che unisce comunità

    Quella di oggi è una storia di passione, morte e rinascita. Contemporaneamente anche un racconto di community building, incubazione di “proto-imprese”, collaborazione e azioni dal basso per la rinascita delle aree interne. Perché dietro – o, meglio, attorno – al protagonista si snodano le strade e le scelte di altri protagonisti che contribuiscono a formare una nuova narrazione corale dell’Aspromonte. Sono le vite degli altri nella storia di Demetrio D’Arrigo, per tutti Demi e meglio conosciuto sui social come AspromonteWild. Per me il cicerone con cui ho alle spalle molte giornate condivise, tanti chilometri percorsi, tracce di speleologia e geologia e un confronto serrato sui temi che riguardano le aree interne, i restati e i ritornati. Il nostro rapporto, nato durante la visita a Pietra Cappa in occasione dell’intervista ad Annamaria Sergi , si è strutturato nel tempo e Demetrio è diventato compagno di esplorazioni e amico.

    La nostra tappa stavolta è stata a Roghudi Vecchio, antico insediamento aggrappato a uno sperone di roccia nel ventre dell’Amendolea, versante Sud dell’Aspromonte. Diverse volte alluvionato, dichiarato inagibile, è in stato di abbandono fin dagli anni Settanta. Terra di vento, crepacci e leggende nel cuore della Calabria greca dove ci sono cascate che, per la loro conformazione, fungono da prima palestra per i neofiti del torrentismo.
    «Pronto a fare l’esperienza delle corde?», chiede mentre ci appropinquiamo alla meta. L’idea è di realizzare un’intervista in natura, cercando di documentare le attività e le passioni di Demetrio D’Arrigo, voce autorevole tra gli operatori del settore e leader indiscusso del comparto sport di montagna.

    La seconda vita di Demetrio D’Arrigo

    «Sono alla mia seconda vita. La prima, un passato nel mondo della post-produzione musicale, si è chiusa diversi anni fa. Di quella conservo il mio orecchio assoluto. Abbracciare la montagna, perdendomici in solitudine anche per giorni, mi ha risollevato da un momento cupo e mi ha indicato una nuova strada. Il mio percorso inizia nel 2007, anno del mio ingresso nel Soccorso alpino. Nel 2009 lancio la mia associazione impegnata nella valorizzazione del territorio e nella promozione dei percorsi escursionistici in Aspromonte. Nel 2013, grazie alla legge sulle professioni non regolamentate, avvio la mia attività di guida canyoning. Poi nel 2015, finalmente, dopo un corso di formazione promosso dall’Ente Parco, divento una sua guida ufficiale. Oggi sono socio fondatore dell’ENGC e unico calabrese a farne parte. Sto cercando di diventare una guida completa, sia sul versante sportivo che escursionistico, accompagnando su più terreni, su diversi territori e in varie attività sportive».

    Oblio e alleanze

    Formatore, istruttore di canyoning molto conosciuto e riconosciuto, Demetrio D’Arrigo è un incredibile facilitatore: oltre al proprio lavoro coi gruppi turistici, si dedica a promuovere e divulgare le risorse del territorio ai calabresi, collaborando con le comunità e svolgendo una vera e propria attività di coaching e capacity building.
    È quello che gli ho visto fare durante le uscite di gruppo e i sopralluoghi a due durante tutti questi mesi: disseppellire da un oblio collettivo patrimoni naturalistici ed escursionistici e, contemporaneamente, rafforzare il fronte delle alleanze per lo sviluppo tra i territori. È stato lui a introdurmi e presentarmi a Giuseppe Murdica, Stefano Costantino con la moglie Arianna Branca e i tanti altri restati e ritornati con cui collabora e che ha spronato a credere nella possibilità di uno sviluppo endogeno.

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    Demetrio D’Arrigo e Peppe Murdica

    «Tento di ricucire i territori con le loro comunità, spesso inconsapevoli delle loro risorse naturalistiche e di quello che può essere attivato. Una cosa che è diventata quasi naturale, perché è parte integrante della natura stessa delle attività escursionistiche e sportive che propongo. I residenti dei territori inseriti nei miei itinerari sono un elemento essenziale: sono i loro custodi. Tra loro ci sarà sempre qualcuno con una storia da raccontare e un patrimonio da divulgare». Praticamente la nuova frontiera del marketing territoriale di prossimità.
    È quello che è successo nella piccola comunità di Armo, media collina a un passo da Reggio; a Piminoro, versante occidentale del lato più tropicale dell’Aspromonte che domina la Piana di Gioia Tauro; a Pietrapennata, tre case, qualche decina di abitanti e nemmeno un forno, più in quota di Palizzi Vecchio, dove allena i suoi allievi su una delle palestre di roccia utilizzate dagli scalatori.

    Lo schema di Demetrio D’Arrigo

    Lo schema di Demetrio D’Arrigo è sempre lo stesso: effettuare sopralluoghi alla ricerca di mete per nuovi percorsi escursionistici; agganciare i loro abitanti per carpire la natura e l’essenza di quei luoghi; costruire itinerari stimolando quelle comunità a creare servizi di accoglienza, promozione delle tipicità, narrazioni autentiche; lanciare quei nuovi punti escursionistici attraverso i suoi canali digitali, aggiungendo ogni volta un nuovo nodo a questa infrastruttura immateriale di relazioni. L’indicizzazione dei motori di ricerca gli dà ragione, il suo sito è da anni in prima posizione su Google. «E nel periodo estivo gli accessi alle pagine hanno notevoli picchi di ingresso».

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    Mimmo Plutino e Stefano Costantino

    A confermarmelo è Stefano Costantino, componente della Cooperativa Sant’Arsenio. Realtà di forte ispirazione cattolica, opera ad Armo dal 2005 aggregando piccole produzioni locali, orti urbani, ospitalità, formazione per le scuole, approccio eco-sostenibile. «Demetrio D’Arrigo è spuntato qualche anno fa per contrassegnare Armo, terra del monaco eremita Sant’Arsenio, come una delle ultime tappe del Cammino Basiliano. “Abitate un luogo straordinario da cui è passata la storia del monachesimo di Calabria. Siatene fieri”».

    Da Armo a Piminoro

    Mimmo Plutino, diacono della parrocchia, è più esplicito: «Quando, qualche anno fa, tornai a visitare il canyon dei Rumbulisi, condividendone le foto, Demetrio D’Arrigo mi contattò per organizzare un itinerario che unisse il canyon e la grotta del santo, mostrando contemporaneamente le formazioni rocciose di arenaria del luogo e la visita in paese. La sua idea ha funzionato, alimentando un nuovo flusso di visitatori». Che, oltre all’accoglienza e alle piccole produzioni, trovano ad Armo, conosciuta in zona per il modello di raccolta differenziata a impatto zero fatta con gli asinelli, un dedalo di murales a cielo aperto realizzato dal gruppo Creativi Armo.

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    Murales ecosostenibile realizzato ad Armo con il recupero dei tappi di plastica

    Lo stesso copione è andato in scena a Piminoro: dall’incontro di Demi con Giuseppe Murdica, già impegnato nella rivalutazione di vecchi sentieri verso le tante vie dell’acqua di questa frazione, sono germogliate iniziative nuove. Da un primo tentativo di ristorazione familiare ed ospitalità alla riattivazione, nel 2019, della Cooperativa Monte dei Pastori. «Ho conosciuto Demetrio 13 anni fa, in occasione di uno dei suoi sopralluoghi. Dopo avergli mostrato una delle tante cascate che abbiamo in zona, l’ho invitato a pranzo. Da lì sono nati un confronto e una sinergia che non si sono mai fermati».

