Si chiama Antonio Vaglica, ha 18 anni, è originario di Mirto Crosia – piccolo centro del Cosentino – e grazie alla sua voce è il nuovo vincitore di Italia’s got talent 12. Il giovanissimo calabrese si è imposto ieri sera nell’ultima puntata dello show in onda su Sky, superando altri 11 concorrenti e aggiudicandosi così la finalissima. Antonio Vaglica ha saputo convincere i giudici Federica Pellegrini, Mara Maionchi, Frank Matano e, soprattutto, Elio. È stato proprio il cantante milanese a puntare più di tutti su di lui, consegnandogli il successo in questa dodicesima edizione del programma.
Antonio Vaglica batte tutti: Italia’s got talent 12 va a lui
Dopo aver superato le audizioni grazie a una cover di Sos d’un terrien en détresse di Dimash, Antonio Vaglica si è fatto strada di puntata in puntata. E così è arrivato alla finale live dagli studios di Cinecittà World a Roma. All’appuntamento decisivo – che ha visto come ospiti in studio anche Pierfrancesco Favino, Miriam Leone, Valerio Lundini, Edoardo Ferrario e Guido Meda – Antonio Vaglica ha sbaragliato la concorrenza con la sua interpretazione di I Have Nothing di Whitney Houston. È nata una stella?
Il Covid in Calabria oggi (23 marzo) fa registrare 3.322 nuovi contagi in più rispetto a ieri. I tamponi effettuati sono stati 16.554. Il tasso di positività risulta del 20,7%. I guariti del giorno sono 1.945. I morti sono 12.
Questi sono i dati del giorno relativi alla pandemia comunicati dalle Asp di Catanzaro, Cosenza, Crotone, Reggio Calabria e Vibo Valentia alla Regione e riportati nel bollettino quotidiano della Cittadella.
L’andamento del Covid in Calabria oggi, 23 marzo, provincia per provincia
Territorialmente, dall’inizio dell’epidemia, i casi positivi sono così distribuiti:
Catanzaro: CASI ATTIVI 6.117 (69 in reparto, 9 in terapia intensiva, 6.039 in isolamento domiciliare); CASI CHIUSI 29.433 (29.187 guariti, 246 deceduti);
Cosenza: CASI ATTIVI 26.846 (132 in reparto, 1 in terapia intensiva, 26.713 in isolamento domiciliare); CASI CHIUSI 38.157 (37.198 guariti, 959 deceduti);
Crotone: CASI ATTIVI 4751 (29 in reparto, 0 in terapia intensiva, 4.722 in isolamento domiciliare); CASI CHIUSI 23.471 (23.277 guariti, 194 deceduti);
Reggio Calabria: CASI ATTIVI 14.027 (136 in reparto, 3 in terapia intensiva, 13.888 in isolamento domiciliare); CASI CHIUSI 97.145 (96.468 guariti, 677 deceduti);
Vibo Valentia: CASI ATTIVI 15.390 (18 in reparto, 0 in terapia intensiva, 15.372 in isolamento domiciliare); CASI CHIUSI 16.296 (16.138 guariti, 158 deceduti).
L’ASP di Catanzaro rende noti 486 nuovi soggetti positivi di cui 1 fuori regione.
L’ASP di Cosenza comunica 947 nuovi soggetti positivi di cui 13 fuori regione. «Oggi si registrano 949 nuovi casi; il numero complessivo dei casi è incrementato di 947 unità e non di 949 in quanto un caso è stato trasferito alla T.I. di Catanzaro e un caso è stato eliminato perché doppio».
L’ASP di Crotone comunica 397 nuovi soggetti positivi di cui 1 fuori regione.
Arrestato il conducente che ha investito, provocandone la morte, una bambina ucraina di 5 anni a Crotone. Era in Italia da pochi giorni per sfuggire alla guerra. Dalle indagini dei militari del Comando provinciale di Crotone è emerso che il 18enne alla guida della macchina avrebbe provocato deliberatamente l’incidente per screzi con il sedicenne italiano che era insieme alla bambina ed alla cugina minore di quest’ultima, fidanzata con il giovane che era con loro. Anche il conducente era interessato alla ragazza.
La ragazza diciassettenne contesa tra il conducente dell’auto e il sedicenne ferito gravemente, invece, era rimasta illesa. L’arresto del diciottenne, che nel momento dell’incidente era alla guida di un furgone, è stato fatto dai carabinieri in esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal Gip di Crotone su richiesta della Procura della Repubblica.
L’incidente era avvenuto lungo una strada provinciale, in località “Cantorato”. Il giovane arrestato, che aveva soltanto il foglio rosa, in un primo tempo era stato denunciato in stato di libertà con l’accusa di omicidio stradale insieme al padre 44enne, che era in auto insieme a lui nel momento dell’incidente ed aveva tentato inizialmente di addossarsi esclusivamente la responsabilità di quanto era accaduto.
«L’odierno provvedimento – si legge in una nota stampa dei carabinieri – recepisce totalmente le risultanze investigative ottenute nell’immediatezza e nelle ore successive dai militari operanti tramite una meticolosa attività di escussione a sommarie informazioni testimoniali delle persone in grado di riferire sull’evento. Le esigenze cautelari adottate sono state motivate dalla reiterazione del reato di guida senza patente già commesso dal diciottenne in due occasioni, nell’agosto del 2020 e nel marzo di quest’anno»
Il Ministero per le Infrastrutture e la Mobilità Sostenibile ha elaborato un documento che illustra, regione per regione, gli interventi che si prevedono col PNRR e le altre risorse nazionali e comunitarie in materia di infrastrutture e trasporti, un settore nevralgico per la Calabria. Complessivamente sono in ballo per l’intero Paese finanziamenti per 61,4 miliardi di euro. Due terzi (40,4) derivano dal PNRR e 21 da fondi integrativi.
La gran parte di queste risorse, il 92,9%, servirà alla realizzazione di opere pubbliche, mentre il 6,9% ad acquisti di beni e servizi e l’1,6% a contributi verso le imprese. La parte del leone va gli investimenti previsti per l’ammodernamento della rete ferroviaria nazionale, con 36,6 miliardi di euro. Valgono il 59,6% del totale complessivo previsto per le infrastrutture ed i servizi di trasporto.
