La malavita ha tolto la vita a Luigi Gravina trentanove anni fa, ora il Comune di Paola potrebbe ucciderne il ricordo rimuovendo la scultura in sua memoria dal luogo dell’omicidio per spostarla chissà dove. A denunciarlo sono Luigina Violetta, la vedova di Gravina, e i suoi figli con una lettera indirizzata al sindaco Roberto Perrotta e al segretario generale della cittadina tirrenica.
Dal luogo del delitto a chissà dove
La signora racconta che a contattarla in questi giorni sarebbe stato un dirigente comunale, Fabio Iaccino, informandola della volontà dell’amministrazione di spostare la statua da via Nazionale – lì dove uccisero Gravina – e sollecitandola a collaborare «al fine di individuare con urgenza altra zona della città idonea ove spostare la scultura». Una proposta, questa, che non poteva che cogliere di sorpresa i familiari della vittima, che vorrebbero comprenderne le ragioni.
Stesso sindaco, idee diverse
L’aspetto più singolare della vicenda è che a volere quella scultura, la cui inaugurazione risale al 2004, in quel punto era stato proprio lo stesso Perrotta, all’epoca come oggi sindaco di Paola. A quei tempi l’amministrazione comunale scrisse di avvertire «in maniera molto forte, l’esigenza di onorare il ricordo del compianto Luigi Gravina, figlio di questa terra, deceduto tragicamente a Paola il 25.3.1982, per mano mafiosa, essendosi rifiutato, reiteratamente e con forte determinazione, di cedere alle insistenti e minacciose richieste estorsive della criminalità organizzata locale».
La cerimonia inaugurale
Il movente del delitto, infatti, era stato il coraggio di Gravina, allora 33enne, di denunciare i malavitosi che si erano presentati per estorcergli denaro in cambio di protezione. L’artigiano pagò quel rifiuto col sangue. E la sua città, seppur con grande ritardo, decise di omaggiarlo preservando la memoria di quella scelta letale. Era il 25 aprile del 2004 e all’inaugurazione, oltre ai familiari parteciparono in tanti oltre ai familiari. C’era Perrotta ovviamente e con lui Jole Santelli, all’epoca sottosegretario alla Giustizia, l’ex presidente della Camera Luciano Violante, l’allora procuratore capo Luciano d’Emmanuele, l’Avvocato generale dello Stato f.f. Francesco Italo Acri, gli ex sindaci Antonella Bruno Ganeri e Giovanni Gravina. Ma anche un’altra donna del Tirreno cosentino che aveva perso il marito per mano della ‘ndrangheta, la vedova di Giannino Losardo.
Le ultime parole famose
In quell’occasione Perrotta pronunciò parole che la signora Violetta ancora ricorda: «Con tutto il dolore che può esistere – disse il sindaco quel pomeriggio – io vorrei essere sempre il figlio di chi è stato ucciso e non di chi ha ucciso. A Luigi va il nostro ricordo, il nostro pensiero e la nostra gratitudine per aver trovato il coraggio della denuncia. Era una persona affettuosa e un artigiano onesto; la sua morte violenta e crudele ci fa sentire ancor più vicini alla sua famiglia, a cui va tutto il nostro calore. Quanto accaduto non deve succedere più soprattutto nella città di san Francesco, dove un fatto di questi è mille volte più scandaloso. Paola vuole essere una città civile che vive così come il suo grande primo cittadino ci ha insegnato».
Un passo indietro delle istituzioni
Non è dato sapere cosa penserebbe il santo paolano del trasferimento della scultura a distanza di 17 anni fa. Né si può conoscere il suo giudizio sulla profanazione, era il 2012, di due targhe dedicate allo stesso Gravina in ricordo della sua morte. In quel caso i colpevoli erano dei vandali, stavolta è il Comune e alla famiglia della vittima la scelta del municipio è andata di traverso: «Spostare quel simbolo antimafia in altro luogo, significherebbe, a nostro avviso, svilire la figura di Luigi Gravina e indebolire la lotta alla mafia. È come se la Istituzione si fosse in un certo senso tirata indietro, togliendo lustro all’iniziativa di allora».
