Categoria: Fatti

  • Interdisciplinarità, ecco l’Unical che fa quadrato

    Interdisciplinarità, ecco l’Unical che fa quadrato

    «Scienziate e scienziati di ogni dove, prendete posto», esordiscono Sonia Floriani e Vincenzo Carrieri nel dare il via al secondo appuntamento organizzato dal Dispes dell’Unical (il primo incontro si era svolto Giovedì 16 Maggio) sul tema della interdisciplinarità. L’ “ogni dove” cui fanno riferimento i due docenti riguarda proprio i mondi accademici diversi da cui provengono i relatori che hanno tracciato il percorso di questo secondo viaggio attraverso i confini tra le scienze.

    Alan Turing pioniere dell’interdisciplinarità

    Una esplorazione avventurosa, visto che ci porta fino a Turing, che tutti conoscono per aver contribuito in modo determinante a decifrare codici militari nel corso della Seconda guerra mondiale. Eppure lo scienziato inglese nelle parole di Gianluigi Greco, direttore del Dipartimento di Matematica e Informatica, diventa subito una specie di sintesi di una completa forma di interdisciplinarità. A dare la prova di tale “pluralità” di sguardi è la lapide di Turing, che ricorda come lui sia stato un matematico, il padre della “Computer science”, un appassionato di Logica e alla fine purtroppo anche vittima del pregiudizio e dunque suo malgrado testimone di uno dei fenomeni massimamente studiati dalle Scienze sociali. Siamo certi che quest’ultimo aspetto Turing se lo sarebbe volentieri evitato, ma il fatto che la sua figura sia stata riscattata dall’immeritato oblio cui era stata relegata è il segno di come le società mutino. Il ragionamento interdisciplinare proposto da Greco porta Turing ad avere buoni compagni di viaggio, da Pitagora a Chomsky (in questi giorni vittima di una fake sulla sua morte), fino a Godel: numeri, logica, linguaggi, significati. Cose apparentemente separate e invece vicinissime, se si ha il coraggio di superare le iperspecializzazioni disciplinari.

    Le sinergie già in campo tra Ematologia, Farmacia e Informatica

    Greco però da scienziato “duro” resta aderente ai fatti e racconta di come l’interdisciplinarità possa avere molte facce, forme differenti di collaborazione tra ambiti di ricerca e cita esempi concreti, come la sinergia tra il mondo dell’Informatica, la facoltà di Farmacia e il reparto di Ematologia dell’ospedale di Cosenza. Ma questo è il presente, il tempo che deve venire è proiettato sullo schermo, quando Greco manda il trailer di un film fatto assieme da registi e informatici utilizzando l’AI e che affronta l’ipotesi che un giorno le macchine si ribellino all’uomo.

    L’uomo tra biologia, genetica e influenze sociali

    A proporre un tema complesso, eppure necessario sono arrivate le parole del filosofo Felice Cimatti, raccontando l’esperienza scientifica di Giorgio Prodi, che da medico ha indagato l’origine per così dire “biologica” dei significati. Un tema che mischia l’antropologia fisica, la chimica e la semantica, cercando di capire se il significato che noi attribuiamo alle cose tramite il linguaggio o i segni, sia solo il prodotto di sedimentazioni culturali oppure se abbia anche basi appunto biologiche. Cimatti, attraverso gli studi di Prodi , propone di cercare anche tramite uno sguardo medico- biologico, l’origine di fenomeni che crediamo solo sociali. Del resto che l’ambiente, inteso come la somma delle condizioni sociali e naturali in cui agiamo, influenzi le nostre vite è ben noto, anche sul piano propriamente genetico. A spiegare come il mondo e il modo in cui viviamo siano importanti è Giuseppe Passarino, genetista e Direttore del Dipartimento di Biologia, Ecologia e Scienze della Terra. Lo scienziato ha spiegato come l’essere umano sia una cosa complessa, determinata certamente dal Dna e da fattori ereditari e tuttavia un ruolo importante lo hanno svolto il caso e anche i modi di costruire relazioni sociali. Nell’intervento di Passarino  la spiegazione rigorosa dell’origine della vita si sovrappone a punti di osservazioni tipicamente legati alle esperienze della ricerca sociale, in particolare al presente distopico specifico del capitalismo della sorveglianza, che con algoritmi previsionali può trasformare in merce le nostre caratteristiche genetiche. E qui entra in gioco l’antica questione circa la presunta neutralità delle scienze e delle tecnologie. 

    Le Tecnoscienze non sono neutrali

    Giuseppina Pellegrino, sociologa e studiosa delle comunicazioni non sta a girarci troppo attorno: non c’è neutralità, le tecnoscienze hanno una loro etica e un discreto fardello di responsabilità nel costruire il mondo in cui abitiamo. La sociologa va oltre, perché oggi tentare di capire le cose che ci accadono attorno guardando solo i comportamenti degli umani non basta, occorre fare attenzione ai “non umani”, all’artificiale, alle macchine perché contribuiscono nel modificare il mondo, condizionando le relazioni tra uomini, gli artefatti e il contesto. Di qui la necessità di una interdisciplinarità che superi la tentazione dei primati tra le scienze e che sia capace di una reale ibridazione.  Questi scenari che prospettano l’andare oltre i limiti delle discipline hanno trovato parole – ma non solo –  tra i Cubi del ponte Bucci e il Dipartimento di Scienze sociali e Politiche si candida come punto di contatto tra i molti ambiti di ricerca che tra quei Cubi si realizzano. Un compito non facile né scontato, ma necessario, perché come ha spiegato il Direttore del Dispes, Giap Parini, dalla cui proposta è partito questo percorso, il concetto di confine merita di ritrovare la sua origine etimologica di spazio condiviso.

    L’interdisciplinarità come comprensione dell’altro

    Non dunque una separazione, ma un punto di coniugazione, uno spazio di saperi partecipati e più ampi, «una comprensione dello sguardo dell’altro». Un progetto ambizioso che può trasformarsi in una opportunità e che può essere colta solo da una università pubblica. L’Unical è pronta a percorrere questo sentiero con la consapevolezza necessaria alle cose nuove e audaci.