PNRR, poco meno di 7 miliardi alla Calabria
Alla Calabria spetteranno 6,8 miliardi di euro, pari all’11,1% del valore complessivo del programma: una cifra che non indica certo uno sforzo straordinario nel volume complessivo dello sforzo finanziario. Con il PNRR si dovrebbe, come è noto, invertire la tendenza alla marginalizzazione dei territori meno competitivi per generare un volano capace di attrarre investimenti privati produttivi.
Ma già nella dimensione quantitativa del programma, si evidenzia che la Calabria non sta nel quadro strategico prioritario. Se poi si entra maggiormente nel merito delle linee di azione previste dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, questa sensazione cresce ancor di più.
I progetti chiave e i treni pigliatutto
Il documento ministeriale elenca i progetti chiave che sono previsti per la Calabria: potenziamento della zona economica speciale; accessibilità ai porti di Gioia Tauro e Reggio Calabria; potenziamento ed ammodernamento delle ferrovie regionali; rinnovo delle navi sullo Stretto; edilizia residenziale pubblica; rigenerazione urbana; alta velocità Salerno-Reggio Calabria.
Però, dopo aver snocciolato il rosario delle singole voci sugli interventi previsti in Calabria, ci si accorge che l’investimento ferroviario per alta velocità e rete regionale pesa per l’80,2% sul totale. Il resto si disperde in interventi che non modificano la sostanza dell’assetto infrastrutturale regionale.
Il PNRR e la tratta-Salerno-Reggio Calabria
Quando si passa ulteriormente al merito del principale investimento, vale a dire la realizzazione della Salerno-Reggio Calabria, il quadro diventa ancor più fosco. Quello che effettivamente si realizzerà entro il 2026, come ha detto in Parlamento l’amministratore delegato di Rete Ferroviaria Italiana, Vera Fiorani, sarà la tratta tra Battipaglia e Romagnano. Ossia un lotto lungo 40 chilometri che punta verso est, piuttosto che verso la Calabria.
Questo itinerario, previsto nella progettazione ferroviaria già da lungo tempo, non era stato affatto concepito per servire la Calabria; percorre difatti un itinerario ferroviario che conduce a Potenza, per poi proseguire verso la costa ionica, raggiungendo Metaponto e, a seguire, Taranto.
Solo quando sarà stata realizzata questa prima tratta, è prevista la prosecuzione verso Praia a Mare, dopo aver solcato il Vallo di Diano, puntando verso il mare e raggiungendolo con una lunga serie di gallerie, nei pressi di Buonabitacolo fino alla costa tirrenica cosentina. Lavori lunghi e complessi che non potranno terminare prima di un decennio a partire da oggi.
Cristo si è fermato a Romagnano
Quindi, dal punto di vista della esecuzione, nell’arco del PNRR si realizzeranno solo i 40 km della linea Salerno Reggio Calabria, da Battipaglia sino a Romagnano, completamente inutile per migliorare i tempi di percorrenza di chi deve recarsi in Calabria. Il resto della tratta, quella che dovrà collegare Salerno con Reggio, vedrà il finanziamento della sola progettazione. L’esecuzione arriveràben dopo la scadenza del 2026.
In queste settimane si svolgerà il dibattito pubblico sull’alta velocità Salerno Reggio Calabria. Ci si auspica che non prevalga ancora una volta la retorica delle cifre vuote di significato. Che ci si concentri, invece, sul miglioramento effettivo della accessibilità e dei servizi per i calabresi. Un tempo si diceva che Cristo si era fermato ad Eboli. Ora scenderà un po’ più giù, per fermarsi a Romagnano.
Porto di Gioia Tauro strategico? Tutta retorica
Analoga perplessità desta tutta la retorica, nel documento ministeriale, sul ruolo strategico del porto di Gioia Tauro. Nel disegno complessivo del PNRR, infatti, si dice con estrema chiarezza che la centralità marittima nazionale si gioca nelle due ascelle settentrionali adriatica e tirrenica, Trieste e Genova.
Sarebbe il caso che la Calabria, così come l’intero Mezzogiorno, manifestasse la capacità di smarcarsi dalla retorica nella quale si esaurisce la discussione pubblica, per concentrarsi invece sulle scelte fondamentali. Ne guadagnerebbero non solo le regioni meridionali, ma l’intero Paese stesso. Che è cresciuto a ritmi intensi solo quando lo sviluppo del Sud avveniva a ritmi più accelerati rispetto al resto dell’Italia.
Il Covid in Calabria oggi (22 marzo) fa registrare 3.994 nuovi contagi in più rispetto a ieri. I tamponi effettuati sono stati 13.752. Il tasso di positività risulta del 29,4 %. I guariti del giorno sono 2.388. I morti sono 9.
Questi sono i dati del giorno relativi alla pandemia comunicati dalle Asp di Catanzaro, Cosenza, Crotone, Reggio Calabria e Vibo Valentia alla Regione e riportati nel bollettino quotidiano della Cittadella.
L’andamento del Covid in Calabria oggi, 22 marzo, provincia per provincia
Territorialmente, dall’inizio dell’epidemia, i casi positivi sono così distribuiti:
– Catanzaro: CASI ATTIVI 5.948 (63 in reparto, 6 in terapia intensiva, 5.879 in isolamento domiciliare); CASI CHIUSI 29117 (28.872 guariti, 245 deceduti).
– Cosenza: CASI ATTIVI 26.358 (130 in reparto, 1 in terapia intensiva, 26.227 in isolamento domiciliare); CASI CHIUSI 37.711 (36.758 guariti, 953 deceduti).
– Crotone: CASI ATTIVI 4.779 (28 in reparto, 0 in terapia intensiva, 4.751 in isolamento domiciliare); CASI CHIUSI 23.047 (22.853 guariti, 194 deceduti).
