Categoria: Fatti

  • Elvis, il narcos albanese che voleva fregare la ‘ndrine a Roma

    Elvis, il narcos albanese che voleva fregare la ‘ndrine a Roma

    Droga e “rispetto”, armi e denaro, case sicure e figli scostumati. C’è un filo rosso che lega Elvis Demce – il narcos albanese che si era preso una fetta importante del mercato della coca nella Capitale e che progettava di fare fuori i magistrati Francesco e Giuseppe Cascini – e la ‘ndrangheta.

    Un filo che intreccia il solito fiume di cocaina sull’asse Roma Calabria e che si aggroviglia con la ricerca spasmodica e continua di nuove armi, perché il mercato, dopo esserselo preso, tocca mantenerlo. E il canale delle ‘ndrine è sempre ben rifornito: basta avere gli agganci giusti e anche l’improvviso arresto del sidernese che si occupava di rifornire il clan albanese può essere bypassato, spostandosi di pochi chilometri appena: è il gran bazar della ‘ndrangheta, a cui la batteria romana si “abbevera” di continuo e ai cui rappresentanti va mostrato il rispetto dovuto, almeno ufficialmente.

    Pensavano di non essere intercettati

    Sono le conversazioni decriptate dagli specialisti dell’Interpol a tratteggiare l’ennesimo romanzo criminale che la gang di Demce e i suoi “compari” ‘ndranghetisti recitano sentendosi al sicuro dietro lo schermo della Skyecc, la compagnia canadese che si illudeva di garantire ai propri clienti l’assoluta inviolabilità dei propri, costosissimi, dispositivi. Ed è nelle chat disvelate dei criptofonini sequestrati che gli investigatori del carabinieri di Roma trovano i pezzi di un puzzle complicato ed in parte ancora da decifrare. Un puzzle fatto di nomi in codice e codici identificativi che certificano il ruolo dei calabresi come fornitori dei “grossisti” che operano nelle redditizie piazze di spaccio all’interno del raccordo: “Zio” e “Spartaco”, “Rangara”, “er Chiappa” e “Noodles”: tutti ingranaggi di un meccanismo che, una volta avviato, era in grado di garantire fino a 50 chili di cocaina a spedizione. E che, all’occorrenza, era in grado di recuperare kalashnikov e mitragliette Uzi.

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    Spesso le organizzazioni criminali utilizzano criptofonini

    All inclusive

    «Dice che domani stanno a venì du parenti loro a Tiburtina, tu basta che li pigli in stazione e li porti a casa. Fra’ me raccomando, stai appresso a sti ragazzi, fammi fare bella figura». Gli emissari delle ‘ndrine sono in arrivo a Roma: saranno loro a garantire il flusso di coca per le piazze di spaccio capitoline e Demce è preoccupato che tutto vada nel migliore dei modi. Tocca alla sua organizzazione occuparsi delle necessità logistiche per i due narcos in arrivo e tutto deve filare nel migliore dei modi perché «so’ pesanti sti calabresi e mi interessano i padroni loro che ci mandano lavoro, quindi curameli un po’. Mo ti mando i soldi e je pii na machina in affitto per loro, troviamo uno do se pia senza carta de credito».

    Il canale tra la gang dell’albanese e i fornitori calabresi – rimasti ancora senza un nome – si sta consolidando. I primi carichi sono andati a buon fine e ora si prospettano affari ancora più succulenti, ma per sedere al tavolo dei pezzi grossi, bisogna dimostrare di essere gangster veri. Anche quando si tratta di saldare i debiti per tempo: sul piatto ci sono 400mila euro per un carico di cocaina di qualità “ndo”, meno pregiata della “Fr1” «ma piace lo stesso» che tocca consegnare direttamente allo “zio”, l’emissario delle cosche di base nella Capitale.

    «Quattro piotte a sti calabrotti»

    «Mo famo na cosa – dice il boss albanese istruendo un sodale – organizzamo de mannà quattro piotte a sti calabrotti, così se sbrigano a mandare» altri carichi di droga. Un’operazione che deve filare liscia: «I soldi je li portate tu e Braccio, dovete stare lì e loro ve li devono contare davanti e confermare che so 4 piotte pare. Fai scrivere a “zio” al suo capo che è tutto ok e gli fai mandare un foto ai padroni sua, che so brava gente».

    Gli affari sono affari

    Con i calabresi tocca comportarsi con rispetto e deferenza, e farsi trovare sempre pronti alle loro richieste, almeno quando si tratta di pezzi grossi questo Demce lo sa. Ed è per questo che il boss albanese si mette in moto per organizzare la logistica per l’arrivo di un carico destinato ad altri trafficanti: «Dovete andare a San Cesareo compare – dice al telefono, forte della convinzione di non potere essere intercettato, l’albanese al boss calabrese – con un camion, che un camion non da nell’occhio in una zona industriale». Ma i criminali restano criminali e la regola del “cane non mangia cane” che viene buona per le ricostruzioni romanzate, non trova spazio nella realtà; e così, se si trova il giusto meccanismo, si possono truffare anche i galoppini dei propri soci.

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    Il mercato della cocaina è una delle attività preferite dei clan nella capitale

    Volevano “fare la cresta” ai calabresi

    I calabresi hanno bisogno di comprare una casa isolata fuori città e con un pezzo di terra dove nascondere i «pacchi» di droga in arrivo. È il gruppo di Demce che si deve occupare di trovare la giusta soluzione: una soluzione su cui si può anche tirare su una bella sommetta di straforo: «Trova urgente sta cazzo de casa isolata col terreno per sti pecorari – dice il boss al telefono al suo braccio destro – vedi quanto vonno per sta casa e in base a quello che costa te metti d’accordo col proprietario e ce carichi 50 mila sopra, tanto pagano loro, i sordi ce stanno. E ce li spartimo. Se la casa costa 100, tu je dici 150 e via. E ce esce una mezza candela pulita per noi».

    Gran bazar delle armi

    Ma il canale calabrese non si occupa solo di rifornire cocaina. All’occorrenza, i narcos possono anche trovare armi da guerra e mitragliette corte da usare per fare «le punture» ai rivali, se il fornitore abituale è momentaneamente impossibilitato a farlo.

