La questione marittima, quindi dei porti, puรฒ costituire una delle opportunitร da cogliere per riportare lโeconomia meridionale in una linea di galleggiamento, dopo i recenti decenni che hanno aumentato il divario rispetto al centro-nord. In un Paese con oltre 8.000 chilometri di coste, la cerniera tra territorio e mondo costituita dai porti รจ uno degli elementi fondamentali per interpretare il ruolo dellโItalia nellโeconomia internazionale.
Eppure, nonostante lโevidente natura strategica della questione, tale tema stenta a trovare il posto di rilievo che dovrebbe avere nella discussione pubblica sulle prospettive dellโItalia. Me ne sono occupato in un recente libro, pubblicato da Guida editore: โIl futuro dei sistemi portuali italiani. Governance, spazi marittimi, lavoroโ.
I porti meridionali sullo sfondo del PNRR
Anche nel Piano Nazionale per la Ripresa e la Resilienza (PNRR) non emergono novitร particolarmente significative nella visione del sistema portuale italiano. Prosegue una concezione delle infrastrutture che si disarticola per le diverse modalitร , senza un disegno unitario del sistema logistico. Non emerge una prospettiva internazionale in chiave europea e mediterranea. Oggi – ancor di piรน – si avverte lโesigenza di un progetto geopolitico e geostrategico che sia in grado di collocare gli investimenti infrastrutturali in un perimetro largo composto dalle politiche industriali, logistiche e turistiche su scala internazionale.
Ancora una volta i porti meridionali, che pure movimentano quasi la metร delle merci in arrivo ed in partenza dal nostro Paese, sono rimasti sullo sfondo di una visione tradizionale, ancorata sostanzialmente allโeconomia italiana di diversi decenni fa, quando il nostro Paese esprimeva capacitร competitiva attraverso le grandi industrie settentrionali ed i distretti del nord est.vIntanto tutto lo scenario si รจ radicalmente modificato, e noi non abbiamo riflettuto sulle modalitร attraverso le quali assicurare una continuitร competitiva al sistema produttivo nazionale, nellโera delle catene globali del valore, e nel passaggio dal capitalismo dei territori a quello delle piattaforme.
Il treno della rivoluzione tecnologia รจ passato
LโItalia, ed il Mezzogiorno ancor di piรน, si รจ sganciata dal treno della rivoluzione tecnologica, restando in buona parte estranea alla riorganizzazione del capitalismo digitale, se si esclude il decentramento produttivo di alcune industrie alla ricerca tattica di economia di costo. ร mancata una visione strategica ed ora se ne vedono le conseguenze, dopo una lunga stasi della produttivitร totale dei fattori.
Il sistema portuale ha risentito dellโarretramento competitivo nazionale. Non ha colto le opportunitร di crescita, mentre si sono sprecati fiumi di inchiostro sullโItalia quale piattaforma logistica del Mediterraneo. Solo lโintuizione di un imprenditore illuminato, quale รจ stato Angelo Ravano, ha consentito a Gioia Tauro di intercettare parte dello sviluppo mediterraneo del traffico dei contenitori, nel modello del porto di transhipment che ha intercettato i transiti delle navi madre, di dimensione crescente, oggi sino ai 24.000 contenitori per le unitร piรน grandi.
I monopolisti del settore
Ora, in un contesto che rende sempre piรน solidi i monopoli e gli oligopoli, stiamo consegnando capisaldi decisivi del nostro sistema infrastrutturale ai pochi soggetti che detteranno le condizioni al mercato. Nel caso del trasporto marittimo stanno maturando le condizioni per la realizzazione di un oligopolio bilaterale che stringe legami tra vettori marittimi e terminalisti portuali, particolarmente nel settore dei containers.
MSC รจ il secondo armatore al mondo, subito dopo Maersk: tra le due aziende si รจ formata una alleanza che assieme ad altri due raggruppamenti governa quasi il 90% del traffico containers. La stessa MSC sta raggiungendo un dominio particolarmente esteso nei terminal portuali italiani del Mar Tirreno, con il governo dei terminal containers a Gioia Tauro, Napoli, Civitavecchia, Genova.
Gioia Tauro, che aveva conosciuto nella seconda metร degli anni Novanta ed allโinizio del nuovo millennio una crescita particolarmente robusta, sta tornando in questi mesi ai livelli di traffico precedenti. Proprio lโacquisizione del terminal da parte di MSC, che prima era azionista al 50%, ha determinato un rilancio delle quantitร di contenitori concentrate nel porto calabrese.
