Categoria: Fatti

  • L’orto digitale con il cuore nella Sibaritide che piace a Microsoft

    L’orto digitale con il cuore nella Sibaritide che piace a Microsoft

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    Negli uffici della multinazionale statunitense Kellog’s a Vimercate, la pausa pranzo produce una ricaduta positiva sull’economia di un piccolo coltivatore calabrese. Nella sede milanese di Banca Intesa il coffee break è a base di spremuta d’arance di Corigliano. I dipendenti della Microsoft a Natale al posto del panettone hanno ricevuto ceste di limoni femminelli prodotti nella piana di Sibari. Marchi come Tiffany, Colgate, Sony, Iliad hanno adottato orti digitali sostenendo la rete di produttori che fanno fatica a rimanere sui mercati, pressati dai costi dell’intermediazione della filiera agroalimentare.

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    Con Biorfarm si può scegliere un albero e adottarlo

    Agricoltura etica e sostenibile

    Una rivoluzione dal basso, portata avanti da contadini che vogliono continuare a coltivare la terra, si battono per avere un guadagno più equo e allo stesso tempo per garantire la qualità e il contatto diretto con i consumatori. Alla guida di questa impresa c’è un giovane calabrese, Osvaldo De Falco, 35 anni, fondatore di Biorfarm, la prima azienda agricola diffusa e condivisa attraverso una piattaforma web con numeri da record: 108 agricoltori e aziende agricole coinvolti in tutta Italia, 55mila utenti della community che adottano alberi, partnership importantissime.

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    Biorfarm ha scelto la strada dell’agricoltura etica e sostenibile

    Addio Milano: il ritorno a Corigliano-Rossano 

    Quella di De Falco è una storia di radici e innovazione. È andato via dalla Calabria per studiare, nel 2014 lavora a Milano nella multinazionale Siemens come consulente finanziario, dopo la laurea in economia e una breve esperienza a New York. Quell’anno suo padre, che ha una piccola azienda di arance e clementine a Corigliano Calabro (che adesso è Corigliano-Rossano), è in difficoltà, rischia di chiudere. Così lui torna per dargli una mano. «Come la maggior parte dei piccoli produttori locali – racconta – mio padre era schiacciato da un sistema che economicamente non è più sostenibile: costretto a vendere per pochi centesimi la frutta che viene poi messa sul mercato a prezzi lievitati. Tutto questo a discapito dei consumatori e della qualità, perché il prodotto viene trasportato diverse volte e stoccato anche per mesi».

    Dal produttore al consumatore 

    È a questo punto che De Falco unisce alla sua passione per la terra le competenze acquisite. Ha un’intuizione: aggregare i piccoli produttori e metterli in contatto diretto con i consumatori, eliminando ogni intermediazione. Così, nel 2015 insieme al suo socio Giuseppe Cannavale, fonda Biorfarm che raccoglie le adesioni degli agricoltori e cresce rapidamente grazie anche alle fortunate operazioni di crowdfunding nel 2018 e nel 2021.

    L’idea è semplice: chiunque, in qualsiasi parte del mondo, può diventare un agricoltore digitale, adottare un albero o un frutteto, seguire le fasi della crescita delle piante e interagire con gli agricoltori, per poi ricevere a casa i prodotti biologici, oppure andare a raccoglierli.

    «Diamo un supporto concreto alla produzione locale – spiega De Falco – perché paghiamo l’agricoltore fino a tre volte di più rispetto alla filiera tradizionale. Il progetto coinvolge i privati, ma soprattutto le aziende. Abbiamo partnership che adottano alberi e frutteti, sono azioni di green marketing che oggi sono molto importanti per trasmettere credibilità e affidabilità. L’adozione dura un anno e poi può essere rinnovata». Ci sono aziende che decidono di destinare la frutta ai dipendenti, di regalarla ai clienti o anche di non ritirarla, per sostenere – senza nulla in cambio – agricoltori che si trovano in un momento di difficoltà. Un’importante casa editrice ha appena acquistato 17mila alberi per un progetto sull’educazione ambientale che coinvolgerà tutte le scuole d’Italia.

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    Gli agricoltori sono pagati fino a tre volte di più

    L’agricoltura dei piccoli produttori

    Chi adotta un albero o un frutteto segue tutto il processo, dalla piantagione alla raccolta, attraverso il “Diario di campagna”, una bacheca con contenuti multimediali postati dall’agricoltore per mostrare ciò che fa quotidianamente e come e dove crescono i prodotti. Entro massimo due giorni dalla raccolta la frutta viene spedita. «Promuoviamo un’agricoltura sostenibile – dice De Falco -supportando i piccoli agricoltori bio che ogni anno rischiano di scomparire e sono preziosi per la tutela del territorio e per salvaguardare la biodiversità ed evitare lo spopolamento delle campagne».

    Dal Trentino alla Sicilia, ci sono i volti e le storie di decine di produttori che fanno parte di questa grande azienda agricola digitale. Dalle mele ai vigneti, dai mandarini ai mirtilli, la community è un’esplosione di colori e profumi, da un angolo all’altro dello Stivale. Ma c’è anche la frutta che non t’aspetti. E arriva soprattutto dalla Calabria, dove si producono giuggiole, feijoa, passion fruit, fichi secchi, kiwi, lime, ribes, zafferano. Non solo uliveti e agrumeti: la biodiversità, parola-jolly da utilizzare nei convegni sull’agricoltura da sempre cari alla politica regionale.