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    L’area dell’ex caserma Naps a Piminoro

    Oggi Giuseppe con la sua famiglia ha creato un punto di riferimento per escursionisti e camminatori. Non solo: la cooperativa ha chiesto al Comune di Piminoro la concessione dell’area della vecchia caserma NAPS (Nuclei Anti Sequestri della Polizia di Stato), passata dal Comune all’Ente Parco che l’aveva lasciata in abbandono dopo un periodo transitorio in cui vi erano stati ospitati i richiedenti asilo. L’idea è di creare un villaggio polifunzionale con 300 posti letto e servizi per roulottes e camper. I lavori sono già partiti.

    La montagna che collassa

    Se questa emergente strategia complessiva sia consapevole o meno non posso dirlo, ma che inneschi un processo di auto-sostentamento è fuori di dubbio. Ed è funzionale alla battaglia contro l’abbandono e la deriva di territori in cui, emigrati gli uomini che li abitavano, la Natura si è ripresa spazi di vita e comunicazione un tempo antropizzati. «L’abbandono porta al collasso delle aree interne. Questi movimenti di persone e idee che cerco di accompagnare rappresentano un antidoto e una risorsa in un mondo dove il comparto del turismo e dei servizi collegati prende sempre più piede.

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    Torrentismo a Piminoro

    Se prima il modello di sviluppo legato a una certa industrializzazione appariva l’unica via possibile, oggi le attrazioni naturalistiche sono parte di soluzioni alternative per la rinascita dei territori. Ogni paese aspromontano ha diverse possibilità di creare un indotto a partire dalle proprie risorse: acqua, legna, pietre, antichi mestieri. Bisogna condurre quegli abitanti a crederci. Una montagna abbandonata non torna più autentica o incontaminata, ma rischia il collasso».

    È proprio così: quelli che fino agli anni Settanta e Ottanta erano territori abitati, stanno andando alla deriva. I tornanti che conducono a Roghudi Vecchio, una volta battuti e curati, sono ora invasi da una natura che se ne è riappropriata. Ma dove si attivano certi processi, la storia prende una piega diversa. Il passaggio dall’attività volontaristica o associazionistica a forme imprenditoriali rappresenta un punto di svolta: «L’associazionismo è quello da cui tutti siamo partiti. All’inizio può fare la differenza per la grande capacità di coinvolgere, mostrare e narrare. Ma per chi decide poi di fare questo lavoro, la dimensione volontaristica deve diventare impresa: partite IVA, ditte individuali, cooperative. Un passaggio obbligato che oggi è sempre più evidente: tante guide, tanta scelta per il turista di prossimità e per chi arriva da lontano».

    Tutto quello che serve

    È un punto su cui Demetrio D’Arrigo batte molto e sul quale io stesso mi sono soffermato durante una delle prime uscite a Natile, quando ho assistito al confronto serrato tra lui e Annamaria Sergi, ex presidente di quella Pro Loco. Riassunto: se vuoi crescere, devi fare il salto. Sergi si è poi messa in proprio: ha fondato una sua associazione programmando un percorso più strutturato per lo sviluppo della vallata delle Grandi Pietre.
    «Questa d’altronde è anche la mia storia. Da realtà associativa ho lentamente compiuto un passaggio verso un’imprenditorialità che mi permette di vivere seguendo la mia passione: lavorare con la natura e in natura, accogliere, divulgare, fare formazione e sport. A ben guardare abbiamo già tutto quello che serve: natura, cultura, storia, diverse tipologie di attività e ulteriori servizi da sviluppare. Credo che, se si decide di restare, le opportunità di lavoro non manchino. Però bisogna rafforzare l’acquisizione di competenze specifiche anche in relazione allo sviluppo di filiere produttive».

    La filiera delle pietre

    L’esempio che ha in mente è specifico e riguarda l’economia circolare: «Anche se i turbo-ambientalisti mi criticheranno vedo un’opportunità nella cosiddetta filiera delle pietre. La provincia di Reggio è localizzata a cavallo di un sistema complesso di fiumare in cui si deposita di tutto e che andrebbe irregimentato. Dalle pietre può derivare una grande ricchezza in ottica di edilizia eco-sostenibile. Ciò consentirebbe di monitorare i torrenti mantenendo stabili, puliti e dragati i loro greti e fornire materiale naturale, resistente e ad impatto minimo per costruire». Ma come al solito serve una visione abbracciata da una politica che dia seguito a soluzioni idonee per le procedure amministrative: ad esempio un sistema di concessioni. «Mi piacerebbe che ci fossero più persone giuste al posto giusto. Se politica e amministratori ascoltassero le richieste e i suggerimenti dai territori, si vivrebbe in modo differente». Ossia migliore.

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    La fiumara di Roghudi, ideale per la cosiddetta “filiera delle pietre”

    Demetrio D’Arrigo tra monaci e politica

    Un esempio di questa crasi incomprensibile è la vicenda legata al collegamento dell’ultima tappa del Cammino Basiliano che termina al Duomo di Reggio Calabria: 81 tappe divise tra Calabria e Lucania, con la presenza di 10 dei borghi più belli d’Italia e 3 siti UNESCO. Un progetto finanziato da Regione Calabria per valorizzare, salvaguardare e promuovere la fruizione eco-sostenibile dei patrimoni presenti lungo la dorsale di questo sentiero. Demetrio D’Arrigo, che è membro dell’omonima associazione che lo ha incaricato di elaborare le ultime tre tappe del sentiero, la racconta con diplomazia: «Non sono riuscito a collegare l’ultima tappa che va da Armo a Reggio e a piazzare i cartelli che indicassero le rotte percorse dai monaci perché non ho bussato alla porta giusta».

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    Una delle 81 tappe – la numero 35, da Villaggio Mancuso a Pentone – del Cammino basiliano, con relativo cartello

    La verità è più tragicomica, più à la Totò. Come referente dell’associazione da cui aveva avuto mandato, si era rivolto al Comune di Reggio per individuare settore e responsabile cui inoltrare la richiesta di autorizzazione per l’apposizione della segnaletica. Dopo diversi tentativi era emerso che avrebbe dovuto rivolgersi all’Ufficio Pubblicità. Cosa c’entrasse la pubblicità con la sentieristica e la valorizzazione dei beni naturalistici e culturali è ancora da capire. Fatto sta che tra passaggi, lungaggini, burocrazia e Covid non se ne è fatto nulla. La sua ultima mail al Comune risale al 15 novembre 2021. Poi il silenzio.

    Il silenzio di Reggio

    «Credo non avessero capito che si trattasse di un sentiero e che, per completare il percorso, da contratto con la Regione che ha finanziato il progetto, si sarebbe dovuta apporre tutta la segnaletica. Il Comune di Reggio è l’unico tra quelli contattati che non mi ha considerato. A Motta San Giovanni mi hanno aperto le porte, a Montebello il sindaco si era addirittura offerto di accompagnarmi per indicarmi il punto esatto in cui le indicazioni andavano apposte, seguendo la posizione di alcune chiese o punti di passaggio. I cartelli li ho ancora a casa e sono pronto a piazzarli appena ce ne sarà possibilità».

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    Il Comune di Reggio Calabria

    Arrivati alle cascate di Roghudi, siamo poi scesi con corde, picchetti, moschettoni e mute. Un’esperienza di straordinaria intensità utilizzata anche nelle sessioni di team building dal management di medie e grandi aziende.

