Categoria: Fatti

  • Sanità allo sbando, accreditamenti «fuori controllo»

    Sanità allo sbando, accreditamenti «fuori controllo»

    Il Settore Accreditamenti della Regione, quello che gestisce i rapporti tra sanità pubblica e privata, «è fuori controllo». A metterlo nero su bianco è Remo Pulcini (Agenas) nel report inviato al ministero della Salute e realizzato in collaborazione e su indicazione del dirigente del Settore 2, Francesca Palumbo. Pulcini staziona nella Cittadella in qualità di esperto inviato dall’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali, a supporto della struttura commissariale guidata da Guido Longo.

    La grande fuga

    La guida del settore 2 della Cittadella di Germaneto non sembra un posto ambito, anzi. Molti scappano, altri fanno di tutto per starne alla larga. Palumbo è stata trasferita d’ufficio lì con decreto del presidente facente funzioni Nino Spirlì. Ma ha capito subito, come tanti altri, che il suo ruolo da dirigente non sarebbe stato affatto semplice. A marzo del 2021 partecipa all’avviso interno della Regione Calabria, passando poi al dipartimento Agricoltura. Prima di lei aveva mollato il tellurico Settore 2 anche Francesco Bevere, direttore generale di allora.

    Il report sugli accreditamenti

    Il documento di Palumbo e Pulcini evidenzia come il Settore sia ai limiti del collasso, costretto ad affrontare «gravi criticità». L’aggettivo non è speso a caso, l’elenco dei problemi comprende, infatti, un «ingente arretrato di varia tipologia; nessun criterio logico organizzativo; tempistica di conclusione dei procedimenti non rispettata con inevitabile contenzioso; pratiche incomplete o introvabili; istruttorie avviate con parziale documentazione».

    Le raccomandazioni dell’Anticorruzione

    Anche l’Anac ha segnalato nel 2020 una serie di criticità in merito all’attività di controllo sulle strutture sanitarie accreditate. Nel documento inviato, tra gli altri, anche al presidente Nino Spirlì, l’Anticorruzione raccomandava «la previsione di meccanismi non automatici di rinnovo del contratto ma legati alla verifica della performance, anche in termini di risultati e qualità del servizio offerto». Il suggerimento non sembra avere avuto fortuna.

    «Caos amministrativo»

    Già il 26 gennaio 2021 la stessa Palumbo rispondeva a una richiesta di accesso agli atti del consigliere regionale Carlo Guccione (Pd) evidenziando «il caos amministrativo già segnalato dalla stessa precedente dirigente ad interim». In merito agli elenchi chiesti dal consigliere, la Palumbo scriveva: «La ricognizione è approssimativa». Perché? «Non esiste archiviazione elettronica dei documenti, né fascicoli elettronici delle strutture, né sufficiente personale nel settore».

    Quattro accreditamenti su cinque scaduti 

    Il problema è che in quegli uffici si decide la destinazione – e la sua legittimità – di decine e decine di milioni di euro. Guccione snocciola numeri che mettono a nudo un sistema in tilt: «In Calabria le strutture sanitarie – pubbliche e private – con accreditamenti validi sono solo 86. Quelli scaduti sono 422, mentre solo 142 hanno presentato istanza di rinnovo». Il democrat sintetizza così il dato che ne emerge: «Più dell’80% delle strutture opera in regime di illegittimità per colpa degli uffici del Settore 2, accreditamenti e autorizzazioni, del dipartimento Tutela della Salute». Dati forniti dalla Regione stessa, difficile metterli in dubbio. Ma qualcuno dalla Cittadella dovrebbe spiegare come e perché siano possibili

  • Centro storico, tra il dire e il fare c’è di mezzo… il votare

    Centro storico, tra il dire e il fare c’è di mezzo… il votare

    Parafrasando Marx, potremmo dire che uno spettro si aggira tra le vecchie pietre del centro storico. È lo spettro delle chiacchiere, delle parole buttate, delle promesse dimenticate da chi le ha fatte, ma pure da chi le ha accolte. La memoria implacabile di quelle parole resta nell’abbandono dei vicoli, nella rassegnazione delle persone che li abitano, nelle macerie tutt’attorno. E, soprattutto, nel web. È lì che dobbiamo cercarle quelle parole rimaste vuote e scoprire che spesso sono del tutto bipartisan.

    Il parco acquatico affonda

    Come le parole trionfanti di Franco Ambrogio, epigono di una lunga storia legata al vecchio Pci, che da vice sindaco di Salvatore Perugini annunciava la nascita di un parco acquatico sul lungofiume. Era il 2011, mancava un mese alle nuove Amministrative. e il progetto prevedeva piscine, spazi ludici e attrattivi a poca distanza dal popolare quartiere dello Spirito Santo. «Sta nascendo – gongolava Ambrogio – il Central Park di Cosenza, nel verde delle colline, sulle sponde del Crati e del torrente Cardone, un complesso non solo sportivo che ingloberà le piste ciclabili già funzionanti, i campi da tennis e calcetto e che rappresenterà una grande risorsa per la città». Di quel progetto oggi restano tristi macerie abbandonate, strutture svuotate dal saccheggio dei vandali, emblema del degrado e delle risorse economiche buttate. Risorse cospicue, visto che solo la piscina, realizzata ma mai entrata in funzione, costò 2,5 milioni di euro.

    L’interno delle piscine comunali sul Lungofiume

    «Sta nascendo il Central Park di Cosenza, nel verde delle colline, sulle sponde del Crati e del torrente Cardone, un complesso non solo sportivo che ingloberà le piste ciclabili già funzionanti, i campi da tennis e calcetto e che rappresenterà una grande risorsa per la città»

    Non si è trattato solo di un fallimento politico. Quell’area ha finito per diventare la metafora dell’inerzia e dell’incapacità di una intera stagione amministrativa, ma anche imprenditoriale. La ditta che aveva vinto l’appalto è quasi finita sul lastrico per i ritardi del Comune, sia con Perugini che Occhiuto, nel pagare i lavori. Le condizioni in cui versano le strutture, ormai fatiscenti, sono tali da non rendere pensabile alcun recupero. Servirebbero cifre enormi per ripristinare la funzionalità della piscina e non varrebbe la pena. Il centro storico quindi ha visto nascere e subito morire il suo parco acquatico.

    Un mare di promesse sul fiume navigabile

    Questa fissazione del parco acquatico pare impossessarsi di chiunque vesta la fascia da sindaco. Anche Occhiuto ha spesso nutrito di oniriche fantasie l’immaginazione dei cosentini, annunciando ciclicamente la navigabilità del Crati. Ed ecco che dal sindaco architetto sono giunte promesse di paesaggi idilliaci, con sponde verdi e alberate, frequentate da cittadini gioiosi. Dulcis in fundo, canoe colorate che solcano le acque del fiume all’ombra del fiore all’occhiello della città: il ponte di Calatrava. Di rendering realizzati grazie alla grafica digitale ne sono circolati diversi, oggi sotto il ponte ci sono solo canneti. Questo non ha impedito al Comune di annunciare ben più di una volta l’avvio dei lavori. Per esempio nell’agosto del 2017, a seguito di un vertice tecnico, poi di nuovo nel gennaio del 2018 e più recentemente all’inizio del 2021. In quel caso però qualcosa era vero: le ruspe scesero nell’alveo del fiume, ma solo per pulirne gli argini.

