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  • BOTTEGHE OSCURE | Piombo e libertà nelle mani dei tipografi

    BOTTEGHE OSCURE | Piombo e libertà nelle mani dei tipografi

    La maggior parte dei lettori non avrà quasi idea di cosa siano i caratteri mobili per comporre un testo da imprimere sul foglio. I tipografi non sono più quelli di una volta, la professione è cambiata moltissimo negli ultimi decenni. Le innovazioni sono state tantissime e hanno mutato radicalmente il modo di lavorare, fino alla rivoluzione introdotta dalle tecnologie digitali. Le piccole tipografie locali hanno subito duri contraccolpi e l’introduzione di diversi macchinari ha reso molte figure non più necessarie.

    Basti pensare al compositore, che si occupava di comporre la pagina da stampare unendo pazientemente i pezzetti di piombo con lettere, spazi e segni di punteggiatura. Nei periodi elettorali, invece, si utilizzavano dei grandi caratteri in legno, utili a stampare inviti di voto su carta colorata di diverse dimensioni. Anche questo sistema è tramontato, e l’innovazione ha semplificato notevolmente i passaggi.

    Stampatori da primato

    Il primo libro stampato a Reggio Calabria risale al 1475 ed è la più antica opera in caratteri ebraici stampata al mondo. A Cosenza già nel 1478 Ottaviano Salomonio, anche lui probabilmente di origine ebraica, imprimeva con i suoi torchi alcuni opuscoli che recano impressi data e luogo di stampa. A dispetto di questo rapido arrivo, le tracce delle tipografie calabresi scomparvero per quasi un secolo, per ricomparire negli ultimi anni del ‘500.

    Agli inizi dell’800 l’istituzione delle Intendenze da parte dei dominatori francesi portò all’impianto di una nuova tipografia a Cosenza. Era quella di Francesco Migliaccio, stampatore appartenente ad una famiglia napoletana già operante nel settore che attraverso i propri torchi darà luce a moltissime opere di autori locali noti. A cominciare da “Il Bruzio” di Vincenzo Padula, pubblicato nel 1865, ma anche opere e operette di autori meno noti che altrimenti avrebbero difficilmente lasciato una traccia nella storiografia.

    Gutenberg calabresi

    Nell’ultimo quarto dell’800 il boom. Il monopolio di Migliaccio venne pian piano eroso da altre piccole tipografie, spesso legate alla diffusione di giornali e periodici espressione di particolari categorie o correnti culturali. Nel 1884 a Cosenza si contavano Giovanni Alessio, della tipografia dell’Indipendenza, Domenico Bianchi, Davide Migliaccio e Francesco Principe, della tipografia Municipale. Questi, con tutta probabilità titolari degli stabilimenti, avevano a loro volta diversi operai. Anche in provincia erano presenti attività tipografiche, tra cui quelle di Leonardo Condari e di Francesco Patetucci a Castrovillari, di Giuseppe Giuliani a Cerchiara, la tipografia del Ginnasio a Corigliano, a Lungro quella di Gaetano Guzzi e a Paola la tipografia della Concordia di Salvatore Stancati Vasquez.

    Nel Catanzarese la situazione era altrettanto vivace. Nel capoluogo c’erano le tipografie degli editori Vitaliano Asturi e Luigi Mazzocca, la tipografia della Prefettura di Giuseppe Dastoli, la tipografia Municipale e quella di Francesco Veltri e C. A Nicastro la tipografia Colavita, a Filadelfia la tipografia della Società operaia. Monteleone contava le tipografie di Fedele Gentili, Francesco Rubo, Giovanni Troise e la Tipografia Cordopatri, mentre a Crotone operava Tomaso Pirozzi. A Reggio Calabria operavano Luigi Ceruso della tipografia “all’insegna del Petrarca”, Domenico Corigliano, Adamo D’Andrea, Marianna Pananti Lipari e l’editore Paolo Siclari. A Palmi stampavano Giuseppe Lo Presti e Domenico Lipari.

    Stampa e politica

    Era il periodo della diffusione dei periodici locali, soprattutto cittadini, spesso semplici fogli in concorrenza tra loro e schierati su fronti diversi. Molti di questi si erano dotati di una propria tipografia per ridurre i costi dalla stampa del giornale. Queste piccole officine della parola scritta passavano non di rado dalla stampa del giornale alla pubblicazione di opere a tiratura più o meno elevata. Pasquale Rossi, antesignano della psicologia sociale, si serviva spesso per le sue opere dalla tipografia del giornale cosentino “La Lotta”. E allo stesso modo facevano oscuri intellettuali locali con scritti di cui non resta quasi memoria.

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    La tipografia Riccio durante l’alluvione del 1959 (Foto dal gruppo fb “Il senso del tempo, il valore di un posto. Cosenza.”)

    Tra fine ‘800 e inizi ‘900 nasce così anche in Calabria, e nel Cosentino in particolare, una piccola classe di operai-tipografi. Il lavoro dei tipografi iniziava ad essere “politico” e si svolgeva in modo sparso nella città. Nella prima metà del ‘900 il quartiere cosentino di Rivocati ne accoglieva più di una, mentre la tipografia Riccio occupava uno stabile sul Lungo Crati soggetto a inondazioni. Una foto dell’alluvione del 1959 mostra l’edificio con ancora l’insegna della tipografia dipinta a grandi lettere sull’intonaco sopra l’ingresso principale.