– Reggio Calabria: CASI ATTIVI 13.530 (134 in reparto, 6 in terapia intensiva, 13.390 in isolamento domiciliare); CASI CHIUSI 96.424 (95.752 guariti, 672 deceduti).
– Vibo Valentia: CASI ATTIVI 15.166 (20 in reparto, 0 in terapia intensiva, 15.146 in isolamento domiciliare); CASI CHIUSI 16.246 (16.088 guariti, 158 deceduti).
L’ASP di Cosenza comunica 1.248 nuovi soggetti positivi di cui 11 fuori regione.
Il bollettino di oggi, 22 marzo, sul Covid pubblicato dalla Regione Calabria
Una discarica “di servizio” da realizzare ma ancora in attesa dell’individuazione di un comune disposto ad accollarsela. Un’altra in costruzione da oltre un decennio ma sospesa nel limbo per il rischio di infiltrazioni nell’acquedotto che serve il centro più popoloso della provincia. Poi un impianto di trattamento dei rifiuti profondamente trasformato e (quasi) in consegna. E un altro che resta appeso al braccio di ferro tra la città metropolitana – che lo ha inserito come parte integrante dell’Ato provinciale – e il Comune di Siderno.
Quest’ultimo, invece, teme i rinculi ambientali che l’opera provocherebbe e si è rivolto ai giudici amministrativi per ottenere una sospensiva ai cantieri. E, ancora, i lavori al termovalorizzatore di Gioia Tauro – l’unico in Regione – che da anni va avanti a mezzo servizio. In questo marasma disordinato e costoso, Reggio e la sua provincia annaspano sotto il peso di un miserrimo 32% di raccolta differenziata. Sono circa 15 punti percentuali in meno della media regionale.
Il termovalorizzatore di Gioia Tauro
Guarascio re dei rifiuti e le proroghe
È un disastro che pone la città più grande della Calabria appena sopra il fanalino di coda Crotone e che è andato peggiorando – certifica il report annuale di Arpacal – negli ultimi due anni. Un disastro gestito “a monte”, di proroga semestrale in proroga semestrale, da Ecologia Oggi, il gruppo che fa capo al “re dei rifiuti” Eugenio Guarascio. Gruppo che, dopo avere preso in mano l’intero comparto al dileguarsi della multinazionale francese Veolia, ha gestito, di fatto da monopolista, tutti gli impianti presenti nel Reggino. Ma è uscito sconfitto nella gara – l’unica finora espletata dalla Città metropolitana – per la gestione dell’impianto di Sambatello, i cui lavori di rewamping dovrebbero essere completati entro fine anno.
L’ingresso dell’impianto di Sambatello
Reggio città e l’ecodistretto
Reggio città ha contabilizzato negli ultimi anni una perdita percentuale di quasi 6 punti sul dato della raccolta differenziata. Il suo ecodistretto – tre in totale quelli previsti per tutta la provincia, con Siderno e Gioia – se la passa meglio, almeno in prospettiva: i lavori appaltati nel 2020 per l’impianto di Sambatello dovrebbero essere consegnati entro fine anno. I 41,5 milioni di euro finanziati con fondi Por hanno consentito una profonda trasformazione del sito.
Si è passati da tecnologia meccanica-biologica a una piattaforma di recupero dei rifiuti con una linea per il secco e una per il trattamento anaerobico dell’organico con produzione di biometano. Un passo avanti importante, per un impianto che si appoggerà alla discarica di Motta San Giovanni per i materiali di scarto frutto della lavorazione del differenziato. Scarti che ad oggi, per la mancanza di siti attualmente attivi, finiscono fuori dai confini provinciali, con inevitabile aumento delle tariffe.
Melicuccà: la storia infinita
La mancanza di discariche finali rappresenta uno dei punti più dolenti dell’intera vicenda legata al trattamento dei rifiuti in Calabria e ancora di più nel reggino. In attesa di una ancora lontanissima autosufficienza, sono state previsti i lavori per la realizzazione di due siti distinti: il primo, individuato nel territorio di Melicuccà e destinato a servire gli scarti del termovalorizzatore di Gioia, è diventato, suo malgrado, simbolo ormai storico dell’inefficienza dell’intero comparto.
Posto a 550 metri di quota sul versante tirrenico d’Aspromonte, il sito di contrada La Zingara “vanta” una storia antica di violenze ambientali. Sede per decenni della vecchia discarica comunale, nel 2006 arrivò l’ordine di dismissione per una serie di violazioni alle leggi di tutela dell’ambiente. Poi, nel 2009, la Regione anche nell’ottica dell’eterna emergenza rifiuti, individuò, proprio accanto alla vecchia discarica dismessa, un altro sito dove costruirne una nuova.
L’interno del sito di trattamento dei rifiuti di Melicuccà
Falde a rischio inquinamento
La scelta portò in piazza centinaia di persone in protesta. «Sotto il sito individuato dalla Regione – dicevano i rappresentanti delle associazioni di cittadini che si oppongono all’opera – scorrono le falde che alimentano l’acquedotto Vina che serve Palmi e Seminara». La successiva denuncia presentata da Legambiente portò al sequestro dell’area. Siamo nel 2014, quando i lavori erano già iniziati da un pezzo.
Per uscire dallo stallo servirebbe un’approfondita analisi geologica del terreno, ma nessuno se ne occupa e l’indagine decade per decorrenza termini. Passano gli anni ma quello di contrada La Zingara è sempre il sito su cui Regione e città Metropolitana puntano per costruire la discarica di servizio, e così nel 2021, con un finanziamento di 15 milioni di euro, i lavori per una discarica “monstre” da 400 mila tonnellate ripartano.
Le indagini (e lo stop) a cantieri quasi pronti
Prima però che le indagini tecniche affidate al Cnr (incaricato dalla Città Metropolitana) e all’Ispra (chiamata in causa dal comune di Palmi) possano stabilire se esista un rischio di inquinamento delle falde acquifere. E così, come da migliore paradosso calabrese, quando arrivano i risultati delle due indagini, i cantieri – siamo nel dicembre dello scorso anno – sono quasi pronti.