    Le scale (im)mobili del centro storico

    Annunciare e non fare può essere una strategia per raccattare consenso, ma fare e poi abbandonare è suicidio politico. Una pratica che all’amministrazione Perugini riusciva alla grande: oltre al “Parco acquatico”, quella amministrazione realizzò anche delle opportune scale mobili in grado di unire comodamente via Padolisi alla Giostra Vecchia. Era il 2009, tempo di elezioni provinciali. E anche in quel caso si esultava «per un’opera che agevola l’accessibilità dei luoghi sia a chi li percorre quotidianamente sia ai visitatori occasionali». Ecco quindi la festosa inaugurazione, la benedizione dell’allora vescovo Nunnari, la presenza del Gotha del ceto politico. Quelle scale mobili, costate 700 mila euro, non sono mai entrate in funzione.

    Le scale di via Padolisi hanno funzionato solo durante l’inaugurazione

    I soldi delle periferie al salotto buono

    Da Perugini ad Occhiuto i destini del centro storico non sono mutati. Le opere realizzate e lasciate morire non sono state salvate dall’oblio. In compenso le dinamiche con le quali si sono diffusi gli annunci di nuove utili opere hanno acquisito modalità più efficaci al fine di conquistare consensi, diventando la cifra caratterizzante degli anni di governo di Occhiuto. L’attuale sindaco ha presidiato i social network usandoli per divulgare capillarmente le nuove progressive sorti che ci attendevano attraverso animazioni grafiche fantasmagoriche, capaci di fare sognare una città nuova e diversa.

    Nel 2017, per esempio, Occhiuto parla della “Cosenza che verrà”. E alimenta le speranze nei cittadini delle periferie e particolarmente della città antica, anche perché il progetto si chiama “Riqualificazione urbana lungo il fiume Crati da Vaglio Lise al Centro Storico”. I fondi sono parecchi, la possibilità di una rinascita sembra ben fondata, ma le cose andranno diversamente. La Giunta però, col consenso muto, complice o distratto della maggioranza, delibera di spendere quei soldi altrove. Serviranno per pavimentare la parte finale di corso Mazzini e poi di corso Umberto. Lo scopo ufficiale è «riconnettere il tessuto urbano centrale con quello periferico». Le periferie sono dimenticate, la città storica beffata, il denaro dirottato per abbellire il salotto buono. Quei lavori ancora oggi non sono ultimati, anche a causa di interdittive antimafia.

    Universi paralleli e palazzi cassonetto

    Ma che le parole fossero un universo separato dai fatti si era ben visto anche prima. Per esempio nel 2016 lo stesso Occhiuto, in piena campagna elettorale, parlava della «rinascita commerciale del centro storico, del museo di Alarico e della Biblioteca civica che abbiamo salvato». Oggi corso Telesio versa nell’abbandono e solo qualche giorno fa, a causa dell’ennesimo crollo, non era transitabile, mentre il museo di Alarico è soltanto quel che resta dell’Hotel Jolly e infine la Civica è agonizzante.

    I resti dell’ex Hotel Jolly

    Per non parlare del quartiere Santa Lucia, per il cui risanamento Occhiuto nel settembre del 2017, affermava: «Abbiamo voluto incontrare la stampa e tutte le associazioni del centro storico perché la ripresa di questi luoghi è una nostra priorità». Quel giorno aveva al suo fianco il suo vicesindaco, Jole Santelli, che qualche anno dopo sarebbe diventata presidente della Regione. In quell’incontro Occhiuto promise la rinascita del quartiere, interventi di consolidamento delle case, sostegno verso il disagio sociale e contro la povertà, una migliore vivibilità e igiene urbana. Nel 2019 gli abitanti del quartiere scrivevano al sindaco una lettera. Cominciava così: «Santa Lucia è oggi tristemente famosa soprattutto per i suoi palazzi cosiddetti cassonetto».
    Alla fine, per Cosenza vecchia, così come per ogni altra area periferica, è sempre una questione di soldi: quelli promessi, quelli mai arrivati, quelli usati per altro.

  • Archimede, indagati e destinatari delle misure cautelari

    Archimede, indagati e destinatari delle misure cautelari

    Archimede è il nome dell’operazione coordinata dalla Procura di Paola -guidata da Pierpaolo Bruni – e condotta dai carabinieri della compagnia di Scalea, sotto il comando del capitano Andrea Massari. In dieci sono i destinatari di misure cautelari. Gli inquirenti ipotizzano una serie di condotte collusive e fraudolente. Compreso il ricorso ad appalti spezzatino e allo smaltimento dei fanghi di depurazione senza adeguato trattamento nei terreni agricoli.

    In quattro agli arresti domiciliari

    Quattro persone sono finite agli arresti domiciliari: Tiziano Torrano, Pasqualino De Summa, Giuseppe Maurizio Arieta e Maria Mandato. Coinvolta in Archimede anche il sindaco di San Nicola Arcella, Barbara Mele. Per lei obbligo di presentazione e firma alla polizia giudiziaria. Albina Rosaria Farace e il tecnico dell’Arpacal, Francesco Fullone, sono stati sospesi dall’esercizio del pubblico ufficio per 12 mesi.

    Per Enzo Ritondale e Renato La Sorte disposti rispettivamente il divieto di contrarre con la pubblica amministrazione per 12 mesi e per 6 mesi. Vincenzo Cristofaro raggiunto dal divieto di esercitare la professione di ingegnere per 12 mesi. Sono indagati a vario titolo anche Alberto De Meo, Francesco Astorino, Giovanni Amoroso, Giovanni Palmieri, Giuseppe Oliva, Vincenzo Perrone, e Virgilio Cordero.

  • A scuola di truffa: le “Note dolenti” di Cinquefrondi

    A scuola di truffa: le “Note dolenti” di Cinquefrondi

    La scuola come un’azienda. Dove, quindi, è possibile truffare per proprio tornaconto. È un vero e proprio “sistema” quello che avveniva all’interno dei Liceo Musicale di Cinquefrondi. A farlo emergere, un’inchiesta della Procura della Repubblica di Palmi, eseguita dai carabinieri. “Note dolenti” il nome del fascicolo. Iscritte nel registro degli indagati cinque persone. Insegnanti, ma anche lo stesso dirigente scolastico del plesso.