  • Onda nera e astensionismo, l’Unical interroga il voto

    Onda nera e astensionismo, l’Unical interroga il voto

    C’è un fantasma che si aggira per l’Italia e pure in Europa. Dovrebbe spaventare parecchio, ma nessuno pare curarsene davvero. Tranquilli, non è il comunismo, si chiama astensionismo. L’allarme emerge dall’ormai consueto appuntamento con l’analisi del voto che viene puntuale dopo le elezioni dalle aule del Dipartimento di Scienze politiche e Sociali dell’Unical.
    Si tratta di un incontro ormai consolidato, che fornisce una interpretazione dei flussi elettorali, della mobilità del voto, di chi ha vinto o perso e perché. Anche questa volta a presentare il quadro delle cose sono stati sociologi e politologi, che assieme hanno fornito uno sguardo su come sono andate le cose, con particolare attenzione alla Calabria.

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    L’analisi del voto all’Unical. Da sinistra i docenti del dipartimento di Sociologia Giorgio Giraudo, Roberto De Luca, Antonello Costabile, Valeria Tarditi e Piero Fantozzi

    Le Europee 2024 secondo l’Unical

    I numeri parlano, ma serve saperli ascoltare. Per farlo occorre sensibilità sociologica e dimestichezza con i mutamenti sociali, ma poi è necessario anche il coraggio di dire cose che non consolano affatto. Del resto Antonello Costabile, sociologo della politica, lo dice quasi in premessa: «Se cercate consolazione non siete nel posto giusto, qui facciamo altro». Infatti il docente pone subito sul piatto la questione, «perché di astensionismo si parla per tre giorni, poi basta», invece è il solo punto su cui varrebbe la pena di soffermarsi.
    La ragione per la quale la politica è distratta è semplice e inquietante al tempo stesso. Si chiama “razionalità limitata” ed è un meccanismo banale che si basa sull’opportunismo politico. I leader infatti pensano che se si può vincere mobilitando una parte residuale di elettorato, perché mai impegnarsi nel cercare di coinvolgere l’altra parte della popolazione e rischiare di perdere? Il ragionamento non fa una piega, ma nasconde un rischio, quello del dileguarsi della legittimità popolare.

    Un passaggio d’epoca

    Costabile è impietoso e spiega come per la prima volta nella storia di questo Paese sia andato alle urne meno della metà degli elettori. Una contrazione che, spiegano dall’Unical, per quanto riguarda le Europee 2024 è impressionante. «Noi eravamo il Paese più europeista, nel 79 votò l’85% dell’elettorato, nel corso di quaranta anni siamo arrivati al 49%». Gli altri Paesi europei hanno pure conosciuto contrazioni della partecipazione, ma di grado inferiore e altalenante. Questa separazione dal voto, particolarmente evidente in Italia, porta un rischio grave, perché la partecipazione è l’architettura della democrazia e venendo meno la prima, si indebolisce la seconda.

    Siamo davanti a «un vero passaggio d’epoca» e dopo l’estinzione dei partiti di massa che avevano tenuto assieme un Paese che è sempre stato duale, oggi sembra venire a mancare un collante sociale e nazionale. Il futuro che ci aspetta non sembra essere rassicurante, anche perché «il 49% dei votanti è un dato che tiene conto del fatto che si sono svolte anche elezioni di tipo amministrativo, normalmente assai sentite», quindi, avvisa il docente, il dato vero sarebbe stato anche inferiore.

    Vincono i leader e i catalizzatori di consenso

    Nello specifico i flussi elettorali delle Europee 2024 vengono illustrati da Roberto De Luca, docente di Sociologia dei fenomeni politici all’Unical, che spiega come Forza Italia sia stata premiata in Calabria sulla spinta del presidente della Regione, mentre Alleanza Verdi e Sinistra si siano avvantaggiati dalla figura carismatica di Mimmo Lucano. E’ il potere della capacità dei singoli di attrarre consensi, come accade nel piccolo ma significativo paesello di San Pietro in Amantea, dove il sindaco che prima era leghista ora è meloniano, trascina fino al 50% per cento dei votanti verso Fratelli d’Italia.

    Dall’Italia all’Europa, l’avanzata della “zona nera”

    Da San Pietro fino a Strasburgo, lo sguardo si allarga ed è il docente di Organizzazione politica europea Giorgio Giraudo a spiegarci che oltre alla “zona nera”, rappresentata dalle destre emergenti, c’è complessivamente il rischio di uno spostamento conservatore  dell’equilibrio politico e il docente ipotizza che il Ppe faccia propria una vecchia abitudine tutta italiana, quella «della politica dei due forni, appoggiandosi, a seconda dei casi, un po’ al progressisti e un po’ agli ultraconservatori». In ogni caso si profila una politica europea molto condizionata dai vari e diversi interessi nazionalistici.

    Europee 2024, le conclusioni dell’Unical

    Dentro questo quadro, la chiave strategica per acquisire il consenso è stata la comunicazione, tutta giocata sulla personalizzazione delle leadership, come ha spiegato Valeria Tarditi, sociologa della comunicazione politica. La destra, secondo la docente, ha puntato su parole che sottolineavano l’antagonismo tra l’Europa dei burocrati e quella dei popoli, mentre la sinistra ha abbandonato l’euro entusiasmo, seducendo così una parte dell’elettorato più radicale.

    La società separata dalla politica

    Su tutto resta pesante come un macigno la considerazione finale di Piero Fantozzi, storica voce della sociologia dell’Unical, che vede come lo «sfilacciamento del legame tra società e politica» sia innegabile e  pure lo siano le spinte all’utilitarismo contro il senso di solidarismo.

  • Aspromonte, dall’Unesco semaforo giallo per il geoparco?

    Aspromonte, dall’Unesco semaforo giallo per il geoparco?

    Le note vicende che hanno portato al commissariamento dell’Ente Parco Aspromonte continuano a produrre effetti negativi. Sì, perché nel trentennale dell’istituzione dell’Ente e nell’anno in cui l’Aspromonte attende la verifica dei commissari UNESCO per la conferma dello status di Geoparco Globale, la macchina è completamente inceppata.
    Quella verifica, originariamente prevista per lo scorso aprile, è slittata al prossimo luglio.

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    Una volpe in Aspromonte

    Aspromonte Geoparco UNESCO: dalle origini ad oggi

    L’ingresso del Parco Aspromonte come Geoparco nella rete mondiale dell’Unesco risale al 21 aprile 2021. La procedura, avviata anni addietro, era risultata vincente in tempi record rispetto a candidature che attendono ancora un semaforo verde. Nel 2018, dopo un lungo lavoro preparatorio coordinato da una struttura amministrativa che ancora funzionava, durante l’Ottava Conferenza Internazionale dei Geoparchi Mondiali tenutasi a Madonna di Campiglio, l’UNESCO aveva presentato una relazione in cui venivano evidenziate delle criticità da sanare. Nel 2021, infine, l’acquisizione dello status di Geoparco.