    È lo stesso Demce a raccontarlo durante una conversazione decrittata con il mammasantissima calabrese che si nasconde dietro il codice identificativo “6ffefa”: «Compare, io prima per le armi mi servivo da un mio caro amico di Siderno che le trattava, ma ora è dentro. Voglio comprarmi 20mila euro di armi, potete aiutarmi? Mi serve un Ak47, un Uzi, M12 Scorpion. Poi le corte mi servono Glok 17, Beretta 9×21 parabellum e qualche 3-4 bombe a mano ananas. Avevo chiesto a “Rangara” ma non si è interessato». Demce si fida del suo interlocutore e gli confessa che le armi gli servono «per educare qualche figlio scostumato, che se non gli fai qualche puntura poi si sentono le briglie sciolte. E per quelli come noi che siamo uomini di classe e di intelletto comparuccio, è dovere nostro istruire questi figli persi».

  • Coronavirus, oggi meno di 2.000 casi in Calabria ma ancora 6 morti

    Coronavirus, oggi meno di 2.000 casi in Calabria ma ancora 6 morti

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    Questi gli aggiornamenti  di oggi (27 marzo) sulla diffusione del Covid in Calabria. I dati comunicati dalla Cittadella riportano 1.897 nuovi contagi in più rispetto alla giornata di ieri. I tamponi effettuati sono stati 10.085. Il tasso di positività risulta, di conseguenza, del 18,81%. I guariti dal Coronavirus sono 1.356. Si registra, inoltre, la morte di 6 persone.
    A seguire, i dati delle singole province calabresi relativi alla pandemia comunicati dalle Asp di Catanzaro, Cosenza, Crotone, Reggio Calabria e Vibo Valentia alla Regione e riportati nel bollettino quotidiano della Cittadella.

    Il Covid in Calabria, provincia per provincia (27 marzo)

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    Il bollettino della giornata

    Territorialmente, dall’inizio dell’epidemia, i casi positivi sono così distribuiti:

    – Catanzaro: CASI ATTIVI 6377 (72 in reparto, 11 in terapia intensiva, 6294 in isolamento domiciliare); CASI CHIUSI 30807 (30561 guariti, 246 deceduti).

    – Cosenza: CASI ATTIVI 30052 (137 in reparto, 4 in terapia intensiva, 29911 in isolamento domiciliare); CASI CHIUSI 38580 (37610 guariti, 970 deceduti).

    – Crotone: CASI ATTIVI 4877 (22 in reparto, 0 in terapia intensiva, 4855 in isolamento domiciliare); CASI CHIUSI 24469 (24271 guariti, 198 deceduti).

    – Reggio Calabria: CASI ATTIVI 14308 (127 in reparto, 6 in terapia intensiva, 14175 in isolamento domiciliare); CASI CHIUSI 100780 (100095 guariti, 685 deceduti).

    – Vibo Valentia: CASI ATTIVI 15929 (18 in reparto, 0 in terapia intensiva, 15911 in isolamento domiciliare); CASI CHIUSI 16509 (16350 guariti, 159 deceduti).

    L’Asp di Cosenza comunica che nel setting fuori regione si registrano 5 nuovi casi a domicilio. Quella di Crotone rende nota la presenza nell’elenco di 2 soggetti positivi nel setting fuori regione.

  • Il Duca Conte Occhiuto e la Megacittadella

    Il Duca Conte Occhiuto e la Megacittadella

    A dirla tutta non incute il timore del Duca Conte Maria Rita Vittorio Balabam, né il suo ufficio in cima alla Cittadella è avvolto dal bagliore alienante in cui Fantozzi si ritrova nel finale del suo primo film. Però, a leggere bene le carte senza badare troppo alla narrazione social, Roberto Occhiuto sembra muoversi proprio come il Galattico padrone assoluto della Megaditta che il ragioniere più famoso del cinema italiano appellava «maestà» o «santità».

    È pur vero che, al netto dei calcoli su astensionisti e residenti all’estero, lo ha scelto un popolo che da 50 anni chiede invano di essere ben governato. E va anche detto che in tutte le principali emergenze che schiacciano la Calabria è la Regione l’unico ente che può metterci i soldi. Dunque è anche comprensibile, alla luce dei fallimenti del passato, che chi la guida tenda a prendersi, oltre che le grane, anche il potere. Ma nel caso di Roberto Occhiuto il tasso di accentramento ha già raggiunto in pochi mesi livelli che i suoi predecessori nemmeno si sognavano.

    Roberto Occhiuto mega presidente galattico

    Oltre ai superpoteri nella sanità in Calabria quale commissario e creatore dell’Azienda zero, è pronto un nuovo disegno che darà a Occhiuto il bastone del comando anche in materia di acqua e rifiuti. Non li gestirà lui direttamente. Ma certamente chi lo farà sarà una sua diretta emanazione, una protesi burocratica che assorbirà le competenze che ora sono di altri e rispondono ad altri.

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    La sede della Regione Calabria a Germaneto

    Il disegno di legge approvato in Giunta (potete immaginare su proposta di chi), è arrivato fresco fresco al Consiglio regionale. Si intitola “Organizzazione dei servizi pubblici locali dell’ambiente”. Passerà dall’esame di merito della quarta Commissione (Ambiente) e dovrà avere il parere della seconda (Bilancio). Dopodiché approderà nell’Aula di Palazzo Campanella. Dove, al di là di qualche emendamento che dovrà avere sempre l’ok del Megadirettore, si può star certi che scivolerà liscio verso l’approvazione.

    Rifiuti e acqua in Calabria: Occhiuto e la multiutility

    La proposta prevede la creazione dell’Autorità Rifiuti e Risorse Idriche della Calabria, con la partecipazione obbligatoria di tutti i Comuni della regione. Si tratta della «multiutility» di cui Occhiuto parla fin dalla campagna elettorale. Accorperà in un unico ente sia l’Autorità idrica della Calabria (Aic) che i cinque Ambiti territoriali ottimali (Ato) che, molto in teoria, dovrebbero gestire il ciclo dei rifiuti in Calabria. L’Aic è oggi l’ente di governo d’ambito dell’acqua. È entrata in funzione dopo enormi ritardi e, mentre progettava di affidare il servizio idrico a un’azienda speciale consortile, è incappata nella figuraccia del bando per l’ammodernamento delle reti idriche, risultandone esclusa per la mancanza di un allegato.