Ma le conclusioni dei due istituti di ricerca concordano nel ritenere possibile il rischio di inquinamento delle falde. Per entrambi gli studi, infatti, la conformazione geologica del terreno, fatto di sabbie e rocce granitiche frammentate, ha creato una serie di sacche d’acqua. E queste potrebbero alimentare, a valle, i torrenti sotterranei che alimentano la sorgente Vina.
Una sorta di pietra tombale scientifica sulla possibilità dell’entrata in esercizio del sito (e conseguentemente sul completamento delle strutture previste dall’Ato 5 Reggio Calabria) a cui Regione e metrocity proveranno a mettere una pezza attraverso Arpacal che dovrebbe realizzare la «perimetrazione della fonte» mettendo così una parola definitiva all’ennesimo rischio ambientale.
L’emergenza rifiuti…che nessuno vuole
Se sul Tirreno il tira e molla sulla discarica va avanti da quasi venti anni, sul versante jonico della provincia, il sito destinato a servire l’impianto di trattamento dei rifiuti di Siderno, non è stato nemmeno individuato. Nonostante la possibilità di incassare le royalties per la presenza del sito sul proprio territorio comunale (Siderno incassa 7 euro per ogni tonnellata di monnezza trattata nel Tmb) nessuno dei 42 sindaci infatti si è fatto avanti per avanzare la propria candidatura.
I capannoni dell’impianto di Siderno
Questo stallo imbarazzante dura da anni. Non si è fermato nemmeno davanti alla nomina dell’ennesimo sub commissario regionale che, nel 2020, avrebbe dovuto d’imperio individuare un sito. Alla soluzione dall’alto, però, si preferì una scelta condivisa tra tutti gli amministratori della Locride che, da allora, non sono riusciti a trovare un’intesa. Sul rinvio della scelta del luogo, va detto però che almeno in questa occasione si è preferito, al contrario di quanto successo a Melicuccà, attendere la relazione sui territori che rispondono alla caratteristiche tecniche necessarie ad un intervento di questa portata.
Ne resterà solo uno
Arrivata la mappa, ora ci si concentrerà sui comuni da escludere: quelli che non rientrano per conformità del terreno così come quelli che ospitano, o hanno ospitato in passato, impianti o siti destinati ai rifiuti. Escluse quindi Caulonia, Bianco e Melito, che ospiteranno i centri di smistamento di zona. Fuori anche Casignana, nel cui territorio ricade la terrificante discarica dismessa. E fuori quindi anche Siderno, dove è presente il Tmb su cui a giorni si attende la pronuncia del Tar che dovrà decidere sui lavori di rewamping che prevedono nuove costruzioni per oltre 60 mila metri quadri. Di quanti ne mancano, ne resterà soltanto uno. E dovranno sceglierlo gli stessi sindaci.
Il centrodestra catanzarese, usurato dal ventennio di Sergio Abramo e scalfito dalle varie Gettonopoli, Multopoli, Farmabusiness e Basso Profilo, è in fermento. Le scelte andranno fatte e anche in fretta. Tutto in mano ai tavoli romani che, esaurito il non matrimonio tra la deputata azzurra Marta Fascina ed il Cavaliere, dovrebbero riprendere a breve. La scelta è tra rinunciare ai propri simboli (come hanno fatto molti consigliere comunali uscenti di centrodestra in attesa di ricollocazione, definiti da Domenico Tallini come «anonimi») e nascondersi dietro il civismo per paura di “pesarsi” elettoralmente, oppure riorganizzarsi in tempo con una candidatura unitaria (che ad oggi non è pervenuta e, come si dirà, nemmeno tanto ricercata).
Mimmo Tallini, ex presidente del Consiglio regionale
Centrodestra in cerca di una nuova verginità
Occorre per il centrodestra, quindi, rifarsi una verginità alla svelta. Ed ecco che fin d’ora si è messo in campo un gioco di candidature farlocche e di nomi da bruciare in vista delle Comunali di Catanzaro. Con accuse, veti e giochi delle tre carte tra i vari attori in campo. Eppure a sciogliere la matassa sarebbe bastata la candidatura diretta dell’ex consigliere regionale Baldo Esposito, del presidente del consiglio regionale Filippo Mancuso o della parlamentare Wanda Ferro. Invece, i “big” se la sono data a gambe levate, lasciando il cerino in mano fondamentalmente a Forza Italia e alle liti più o meno sotterranee tra il coordinatore regionale Giuseppe Mangialavori e quello provinciale Domenico Tallini, con in mezzo l’ex candidato regionale Antonello Talerico tornato centrale nel dibattito dopo la vittoria in primo grado del ricorso elettorale contro l’azzurra Valeria Fedele.
Wanda Ferro, parlamentare di Fratelli d’Italia
L’amicizia è sacra
Alla base della fuga dei notabili, però, ci sarebbe la stretta amicizia tra i citati Esposito e Ferro ed il candidato sindaco Valerio Donato. Amicizia sì, ma non tale da portare ad un appoggio elettorale secondo la deputata meloniana, che avrebbe varie svolte smentito pubblicamente l’ipotesi. Troppe volte, in effetti, al punto di suscitare comunque più di un dubbio agli alleati. Lo stesso Filippo Mancuso, sarebbe pronto con la lista civica “Alleanza per Catanzaro” a rinunciare al simbolo della Lega, che gli sta assolutamente stretto, per “sposare” la causa Donato.
Difficile per Fi replicare la strategia delle comunali di Vibo Valentia del 2015 (con rinuncia dei simboli di partito e sostegno al “civico” Elio Costa). Equivarrebbe a riconoscere kingmaker elettorale l’esponente di Coraggio Italia, Francesco De Nisi. Quest’ultimo infatti – tramite il consigliere comunale Andrea Amendola, suo referente locale – ha già messo la bandierina su Valerio Donato, la cui candidatura, come è noto, è nata su idea dell’imprenditore Giuseppe Gatto e dell’ex presidente della Catanzaro Servizi, Giuseppe Grillo.