    Uno degli imperativi di Biorfarm è salvaguardare la biodiversità

    Senza finanziamenti o sovvenzioni

    «Mai avuto a che fare con la politica o con gli ambiti istituzionali – precisa De Falco – non chiediamo finanziamenti o sovvenzioni. Biorfarm è apolitica» – sorride. Ma quando si parla dell’agricoltura calabrese, il tono si fa serio: «Abbiamo due grandi problemi: il primo è la mancanza di infrastrutture, il secondo è la mentalità. Perché non si comprende quanto sia importante lavorare insieme, fare rete. Fino ad ora gli agricoltori  non sono stati in grado di farlo, ma ho 35 anni e sono ottimista. Le nuove generazioni riusciranno certamente a fare di meglio».

  • Provincia di Cosenza: tra moglie e marito… l’incarico è servito

    Provincia di Cosenza: tra moglie e marito… l’incarico è servito

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    Chi tra i due comandi in casa non è dato sapere, ma nella Provincia di Cosenza sarà Rosaria Succurro a farlo e Marco Ambrogio dovrà rispondere ai suoi ordini. In piazza XV Marzo è in arrivo un nuovo collaboratore per la neo presidente. Dovrà supportarla nella «attuazione delle linee programmatiche di governo». È «una figura professionale esterna di adeguata esperienza e competenza in tale ambito» e lavorerà «a titolo gratuito». Il prescelto? L’avvocato Marco Ambrogio – sempre che accetti – ossia il legittimo consorte della presidente stessa. Un bell’incarico fiduciario alla faccia di chi dice che le mogli non dovrebbero fidarsi dei mariti.

    Dalla rivalità all’amore

    Galeotto fu Mario Occhiuto e chi lo elesse: è stato proprio l’architetto cosentino a fare entrare in politica l’attuale sindaca di San Giovanni in Fiore, chiamandola nella sua Giunta a partire dal 2011. Fino a pochi mesi prima, tra gli assessori dell’amministrazione di centrosinistra sconfitta da Occhiuto alle elezioni, c’era proprio Marco Ambrogio. Che così si ritrovò all’opposizione da capogruppo del Pd, con piglio battagliero. Almeno per i primi tempi. Poi l’amore prevalse sulla politica e Ambrogio sposò in seconde nozze Rosaria Succurro.

    Succurro e Ambrogio: insieme al Comune, insieme alla Provincia

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    L’ingresso del Palazzo della Provincia in piazza XXV Luglio a Cosenza

    Nel successivo mandato di Occhiuto, l’ex giovane rampante dei dem di combattere, pur sedendo sempre all’opposizione, pareva avere meno voglia. Un eventuale assessore con cui litigare, d’altra parte, a quel punto lo aveva in casa. Mise da parte anche le mai sopite velleità da aspirante numero uno di Palazzo dei Bruzi. D’altronde, quando i sangiovannesi avevano eletto la moglie alla guida del Comune anche il marito aveva lasciato le dilette colline donnicesi per seguire come un’ombra l’amata sui monti silani. I due sono inseparabili e ora, con sia Succurro che Ambrogio alla Provincia , a San Giovanni in Fiore qualche detrattore già maligna su chi farà il sindaco nei giorni in cui mancheranno, visti i nuovi impegni cosentini, entrambi gli attuali.

  • Covid in Calabria, i dati di oggi (4 aprile): tasso di positività in forte risalita

    Covid in Calabria, i dati di oggi (4 aprile): tasso di positività in forte risalita

    Diminuiscono i tamponi (7973), mentre le persone risultate positive al Covid in Calabria oggi, 4 aprile, sono 1997. Sono numeri presenti nel bollettino della Regione Calabria. Il tasso di positività sale improvvisamente al  25,05% rispetto ai dati di ieri. I morti in più sono 6. Sono 1189 invece i guariti.

    I dati provinciali sul Covid in Calabria oggi (4 aprile)

    Ecco la distribuzione dei soggetti positivi al Covid per ogni provincia della Calabria dall’inizio della pandemia ad oggi:

    • Catanzaro: CASI ATTIVI 7.104 (86 in reparto, 13 in terapia intensiva, 7.005 in isolamento domiciliare); CASI CHIUSI 33.285 (33.030 guariti, 255 deceduti)
    • Cosenza: CASI ATTIVI 35.863 (123 in reparto, 2 in terapia intensiva, 35.738 in isolamento domiciliare); CASI CHIUSI 39.109 (38.113 guariti, 996 deceduti)
    • Crotone: CASI ATTIVI 5.238 (24 in reparto, 0 in terapia intensiva, 5.214 in isolamento domiciliare); CASI CHIUSI 26.328 (26.124 guariti, 204 deceduti)
    • Reggio Calabria: CASI ATTIVI 12.839 (115 in reparto, 4 in terapia intensiva, 12.720 in isolamento domiciliare); CASI CHIUSI 108.914 (108.207 guariti, 707 deceduti)
    • Vibo Valentia: CASI ATTIVI 17.078 (16 in reparto, 0 in terapia intensiva, 17.062 in isolamento domiciliare); CASI CHIUSI 17.295 (17.135 guariti, 160 deceduti).

    L’ASP di Cosenza comunica 516 nuovi soggetti positivi di cui 2 fuori regione.

     

     

     

  • Rifiuti a peso d’oro: la Calabria spende più di 2 miliardi in 7 anni

    Rifiuti a peso d’oro: la Calabria spende più di 2 miliardi in 7 anni

    Quando si parla di spazzatura, in Calabria, i propositi sono sempre buoni, ma le certezze sono davvero poche. Per provare a capirci qualcosa conviene dunque partire dalle seconde. Innanzitutto: la Regione non ha al momento adottato nessun nuovo Piano rifiuti. In Calabria è in vigore quello approvato nel 2016 e modificato nel 2019. La giunta Santelli aveva licenziato delle Linee guida di aggiornamento su proposta del “Capitano Ultimo” ma sono rimaste solo un atto di indirizzo. «Il Piano che cambierà la Regione» vagheggiato a novembre 2020 dall’allora assessore Sergio de Caprio in realtà non è mai neanche arrivato in consiglio regionale.