    Ora l’Aic verrà soppressa, proprio come gli Ato che nelle cinque province stavano tentando, a vario titolo con scarsi risultati, di dare un’accelerata a quei nuovi impianti che da anni non si riescono a realizzare per tirare fuori la gestione della spazzatura dal medioevo delle discariche. Il passaggio è ovviamente anche politico. L’idrico è stretto tra le velleità dell’Aic guidata da Marcello Manna e le difficoltà societarie della Sorical – il ddl autorizza Fincalabra ad acquisire le quote dei privatiaffidata al leghista Cataldo Calabretta. Allo stesso modo gli Ato sono bloccati dalle tante vertenze territoriali e dalle rivendicazioni dei vari sindaci.

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    Salvini e Cataldo Calabretta

    Via tutti, comando io

    La soluzione? Semplice: via tutti, in Calabria su acqua e rifiuti comanda Occhiuto. Che, se la legge verrà approvata così com’è, entro dieci giorni dall’entrata in vigore nominerà un commissario straordinario alla guida della Megauthority. Il commissario rimarrà in carica fino alla costituzione degli organi ordinari – tra poco vedremo quali sono – e comunque per non più di 6 mesi, eventualmente rinnovabili.

    La nuova Autorità subentrerà subito nei rapporti giuridici attivi e passivi che fanno capo all’Aic (prendendosene patrimonio e personale). Stessa cosa, ma con sei mesi di interregno, per tutto ciò (impianti compresi) che fa riferimento alle Comunità d’ambito degli Ato, che dopo il semestre saranno sciolte di diritto e decadranno.

    La multiutility c’est moi

    Sarà dotata, la multiutility, di un’apposita struttura tecnico-operativa. E potrà, inoltre, avvalersi di personale della Regione, degli enti subregionali e degli enti locali. Über alles, insomma. Gli organi, dicevamo, sono: direttore generale (indovinate da chi sarà nominato…), consiglio direttivo d’ambito, revisore dei conti.

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    Il presidente della Regione Calabria, Roberto Occhiuto

    Il consiglio direttivo è costituito da 40 Comuni: ne fanno parte di diritto i cinque capoluoghi e gli altri rappresentanti verranno eletti, con criteri proporzionali alla popolazione, da tutti i sindaci calabresi. Il giorno delle elezioni lo stabilirà con decreto il presidente della Giunta regionale. Lo stesso Occhiuto, come detto, una volta «sentito il consiglio direttivo», nominerà anche il dg, che dura in carica 5 anni. La Regione avrà il potere di vigilanza sugli atti dell’Autorità, il Consiglio regionale eserciterà il controllo sull’attuazione della legge istitutiva e valuterà i risultati che ne scaturiranno.

    Il popolo e il Duca Conte 

    Ma attenzione: nel disegno di legge c’è spazio anche per un articolo intitolato «Tutela degli utenti e partecipazione». Che non si dica che ci si dimentica del popolo. Testuale: «In rappresentanza degli interessi degli utenti dei servizi, ai fini del controllo della qualità del servizio idrico integrato e del servizio di gestione dei rifiuti urbani, presso il Consiglio direttivo d’ambito dell’Autorità è istituito il Comitato consultivo degli utenti e dei portatori d’interesse».

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    Fantozzi nell’ufficio del mega direttore galattico

    Ok. Ma chi decide la composizione del Comitato? «È nominato con decreto del presidente della Regione ed è formato sulla base di una direttiva della giunta regionale». Le istanze dei cittadini-contribuenti sono insomma nella proverbiale botte di ferro, anche stavolta ci pensa il Duca Conte Roberto Occhiuto. Intanto, per noialtri inferiori, resta il sogno di trovare nel prossimo Burc un decreto che dispone, per l’ultimo piano della Cittadella, l’acquisto di un acquario in cui far nuotare i dipendenti e di una poltrona in pelle umana.

  • Coronavirus Calabria, contagi ancora sotto i 3.000 casi, sei vittime

    Coronavirus Calabria, contagi ancora sotto i 3.000 casi, sei vittime

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    Gli aggiornamenti  di oggi (26 marzo) sulla diffusione del Coronavirus in Calabria riportano 2.829 nuovi contagi in più rispetto a ieri. I tamponi effettuati sono stati x. Il tasso di positività risulta, di conseguenza, del 20,93%. I guariti dal Covid sono 2.038. Si registra, inoltre, la morte di 6 persone.
    A seguire, i dati del giorno relativi alla pandemia comunicati dalle Asp di Catanzaro, Cosenza, Crotone, Reggio Calabria e Vibo Valentia alla Regione e riportati nel bollettino quotidiano della Cittadella.

    Il Coronavirus in Calabria, provincia per provincia (26 marzo)

    Territorialmente, dall’inizio dell’epidemia, i casi positivi sono così distribuiti:

    Catanzaro: CASI ATTIVI 6236 (72 in reparto, 11 in terapia intensiva, 6153 in isolamento domiciliare); CASI CHIUSI 30559 (30313 guariti, 246 deceduti).

    Cosenza: CASI ATTIVI 29386 (127 in reparto, 1 in terapia intensiva, 29258 in isolamento domiciliare); CASI CHIUSI 38577 (37610 guariti, 967 deceduti).

    Crotone: CASI ATTIVI 4889 (28 in reparto, 0 in terapia intensiva, 4861 in isolamento domiciliare); CASI CHIUSI 24354 (24158 guariti, 196 deceduti).

    Reggio Calabria: CASI ATTIVI 14610 (124 in reparto, 5 in terapia intensiva, 14481 in isolamento domiciliare); CASI CHIUSI 99785 (99100 guariti, 685 deceduti).

    Vibo Valentia: CASI ATTIVI 15894 (17 in reparto, 0 in terapia intensiva, 15877 in isolamento domiciliare); CASI CHIUSI 16508 (16350 guariti, 158 deceduti).

    L’Asp di Reggio Calabria comunica 3 soggetti positivi fuori regione.

    Quella di Cosenza comunica:” Nel setting fuori regione si registrano 15 nuovi casi a domicilio”.

    L’Asp di Vibo Valentia comunica 2 soggetti positivi nel setting fuori regione.