    Indagata la preside

    Falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici, truffa ai danni del Ministero dell’Istruzione e abuso d’ufficio i reati contestati dal pubblico ministero Daniele Scarpino. Gli inquirenti parlano di «un illecito sistema di false, forzate e irregolari iscrizioni di studenti finalizzato a indurre in errore le articolazioni territoriali del Ministero della Pubblica Istruzione». Tutto «per costituire le prime classi anche senza un numero minimo di iscritti, o falsificando o non svolgendo le prove obbligatorie di ammissione, e quindi consentendo un ingiusto profitto di retribuzione ad alcun insegnanti».

    Tra le persone indagate, Francesca Maria Morabito, dirigente scolastico del plesso di Cinquefrondi, a sua volta costola del Liceo “Giuseppe Rechichi” di Polistena. Morabito, due mesi fa, è stata eletta presidente dell’Accademia di Belle Arti di Reggio Calabria. Dai dati ufficiali riportati su istruzione.it, emerge come il Liceo di Cinquefrondi abbia cinque classi per 69 alunni. Una media di 13 alunni per classe.

    L’ingiusto vantaggio in almeno due anni scolastici

    Analisi documentali e testimonianze per ricostruire le condotte, che si sarebbero perpetrate nel corso di almeno due anni scolastici. Le indagini avrebbero dimostrato come nei test attitudinali di ingresso per l’anno scolastico 2019/2020, la commissione esaminatrice, composta dal dirigente scolastico e altri docenti in servizio presso l’istituto formativo, abbia falsificato il verbale pubblico di commissione.

    Sarebbe stata attestata l’idoneità di alcuni alunni che neanche si erano presentati alle prove valutative. Successivamente, al fine di avere un numero minimo di studenti, gli stessi alunni sarebbero stati forzatamente iscritti alla classe prima. Così il Ministero dell’Istruzione sarebbe caduto in errore. Nelle successive comunicazioni, infatti, la classe risultava composta da un numero di studenti superiore a quello reale. E così, si stilava un orario di lezioni comprensivo di ore di insegnamento per alunni in realtà inesistenti.

    Una circostanza che si sarebbe ripetuta anche nel successivo anno scolastico, il 2020/2021. In questo caso, la dirigente scolastica, nonostante uno specifico obbligo di legge, non avrebbe consapevolmente costituito la commissione esaminatrice e non indetto le preordinate prove per la verifica delle competenze musicali degli aspiranti studenti. Questa, infatti, è una condizione necessaria ai fini dell’iscrizione. Così facendo, quindi, la dirigente scolastica avrebbe formalmente istituito la classe. Ma era solo una formazione “di carta”, che avrebbe così permesso ingiusti vantaggi patrimoniali ad insegnanti non di ruolo. In un caso, addirittura, la stessa dirigente si sarebbe illegittimamente sostituita all’identità di un genitore di una alunna minorenne. Tutto al fine di compilare e registrare fittiziamente la domanda di iscrizione.

    Pubblica istruzione da spolpare

    Nella provincia di Reggio Calabria sono numerose le scuole costrette a chiudere i battenti per la mancanza di numeri richiesti, come abbiamo mostrato con il reportage di Vincenzo Imperitura sulla Locride. Così si accorpa l’intero percorso formativo in un’unica classe. Soprattutto per quanto concerne le scuole medie. Diverso quanto accaduto al Liceo Musicale di Cinquefrondi.

    Sì, perché tale sistema/meccanismo avrebbe comportato un ingiusto profitto in favore di alcuni insegnanti, anche non di ruolo. Retribuzione stipendiale per lezioni individuali mai effettuate, oltre che ulteriori eventuali vantaggi in termini di punteggi e graduatorie. Così, dunque, la Pubblica amministrazione, anzi, la Pubblica istruzione, diventa una mammella da succhiare, una torta da dividere, carne da spolpare. Grazie una gestione burocratica e amministrativa illecita, che avrebbe portato illegittime retribuzioni ad insegnanti ed altri docenti, di ruolo o non. Una illecita alterazione del sistema di assunzione, distribuzione e pagamento delle ore di insegnamento.

  • Depurazione, dieci misure cautelari nel Tirreno cosentino

    Depurazione, dieci misure cautelari nel Tirreno cosentino

    Stamane i carabinieri della compagnia di Scalea hanno eseguito dieci misure cautelari. Coinvolti anche un sindaco, un tecnico dell’Arpacal, imprenditori e tre funzionari degli uffici tecnici dei Comuni dell’Alto Tirreno cosentino.
    L’indagine, coordinata dal procuratore di Paola, Pierpaolo Bruni, riguarda una serie di illeciti in relazione a procedure ad evidenza pubblica nel settore della depurazione.

    Si ipotizzano condotte collusive e fraudolente finalizzate ad avvantaggiare uno o più operatori economici con riguardo ad appalti e affidamento di servizi in diversi comuni dell’Alto Tirreno Cosentino, anche in violazione dei criteri di rotazione nell’affidamento di lavori e aggirando il dovere di effettuare indagini di mercato.

    Dalle indagini emerge la condotta di taluni imprenditori che avrebbero violato gli obblighi contrattuali assunti con comuni della fascia tirrenica con riguardo ad appalti afferenti la gestione e la manutenzione dell’impianto di depurazione e degli impianti di sollevamento e hanno smaltito fanghi di depurazione senza adeguato trattamento nei terreni agricoli anziché mediante conferimento in discarica autorizzata, talora anche attraverso lo sversamento del refluo fognario in un collettore occulto.

    In alcune circostanze sono state immesse nelle acque sostanze chimiche in assenza di un preciso dosaggio rapportato alle caratteristiche microbiche delle acque, con la finalità di occultare la carica batterica delle acque prima dei previsti controlli, la cui esecuzione veniva in anticipo e preventivamente comunicata al soggetto da controllare da parte di un tecnico dell’Arpacal che, violando il segreto d’ufficio, concordava direttamente con i gestori degli impianti di depurazione le modalità di esecuzione dei controlli, oltre che la scelta del serbatoio da verificare, così determinando una alterazione della genuinità delle analisi effettuate.

    I dettagli dell’operazione saranno spiegati questa mattina alle 11:00 in una conferenza stampa alla quale parteciperanno il procuratore della Repubblica di Paola, Pierpaolo Bruni, il comandante provinciale di Cosenza, colonnello Piero Sutera, ed il comandante della Compagnia di Scalea, capitano Andrea Massari.

  • Ponte o traghetti? Sullo Stretto resta puzza di ‘ndrine

    Ponte o traghetti? Sullo Stretto resta puzza di ‘ndrine

    Una delle obiezioni più pratiche che oppongono i “no ponte sullo Stretto” è quella della sua inutilità per il collegamento delle due sponde dello Stretto. Basterebbe, a detta di costoro, implementare una rete efficace di traghetti e trasporto marittimo. Sulla carta, certamente un’idea condivisibile. Ma la pratica è ben altra cosa. La società Caronte & Tourist che si occupa del servizio di traghettamento dello Stretto da Villa San Giovanni a Messina, opera di fatto in regime di monopolio da decenni. Questo, ovviamente, comporta costi molto alti per l’attraversamento. Per intenderci, un biglietto di andata e ritorno per un’utilitaria arriva a costare 40 euro per il percorso nelle 24 ore. E il prezzo sale ancor di più se lo stacco tra un viaggio e l’altro si allunga.