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    L’onorevole Aldo Moro visita i locali dove veniva stampato Parola di Vita (Foto in Salvatore Fumo, Il giornalismo cattolico e lo sviluppo della Calabria Editoriale, Progetto 2000-2004)

    La parte alta di corso Telesio ospitava nei locali del palazzo vescovile, poco lontano da quelli dove ancora campeggia l’insegna del giornale “Cronaca di Calabria”, la tipografia che sarebbe diventata “La Provvidenza”, i cui torchi diedero alle stampe molto materiale di ambito cattolico. In tal senso è da segnalare la presenza in città negli anni ’40 di una tipografia della Pia Società S. Paolo, le note Edizioni Paoline, che tra l’altro diede alle stampe nel 1948 un’edizione dell’opera del sacerdote antifascista don Luigi Nicoletti, Meditazioni Manzoniane, che sarebbe finita sui banchi di molte scuole d’Italia.

    Un leghismo d’altri tempi

    All’alba del Novecento il termine “leghismo” aveva un senso e un colore politico opposti a quello odierni. Muratori, sarti, falegnami, panettieri, calzolai, facchini e tipografi cosentini diedero vita nel 1906 ad altrettante “leghe di resistenza”. Si trattava di movimenti di fratellanza operaia, veri e propri cordoni solidaristici capaci di proteggere e orientare menti non eccelse e braccia toste come il legno silano, che unendosi avrebbero potuto porre un freno alla forza padronale e un argine ai rischi connessi a lavori duri e pericolosi.

    La lega dei tipografi cosentini era presieduta da Federigo Adami, uno dei fondatori del circolo repubblicano intitolato ai Fratelli Bandiera, destinato a diventare nel 1913 il primo segretario della Camera del Lavoro di Cosenza.
    «Dovete fidare soprattutto in voi stessi, se volete davvero incamminarvi per la luminosa via de la rivendicazione» ripeteva Adami ai giovani apprendisti tipografi. Negli annali della Camera del Lavoro e del socialismo cosentino, Adami è descritto come organizzatore degno di stima, sempre pronto alla battaglia. Esercitava un certo influsso sui giovani apprendisti, che vi si affidavano per ogni cosa.

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    Il tipografo d’idee repubblicane Federigo Adami, primo segretario della Camera del Lavoro di Cosenza

    All’epoca i tipografi come i muratori, i falegnami o i fornai si dividevano in due macro-categorie: i “mastri” – custodi dell’arte e proprietari di un’attività – che speravano nel buon andamento e magari in un ampliamento della stessa, e i “garzoni” che stavano a bottega dal mastro artigiano con la prospettiva di diventare anch’essi capi d’arte e chiedevano semplicemente condizioni di trattamento migliori. La Cosenza d’inizio Novecento andava estendendosi verso le campagne ca minanu a Renne: si aprivano ovunque cantieri, e nei piccoli opifici di contrada Castagna il lavoro abbondava.

    Primo maggio 1906

    Insieme ai muratori del rione Massa, i giovani tipografi che facevano capo ad Adami furono i protagonisti della prima celebrazione del 1° maggio, datato 1906, che si svolse a Pianette di Rovito perché la pubblica sicurezza vietò il comizio in una piazza cosentina. Nei giorni precedenti tipografi e muratori avevano cercato di convincere sarti e calzolai delle migliori boutique di corso Telesio ad astenersi dal lavoro. Il favore di questi “artigiani privilegiati” sarebbe servito a far udire le lagnanze salariali ai ceti agiati della città che vi si servivano. Così fu.

    Durante la celebrazione del 1° Maggio 1906 fece la propria comparsa tra gli applausi l’anziano tipografo Rosalbino Serpa, dalle mani solcate da decenni di fatica. Era il “proto”, coordinava cioè il reparto di composizione e controllava l’esecuzione tecnica della stampa del giornale “La Lotta”, che al tempo fomentava la battaglia politica cittadina. Come ricorda Pietro Mancini: «Egli [Serpa] ci comunicò subito che era rimasto solo nella tipografia e quindi era stato mandato via a festeggiare il primo maggio dal direttore del giornale».

    La tipografia degli orfanelli

    A Cosenza l’infanzia abbandonata, i cosiddetti “trovatelli”, e insieme a loro ladruncoli e perdigiorno trovavano posto nell’orfanotrofio “Vittorio Emanuele II”. L’ospizio nacque nel periodo preunitario con l’obiettivo di garantire un futuro e avviare al lavoro i figli della miseria provenienti dai quartieri e rioni popolari di Massa, Spirito Santo e Santa Lucia. Nella seconda metà dell’Ottocento fu installata nell’orfanotrofio un’officina tipografica, destinata a diventare nei decenni una vera e propria scuola.

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    Il reparto di composizione della scuola poligrafica dell’Orfanotrofio Vittorio Emanuele II di Cosenza

    Con entusiasmo il deputato provinciale Francesco Vetere nel 1882 la presentò come una gloria nell’insegnamento delle «arti meccaniche, di cui l’Ospizio può attingere un incremento di forza, e gl’infelici orfani e trovatelli, raccolti dalla pubblica carità, potere apprendere un’arte colla quale possano campar la vita, acquistare un posto nella società». Fino ai 18 anni i giovani aspiranti tipografi venivano suddivisi in squadre di sette elementi alle dipendenze di un capo d’arte. Il frutto del loro lavoro – libri, opuscoli ecc. – sarebbe stato venduto e 1/5 dell’utile (al netto delle spese) sarebbe stato diviso in parti uguali tra i giovani lavoranti.