  • Covid Calabria oggi (25 marzo): diminuiscono i contagi, tasso di positività si ferma al 21,5 %

    Covid Calabria oggi (25 marzo): diminuiscono i contagi, tasso di positività si ferma al 21,5 %

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    Il Covid in Calabria oggi (25 marzo) fa registrare 2979 nuovi contagi in più rispetto a ieri. I tamponi effettuati sono stati 14151. Il tasso di positività risulta del 21,05%. I guariti del giorno sono 1590. Si registra un solo morto.
    Questi sono i dati del giorno relativi alla pandemia comunicati dalle Asp di Catanzaro, Cosenza, Crotone, Reggio Calabria e Vibo Valentia alla Regione e riportati nel bollettino quotidiano della Cittadella.

    I dati, provincia per provincia, sul Covid in Calabria oggi (25 marzo)

    Territorialmente, dall’inizio dell’epidemia, i casi positivi sono così distribuiti:

    – Catanzaro:  CASI ATTIVI 6.190 (69 in reparto, 10 in terapia intensiva, 6.111 in isolamento domiciliare); CASI CHIUSI 30.301 (30.055 guariti, 246 deceduti)..

    – Cosenza: CASI ATTIVI 28.560 (132 in reparto, 0 in terapia intensiva, 28.428 in isolamento domiciliare); CASI CHIUSI 38.513 (37.548 guariti, 965 deceduti).

    – Crotone: CASI ATTIVI 5.259 (28 in reparto, 0 in terapia intensiva, 5.231 in isolamento domiciliare); CASI CHIUSI 23.662 (23.466 guariti, 196 deceduti)..

    – Reggio Calabria:  CASI ATTIVI 14.469 (129 in reparto, 5 in terapia intensiva, 14.335 in isolamento domiciliare); CASI CHIUSI 98.808 (98.127 guariti, 681 deceduti).

    – Vibo Valentia: CASI ATTIVI 15.772 (17 in reparto, 0 in terapia intensiva, 15.755 in isolamento domiciliare); CASI CHIUSI 16.455 (16.297 guariti, 158 deceduti).

    L’Asp di Catanzaro comunica 403 nuovi soggetti positivi di cui 3 fuori regione. L’Asp di Cosenza comunica 940 nuovi soggetti positivi di cui 8 fuori regione. L’Asp di Crotone comunica di aver inserito in data odierna 12 soggetti nel setting fuori regione precedentemente inseriti nella provincia.

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  • Superburocrate nomina se stessa nel silenzio della politica

    Superburocrate nomina se stessa nel silenzio della politica

    Nel Consiglio regionale delle leggi che «s’illustrano da sé» può veramente succedere qualsiasi cosa. La politica si dimostra supina rispetto all’incancrenirsi di certe sacche di potere, indifferente ad ogni moto di cambiamento, con conversione lampo anche dei sedicenti rivoluzionari. E la burocrazia fa da contraltare, anche se non mancano commistioni e connivenze.

    Un esempio emblematico è la nomina (prima ad interim, poi effettiva) della segretaria e direttrice generale del Consiglio regionale, Maria Stefania Lauria. Sulla regolarità delle procedure adottate permangono dubbi che la “manina” della politica si sia messa di mezzo.

    Guadagna più di Mattarella e Occhiuto

    È una poltrona che fa gola quella che include segreteria e direzione generale del Consiglio regionale. Due cariche di vertice per una sola persona, che fanno del destinatario della nomina uno dei più potenti nei palazzi della politica calabrese. E anche quello che guadagna più di chiunque altro. Il compenso totale arriva a toccare i 240mila euro annui. Una somma superiore a quella per il presidente della Regione Roberto Occhiuto, che, invece, si ferma a 212mila euro.

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    Il presidente della Regione Calabria, Roberto Occhiuto

    Non solo, è addirittura più alta di quella del Presidente della Repubblica, a cui spetterebbero 239.182 euro lordi annuali. Sergio Mattarella, a seguito della sua riconferma, ha chiesto al Mef una riduzione di circa 60mila euro, portando l’importo lordo annuo a 179.835,84 euro come segnale per il Paese. Il presidente del Consiglio dei ministri ha un compenso relativo alla carica di 114mila euro lordi annui.
    Mario Draghi ha rinunciato
    , Giuseppe Conte si decurtò lo stipendio del 20%, arrivando a percepire 91.800 euro lordi.

    Dopo Lauria arriva… Lauria

    La nomina di Lauria come segretaria e direttrice generale ad interim è uscita dal cilindro dell’Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale il 26 giugno del 2020. A guidarlo era Domenico Tallini, segretario questore Filippo Mancuso.
    Dalla deliberazione e gli altri atti della procedura è emersa da subito l’assenza della pubblicazione nella sezione “avvisi” del sito istituzionale del Consiglio regionale della Calabria di una apposita manifestazione di interesse per ricoprire l’incarico conferito ad interim.

    Tuttavia nell’atto deliberativo si giustifica la scelta «nell’ambito della disponibilità delle risorse interne». Il rischio è di aver violato l’articolo 19, comma 1-bis, del decreto legislativo n. 165 del 2001, che per le selezioni impone di acquisire la disponibilità dei dirigenti interessati e di valutarle.
    Inoltre, non è mai stato previsto un termine per la conclusione dell’interim; solo il conferimento del potere di predisporre gli avvisi per la selezione del successore di Lauria (che poi si rivelò essere lei stessa).

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    Alessandro Melicchio, parlamentare del Movimento 5 stelle

    L’interrogazione parlamentare del M5S

    In merito, nell’ottobre 2020 il deputato del M5S Alessandro Melicchio e l’attuale sottosegretaria alla Coesione territoriale Dalila Nesci avevano firmato una interrogazione parlamentare all’allora ministra per la Pubblica Amministrazione Fabiana Dadone. Quest’ultima ritenne di attivare l’Ispettorato per la Funzione pubblica, che inviò le richieste istruttorie per conoscenza alla Procura di Reggio Calabria.

    I magistrati reggini nel dicembre 2020, per il tramite della polizia giudiziaria, acquisirono tutti gli atti relativi alla nomina di Maria Stefania Lauria. La risposta della ministra replicò o quasi la relazione fornitale all’epoca dal presidente del Consiglio regionale Domenico Tallini, farcita di intenzioni future probabilmente atte solamente, come vedremo, a giustificare nel presente la nomina dell’interim.