    Ma c’è dell’altro rispetto al tema del ponte sullo Stretto e dei traghetti. La società, valutata mezzo miliardo di euro, è recentemente finita in amministrazione giudiziaria in seguito a un’indagine condotta dalla Dda di Reggio Calabria. I pm antimafia reggini sostengono che la ‘ndrangheta abbia infiltrato la Caronte&Tourist. In particolare, le potenti famiglie Buda e Imerti, già protagoniste della seconda guerra di ‘ndrangheta, avrebbero da tempo controllato quasi tutto. Parliamo infatti dell’azienda più grande che opera sul territorio reggino, con circa 1200 dipendenti. La Caronte & Tourist ha un capitale sociale di euro 2.374.310,00 e vanta numerose partecipazioni in altre società, insieme alle quali svolge, in massima parte, servizi di navigazione. Non solo sullo stretto di Messina, ma anche in ulteriori tratte tra la Sicilia e altre destinazioni. Il provvedimento emesso dai magistrati è mirato proprio a “bonificare” i vari settori su cui le cosche avrebbero esteso i propri tentacoli: dalla ristorazione alla ditta per le pulizie e la disinfestazione.

  • Guarascio, il signore dei rifiuti andato nel pallone

    Guarascio, il signore dei rifiuti andato nel pallone

    Non ci sono più gli imprenditori di una volta. In provincia è finito il tempo in cui qualcuno inventava un prodotto o un servizio, lo lanciava sul mercato e se aveva successo ne traeva profitto, dando lavoro in maniera più o meno onesta a un po’ di persone. Dalla fine dello scorso millennio ovunque si è affermata una nuova leva di aziende che fanno dell’intermediazione il loro punto di forza. Assorbono risorse pubbliche per ruminarle in attività indipendenti dalla forbice tra domanda e offerta. In Messico li chiamano “coyote”.

    Le fonti di energia più o meno rinnovabili, lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani, il calcio e la sanità hanno tra di loro qualcosa in comune. Essendo beni e servizi che comportano una domanda inesauribile, le imprese impegnate in questi settori possono dettare le condizioni dell’offerta. È la più classica delle cornucopie.
    A quale delle due tipologie di imprenditori appartiene Eugenio Guarascio? A quella classica, dei produttori di farina, vino o liquori, che in provincia di Cosenza non sono mai mancati? Oppure alla nuova leva delle imprese sagaci? Egli stesso, nella sua autobiografia, così ama definirsi: «lungimirante».

    Calcio e spazzatura, un binomio ad alto rischio

    Tutti sanno che esiste un forte legame tra il football cosentino dell’era Guarascio e lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani. Proprietaria del Cosenza Calcio è infatti la 4el Group, con sede a Lamezia Terme. Come tutte le holding, essa controlla altre società che possono far parte di un unico processo produttivo oppure operare in settori indipendenti. Ed è proprio qui che sta il problema.

    L’errore più grave che il signor Guarascio abbia commesso in questi anni consiste nel “modus operandi”, per usare un termine caro a un’altra delle società da lui guidate: la Hexergia che mette a disposizione il suo «know how, come general contractor, per realizzare insieme alle imprese locali l’efficientamento energetico richiesto dal superbonus 110%».

    Sempre nobili propositi, quindi, subordinati però alla circolazione di fondi pubblici. Pensare di poter gestire una società di calcio come un’azienda di smaltimento dei rifiuti è un atto di presunzione. Già tanti, in altri contesti geografici, lo hanno pagato caro. E con essi, soprattutto, a farne le spese sono state le tifoserie legate ai colori di quelle società. Retrocesse, fallite, in alcuni casi cancellate dal panorama calcistico nazionale.

    La strana coppia

    Fu il sindaco Mario Occhiuto, all’inizio dello scorso decennio, a instradare male Guarascio. Gli propose di assumere la guida di un cammino, quello del Cosenza Calcio, che da ormai tanti anni sbandava tra fallimenti, inchieste giudiziarie e conduzioni avventuriere. L’appalto da circa 8 milioni di euro per lo smaltimento dei rifiuti, a suo tempo aggiudicato alla società Ecologia Oggi di Eugenio Guarascio, certificava la sua capacità potenziale di “far girare i soldi”. E chi, se non un uomo dotato di questa disponibilità economica, potrebbe accollarsi un’impresa ardua come una società calcistica dalla tormentata storia recente? Occhiuto ha però tralasciato di spiegare a Guarascio che il football è una cosa, l’immondizia un’altra.

    La trattativa tra Guarascio e… Guarascio

    Anche il calcio produce energia rinnovabile, ma è una fonte sociale. Oltre a denaro e pallonate sforna simboli, miti, relazioni, linguaggi e comportamenti non sempre monetizzabili. Ed è l’unico campo della vita pubblica e dell’economia sottoposto al controllo popolare. Se in Italia la politica, la sanità e la scuola riscuotessero lo stesso livello di attenzione e monitoraggio che la cittadinanza riserva al calcio, questo Paese forse potrebbe divenire una democrazia meno incompiuta. È improbabile che un gruppo spontaneo di cittadini si organizzi per studiare il bilancio del Comune di Cosenza. Di solito si delega questo compito ai consiglieri, la maggioranza dei quali lo fa poco e male.

    «È opportuno aver dato corso alla transazione su una parte di credito vantato dal Cosenza Calcio nei confronti di Ecologia Oggi, tuttora top sponsor della società, derivante appunto da sponsorizzazione, di ben 450mila euro? In pratica si è fatta una transazione con se stesso, del tutto lecita per carità, ma opportuna?»

    Invece nulla sfugge ai tifosi sinceri. Inchiodanti, tanto per formulare un esempio, sono le domande di recente poste dal blog La Bandiera rossoblù a Eugenio Guarascio in merito al bilancio della società rossoblu nel 2018: «È opportuno aver dato corso alla transazione su una parte di credito vantato dal Cosenza Calcio nei confronti di Ecologia Oggi, tuttora top sponsor della società, derivante appunto da sponsorizzazione, di ben 450mila euro? In pratica si è fatta una transazione con se stesso, del tutto lecita per carità, ma opportuna? […] Presidente, da un’attenta analisi dei conti societari si evince che, a fronte di un risparmio maniacale sul lato sportivo che ha contraddistinto il Suo operato da quando è amministratore del Cosenza Calcio, certificato dai budget più bassi della categoria che annualmente mette a disposizione dei Suoi collaboratori, si registra probabilmente uno spreco in altri settori, dove i costi per servizi e oneri diversi di gestione rappresentano quasi la metà delle uscite societarie e risultano essere di gran lunga superiori rispetto a società che hanno costi più consistenti».