  • Sentiero solidale: il Pollino alla portata di tutti

    Sentiero solidale: il Pollino alla portata di tutti

    Quando si va in montagna, il passo è quello del più lento. Significa che il ritmo della camminata è dettato dal membro che va più piano dentro il gruppo. Questa pratica è una questione di sicurezza, ma anche di solidarietà, perché indietro non si lascia nessuno.
    È con questo spirito che il Cai (Club alpino italiano) nazionale ha istituito al suo interno una commissione che si occupa specificatamente di accompagnamento solidale. Lo scopo è far conoscere l’incanto della montagna a chi sui sentieri da solo non può andare. E in Calabria c’è chi su questo fronte si è impegnato già da tempo, infatti la sezione Cai di Castrovillari anche quest’anno ha organizzato una escursione speciale sul Pollino.

    Una esperienza giunta già al quarto anno

    «È il quarto anno che organizziamo una escursione con persone disabili», racconta Carla Primavera, presidente del Cai Castrovillari. Un appuntamento tra l’altro sostenuto anche dalla Commissione Sodas (Struttura operativa accompagnamento solidale) e che qui ha trovato un riscontro favorevole, accompagnando in escursione guidata chi è meno fortunato di noi e tuttavia deve poter essere messo nelle condizioni di apprezzare la bellezza della montagna.
    «Abbiamo cercato di contattare le varie associazioni che si prendono cura di persone disabili per tempo, in modo da poter organizzare nel modo più accurato l’uscita e abbiamo avuto il sostegno del sindaco di Castrovillari che ha fornito l’autobus per giungere fino all’inizio del sentiero», prosegue la presidente del Cai.
    Si trattava di una organizzazione capillare, che comportava la gestione dei trasporti, la cura delle persone nel corso dell’escursione, la sicurezza dei partecipanti sui sentieri che, pure se scelti per la loro semplicità, potevano rivelarsi faticosi.

    Sentiero solidale: le associazioni sul Pollino

    Infatti la realizzazione dell’escursione, che si è svolta nella prima metà di giugno, ha coinvolto numerosi soci della Sezione di Castrovillari del Cai e ha visto la partecipazione di diverse associazioni impegnate nell’assistenza ai disabili.
    Alla fine sul sentiero che da Piani di Ruggio conduce dolcemente fino al Belvedere dei Loricati c’erano il Filo di Arianna, l’Associazione Famiglie Disabili, il Centro salute mentale di Castrovillari e l’associazione Azzurra di Corigliano-Rossano.

    Sul sentiero che conduce al Belvedere

    Una lunga paziente fila di escursionisti, composta da guide, persone disabili con i loro accompagnatori del Servizio sociale, un ragazzo su carrozzina e sua madre, ha attraversato il sentiero che conduce fino a un punto da cui si domina la vallata sottostante e sul cui crinale si ergono magnifici alcuni esemplari di Pino Loricato.

    I volontari accompagnatori

    «È stata una esperienza emotivamente potente – racconta Carla Primavera – soprattutto guardando il divertimento e la gioia che pervadevano i nostri ospiti. Al ritorno dal sentiero, prima della ripartenza, hanno voluto dare voce all’emozione per l’esperienza vissuta esprimendo il loro entusiasmo».  Una avventura fuori dall’ordinario che il prossimo anno sarà replicata contando sul coinvolgimento di un numero maggiore di associazioni, per fare conoscere la montagna a chi da solo non può andarci e per non lasciare nessuno indietro.

  • Aspromonte, dall’Unesco semaforo giallo per il geoparco?

    Aspromonte, dall’Unesco semaforo giallo per il geoparco?

    Le note vicende che hanno portato al commissariamento dell’Ente Parco Aspromonte continuano a produrre effetti negativi. Sì, perché nel trentennale dell’istituzione dell’Ente e nell’anno in cui l’Aspromonte attende la verifica dei commissari UNESCO per la conferma dello status di Geoparco Globale, la macchina è completamente inceppata.
    Quella verifica, originariamente prevista per lo scorso aprile, è slittata al prossimo luglio.

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    Una volpe in Aspromonte

    Aspromonte Geoparco UNESCO: dalle origini ad oggi

    L’ingresso del Parco Aspromonte come Geoparco nella rete mondiale dell’Unesco risale al 21 aprile 2021. La procedura, avviata anni addietro, era risultata vincente in tempi record rispetto a candidature che attendono ancora un semaforo verde. Nel 2018, dopo un lungo lavoro preparatorio coordinato da una struttura amministrativa che ancora funzionava, durante l’Ottava Conferenza Internazionale dei Geoparchi Mondiali tenutasi a Madonna di Campiglio, l’UNESCO aveva presentato una relazione in cui venivano evidenziate delle criticità da sanare. Nel 2021, infine, l’acquisizione dello status di Geoparco.

    Rosolino Cirrincione, oggi direttore del Dipartimento di Scienze biologiche, geologiche e ambientali dell’Università di Catania ha collaborato al dossier di candidatura. Cirrincione racconta che dal 2021 non ha avuto più alcuna notizia. L’Ente Parco lo ha però sollecitato, di recente, a supervisionare la bozza di relazione in preparazione per la visita dell’UNESCO del prossimo luglio. Una richiesta all’ultimo minuto che l’accademico non pare aver affatto gradito.

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    Il professor Rosolino Cirrincione, ordinario di Petrografia e Petrologia a Catania

    Certo, diverse attività sono state svolte per adempiere alle procedure che riguardano la vita dei Geoparchi: formazione nelle scuole, produzione di materiale di comunicazione, inaugurazione e apertura di una sede specifica del Geoparco a Bova. Molto altro, però, sembra mancare.
    L’Ente Parco non ha all’interno del suo staff un geologo, nonostante l’UNESCO ne suggerisca l’assunzione da anni. Chi si è occupato della candidatura del 2018, la geologa Serena Palermiti, ha collaborato come esterna con incarichi diretti. Terminati quelli, anche lei non ha più avuto dall’Aspromonte alcuna notizia sul Geoparco UNESCO.

    Arrivano i commissari e non c’è nessuno

    Le attività di cooperazione e trasferimento delle conoscenze con gli altri Geoparchi – precedentemente in capo a Silvia Lottero, la funzionaria che firmò la stabilizzazione illegittima degli LSU/LPU poi accusata di danno erariale – sembrano essere state molto lacunose. Così come lo è il lavoro sulla metodologia di monitoraggio delle presenze per l’implementazione delle visite turistiche.
    Quello che i commissari UNESCO troveranno in Aspromonte al momento di valutare il Geoparco sarà dunque non solo un lavoro fatto a metà, ma una ridotta capacità amministrativa dell’Ente. E la capacità amministrativa è  tra i principali capisaldi della verifica, assieme al coinvolgimento delle comunità del territorio. Le stesse, cioè, che da anni lamentano di non essere ascoltate dall’Ente.

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    Due esemplari di coturnice nel territorio del Parco

    Dallo stesso Parco arrivano ammissioni che non lasciano dubbi. L’attuale responsabile del dossier Geoparco è Giorgio Cotroneo. In carica dallo scorso febbraio dopo l’insediamento del commissario straordinario Renato Carullo, imputa inefficienze e ritardi alla drammatica situazione della pianta organica e al malgoverno degli ultimi anni.
    Lo stesso Carullo, poi, è ancora più netto: «Siamo in ritardo su tutto. La situazione è quella che è: contenziosi interni ed esterni, procedimenti disciplinari, indagini della magistratura. Dieci giorni dopo il mio insediamento (14 febbraio 2024 ndr) ho inviato una relazione al Ministero descrivendo lo stato in cui versa l’ente e la mia difficoltà a mandarlo avanti con una pianta organica praticamente inesistente. Nonostante sia per me un campo nuovissimo, ho accelerato tutti i processi in essere. Ho bisogno che l’Ente abbia un governo che funzioni. A luglio avremo in Aspromonte la delegazione UNESCO per la verifica delle condizioni che garantiscono lo status di Geoparco, ma ci hanno già anticipato in via informale che conferiranno il bollino giallo: meglio il semaforo giallo che quello rosso».