    Rosolino Cirrincione, oggi direttore del Dipartimento di Scienze biologiche, geologiche e ambientali dell’Università di Catania ha collaborato al dossier di candidatura. Cirrincione racconta che dal 2021 non ha avuto più alcuna notizia. L’Ente Parco lo ha però sollecitato, di recente, a supervisionare la bozza di relazione in preparazione per la visita dell’UNESCO del prossimo luglio. Una richiesta all’ultimo minuto che l’accademico non pare aver affatto gradito.

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    Il professor Rosolino Cirrincione, ordinario di Petrografia e Petrologia a Catania

    Certo, diverse attività sono state svolte per adempiere alle procedure che riguardano la vita dei Geoparchi: formazione nelle scuole, produzione di materiale di comunicazione, inaugurazione e apertura di una sede specifica del Geoparco a Bova. Molto altro, però, sembra mancare.
    L’Ente Parco non ha all’interno del suo staff un geologo, nonostante l’UNESCO ne suggerisca l’assunzione da anni. Chi si è occupato della candidatura del 2018, la geologa Serena Palermiti, ha collaborato come esterna con incarichi diretti. Terminati quelli, anche lei non ha più avuto dall’Aspromonte alcuna notizia sul Geoparco UNESCO.

    Arrivano i commissari e non c’è nessuno

    Le attività di cooperazione e trasferimento delle conoscenze con gli altri Geoparchi – precedentemente in capo a Silvia Lottero, la funzionaria che firmò la stabilizzazione illegittima degli LSU/LPU poi accusata di danno erariale – sembrano essere state molto lacunose. Così come lo è il lavoro sulla metodologia di monitoraggio delle presenze per l’implementazione delle visite turistiche.
    Quello che i commissari UNESCO troveranno in Aspromonte al momento di valutare il Geoparco sarà dunque non solo un lavoro fatto a metà, ma una ridotta capacità amministrativa dell’Ente. E la capacità amministrativa è  tra i principali capisaldi della verifica, assieme al coinvolgimento delle comunità del territorio. Le stesse, cioè, che da anni lamentano di non essere ascoltate dall’Ente.

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    Due esemplari di coturnice nel territorio del Parco

    Dallo stesso Parco arrivano ammissioni che non lasciano dubbi. L’attuale responsabile del dossier Geoparco è Giorgio Cotroneo. In carica dallo scorso febbraio dopo l’insediamento del commissario straordinario Renato Carullo, imputa inefficienze e ritardi alla drammatica situazione della pianta organica e al malgoverno degli ultimi anni.
    Lo stesso Carullo, poi, è ancora più netto: «Siamo in ritardo su tutto. La situazione è quella che è: contenziosi interni ed esterni, procedimenti disciplinari, indagini della magistratura. Dieci giorni dopo il mio insediamento (14 febbraio 2024 ndr) ho inviato una relazione al Ministero descrivendo lo stato in cui versa l’ente e la mia difficoltà a mandarlo avanti con una pianta organica praticamente inesistente. Nonostante sia per me un campo nuovissimo, ho accelerato tutti i processi in essere. Ho bisogno che l’Ente abbia un governo che funzioni. A luglio avremo in Aspromonte la delegazione UNESCO per la verifica delle condizioni che garantiscono lo status di Geoparco, ma ci hanno già anticipato in via informale che conferiranno il bollino giallo: meglio il semaforo giallo che quello rosso».

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    Pietra Cappa

    Stop al Geoparco UNESCO: cosa perderebbe l’Aspromonte

    Il segretariato dell’UNESCO, nonostante i solleciti via mail di questa redazione, non ci ha dato conferme a riguardo. Se ci troveremo di fronte a un semaforo giallo si tratterà di un alert. E non è detto che l’ammonizione si trasformi in un’espulsione. Ma il rischio è di azzerare un riconoscimento che, se a regime, rappresenterebbe un’opportunità per tutti i territori del Parco: creerebbe flussi turistici focalizzati sul geoturismo, stimolerebbe la creazione di imprese locali innovative, anche legate alla formazione di settore, e attiverebbe nuovi investimenti, generando processi di sviluppo.

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    Un ciclista in Aspromonte

    In tutto questo anche se il nuovo PIAO (Piano integrato delle Attività e Organizzazione) è stato approvato d’urgenza sulla scorta della programmazione lasciata dal direttore Putortì andato in pensione, gli investimenti sono fermi.
    Il Parco Aspromonte è l’unico tra quelli calabresi a non avere ancora firmato la convenzione con la Regione sulla ciclovia dei parchi, anche se il commissario garantisce che la questione è in via di definizione.

    Il problema è politico

    «Vedo tutte le potenzialità inespresse che ci sono, ma la struttura deve essere messa nelle condizioni di operare. Senza dipendenti è come se avessi le mani legate» continua, che sottolinea come si trovi a governare «per la prima volta un ente senza Direttore».
    Carullo aveva anche proposto una delibera per avviare le procedure con cui individuare la terna per la nomina del nuovo direttore da parte del ministro. Il Ministero dell’Ambiente l’ha annullata, però, perché la nomina del Direttore dovrebbe arrivare su impulso del Consiglio direttivo e del presidente. Che, dopo il commissariamento, non esistono più. Occorrerebbe, quindi, fare pressione sul Ministro affinché ricostituisca quel Consiglio direttivo.
    Come sempre, il problema è politico.

    Leo Autelitano

    Secondo Carullo, l’ex presidente Autelitano, convocato con due pec, non si sarebbe presentato per le consegne dei dossier aperti. Autelitano a sua volta, in una conferenza stampa con accanto il senatore Giuseppe Auddino (M5S), ha denunciato il carattere «trasgressivo, punitivo ed elusivo del decreto di commissariamento», imputandolo a oscure manovre di una certa parte politica. Come a dire: politica per politica, ognuno schiera le armi che ha. Ha poi negato di aver ricevuto la convocazione. Sarebbe potuta essere l’occasione per chiarire la situazione del Geoparco.

    Le decisioni dei tribunali

    In tutta questa matassa, le uniche certezze al momento sono due decisioni dei giudici. La prima è quella del Tar che rigetta la richiesta di sospensiva in via cautelare del provvedimento di commissariamento dell’ente.
    La seconda è la bocciatura del ricorso presentato da Maria Concetta Clelia Iannolo contro l’Ente per il reintegro completo in ruolo.
    E con la polemica che non accenna a smorzarsi, a perdere sono sempre cittadini, comunità e territori.

