Codice etico o conta dei voti? Bruni e Pd al bivio

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La supercandidata civica Amalia Bruni ha iniziato a scaldare i motori in maniera aggressiva. Sa che deve recuperare terreno a sinistra, dove i Masanielli di de Magistris sono piuttosto avanti, e mettere in riga lo schieramento che si sta completando a fatica attorno a lei.
La sua ricetta è piuttosto semplice: il civismo (a cui si è già accennato), appena curvato in chiave tecnocratica e dirigista, progressismo quel che basta e, ovviamente, tanta tanta etica, dentro e fuori i codici, proposti da Tansi e dal Pd.
Ma l’etica è moneta usurata: l’ha invocata Roberto Occhiuto (che però si è limitato all’antimafia), la predica Tansi da due anni, è nel dna dei grillini (per il poco che pesano a livello territoriale), ne fa una bandiera il quasi ex sindaco di Napoli.

Semmai, a questo punto, l’interrogativo vero è un altro: quanto potrà reggere tanto afflato di fronte ai compromessi che i big dovranno accettare, perché le liste si devono pur riempire e le elezioni si affrontano coi voti?
«Io ci metto la faccia, quindi decido io», ha dichiarato la Bruni la sera del due agosto in occasione del suo primo bagno di folla a Lamezia.

Ma la scelta dei candidati può essere una questione decisamente più prosaica: come si fa a dire no a chi si presenta con un carico di consensi? Ed è davvero così facile imporre regole ai partiti, che, anche se malridotti come il Pd calabrese, restano macchine organizzative di cui non si può fare a meno, soprattutto quando manca poco al voto?

L’asticella

Non è solo una questione di casellario giudiziale. Un altro aspetto determinante è quello, piuttosto grillino, del numero di mandati già svolti. Al riguardo, è praticamente certo che il centrosinistra della Bruni (come, del resto, quello dei Masanielli), abbia fissato in due il limite dei mandati. Detto altrimenti: chi ha fatto due mandati è dentro, chi più di due è fuori.

Per quel che riguarda il Pd, l’esclusione eccellente sarebbe una: Carlo Guccione, che di mandati in Consiglio regionale ne ha svolti già tre. Il suo girovita, perciò, sarebbe piuttosto largo per passare sotto l’asticella. Viceversa, possono ballare tranquillamente il limbo Mimmo Bevacqua, Graziano Di Natale e altri centometristi del voto per frenare l’emorragia a sinistra.

Questo limite, intendiamoci, non implica necessariamente il ricambio: Bevacqua, per esempio, prima di approdare a Palazzo Campanella, è stato dirigente di lungo corso della Margherita e poi del Pd e consigliere provinciale di Cosenza per altre due consiliature.
Ma resta l’unica misura praticabile, per non sacrificare troppo l’esperienza politica – che sarà diventata un marchio d’infamia, ma serve – e, soprattutto, il legame coi territori.

La partita cosentina

A proposito di territori, la scienziata di Lamezia dovrà fare i conti con gli equilibri cosentini. Anche per questa tornata elettorale vale la regola secondo cui la Regione si vince o si perde a Cosenza, dove il Pd vanta ancora buoni numeri, sia a livello provinciale sia a livello cittadino.
E il problema che le si pone non è piccolo né leggero, visto che il capoluogo andrà anch’esso al voto. Quindi, quel che succederà alle Amministrative cosentine sarà determinante per i risultati regionali.

Si è già parlato, a proposito della corsa a Palazzo dei Bruzi, del ticket tra Franz Caruso, principe del Foro ed esponente storico dell’area socialista, e Bianca Rende, esponente dell’ala popolare (leggi: ex Dc) e vicina alla famiglia Covello. Questo ticket avrebbe la benedizione dei vertici Dem cosentini, in particolare di Francesco Boccia.

Ma la partita non finisce qui, perché c’è un’altra presenza illustre che scalpita per giocarsi la partita a sindaco: Giacomo Mancini, che avrebbe ancora la benedizione di Tommaso Guzzi, segretario del IV circolo cittadino del Pd, che racchiude i seguaci di Carlo Guccione. La candidatura dell’ex assessore regionale avrebbe avuto la benedizione, tra le altre, di Marco Miccoli, ex commissario del Pd, uscito di scena dopo la sconfitta a Roma.
Ma tutto lascia pensare che la mente dell’operazione sia stato Carlo Guccione.

Il vespaio

Parlare di Guccione a Cosenza significa evocare un attrito di lunghissimo corso: quello tra l’ex assessore di Oliverio e Nicola Adamo.
I maligni, che coincidono coi bene informati, sussurrano che i due big abbiano messo da parte i vecchi livori, in seguito alla dissidenza di Mario Oliverio, che si appresterebbe a travasare i candidati e gli uscenti di Dp (la storica lista civetta dei centrosinistra calabrese e cosentino) nella coalizione di De Magistris.
Questa dissidenza mutila senz’altro l’area Pd nell’enorme territorio provinciale, dove l’ex governatore è stato sempre fortissimo e popolare. Ma lascia campo libero nel capoluogo, dove il big resta Nicola Adamo, che, pur non occupando da un pezzo posizioni istituzionali e a dispetto dei guai giudiziari, mantiene un forte ascendente.