Nel disegno della portualitaโ italiana che viene tracciato dal PNRR torna di attualitร la vecchia tesi delle due โascelleโ portuali settentrionali, rispettivamente collocate nel Mar Tirreno e nel Mar Adriatico, mentre il resto del sistema รจ visto sostanzialmente in una funzione ancillare.
Oltretutto, la quota piรน rilevante delle risorse destinate agli investimenti nella portualitร (3,3 miliardi di euro per la durata del PNRR, sino al 2026) รจ indirizzata per la realizzazione della diga foranea di Genova, con uno stanziamento previsto di 500 milioni di euro, rispetto ad un costo dellโintero progetto pari, secondo le stime piรน attendibili, a poco meno di 2 miliardi di euro.
Il ruolo delle ZES
La novitร piรน significativa, aggiunta nella fase conclusiva della redazione del PNRR, riguarda il rilancio delle zone economiche speciali (Zes). Il Governo di Mario Draghi, per iniziativa del ministro Mara Carfagna, ha assunto, nellโambito del Decreto Semplificazioni, lโopportuna iniziativa di varare lโautorizzazione unica per insediare nelle Zes nuovo stabilimenti industriali e logistici: rispetto alle 34 autorizzazioni precedentemente necessarie si tratta di un rilevante passo in avanti per attrarre investimenti e rilanciare lo sviluppo. Questo provvedimento si affianca ai 630 milioni di euro previsti per rafforzare lโarmatura infrastrutturale delle Zes, portando a circa 4 miliardi il totale delle risorse stanziate per il sistema portuale italiano nel PNRR.
Lo strumento delle zone economiche speciali, che sono oggi piรน di 5.000 nel mondo, costituisce una nuova chiave di politica industriale che ha rappresentato la formula di successo dei porti di Tanger Med in Marocco o Shenzhen in Cina. Anche qui, perรฒ, non si puรฒ pensare che le zone economiche speciali abbiamo successo se il Paese non sarร in grado di intercettare le catene globali del valore con le quali si articola lโeconomia mondiale. Un solo dato potrebbe aiutare a riflettere: negli anni settanta del secolo passato operavano circa 7.000 grandi aziende multinazionali. Ora questo munero รจ arrivato a superare quota 140.000: lโItalia, invece, continua ad essere caratterizzata da medie e piccole imprese, se si esclude qualche caso di aziende che perรฒ definiamo โmultinazionali tascabiliโ.
La Cina รจ vicina
La danza del cambiamento รจ guidata dalla grande dimensione, e gli altri soggetti economici sono sostanzialmente vassalli nella struttura delle catene globali del valore. Senza un riposizionamento economico del tessuto produttivo, nazionale e meridionale, sarร davvero molto difficile tornare a contare nel disegno della geopolitica internazionale, composta da poteri economici che strutturano i mercati, determinando una gerarchia concorrenziale.
Alla base di un disegno strategico cosรฌ lacunoso sul sistema portuale italiano esiste una carenza di visione geopolitica e geoeconomica. Per lโintera Unione Europea la partita dei prossimi due decenni si giocherร nel Mediterraneo: un quarto dei traffici marittimi mondiali transitano nel Mare Nostrum, allโinterno del quale la Cina ha posizionato le due pedine strategiche di posizionamento nel porto del Pireo e nei porti del Nord-Africa. Dal punto di vista militare la Russia e la Turchia stanno progressivamente incrementando la propria sfera di influenza mediante il ricorso ad una presenza militare sempre piรน visibile, dalla Siria alla Libia.
L’Ue e il Mediterraneo
LโUnione Europea non potrร mai aspirare ad un ruolo nel confronto tra le grandi potenze se non sarร in grado di imporre il proprio punto di vista in casa sua, vale a dire nel sistema mediterraneo. LโItalia potrebbe e dovrebbe svolgere questo ruolo, assieme a Francia, Spagna, Grecia. Il Next Generation EU prevedeva non soltanto azioni nazionali dei singoli membri, ma anche interventi trasversali di diverse Nazioni su temi strategici di interesse comune. Che a nessuno sia venuto in mente di costruire un disegno di consolidamento e di sviluppo per il Southern Range mediterraneo รจ sintomo di una grave debolezza strategica del pensiero comunitario.
