I Calabresi ad Arles. Che detta così fa un po’ provinciale, ma un bagaglio leggero di autoironia è sempre d’aiuto. Azzardata quindi la decisione, e fatta la colletta, la trasferta inizia con la richiesta dell’accredito stampa, primo step ansiogeno di una lunga serie, segnato da controlli compulsivi della mail a intervalli di 10 min. Così, alla vista di quel “We are pleased to confirm your press accreditation for the 2025 edition of the Rencontres d’Arles”, un caloroso mix di sentimenti a base di gratitudine verso la Louise del Press Office ha fatto saltare tappi e scatenato abbracci da scudetto: allora è vero, si parte! Dal “Tito Minniti” di Reggio Calabria, Arles è oramai un sogno possibile, e la consacrazione della testata pure, da ora ufficialmente nota all over the world.
E siccome certe distrazioni del DNA ti accompagnano ovunque scegli di viaggiare nel mondo, l’esordio da Totò e Peppino a Malano è segnato dal primo sgarro del budget, multa da euro 80 per omissione di tagliandino del parcheggio. Paese che vai, colore delle strisce che trovi, e anche quelle bianche da queste parti sono a pagamento; imparare ha i suoi costi.

Arles, quanto mi costi?
Vabbè, ma siamo comunque ad Arles, pazienza. Che in questo periodo dev’essere nell’occhio dell’anticiclone delle Azzorre, stabilmente intorno ai 40° in assenza di una qualsiasi refolella di vento. E lì si comprende la sezione del sito dei Rencontres dedicata al kit di sopravvivenza, 47€ fra cappello, ventaglio e bottiglia termica, con possibili aggiunte di tote bag e guida della città per un totale di 89€. Ancora di più si comprendono i visitatori con il kit fai da te, composto da busta di frutta e scorta d’acqua in bottiglie di plastica, rigorosamente con tappo europeo, il tutto a prezzi da supermercato.

Installazioni umane deambulanti
Ma le tappe di avvicinamento al senso della trasferta proseguono con altre scoperte: a inoltrarsi nella folla da overturism il primo appunto sul taccuino del bravo cronista è dedicato proprio allo spettacolo di varia umanità che sciamana per vicoli e piazzette, immediatamente ribattezzati i chARLatain. Gioco di parole necessariamente eccessivo, come richiesto da pezzo di costume: man mano che ci si accalca, si scopre che in mostra qui non ci sono solo fotografie, ma con quel trucco un po’ così, quell’abbiglio un po’ così e quell’espressione un po’ così, moltitudini di installazioni umane deambulanti fanno a gara nel contendersi l’attenzione.
Un fenomenismo cresciuto negli anni, come del resto il tasso di occupazione di ogni centimetro di muro disponibile con mostre estemporanee, purché nella galleria a cielo aperto più famosa e desiderata del mondo dei fotografanti.
All’atmosfera tendente al Barnum contribuiscono ovviamente le performance degli stessi fotografanti, dagli ambulanti della minuteira, la fotografia istantanea di strada fatta con grandi chassis di legno, ai concettuali dagli allestimenti simili a flash mob che si confondono con la vita che scorre intorno: invitati di un matrimonio che non sai se comparse di una scenografia, e residenti mimetici che riconosci dall’abilità di slalomisti fino al dileguamento in viuzze laterali.

Les italiens
In realtà il paese è piccolo assai, così che la probabilità di incontrare amici e conoscenti di fotografia è decisamente alta, soprattutto in questa settimana inaugurale; e se anche non dovesse accadere, si può sempre andarsela a cercare. In Rue du 4 Septembre, ribattezzata la via des italiens.
È lì che ho incontrato molti amici e diverse nuove storie, che poi sono sicuramente le cose più interessanti di tutto l’ambaradan, quelle che ti mettono addosso il friccico del cercatore d’oro; per tutto il resto ci sono mappe & app.
Fra le tante, Alessandro, che immerge le foto in un bagno di thè, così che assumono un colore diverso a seconda di quello usato, thè verde e così via, forniti da un altro palermitano, in arte Faidathè, produttore di un gin al thè, base dei cocktail con olive da giù offerti nello spazio-galleria affittato da Palermofoto.
O Andrea da Pontedera, con una struttura mobile di 8 cubi di plastica simile al cubo di Rubik su cui sono stampate foto di famiglia che si compongono e scompongono, e ideatore di un progetto di beneficenza che passa per una stampante termica e la progressiva scomparsa della traccia fotografica che sarebbe lungo spiegare.

E poi le mostre
E poi, in un piccolo slargo della via, il Livres et Cafè, spazio gestito da Mimesis Edizioni, Gente di Fotografia, e Il Fotografo, sorta di ambasciata d’Italia ad Arles, e tappa obbligata per i connazionali in tour; da Joan Fontcuberta al nostro conterroneo reggino Alessandro Mallamaci, passando per Silvio Canini, sono molti gli autori che hanno presentato qui i propri libri in un’atmosfera assolutamente informale e cazzeggiante, con moka h24 sul fornello, come da promessa.
Tutta gente che alla sera, quando si tratta di conquistare il diritto di sedersi in un ristorante turistico a prezzi da 3 stelle Michelin, dà vita a tavolate dalle geometrie variabili e talvolta improbabili, che appaiono comunque una rivincita sulle app di dating.
Si, ma le mostre, la fotografia, vi starete chiedendo dopo essere arrivati pazientemente fin qui… beh, non crederete che ad Arles ci si vada per quello! Ad Arles si va per esserci e raccontarla!