    La risposta “attendista” della ministra Dadone

    Scrive Dadone: «Secondo quanto riportato nella relazione (di Tallini, ndr), detta nomina fa parte della rivisitazione della struttura burocratica consiliare, considerata dall’ufficio di presidenza obiettivo fondamentale per la realizzazione del programma politico della nuova legislatura. L’esigenza di riordinare l’organizzazione del consiglio regionale e di varare bandi aperti e partecipati sarebbe supportata, d’altra parte, anche dalla deliberazione n. 20 del 26 giugno 2020 {Modifiche al regolamento sull’ordinamento degli uffici e dei servizi del Consiglio regionale della Calabria…} con la quale è prevista la partecipazione di professionalità esterne ai bandi in oggetto.

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    Fabiana Dadone

    Per le descritte attività, stante pure la succitata situazione contingente (insediamento nuovo consiglio regionale e l’emergenza epidemiologica), viene fatto presente che «non era, al momento della nomina, astrattamente individuabile un termine finale certo, pur essendo sempre stato intendimento di questa presidenza procedere alle nuove nomine dei dirigenti generali, ai sensi delle vigenti disposizioni di legge, con decorrenza dal primo gennaio 2021».

    Interim e ritardi

    Sulla mancata attivazione delle procedure per il conferimento degli incarichi di segretario/direttore generale si afferma «come l’arco temporale di due mesi non possa, in alcun modo, essere qualificato come ritardo».
    Certo è che, invece, la Regione ha emanato gli avvisi per la selezione “effettiva” il primo febbraio 2021. Sono oltre 7 mesi dall’inizio dell’interim. La procedura si è conclusa in altri undici mesi, alla fine dello scorso dicembre. Un totale di 18 mesi.

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    L’ex presidente del consiglio regionale, Mimmo Tallini e il segretario generale di Palazzo Campanella, Stefania Lauria

    Consiglio regionale, norme violate?

    La deliberazione dell’Ufficio di Presidenza del 26 giugno 2020, n. 20 (la 21, dello stesso giorno, ha conferito l’interim alla Lauria) ha modificato il Regolamento sull’ordinamento degli uffici e dei servizi del Consiglio regionale della Calabria. Ora c’è un articolo 11bis: “Procedura conferimento incarichi dirigenziali di livello generale”. Impone per la nomina del segretario e del direttore generale di Palazzo Campanella l’emanazione di due distinti avvisi. Il primo serve a verificare prioritariamente professionalità interne, il secondo a valutare le candidature esterne. Solo laddove siano presenti esigenze di celerità si prevede la possibilità di predisporre e rendere pubblico sul sito istituzionale un unico avviso rivolto sia a dirigenti interni che a soggetti esterni.

    Gli avvisi di selezione predisposti dalla stessa segretaria generale Maria Stefania Lauria, approvati dall’Ufficio di presidenza a guida Giovanni Arruzzolo a febbraio 2021, non contemplano la possibilità a soggetti esterni al Consiglio regionale di partecipare, nonostante il regolamento cambiato “ad hoc” prima di conferire l’interim nel 2020. E nonostante la relazione alla ministra Dadone dell’allora presidente del Consiglio Domenico Tallini che esaltava proprio l’introduzione di una nuova procedura di selezione, aperta e partecipata.

    L’interim “chiacchierato” vale punteggio

    La deliberazione dell’Ufficio di Presidenza numero 17 del 29 dicembre 2021, questa volta a guida Filippo Mancuso, conferisce l’incarico triennale di segretaria e direttrice generale del Consiglio regionale a Maria Stefania Lauria.
    Nell’atto si legge che «dall’esame comparativo delle candidature ammesse (non vengono indicate quali, ndr), il profilo curriculare dell’Avv. Maria Stefania Lauria, dirigente di ruolo del Consiglio regionale della Calabria, appare quello più adatto e maggiormente coerente rispetto agli incarichi da conferire». Tra le motivazioni alla base della scelta vi è proprio l’esperienza maturata durante il periodo (un anno e mezzo) dell’interim “chiacchierato”. Quello del quale la Procura ha chiesto le carte e su cui i parlamentari grillini hanno interpellato la Funzione pubblica.

    In questo iter si sono alternati tre presidenti del Consiglio regionale: Tallini, Arruzzolo e Mancuso, due di Forza Italia e uno della Lega. Tutti hanno sempre difeso la bontà delle scelte fatte. Sarà, allora, una pura casualità che, subito dopo l’ambita nomina, la Lauria abbia nominato nella sua struttura – rispettivamente il 21 gennaio e 4 febbraio di quest’anno – proprio la sorella del deputato di Forza Italia Francesco Cannizzaro, Sabina (poi trasferita in altra struttura), ed il fedelissimo e già portaborse di Filippo Mancuso, Francesco Noto. Scherzi del destino a parte, è una situazione che cristallizza nelle determine la strana commistione tra politica e alta burocrazia.

    Priolo spina nel fianco

    È ancora pendente presso il Tribunale di Reggio Calabria (giudice Valentina Olisterno) il ricorso dell’ex segretario e direttore generale del Consiglio regionale Maurizio Priolo contro la nomina ad interim di Maria Stefania Lauria. Per Priolo è «del tutto illegittima», in quanto «si tratta di un vero e proprio affidamento diretto dell’incarico in aperta violazione di legge». L’ex capo della burocrazia sottolinea che «la durata dell’incarico di reggenza è subordinata alla redazione dell’avviso (di selezione, ndr) da parte della stessa dott.ssa Lauria, con evidente conflitto di interesse». La prossima udienza si terrà a settembre, ma il tema, alla luce della conferma triennale ricevuta, è di stretta attualità.

    Maurizio Priolo
    Maurizio Priolo

    In effetti, nella selezione che portò Priolo ai vertici della burocrazia regionale nel 2015 si affidò la valutazione delle candidature ad un nucleo di valutazione. A comporlo erano il presidente dell’Ordine degli avvocati di Reggio Calabria e due docenti universitari di diritto amministrativo. Provvedeva anche ad esprimere un giudizio sintetico sui partecipanti alla selezione stessa.