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    Il presidente della Regione Calabria, Roberto Occhiuto

    Probabilmente invece ci arriverà, senza grandi ostacoli, quello annunciato da Roberto Occhiuto: la sua giunta ha approvato una delibera con gli indirizzi per un Piano stralcio. Prima di andare a vedere quali siano, proviamo a ragionare su qualche altro dato certo. Il più drammatico riguarda la raccolta differenziata, l’unica via per uscire dal medioevo delle discariche che tutti da anni dicono di voler seguire – lo impone la legge – senza riuscirci.

    Differenziata ferma al 52%

    Nel 2020 (la fonte è la Regione) i calabresi hanno prodotto 715.976 tonnellate di rifiuti urbani (381,3 kg per abitante) ma la differenziata si è fermata a 373.610 tonnellate. Rispetto al 2013 i rifiuti prodotti sono diminuiti (erano 829.792 tonnellate, 422,8 kg per abitante) ed è aumentata la differenziata (erano 122.844 tonnellate). Però siamo ancora al 52,2%, molto poco se si pensa che il target del 65% si doveva raggiungere nel 2012. Esatto: siamo in enorme ritardo rispetto a un obiettivo che andava centrato già 10 anni fa. E che il Piano rifiuti del 2016, quello ancora in vigore, aveva fissato per il 2020.

    Cosenza: rifiuti in Svezia per 300 euro a tonnellata

    Proprio il 2020, scrive il dipartimento regionale Ambiente, è l’anno che ha sancito «la cronicizzazione dell’emergenza per l’esaurimento delle discariche pubbliche e private». Risultato? Sono state incenerite fuori regione 67mila tonnellate di rifiuti, a cui se ne aggiungono altre 2mila conferite in discariche extra-regionali. A costi, dice sempre la Regione, «esorbitanti». Un esempio: la provincia più grande della Calabria, quella di Cosenza, per parecchi mesi ha spedito la sua spazzatura a Mantova e addirittura in Svezia. Al modico prezzo di oltre 300 euro a tonnellata. Il canale svedese si è bloccato da qualche settimana a causa della guerra e, ora, si rischia una nuova emergenza nell’emergenza.

    Emergenza rifiuti in Calabria mai finita

    Già. E pensare che in teoria il settore calabrese sarebbe rientrato nella «gestione ordinaria» dal 2013. Lo stato di emergenza dei rifiuti in Calabria era stato proclamato nel 1997 ed è ufficialmente scaduto il 31 dicembre 2011. Ma nei fatti è sempre rimasto tale. Con un’altra certezza: una montagna di denaro pubblico è stata spesa senza mai fare passi avanti. È utile anche su questo guardare ai numeri, tenendo a mente che il servizio viene coperto con la tassa (Tari) pagata dai cittadini. Nel 2019 i rifiuti calabresi ci sono costati 168,44 euro per abitante (fonte: Catasto rifiuti Ispra su un campione del 42% dei Comuni). Il che significa 319 milioni di euro in un anno. I costi di gestione sono andati quasi sempre crescendo nel decennio: nel 2013 si spendevano 124,15 euro per abitante (245,8 milioni all’anno).

    Sommando i costi per abitante del Catasto Ispra, dopo averli moltiplicati per i residenti rilevati di anno in anno, viene fuori che tra il 2012 e il 2019 la gestione dei rifiuti calabresi è costata in totale oltre 2,2 miliardi di euro. Ancora prima, stando alle risultanze della Commissione parlamentare di inchiesta che se n’è occupata, in più di 13 anni di commissariamento le spese erano «lievitate a ben oltre il miliardo di euro, a fronte degli insufficienti risultati ottenuti».

    Il termovalorizzatore da raddoppiare

    Già in quel dossier, datato maggio 2011, si parlava del raddoppio del termovalorizzatore di Gioia Tauro. Sul quale ora Occhiuto vuole puntare per renderlo «più performante e meno inquinante».
    Al di là dell’ammissione implicita del presidente della Regione – «meno inquinante» significa che attualmente inquina e in futuro lo farà pure, ma di meno, e prima poi bisognerà farci i conti – a descrivere la situazione è il documento tecnico allegato dal dipartimento Ambiente alla manifestazione d’interesse per il project financing.

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    Il termovalorizzatore di Gioia Tauro

    Si parte dal «malfunzionamento» attuale del termovalorizzatore – termine meno inquietante dell’«inceneritore» comunque ricorrente anche in questi atti – che «incenerisce quantitativi molto inferiori rispetto alla potenzialità autorizzata di 120mila tonnellate all’anno». A Gioia Tauro viene trattato per produrre energia solo il combustibile solido secondario, l’attuale tecnologia «non consente di termovalorizzare gli scarti di lavorazione». Negli ultimi due anni, inoltre, si sono registrati «continui fermi impianto».

    Il grande problema resta sempre e comunque la mancanza di impianti pubblici sul territorio. Il Piano del 2016 ne prevedeva diversi riuniti in 8 «ecodistretti», ma risulta che «nessuna attività è stata avviata» per quello di Cosenza e le sue due discariche di servizio, così come per quelle previste a Lamezia, Crotone, Siderno e per l’impianto che dovrebbe sorgere nella Piana. «Bloccato», invece, l’iter per la discarica di Melicuccà. Ma secondo il dipartimento la configurazione degli ecodistretti va «integralmente confermata».

