La doppia sortita di Mario Oliverio e Giuseppe Aieta contribuisce a seminare altro caos nel centrosinistra. Dopo la discesa in campo post ferragostana dell’ex governatore, arriva l’invito all’unità e alla pacificazione, almeno per limitare i danni.
I due, il consigliere uscente e l’ex presidente, hanno giocato a “poliziotto buono e poliziotto cattivo”: il primo ha esortato i “compagni” a cercare la concordia in chiave anti destra, il secondo ha lanciato un ricatto vero e proprio. Si farà da parte, ha detto senza troppi giri di parole, solo se gli altri due competitor faranno altrettanto.
Questo appello, oltre che tardivo, risulta senz’altro irricevibile per de Magistris, il quale si è spinto troppo avanti per fermarsi ora. Ma è altrettanto irricevibile per Amalia Bruni?
Sei scatole mezze vuote
Allo stato dell’arte, le liste schierate a fianco della scienziata sarebbero sei: quel che resta del Pd, il Movimento 5 Stelle – che, detto francamente, non ha mai avuto presa sul territorio e non ha neppure le statistiche a favore -, le due liste di Carlo Tansi (Tesoro Calabria e Calabria Libera) e il Psi, che ricambia coi suoi piccoli numeri la benedizione dello stato maggiore dem alla candidatura di Franz Caruso a sindaco di Cosenza. Più la lista del presidente, che rischia di essere la vera grana.
A differenza del suo predecessore Pippo Callipo, che aveva esperienze e frequentazioni forti, Bruni è una neofita della politica “politicata”, e soffre di un problema doppio: la penuria di candidature forti al di fuori del Pd (le quali, presumibilmente, si sfogheranno nella lista di bandiera) e la mancanza di strutture organizzate che possano attrarre la società civile. Per riempire le sue liste personali le resterebbero gli amministratori locali. Ma chi sarebbe disposto a rischiare in una contesa percepita comunque come perdente?
I tre dell’Ave Maria
Infatti, si sarebbero impegnati a dare una mano tre consiglieri uscenti: il cosentino Graziano Di Natale, il catanzarese Francesco Pitaro e il reggino Marcello Anastasi.
I tre hanno un dato in comune: sono stati eletti nelle liste di Io resto in Calabria, il movimento civico del Re del tonno.
Ma questo non fa di loro dei civici “puri”. Senz’altro non lo è Graziano Di Natale, che mastica la politica con competenza (e in maniera piuttosto incallita): è il genero dell’ex big Mario Pirillo – che è un pezzo della storia politica del Tirreno cosentino – ed è il “dominus” incontrastato del circolo del Pd di Paola, la città in cui ha iniziato la propria fulminea ascesa politica.
Tuttavia, il consigliere uscente non ha rinnovato la tessera di partito per presentarsi come civico (e, suggeriscono i maligni, per non doversi misurare coi big del Pd). Meglio la lista del presidente, che però non può essere lasciata vuota, perché quando si perde il quorum è più difficile da raggiungere.
Di Natale, forte dell’esperienza che manca alla neurologa, si starebbe dando un gran da fare per reclutare candidati, senza andare troppo per il sottile: infatti, riferiscono i bene informati, si sarebbe rivolto a Marcello Manna, il sindaco di Rende.
L’interrogativo, a questo punto, è banale e sconcertante allo stesso tempo: a cosa è dovuta questa richiesta a un primo cittadino che regge la propria amministrazione su una maggioranza di centrodestra, piena tra l’altro di recalcitranti fedelissimi della famiglia Occhiuto e dell’assessore regionale uscente Gianluca Gallo?
La risposta non è banalissima: alla sostanziale impraticabilità del capoluogo e di buona parte dei Comuni dell’hinterland, presidiati con piglio militare da Carlo Guccione e Nicola Adamo.