  • Interdisciplinarità, all’Unical lo studio è senza frontiere

    Interdisciplinarità, all’Unical lo studio è senza frontiere

    Le cose sono complesse, rassegniamoci, nessuna scorciatoia torna utile per capire e forse trasformare i fenomeni dentro cui siamo immersi. Dobbiamo avere uno sguardo molteplice, capace di coniugare efficacemente approcci scientifici diversi e certe volte neppure prossimi. Questo vuol dire affrontare il tema dell’interdisciplinarità, andare oltre i “confini”, come li chiama Sonia Floriani, sociologa e anima del laboratorio sulla Interdisciplinarità che ha preso vita nelle stanze del Dispes.

    Interdisciplinarità per andare oltre i confini

    I confini di cui parliamo sono la linea di separazione tra le scienze, che si deve avere il coraggio di superare andando oltre. Ecco, andare “oltre” diventa la parola chiave di questo laboratorio. Lo hanno assai desiderato e organizzato Giap Parini, direttore del Dispes, e la stessa Floriani, sensibili entrambi alla necessità di spiegare con efficacia i tempi che affrontiamo.
Attorno a questo compito lavora, dallo scorso anno, una pattuglia di ricercatori sociali, che prendendo in prestito il concetto di confine hanno usato la parola I-Limes come suggestivo acronimo di Laboratorio di Idee, Metodi e Studi.

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    Da sinistra: Vincenzo Carrieri, Sonia Floriani e Giap Parini

    Questa volta il campo si allarga. A discutere non sono solo studiosi di Scienze sociali, ma vengono chiamati rappresentanti di quelle che normalmente vengono definite “scienze  dure”. È il caso di Riccardo Barberi, fisico sperimentale, anzi studioso di fisica applicata. Non si tratta di un dettaglio, avendo Barberi una certa spiccata sensibilità verso la concretezza del mondo reale. Ed è con i piedi ben piantati per terra che Barberi spiega come l’interdisciplinarità non sia affatto una cosa rivoluzionaria. È, al contrario, una semplice necessità sociale dettata dal bisogno di uscire dalle “gabbie” dentro cui ci siamo rinchiusi inseguendo il mito delle specializzazioni.

    L’iperspecializzazione obbligata dal sistema produttivo finisce per essere asfissiante. Così aprirsi alle altre forme di sapere diventa una boccata d’aria necessaria.
Con la semplicità di chi è avvezzo a risolvere cose complesse, il fisico spiega come probabilmente la cosa più interdisciplinare oggi siano le Large Language Model, capaci di parlare tra loro e dunque intersecare i saperi, ancora per fortuna sotto il controllo umano.

    La Costituzione, le leggi e la fabbrica del consenso

    Il concetto di “confine” resta ad aleggiare nell’aula che ospita il seminario. Nelle parole di Donatella Loprieno, però, assume subito il suo senso più oppressivo: quello di separazione e distanza. Non è casuale: Loprieno è una costituzionalista storicamente impegnata, tra le altre cose, sul fronte dei diritti dei migranti.

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    Donatella Loprieno, Riccardo Barberi e la modetratrice Valeria Tarditi

    «I costituzionalisti si occupano di una materia fatta di sogni», spiega la docente, richiamando La tempesta di Shakespeare, perché le Costituzioni si fondano sul desiderio di una vita più giusta per tutti, ma oltre la bellezza utopica subito le sue parole ci precipitano nell’abisso delle violazioni dei diritti della persona, del migrante come individuo spogliato di ogni forma di umanità, del buco nero della “Detenzione amministrativa”, cioè del carcere senza reato, senza processo, senza avvocati, un inferno destinato solo agli stranieri, uno strumento che divide gli esseri umani tra chi ha diritti e chi è “schiuma della terra”.

    Come una costituzionalista osserva questo mondo usando le lenti della interdisciplinarità? Domandandosi come sia stato possibile che una istituzione così repressiva, chiaramente incostituzionale, sia diventata normale, incontrando anche un vasto consenso tra le persone. Significa utilizzare gli strumenti della comunicazione persuasiva, della manipolazione dell’opinione pubblica, della psicologia delle masse e comprendere che certe scelte vanno oltre la durezza dei codici.

    La potenza delle parole e i confini come luoghi di passaggio

    Anche le parole sono interdisciplinari, sul loro uso flessibile sarebbero stati d’accordo Wittgensein e Gramsci. E da questo punto di vista Andrea Lombardinilo, docente di Sociologia dei processi culturali e comunicativi, le utilizza come veicolo per visitare spazi, tempi e protagonisti. Parte da Castoriadis, dal mondo dell’immaginario, e transita rapido attraverso John Coltrane, Miles Davis, Duchamp e Leopardi, Vico e altri. Nel frattempo sulla Lim alle sue spalle compare una scena del film Mission.
    Lombardinilo è come un abile seduttore. E nel suo muoversi dentro il sapere, che deve essere declinato per forza al plurale, ci offre il biglietto per un viaggio che più interdisciplinare non si può.

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    Marcello Walter Bruno

    A chiudere il viaggio un’ultima struggente suggestione, quella che viene dalle parole dell’autore ed attore Ernesto Orrico e del fisico Peppe Liberti. Orrico legge alcune parti de La fuga di Pitagora di Marcello Walter Bruno e Liberti evoca il ricordo di un intellettuale che di confini tra i tanti saperi ne aveva varcati parecchi. Anche perché, come suggerisce Parini, «i confini sono luoghi di passaggio e conviene usarli bene».

  • Che fine ha fatto la partecipazione politica?

    Che fine ha fatto la partecipazione politica?

    Ci sono libri che sono figli di altri libri. Ripercorrono uguali sentieri, ma con occhi nuovi, perché le cose cambiano e anche in fretta. È il caso de La partecipazione politica (Il Mulino), l’ultimo lavoro di Francesco Raniolo.
    Con autoironia l’autore avverte che è come il «tornare sul luogo del misfatto» dopo circa vent’anni dalla prima edizione. Vent’anni sono ere geologiche per chi osserva i mutamenti politici e Raniolo – che insegna Scienze politiche all’Unical ed è coordinatore del dottorato in Politica, cultura e sviluppo – è tornato a rivolgere lo sguardo verso i modi che caratterizzano la partecipazione politica. «Il tempo che separa i due libri accompagna un ciclo di vita», spiega Raniolo e in questo non breve periodo è accaduto di tutto. In Scienze politiche si chiamano “giunture critiche”, o semplicemente crisi.