    Rifiuti in Calabria? Incenerire per non differenziare

    Quindi l’unica novità, al netto dell’aggiornamento dei target per la differenziata (65% nel 2023, 70% nel 2025 e 75% nel 2030), è il maggiore ricorso all’incenerimento dei rifiuti a Gioia Tauro. Dove, con l’entrata a regime delle ulteriori linee «completate ad oggi all’80%», si dovrebbe arrivare, secondo la Regione, a una «valorizzazione energetica» di circa 270mila tonnellate all’anno, garantendo così «l’autosufficienza» con il trattamento di tutti i rifiuti urbani residui e degli scarti della differenziata. Il termovalorizzatore, di proprietà della Regione, nel Piano stralcio dovrà essere individuato come «di rilevante interesse strategico regionale» e servire tutta la Calabria. Una previsione che, guardando ai propositi sulla differenziata, appare contraddittoria: se dobbiamo incenerire di più vuol dire che pensiamo che non differenzieremo di più.

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    Ecco come si presenta dall’alto e come è suddiviso l’impianto di Gioia Tauro

    Quando la giunta Spirlì voleva stoppare i privati…a parole

    Due digressioni necessarie. La prima: la Ue dice che entro il 2035 dovrà andare in discarica non più del 10% del totale dei rifiuti urbani, mentre la Calabria è oggi oltre il 44%. La seconda: il Tar ha annullato un’ordinanza – l’ennesima «contingibile e urgente» – emanata dalla giunta Spirlì a luglio 2021 dando ragione al Comune e all’Ato di Crotone. Rappresentati dall’avvocato Gaetano Liperoti, gli enti crotonesi si sono opposti alla decisione di portare in discarica fino a 600 tonnellate al giorno pagando 180 euro a tonnellata (dunque fino a oltre 100mila euro ogni 24 ore).

    Si tratta della stessa giunta che aveva garantito di voler stoppare i privati. E che nella stessa ordinanza ammetteva che avremmo pagato nei mesi successivi «prezzi esorbitanti» per portare i rifiuti fuori dalla Calabria. Secondo il Tar però non si possono «adottare ordinanze contingibili ed urgenti per fronteggiare situazioni prevedibili e permanenti». L’emergenza è dunque diventata così stabile da costituire, illegittimamente, la normalità.

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    Un’altra immagine dall’alto del complesso che ospita il termovalorizzatore di Gioia

    Addio Ato, ecco la multiutility di Occhiuto

    C’è poi un’ulteriore, grossa novità: gli Ato provinciali verranno soppressi con l’entrata in vigore della «multiutility» che gestirà l’intero ciclo di acqua e rifiuti. Si tratta di un cambio di rotta rispetto all’impostazione che stava andando nella direzione della gestione locale consorziata tra i Comuni. Alcuni territori sono effettivamente bloccati perfino nella scelta dei luoghi per gli ecodistretti, ma altri stavano facendo dei passi avanti. Adesso, mentre continuiamo a pagare bei soldoni per lo smaltimento, inseguiremo l’autosufficienza incenerendo in un solo impianto i rifiuti di tutta la regione. Ma dimenticando che la normativa europea e il Codice dell’ambiente (art. 182 bis) fissano anche il principio di prossimità: i rifiuti andrebbero smaltiti «in uno degli impianti idonei più vicini ai luoghi di produzione o raccolta».

  • Covid in Calabria, i dati di oggi (3 aprile): sale il numero dei morti

    Covid in Calabria, i dati di oggi (3 aprile): sale il numero dei morti

    Diminuiscono i tamponi (9426) e con loro anche le persone risultate positive al Covid in Calabria oggi, 3 aprile. Nel bollettino della Regione Calabria si legge, infatti, di quasi 1692 nuovi casi. Scende il numero di positivi rispetto a ieri. Il tasso di positività scende al  17,95%. I morti in più sono 10. Sono 1100 invece i guariti.

    I dati provinciali sul Covid in Calabria oggi (3 aprile)

    Ecco la distribuzione dei soggetti positivi al Covid per ogni provincia della Calabria dall’inizio della pandemia ad oggi:

    • Catanzaro: CASI ATTIVI 7218 (79 in reparto, 13 in terapia intensiva, 7126 in isolamento domiciliare); CASI CHIUSI 32996 (32742 guariti, 254 deceduti
    • Cosenza: CASI ATTIVI 35358 (123 in reparto, 2 in terapia intensiva, 35233 in isolamento domiciliare); CASI CHIUSI 39100 (38108 guariti, 992 deceduti)
    • Crotone: CASI ATTIVI 5084 (22 in reparto, 0 in terapia intensiva, 5062 in isolamento domiciliare); CASI CHIUSI 25931 (25728 guariti, 203 deceduti).
    • Reggio Calabria: CASI ATTIVI 12954 (108 in reparto, 4 in terapia intensiva, 12842 in isolamento domiciliare); CASI CHIUSI 108415 (107708 guariti, 707 deceduti).
    • Vibo Valentia: CASI ATTIVI 16707 (16 in reparto, 0 in terapia intensiva, 16691 in isolamento domiciliare); CASI CHIUSI 17295 (17135 guariti, 160 deceduti).

    L’ASP di Cosenza comunica che nel setting fuori regione si registrano 9 nuovi casi a domicilio.

     

     

  • Vino, orto e poi genetica: ecco i segreti di Bivongi, paese dei centenari

    Vino, orto e poi genetica: ecco i segreti di Bivongi, paese dei centenari

    Puntini sulle mappe. Minuscole aree geografiche lontane tra loro, abitate da popoli diversi, con caratteristiche climatiche e sociali differenti, ma unite nello strano destino di una longevità fuori dall’ordinario. L’arcipelago di Okinawa in Giappone e le valli del Gennargentu in Sardegna, e ancora le spiagge del Costa Rica e la parte più meridionale della California. E in mezzo Bivongi, il piccolo centro appoggiato alle Serre reggine, che in questa particolare classifica viene fuori con il titolo di paese della longevità.