Incoerente risulterebbe anche la stessa Wanda Ferro che al ballottaggio delle comunali del 2006 sostenne il centrosinistra di Rosario Olivo contro il civico Franco Cimino «perchè deve vincere la politica contro l’antipolitica», disse unitamente a Michele Traversa.
Torna la balena bianca alle comunali di Catanzaro
Tante sono le manovre per l’agognato ritorno del “grande centro”, con una sfilza di vecchi e meno vecchi politici democristiani che dichiarano l’appoggio al docente di diritto privato ed ex commissario liquidatore di Calabria Etica. Non mancano anche le sigle di partiti e partitini. Da, appunto, Coraggio Italia con il citato Amendola (che è stato in passato consigliere comunale di Alleanza di Centro e di Forza Italia) all’Udc con Giovanni Merante, già consigliere comunale di Catanzaro dal 2006 con la Dc, poi anche assessore con Sergio Abramo nel 2008.
Giova ricordare che proprio con l’Udc ha corso alle ultime Regionali il notabile di centrodestra Baldo Esposito. Presenti anche il nuovo Cdu, con l’ex assessore comunale Vito Bordino, e Italia viva che con il senatore Ernesto Magorno (e l’ex parlamentare Brunello Censore, unitamente al sindaco di Sellia Marina, già candidato con il centrodestra alle Regionali, Francesco Mauro) ha espresso pubblicamente l’orientamento del partito a sostegno di Donato.
L’ex sindaco Dc e non solo
Incognita Azione, Noi con l’Italia e mastelliani sono già schierati a favore del citato Antonello Talerico, che in queste ore continua il suo braccio di ferro con Mangialavori e al contempo è in fase dialogante sia con Donato che con Fiorita.
A sostenere Donato ci sono anche altre personalità del passato politico catanzarese come l’ex consigliere e assessore comunale (con Sergio Abramo nel 2001) e provinciale (nel 2008) Vittorio Cosentino, già esponente di Alleanza Nazionale; l’ex sindaco di Catanzaro nel 1992 in quota Dc, Francesco Granato.
L’elenco comprende pure Caterina Laria, anch’essa già assessora con Sergio Abramo e nel 2012 candidata alle comunali con la lista Scopelliti (le sopraggiunse una condanna in primo grado per peculato durante la campagna elettorale). Piccolo particolare: la Laria fa parte di “Comunità competente” di Rubens Curia insieme ad Amalia Bruni. Insomma, il centro c’è ed è pronto a pesarsi elettoralmente a Catanzaro.
Ernesto Magorno, parlamentare di Italia Viva e plenipotenziario renziano in Calabria
Il garofano perde petali
Il Psi, invece, si spacca e perde pezzi. Dopo l’1,83% della lista regionale a sostegno di Amalia Bruni. Il segretario provinciale Pierino Amato si dimette e “abbraccia” Donato.
Politico di lunghissimo corso, classe ’39, già consigliere comunale e presidente della Provincia, consigliere regionale della Margherita e del Pd, assessore all’Agricoltura con Agazio Loiero e poi vicepresidente del Consiglio regionale all’epoca di Scopelliti, Amato è stato anche Presidente del Lions Club di Catanzaro.
Nel 2015 lascia il Pd e passa al Psi, esperienza oggi conclusa, nonostante fosse la scorsa estate in prima fila al Parco Gaslini di Catanzaro alla presentazione del cosiddetto “Nuovo Centrosinistra” a favore di Nicola Fiorita e ora in campo con il “suo” circolo dedicato a Carlo Rosselli è in prima fila a favore del docente universitario della Umg.
Il garofano rosso a sostegno di Donato (almeno idealmente, data la difficoltà a comporre una lista autonoma) ci sarà ugualmente. È arrivato, infatti, il sostegno di Domenico Fulciniti, storico coordinatore regionale del Nuovo Psi (collocato stabilmente nel centrodestra dato alle regionali 2014 aveva pubblicamente sostenuto Wanda Ferro, mentre nel 2020 Jole Santelli). Scampata, quindi, almeno in parte, la scissione dell’atomo.
Nicola Fiorita, professore universitario e candidato a sindaco del centrosinistra
Da campo largo a campo di calcetto
Fermento anche tra i dem. Al di là dei numeri e del decantato “campo largo” ( «di calcetto» però, secondo la battuta dell’ex capogruppo del Pd in consiglio comunale Alcide Lodari) un fatto è chiaro: il dispensamento di pennacchi avvenuto con i congressi (regionale, provinciale e cittadino) del Pd non è servito a nulla. Sulle amministrative si rilevano importanti diaspore in casa dem.
Era già avvenuto in parte nel 2017, con esponenti del Pd che abbandonarono partito e coalizione per sostenere l’allora civico puroNicola Fiorita contro l’ormai ex consigliere regionale Enzo Ciconte.
La fuga dei democrat è certificata da una sequela di comunicati stampa contenenti prese di distanza dal Partito e, contemporaneamente, pubblici atti di devozione all’altro PD (il partito di Donato).
2022, fuga dal PD
A “fare male”, in quanto sonoro schiaffo politico, è l’addio del sindacalista Fabio Guerriero (il fratello Roberto, consigliere comunale, è tra i “donatiani” della prima ora), primo dei votati a Catanzaro città (con 1.861 preferenze in città e 4.291 totali secondo Eligendo) alle ultime Regionali a sostegno di Amalia Bruni.
Fabio Guerriero, a Roma con il ministro Orlando e a Catanzaro con Donato
Fabio Guerriero è stato candidato alla Camera con il Pd nel 2013, molto vicino al già vicesegretario nazionale del Pd e attuale ministro del Lavoro Andrea Orlando, che lo scorso settembre giunse in Calabria a sostenerne la candidatura regionale. Piccolo particolare: Orlando e Boccia sono strettamente legati. Questo addio rischia dunque di portare ad un indebolimento della lista del Pd, con buona pace delle mosse del responsabile nazionale enti locali dei dem. Oltre a lui, si registra il sostegno a Donato dell’ex vicesindaco di Catanzaro, Antonio Argirò che lasciò il Pd per abbracciare “Autonomia e diritti” di Agazio Loiero. L’ex presidente della Regione, tra l’altro, in queste ore molto attivo a reperire candidati a favore di Valerio Donato.