    Sfruttamento e futurismo

    Ma le cose non andarono sempre per il verso giusto. Già sei anni dopo, il commissario governativo Tancredi ravvisò che i capi d’arte sfruttavano il lavoro degli apprendisti per proprio tornaconto, che nessuno degli alunni aveva appreso le prime nozioni e tutti lavoravano senza compenso. La tipografia dell’orfanotrofio conoscerà una stagione ben più florida negli anni ’50 del Novecento. L’ospizio era presieduto da Ruggero Dionesalvi e nel consiglio d’amministrazione figurava l’avvocato e giornalista sampietrese Giuseppe Carrieri (1886-1968) definito dal suo compaesano Alfredo Sprovieri «primafila dell’ultima avanguardia futurista italiana in grado di sedurre il mondo».pIO

    La “poesia silenziosa” di Carrieri venne scandagliata attraverso le opere di Pietro De Seta e Gaetano Gallo pubblicate proprio nel “Baraccone”, com’era chiamata l’officina annessa all’orfanotrofio e trasformata il 10 giugno 1950 in una vera e propria scuola poligrafica allo scopo «di tenere il piccolo drappello di fanciulli lontano dai rumori e vizi della città […] educare alla scuola del lavoro le tenere e frequenti vittime dei pregiudizi e dei disordini sociali».

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    La vecchia tipografia dell’orfanotrofio, oggi cadente e in preda al degrado, fu tagliata fuori dal progetto di ristrutturazione, adeguamento antisismico e riconversione dell’ex convento dei Carmelitani, e che fu sede dell’orfanotrofio, nel moderno Istituto Alberghiero “Mancini”, una delle opere di edilizia scolastica del primo mandato di Mario Oliverio quale presidente della Provincia.

  • SPORTELLATE | Conte, Bergomi, derby, Dazn e nichilismo

    SPORTELLATE | Conte, Bergomi, derby, Dazn e nichilismo

    Eccomi di nuovo qui a dare le pagelle allo sport di casa nostra. Lo dico subito, questa settimana ho dedicato ogni pensiero soltanto al pallone. Certo, avrei potuto occuparmi anche della maratona elettorale in Calabria dell’ex premier Giuseppe Conte che, sfoggiando un fisico bestiale da atleta d’altri tempi, ha illegalmente assembrato come un Cristiano Ronaldo le piazze di ogni dove, scatenando violente reazioni ormonali di sostenitrici Under/Over e polemiche compatte di famosi artisti di musica e teatro.

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    Beppe Bergomi assiste al derby Cosenza-Crotone in tribuna al San Vito-Marulla

    Avrei potuto dare un voto a questa cosa qui, ma ho preferito lasciar perdere. Anche perché, poi, ci ha pensato il derby Cosenza-Crotone (1 a 0) a riportate la folla (8 mila anime vaccinate e greenpassate) alla sobrietà. Un giudizio lo do piuttosto a Beppe Bergomi, coraggioso a preferire il San Vito-Marulla a San Siro, dove la sua Inter affrontava l’Atalanta. Follia? Può darsi. Ma si sa, per i figli si fa questo e altro (per chi non lo sapesse, lo “zio” è il suocero del bomber dei silani Gabriele Gori).

    Voto 10 al partitone meraviglioso di Milano che Bergomi si è perso.
    Derby/1

    Eugenio Guarascio in tribuna, senza giacca, quasi a non crederci; Gianni Vrenna in panchina, ingiacchettato, a reggersi il broncio a fatica con la mano destra.
    È questa una delle tante immagini del derby. Emblematica, simbolica, rappresentativa di due uomini che fanno gli imprenditori ambientali nella stessa regione e non sono amici neanche un po’. A inizio torneo tutti pronosticavano per entrambi un destino opposto: il patron dei Lupi in fondo alla classifica e quello degli Squali nelle zone di vertice. Ma non c’è niente da fare, il calcio è traditore. Capace, quando vuole, di sorprendere persino se stesso, la retorica, la coerenza e quei tifosi, non pochi, che dicevano che allo stadio, con Guarascio presidente, non ci sarebbero tornati più.

    E invece niente, allo stadio ci sono tornati. In tanti, tantissimi, e va bene così. Sì, perché il Cosenza, costruito in cinque minuti, nella narrazione popolare delle sue imprese, ha già attratto a sé tutti gli aggettivi della favola, ovviamente di provincia. Si sacrifica, picchia, soffre e vince con la classe e con la fortuna che, dopo un anno di letargo, è tornata a farsi strada di prepotenza. Certo, ancora è presto, prestissimo per allontanare i cattivi pensieri. Ma il gol di Carraro alla Maradona – o per rimanere di provincia, alla Buonocore – sembra dire che, forse, almeno per quest’anno, le delusioni in riva al Crati saranno minori. Le tre vittorie conquistate in sei partite e nelle ultime quattro (contro le due dello scorso torneo dopo 19 giornate) raccontano una storia che nessuno si aspettava.

    In poche settimane, sorprendendo tutto e tutti, i ragazzi di Zaffaroni hanno offuscato il tragicomico recente passato. Tutto questo mentre l’imprenditore lametino, con appena dieci anni di ritardo, pare si sia finalmente convinto a mettere in piedi uno staff dirigenziale accettabile, con l’ingresso in società di un direttore organizzativo al quale, come da comunicato stampa, manca solo qualche titolo nobiliare per raggiungere la perfezione assoluta.

    Nei prossimi giorni, compatibilmente con i tempi del presidente, dovrebbe essere ufficializzato anche un responsabile scouting ex Milan. Insomma, tutto grasso che cola. L’augurio è che tanta grazia non sia un fuoco di paglia e che, dopo una lunga fase di medioevo, porti realmente la società rossoblù nel 2021.