    I tempi cambiano

    Ma il punto è che in certe fasi storiche si presentano in forma multipla, quasi uno sciame. Sono chiamate poli-crisi. Si tratta di fenomeni complessi che attraversano le società generando incertezza. Sono rappresentate da mutamenti profondi, crisi economiche innanzitutto, migrazioni di massa, guerre e terrorismo internazionale, perfino una pandemia. Tutto ciò non poteva non riflettersi su forme e intensità della partecipazione e sulla qualità della democrazia. Questa è rappresentata dall’esistenza di spazi di dibattito, talvolta di conflitto, che ne costituiscono una componente cruciale. In sintesi, sono le distinte “arene” all’interno delle quali viene esercitata la democrazia. Per questo osservare come queste arene siano cambiate è fondamentale.

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    Francesco Raniolo

    Raniolo dedica grande attenzione a questi spazi, sia istituzionali che collegati alla società civile o ai media, ma presenti pure nelle pieghe della comunità e nei movimenti di protesta, essendosi questi rivelati incubatrici di mutamenti e innovazioni.
    Nei territori spesso troviamo aggregazioni di persone, accomunate da interessi condivisi e da valori, che hanno dato vita a pratiche sociali tese a creare beni comuni e a sviluppare reti di solidarietà. Le riflessioni del docente riportano alla mente il ruolo solidale svolto, ad esempio a Cosenza nel corso della pandemia, da realtà come La Terra di Piero, che ha provato a soddisfare i bisogni essenziali affrontando fragilità sociali diffuse in molti quartieri della città. Si è trattato di un ruolo di supplenza, laddove le istituzioni e la politica erano distratte o semplicemente non efficaci.

    Raniolo e i partiti di oggi

    In realtà i movimenti e le esperienze che da lì scaturiscono dovrebbero spingere i partiti a «rinnovarsi, nel tentativo di ricucire quel patto mitico che dovrebbe legarli ai cittadini, che restano le molecole della Polis».
    Il libro di Raniolo significativamente ripropone i passaggi chiave che potrebbero riattivare la partecipazione e cioè l’allargamento decisionale sulla scelta dei leader e delle linee programmatiche, lo spazio al pluralismo delle voci protagoniste del dibattito, la presenza diffusa di reti che collegano i partiti al contesto, la capacità inclusiva delle pratiche politiche.

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    Elettori del Pd alle primarie del 2023

    Nel meraviglioso mondo della teoria questi passaggi dovrebbero funzionare, ma calati nel terribile mondo reale non tanto. Per esempio, si pensi all’incapacità dei partiti di trasmettere le domande e sfide che giungono dalla società . Per Raniolo l’esempio probabilmente più significativo riguarda l’esperienza delle primarie, «che non hanno retto al tempo e ai conflitti interni, finendo per essere neutralizzate, riassorbite dalla competizione tra leader».
    Altre forme di inclusione che hanno visto il fallimento sono le famose “parlamentarie”, del M5S, esperienza tutt’altro che inclusiva che si costruiva sull’inganno della Rete come nuovo e prefetto luogo della democrazia. Oggi le forme di inclusione sperimentate si sono rivelate modi per legittimare i leader e non per allargare la base partecipativa, perché sono prevalse le logiche funzionali a dinamiche di potere e di autoreferenzialità.

    Il fantasma della partecipazione politica

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    La copertina della nuova edizione de “La partecipazione politica”

    Ma cosa sono oggi i partiti? Quanto resta attuale la definizione offerta da Maurice Duverger che li immaginava come comunità? Raniolo sa bene che dai tempi in cui scriveva l’intellettuale francese ogni cosa è diversa. Tuttavia resta dell’opinione che «i partiti non possono rinunciare tanto facilmente ad essere comunità di destino, un equivalente laico dell’esperienza religiosa».
    Tra i cambiamenti intervenuti c’è stata la scomparsa dei luoghi tradizionali di confronto e la presunzione, da parte dei partiti, di sostituirli efficacemente con i media che rimbalzano la figura dei leader. L’effetto è stato una ulteriore atomizzazione dell’elettorato, cui oggi viene fornita l’illusione della partecipazione stando comodamente seduti sul divano guardando la televisione o chattando sui social. Forme di esperienza solitaria, che sembrano dare ragione alla Thatcher quando affermava che non esiste la società, ma solo individui.

    La democrazia se la passa male

    Questa deriva assunta dai partiti rappresenta una più marcata separazione tra essi e i cittadini ed è l’opposto di quanto necessario alla vivificazione del rito della partecipazione. Una delle conseguenze di questa atomizzazione è il sopraggiungere di una fragilità sociale sulla quale si avventano con successo forme di populismo.
    «Il populismo in passato ha avuto un ruolo importante nel percorso graduale e contorto (perché implicava anche tappe autoritarie come in America Latina) verso la democratizzazione delle società – spiega Raniolo – ma oggi riflette un malessere profondo della democrazia. Una tappa nel processo di de-democratizzazione o di deterioramento della qualità democratica».

    Raniolo e i populismi

    Il populismo di oggi ha anche diverse facce. «Una – spiega ancora Raniolo – è quella che possiamo definire includente o rivendicativa, volta all’allargamento dei diritti, l’altra più rischiosa è quella che chiamiamo identitaria o escludente».
    Accanto al populismo che vuole espandere democrazia autentica e diritti c’è un populismo sovranista. Risponde al disagio sociale e alle paure individuali generate dalle crisi promettendo di serrare i ranghi e maggiormente si offre non solo all’identificazione con un leader (in alcuni paesi manifestamente autoritario, si pensi all’Ungheria di Orbán), ma anche al trasferimento di delusioni e paure su capri espiatori interni o esterni.

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    Il primo ministro ungherese Viktor Orbán

    Questi sentieri conducono verso democrazie illiberali e irresponsabili. Ma sono purtroppo i sentieri più facili e perciò più seducenti, perché le sfide che attendono le democrazie sono cruciali e riguardano l’attuale frammentazione del tessuto sociale, la radicalizzazione delle domande, ma anche le forme del comunicare che con il web scivolano facilmente nella manipolazione dell’informazione, fino a quello che nel libro viene indicato come “totalitarismo digitale”.
    La posta in gioco è altissima e non pare che le leadership dei partiti siano attrezzate ad affrontarla nel modo più giusto. Forse abbiamo bisogno di un nuovo protagonismo dei cittadini.