Nulla si dice sulla necessitร strategica di potenziare le autostrade del mare tra la sponda nord e quella Sud del Mediterraneo, cosรฌ come รจ stato fatto nel Nord Europa, dove questi collegamenti sono finanziati con risorse comunitarie. Sarebbe nellโinteresse comunitario intessere una rete fitta di collegamenti marittimi nello spazio mediterraneo per contrastare lโegemonia cinese.
Le connessioni, oltre alle infrastrutture, giocano un ruolo di assoluto primo piano nella politica commerciale internazionale, perchรฉ determinano opportunitร di scambio che possono modificare anche la mappa delle relazioni internazionali dalla quale dipende il confronto concorrenziale tra i grandi blocchi economici.
Si rischia di perdere una grande occasione che riguarda non solo lโItalia, ma lโintera Europa. Nello spazio economico mediterraneo si gioca una delle partite decisive per il posizionamento geostrategico in un mondo che sarร caratterizzato da una globalizzazione sempre piรน di natura regionale.
La principale innovazione contenuta nella ultima versione del PNRR riguarda lo stretto legame che si costruisce tra piano degli investimenti e riforme per la modernizzazione. Sin dallโinizio questo principio costituiva un pilastro nelle linee guida del Next Generation EU.
Anche per lโorganizzazione futura dei porti il disegno riformatore sarร un elemento centrale. Sono previsti una serie di interventi importanti per superare gli immobilismi che hanno rallentato la competitivitร del sistema italiano. Innanzitutto, la semplificazione normativa dovrebbe consentire tempi di attraversamento minori per la realizzazione degli investimenti.
Poi sarร definito finalmente un regolamento sulle concessioni che si attende dalla legge 84/94, con la definizione dei criteri in base ai quali saranno assegnate ai privati le concessioni delle attivitร economiche nei porti.
Si vedrร come saranno superare le resistenze che si preannunziano giร per le concessioni turistico ricreative, per le quali oggi esiste una legge nazionale, in ampio e chiaro contrasto con la normativa comunitaria, che prevede una proroga di queste concessioni al 2033.
Riforme con una visione
Proprio sul fronte delle riforme si potrร misurare lโefficacia delle azioni previste dal PNRR. Superare lโingessamento burocratico – che ha sinora impedito una risposta competitiva dei porti italiani rispetto alla evoluzione dei mercati – sarร la sfida fondamentale per consentire al sistema portuale italiano di supportare il tessuto industriale mediante una adeguata organizzazione logistica.
Resta perรฒ la necessitร di allargare la vista, e di considerare il futuro della portualitร italiana allโinterno di un orizzonte piรน vasto, connettendola al rilancio industriale, alla logistica, al ridisegno delle relazioni internazionali. Non si tratta solo di costruire infrastrutture. ร necessario avere una visione.
E non dobbiamo nemmeno dimenticare che lโeconomia nazionale continua ad essere caratterizzata da una componente di produzione sommersa ed illegale. I porti rispecchiano anche queste antiche distorsioni del nostro Paese, anche e soprattutto nel Mezzogiorno. Ed i porti italiani, anche quelli meridionali, si caratterizzano per tutta una serie di traffici illegali: dal traffico di armi a quello della droga, dalle esportazioni di rifiuti pericolosi alla importazioni di prodotti contraffatti.
Stroncare lโillegalitร รจ un requisito indispensabile per rilanciare la portualitร nazionale nello scenario dellโeconomia globalizzata dei nostri tempi. Oggi invece siamo stretti nella doppia gabbia di un modello economico entrato in crisi irreversibile, e di un sistema che spesso funziona andando oltre la soglia della legalitร .
Il sistema a un bivio
Il combinato disposto di questi due mali conduce alla marginalizzazione dellโItalia e del suo Mezzogiorno. Le ingenti risorse che lโUnione Europea ha deciso di investire in Italia servono proprio a riscrivere i meccanismi di funzionamento del sistema. I prossimi passi sulle riforme saranno davvero decisivi. I primi tre pilastri che stiamo affrontando riguardano la riforma della giustizia, la legge sulla concorrenza, la riforma delle concessioni. Si vedrร dallโesito finale delle votazioni parlamentari se ne usciremo con adattamenti gattopardeschi oppure se, una volta tanto, decideremo davvero di imboccare la strada, difficile ma necessaria, del cambiamento e della trasformazione.