    Mario & Eugenio, nemiciamici

    Ecco perché Occhiuto avrebbe dovuto essere più chiaro col suo amico Eugenio tanti anni fa, a costo di apparire brusco e perentorio. Invece, il loro sodalizio non è mai entrato davvero in crisi. I rapporti tra i due non si sono incrinati tutte le volte che Ecologia Oggi ha tardato nel retribuire i suoi dipendenti. Né quando la città ha vissuto giornate di emergenza nella raccolta dei rifiuti. Guarascio ha scaricato le responsabilità su Palazzo dei Bruzi, che in questi anni di soldini gliene ha versato tanti, al di là dei fisiologici e congeniti ritardi della pubblica amministrazione. La base d’asta del capitolato d’appalto prevede 6.696.321 euro solo per la retribuzione del personale. Ai costi di gestione delle attrezzature (mastelli, carrellati ecc.) sono destinate 152.943 euro. Soltanto per le buste se ne spendono 252.240 e 1.351.787 in automezzi.

    Il loro rapporto di amicizia si è ricomposto anche dopo lo scaricabarile in mondovisione, all’indomani della figuraccia galattica rimediata il 1° settembre 2018, quel Cosenza-Verona che avrebbe dovuto consacrare il ritorno della città in serie B, invece non si disputò e finì 3-0 a tavolino per gli scaligeri a causa dell’impraticabilità del manto erboso, un evento inedito nella storia del calcio italiano.

    Il progetto del nuovo stadio del Cosenza

    E Mario ed Eugenio non hanno litigato nemmeno quando il sindaco propose all’imprenditore un oneroso investimento nel project financing che avrebbe dovuto partorire il nuovo stadio “San Vito-Marulla” a gestione privata. Il progetto sfumò forse anche per l’incapacità di trovare un attore locale. Del resto, Guarascio era stato chiaro sin dall’inizio. Lui di calcio capisce poco e niente. Avrebbe svolto il suo “compitino” riportando la squadra nel professionismo ma lasciandola galleggiare. Si sarebbe guardato bene dall’effettuare spese pazze, badando soprattutto a mantenere in equilibrio il bilancio societario.

    Cambia la categoria, non il modus operandi

    La svolta è avvenuta inattesa, quasi per caso o comunque in conseguenza di quello che all’unanimità è stato definito un “miracolo sportivo”: la promozione in serie B del Cosenza 2017-18, allenato da mister Braglia. È stato a quel punto che Guarascio s’è reso conto di quanto possa divenire redditizio questo “settore” della sua holding.

    Peccato, però, che abbia coltivato l’assolutistica pretesa di mutuare il modus operandi dalla sua impresa attiva nello smaltimento dei rifiuti: poche le risorse impegnate nella valorizzazione del personale e nella comunicazione, scarsissimo rischio negli investimenti, strategia del salvadanaio, massimo del risultato da ottenere col minimo sforzo economico. Nei rifiuti questo è possibile, nel calcio no.

    Tutta colpa dei cosentini

    Sia Guarascio che Occhiuto diranno che se in città la raccolta differenziata non sempre è svolta in modo “europeo”, e le nostre strade spesso sono punteggiate da mini-discariche condominiali, la colpa non è né del Comune né di Ecologia Oggi. Ma a entrambi bisognerebbe chiedere se le campagne di sensibilizzazione pubblica per favorire il corretto svolgimento della raccolta differenziata, previste e finanziate dal capitolato d’appalto, siano state effettuate davvero in modo incisivo. Perché è chiaro che se la cittadinanza fosse stata educata alle buone pratiche, maggiore sarebbe la domanda di mastelli, sacchetti per il conferimento e ritiro degli oli esausti a domicilio.

    Se la richiesta dall’utenza non c’è, sebbene il servizio sia predisposto, l’erogatore non è tenuto a procedere con l’erogazione del servizio, quindi può risparmiare sui costi di lavorazione. Quanti mastelli e quante buste rimangono “nella pancia” di Ecologia Oggi perché nessuno ne fa richiesta? Eppure appaltante e appaltatore dovrebbero avere interesse a incentivare la differenziata. Nel capitolato Palazzo dei Bruzi riconosce a Ecologia Oggi detrazioni per 668.450 euro di ricavi annui derivanti dal conferimento di materiali riciclabili alle piattaforme Conai.

    A beautiful mind

    Riversare questa “filosofia” da imprenditore stop and go nel football è il vero peccato mortale del signor Guarascio. Nello smaltimento dei rifiuti solidi urbani, quando un dipendente è inviso ai superiori o poco compatibile con l’azienda, lo si licenzia. Nell’impresa del pallone questa prassi è impraticabile. Contano i risultati sul campo, altrimenti l’enciclopedia mondiale del calcio non conterrebbe le sacre icone di Paul Gascoigne e George Best. E dalle nostre parti, non avremmo mai potuto osannare talenti come Michele Padovano e Marco Negri.

    Nella valorizzazione dell’immondizia si può fare a meno di una figura geniale come Ilenia Caputo che aveva contribuito notevolmente a costruire il brand Cosenza Calcio. E si può rinunciare ad assumere un direttore generale. Nel football del terzo millennio si ha bisogno più di siffatte figure che del pallone per giocare. Ma questo a Guarascio nessuno lo ha spiegato. E siccome egli stesso definisce la propria mente «brillante e carismatica», è chiaro che ritiene di non aver bisogno di consiglieri.

    È un vero peccato. Quel che manca a lui come a tanti imprenditori del nostro tempo è una formazione umanistica. Se l’ecologico patron avesse letto Pasolini, Galeano, Desmond Morris o i nostri Francesco Gallo e Francesco Veltri, chissà, forse il Cosenza avrebbe meritato sul campo la permanenza in serie B.

  • Cognato del boss investito a Reggio, due arresti per tentato omicidio

    Cognato del boss investito a Reggio, due arresti per tentato omicidio

    Avrebbero provato a uccidere investendolo Giorgio (detto Franco) Benestare, cognato del boss Orazio De Stefano, e ora l’accusa per loro è di tentato omicidio, ricettazione e danneggiamento a mezzo incendio. Tutti reati con l’aggravante mafiosa. La Squadra mobile di Reggio Calabria ha arrestato Emilio Molinetti e Marco Geria, entrambi 31enni, e, rispettivamente, figlio e uomo di fiducia del boss Gino Molinetti, arrestato nell’operazione “Malefix”. A disporre l’arresto, un’ordinanza emessa dal gip su richiesta del procuratore Giovanni Bombardieri e dei pm della Dda Stefano Musolino e Walter Ignazitto. Secondo la Dda l’incidente sarebbe, infatti, l’atto finale di un piano premeditato.