    Voto 8 alle favole di provincia.
    Derby/2

    Dicevamo di Vrenna, apparso nervosissimo e tormentato come poche volte si era visto prima. Ha seguito quella che doveva essere la partita della svolta del suo Crotone seduto in panchina a confabulare nervosamente con Maurizio Perrelli, ex mediano del Cosenza e collaboratore tecnico di Modesto, altro ex dei Lupi. La sensazione è che se avesse potuto (e non è escluso che in futuro non decida di farlo), avrebbe preso il controllo delle operazioni, mettendo nello sgabuzzino il suo giovane allenatore, bravo a far giocare a pallone la squadra, meno a fargli fare gol.

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    La delusione di Vrenna in panchina nei minuti finali del derby calabrese disputato sabato

    D’altronde non è un caso se Mulattieri ha messo dentro cinque delle sette reti realizzate finora dai rossoblù. Ed è proprio questo che preoccupa maggiormente. Non per ripetere sempre la solita solfa, ma le assenze di Simy e Messias fanno malinconia. E non si può affidare tutto il peso di un reparto fondamentale a un ventenne, seppure talentuoso. Sia chiaro, il tempo per riprendersi c’è tutto, forse, però, da domani in avanti, quando si andrà in campo, servirà essere meno presuntuosi e più concreti. E non solo a parole. Bisognerà indossare nuovamente l’abito sporco dei provinciali, che poi è quello che chiedeva proprio Modesto alla vigilia della sfida col “piccolo” Cosenza. In fondo è così che il Crotone nelle ultime stagioni si è ritrovato in serie A più di una volta.

    Voto 4 alla provincia perduta
    Reggina a passo lento

    Non me ne voglia nessuno ma, forse, il momento più emozionante di Reggina-Frosinone è stato l’ultimo saluto del “Granillo” a Massimo Bandiera, segretario della società di 48 anni scomparso una settimana fa per una brutta malattia. L’abbraccio del presidente Luca Gallo a Cecilia (la compagna di Bandiera) e lo striscione in curva Nord“Reggino d’adozione… Professionista esemplare” – hanno fatto scendere ai presenti qualche lacrima di commozione.

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    Lo striscione dei tifosi della Reggina per Massimo Bandiera

    La partita è stata piuttosto noiosa. Un po’ come quei film al cinema pompati all’inverosimile dai media che invece finiscono quasi per addormentarti. E, bisogna dirlo, a parte un paio di guizzi, da Aglietti e Grosso ci si aspettava qualcosa di più. Resta l’imbattibilità di entrambe e l’amarezza dei tecnici per ciò che poteva essere e non è stato. L’ospite, campione del mondo nel 2006, ha detto che per quanto visto nel primo tempo, i suoi ragazzi meritavano la vittoria. Il padrone di casa ha ribattuto con un quasi identico «per quanto visto nel secondo tempo meritavamo i tre punti». Insomma, punti (appunto) di vista che restano tali e danno un giusto senso al risultato finale.

    Voto 10 al ricordo toccante al dirigente buono.
    Disastro Vibonese

    Pippo Caffo, dopo aver iscritto la squadra al campionato di Lega Pro, aveva promesso ai suoi tifosi una stagione esaltante. Era stato seguito a ruota dal direttore sportivo Gigi Condò: «Ci toglieremo grandi soddisfazioni». Da allora, se si escludono i sentimenti degli avversari di turno, di esaltante e soddisfacente dalle parti di Vibo Valentia non si è visto nulla. La classifica parla chiaro: ventesimo posto su venti con due pareggi e tre sconfitte. L’ultima, disastrosa, proprio oggi al “Luigi Razza” (1 a 4) contro una Turris che già dopo il calcio d’inizio sembrava il Barcellona e invece era soltanto la Turris. In 20 minuti gli uomini di D’Agostino erano sotto di tre reti. Più chiaro di così, si muore. O, al massimo, si retrocede.

    Voto 2 come i punti in classifica dei rossoblù (nessun voto al Catanzaro che domani sera ospiterà al “Ceravolo” il Catania).
    Berardi

    Dopo la vittoria dell’Europeo con la nazionale italiana, se n’era andato in vacanza, convinto che, nel frattempo, uno dei tanti top club a lui interessati (Milan, Tottenham, Real Madrid, Inter, Roma, Lazio, Atalanta e non mi ricordo più chi altro), gli facesse pervenire l’offerta giusta. Insomma, sembrava l’anno perfetto per l’addio al solito Sassuolo. Persino la sua compagna di vita Francesca, sassolese doc, si era spinta a dichiarare pubblicamente che Mimmo meritava molto di più. Invece niente.

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    Domenico Berardi festeggia sul campo la vittoria contro l’Inghilterra in finale agli Europei

    Giorno dopo giorno il talento di Bocchigliero ha visto sfumare il suo obiettivo, cercato, forse, fuori tempo massimo. E così, nell’estate dei trasferimenti eccellenti (vedi Messi, Ronaldo e Lukaku a Psg, Manchester United e Chelsea) e della sfiancante trattativa Juventus-Locatelli, Berardi è rimasto imprigionato nel suo castello emiliano che più volte in passato lo ha protetto dalle sue insicurezze.
    Negli ultimissimi giorni di mercato, forse più per disperazione che per altro, pur di cambiare aria, aveva sperato in un guizzo della Fiorentina del corregionale Rocco Commisso. Ambiziosa, per carità, ma non certo in grado di fargli fare quel salto di qualità che desiderava. Anche in quel caso, però, niente da fare.