Il caos cosentino
Manna, ovviamente, non si sarebbe sbilanciato. Anzi, riferiscono sempre i bene informati, che il sindaco rendese sarebbe intenzionato ad agire come nel 2020, cioè a restare fuori dalla contesa per non restarne travolto. Tanto più che è diventato rappresentante dell’Anci Calabria col voto di sessantasette sindaci. Un po’ pochi, visto che i primi cittadini con diritto al voto sono più di quattrocento. Ma, c’è da notare, tra questi i sostenitori di area dem sono stati praticamente la maggioranza.
I nomi disponibili per una candidatura con la Bruni nella città universitaria sarebbero due, uno più impraticabile dell’altro: Fabrizio Totera e Ariosto Artese. Il primo, infatti, è legato a Nicola Adamo, che sull’area urbana di Cosenza gioca la partita della sopravvivenza politica, il secondo è diviso tra due lealtà. La prima è di natura familiare: Ariosto è il fratello di Annamaria Artese, assessora nella giunta di Manna. La seconda è costituita dal legame con i Gentile, in particolare con l’ex senatore Tonino.
Il bottino, per di Natale, insomma si preannuncerebbe magro.
Inutile pescare fuori Rende, neppure dove qualche realtà grossa vicina al Pd ci sarebbe. Ad esempio, il popoloso Comune di Luzzi. In effetti, Umberto Federico, il sindaco del paese della Valle del Crati, sarebbe pronto a candidarsi, ma lo farebbe nel Pd, in ticket con Enza Bruno Bossio, la moglie di Adamo.
Quest’ultima, inoltre, sarebbe in ticket anche con Franco Iacucci, l’attuale presidente della Provincia, su cui ha puntato le proprie fiches Carlo Guccione.
Un triangolo delicato, il cui baricentro è a Cosenza, dove lo stato maggiore del Pd gioca la partita della vita.
Squilibri precari
Proprio da Cosenza arriva la prova della fragilità della coalizione di Amalia Bruni. Com’è noto, il Pd si è schierato, non senza qualche difficoltà, a favore della candidatura a sindaco di Franz Caruso.
Tuttavia, c’è chi non gradisce troppo il penalista cosentino, espresso formalmente dal Psi ma graditissimo da Nicola Adamo: Carlo Tansi e i Cinquestelle, che sono al lavoro, nemmeno troppo sottotraccia, per spingere la candidatura di Bianca Rende, la quale non ha gradito di candidarsi in ticket con Caruso.
Tansi, che non è mai stato tenero con Adamo (anzi, lo considera uno dei pezzi più estremi del Put), ha abbassato i toni dopo aver fatto l’accordo con Bruni. E, al momento, non è dato sapere se ha intenzione di esternare qualcosa sulla candidatura di Enza Bruno Bossio. la quale, va detto, è in regola sia coi criteri del codice etico del Pd sia con quelli della Commissione antimafia.
Sotto ricatto
Questo gioco di intrecci, che rischia di far collassare il Pd proprio a partire da Cosenza, fa capire l’efficacia del “ricatto” di Oliverio.
In un’eventuale contesa, l’ex presidente comprometterebbe in maniera irrimediabile le liste di Bruni, che rischierebbe addirittura di arrivare terza. E forse è proprio questo il «bagno di sangue» di cui ha parlato Giuseppe Aieta.
Tra liste deboli (quelle di Tansi e dei grillini) o di difficile compilazione, pollai diventati troppo stretti per galli troppo forti (il Pd) e residui di vecchie glorie (Psi), le possibilità di evitare che la sconfitta si tramuti in disastro sono diventate poche.
E sembra un beffardo paradosso che l’unica mano tesa arrivi da chi sa benissimo di non avere più nulla da perdere e gioca al tanto peggio tanto meglio, perché anche il crollo del Pd sarebbe un suo successo.
Oliverio ha fatto il suo gioco con grande efficacia. Chi è disposto, ora, a vedere le sue carte?