    Il tentato omicidio

    Benestare, ritenuto un esponente di spicco del clan De Stefano-Tegano, era stato investito il 26 maggio nel quartiere di Archi. Stava percorrendo a piedi via Croce Cimitero quando un furgone Fiat Doblò bianco lo ha travolto procurandogli lesioni gravissime. L’ipotesi che si trattasse di un banale incidente stradale ha presto lasciato il posto a quella di un tentato omicidio programmato da tempo. E le immagini registrate dagli impianti di videosorveglianza hanno indirizzato gli investigatori su questa pista.

    Il bis mancato

    Molinetti e Geria, secondo l’accusa, avrebbero saputo della presenza di Benestare nelle vie di Archi. Così, dopo aver recuperato il furgone, rubato nei mesi scorsi, si sarebbero appostati per colpire al momento giusto. Benestare stava percorrendo una strada isolata, senza marciapiede, al momento dell’impatto col veicolo. I due, poi, avrebbero fatto inversione di marcia, per cercare di colpirlo una seconda volta. Un bis fallito soltanto perché il primo colpo aveva sbalzato la vittima in un piccolo ballatoio di fronte a un’abitazione.

    Le indagini hanno consentito di accertare anche il percorso di fuga dei 31enni accusati del tentato omicidio. Molinetti e Geria si sono allontanati verso Gallico, dove hanno abbandonato il mezzo nel greto del torrente Scaccioti. È lì che il furgone è stato ritrovato, incendiato, il giorno seguente. A breve distanza c’erano le targhe del veicolo, le stesse comparse nel video. A dare alle fiamme il Doblò è stato un soggetto arrivato sul posto a bordo di uno scooter con la targa coperta.

  • Metro e ospedale, prendi i soldi e spacca

    Metro e ospedale, prendi i soldi e spacca

    Molto rumore – e altrettanto denaro – per nulla, la storia recente di Cosenza ha per protagonisti i fantasmi delle opere pubbliche mai completate e le ambizioni personali dei politici che le hanno annunciate, spesso in concomitanza con appuntamenti elettorali. Simbolo principale (ma non unico) di questa stagione è la metro leggera, piatto forte dell’agenda politica bipartisan locale da un ventennio. L’idea risale a quando sulle due sponde del Campagnano regnavano Mancini e Principe. Socialisti entrambi ma rivali storici, per una volta si trovano d’accordo su una cosa: si fondano o meno in una città unica, Cosenza e Rende hanno bisogno di servizi integrati. Trasporto pubblico in primis, con buona pace delle aziende private che, di proroga in proroga, continuano a vedersi affidare dalla Cittadella i collegamenti tra i due comuni.

    Vent’anni dopo

    Da allora sono passati due settennati di programmazione Ue che consideravano strategica la metro, cinque presidenti in Regione (più due facenti funzioni), altrettanti alla Provincia, tre rettori all’università e quattro sindaci per ognuna delle due città, con quelli in carica entrambi al secondo mandato consecutivo. Dai circa 46 milioni di spesa ipotizzati a inizio millennio per realizzare la tranvia si è passati a 90, che sono diventati 160 al momento di fare la gara d’appalto . Ne servirebbero altri 50 però per completare l’opera, stando alle ultime comunicazioni tra Regione e Commissione europea, se mai lo si farà. Nessun binario montato finora, né alternative all’orizzonte. In compenso la sola progettazione definitiva è costata 3,9 milioni di euro fino al 2015. Ma andava completata ed ecco un altro milione e 630mila euro impegnato ad hoc nel 2016.

    Cambio di rotta

    Non un anno qualsiasi, ma quello della sfiducia al sindaco di Cosenza, Mario Occhiuto. Lascia Palazzo dei Bruzi a pochi mesi dal termine del suo primo mandato. Aveva cominciato nel 2011 proclamando di voler affiancare la Regione nel progetto della metropolitana e di sognare un viale Mancini attraversato dai tram. Si ripresenta agli elettori cinque anni dopo cavalcando l’onda anti-metro cresciuta in città. Nel nuovo programma scrive di voler sfruttare il vecchio rilevato ferroviario e non più il viale per il nuovo collegamento. Sono in tanti a credergli e votarlo per questo. Il sindaco rieletto blocca i tentativi della Regione di dare il via ai lavori, visto che nel frattempo un’Ati composta dalla ravennate Cmc e dalla spagnola Caf si è aggiudicata (da unica partecipante) la gara per la progettazione esecutiva e la realizzazione dell’opera.

    Il baratto tra Cosenza e Regione

    I ruderi dell’ex hotel Jolly, abbattuto per far posto al museo dedicato ad Alarico

    Va in scena il braccio di ferro tra Occhiuto e Mario Oliverio, all’epoca presidente della Regione. Quest’ultimo – insieme alla gauche locale, compreso il candidato democrat a sindaco Carlo Guccione – punta forte sulla metro in centro. Occhiuto, che coltiva ambizioni da leader politico della Calabria postoliveriana, parrebbe pensarla all’opposto. Ma nel 2017, tra lo stupore generale, baratta il suo ok al tram sul viale con altre opere complementari sparite quasi tutte dai radar poco dopo. Le uniche a partire saranno il museo dedicato ad Alarico nel centro storico e il Parco del benessere, proprio sul viale della discordia. Per il primo si è speso già quasi un milione e mezzo, impiegato per acquistare dall’Aterp e poi abbattere l’ex hotel Jolly, sulle cui ceneri dovrebbe sorgere, grazie ad altri tre milioni e mezzo, la struttura in onore del barbaro. Attirerà davvero turisti a Cosenza? Rivitalizzerà il quartiere? A quattro anni dall’accordo è un cumulo di macerie racchiuse tra le reti di un cantiere fermo. Lo scorso ottobre Palazzo dei Bruzi ha annunciato l’imminente ripresa delle attività. I fatti l’hanno smentito.

    Quer pasticciaccio brutto de viale Mancini

    Va peggio con il parco, che ha costretto a rimodulare a sua misura l’intero progetto della tranvia. Per ora pezzi aperti al pubblico senza collaudo si alternano ad aree chiuse e si è spesa già la metà dei 2,6 milioni previsti. Solo che l’altro milione e 300mila non basta più per finirlo. È recente la notizia di un nuovo impegno di spesa per ulteriori 2,8 milioni che dovrebbero permettere di consegnarlo alla città nel 2022. I cosentini lo attendono dal 2019. Scherzi del calendario, proprio l’anno in cui era attesa la sfida alle Regionali tra Occhiuto e Oliverio, entrambi trombati dai rispettivi alleati prima ancora del voto.