    Morale della storia triste: oggi l’ex ragazzo prodigio di Calabria, che qualche anno fa rifiutò la Juventus perché non si sentiva alla sua altezza, per il decimo anno di fila si ritrova a fare il leader di una fiaba antica che non somiglia né al Cagliari di Gigi Riva (che alla Juve disse di no perché a Cagliari voleva restarci per sempre), né al Vicenza di Paolo Rossi. Anzi, a guardarlo bene oggi il Sassuolo, smembrato dei suoi pezzi migliori tranne il più pregiato, sembra uno sbiadito ricordo di un calcio romantico che da tempo si è perso chissà dove.

    Voto 3 a Berardi per essersi accorto troppo tardi (rima casuale) di quanto gli stia stretto il ruolo di bandiera di provincia.
    Dazn e nichilismo

    Sulle ormai tradizionali interruzioni del segnale durante le partite trasmesse da Dazn sono state già spese un mucchio di parole, a volte di rabbia, altre di sfottò. Insieme a sportivi neutrali e tifosi accaniti costretti ad abbonarsi alla piattaforma britannica perché serie A e B quest’anno sono lì, persino un intellettuale del calibro di Michele Serra ha sprecato un suo pensiero di “Satira preventiva” sull’Espresso. Io, sinceramente, in tutta questa storia non ci vedo nulla di sorprendente.

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    Il giornalista e scrittore Michele Serra

    Si sapeva, dai, che sarebbe andata a finire così. In fondo questa vicenda è lo specchio dei tempi che viviamo, parliamo e facciamo di tutto senza potercelo permettere.
    E allora, dopo aver visto un po’ di partite al pc nell’ultimo weekend, ho deciso di aggregarmi umilmente alla categoria dei polemisti nichilisti, adottando questo slogan: abbonarmi a Dazn è come votare alle regionali calabresi. Non avendo alternative, mi affido a un partito qualunque sapendo già in partenza che la connessione prima o poi mi abbandonerà.

    Voto 9 a tutti quei tiri in porta che non si sa che fine hanno fatto.
  • SPORTELLATE | Ori, “Pippo” Mulattieri, ds e Tour de Franz

    SPORTELLATE | Ori, “Pippo” Mulattieri, ds e Tour de Franz

    Come ogni settimana, è il momento di dare un voto ai fatti di sport, con il solito ingiusto occhio di riguardo verso il calcio. Prima di iniziare, però, bisogna complimentarsi con Daniele Lavia, schiacciatore titolare della Nazionale italiana di volley. Nato a Cariati 21 anni fa ma cresciuto a Rossano, ha conquistato l’oro da protagonista assoluto nella finale degli Europei contro la Slovenia. Dopo Domenico Berardi nel calcio, un altro grande traguardo per un atleta calabrese.

    Voto 10.

    Un breve cenno anche a Catanzaro e Rende che sono state nominate da ACES Città Europee dello Sport 2023. Nel 2018 lo stesso riconoscimento fu conferito a Cosenza per l’anno 2020. Determinante, per il giudizio finale degli ispettori, fu il progetto presentato dall’amministrazione Occhiuto di realizzazione del nuovo stadio cittadino con conseguente cittadella dello sport e rigenerazione delle aree più marginali. A distanza di tre anni, di quell’opera dal sapore elettorale si sono perse le tracce, mentre nel vecchio stadio “San Vito-Marulla” oggi si chiudono i settori per infiltrazioni d’acqua. Spero di sbagliarmi, ma ho la sensazione che certi attestati contino quanto un green pass a un’assemblea di Fratelli d’Italia.

    Voto 3 o 4 (ottobre).

    “Pippo” Mulattieri

    La scorsa settimana scrivevo che al Crotone, nonostante la presenza in organico del talentuoso Samuele Mulattieri, tra partenze (Messias e Simy) e latitanze (Rivière) di lusso, forse mancava qualcosina in attacco. Dopo quanto visto venerdì sera nel corso della partita degli “Squali” sul campo della capolista Brescia, mi rimangio tutto.
    Partito dalla panchina, il ventenne di Arcola provincia della Spezia, ha deciso di indossare gli abiti del Pippo Inzaghi di turno (suo idolo e mister, non a caso, delle “Rondinelle”). E in appena un quarto d’ora, con i suoi sotto di due reti, ha letteralmente mandato in tilt una delle migliori difese della cadetteria. Risultato finale: doppietta personale (già cinque i suoi centri in campionato) e un 2 a 2 da portarsi a casa come se fosse un trofeo.

    A impresa compiuta, sono andato a cercarmi un po’ di storia di questo piccolo grande bomber (per ora di provincia) e ho scoperto che fino a pochi mesi fa giocava nella seconda divisione olandese con la maglia del Volendam, in prestito dall’Inter, sua squadra del cuore. Perché era finito lì? Semplicemente non gli erano piaciute le offerte della B nostrana, giudicate poco coraggiose. Dell’Olanda, causa pandemia, ha visto poco, solo campi da calcio e il suo appartamento. Oltre a realizzare un mucchio di gol, a tempo perso e forse un po’ per noia, ha anche imparato a suonare il pianoforte e a parlare l’inglese.

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    Samuele Mulattieri con la maglia del Volendam

    Insomma, capacità più o meno grandi che in Italia, probabilmente, non avrebbe mai scoperto di possedere. Ma ciò che conta adesso è solo il fiuto per il gol. Il Crotone, che ha puntato quasi tutto su di lui (10 al ds Beppe Ursino), potrà goderselo per un annetto scarso, poi, Samuele, come tanti giovanotti di belle speranze, si prenderà il posto che non merita: in serie A con la sua Inter, come quarta o quinta scelta per l’attacco. Salvo sorprese, dovrebbe andare più o meno così.