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    Pietra Cappa

    Stop al Geoparco UNESCO: cosa perderebbe l’Aspromonte

    Il segretariato dell’UNESCO, nonostante i solleciti via mail di questa redazione, non ci ha dato conferme a riguardo. Se ci troveremo di fronte a un semaforo giallo si tratterà di un alert. E non è detto che l’ammonizione si trasformi in un’espulsione. Ma il rischio è di azzerare un riconoscimento che, se a regime, rappresenterebbe un’opportunità per tutti i territori del Parco: creerebbe flussi turistici focalizzati sul geoturismo, stimolerebbe la creazione di imprese locali innovative, anche legate alla formazione di settore, e attiverebbe nuovi investimenti, generando processi di sviluppo.

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    Un ciclista in Aspromonte

    In tutto questo anche se il nuovo PIAO (Piano integrato delle Attività e Organizzazione) è stato approvato d’urgenza sulla scorta della programmazione lasciata dal direttore Putortì andato in pensione, gli investimenti sono fermi.
    Il Parco Aspromonte è l’unico tra quelli calabresi a non avere ancora firmato la convenzione con la Regione sulla ciclovia dei parchi, anche se il commissario garantisce che la questione è in via di definizione.

    Il problema è politico

    «Vedo tutte le potenzialità inespresse che ci sono, ma la struttura deve essere messa nelle condizioni di operare. Senza dipendenti è come se avessi le mani legate» continua, che sottolinea come si trovi a governare «per la prima volta un ente senza Direttore».
    Carullo aveva anche proposto una delibera per avviare le procedure con cui individuare la terna per la nomina del nuovo direttore da parte del ministro. Il Ministero dell’Ambiente l’ha annullata, però, perché la nomina del Direttore dovrebbe arrivare su impulso del Consiglio direttivo e del presidente. Che, dopo il commissariamento, non esistono più. Occorrerebbe, quindi, fare pressione sul Ministro affinché ricostituisca quel Consiglio direttivo.
    Come sempre, il problema è politico.

    Leo Autelitano

    Secondo Carullo, l’ex presidente Autelitano, convocato con due pec, non si sarebbe presentato per le consegne dei dossier aperti. Autelitano a sua volta, in una conferenza stampa con accanto il senatore Giuseppe Auddino (M5S), ha denunciato il carattere «trasgressivo, punitivo ed elusivo del decreto di commissariamento», imputandolo a oscure manovre di una certa parte politica. Come a dire: politica per politica, ognuno schiera le armi che ha. Ha poi negato di aver ricevuto la convocazione. Sarebbe potuta essere l’occasione per chiarire la situazione del Geoparco.

    Le decisioni dei tribunali

    In tutta questa matassa, le uniche certezze al momento sono due decisioni dei giudici. La prima è quella del Tar che rigetta la richiesta di sospensiva in via cautelare del provvedimento di commissariamento dell’ente.
    La seconda è la bocciatura del ricorso presentato da Maria Concetta Clelia Iannolo contro l’Ente per il reintegro completo in ruolo.
    E con la polemica che non accenna a smorzarsi, a perdere sono sempre cittadini, comunità e territori.

  • L’insostenibile mobilità di Reggio Calabria

    L’insostenibile mobilità di Reggio Calabria

    Con la delibera che, in via sperimentale, raddoppia il costo della sosta sul lungomare Matteotti dal prossimo 1 maggio al 31 ottobre, il vaso di Pandora della mobilità a Reggio Calabria è stato definitivamente scoperchiato. Un provvedimento che punterebbe a disincentivare l’uso del mezzo privato, riducendo i costi ambientali, sociali e infrastrutturali del traffico veicolare e della sosta, agevolando la fruizione di aree a prevalente uso pedonale e ciclabile e migliorando la fluidità della circolazione.

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    Un estratto della delibera di fine marzo con cui la Giunta ha disposto l’aumento delle tariffe per la sosta

    La misura non avrebbe scatenato le polemiche che sono piovute se il raddoppio delle tariffe fosse uno degli aspetti di una strategia più ampia per la mobilità sostenibile che ad oggi non esiste. O meglio, esiste solo sulla carta. Perché alla maggiorazione di certi costi non corrispondono alternative che consentano ai cittadini di spostarsi in un’ottica davvero sostenibile. Non esiste un Piano della Mobilità Sostenibile (PUMS). Non un sistema attivo di monitoraggio di traffico e circolazione. A pagare lo scotto è la visione di sistema evocata nella bozza di Masterplan 2050.

    Un piano fermo al 2017

    Nel capitolo “Mobilità Pubblica e Attiva” si sottolineano le molte criticità relative alla mobilità a Reggio e si individuano in governance e visione di sistema i pilastri di una strategia complessiva per promuovere l’uso del mezzo pubblico, l’abbattimento del livello di CO2 e la cosiddetta “mobilità dolce” a tutela della salute dei cittadini e dell’ambiente. In questo momento però mancano l’una e l’altra.
    Perché manca il PUMS, che è lo strumento di pianificazione e programmazione di questa visione di sistema. Il Comune ha approvato un suo preliminare realizzato dalla società IT s.r.l. nel 2017 e necessario per la valutazione di impatto ambientale propedeutica alla realizzazione del piano definitivo di cui non c’è traccia. Il sito web specificamente dedicato al PUMS non è raggiungibile. E quel preliminare, ormai datato, si basa su dati ISTAT del 2011 e non tiene conto di elementi nuovi come il potenziamento dell’aerostazione. In più ci sarebbe il contenzioso tra Comune e IT per il mancato pagamento di quel preliminare.

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    Il verbale di approvazione del preliminare risale a ottobre del 2017

    Il Piano Regionale dei Trasporti ha stabilito che i quattro nodi della rete strategica di trasporto regionale di Reggio Calabria siano rispettivamente per il centro città i punti “Porto-Stazione Lido” e “Stazione centrale-Aeroporto” e per la periferia Pellaro a Sud e Gallico a Nord. Nonostante i Comuni potessero porre osservazioni e suggerimenti per implementare il documento, Reggio non si è pronunciata. Sono così rimasti fuori punti fondamentali come quelli relativi all’accesso lato monte della città: le bretelle del Calopinace e la zona Ospedale.

    Mobilità a Reggio: la Centrale di Controllo senza dati

    In quanto poi a mobilità, mancano i dati. Reggio ha a disposizione la Centrale per il Controllo della mobilità, cioè la struttura informatica per la raccolta in real time, la catalogazione e l’elaborazione dei dati sulla sosta e su traffico in entrata e in uscita dalla città. Ma non ha né elaborato una mappa completa dei punti di rilevamento, né si è mai dotata dei sensori per l’acquisizione dei dati di infomobilità. Apparecchiature che sarebbero dovute essere acquistate dal Comune con i fondi PON Metro in scadenza lo scorso 31 dicembre. L’operazione non è andata in porto per paura di sforare la data di chiusura del programma e non vedersi consegnati i sensori.

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    L’Università della Calabria sta collaborando con il Comune di Cosenza per la redazione del PUMS

    Senza dati, i modelli di trasporto, domanda e offerta, alla base di una strategia “visione di sistema”, non possono essere generati. D’altronde il Comune non ha tecnici cui assegnare questo compito. Manca un mobility manager. E manca un altro pezzo fondamentale: il coinvolgimento degli stakeholders. Nonostante la presenza del Laboratorio Analisi Sistemi di Trasporto, tra i più importanti centri di ricerca del settore a livello europeo, il Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione, delle Infrastrutture e dell’Energia Sostenibile dell’ateneo dello Stretto non sarebbe stato consultato. Diversamente da Cosenza dove UNICAL sta collaborando alla redazione del PUMS con il professor Guido, associato ICAR/05 del Dipartimento di Ingegneria Civile e mobility manager.