  • L’insostenibile mobilità di Reggio Calabria

    L’insostenibile mobilità di Reggio Calabria

    Con la delibera che, in via sperimentale, raddoppia il costo della sosta sul lungomare Matteotti dal prossimo 1 maggio al 31 ottobre, il vaso di Pandora della mobilità a Reggio Calabria è stato definitivamente scoperchiato. Un provvedimento che punterebbe a disincentivare l’uso del mezzo privato, riducendo i costi ambientali, sociali e infrastrutturali del traffico veicolare e della sosta, agevolando la fruizione di aree a prevalente uso pedonale e ciclabile e migliorando la fluidità della circolazione.

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    Un estratto della delibera di fine marzo con cui la Giunta ha disposto l’aumento delle tariffe per la sosta

    La misura non avrebbe scatenato le polemiche che sono piovute se il raddoppio delle tariffe fosse uno degli aspetti di una strategia più ampia per la mobilità sostenibile che ad oggi non esiste. O meglio, esiste solo sulla carta. Perché alla maggiorazione di certi costi non corrispondono alternative che consentano ai cittadini di spostarsi in un’ottica davvero sostenibile. Non esiste un Piano della Mobilità Sostenibile (PUMS). Non un sistema attivo di monitoraggio di traffico e circolazione. A pagare lo scotto è la visione di sistema evocata nella bozza di Masterplan 2050.

    Un piano fermo al 2017

    Nel capitolo “Mobilità Pubblica e Attiva” si sottolineano le molte criticità relative alla mobilità a Reggio e si individuano in governance e visione di sistema i pilastri di una strategia complessiva per promuovere l’uso del mezzo pubblico, l’abbattimento del livello di CO2 e la cosiddetta “mobilità dolce” a tutela della salute dei cittadini e dell’ambiente. In questo momento però mancano l’una e l’altra.
    Perché manca il PUMS, che è lo strumento di pianificazione e programmazione di questa visione di sistema. Il Comune ha approvato un suo preliminare realizzato dalla società IT s.r.l. nel 2017 e necessario per la valutazione di impatto ambientale propedeutica alla realizzazione del piano definitivo di cui non c’è traccia. Il sito web specificamente dedicato al PUMS non è raggiungibile. E quel preliminare, ormai datato, si basa su dati ISTAT del 2011 e non tiene conto di elementi nuovi come il potenziamento dell’aerostazione. In più ci sarebbe il contenzioso tra Comune e IT per il mancato pagamento di quel preliminare.

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    Il verbale di approvazione del preliminare risale a ottobre del 2017

    Il Piano Regionale dei Trasporti ha stabilito che i quattro nodi della rete strategica di trasporto regionale di Reggio Calabria siano rispettivamente per il centro città i punti “Porto-Stazione Lido” e “Stazione centrale-Aeroporto” e per la periferia Pellaro a Sud e Gallico a Nord. Nonostante i Comuni potessero porre osservazioni e suggerimenti per implementare il documento, Reggio non si è pronunciata. Sono così rimasti fuori punti fondamentali come quelli relativi all’accesso lato monte della città: le bretelle del Calopinace e la zona Ospedale.

    Mobilità a Reggio: la Centrale di Controllo senza dati

    In quanto poi a mobilità, mancano i dati. Reggio ha a disposizione la Centrale per il Controllo della mobilità, cioè la struttura informatica per la raccolta in real time, la catalogazione e l’elaborazione dei dati sulla sosta e su traffico in entrata e in uscita dalla città. Ma non ha né elaborato una mappa completa dei punti di rilevamento, né si è mai dotata dei sensori per l’acquisizione dei dati di infomobilità. Apparecchiature che sarebbero dovute essere acquistate dal Comune con i fondi PON Metro in scadenza lo scorso 31 dicembre. L’operazione non è andata in porto per paura di sforare la data di chiusura del programma e non vedersi consegnati i sensori.

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    L’Università della Calabria sta collaborando con il Comune di Cosenza per la redazione del PUMS

    Senza dati, i modelli di trasporto, domanda e offerta, alla base di una strategia “visione di sistema”, non possono essere generati. D’altronde il Comune non ha tecnici cui assegnare questo compito. Manca un mobility manager. E manca un altro pezzo fondamentale: il coinvolgimento degli stakeholders. Nonostante la presenza del Laboratorio Analisi Sistemi di Trasporto, tra i più importanti centri di ricerca del settore a livello europeo, il Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione, delle Infrastrutture e dell’Energia Sostenibile dell’ateneo dello Stretto non sarebbe stato consultato. Diversamente da Cosenza dove UNICAL sta collaborando alla redazione del PUMS con il professor Guido, associato ICAR/05 del Dipartimento di Ingegneria Civile e mobility manager.

    Intermodalità e finanziamenti

    C’è poi la questione dell’intermodalità. Dopo le polemiche sul paventato definanziamento dei relativi progetti, lo scorso ottobre Battaglia, già assessore ai comunale ai Trasporti, aveva garantito che i fondi non sarebbero andati persi. Era stata la stessa Staine, con la stessa delega alla Regione ad annunciare un piano da 20 milioni di euro a valere sul PAC 2014/2020 per parcheggi, stazioni di interscambio e corsie riservate con sistema di semafori intelligenti per i bus. Come certifica la bozza di Masterplan, il Comune starebbe lavorando per aumentare le fermate della linea ferroviaria in città e posizionarne una ogni 500 metri. Ipotesi lunare in termini operatività, costi e sostenibilità del servizio.

    Bisognerebbe poi risolvere il nodo del collegamento tra l’aeroporto della città, la fermata ferroviaria dedicata e il pontile di attracco degli aliscafi che presenta una serie di criticità dovute all’attuale conformazione dell’aerostazione lontana da entrambi i punti di “approdo”.
    Reggio, inoltre, non ha mai approvato il Piano Urbano per la Sicurezza Stradale.
    L’impressione è che si lavori in (dis)ordine sparso, a compartimenti stagni, senza che una mano sappia ciò che fa l’altra. Senza quella visione di insieme fatta di coordinamento, coinvolgimento di esperti e stakeholder, elaborazione di modelli. Come invece dovrebbe essere.