    Voto 10 a chi crederà davvero nel suo talento e alla noia che insegna sempre qualcosa di buono.

    I nastrini di Taibi

    Dopo l’addio dell’esageratamente cosentino Giuseppe Mangiarano, i quasi pieni poteri concessi dal patron della Reggina, Luca Gallo, a Massimo Taibi (direttore sportivo, responsabile del settore giovanile e in futuro, chissà, magari anche direttore generale o tagliatore di teste aziendale) dimostrano quanto nell’ambiente amaranto, al momento, regni un clima di consenso totale. D’altronde, all’ex portierone di Milan e Manchester United va riconosciuto il merito di aver evitato alla società una dura crisi economica, sbarazzandosi di tutti quei calciatori sotto contratto (che lui stesso aveva ingaggiato) dallo stipendio alto ma dal rendimento scadente.

    I risultati, oggi, si vedono tutti: la squadra di Aglietti è forte, più leggera di testa e di gambe. La vittoria convincente al cospetto della forte Spal (2 a 1) firmata Hetemaj e Montalto, dice che il primo posto in classifica non è lontanissimo. La domanda, quindi, è d’obbligo: questo gruppo può arrivare in serie A? Per sapere cosa ne pensa il popolo reggino, si potrebbero commissionare un paio di sondaggi ad aziende di settore. Col serio pericolo, però, specie di questi tempi, di creare pericolosi entusiasmi e aspettative esagerate. Meglio, per ora, affidarsi solo alle certezze del presente e chi vivrà vedrà.
    Finale con nota triste e senza voto per la scomparsa del segretario della società amaranto Massimo Bandiera, giornalista e in passato dirigente anche di Siracusa e Cosenza calcio.

    La giornata particolare di Goretti

    Il giorno dell’addio amaro alla sua Perugia nell’estate 2020 fu sincero: «Retrocedere in C con questa squadra era un’impresa impossibile e noi ci siamo riusciti». A beneficio del Cosenza, bravo ad approfittare proprio del crollo inatteso dei grifoni per salvare una categoria che sembrava persa già a gennaio. Ma questa, ormai, è acqua passata. Oggi il direttore sportivo Roberto Goretti appartiene a un Cosenza nuovo di zecca, indicato dai bookmakers come la squadra materasso dell’anno. Insomma, un’altra impresa impossibile, di quelle però da capire come si deve prima che sia troppo tardi.

    Sabato i “Lupi”, al cospetto del neo promosso Perugia e nel giorno del 59esimo compleanno di Donato Bergamini, hanno sfoderato una nuova prova tutta grinta e personalità, con un paio di giocate di classe sopraffina e qualche ingenuità da evitare (vedi Sy: timido, e Palmiero: espulso). Ne è venuto fuori un 1 a 1 meritatissimo e sofferto, riagguantato con i denti grazie a una prodezza del croato di proprietà della Reggina SuperMario Šitum, che così porta a quattro i gol, tutti in prestito, messi a segno dal Cosenza in questo torneo.

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    Roberto Goretti, direttore sportivo del Cosenza

    Per Goretti deve essere stata una giornata particolare, iniziata la notte prima dell’esame “Curi” quando è stato avvistato nel centro storico del capoluogo umbro insieme ai suoi amici di sempre. Un breve tuffo nel passato e poi il presente, lo stadio che conosce come le sue tasche e la soddisfazione, tenuta rigorosamente dentro, di aver messo in piedi dal nulla e con il nulla nel portafoglio, una squadretta da impresa possibile.

    Voto 8 all’eurogol del pareggio e 10 al ds senza portafoglio.

    Catanzaro e Vibonese in cerca d’autore

    Il Catanzaro non decolla, la Vibonese nemmeno, ma poteva andare peggio. Lo so, più banale di così si muore, ma non trovo un modo diverso per riassumere la giornata delle due calabresi di C. I giallorossi – lo dicono tutti gli esperti della materia, perché non credergli? – lotteranno fino alla fine per la serie B. Al momento, però, non vincono.

    Il pareggio 0 a 0 a Palermo (il terzo di fila che poteva essere una sconfitta se Brunori non avesse sbagliato un rigore) ha messo in mostra una squadra spuntata e poco cazzuta. Buona parte della tifoseria ce l’ha con il tecnico Calabro che, a sua volta, a un giornalista che gli ha chiesto se questo è il suo Catanzaro oppure no, ha risposto di no. Ad Andria, il suo collega della Vibonese D’Agostino ha salvato la panchina (1 a 1) all’89’ grazie a Sorrentino. Che farebbe anche rima, ma a guardare la classifica di poetico c’è poco.

    Voto 5 alla Vibonese di D’Agostino e al Catanzaro di nessuno.

    Schiaffi e donazione

    Poche settimane fa era stato preso a schiaffi pesantemente da alcune persone nei pressi di un locale molto noto a Lamezia Terme. Addirittura qualcuno aveva parlato di dramma sfiorato, esagerando un po’. Protagonista della vicenda Felice Saladini, giovane presidente della nuova squadra di calcio cittadina che milita nel campionato di serie D. Pare che a molti non fosse andato giù il suo progetto sportivo (per la cronaca, oggi nel lametino le squadre di calcio sono ben cinque). Da allora di Saladini si è parlato poco e niente. Fino a oggi pomeriggio, quando don Fabio Stanizzo, anche a nome del vescovo Giuseppe Schillaci, ha ringraziato pubblicamente l’imprenditore per la donazione di 2.150 euro alla Caritas diocesana, incasso della partita Fc Lamezia-Rende di una settimana fa. Un modo originale per riportare la pace?