Gli altri con Donato per le Comunali di Catanzaro
A sostegno di Donato ci sarà anche anche l’esercito di ex. Pino Tomasello, già coordinatore della segreteria provinciale del Pd di Catanzaro fino a due anni fa e prima ancora capo di gabinetto del Presidente della Provincia del Pd, Enzo Bruno; la dottoressa Elena Bova, che nel 2017 abbandonò il Pd per candidarsi a sostegno di Nicola Fiorita e ora lo ri-abbandona per sostenere il docente catanzarese; l’ex segretario del Pd di Santa Maria, Maurizio Caligiuri (che fino a poco tempo fa rappresentava il Pd al tavolo del “Nuovo centrosinistra” di Catanzaro); l’ex segretario del circolo Pd di Catanzaro centro, Antonio Menniti, l’ex segretario provinciale (e candidato alle regionali del 2020 e del 2021), Gianluca Cuda e l’ex consigliere comunale dem Antonio Gigliotti.
Boccia chiama, Iemma e Viscomi non rispondono
In tutto questo marasma il già citato ex ministro Francesco Boccia ha chiesto un impegno diretto a candidarsi in prima persona alla Presidente regionale del Pd Giusy Iemma e al deputato Antonio Viscomi. Entrambi, per paura del flop dell’intera lista alle comunali di Catanzaro, pare abbiano risposto picche. La Iemma è molto vicina al già citato ex vicepresidente del Consiglio regionale Vincenzo Ciconte (il fratello Andrea è stato anche per anni suo portaborse), che ha visto una delle sue figlie conseguire il dottorato di ricerca proprio con Valerio Donato. Seppur lontano dalla scena politica da due anni, oggi non si esclude brami una rivincita nei confronti del suo ex sfidante del 2017, Nicola Fiorita.
Antonio Viscomi, parlamentare del Pd e professore universitario
A Fiorita resta il simbolo. E poi?
Difficilmente il Pd sarà sostenuto dalla ex candidata e attuale membro dell’assemblea regionale Aquila Villella, collega di cattedra universitaria e sodale di Valerio Donato. Si è in attesa di conoscere l’orientamento della cognata, Amalia Bruni, che a Palazzo Campanella tenta di fare da garante dell’intesa e dell’opposizione M5S-Pd, oggi molto scricchiolante.
Un altro esponente dell’assemblea regionale del Pd è Francesco Pitaro, attuale portaborse del consigliere regionale Raffaele Mammoliti, che miete vendetta nei confronti di un Pd che lo ha escluso all’ultimo minuto alle ultime regionali ed è tentato dal seguire il fratello Pino (attivo con Francesco De Nisi in Coraggio Italia) nel predisporre una intera lista a sostegno di Donato.
Insomma, a Fiorita nel Pd di Catanzaro rischia di rimanere solo il simbolo ed una piccola cordata composta dalle sardine (!), dal segretario Fabio Celia e dal fedelissimo di Enzo Bruno col sogno di un assessorato comunale, Salvatore Passafaro. E la campagna elettorale è appena cominciata.
Luglio 1986, Arena Lido di Reggio Calabria. Gli ambientalisti hanno organizzato un concerto contro il nucleare dopo il disastro alla centrale di Chernobyl di aprile. Sul palco i CCCP e i Gang: un evento. Ad aprire la serata c’è una band di esordienti, gli Invece. Sono quattro musicisti poco più che ragazzini – Salvatore Scoleri, Mimmo Napoli, Totò Speranza e Peppe De Luca – vengono dalla Locride e, come loro stessi ammetteranno anni dopo, quel giorno sapevano a malapena accordare gli strumenti.
Il pubblico li guarda perplessi, ma è questione di pochi istanti. Gli Invece hanno energia da vendere, uno sguardo originale sul mondo e cantano in dialetto le loro canzoni punk-reggae. Un mix vincente.
È l’inizio di una ribellione impossibile, di una piccola grande storia di passioni e rabbia, libertà e ingiustizie, dolore e morte vissuta nella Locride degli anni ottanta, terra di rapimenti, faide e tradimenti.
Decidono di chiamarsi Invece per questo. Meglio, contro tutto questo.
Adolescenti a Bovalino
Salvatore, Mimmo e Totò vivono a Bovalino, un piccolo comune che si affaccia sul mare, dove l’aria sembra rarefatta e immobile. È forte l’oppressione della ‘ndrangheta aspromontana, così come il sentimento diffuso che nulla possa mai cambiare. È a questo orizzonte asfissiante che i tre ragazzi non vogliono rassegnarsi. Per questo in paese tutti li considerano gli strani e i disadattati, peggio ancora i drogati solo perché ogni tanto fumano erba. Si spalleggiano a vicenda, soli contro tutti. Diventano inseparabili.
«Totò ed io passavamo intere giornate e lunghissime notti insieme, c’erano anche Mimmo Napoli e Ciccio Sacco, pochi altri», ricorda Salvatore. Il loro rifugio è la camera di Totò, nella casa sopra il negozio di fiori di famiglia. Il balcone si affaccia sulla piazza di Bovalino, «ma per noi che avevamo colorato le pareti con le bombolette spray, che ci avevamo scritto sopra le frasi di De André e Orwell, di Marley e Guevara e che consumavamo i 33 giri di Clash, Sex Pistols e Cure, quella piazza poteva essere a Londra, a Bologna o a Berlino». Avevano praticato «una rottura con l’ombelico del luogo madre».
Così Bovalino li respinge, ma loro non fanno nulla per essere accettati. Totò, il primo punk della Locride, è quello che si fa notare di più. Indossa un giubbotto di pelle su cui ha disegnato una siringa spezzata per dire no all’eroina. Porta i capelli tinti e la cresta, usa borchie e anfibi. Facile immaginare che «tantissimi compaesani ci guardassero come fossimo degli alieni». Così Totò inizia a girare per strada con un binocolo al collo. E ai passanti che indugiavano troppo con occhi giudicanti chiede divertito: «Vuoi il binocolo per guardare meglio?». Altre volte, invece, ha raccontato l’amica Deborah Cartisano, estrae un pettine dal taschino, lo bagna in una pozzanghera e poi se lo passa tra i capelli. Ama stupire.