    A “giudicare” la Lauria, invece, è stata solo la politica. Prima con l’Ufficio di Presidenza a guida Domenico Tallini, che le ha affidato il “chiacchierato” interim. Poi con quello a guida Filippo Mancuso, che ha messo il placet ad una procedura aperta solo ai dirigenti interni e senza la pubblicazione delle valutazioni comparative del curriculum dei partecipanti. Si attendono sviluppi.

  • Covid Calabria oggi (24 marzo): quasi 3.500 contagi , ma il tasso di positività scende

    Covid Calabria oggi (24 marzo): quasi 3.500 contagi , ma il tasso di positività scende

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    Il Covid in Calabria oggi (24 marzo) fa registrare 3.452 nuovi contagi in più rispetto a ieri. I tamponi effettuati sono stati 15.802. Il tasso di positività risulta del 21,85%. I guariti del giorno sono 1645. I morti sono 11.
    Questi sono i dati del giorno relativi alla pandemia comunicati dalle Asp di Catanzaro, Cosenza, Crotone, Reggio Calabria e Vibo Valentia alla Regione e riportati nel bollettino quotidiano della Cittadella.

    I dati, provincia per provincia, sul Covid in Calabria oggi (24 marzo)

    Territorialmente, dall’inizio dell’epidemia, i casi positivi sono così distribuiti:

    – Catanzaro: CASI ATTIVI 6.265 (61 in reparto, 9 in terapia intensiva, 6.195 in isolamento domiciliare); CASI CHIUSI 29.826 (29.580 guariti, 246 deceduti).

    – Cosenza: CASI ATTIVI 27.801 (135 in reparto, 0 in terapia intensiva, 27.666 in isolamento domiciliare); CASI CHIUSI 38.340 (37.375 guariti, 965 deceduti).

    – Crotone: CASI ATTIVI 4.936 (28 in reparto, 0 in terapia intensiva, 4.908 in isolamento domiciliare); CASI CHIUSI 23.660 (23.465 guariti, 195 deceduti).

    – Reggio Calabria: CASI ATTIVI 14.298 (130 in reparto, 4 in terapia intensiva, 14.164 in isolamento domiciliare); CASI CHIUSI 97.945 (97.264 guariti, 681 deceduti).

    – Vibo Valentia: CASI ATTIVI 15.579 (19 in reparto, 0 in terapia intensiva, 15.560 in isolamento domiciliare); CASI CHIUSI 16.383 (16.225 guariti, 158 deceduti). L’Asp di Catanzaro comunica 543 nuovi soggetti positivi di cui 2 fuori regione.

    L’Asp di Cosenza comunica 1.165 nuovi soggetti positivi di cui 27 fuori regione. Inoltre, specifica che dei sei decessi comunicati oggi, 1 è avvenuto a domicilio il 9/2/2022 e se ne è avuta notizia in data odierna tramite scheda Istat di morte.

    Nel setting fuori regione si registrano 15 nuovi casi a domicilio a cui si sommano 12 casi registrati fino al 23/3/2022 tra i soggetti provenienti dall’Ucraina.

    L’Asp di Reggio Calabria comunica 1.081 nuovi soggetti positivi di cui 10 fuori regione.

    L’Asp di Vibo Valentia comunica 289 nuovi soggetti positivi di cui 13 fuori regione. Inoltre, vengono aggiunti due soggetti positivi del 21/03/2021.

    covid-calabria-oggi-24-marzo

  • Via Roma, il Tar dà ragione al Comune di Cosenza: niente stop ai cantieri

    Via Roma, il Tar dà ragione al Comune di Cosenza: niente stop ai cantieri

    Scuole di via Roma, il Tar boccia i genitori. La querelle intorno alla demolizione della piazzetta antistante i due istituti, con l’area intitolata a Stefano Rodotà destinata a lasciare spazio al ritorno delle auto, era finita davanti ai giudici amministrativi di Catanzaro. Ad adire le vie legali contro la scelta del Comune di Cosenza era stato un gruppo di genitori degli alunni delle elementari “Lidia Plastina Pizzuti”.

    Per il Tar ai genitori tocca pagare il Comune di Cosenza

    La seconda sezione del TAR, però, ha rigettato il loro ricorso, con una decisione arrivata peraltro a cantiere ormai avviato. Le famiglie degli studenti chiedevano l’annullamento, previa sospensione dell’efficacia, dei provvedimenti con i quali Palazzo dei Bruzi aveva dato il via ai lavori nello spazio pedonale tra la “Plastina Pizzuti” e la “Zumbini”. Il Tar le ha invece condannate a pagare al Comune di Cosenza le spese e le competenze di questa fase del giudizio.

    Via Roma, la soddisfazione di Caruso

    Secondo i giudici, riporta l’Ufficio Stampa del municipio, non ci sarebbero stati profili di palese illogicità e ragionevolezza nei provvedimenti della Giunta. Il sindaco Franz Caruso, nel vedere rigettata l’istanza cautelare, ha espresso soddisfazione e ringraziato l’assessore ai Lavori pubblici, Damiano Covelli, che si occupa della questione via Roma. E sottolineato come il Tar abbia confermato «il rispetto, da parte dell’Amministrazione comunale dei principi della correttezza, della legittimità e della tutela degli interessi della comunità amministrata».

     

  • Vecchi, soli e senza figli: ecco le famiglie calabresi oggi

    Vecchi, soli e senza figli: ecco le famiglie calabresi oggi

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    Rispetto al Censimento del 2011, in linea con l’andamento negli ultimi decenni, le famiglie italiane sono aumentate nel 2019 di 1,2 milioni di unità (+5,0%), passando da 24,6 a 25,8 milioni; considerando gli ultimi 50 anni, l’aumento è di quasi 10 milioni (15.981.177 nel 1971).
    Le famiglie aumentano, ma sono sempre più piccole. Il numero medio di componenti, infatti, scende da 3,35 del 1971 a 2,29 del 2019. Nelle regioni del Sud, dove le famiglie sono storicamente più numerose, il valore si attesta a 2,5 componenti, ma erano 3,75 nei primi anni Settanta e 2,92 all’inizio del nuovo millennio.
    Le profonde trasformazioni economiche e sociali che hanno interessato l’Italia nel corso di mezzo secolo, il calo delle nascite, il progressivo invecchiamento della popolazione e il consistente ingresso di cittadini stranieri hanno contribuito al forte ridimensionamento della numerosità dei componenti nel nucleo familiare.