    Intermodalità e finanziamenti

    C’è poi la questione dell’intermodalità. Dopo le polemiche sul paventato definanziamento dei relativi progetti, lo scorso ottobre Battaglia, già assessore ai comunale ai Trasporti, aveva garantito che i fondi non sarebbero andati persi. Era stata la stessa Staine, con la stessa delega alla Regione ad annunciare un piano da 20 milioni di euro a valere sul PAC 2014/2020 per parcheggi, stazioni di interscambio e corsie riservate con sistema di semafori intelligenti per i bus. Come certifica la bozza di Masterplan, il Comune starebbe lavorando per aumentare le fermate della linea ferroviaria in città e posizionarne una ogni 500 metri. Ipotesi lunare in termini operatività, costi e sostenibilità del servizio.

    Bisognerebbe poi risolvere il nodo del collegamento tra l’aeroporto della città, la fermata ferroviaria dedicata e il pontile di attracco degli aliscafi che presenta una serie di criticità dovute all’attuale conformazione dell’aerostazione lontana da entrambi i punti di “approdo”.
    Reggio, inoltre, non ha mai approvato il Piano Urbano per la Sicurezza Stradale.
    L’impressione è che si lavori in (dis)ordine sparso, a compartimenti stagni, senza che una mano sappia ciò che fa l’altra. Senza quella visione di insieme fatta di coordinamento, coinvolgimento di esperti e stakeholder, elaborazione di modelli. Come invece dovrebbe essere.

  • Meec: all’Unical il futuro green è già arrivato

    Meec: all’Unical il futuro green è già arrivato

    Il Master del Dimes – Dipartimento di Ingegneria informatica, Modellistica, Elettronica e Sistemistica dell’Unical – sarà presentato oggi, 4 aprile, nel Palazzo della Provincia di Cosenza. Tanti gli ospiti dell’evento dedicato al progetto di alta formazione in mobilità elettrica ed economia circolare e rivolto ai professionisti del futuro green già dietro l’angolo.
    Il Meec è il primo master di secondo livello in mobilità elettrica ed economia circolare per neolaureati e lavoratori.
    La prima edizione accoglierà fino a trenta partecipanti e, in base a una graduatoria di merito, verranno subito erogate (in tre tranche), borse di studio di 20mila euro ciascuna per dodici corsisti.
    Ai partecipanti sarà conferito il titolo di “esperto in gestione di sistemi e strutture per la mobilità elettrica e l’economia circolare”.

    A chi si rivolge il Meec

    Il percorso formativo nasce da un progetto del Dimes dell’Università della Calabria, nel contesto dei patti territoriali per l’alta formazione, finanziati dal Mur, ed è rivolto a laureati in ingegneria, matematica, fisica, economia, economia aziendale, finanza, statistica e informatica, chimica.
    Un ruolo attivo è svolto dalle imprese: attraverso la partecipazione ai moduli formativi e attraverso gli stage aziendali, ma anche per l’assorbimento di nuovi profili professionali, necessari all’evoluzione di un mondo a misura di veicolo elettrico. Un mondo che ha bisogno di diffusi e innovativi sistemi di carica, delle competenze per la manutenzione e la riparazione, di professionisti con competenze adeguate in materia di riciclo.

    I partner del progetto

    La partnership del progetto è di quelle che innescano rapporti immediati con le imprese, nel segno della mission dei Patti territoriali. Si tratta della Motus-E, la prima e principale associazione italiana costituita per accelerare il cambiamento verso la mobilità elettrica.
    In Motus-E fanno sistema, insieme con gli atenei, i principali marchi automobilistici, le industrie, i fornitori di energia, le imprese di servizio, i movimenti di opinione sulla sostenibilità ambientale.
    L’evento di presentazione del Meec 2023/2024, è anche l’occasione per fare il punto nazionale ed europeo sulla doppia tematica: la circolazione elettrica e il modello di produzione e consumo basato sul riciclo.

    Gli interventi previsti

    I lavori saranno aperti dai saluti istituzionali di Rosaria Succurro, presidente della Provincia di Cosenza. Seguirà l’intervento del direttore del master, il docente Unical Gregorio Cappuccino, che presenterà l’intero progetto con un intervento dal titolo: “L’Unical e il patto con il territorio”. Per il governo regionale, l’assessore allo Sviluppo economico Rosario Varì, interverrà sul tema: “La Regione a sostegno delle imprese e dei cittadini calabresi per la transizione ecologica”.
    Previsti i contributi del docente Unical Piero Guido, co-responsabile del master, “La mobilità del futuro in Calabria è già realtà” e dei rappresentanti della partnership: Fabio Pressi, “Motus-E: l’unione fa la forza”; Francesco Naso, “Il ruolo della formazione tra le opportunità e le sfide della E-Mobility”.

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    Rosaria Succurro

    Il dirigente regionale delle Ferrovie della Calabria, Aristide Vercillo Martino, farà il punto su “ASSTRA e la sfida della mobilità elettrica in Calabria”. In conclusione una storia di successo, quella della tenuta di “Serragiumenta” di Altomonte. Paolo Canonaco sarà testimonial di una Calabria votata alla produzione enogastronomica biologica, al turismo esperienziale, allo sviluppo di realtà produttive totalmente alimentate da energie rinnovabili.

    L’importanza del Meec

    Varia e complessa la tematica al centro del progetto Unical. «Mobilità elettrica non significa soltanto il veicolo ad uso aziendale o privato, dall’automobile, alla navetta, alla bici. C’è tutto un altro versante che riguarda i vari settori dell’economia; basti pensare alle macchine, agli attrezzi, ai mezzi off road per la lavorazione in agricoltura e nelle industrie», spiega l’ingegnere Gregorio Cappuccino, docente di Elettronica del Dipartimento di ingegneria informatica, modellistica, elettronica e sistemistica.
    «In questo nuovo orizzonte si sta muovendo anche il settore pubblico. Gli autobus elettrici hanno una crescente diffusione, del tutto inattesa; i droni verranno utilizzati molto presto, appena sarà licenziato il relativo regolamento, per il trasporto di medicinali e di sacche ematiche da un ospedale a un altro».

    Intorno al Meec c’è un ampio progetto per creare un learning gateway fisico del settore, cioè un punto di riferimento e di scambio per le best practices.
    «Il cambiamento, oltre ad essere un dato di fatto, è un’esigenza di mercato. Il futuro – dice ancora l’ideatore e responsabile del master, – è il recupero delle batterie dalle apparecchiature elettroniche e dagli autoveicoli e per arrivare preparati dobbiamo essere in grado di sfruttare a pieno il valore del riciclo. In questo campo si sta investendo moltissimo e sono interessati anche gli operatori locali. Per tutti questi motivi c’è assoluto bisogno di professionalità ben formate, con competenze tecniche, normative e manageriali».

    Come e quando iscriversi

    Le domande di richiesta di partecipazione al Meec devono essere inoltrate entro il prossimo 30 aprile. Le borse di studio copriranno i costi di iscrizione (pari a 1.900 euro a iscritto, mille per gli uditori), per circa metà dei corsisti, fornendo un sostegno finanziario importante agli studenti e offrendo loro un ulteriore incentivo all’accesso alla formazione di alto livello.
    Tutte le informazioni utili possono essere visionate cliccando qui.