    Voto 0 agli schiaffi, 10 alle donazioni intelligenti.

    Torromino

    In un periodo storico in cui i calciatori giocano ad alti livelli fino a 40 anni e i miei coetanei brizzolati con pancetta e parastinchi continuano a organizzare inguardabili partite di calcetto, c’è chi come Giuseppe Torromino (attaccante crotonese di 33 anni, promosso in serie B con la Ternana), nonostante un contratto di lavoro resistente, decide di svincolarsi e trasferirsi all’Us Livorno in Eccellenza. Che, per chi è poco pratico di categorie pallonare, è un po’ come se Amadeus lasciasse Raiuno per andare a condurre I soliti Ignoti su Teleuropa Network.

    Ora, tornando a Torromino, le cose sono due: o si è stancato del professionismo e delle sue dinamiche stressanti e poco umane, o il Livorno, sponsorizzato addirittura dall’Università telematica Niccolò Cusano (fondata, guarda caso, dal presidente livornese della Ternana Stefano Bandecchi), gli ha offerto una barca di soldi. D’istinto, propenderei per la seconda ipotesi.

    Voto 7- a Torromino per lo spirito aziendale, 10 a Bandecchi per quello ultrà.

    Tour de Franz

    Mi rendo conto che qui rischio di forzare un po’ la mano stravolgendo il senso di questa rubrica che è nata per parlare solo di sport. Ma quando ho visto l’ultimo progetto elettorale di Franz Caruso (candidato a sindaco di Cosenza in uno dei tanti schieramenti di sinistra, o pseudo tale, che dovrebbero sfidare la destra e invece la favoriscono), non ho resistito. Anzi, dopo lunga riflessione, mi sono addirittura convinto, probabilmente in malafede, che lo sport in questo discorso c’entra davvero qualcosa. Vabbè, vado al punto: l’avvocato cosentino ha lanciato a sorpresa il suo “Tour de Franz”.

    In sintesi, il capitano del team PD-PSI percorrerà in bici la città, dividendo il suo percorso a tappe. Qui, si spera affiancato da gregari, ammiraglia e sanitari, potrebbe incontrare, nell’ordine, i suoi tifosi, il traffico, le buche, l’immondizia, qualche topo e magari anche un paio di avversari, come ad esempio i sinistri Bianca Rende e Valerio Formisani, candidati come lui. E chissà che, in un epico momento di fatica in stile Coppa Cobram, con almeno uno di questi non si riesca a riproporre il celeberrimo scambio della borraccia tra Coppi e Bartali.

    Voto 6- allo spin doctor di Caruso, 10 alla borraccia (preferibilmente non avvelenata).

    Francesco Veltri

  • SPORTELLATE | Derby, morti, medaglie e il trionfo del Caso

    SPORTELLATE | Derby, morti, medaglie e il trionfo del Caso

    Comincia oggi la rubrica Sportellate. Più o meno ogni lunedì, a partire da oggi, daremo le pagelle a ciò che, calcisticamente e sportivamente parlando (che spesso sono due cose diverse), nella settimana appena trascorsa ci è sembrato degno di nota o giù di lì.
    Buona lettura.

    Il derby della Magna Grecia

    Prima e durante Crotone-Reggina (1 a 1) è successo di tutto. Un uomo, che aveva una agenzia di pompe funebri di fronte allo stadio “Ezio Scida”, è stato ucciso in un misterioso agguato; il maltempo, da allarme rosso sullo Jonio, come al solito ha tenuto tutti col fiato sospeso; intorno al 20’ minuto della partita tra “squali” rossoblù e amaranto, un tifoso reggino è precipitato rovinosamente da una balaustra ed è stato trasportato in ospedale in codice rosso (per fortuna niente di grave).

    E poi, sono arrivati i gol, di Galabinov per la squadra di Aglietti e di Benali per i ragazzi di Modesto. Una sfida sentita ma non eccezionale, giocata su un campo pesante e di fronte a poco più di duemila spettatori che si sarebbero aspettati di più. Soprattutto dal Crotone, che ha creato tanto e concretizzato quasi niente. Anche perché lì davanti, pur non sottovalutando affatto il talentuoso Mulattieri, si vede che manca qualcosa. Sono partiti Simy e Messias e chi, come Rivière, risulta in rosa tra gli attaccanti, non è ancora rientrato dalle vacanze. Altro mistero su cui, però, nessuno pare stia indagando.

    Forse, la cosa migliore della serata, è arrivata da Venezia dove, in contemporanea con la partita, si è svolta la cerimonia di premiazione della 78esima mostra del cinema. Lì, il regista Michelangelo Frammartino, nato a Milano da genitori di Caulonia, dopo essere salito sul palco per ritirare il premio speciale della giuria per il film “Il buco”, ha ricordato a tutti che la Calabria è la regione più bella d’Italia. Agguati mortali e cadute a terra rovinose escluse naturalmente.

    Voto 6 di stima alla Magna Grecia.