  • Vettori alla Ubik contro la logica del muro

    Vettori alla Ubik contro la logica del muro

    Ieri sera, alla libreria Ubik di Cosenza, si è consumato un nuovo appuntamento letterario. Pierpaolo Vettori ha incontrato il pubblico, ancora una volta numeroso e molto partecipe alla discussione, per presentare il suo romanzo “L’imperatore delle nuvole” (Neri Pozza editore). Che, naturalmente, appartiene alla Decina 2024 del Premio Sila. L’immancabile Gemma Cestari, direttrice del Premio, e il magistrato Alfredo Cosenza hanno dialogato con Vettori.

    Le vicende del romanzo ruotano intorno a un lunghissimo muro costruito per contenere l’esodo degli immigrati africani verso l’Europa. Vigilato da guardie murarie che devono tenere a bada i migranti clandestini. Sia gli uni sia gli altri sono, in teoria, aguzzini e vittime, in pratica, entrambi vittime. Senza apparenti vie d’uscita. “Sono vittime – ha sottolineato Pierpaolo Vettori – di un mondo che ormai è monotono. C’è solo un modo per vivere del nostro, ossia questa sorta di capitalismo più o meno democratico e non c’è una realtà alternativa. Per cui se una persona fallisce qui, in questa modalità, non riesce a fare soldi, non riesce… ha fallito per sempre. Non ha un altro modo per realizzarsi. Forse, invece, la soluzione di tanti problemi sarebbe proprio quella di cercare altri modi. Ché ognuno possa in qualche maniera trovare una sua nicchia, un modo per potersi realizzare come persona”.

    “Sono rimasta veramente molto colpita dalla potenza di questo romanzo – ha commentato Gemma Cestari – che è avvincente e si lascia leggere con grande facilità nonostante la complessità dei temi che propone. La parola che mi ha suggerito il libro e che mi ha turbato – e che dovrebbe turbare e interrogare tutti – è ambivalenza. E Franco Zomer (l’io narrante e protagonista del romanzo) è veramente l’ambivalenza che ci chiede ma tu da che parte stai? Perché nelle grandi questioni, quelle che vengono orchestrate da pochi e che poi producono moltissime vittime, sono la storia e la sociologia a occuparsi di quei pochi e di quei moltissimi. Mentre è compito della letteratura parlare di quelli che stanno in mezzo, cioè di quelli che poi in questo meccanismo sono i piccoli ingranaggi e le piccole ruote”.

    Sempre sul protagonista principale, Alfredo Cosenza ha sottolineato che “ciò che colpisce di Zomer è la sua profonda infelicità. Che vien fuori nell’incipit tremendo del libro: ‘Oggi non riesco a vivere’. Una frase – continua – che dopo averla letta uno si ferma e dice: voglio davvero continuare a leggere? E questa è una sensazione che è sempre presente in tutto il romanzo che poi alla fine si spiega…”

  • “Spaesati”, il 12 aprile ecco la presentazione a Giostra Vecchia

    “Spaesati”, il 12 aprile ecco la presentazione a Giostra Vecchia

    Proseguono gli incontri del Cenacolo dell’arte e della cultura, promossi dall’associazione la Giostra a Cosenza. E proprio nella Dimora storica Giostra Vecchia domani, 12 aprile alle ore 18:00, è in programma la presentazione di “Spaesati” (Il Mulino 2023) libro scritto da due scienziati sociali come Massimo Cerulo e Paolo Jedlowski.
    Sarà presente uno dei due autori, Massimo Cerulo, professore ordinario di Sociologia all’Università Federico II di Napoli e editorialista di HuffingtonPost.it.
    Dialogherà con lui il giornalista, scrittore e infaticabile promotore culturale, Franco Laratta. Musica di scena con il pianista Mattia Salemme e il baritono Antonino Giacobbe.

     

  • “La strada smarrita”, il lessico famigliare di Ada Aiello

    “La strada smarrita”, il lessico famigliare di Ada Aiello

    Ancora un appuntamento culturale organizzato dalle associazioni “Socialmente” e “Acli Arte, musica e spettacolo Cosenza”. Presentato sabato a Rende, nella sala conferenze di Villa Fabiano, il libro di Ada Aiello, “La strada smarrita” (Luigi Pellegrini editore). “Narrativa e musica, evento multisensoriale” è stato un incontro dove i linguaggi hanno trovato una sintesi virtuosa. Anche grazie al talento di un musicista come Roberto Bozzo presente con il suo progetto “Cuore Etnico”. A curare gli aspetti comunicativi è stata la Carli Fashion Agency di Linda Suriano e Carmelo Ambrogio. Il giornalista Alfonso Bombini ha moderato l’incontro. Ha espresso molta soddisfazione per la riuscita dell’evento il presidente dell’associazione “Socialmente”, Andrea Nigro.
    «Per noi è un onore dare spazio alla cultura. Il libro di Ada Aiello si muove sul filo dei ricordi. E ci ricorda la nostra infanzia e adolescenza. Il rapporto coi nonni. L’amore che vince sul dolore e ciò che la vita ci riserva. Oggi viviamo in un mondo dove vince l’odio e le guerre. Le parole scritte da Ada Aiello sono una sorta di medicina per l’anima. Ci riconciliano con una dimensione umana».
    È quanto ha sostenuto Piero Lupo, vicepresidente dell’associazione Socialmente.
    «Sono iniziative con un carattere culturale e sociale come è nello spirito della nostra associazione. La cultura è la nostra linfa. Ci aiuta a crescere e contribuisce al miglioramento delle nostre comunità. Il libro mi ha emozionato tantissimo. Ada Aiello valorizza e racconta con cura gli affetti familiari. Quel legame con la nonna in cui mi sono rivista e in cui si rivedono in tanti».
    Sono parole espresse da Caterina De Rose, presidente di Acli Arte musica e spettacolo Cosenza.

    «Un libro come quello di Ada Aiello – ha detto Candida Tucci – ha la forza di farci vivere i sentimenti. Oggi siamo chiamati ad essere performanti, a raggiungere risultati. Spesso dimentichiamo che la sofferenza fa parte della vita come la gioia e la felicità. Siamo uomini, non siamo macchine». È il commento di Candida Tucci, presidente regionale filiera Salute di Confapi Calabria e vicario nazionale filiera Salute Confapi nazionale.
    «Noi come Confapi Calabria – ha detto Candida Tucci – siamo stati tra i primi in Italia ad aprire uno spazio culturale come la Voce del libro. Non ci occupiamo solo di imprese e bilanci. Promuoviamo anche i saperi».
    La scrittrice Gisella Florio ha tracciato una lettura psicoanalitica del libro di Ada Aiello.