  • Aspromonte: Ente Parco nella bufera? Politici tutti zitti

    Aspromonte: Ente Parco nella bufera? Politici tutti zitti

    Come è ormai noto, le vicende legate alla complicata e controversa gestione dell’Ente Parco Aspromonte diffuse da questo giornale sono volte al peggio. Questo peggio non riguarda solo l’operato dell’ormai ex presidente Leo Autelitano, rimosso per le gravi criticità gestionali richiamate dal relativo decreto del ministro Pichetto-Fratin.
    Il commissariamento di un ente pubblico è una sconfitta su tutta la linea. Lo è per gli amministratori coinvolti, per la politica che vi ruota intorno, per le funzionalità dell’ente stesso ridotte al solo disbrigo degli affari correnti. Lo è anche e soprattutto per i portatori di interesse la cui azione è informata da (e cammina con) gli indirizzi politici e gestionali – l’ipotetico “buon governo” – di una pubblica amministrazione. Mi riferisco, ad esempio, agli operatori turistici e a tutti coloro che lavorano con e per la montagna.

    Ente Parco Aspromonte: tutti decaduti tranne uno

    A maggior ragione anche questo commissariamento, come i molteplici che si sono susseguiti in Calabria e non solo, paralizza l’azione del Parco. Annulla tutte le sue attività di pianificazione. Congela la progettazione e la programmazione di cui aveva parlato Pino Putortì, direttore amministrativo dell’ente, unico a restare in sella dopo il triste epilogo. Assieme ad Autelitano è, infatti, decaduto anche il Consiglio Direttivo.
    Questo significa che il famoso e recentemente approvato Piano Integrato di Attività e Organizzazione 2023-2025 con il nucleo della nuova programmazione diventa carta straccia. E con esso tutte le nuove linee programmatiche sulle maggiori difficoltà da sbrogliare. In primis il riordino della zonizzazione, fondamentale per superare le criticità legate alla governance dei territori, ossia dei 37 (!) Comuni ricadenti nell’area del Parco.
    Tutti dettagli che, considerata la forma di diarchia pura tra presidenza e direzione amministrativa, giocano a favore di una necessaria revisione della legge 394 in una direzione che garantisca il buon andamento dell’ente e ne scongiuri la paralisi.

    Leo Autelitano, il presidente dell’Ente Parco dell’Aspromonte

    Ente Parco Aspromonte: silenzi e milioni di euro

    Più in generale, fa impressione non aver letto una riga di dichiarazioni da quei Comuni che, insieme alla Città metropolitana di Reggio e alla Regione Calabria, formano la Comunità del Parco: quella che designa, tra personalità di chiara esperienza nel settore, quattro tra i componenti del Consiglio Direttivo oggi sciolto.
    Ora, sorvolando sul “dettaglio” che quelli che la norma indica come esperti, siano sempre stati pure e mere espressioni politiche, si arriva comunque a un bivio. O questo tacere è una forma di silenzio-assenso verso i provvedimenti ministeriali (e allora si è portati a pensare che il muto assenso di oggi sia la complicità muta, cieca e sorda di ieri) o è un tacere interessato. Un’occasione utile per riassettare equilibri, ribilanciare pendenze e stringere nuovi accordi.
    Sul piatto balla un avanzo di bilancio di 5 milioni e 200mila euro, assieme ad altri 6 (cifra arrotondata per difetto): il valore delle quattro schede programmatiche presentate mesi fa alla dirigenza del Settore parchi ed aree naturali della Regione. Decadranno anche quelle? O verrà trovato il cavillo per attingere a quelle risorse?

    Oneri e onori

    Di certo, per un Ente Parco Aspromonte depauperato in modo quasi irreversibile delle risorse umane per mandarlo avanti, la strada è tutta in ripida salita. I moltissimi che vedono nel Parco la casa di tutti gli amanti della natura, gli operatori e le associazioni che si occupano di turismo montano, escursionismo, ricerca, tutela di flora, fauna, territorio e ambiente hanno ora l’onore e l’onere di vigilare più di prima, e di battersi come troppo timidamente fatto prima. Perché il Parco non sono quei loro che ne hanno fatto cosa loro. Il parco siamo noi ed è un pezzo cruciale del futuro dei nostri territori e della loro strategia di crescita e sviluppo.

    Il mare a due passi dalla montagna: meraviglie del trekking d’Aspromonte

    Verso le elezioni

    Lo scorso maggio 2022, secondo l’ultima classifica redatta da Openpolis sulle aree metropolitane più verdi d’Italia, Reggio Calabria si piazzava al terzo posto su 14. Un dato che trova riscontro nella presenza del Parco Aspromonte e, di riflesso, dell’Ente. Il prossimo candidato sindaco di Reggio, assieme agli altri dell’area metropolitana – più tutta la cosiddetta società civile, imprenditoria compresa – dovrebbero ben tenere a mente questi punti: non solo perché sono il cardine delle future politiche nazionali ed europee, ma perché rappresentano la vera e peculiare prospettiva di sviluppo di una città e un’area metropolitana “di montagna” affacciate sul mare. È arrivato il momento delle convergenze, abbandonando i conflitti.

  • Propaganda e poca ricerca: se lo Stretto sembra il bis del Vajont

    Propaganda e poca ricerca: se lo Stretto sembra il bis del Vajont

    «Il ponte tra Calabria e Sicilia sarà il ponte sospeso più lungo al mondo, una eccellenza dell’ingegneria italiana»

    Con questo slogan il Ministero per le Infrastrutture e Trasporti presentava, per l’ennesima volta, il progetto del ponte sullo Stretto di Messina, una vecchia idea che affonda le radici nel 1840. Progetto che è risultato divisivo sin dalle sue origini e oggetto di proteste da parte della popolazione locale e parte della comunità scientifica, sia per il suo impatto ambientale su uno dei panorami più belli d’Italia che per i rischi relativi alla geologia dell’area.
    Infatti, dal 28 dicembre 1908, quando un terremoto di magnitudo 7.1 e relativo tsunami distrussero le città di Reggio Calabria e Messina provocando la morte di circa 120.000 persone, lo Stretto di Messina è considerato da un punto di vista sismico una delle aree a maggior rischio dell’intera regione mediterranea.

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    Il sismogramma del terremoto del 1908

    Ponte sullo Stretto di Messina e geologia

    Popolazione e comunità scientifica hanno sollevato alcuni dubbi legati a

    • il potenziale impatto di un terremoto di simile o maggiore magnitudo di quanto registrato nel 1908 sul ponte, Reggio Calabria e Messina
    • la mancanza nell’area di dati recenti acquisiti con tecnologie avanzate per meglio comprendere la geometria, attività ed evoluzione di un assetto tettonico molto complesso, e l’organizzazione stratigrafica e proprietà meccanica delle rocce.

    Le risposte dei sostenitori dell’opera alla possibilità del verificarsi nell’area di un terremoto (impossibile da predire ma statisticamente possibile) sono

    • il progetto del ponte considera questo aspetto
    • il ponte sarà capace di resistere a terremoti con magnitudo maggiore di quanto registrato nel 1908.

    Gli stessi dimenticano però di riportare che ad oggi i materiali necessari per la costruzione del ponte come previsto dal progetto preliminare, e che resista agli stress normali ed eccezionali richiesti da un ponte di tale portata, non esistono ancora.

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    Il lungomare di Messina dopo il terremoto del 1908

    Inoltre, a seguito del terremoto del 1908, le città di Reggio Calabria e Messina furono ricostruite senza particolare attenzione nel seguire procedure antisismiche. Questo significa che anche se gli ingegneri riuscissero a costruire un ponte capace di resistere a forti terremoti, il risultato sarebbe di avere una bellissima struttura ingegneristica che collegherebbe due aree completamente distrutte.