    I nuovi stanziamenti si aggiungeranno ad altri 5 milioni liquidati dalla Regione tra il 2018 e il 2020 per la metro che non c’è. E se quest’ultima saltasse definitivamente il conto rischia di aumentare parecchio, con Cmc e Caf a chiedere risarcimenti per i mancati guadagni legati all’appalto. In casi simili si parla sempre di almeno il 10% del suo valore complessivo, ossia un decimo dei 160 milioni alla base della gara vinta dall’Ati.

    I fondi dirottati

    Sventrare il viale ha creato non pochi problemi di traffico a Cosenza, forse li risolverà una bretella stradale parallela da 800mila euro rifinanziata insieme al parco. Puntare prima sul completamento di quella tornerebbe (o sarebbe tornato) più utile alla città? Chissà, per adesso il Comune pensa a completare il parco. Fatto sta che quest’ultimo, pur restando praticamente uguale, ha bisogno di essere riprogettato. Tant’è che il Comune ha affidato nelle scorse settimane un incarico da 17mila euro al fido – è stato già reclutato per progetti inerenti il verde pubblico e l’edilizia scolastica in passato- ingegner Antonio Moretti affinché provveda.

    Ma la metro si farà? Nel nuovo progetto sui lotti numero 1 e 2 del parco approvato dal Comune non ci sono riferimenti ai binari che dovrebbero attraversarlo. A difenderla pare rimasto solo Occhiuto, ormai agli sgoccioli di un’esperienza da primo cittadino in cui ha condotto il Comune ad un inedito dissesto. Il suo collega rendese Marcello Manna pare non contarci più e la Regione ha messo nero su bianco le proprie perplessità. Per ora le coperture finanziarie restano garantite da vecchi fondi Fsc, da cui si pensa di attingere anche nella programmazione 2021-2027 qualora si decida di perseverare. I soldi per la metro che erano nel Por 2014-2020, invece, sono stati dirottati (finora virtualmente) a Natale scorso sulla lotta al covid.

    Un tesoro per Cosenza nei cassetti

    Il progetto per il nuovo ospedale presentato nel 2016 da Occhiuto in campagna elettorale

    Denaro per la sanità cosentina, costretta ad affrontare la pandemia in condizioni disastrose, ce ne sarebbe stato comunque a iosa in realtà. È un tesoro da 375 milioni di euro destinato alla costruzione di un nuovo ospedale che sostituisca l’attuale, più altri 45 per trasformare il vecchio nosocomio. Anche su questo, però, la politica si è spaccata a ridosso delle scorse elezioni. Occhiuto voleva un polo sui colli che sormontano l’Annunziata, da demolire parzialmente e riconvertire in parco con annessa una facoltà di medicina che l’Unical non prevedeva ancora di istituire; il centrosinistra lo preferiva a Vaglio Lise lungo la statale Paola-Crotone, nei pressi della semideserta stazione ferroviaria, così da essere più baricentrico per l’intero territorio provinciale, con quello storico tramutato in una cittadella della salute dove raggruppare uffici e ambulatori di Ao e Asp oggi sparpagliati per la città.

    I diritti possono attendere

    Liquidati finora 330mila euro per lo studio di fattibilità sulla sua migliore ubicazione (individuata a Vaglio Lise, che si è imposto sulla soluzione di Occhiuto e una a Campagnano), tutto si è fermato. Sulla costruzione dell’ospedale, il relativo studio e altri appalti hanno acceso i fari Gratteri e i suoi. L’inchiesta si chiama Passepartout e per adesso alle accuse della Procura hanno fatto seguito solo proscioglimenti e assoluzioni con formula piena.

    Poi, dopo decenni di discussioni, l’Unical ha annunciato l’istituzione ad Arcavacata dell’agognata facoltà di Medicina. E subito Marcello Manna ha colto l’occasione per dire che il nuovo ospedale dovrà sorgere a Rende visto che l’ateneo è lì. Occhiuto invece, considerato che suo fratello è dato per favorito tra gli aspiranti presidenti della Regione, a sua volta ha ritirato fuori il suo progetto per l’ospedale. La famiglia e/o i campanilismi contano più delle valutazioni dei tecnici lautamente pagati, si direbbe.

    Il paradosso è che nell’area urbana, tra litigi vecchi e recenti, un nuovo ospedale è sorto, proprio a Vaglio Lise. Quello dell’Esercito però, spedito dal Governo a montarne in fretta e furia uno da campo spendendo un milione. In quello di Cosenza lo spazio per i pazienti covid, infatti, non bastava più. Al danno poco dopo si è aggiunta la beffa di veder convertiti quei tendoni in centro vaccinale, mentre all’ingresso dell’Annunziata la fila di ambulanze cariche di positivi si faceva interminabile. Per garantire il diritto alla salute e quello alla mobilità nell’area urbana ci sono circa 600 milioni di euro. E, infatti, i quattrini scorrono a fiumi. Per realizzare cosa, si vedrà.

  • Lo strano caso del dottor Tansi e di mister Carlo

    Lo strano caso del dottor Tansi e di mister Carlo

    Seguire le acrobazie politiche di Carlo Tansi può essere un’esperienza sensoriale di rara intensità, in cui si mescolano in parti uguali vertigini e divertimento.
    Già: le sfaccettature del personaggio sono tantissime, le sue contraddizioni pure. Difficile rintracciare una logica nella sua traiettoria (parlare di strategia sarebbe troppo). Impossibile venire a capo della sua comunicazione, semplice e caotica allo stesso tempo.

    Il sistema che t’incatena

    La traiettoria del principe dei geologi sembra essersi conclusa, per il momento, con la conferenza stampa Facebook del 17 luglio, in cui il Nostro si è più o meno “consegnato” ad Amalia Bruni.
    Le motivazioni di questo abbraccio abbondano di salti logici. Tansi, infatti, ha declinato la scelta con la consueta antipolitica: scienziata lei, scienziato lui, chi meglio di loro per dare alla Calabria il meritato destino di progresso?
    Eppoi, ha ribadito il Nostro, giusto per scansare qualche equivoco, il sistema va smantellato dall’interno e se non si sguazza nel fango non si verrà a capo di niente.

    Verrebbe voglia di dar ragione a lui e torto a quel cattivone di de Magistris, che ha reagito con toni e modi da verginella tradita e ha definito l’ex sodale un affamato di poltrone pronto a buttarsi tra le braccia di quella classe politica contro cui aveva detto di tutto e di più. Però i salti logici restano e occorre darne conto.

    Carlo Tansi detto Tanzi non era quello che non faceva coalizione con nessuno per non mescolarsi col “vecchio” e coi profittatori?
    E ancora: non era stato proprio Carlo Tansi detto Tanzi a coniare il Put, un acronimo da cantina sociale che significa Partito unico della torta ed è, appunto, sinonimo di sistema?