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    Bivongi, il paese dei centenari ai piedi delle Serre reggine

    Il festival dei centenari a Bivongi

    Passato alle cronache per un filotto di oltre 30 concittadini che hanno oltrepassato il solco del secolo di vita negli ultimi 15 anni, Bivongi vanta, in percentuale rispetto al numero di abitanti totale, la maggiore incidenza di ultracentenari sulla popolazione. Un record figlio di tanti fattori e che il minuscolo comune – 1300 abitanti, la maggior parte dei quali, ovviamente, anziani – si tiene stretto, e che ha anche imparato a sfruttare, con serata a tema, riunioni di ascolto e un vero e proprio festival, che nello scorso settembre ha registrato la sua prima edizione.

    L’esercito dei 90enni

    E se lo scorrere del tempo e i due anni di pandemia, hanno inevitabilmente ristretto il numero dei più longevi, si contano ancora a decine quelli che hanno da tempo passato la soglia dei 90 e si preparano alle tre cifre. Una particolarità oggetto di numerosi studi scientifici e che ha portato il centro dello Stilaro anche sulle pagine del National Geografic. Una particolarità che porta con sé anche il lato oscuro dei tanti casi di demenza senile che si sono registrati negli anni. Un risvolto amaro e che è diventato a sua volta materia di studi sulla neurogenetica: studi che incrociano i dati del pesino della Locride a quelli di La Plata nella provincia di Buenos Aires, dove risiede buona parte della popolazione bivongese emigrata nell’ultimo secolo.

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    Ritmi lenti e vita tranquilla: l’ambiente ideale per superare i cento anni

    In vino “longevitas”

    Tanti i fattori che determinano il particolare attaccamento alla vita degli abitanti di questo paesino affacciato alla fiumara. A partire ovviamente da quelli genetici: studi statistici su alcune famiglie storiche del paese, hanno dimostrato la particolare longevità di alcuni “ceppi” parentali, già dal diciassettesimo secolo. E poi il clima e l’alimentazione: è facile sentirsi raccontare da uno dei vecchietti del posto che il vero segreto della longevità sta nel vino, che da questa parti è cosa estremamente seria e da quando ha strappato il marchio Doc è riuscito a ritagliarsi anche una buona fetta di mercato.

    E ancora la qualità dell’acqua – nei dintorni del paese esistono diverse sorgenti attive – e le particolarità geologiche del terreno: si è scoperto infatti che il sottosuolo di Bivongi – in passato centro importante nel panorama minerario nazionale – è ricco di molibdenite, un particolare minerale, comune anche nella Sardegna dei centenari, che nasconderebbe qualità salvifiche.

    Ipotesi e leggende che si intrecciano a studi più strutturati; e anche se non esiste una ricetta magica che consenta di vivere più a lungo, certo le caratteristiche sociali e il tenore di vita degli abitanti hanno dato una mano. A Bivongi come a Okinawa e come in Sardegna, si registrano piccole comunità che vivono vite interconnesse tra loro e con l’ambiente che le circonda. Vite condite da ritmi lenti e ripetitivi: l’orto da curare, la passeggiata fino alla piazza, l’immancabile partita a tresette. Sono gli uomini a vivere di più in media, anche se la più anziana del paese, l’unica attualmente a sforare le tre cifre, è un’arzilla signora di 102 anni. Il paese, abitato per lo più da anziani, è riuscito a trovare nuovo slancio dalla statistica che mette Bivongi sul tetto dei paesi longevi.

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    Superati i cento anni non può mancare un giro in 500

    Caffè alzheimer

    Manifestazioni, cerimonie, feste e convegni con i più avanti negli anni al centro del progetto e il centro anziani che diventa punto di incontro tra generazioni. Come l’oratorio, dove ormai da cinque anni, vanno avanti i caffè alzheimer. Incontri con base mensile – ma che durante le fasi più acute della pandemia sono stati sospesi – dove la comunità di vecchietti del posto si confronta tra loro con il supporto di medici e psicologi per affrontare i tanti problemi che saltano fuori con la vecchiaia.

    Un modo per tenere la mente sveglia in un paesino dove la longevità fuori dal comune che registrano le statistiche, si accompagna ad un numero non trascurabile di casi di demenza senile. Anche in questo caso una particolarità tutta bivongese finita nel primo studio a livello mondiale sulla demenza frontotemporale. Uno studio portato avanti dal centro di neurogenetica di Lamezia che ha messo in evidenza come la popolazione bivongese presa in esame presentasse una maggioranza schiacciante di casi di questa patologia, rispetto alle percentuali di “comune” alzheimer registrati nel resto del pianeta.

  • Covid in Calabria, i dati di oggi (2 aprile): in discesa i contagi e il tasso di positività

    Covid in Calabria, i dati di oggi (2 aprile): in discesa i contagi e il tasso di positività

    Diminuiscono i tamponi (11729) e con loro anche le persone risultate positive al Covid in Calabria oggi, 2 aprile. Nel bollettino della Regione Calabria si legge, infatti, di quasi 2502 nuovi casi. Scende il numero di positivi rispetto a ieri. Scende anche il tasso di positività, che tocca quota 21,33%. I morti in più sono 4. Sono 1657 invece i guariti.