    Tanta propaganda, pochi fondi per la ricerca

    Allo stesso tempo, non è chiaro quali e quante strutture a supporto del ponte sono state pensate e quale possa essere l’impatto delle stesse sul territorio e sulle comunità che ci vivono.
    Dove e quanto cemento sarebbe previsto?
    Quale l’impatto su un precario assetto idrogeologico già caratterizzato da fenomeni franosi?
    Molto si parla in modo propagandistico del ponte sensu stricto. Poco o niente si dice del suo impatto sulle comunità locali che nelle aree interessate dal ponte vivono.

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    Stretto di Messina, una delle opere accessorie nel progetto del ponte

    Non molta diversa la storia rispetto alla mancanza di fondi destinati alla ricerca per la comprensione della geologia a terra, dove il ponte dovrebbe essere ancorato, ed a mare.
    Ad oggi, con l’Italia che destina solo l’1.35% del suo PIL alla ricerca scientifica (circa la metà della media degli altri stati europei) non deve sorprendere se gli eccellenti studi di ricerca pubblicati nell’area si basino su dati limitati che lasciano importanti domande ancora aperte.
    Per esempio, non c’è ancora consenso nella comunità scientifica su quale faglia sia stata responsabile del terremoto del 1908.

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    Foto aerea dello Stretto di Messina con rappresentazione di alcune delle faglie che controllano la sua evoluzione Credit: Dorsey et al., 2023

    Una foglia di fico?

    Per un progetto così ambizioso, prima di prendere qualsiasi tipo di impegno verso la costruzione del ponte e spendere soldi che si potrebbero investire diversamente (si stima che ad oggi la spesa ammonti già a circa 300 milioni di Euro, per un costo totale dell’opera di 14,6 miliardi di Euro), ci si aspetterebbe quindi un grosso investimento di risorse e fondi per finanziare progetti di ricerca e l’acquisizione di dati utili a comprendere il contesto geologico e ambientale dentro il quale si voglia costruire l’opera.

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    Matteo Salvini e i presidenti di Calabria e Sicilia, Roberto Occhiuto e Renato Schifani, di fronte a un plastico del ponte

    Il recente annuncio dell’inizio dei lavori relativo alla realizzazione del foglio Villa San Giovanni come parte del progetto nazionale CARG è sicuramente una notizia positiva che contribuirà ad aumentare le conoscenze dell’area. L’uso di quello che dovrebbe essere un aggiornamento regolare delle conoscenze geologiche del territorio atteso da decenni e sempre posticipato, però, potrebbe rappresentare una foglia di fico per distrarre l’attenzione dalla mancanza di studi specifici.
    Inoltre, la recente notizia che Sicilia e Calabria dovranno aumentare il loro contributo finanziario per la costruzione del ponte, senza che lo stesso sia stato discusso e approvato dalle regioni, solleva qualche dubbio sulla sostenibilità finanziaria dell’opera.

    Stretto di Messina e Vajont: il ponte come la diga?

    Se guardiamo al recente passato, l’Italia ha già intrapreso un simile ambizioso progetto con la costruzione della diga del Vajont. Considerato come si è drammaticamente concluso per la popolazione locale e il suo territorio, le similitudini tra i due progetti non sono confortanti.
    Il progetto della diga del Vajont risale al 1920. La costruirono tra il 1957 e il 1960 per realizzare una riserva di acqua da usare per supportare la produzione di elettricità.
    Il 9 ottobre 1963 una mega frana causò uno tsunami che produsse grosse inondazioni e distruzione dei paesi di Erto e Casso posizionati sulle rive del lago e di Longarone e altri paesi lungo la valle del Piave. Morirono circa 2.000 persone. La diga rimase intatta.

    La si può osservare ancora oggi, a testimonianza che da un punto di vista ingegneristico il lavoro fu progettato ed eseguito correttamente. La ferita inferta al territorio e alla popolazione locale, però, ne azzerano il presunto valore.
    Indagini post disastro hanno evidenziato come gli indicatori geologici per prevedere l’instabilità del fianco della montagna erano già presenti prima della frana.
    La mancanza di studi specifici nelle fasi preliminari e la mancanza di coinvolgimento dei geologi durante la realizzazione del progetto, con tutte le decisioni chiave lasciate in mano agli ingegneri, crearono le perfette condizioni per il disastro.

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    Il dolore dopo il disastro del Vajont

    Bene, bravi… bis?

    Ora guardiamo a come le autorità nazionali presentarono il progetto della Diga del Vajont nel 1943: La più alta diga ad arco al mondo. Il biglietto da visita per il lavoro italiano all’estero. Per il ponte sullo Stretto di Messina assistiamo alla riesumazione dello stesso tipo di propaganda che usarono per convincere la popolazione 80 anni fa ad accettare un’opera faraonica.
    Antonio Gramsci diceva che «la Storia insegna, ma non ha scolari». Speriamo che questa citazione non sia valida per il ponte sullo Stretto di Messina. E che questo progetto non si concluda con un bellissimo e intatto ponte che collega due città fantasma.

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    Disegno originale raffigurante il ponte sullo Stretto di Messina che collega due aree metropolitane non provviste delle necessarie infrastrutture per supportare l’eventuale traffico veicolare prodotto dal ponte

     

     

  • Parco Aspromonte: tra Autelitano e Putortì è guerra sulle assunzioni

    Parco Aspromonte: tra Autelitano e Putortì è guerra sulle assunzioni

    All’Ente Parco Aspromonte è ormai guerra totale tra il presidente Autelitano e il direttore amministrativo Putortì. Da quando I Calabresi  hanno dato notizia del parere dell’Avvocatura dello Stato sui quesiti di Giuseppe Putortì in relazione alla legittimità delle assunzioni di 5 ex LSU e LPU volute da Leo Autelitano, è in atto una battaglia senza esclusione di colpi.
    Nell’attesa che si svolga la riunione del Consiglio Direttivo il prossimo 24 novembre con, tra i punti all’ordine del giorno, le “Contestazioni al Direttore dell’Ente. Determinazioni”, il presidente e il direttore se le stanno dando di santa ragione.
    È di pochi giorni fa, il 17 novembre, la pubblicazione di due atti: un decreto del Presidente, n°3 del 17/11/2023 e una determina del direttore, n° 501 della stessa data.

    Parco Aspromonte: Autelitano blocca Putortì

    Il primo annulla i provvedimenti disciplinari che ha preso la Direzione amministrativa contro Silvia Lottero. È la funzionaria che firmò i provvedimenti di passaggio nella dotazione organica di 5 dei 17 LSU/LPU stabilizzati. Ad oggi risulterebbe colpevole di un ingente danno erariale per l’ente.
    Putortì, nella qualità di componente dell’ufficio procedimenti disciplinari, avrebbe infatti dato il via ad un procedimento disciplinare contro di lei.
    Il Consiglio Direttivo, lo scorso 23 ottobre 2023, aveva audito Lottero in merito alle circostanze. In quell’occasione nessuno avrebbe sollevato osservazioni, almeno secondo quanto riportano le premesse del decreto di Autelitano.
    La nostra redazione ha dato piena disponibilità a raccogliere le dichiarazioni della funzionaria sulla vicenda in corso. In risposta, ad oggi, nessuna nota o sollecitazione però.

    Leo Autelitano, il presidente dell’Ente Parco dell’Aspromonte

    Ora, nonostante i richiami alla violazione dell’articolo 4, commi 1 e 4, del regolamento disciplinare dell’Ente Parco, il decreto presidenziale potrebbe configurarsi come un abuso.
    Non rientrerebbe nelle prerogative del presidente né del Consiglio direttivo – il primo dei quali è, ricordiamolo, un organo di indirizzo e orientamento politico – annullare atti datoriali. Né tantomeno potrebbero occuparsi dei procedimenti disciplinari. Essi sono prerogativa esclusiva del datore di lavoro e/o dell’ufficio procedimenti disciplinari per questo nominato.