    Il percorso di Tansi

    L’abbraccio con la Bruni è iniziato verosimilmente a fine giugno ed è documentato da una serie di post sulla pagina Facebook di Tansi, uno più spassoso dell’altro.
    Il Nostro ha iniziato il 30 giugno, con una missiva inviata a Giuseppi Conte, studiata per profittare della crisi tra l’ex premier e Beppe Grillo: «Sarò al fianco di Conte se costituirà una nuova formazione politica».
    Col secondo post, del 5 luglio, Tansi ha osato di più: ha invocato una Grosse Coalition progressista per fermare il centrodestra di Roberto Occhiuto.

    Il 13 luglio l’arciduca dell’idrogeologia calabra ha iniziato a stringere sulla Bruni e si è detto disposto a mettere da parte l’autocandidatura a governatore. Uno sforzo non indifferente, data la mole e l’iperattività dell’ego tansiano.
    Il 14 luglio, il conte del Cnr ha proclamato urbi et orbi (più verosimilmente, tra Pollino e Stretto) il buon esito dell’incontro con la Bruni.
    Non serve davvero raccontare oltre: chi vuol saperne di più, vada sui profili social del Nostro, dove le occasioni di divertimento non mancano.

    La tansimania

    Riavvolgere il nastro di questi due anni di tansimania, coltivata dal principe dei geologi calabresi, può essere un’esperienza istruttiva su come il civismo e il giustizialismo antipolitico possano essere mezzi politici per far politica. Cioè, in molti casi, per prendere la classica greppia, disprezzata solo se vi aggrappano gli altri.
    Per fare ciò è necessario rispondere a un’altra domanda: cosa ha spinto un brillante ricercatore del Cnr, tra l’altro coccolato dai media, a sporcarsi le mani con la politica? E ancora, cosa ha trasformato il sorridente e piacione “scienziato della porta accanto” in un feroce fustigatore dei (mal)costumi politici altrui? Cosa ha propiziato la metamorfosi di un rotariano doc in Masaniello ’i nuavutri e mangiamassoni?

    Una risposta possibile potrebbe essere: la lunga frequentazione di quegli ambienti politici e sociali su cui ora lancia saette. Una frequentazione da cui ha avuto ruoli e visibilità, ma conclusasi con un trauma: la defenestrazione dalla Protezione civile calabrese, di cui era stato alla guida durante l’amministrazione regionale Oliverio.
    È questo lo spartiacque tra Doctor Carlo e Mr Tansi detto Tanzi.

    La parabola di Tansi

    Indisciplinato come tutte le personalità autoritarie, insofferente a qualsiasi mediazione, indisponibile a qualsiasi confronto in cui non la spuntasse. Tansi detto Tanzi aveva fatto irruzione sulla scena politica calabrese nella canicola estiva del 2019 in maniera a dir poco rumorosa, violando tutti i precetti basilari della comunicazione politica.

    Ha invaso Facebook, trasformandolo in un’arena virtuale da cui sparare a zero sugli avversari, reali, potenziali e virtuali.
    Si è parlato addosso un po’ ovunque e sempre ad alto volume. Ha scansato con zelo ogni tentativo di dialogo politico che contrastasse con il suo obiettivo dichiarato: diventare presidente della Regione. Ovviamente, per fare la rivoluzione e trasformare la Calabria in una specie di California del Mediterraneo.

    L’obiettivo percepito, e probabilmente reale, era un altro: entrare in Consiglio regionale purchessia, con costi e impegno minimi. Infatti, oltre che a guida (verrebbe da dire: Duce) della propria coalizione, si era candidato anche come capolista della sua Tesoro Calabria nella circoscrizione di Cosenza.
    E aveva sfiorato il colpaccio, grazie alla coincidenza miracolosa di tre fattori.

    Il primo, prevedibilissimo, è stato il collasso del centrosinistra e dei cinquestelle calabresi, incapaci di far coalizione persino con se stessi.
    Il secondo, anch’esso prevedibile, è stato la contrazione dei votanti, che gli ha reso possibile sfiorare con non troppi voti la soglia dell’otto per cento.
    Il terzo è stato l’effetto novità, che ora ovviamente non c’è più.

    Il tempo di sopravvivere a un gossip pruriginoso d’inizio estate 2020 e di riprendersi da un fastidioso problema di salute, il Nostro si è rimesso in pista per le Regionali subito dopo la tragica scomparsa della ex presidente Jole Santelli.
    Tansi è rientrato con gli stessi metodi e forse con la speranza di ottenere quegli zerovirgola in più che gli consentirebbero di sedere in Consiglio e diventare collega dei membri del Put.

    Perciò è partito a razzo a novembre, con una lite non leggera con Pino Aprile, non ancora direttore di testata ma leader politico meridionalista. La colpa di Aprile? Avergli detto durante un incontro che sarebbe stato meglio parlare prima di programmi, poi di coalizioni e solo dopo di candidature.

    La Regola Aurea

    L’autore di “Terroni” è stato il primo a fare le spese della Regola Aurea Tansiana e del suo corollario. Secondo questa regola il mondo si divide in tre categorie: Tansi, non Tansi, anti Tansi. Secondo il corollario, i non Tansi che non seguono Tansi diventano automaticamente anti Tansi. Per chiarire con un esempio, Tallini è senz’altro anti Tansi. Ma lo sono anche gli ex interlocutori, Aprile prima e de Magistris poi. Resta un dubbio su Roberto Occhiuto: è anti Tansi perché avversario politico o, più semplicemente, perché non se lo calcola?

    Stavolta, però, le cose si sono fatte più difficili: lo scatafascio del centrosinistra e dei cinquestelle è confermato, ma manca l’effetto novità. E, a proposito di populismo e giustizialismo, è sceso in campo il molto più attrezzato (e apprezzato) Luigi de Magistris. Che, a differenza di Tansi, mastica e pratica la politica per davvero.
    In questa situazione, il principe dei geologi naviga a vista tra una contraddizione e l’altra, sperando che gli elettori calabresi, notoriamente privi di memoria storica, non se ne accorgano. Sempre a proposito di de Magistris: come si metterà Tansi se il retroscena del dialogo a distanza tra il sindaco di Napoli ed Enrico Letta dovesse portare a un dialogo politico?

    Comunque vada sarà (in)successo

    A furia di fare e disfare, Tansi è rimasto più o meno isolato. Ed ecco perché ha cercato aperture a Roma (che sarà “ladrona” e “padrona” ma fa sempre comodo) magari attraverso Conte. Ed ecco perché, dopo aver parlato di Put a tutta forza, ha lanciato l’idea di una Santa Alleanza anti Occhiuto, in cui è entrato effettivamente, della quale si può dare un’interpretazione tutto sommato in linea col personaggio: accoglietemi e scurdammoce ’o passato.

    Intanto, gli osservatori più accreditati danno il ricercatore del Cnr in progressivo sgretolamento. E lui, giustamente, reagisce e resiste come può.
    L’augurio di continuare e perseverare è il minimo. Di sicuro non avrà successo, ma almeno è divertente.