    I dati provinciali sul Covid in Calabria oggi (2 aprile)

    Ecco la distribuzione dei soggetti positivi al Covid per ogni provincia della Calabria dall’inizio della pandemia ad oggi:

    • Catanzaro: CASI ATTIVI 7001 (85 in reparto, 14 in terapia intensiva, 6902 in isolamento domiciliare); CASI CHIUSI 32801 (32549 guariti, 252 deceduti)
    • Cosenza: CASI ATTIVI 34770 (128 in reparto, 2 in terapia intensiva, 34640 in isolamento domiciliare); CASI CHIUSI 39095 (38106 guariti, 989 deceduti)
    • Crotone: CASI ATTIVI 5093 (20 in reparto, 0 in terapia intensiva, 5073 in isolamento domiciliare); CASI CHIUSI 25904 (25702 guariti, 202 deceduti)
    • Reggio Calabria: CASI ATTIVI 13232 (106 in reparto, 4 in terapia intensiva, 13122 in isolamento domiciliare); CASI CHIUSI 107532 (106829 guariti, 703 deceduti)
    • Vibo Valentia: CASI ATTIVI 16652 (16 in reparto, 0 in terapia intensiva, 16636 in isolamento domiciliare); CASI CHIUSI 17295 (17135 guariti, 160 deceduti

    L’ASP di Catanzaro comunica che nel setting fuori regione si registrano 2 nuovi casi. L’ASP di Reggio Calabria registra 1 nuovo soggetto positivo nel setting fuori regione. L’ASP di Cosenza comunica che nel setting fuori regione si registrano 11 nuovi casi a domicilio. L’ASP di Vibo Valentia registra 4 nuovi soggetti positivi nel setting fuori regione.

     

  • Underkitchen, tutto il mondo in un piatto. E a casa tua

    Underkitchen, tutto il mondo in un piatto. E a casa tua

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    Il nuovo concorrente di Glovo e Deliveroo non utilizza i rider, consegna a domicilio piatti internazionali low cost e – soprattutto – parla cosentino. Si chiama Underkitchen ed è una start up tecnologica a valore sociale. Vende on line piatti di cucina globale. Per ora solo in Italia ma, potenzialmente, ai clienti di tutto il mondo. L’idea è di quattro imprenditori che hanno già all’attivo sperimentazioni nel mondo del gusto e che dopo aver analizzato le criticità del mercato hanno messo su un progetto partito il primo marzo.

    Underkitchen non si serve di riders per consegnare le pietanze nelle case

    Leonardo Stancati e Carlo Schiavone, rispettivamente Cto e Ceo della società ed entrambi della città dei Bruzi, hanno voluto subito legare il progetto al territorio calabrese. La sede operativa si trova nel cuore di Cosenza, a due passi da corso Mazzini. È qui il “cervello” del progetto, il terminale degli accessi al sito, degli ordini e delle spedizioni, in costante collegamento con le cucine. Ma c’è di più: presto potrebbero essere i futuri chef cosentini e calabresi a realizzare i piatti.

    L’idea originaria del progetto, infatti, prevedeva il coinvolgimento dell’istituto alberghiero “Mancini” con cui dall’inizio erano state condivise le linee guida. Poi la pandemia ha bruscamente interrotto la collaborazione, ma dirigente e docenti dell’istituto restano interessati a portarla avanti.
    Intanto, a un mese dal suo esordio, Underkitchen ha già raggiunto numeri molto soddisfacenti e, nonostante il respiro internazionale, una grande fetta di utenti è proprio cosentina.

    Underkitchen: il mondo a casa tua

    È un sito, ma anche un’app, che permette di ordinare specialità internazionali preparate dalle mani di cuochi specializzati e le spedisce a casa. In pratica funziona così: scegli un piatto tra quelli proposti – dal guacamole di Cancun al Jerk chicken giamaicano, dalle polpette in salsa teriyaki giapponesi al gulasch ungherese – scorrendo un menu che va da un capo all’altro del mondo, attraverso i piatti più iconici della gastronomia internazionale.

    Ordini, paghi ed entro 24 ore arriverà a casa tua un box termico con tutto il necessario (in confezioni sottovuoto) per mettere in tavola in pochi minuti, scaldandolo nel microonde o in acqua bollente, il piatto fumante. I prezzi sono bassi, dai 16 ai 35 euro per pacchetti da cinque monoporzioni, ma ci sono anche i last minute per ulteriori sconti. Il valore aggiunto lo dà il fatto che le ricette si preparano nelle cucine delle scuole alberghiere italiane.

    Così c’è una ricaduta positiva sulla formazione degli studenti, che acquisiscono competenze professionali specifiche da sfruttare nel mondo del lavoro. A portare a termine il progetto pilota sono stati i laboratori di cucina di Multicenter School di Pozzuoli, che è anche tra i soci fondatori.

    Cibo sostenibile e a basso costo

    «Siamo molto contenti perché la risposta è stata molto positiva: in questo primo mese hanno ordinato 3500 piatti», spiega Stancati. «Abbiamo avuto da parte dei nostri clienti un riscontro molto positivo e i numeri premiano la qualità delle preparazioni e della materia prima». Merito anche di una grafica accattivante del sito che riproduce il city board, il tabellone dell’aeroporto che indica tutte le destinazioni: in questo caso sono le città di provenienza delle ricette.

    Polpette in salsa teriyaki

    Il rimando al viaggio è costante. Underkitchen vuole trasmettere insieme al piatto la narrazione dei luoghi attraverso la musica, il cinema, la storia, l’iconografia che li rende riconoscibili e desiderabili. «A premiare è anche una politica di prezzi contenuti, i piatti costano un terzo rispetto ai nostri concorrenti – spiega Stancati – ed arrivano a casa tua, entro 24 ore dall’ordine. Il nostro è un modello di food delivery sostenibile, sociale ed inclusivo, che taglia fuori le multinazionali del settore. Infatti non sfrutta i riders, ma utilizza operatori di logistica internazionale per portare a domicilio prodotti abbattuti freschissimi. E c’è di più: difendiamo la cultura gastronomica mondiale, non alimentiamo la diffusione del cibo spazzatura. Anzi, promuoviamo piatti che rappresentano il patrimonio di un paese e la sua cultura».