    Parco Aspromonte: Putortì, Autelitano e la determina 

    Il secondo provvedimento emanato lo scorso 17 novembre annulla con effetto immediato la determina 295/2021 che portò a quelle assunzioni e stabilizzazioni.
    In particolare, il documento dichiara

    • «la caducazione automatica dei rapporti di lavoro stipulati in data 01 Luglio 2021 (…) essendo venuto meno il presupposto in base al quale il rapporto di lavoro è stato costituito»;
    • la ricollocazione «con effetto immediato tra i soprannumerari con conseguente ed immediata modifica del proprio status e trattamento retributivo e contributivo di cui al contributo assegnato per i lavoratori ex Lsu-Lpu stabilizzati»;
    • il recupero di «tutte le somme (…) corrisposte e versate dalla data di stipula dei singoli contratti di lavoro (…) per effetto della [loro] illegittima assunzione in ruolo sino alla data della disposta risoluzione» da reinserire nel bilancio dell’Ente Parco.

    La determina è stata trasmessa alla Procura Generale della Corte dei Conti, al Dipartimento della Funzione Pubblica della Presidenza del Consiglio dei Ministri, al Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, e a quelli dell’Economia e del Lavoro, nonché alla Regione Calabria ed al Collegio dei revisori dei conti.

    Pino Putortì, il direttore del Parco dell’Aspromonte

    In sostanza le contestazioni sarebbero di tre ordini:

    1. l’assunzione illegittima di 5 delle 17 risorse in oggetto;
    2. la procedura illegittima, con una commissione – cui avrebbe preso indebitamente parte la Lottero – che avrebbe effettuato le prove selettive in violazione di un avviso secondo cui per le categorie C sarebbe stato necessario un concorso, sotto la gestione del Dipartimento della Funzione Pubblica;
    3. l’assorbimento dei 12 con competenze e funzioni diverse da quelle che avrebbero dovute avere.

    Il Consiglio direttivo ratificherà?

    Sono i due volti di quel Giano bifronte su cui si fonda l’attuale governance degli Enti Parco Nazionali italiani (legge 394/1991), le cui criticità aveva richiamato proprio Putortì in un’intervista su questo giornale.
    Ora a ratificare il decreto del presidente, come richiama il documento stesso, dovrà essere il Consiglio Direttivo. Vi siedono anche i rappresentanti dei Ministeri competenti, dell’ISPRA e delle associazioni di tutela ambientale. Ammesso che l’atto per cui si richiede ratifica ottenga il via libera, la presenza di tutti i componenti e il raggiungimento del numero legale valido darà già la misura di quanto ancora possa crescere l’intensità del conflitto in atto. E rappresenterà un forte segnale politico.

    La posizione delle associazioni

    Nel frattempo molto si è mosso. L’Associazione Guide Ufficiali del Parco ha rilasciato un comunicato in cui ha dichiarato come da tempo si conoscessero «i problemi e le criticità all’interno dell’Ente Parco». Così come che «il quadro delineato dalla pronuncia dell’Avvocatura dello Stato è a dir poco preoccupante» perché «la funzionalità e il regolare svolgimento dell’attività amministrativa dell’Ente pare sia stata compromessa da azioni e scelte dell’attuale governance».
    Per loro è ora di «difendere il Parco, che deve funzionare e deve farlo bene», in virtù della sua funzione per tutto il territorio della Città Metropolitana di Reggio. Operazione che si può realizzare solo se prevalgono istanze di chiarezza e trasparenza troppo spesso disattese o perdute in quello che ad oggi, per opacità, si configura come un vero e proprio porto delle nebbie.
    La prossima puntata della saga andrà in onda dopo il 24 novembre.

  • Parco d’Aspromonte: assunzioni illegittime e guai in vista

    Parco d’Aspromonte: assunzioni illegittime e guai in vista

    Tanto tuonò che piovve. Potrebbe riassumersi così la vicenda della stabilizzazione a tempo indeterminato degli ex Lsu e Lpu già assunti dall’Ente arco Aspromonte.
    Adesso emergono novità su almeno una delle tre criticità – governance del territorio, programmazione e risorse umane – di cui aveva ampiamente parlato a I Calabresi il direttore amministrativo Pino Putortì.

    Lsu ed Lpu l’Avvocatura dello Stato dice no

    Si tratta del parere dell’Avvocatura dello Stato su due quesiti posti proprio da Putrortì riguardo la legittimità dell’assunzione degli ex Lsu e Lpu voluta da Leo Auteliano lo scorso giugno 2023.
    Per dirla con un luogo comune, abbiamo scherzato: l’Avvocatura ha dichiarato illegittima la determina 295 del 30 giugno 2023 con cui sono stati assunti i 17 ex Lsu e Lpu. Questa determina, nello specifico, violerebbe l’articolo 3 della legge 56 del 2019 e il comma 7 dell’articolo 14 del DL 95 del 2012. Spieghiamo meglio: la procedura di stabilizzazione fuori organico dei 17 lavoratori socialmente utili è corretta. Viceversa, risulterebbe illegittimo il passaggio nella dotazione organica di 5 dei 17 stabilizzati.
    L’Avvocatura dello Stato ha sottolineato, inoltre, che le indebite assunzioni hanno «compromesso la funzionalità e il regolare svolgimento dell’attività amministrativa» dell’ente dovuta alla «perdita della capacità assunzionale in termini di spesa massima consentita».

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    Pino Putortì, il direttore del Parco dell’Aspromonte

    Lsu ed Lpu: un danno erariale da 300mila euro

    Infatti, la copertura delle 9 unità che hanno ottenuto provvedimenti di mobilità in uscita, sarebbe dovuta avvenire in regime di finanza invariata. Così non è stato. Perciò l’Avvocatura dello Stato ha profilato un danno erariale di circa 300mila euro a carico di Silvia Lottero, la direttrice che aveva preceduto Putortì.
    L’Avvocatura avrebbe anche chiesto a Putortì di portare tutte le carte in Procura. E il direttore ha dovuto informare il Consiglio direttivo del Parco.

    Lsu ed Lpu: assunzioni illegittime

    La bomba è esplosa. E il botto dà ragione a chi, nel corso del tempo, aveva accusato Autelitano di una gestione personalistica del Parco. E ci sarebbero profili di reato, va da sé da verificare: i contratti di stabilizzazione violerebbero infatti una normativa di rango superiore.
    Inoltre, le assunzioni, inserite nel Piano integrato di attività e organizzazione (Piao) 2023-2025 recentemente approvato, invaliderebbero lo stesso documento di programmazione con un effetto domino dirompente su una serie di provvedenti adottati dall’Ente Parco.
    Quello che accadrà nei prossimi giorni è da vedere. Per ora sembra si sia arrivati a un punto di non ritorno. Con un unico vantaggio indebito agli assunti e un danno all’Ente e tutta la sua comunità.

    Leo Autelitano, il presidente dell’Ente Parco dell’Aspromonte

    Silenzi, proteste e dimissioni eccellenti

    La Comunità del Parco che, come noto, riunisce i rappresentanti dei 37 Comuni del territorio dell’Ente, ha mandato deserta l’ultima seduta dedicata all’approvazione del bilancio. Un segno chiaro di sfiducia nei confronti dell’operato del presidente.
    La parola dovrebbe quindi passare alla Procura, nel rumoroso silenzio del Ministero dell’Ambiente, destinatario di numerosi dossier sul tema.
    E non è detto che non si registrino nel frattempo reazioni eclatanti. Come le già paventate dimissioni di chi, già funzionario di prefettura e con una specchiata carriera alle spalle, ha cercato di mettere ordine nella situazione.
    La politica, sempre prodiga di nomine, resta a guardare un disastro annunciato?