Per venire a capo di tanta complessità, è importante completare la mappa politica. Franz Caruso è legatissimo da sempre a Luigi Incarnato, ex assessore dell’era Loiero, commissario della Sorical e segretario regionale del Partito socialista. Incarnato, a sua volta, è vicino ad Adamo, col quale ha collaborato a stretto contatto sempre, soprattutto nelle situazioni più delicate.

Basti ricordare quel che accadde nel 2011, quando il Pd si spaccò in due in seguito alla lite tra Oliverio e Adamo: Incarnato mise a disposizione il marchietto del Psi per accogliere i candidati del Pd che non si erano allineati alla scelta di appoggiare la candidatura a sindaco di Enzo Paolini (allora “campione” di Oliverio e Guccione) e sostenne la ricandidatura di Salvatore Perugini. Sembra un secolo fa, ma certe dinamiche di provincia sono dure a modificarsi.
Mancini, al contrario, è un outsider, che tenta per la terza volta la candidatura a sindaco, sulla base della sua tradizione ed esperienza politica.

Il nodo si scioglie?

A questo punto si capisce benissimo come dietro le candidature di Caruso e Mancini covino le dinamiche tra Adamo e Guccione. Se davvero i due, come sussurrano i malevoli, hanno fatto pace, una candidatura è di troppo.
Tramontata l’ipotesi della coalizione sociale vagheggiata da Miccoli, che avrebbe dovuto includere le sinistre radicali e i movimenti civici, prende quota la candidatura di Caruso. Anche senza ticket perché, si apprende da credibilissime voci, Bianca Rende (che tra l’altro non risulta iscritta ad alcun partito) non sarebbe disposta ad accettare il ruolo di vice.

A favore della candidatura dell’avvocatissimo pende anche un sondaggio commissionato da Boccia, che lo darebbe per favorito. Ovviamente, questo sondaggio non è stato accolto bene da tutti. E, anzi, qualcuno lo avrebbe contestato. In particolare, Luigi Aloe, coordinatore cosentino dei Cinquestelle, e Saverio Greco, altro socialista storico vicino da sempre a Giacomo Mancini. Una rondine non fa primavera. E nemmeno due, considerato che si vota in autunno.
Come nei film e telefilm Highlander, ne resterà solo uno. Anche perché sulla candidatura di Caruso reggono (ancora…) gli equilibri cosentini e le loro importanti proiezioni sulle Regionali.

Verso palazzo Campanella

I dolci (magnifici i cannoli) e i gelati in riva allo Stretto sono irrinunciabili per chiunque faccia politica in Calabria.
Ad esempio, lo sono per Franco Iacucci, sindaco storico di Aiello Calabro con un importante passato nel Pci, presidente della Provincia di Cosenza. Oliveriano storico, ha rotto col suo leader e cerca di trovare la propria nicchia nel Pd sgombro dall’illustre sangiovannese. In prima battuta, Iacucci portava (e porta tuttora: è solo questione di convinzione) Felice D’Alessandro, attuale sindaco di Rovito e consigliere provinciale di Cosenza. D’Alessandro, forte di un buon risultato alle Regionali 2020 preso proprio nel capoluogo, carezzerebbe l’idea dell’assalto a Palazzo dei Bruzi.

Tuttavia, la pax Adamo-Guccione ha il suo peso. E, soprattutto, una posta: le liste per il Consiglio regionale. Iacucci, infatti, sarebbe l’erede di Guccione a palazzo Campanella. Adamo, invece, carezza ancora l’idea di mandare la deputata Enza Bruno Bossio (che, come sanno anche i muri, è sua moglie) in Consiglio regionale.
Nessuno dei due è fresco di politica, non Iacucci né la Bruno Bossio. Ma entrambi hanno due elementi a favore, a prova di codice etico: nessun incidente giudiziario in corso né una presenza, se non da “turisti politici” nel palazzone reggino.

La forma è salva, almeno per Bruni e Tansi, gli unici ad aver parlato di codice etico.
Tant’è: le guerre e i matrimoni nascono sempre dalle passioni. Le paci, invece, dagli interessi e dalle necessità. E l’area del Pd ne ha almeno tre: limitare i danni, che comunque ci saranno (e non pochi), tutelare posizioni politiche e tenere più caselle possibili, in attesa di tempi migliori (e, al momento, per soddisfare le indicazioni romane).
Il dissestato Comune di Cosenza, in questo casino, può diventare benissimo la classica Parigi che vale una messa…