    Underkitchen: da Cosenza alle grandi città 

    L’obiettivo adesso è ampliare la rete delle scuole alberghiere, a partire proprio dalla Calabria. Nella sede cosentina arrivano ordinazioni da Milano, Genova, Roma, Bologna, Napoli, Torino. Dopo l’assaggio i consumatori ricevono l’invito a inviare recensioni vocali pubblicate poi sul sito, molto più gradite delle tradizionali foto dei piatti che rischiano di restituirne la bellezza ma non l’emozione.

    Nei laboratori della scuola alberghiera di Pozzuoli gli studenti realizzano i piatti nelle ore di alternanza scuola-lavoro, con la supervisione degli chef esperti di cucina internazionale. «Non forniamo piatti-pronti, che comportano costi di produzione e logistica che finiscono per ricadere in termini di costi sull’utente finale – aggiunge il Cto – ma un prodotto preparato con materie prime di alta qualità e messo sottovuoto (mantiene così intatte le caratteristiche organolettiche e nutrizionali di un prodotto fresco), abbattuto artigianalmente, e consegnato in un packaging rigenerabile in cinque minuti».

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    Il cibo passa dall’abbattitore prima di essere confezionato e spedito

    Presto anche all’estero

    Stancati e Schiavone, insieme ai soci Giorgio Scarselli (titolare dello storico ristorante Il bikini di Vico Equense) e Armando Aruta, adesso puntano all’Europa, ma seguendo una rotta diversa: il progetto Underkitchen porterà la cucina italiana oltralpe, contando sempre sulle professionalità presenti negli istituti alberghieri.
    “Cheap flights, great food” (Voli economici, grande cibo, ndr) è il refrain pubblicitario. E quest’attesa di un nuovo viaggio fa già venire un certo languorino.

  • Covid in Calabria, i dati di oggi (1 aprile): aumentano i tamponi e i positivi risalgono

    Covid in Calabria, i dati di oggi (1 aprile): aumentano i tamponi e i positivi risalgono

    Tornano a salire i tamponi (15.201) e con loro anche le persone risultate positive al Covid in Calabria oggi, 1 aprile. Nel bollettino della Regione Calabria si legge, infatti, di quasi 3.500 nuovi casi. Sono 3.477, per l’esattezza, i contagi di giornata, oltre 1.500 in più rispetto a ieri. Aumenta anche il tasso di positività, che sale al 22,87%. Si dimezzano però i morti, che nel resoconto quotidiano della Cittadella risultano essere 6. Sono 1.990 invece i guariti.

    I dati provinciali sul Covid in Calabria oggi (1 aprile)

    Ecco la distribuzione dei soggetti positivi al Covid per ogni provincia della Calabria dall’inizio della pandemia ad oggi:

    • Catanzaro: CASI ATTIVI 6763 (85 in reparto, 10 in terapia intensiva, 6668 in isolamento domiciliare); CASI CHIUSI 32557 (32305 guariti, 252 deceduti).
    • Cosenza: CASI ATTIVI 33970 (127 in reparto, 4 in terapia intensiva, 33839 in isolamento domiciliare); CASI CHIUSI 39041 (38054 guariti, 987 deceduti).
    • Crotone: CASI ATTIVI 5085 (19 in reparto, 0 in terapia intensiva, 5066 in isolamento domiciliare); CASI CHIUSI 25875 (25673 guariti, 202 deceduti).
    • Reggio Calabria: CASI ATTIVI 13316 (114 in reparto, 5 in terapia intensiva, 13197 in isolamento domiciliare); CASI CHIUSI 106513 (105811 guariti, 702 deceduti).
    • Vibo Valentia: CASI ATTIVI 16789 (17 in reparto, 0 in terapia intensiva, 16772 in isolamento domiciliare); CASI CHIUSI 16982 (16823 guariti, 159 deceduti).

    L’ASP di Reggio Calabria registra 1 nuovo soggetto positivo nel setting fuori regione. Quella di Cosenza, a sua volta, comunica che nel setting fuori regione si registrano 6 nuovi casi a domicilio.

     

  • Arghillà, morire in cella a 29 anni e senza processo

    Arghillà, morire in cella a 29 anni e senza processo

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    Potrebbe restare senza colpevoli la morte di Antonino Saladino, il ventinovenne deceduto nel carcere di Arghillà a Reggio nel marzo del 2018 in seguito alle conseguenze di un’infezione interna. Nonostante la proroga alle indagini disposta dal Gip poco più di un anno fa, infatti, i magistrati dello Stretto hanno nuovamente avanzato richiesta di archiviazione. Rischia così di cadere nel dimenticatoio il caso di quel ragazzone di Santa Caterina finito in galera con l’accusa di essere parte di una banda di spacciatori. E morto, dopo un anno di carcere preventivo, in seguito ad una ventina di giorni di sofferenze di cui nessuno – esclusi i compagni di cella – sembra essersi accorto.

    Centocinquanta morti ogni anno

    Una storia come ne succedono tante nelle carceri italiane – si aggirano attorno ai 150 ogni anno le morti all’interno degli istituti di correzione in tutto il Paese, una cinquantina delle quali sono relative a suicidi – e su cui potrebbe calare definitivamente il sipario, almeno sul versante della ricerca di eventuali responsabilità da parte del sistema sanitario del maxi carcere reggino.

