Negli ultimi anni, il mondo dell’arte sta vivendo un nuovo capitolo di repressione e autocensura, che rischia di mettere in discussione i valori fondamentali della libertà creativa. Sono sempre più frequenti i casi di opere e artisti messi al bando, criticati o censurati perché le loro espressioni vengono giudicate scomode, troppo provocatorie o semplicemente troppo sincere. Questa tendenza all’oscurantismo culturale, alimentata dalla spettacolarizzazione dei casi di scandalo, minaccia di limitare un diritto fondamentale: quello di esprimersi liberamente, senza paura di essere giudicati o repressi.

La censura su Gauguin
Tra i più noti episodi della storia recente, si può ricordare la decisione di vietare le mostre dedicate a Paul Gauguin, accusato di aver avuto rapporti con minorenni, o la rimozione di alcune opere di Balthus, ritenute ingiustamente simbolo di pedofilia. L’arte erotica e la sua storia millenaria dimostrano come il sentimento, la provocazione e la libertà di rappresentazione siano parte integrante del percorso umano e culturale. Dalle pitture rupestri del Paleolitico alle raffigurazioni erotiche dell’antica Grecia, passando per le ceramiche Moche, le stampe shunga giapponesi e il Kāma Sūtra indiano, la storia dell’arte ci parla di un continuo confronto tra tabù e desiderio, tra moralità e libertà espressiva.
L’erotismo come bellezza
La stessa arte rinascimentale e i grandi maestri come Boucher, Fragonard o Courbet ci insegnano come l’erotismo possa essere veicolo di bellezza, simbolo di un’umanità fragile e potente allo stesso tempo e loro sono stati sottoposti a giudizi moralistici. Allora come oggi, questi giudizi gratuiti hanno alimentato un clima di intolleranza ma se allora restava in qualche testo o giornale o in una discussione da salotto perbenista, oggi si estende ai social media, i quali, paradossalmente, se da un lato ricoprono il ruolo di libera piattaforma di opinione e creazione, dall’altro si trasformano a volte in censori di immagini di nudo e arte erotica, oscurando opere che hanno fatto parte della storia culturale dell’umanità.

All’inizio del ‘900, mentre Pablo Picasso creava i suoi primi dipinti erotici, Jean Renoir affermava che un quadro per essere buono doveva essere prodotto con i genitali. A Vienna operano Gustav Klimt ed il suo discepolo Egon Schiele; quest’ultimo, a causa dei suoi ritratti considerati esageratamente spinti e pornografici ha trascorso diverso tempo in prigione: molte tra le sue opere (soprattutto dipinti di giovani donne nude) sono state distrutte dalle autorità con l’accusa di essere rappresentazioni oscene che offendevano il buon costume ed il senso comune del pudore.
L’asfissia censoria si manifesta anche in modo più politicizzato, con episodi come quello delle statue coperte durante la visita dell’allora presidente iraniano Hassan Rouhani in Italia nel 2016: un caso emblematico di come si utilizzi il simbolo e l’immagine pubblica come strumenti di controllo, spesso alle spalle di un’analisi critica o culturale più approfondita. È un paradosso che i nuovi “censori” provengano in molti casi dagli ambienti progressisti, che si ergono a difensori di ciò che percepiscono come “moralità” e “rispetto”, dimenticando invece che l’arte autentica nasce proprio dall’audacia di mettere in discussione i valori e le convenzioni più radicate.
Erotismo e pornografia
Dove si colloca, quindi, il confine tra libertà e offesa? È evidente che questa linea sia labile e soggetta a interpretazioni personali e culturali. La distinzione tra arte erotica e pornografia rappresenta un esempio lampante: la prima, intesa come espressione estetica che utilizza elementi erotici per veicolare significati più profondi e universali, è da sempre parte integrante della storia dell’umanità; la seconda, invece, come rappresentazione esplicita di scene sessuali finalizzate esclusivamente a provocare eccitazione, viene spesso relegata a genere di nicchia o, peggio, a materiale “osceno”. La soggettività, infatti, gioca un ruolo centrale nel giudizio estetico, ma anche nel riconoscimento della libertà di espressione: ciò che è considerato arte per alcuni può essere offensivo o inaccettabile per altri, ma questo non deve diventare motivo di repressione, bensì di confronto e dialogo.
La provocazione dell’arte
La lunga storia dell’arte ci testimonia come caratteristiche di provocazione, tabù e sfide morali siano state spesso le leve più potenti per scuotere le coscienze, stimolare idee nuove e abbattere pregiudizi radicati. Dalle raffigurazioni erotiche dell’antica Grecia alle opere di artisti rinascimentali come Boucher, Fragonard e Courbet, il continente europeo ha sempre avuto un rapporto complesso con la rappresentazione del desiderio e della sensualità. La stessa tradizione rivoluzionaria della pittura “erotica” di epoca moderna, con opere emblematiche come “Il bagno” di Manet o “L’origine del mondo” di Courbet, rivela come l’arte sia uno strumento potente anche per mettere in discussione i tabù morali e sociali, utilizzando la provocazione come veicolo di libertà.

La società del controllo
Ma perché, oggi, si tende invece a censurare o a reprimere questa stessa libertà? La risposta si trova in un contesto culturale e sociale che ha ormai radicato nel proprio DNA il desiderio di conformismo e di controllo. La paura di offendere, di disturbare o di essere giudicati impone un’ingessatura che rischia di soffocare anche i messaggi più autentici e necessari. È importante ricordare che l’arte, al suo livello più profondo, è semplice e pura libertà. Del resto Gustav Courbet diceva: «Ho cinquant’anni ed ho sempre vissuto libero; lasciatemi finire libero la mia vita; quando sarò morto voglio che questo si dica di me: Non ha fatto parte di alcuna scuola, di alcuna chiesa, di alcuna istituzione, di alcuna accademia e men che meno di alcun sistema: l’unica cosa a cui è appartenuto è stata la libertà».
Armando Rossi
architetto e docente di Storia dell’arte