    Perché “La strada smarrita”, si chiede l’autrice del libro omonimo, Ada Aiello? «Nella vita può succedere di smarrirla per un lutto, una delusione, un tradimento, la perdita del lavoro. I motivi sono molteplici. Però la forza della protagonista del mio romanzo sta nella capacità di attraversare il dolore, superarlo, trovare un equilibrio».
    Una storia dove trovano spazio «i borghi, la neve, i fuochi di Natale a San Giovanni in Fiore», tutti elementi che costruiscono un immaginario, restituendo l’importanza del contesto nella narrazione di Ada Aiello.

  • Meec: all’Unical il futuro green è già arrivato

    Meec: all’Unical il futuro green è già arrivato

    Il Master del Dimes – Dipartimento di Ingegneria informatica, Modellistica, Elettronica e Sistemistica dell’Unical – sarà presentato oggi, 4 aprile, nel Palazzo della Provincia di Cosenza. Tanti gli ospiti dell’evento dedicato al progetto di alta formazione in mobilità elettrica ed economia circolare e rivolto ai professionisti del futuro green già dietro l’angolo.
    Il Meec è il primo master di secondo livello in mobilità elettrica ed economia circolare per neolaureati e lavoratori.
    La prima edizione accoglierà fino a trenta partecipanti e, in base a una graduatoria di merito, verranno subito erogate (in tre tranche), borse di studio di 20mila euro ciascuna per dodici corsisti.
    Ai partecipanti sarà conferito il titolo di “esperto in gestione di sistemi e strutture per la mobilità elettrica e l’economia circolare”.

    A chi si rivolge il Meec

    Il percorso formativo nasce da un progetto del Dimes dell’Università della Calabria, nel contesto dei patti territoriali per l’alta formazione, finanziati dal Mur, ed è rivolto a laureati in ingegneria, matematica, fisica, economia, economia aziendale, finanza, statistica e informatica, chimica.
    Un ruolo attivo è svolto dalle imprese: attraverso la partecipazione ai moduli formativi e attraverso gli stage aziendali, ma anche per l’assorbimento di nuovi profili professionali, necessari all’evoluzione di un mondo a misura di veicolo elettrico. Un mondo che ha bisogno di diffusi e innovativi sistemi di carica, delle competenze per la manutenzione e la riparazione, di professionisti con competenze adeguate in materia di riciclo.

    I partner del progetto

    La partnership del progetto è di quelle che innescano rapporti immediati con le imprese, nel segno della mission dei Patti territoriali. Si tratta della Motus-E, la prima e principale associazione italiana costituita per accelerare il cambiamento verso la mobilità elettrica.
    In Motus-E fanno sistema, insieme con gli atenei, i principali marchi automobilistici, le industrie, i fornitori di energia, le imprese di servizio, i movimenti di opinione sulla sostenibilità ambientale.
    L’evento di presentazione del Meec 2023/2024, è anche l’occasione per fare il punto nazionale ed europeo sulla doppia tematica: la circolazione elettrica e il modello di produzione e consumo basato sul riciclo.

    Gli interventi previsti

    I lavori saranno aperti dai saluti istituzionali di Rosaria Succurro, presidente della Provincia di Cosenza. Seguirà l’intervento del direttore del master, il docente Unical Gregorio Cappuccino, che presenterà l’intero progetto con un intervento dal titolo: “L’Unical e il patto con il territorio”. Per il governo regionale, l’assessore allo Sviluppo economico Rosario Varì, interverrà sul tema: “La Regione a sostegno delle imprese e dei cittadini calabresi per la transizione ecologica”.
    Previsti i contributi del docente Unical Piero Guido, co-responsabile del master, “La mobilità del futuro in Calabria è già realtà” e dei rappresentanti della partnership: Fabio Pressi, “Motus-E: l’unione fa la forza”; Francesco Naso, “Il ruolo della formazione tra le opportunità e le sfide della E-Mobility”.

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    Rosaria Succurro

    Il dirigente regionale delle Ferrovie della Calabria, Aristide Vercillo Martino, farà il punto su “ASSTRA e la sfida della mobilità elettrica in Calabria”. In conclusione una storia di successo, quella della tenuta di “Serragiumenta” di Altomonte. Paolo Canonaco sarà testimonial di una Calabria votata alla produzione enogastronomica biologica, al turismo esperienziale, allo sviluppo di realtà produttive totalmente alimentate da energie rinnovabili.

    L’importanza del Meec

    Varia e complessa la tematica al centro del progetto Unical. «Mobilità elettrica non significa soltanto il veicolo ad uso aziendale o privato, dall’automobile, alla navetta, alla bici. C’è tutto un altro versante che riguarda i vari settori dell’economia; basti pensare alle macchine, agli attrezzi, ai mezzi off road per la lavorazione in agricoltura e nelle industrie», spiega l’ingegnere Gregorio Cappuccino, docente di Elettronica del Dipartimento di ingegneria informatica, modellistica, elettronica e sistemistica.
    «In questo nuovo orizzonte si sta muovendo anche il settore pubblico. Gli autobus elettrici hanno una crescente diffusione, del tutto inattesa; i droni verranno utilizzati molto presto, appena sarà licenziato il relativo regolamento, per il trasporto di medicinali e di sacche ematiche da un ospedale a un altro».

    Intorno al Meec c’è un ampio progetto per creare un learning gateway fisico del settore, cioè un punto di riferimento e di scambio per le best practices.
    «Il cambiamento, oltre ad essere un dato di fatto, è un’esigenza di mercato. Il futuro – dice ancora l’ideatore e responsabile del master, – è il recupero delle batterie dalle apparecchiature elettroniche e dagli autoveicoli e per arrivare preparati dobbiamo essere in grado di sfruttare a pieno il valore del riciclo. In questo campo si sta investendo moltissimo e sono interessati anche gli operatori locali. Per tutti questi motivi c’è assoluto bisogno di professionalità ben formate, con competenze tecniche, normative e manageriali».

    Come e quando iscriversi

    Le domande di richiesta di partecipazione al Meec devono essere inoltrate entro il prossimo 30 aprile. Le borse di studio copriranno i costi di iscrizione (pari a 1.900 euro a iscritto, mille per gli uditori), per circa metà dei corsisti, fornendo un sostegno finanziario importante agli studenti e offrendo loro un ulteriore incentivo all’accesso alla formazione di alto livello.
    Tutte le informazioni utili possono essere visionate cliccando qui.