    Italiani sempre più soli

    A crescere sono soprattutto le famiglie unipersonali, pari a 9,1 milioni nel 2019, contro il 12,9% del 1971. In altri termini, vive da solo circa il 15% degli individui abitualmente dimoranti in Italia.
    Dentro la rete della famiglia allargata venivano erogati servizi di assistenza e di solidarietà che si stanno trasformando in meccanismi di mercato: pensiamo alla crescita esponenziale delle badanti per gli anziani o alle baby sitter per i bambini. Il grande assente di questa trasformazione è stato l’apparato pubblico, che ha congelato una struttura dei servii sociali costruita nell’Italia del miracolo economico, in uno scenario radicalmente differente.

    Più asili nido e più assistenza agli anziani

    Questo profondo rivolgimento nella struttura sociale della famiglia dovrebbe condurre ad un ripensamento nel modello di offerta dei servizi collettivi: aumenta la necessità di servizi di assistenza alla persona, che prima erano svolti all’interno della famiglia allargata, capace di stare al fianco degli anziani e dei bambini, che vivevano spesso sotto lo stesso tetto, creando una rete di servizi incrociati sottratti al mercato ed allo Stato.
    Servono ora invece più asili nido e più servizi domiciliari di assistenza per gli anziani non autosufficienti. Il mutamento nella struttura demografica della piramide sociale determinerà un numero tendenzialmente inferiore di allievi nelle scuole secondarie, mentre imporrà l’infittimento dei servizi di assistenza sanitaria alle persone con età crescente.

    Nurse consoling senior woman holding her hand

    Niente più famiglie numerose

    Alla crescita delle famiglie unipersonali si affianca la diminuzione nel corso del tempo di quelle più numerose. Nel 1971 le famiglie formate da cinque componenti o più erano 3,4 milioni e rappresentavano il 21,5% del totale delle famiglie residenti. Nel 2019 se ne contano solo 1,3 milioni, e costituiscono poco più del 5% delle famiglie censite.
    Anche nel 2019 la percentuale più elevata di queste famiglie si rileva nelle regioni dell’Italia meridionale (6,9%) e insulare (5,5%) a cui si contrappongono incidenze inferiori alla media nazionale (5,1%) nelle ripartizioni Nord-occidentale (4,1%), Nord-orientale (4,9%) e del Centro (4,6%). Decisamente più marcate erano le disuguaglianze nel 1971, quando nel Sud della Penisola quasi una famiglia su tre (31,2%) era formata da almeno cinque persone, mentre nel Nord-ovest queste erano meno del 14% del totale.

    La crescita a due velocità delle famiglie

    In Calabria le famiglie sono 796.780 nel 2019, rispetto a 772.977 nel 2011, con un aumento di 23.803 unità familiari nel periodo, pari al 3,1%, un valore significativamente più basso di quello nazionale (5%). Il valore medio dei componenti risulta nel 2019 di 2,37 in Calabria, molto vicino ormai al valore nazionale (2,29), mentre nel 2011 l’indicatore era pari in Calabria a 2,53.
    In vent’anni, tra il 2001 ed il 2021, la popolazione calabrese è diminuita complessivamente del 7,4%. Ma, soprattutto, è cambiato profondamente il mix della piramide demografica: si è assottigliata fortemente la presenza delle fasce giovanili, mentre è cresciuto drammaticamente il peso della popolazione anziana.

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    Le famiglie italiane hanno sempre meno figli

    Aumenta l’età media in Calabria

    La fascia oltre i 65 anni è passata in Calabria dal 17,1% del 2001 al 22,9% del 2021. Nelle classi tra 55 e 64 anni di età si aggiunge un altro 17,5%. I calabresi con oltre 55 anni di età rappresentano il 40,4% del totale della popolazione. L’età media è passata in Calabria da 32,6 del 2001 a 45,2 anni oggi.
    L’invecchiamento della popolazione richiede una struttura completamente differente dei servizi sociali, molto più attenta alla medicina di territorio ed all’assistenza domiciliare, se si vuole evitare che l’ospedalizzazione della sanità determini un incremento insostenibile di costi ed una condizione estraniante per le persone.

    Un terzo delle famiglie a Reggio è unipersonale

    Il baricentro delle necessità, per quanto riguarda la Calabria, deve focalizzarsi dunque principalmente sul ripensamento dei servizi di assistenza alle popolazioni anziane. Le tendenze future della demografia accentueranno ulteriormente questa necessità, mentre andrebbero predisposte parallelamente politiche della famiglia per invertire la tendenza drammatica alla riduzione della popolazione, favorendo la ripresa delle nascite mediante servizi alle famiglie per l’assistenza ai bambini.

    Il fenomeno di allargamento del numero delle famiglie e di restringimento dei componenti del nucleo famigliare è ancora più accentuato nelle città di maggiore dimensione. A Reggio Calabria il numero delle famiglie cresce tra il 2011 ed il 2019 del 4,5%, mentre nello stesso periodo la popolazione in famiglia si riduce del 3,2%. Un terzo delle famiglie a Reggio Calabria nel 2019 è unipersonale, rispetto al 27,2% del 2011; le famiglie con sei o più componenti sono ormai solo l’1,3%. Le grandi città sono il laboratorio che richiede maggiore radicalità e maggiore cura. Siamo già in grave ritardo, perché molto è già accaduto, e nulla è stato fatto. Sarebbe il caso di cominciare subito.

    Nelle regioni dove maggiore è risultato il cambiamento, e quindi in particolare nel Mezzogiorno e nella Calabria, andrebbero radicalmente riscritti la struttura, l’organizzazione ed il processo di erogazione dei servizi collettivi, dall’istruzione alla sanità, dai trasporti ai servizi culturali. Se questo non accadrà, varrà solo la legge del mercato, con un aumento delle diseguaglianze e con un processo che determinerà ulteriore spopolamento.

  • Figli di una sanità minore: la corsa a ostacoli dei pazienti dializzati

    Figli di una sanità minore: la corsa a ostacoli dei pazienti dializzati

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    Strumenti nuovi che restano imballati, macchinari obsoleti che non escono di scena, percorsi protetti inesistenti nel 95% dei centri. E, dulcis in fundo, un sistema di trasporto che evidenzia problemi differenti da provincia a provincia. Sono le tappe di una via crucis tutta calabrese che costringe i pazienti nefropatici della regione ad una corsa a ostacoli quotidiana. Tutto per l’assenza di una riorganizzazione generale che l’Aned chiede da anni.