    Numeri che non tornano, testimonianze ritenute inaffidabili, registri che non coincidono. Sono tanti i punti rimasti oscuri in questa vicenda nonostante quasi un anno di nuove indagini: oscurità che non hanno però convinto i pm dello Stretto che, nell’udienza di qualche giorno fa, hanno presentato una nuova richiesta di archiviazione. Richiesta a cui l’avvocato Pierpaolo Albanese, legale della famiglia del detenuto morto, si è opposto nella speranza di non fare diventare Antonino Saladino l’ennesimo numero nella terribile statistica dei decessi dietro le sbarre.

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    Antonio Saladino è morto prima di arrivare in un aula di tribunale

    Un anno ad Arghillà senza processo

    Saladino in carcere ci era finito in seguito ad un’inchiesta della distrettuale antimafia dello Stretto. Siamo nel 2017 e gli investigatori, nell’ambito dell’inchiesta Eracle, individuano una serie di soggetti che gestiscono parte del traffico di droga nel quadrante nord della città. Tra loro c’è anche Saladino. Ventinove anni, molto conosciuto nel quartiere di Santa Caterina, qualche incidente per possesso di di droga, da anni sbarca il lunario come imbianchino.

    Consumatore abituale di marijuana – pochi mesi prima dell’arresto viene sorpreso in seguito ad un controllo delle forze dell’ordine con nove grammi di erba – il suo nome salta fuori in alcune intercettazioni dei capi dell’organizzazione che ne parlano come di un pusher. L’accusa, sempre respinta dall’indagato, passa il vaglio del Gip e Antonino Saladino finisce ad Arghillà. Ne uscirà, poco più di un anno dopo, in una cassa di legno.

    Il processo che lo vede imputato intanto è andato avanti e attende ora il vaglio della suprema Corte: i primi due gradi di giudizio hanno stabilito 20 condanne e sei assoluzioni. Saladino però non ha fatto in tempo a farsi giudicare: è morto mentre era sotto custodia dello Stato.

    Antonino Saladino sta male

    I problemi fisici del ragazzo iniziano nei primi giorni del marzo 2018. Dai registri medici finiti agli atti dell’inchiesta viene fuori che Saladino si presenta in infermeria il 5 e il 6 lamentando sintomi che vengono interpretati come una banale influenza e curati con antipiretici e cortisonici. Poi un buco di 12 giorni. Infine il 18 marzo i registri medici annotano tre nuove visite al detenuto: alle 15,30 alle 19,15 e poco prima della mezzanotte, quando ormai la situazione è degenerata irrimediabilmente. I medici del 118 arrivati in carcere, non possono fare altro che certificare la morte del ragazzo.

    Medici e infermieri: due registri che non combaciano

    Sono le nuove indagini disposte dal Gip a fare emergere l’esistenza di altri registri tenuti nelle infermerie del carcere. In particolare, dal diario infermieristico – quello dove vengono annotate le terapie somministrate dal personale paramedico nel caso di visite non programmate – salta fuori che Saladino si era recato in infermeria anche nei giorni 11, 16 (due volte) e 17 lamentando gli stessi sintomi e ricevendo come terapia pastiglie di Maalox e di Acetamol. Accessi in infermeria che non corrispondono però ad altrettante visite mediche e che quindi non vengono presi in considerazione nella relazione del perito nominato dal pm.

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    L’ingresso del carcere di Arghillà a Reggio Calabria

    Quest’ultimo, confermando quanto aveva già affermato in passato, ipotizza una infezione dal decorso accelerato e quasi asintomatico che non era ipotizzabile a fronte dei registri presi in considerazione. Considerazioni contrastate però dalla perizia di parte presentata dal legale dei familiari di Saladino che invece ipotizzano un decorso lento e inesorabile dell’infezione, iniziato nei primi giorni del mese e passato inosservato al vaglio dei sanitari.

    I compagni di cella di Antonino Saladino

    Questa tesi troverebbe conforto anche nelle testimonianze dei compagni di cella dell’imbianchino. Sentiti nell’ambito delle indagini difensive, avevano raccontato di un malessere che durava da tempo e di continue visite all’infermeria. Testimonianze, però, che i pm reggini non hanno ritenuto attendibili. Nella richiesta di archiviazione, i magistrati annotano come le stesse testimonianze, pur convergendo sul fatto che Saladino lamentasse dolori e si presentasse spesso in infermeria, differissero tra loro nella tempistica: alcuni parlavano di visite quotidiane, altri di visite saltuarie, altri ancora di visite settimanali.

    Ombre sul carcere

    Una vicenda dai tratti amari che si trascina da ormai quattro anni e che coincide con un periodo molto controverso della casa circondariale reggina. All’epoca del decesso, direttrice della struttura di Arghillà era Maria Carmela Longo, arrestata nel 2020 e rinviata a giudizio nel gennaio scorso con l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa. L’ipotesi degli inquirenti è che abbia favorito alcuni detenuti ‘ndranghetisti all’interno del carcere.

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    Maria Carmela Longo, ex direttrice del penitenziario reggino

    La madre di Antonino Saladino

    Una vicenda, quella di Antonino Saladino, su cui ora dovrà esprimersi il giudice per le indagini preliminari e sul cui sfondo resta il coraggio della madre del detenuto che, durante un convegno sulla sanità nelle carceri lo aveva ricordato così: «Nino era un ragazzo come tanti. È entrato in carcere perché sospettato di un reato, ma non era un criminale, ancora doveva svolgersi un processo. Quando lo hanno arrestato era in piena salute, è morto il 18 marzo del 2018 in solitudine, con tanta sofferenza e lontano dai suoi cari. Non conosco le leggi, ma penso che se lo Stato arresta una persona perché sospetta che abbia commesso un reato e lo trattiene prima ancora di giudicarlo, allora è responsabile della sua persona e deve fare in modo che riceva tutte le cure, perché anche se ha sbagliato deve avere la possibilità di curarsi»