Arriva la musica
Ma presto le provocazioni non bastano più. Quel gruppetto di adolescenti sensibili e inquieti sente il bisogno di dare voce alla propria rivoluzione e sogna una band. Accade nella primavera del 1986 quando, poco più che 16enni, incontrano Peppe De Luca, che è più grande di loro e s’è laureato a Bologna in Scienze politiche con una tesi sul punk. Tornato a San Luca, trova naturale avvicinarsi agli strani di Bovalino, con cui condivide la rabbia per le ingiustizie e l’amore per la musica. È lui a far scoprire ai ragazzi la potenza del reggae.
Gli Invece nascono così: Salvatore, che strimpella la chitarra e scrive poesie, ne diventa il cantante, Mimmo Napoli si accomoda alla batteria, Totò – che non ha mai imbracciato uno strumento in vita sua – si procura un basso e inizia a suonarlo, mentre Peppe fa da chioccia con la sua chitarra elettrica. In quei giorni, l’amico Ciccio Sacco scatta una foto alla band in una posa improbabile davanti a un muro scrostato da qualche parte tra Bova e Palizzi: diventerà la loro immagine storica. L’avventura può avere inizio. «Eravamo una cosa completamente nuova, eravamo all’avanguardia», rivendica fiero Scoleri. La loro musica viene definita “combat reggae”, le loro canzoni contro la guerra e le ingiustizie fanno presto il giro della Locride su nastri di fortuna.
Salvatore Scoleri alla chitarra
Il concerto con i CCCP e i Gang a Reggio Calabria potrebbe essere il trampolino giusto. Tuttavia mentre in tutta Italia si afferma la nuova musica indipendente, gli Invece faticano. È sempre tutto più difficile in Calabria. Così i ragazzi si dividono ed emigrano. Mimmo trascorre alcuni mesi all’estero, Salvatore gira l’Europa come artista di strada (una passione mai sopita), Peppe sceglie il quartiere afrocaraibico di Brixton a Londra, Totò prima raggiunge la sorella Teresa in Liguria poi, dopo un periodo in Portogallo, si trasferisce da Peppe a Londra.
Ma anche se sono dei giramondo, gli Invece trovano sempre il tempo di tornare a Bovalino e ogni volta è una buona occasione per scrivere canzoni e suonare. Nel 1988 la band organizza un tour calabrese e nei due anni successivi registra dei nastri promozionali. Ma la fortuna non gira e all’improvviso le cose precipitano: Totò finisce nell’inferno dell’eroina. Cade e si rialza molte volte, anche passando per una comunità. Nel frattempo continua a girovagare tra l’Italia e la Francia, la Spagna e il Portogallo dove, nel 1993, diventa padre di un bambino che si chiama Diego. Totò combatte contro i demoni e trova rifugio in paese, dove si unisce ai tanti giovani che animano il movimento antindrangheta “Pro Bovalino Libera” che si batte contro i sequestri di persona e chiede la liberazione del fotografo Lollò Cartisano.
Il bassista degli Invece, Totò Speranza, ucciso dal pusher
Totò ci riprova
Dopo quella stagione di impegno, si sente pronto per una nuova sfida e si trasferisce a Roma dove lavora come cuoco e si specializza in una paella in versione calabrese. Le cose vanno talmente bene che decide di investire con alcuni amici romani in un locale nel rione Trastevere, il Punto G. Ma il momento fortunato dura troppo poco. Nessuno sa davvero quali tormenti lo abbiano attraversato, ma per Totò sono mesi difficili. S’innamora di una ragazza che si fa spazio nel mondo della tv evocando messe nere e dicendo di far parte della famigerata setta dei Bambini di Satana. Scoppia uno scandalo e si apre un’inchiesta della magistratura.
Totò, pur estraneo a quel mondo, finisce in carcere per avere difeso la compagna dalle pressioni della polizia, per lui ingiuste, durante un interrogatorio. Crolla, litiga con i soci del locale e all’inizio del 1997 fa ancora una volta ritorno in paese. Questa volta però non ha più voglia di essere considerato un corpo estraneo, dà una mano al negozio di famiglia e lancia lo slogan “Vogliamoci bene a Bovalino”, subito sposato dagli Invece che riprendono a suonare. I primi di marzo la band raccoglie l’affetto di tanti amici esibendosi nel bar dove i ragazzi spesso trascorrono le loro serate. Sarà l’ultimo concerto insieme.
Il passato che ritorna
Perché è vero che Totò è cambiato, ma non è facile chiudere con il passato. Soprattutto se hai accumulato troppi debiti con gli spacciatori. Per alcuni interviene la famiglia, l’ultimo, che risale al 1995, gli è fatale. Quella volta Totò aveva riempito la valigia con 200 grammi di marijuana per portarla agli amici romani – l’erba dell’Aspromonte è conosciuta in tutta Italia. L’aveva presa da un ventenne, diventato il principale pusher di zona, Giancarlo Polifroni. Totò gli deve trecentomila lire, ma il tempo passa e non riesce a pagare. Polifroni non vuole soprassedere – ne andrebbe del suo prestigio.
Nella terra delle vittime di mafia
Totò sparisce nel tardo pomeriggio del 12 marzo 1997, dopo avere bevuto una birra albar con un amico. Il giorno seguente una telefonata anonima ai carabinieri segnala la presenza di un cadavere sotto un ponte della statale 106. Totò Speranza, 28 anni, è stato ucciso con un colpo alla tempia sinistra, il killer ha poi infierito sparandogli cinque volte alla schiena. Nel 2004 Giancarlo Polifroni viene condannato in contumacia a 17 anni in via definitiva. Sarà arrestato alcuni anni dopo, quando – rivelano le inchieste – è ormai un narcotrafficante capace di rifornire le piazze di spaccio di mezza Europa.