    Segnali di apertura cominciano a intravvedersi, ma la strada per l’uscita dal tunnel è ancora lunga perché per districare la matassa della nefrologia in Calabria servirebbe la bacchetta magica. Intanto il tempo passa e il calvario dei malati prosegue. Anche per via di una distribuzione che non sempre mette in correlazione i pazienti con il centro più vicino e più adatto ai loro bisogni. Ironia della sorte, può così capitare che chi vive in provincia di Catanzaro debba fare dialisi ad Amantea (CS). O che, invece, la faccia a Catanzaro chi abita a Vibo Valentia.

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    Il poliambulatorio di Amantea

    La giungla del trasporto

    Ne sanno qualcosa 140mila nefropatici, 770 trapiantati renali e 1.500 dializzati. Un esercito fragile e ostaggio di una rete fatta di 37 Centri dialisi, ma priva di una vera visione complessiva e, pertanto, non in grado di concentrarsi sulle vere esigenze di pazienti, spesso anziani, costretti a barcamenarsi nel labirinto della burocrazia.

    Lo dimostra il caso di una settantacinquenne catanzarese che deambula a fatica, ma che proprio perché qualche passo riesce ancora a farlo non ha diritto al trasporto in ambulanza. Sarebbe più indicata un’auto medica. Ma, mentre la vicenda è esplosa tra le mani di Asp e trasportatori, a vivere un disagio costante sono lei e il marito, che non se la sente più di accompagnarla sempre per via degli acciacchi senili.

    Il suo non è un caso unico in una regione costellata di drammi singoli che fanno da sfondo a una giungla sanitaria. Sempre Catanzaro ha visto proliferare, ad esempio, i trasportatori privati. A queste associazioni adesso sono stati bloccati anche i pagamenti, peraltro da sempre bollati come «inadeguati» rispetto ai chilometri percorsi. Il braccio di ferro ingaggiato per ottenere anche la retribuzione dei chilometri macinati nel tragitto dalla propria sede a casa del paziente da accompagnare in dialisi e viceversa si interseca, dunque, con le richieste dell’Asp. Che alle associazioni ha imposto il rispetto della legge 141 del 2018, quella che punta a mettere la Calabria in linea con le normative nazionali legando l’accreditamento dei trasportatori privati al rispetto di stringenti requisiti da garantire in sede e nelle ambulanze.

    Stop del trasporto degli emodializzati a Catanzaro

    E proprio a Catanzaro l’ultimo venerdì di marzo segna lo stop del trasporto in ambulanza degli emodializzati che ne hanno diritto. Le associazioni private che nel capoluogo di regione hanno di fatto il monopolio del servizio incrociano le braccia, parlano di tempo scaduto e per rimettersi in marcia dettano condizioni precise. Incassare le spettanze dovute almeno fino a febbraio è il mantra di operatori sfiancati da difficoltà storiche che si scontrano pure con l’assenza di parcheggi riservati alle ambulanze private. Le multe, dunque, fioccano e diventano ciliegine indigeste di una torta amarissima farcita da conti che non tornano e rimborsi troppo esigui.

    Un’ambulanza della Croce Rossa

    Ombre un po’ ovunque

    Un problema, questo, che non esiste a Vibo Valentia. Lì a gestire il trasporto dei dializzati non autonomi c’è soltanto la Croce Rossa, però le questioni burocratiche sono di fatto sostituite dalle carenze di mezzi e personale, come in provincia di Reggio Calabria. Nella Locride va molto peggio che nel capoluogo dello Stretto. Ombre pure nel Cosentino, dove nel 2020 esplose il caso, non ancora rientrato, della chiusura del Centro dialisi di Rogliano.

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    L’ospedale di Rogliano

    La struttura serviva tanti dializzati residenti in paesini di montagna, costretti di colpo e in piena pandemia a raggiungere Cosenza, oltretutto in orari non proprio ottimali. Tutto in una regione intrappolata tra le maglie di una gestione dialisi limitata alle ambulanze. Soltanto tra Catanzaro e provincia prende in carico 33 pazienti e ne lascia letteralmente a piedi 74, ovvero tutti quelli che vivono una situazione simile alla paziente che qualche mese fa fece scoppiare il caso.

    Il vulnus delle attrezzature

    Da qui la necessità di «interventi urgenti e necessari» che l’Aned continua a chiedere, consapevole che il dramma dei nefropatici calabresi vada ben oltre il solo problema dei trasporti. È l’associazione che, con un documento in cinque punti, a ridosso di Natale ha acceso i riflettori sui due processatori messi a disposizione di Cosenza e Reggio Calabria ormai più di un anno fa, ma mai entrati in funzione.

    È così che, nonostante tali apparecchi siano in grado di verificare prima e meglio la qualità degli organi, l’ottimizzazione dei tempi dei trapianti rimane un miraggio. A Scilla poi il dramma riguarda impianti tecnologici in agonia come quelli per l’osmosi dell’acqua che non garantiscono più qualità di cura al top e mettono a rischio persone bisognose di trattamenti salva vita.

    La promiscuità che mette a rischio la salute

    L’ingresso dell’ospedale dell’Annunziata a Cosenza

    Ma non finisce qui. Tanti, troppi pazienti nefropatici sono pure costretti ad accontentarsi di strutture che l’Associazione nazionale emodializzati definisce «a rischio infettivo». Succede a Vibo Valentia dove – fanno notare – «per accedere bisogna passare dall’ambulatorio di gastroenterologia». A Cosenza «i quattro reparti di competenza, distanti tra loro e qualcuno addirittura adiacente all’obitorio, sono allocati anche in sottoscala». A Crotone, invece, fanno notizia i rischi clinici e psicologici legati al fatto che i posti letto dedicati ai pazienti nefropatici sono adiacenti a quelli di Oncologia. E per Palmi il giudizio è impietoso: «Struttura da terzo mondo». Il sistema in pratica fa acqua da tutte le parti. E anche dalla Nefrologia arriva la conferma che curarsi in Calabria è più difficile che altrove.

    Antonella Scalzi