    Zaffaroni

    Fino a ieri pomeriggio, l’allenatore del Cosenza sembrava un po’ l’Amalia Bruni del calcio calabrese. Chiamato in causa fuori tempo massimo da Eugenio Guarascio (che la parte del Partito democratico è in grado di interpretarla alla perfezione, vedi amministrative di Lamezia del 2019), all’ex, per poco, Chievo Verona, proprio come accaduto alla candidata a governatore del PD alle elezioni regionali, il presidente ha affidato un’impresa impossibile: evitare l’ennesima débâcle del secolo.

    Dopo due sconfitte consecutive in campionato, contro il Vicenza, a sorpresa, i Lupi hanno dimostrato di avere voglia di lavorare, identità e idee. Roba da fare invidia persino al centrodestra di Roberto Occhiuto che, invece, vincerà e governerà tutte le prossime partite senza lasciare sul campo un goccio di sudore.
    Il ritorno da capitano di Palmiero (perché uno così non è in A?) è stato stratosferico, Gori ha fatto il Rivière rientrato dalle vacanze, mentre Caso (dal nome mai tanto in sintonia con una società da sempre improvvisata e legata al fato), ha sorpreso tutti con un assist e un gol da campione.

    A proposito di fato, se oggi il Cosenza gioca ancora tra i cadetti, deve ringraziare proprio il Vicenza sconfitto ieri (2 a 1). Ultima giornata dello scorso torneo, al 91’ Yallow punisce la Reggiana e regala ai rossoblù il quartultimo posto in classica, fondamentale per il successivo ripescaggio. Per non perdere il contatto con la realtà, è sempre bene ricordarlo.

    Quindi, voto 10 a Zaffaroni e al Caso. 

    Gigi Marulla e il candidato

    Nativo di Stilo, ma diventato a furor di popolo bandiera rossoblù, lunedì scorso all’ex bomber scomparso nel 2015, è stata finalmente conferita la cittadinanza onoraria di Cosenza. Alla cerimonia nel cimitero di colle Mussano erano presenti, tra gli altri, la famiglia di Gigi, l’ex presidente della squadra Giovanni Paolo Fabiano Pagliuso, naturalmente il sindaco Mario Occhiuto. Un po’ meno naturalmente, il vicesindaco Francesco Caruso, candidato a primo cittadino del centrodestra alle Amministrative d’inizio ottobre. Quest’ultimo, prima di mettersi in posa davanti a telecamere e flash dei fotografi, ha deposto una corona di fiori sulla lapide di Marulla. Chi meglio di lui avrebbe potuto farlo?

    Voto 9 all’efficacia della campagna elettorale e -9 allo stile. 

    Lo spot 

    Da qualche giorno, in occasione del GP d’Italia di Formula Uno che si è svolto ieri a Monza, sta girando sul web un bellissimo video spot che mette in mostra in modo affascinante e con uno stile narrativo originale, le bellezze di Palermo, dal mercato di Ballarò fino a Villa Bonanno, da corso Vittorio Emanuele al Foro Italico e al parco della Favorita, per concludere la sua “corsa” sulla spiaggia di Mondello. L’operazione si chiama “Ciao Palermo, Monza is calling” e a realizzarla, per omaggiare l’Italia, è stata la Red Bull Racing che ha voluto che a girare il cortometraggio fosse un regista palermitano, Carlo Loforti, coadiuvato dal suo concittadino Alessandro Albanese.

    La particolarità del video sta nel fatto che tutto lo splendore del capoluogo siciliano e della sua gente viene messo in luce, senza stereotipi e forzature, attraverso il percorso che Max Verstappen, pilota della scuderia austriaca di Formula Uno, compie a bordo della sua monoposto. Lo spot, patrocinato dal Comune di Palermo, ha provocato qualche polemica, specie per la cifra irrisoria di 182 euro sborsata da Red Bull per l’occupazione del suolo pubblico. La visione spettacolare del video, però, sembra aver cancellato in un colpo solo ogni malumore.

    «Riuscire a portare un progetto così importante a Palermo – ha detto Loforti – è, da palermitano, una gratificazione straordinaria». Il sindaco Leoluca Orlando, a sua volta, ha parlato di una «grande occasione di promozione internazionale della città». Insomma, il consiglio, per chi non lo avesse ancora fatto, è di ammirare questo spot il prima possibile. Con una sola avvertenza: se non volete avvelenarvi il fegato, evitate di fare paragoni con il corto milionario girato da Gabriele Muccino in Calabria.

    Voto 10 allo spot palermitano, -10 a coppola, bretelle e asinello calabresi made in Sicilia. 

    Enza Petrilli e Anna Barbaro

    Sono le prime atlete calabresi della storia ad aver conquistato due medaglie (d’argento) alle recenti Paralimpiadi di Tokyo, rispettivamente nel tiro con l’arco e nel triathlon classe PTVI.

    Enza, taurianovese, dopo un grave incidente d’auto, è stata costretta a salire su una sedia a rotelle, mentre Anna, nata a Reggio Calabria, a causa di un brutto virus ha perso la vista. Due giovani vite stravolte improvvisamente, ma che hanno saputo rialzarsi proprio grazie allo sport. Bene anche Raffaella Battaglia, arrivata sesta con le altre azzurre nel torneo di Sitting Volley.

    Da queste parti, e non solo, se n’è parlato poco o non abbastanza. Perché, si sa – in fondo lo facciamo anche noi per pigrizia e convenienza – il calcio (maschile) di ogni livello, anche quando non ha niente da dire e da dare, mette in ombra tutto quello che non gli appartiene, persino le stelle più luminose.

    Di conseguenza, voto 10 alle stelle cadenti e 0 a tutti noi che le guardiamo senza esprimere mai desideri veramente rivoluzionari.

    Francesco Veltri