Gli Invece senza Totò Speranza
Comu si faci
Il dolore è insopportabile, per il gruppo la tentazione di mollare è forte. A riaccendere la fiamma è la ricercatrice tedesca, Eva Remberger, studiosa della musica dialettale italiana che insiste perché la band non si sciolga e si offre di sostenere le spese del primo disco. Durante quelle ore concitate Salvatore compone di getto una poesia per l’amico ucciso, si intitola Ma comu si faci – come si fa ad ammazzare ancora in Calabria, una terra che somiglia al paradiso – una struggente ballata,la canzone manifesto degli Invece. Tre mesi dopo l’omicidio, è un nuovo inizio: la band diventa il riferimento delle battaglie per i diritti in Calabria, arrivano le recensioni sulle riviste specializzate, i concerti oltre il Pollino, un memorial per Totò Speranza – che sarà organizzato per un ventennio. Anche per ricordare storie e nomi delle vittime di mafia.
Nel 1999 escono due dischi da cui nasce un fortunato tour in Norvegia dove «creammo gli Invece in versione multietnica con musicisti di ogni parte del mondo», ricorda Scoleri. Tra una partenza e un ritorno, va avanti così per anni, poi forse la spinta si esaurisce, forse cambiano le priorità della vita e i concerti si fanno sempre più rari. La storia di Totò però è ormai un simbolo di ingiustizia e ribellione che trova alimento nei racconti delle associazioni antimafia, nelle parole del rapper Kento che al «sogno di Totò Speranza» nel 2016 dedica uno splendido pezzo, nelle testimonianze dei compagni di sempre che, 25 anni dopo quella morte assurda, conservano «nel cuore un ricordo che non sbiadisce». Non può.
«Nascendo in un altro posto avremmo avuto più fortuna», ne è stato convinto Peppe De Luca. D’altra parte, si sa, la Calabria sa essere ostile e crudele. «Ma non avremmo potuto cogliere la quotidianità che si vive qua». E comunque, per dirla oggi con Scoleri, «non saremmo stati gli Invece». Quegli strani ragazzini, felici e disperati, che crescendo si sono battuti, che forse hanno anche commesso degli errori, ma che in fondo hanno solo desiderato essere liberi. Magari anche di cadere e di ricominciare. E che per questo hanno pagato – e pagano – un prezzo enorme e ingiusto. Nessuno mai avrebbe dovuto, nessuno mai dovrebbe.
Il Covid in Calabria oggi (21marzo) fa registrare 2.134 nuovi contagi rispetto a ieri. I tamponi effettuati sono stati 8696. Il tasso di positività sale a 25,54 %. I guariti sono 964. I morti sono 4.
Questi sono i dati del giorno relativi alla pandemia comunicati dalle Asp di Catanzaro, Cosenza, Crotone, Reggio Calabria e Vibo Valentia alla Regione e riportati nel bollettino quotidiano della Cittadella.
I casi di Covid in Calabria oggi, 21 marzo, provincia per provincia
Territorialmente, dall’inizio dell’epidemia, i casi positivi sono così distribuiti:
Catanzaro: CASI ATTIVI 5.596 (65 in reparto, 4 in terapia intensiva, 5.527 in isolamento domiciliare); CASI CHIUSI 28.715 (28.470 guariti, 245 deceduti).;
Cosenza: CASI ATTIVI 25.328 (120 in reparto, 1 in terapia intensiva, 25.207 in isolamento domiciliare); CASI CHIUSI 37.504 (36.555 guariti, 949 deceduti);
Crotone: CASI ATTIVI 4.619 (28 in reparto, 0 in terapia intensiva, 4.591 in isolamento domiciliare); CASI CHIUSI 22.671 (22.478 guariti, 193 deceduti);
Reggio Calabria: CASI ATTIVI 13.532 (137 in reparto, 7 in terapia intensiva, 13.388 in isolamento domiciliare); CASI CHIUSI 95.425 (94.757 guariti, 668 deceduti);
Vibo Valentia: CASI ATTIVI 15.120 (20 in reparto, 0 in terapia intensiva, 15.100 in isolamento domiciliare); CASI CHIUSI 15.833 (15.675 guariti, 158 deceduti).
Il Covid in Calabria oggi (19 marzo) fa registrare 2.197 nuovi contagi rispetto a ieri. I tamponi effettuati sono stati 9019. Il tasso di positività sale a 24,36 %. I guariti sono 1.093. I morti sono 3.
Questi sono i dati del giorno relativi alla pandemia comunicati dalle Asp di Catanzaro, Cosenza, Crotone, Reggio Calabria e Vibo Valentia alla Regione e riportati nel bollettino quotidiano della Cittadella.
I casi di Covid in Calabria oggi, 19 marzo, provincia per provincia
Territorialmente, dall’inizio dell’epidemia, i casi positivi sono così distribuiti:
Catanzaro: CASI ATTIVI 5667 (64 in reparto, 5 in terapia intensiva, 5598 in isolamento domiciliare); CASI CHIUSI 28499 (28254 guariti, 245 deceduti).;
Cosenza: CASI ATTIVI 24751 (115 in reparto, 1 in terapia intensiva, 24635 in isolamento domiciliare); CASI CHIUSI 37471 (36524 guariti, 947 deceduti);
Crotone: CASI ATTIVI 4448 (28 in reparto, 0 in terapia intensiva, 4420 in isolamento domiciliare); CASI CHIUSI 22502 (22309 guariti, 193 deceduti);
Reggio Calabria: CASI ATTIVI 13315 (132 in reparto, 6 in terapia intensiva, 13177 in isolamento domiciliare); CASI CHIUSI 95023 (94357 guariti, 666 deceduti);
Vibo Valentia: CASI ATTIVI 14852 (16 in reparto, 0 in terapia intensiva, 14836 in isolamento domiciliare); CASI CHIUSI 15688 (15530 guariti, 158 deceduti).
L’ASP di Cosenza comunica: “Nel setting fuori regione si registrano 5 nuovi casi a domicilio”
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