Categoria: Fatti

  • Coronavirus: calano tasso di positività, contagi e morti

    Coronavirus: calano tasso di positività, contagi e morti

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    Questi gli aggiornamenti  di oggi (9 aprile) sulla diffusione del Covid in Calabria. I dati comunicati dalla Cittadella riportano 2.100 nuovi contagi, in lieve diminuizione se confrontati a quelli della giornata di ieri. Un risultato che arriva a fronte di 10.307 tamponi. Il tasso di positività risulta, di conseguenza, pari al 20,37%, una variazione in leggero calo rispetto a ventiquattro ore fa. I guariti dal Coronavirus che il bollettino riporta sono 1.352.
    Si registra, inoltre, anche quest’oggi la morte di 9 persone.
    A seguire, i dati delle singole province calabresi relativi alla pandemia comunicati dalle Asp di Catanzaro, Cosenza, Crotone, Reggio Calabria e Vibo Valentia alla Regione e riportati nel bollettino quotidiano della Cittadella.

    Dall’inizio della pandemia ad oggi (9 aprile): i dati sul Covid in Calabria

    Territorialmente, dall’inizio dell’epidemia, i casi positivi sono così distribuiti:

    •  Catanzaro: CASI ATTIVI 7332 (86 in reparto, 12 in terapia intensiva, 7234 in isolamento domiciliare); CASI CHIUSI 35943 (35682 guariti, 261 deceduti).
    • Cosenza: CASI ATTIVI 38572 (110 in reparto, 5 in terapia intensiva, 38457 in isolamento domiciliare); CASI CHIUSI 40041 (39034 guariti, 1007 deceduti).
    • Crotone: CASI ATTIVI 4830 (18 in reparto, 0 in terapia intensiva, 4812 in isolamento domiciliare); CASI CHIUSI 27861 (27653 guariti, 208 deceduti).
    • Reggio Calabria: CASI ATTIVI 12386 (106 in reparto, 2 in terapia intensiva, 12278 in isolamento domiciliare); CASI CHIUSI 113285 (112562 guariti, 723 deceduti).
    • Vibo Valentia: CASI ATTIVI 17539 (18 in reparto, 0 in terapia intensiva, 17521 in isolamento domiciliare); CASI CHIUSI 17811 (17648 guariti, 163 deceduti).

    L’ASP di Cosenza comunica che nel setting fuori regione si registrano 1 decesso in T.I. e 1 nuovo caso a domicilio. Due dei 5 decessi comunicati ieri sono avvenuti a domicilio, rispettivamente il 14/01/2022 e il 6/04/2022. A sua volta, l’ASP di Catanzaro comunica 595 positivi di cui 2 fuori regione.

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  • Digitale terrestre in Calabria: da martedì nuove frequenze, cosa cambia

    Digitale terrestre in Calabria: da martedì nuove frequenze, cosa cambia

    Preparatevi a risintonizzare i canali del digitale terrestre sulla vostra televisione: da martedì 12 aprile scatta anche in Calabria la riorganizzazione delle frequenze tv. È questa la data scelta per fare il via al piano del Ministero dello Sviluppo economico che sancirà il passaggio al digitale terrestre di ultima generazione (dvb-t2).

    Le nuove frequenze in automatico, ma non per tutti

    Chi in casa ha apparecchi recenti non dovrà smanettare troppo col suo telecomando: la procedura di risintonizzazione dei canali avverrà in automatico. Ma non tutti possiedono tv o decoder dotati di funzionalità simili. A chi ne è privo toccherà intervenire manualmente per garantirsi la fruizione dell’intera offerta televisiva.

    Rai, si può scegliere tra Calabria, Basilicata e Sicilia

    Che apparteniate all’una o all’altra categoria di utenti, nel corso della risintonizzazione potreste trovarvi di fronte a una scelta quando si tratterà della programmazione regionale Rai. Con le nuove frequenze del digitale terrestre, infatti, in ogni Regione, infatti, sarà possibile optare tra tre diverse programmazioni. Nel caso della Calabria le due opzioni aggiuntive per i telespettatori riguardano Rai Sicilia e Rai Basilicata. Qualora la scelta ricada su una di queste ultime, la programmazione “calabrese doc” sarà, comunque, sempre visibile sul canale 821.

    Digitale terrestre, la riorganizzazione prosegue fino al 3 maggio

    Dalla Regione fanno sapere che «in generale, le operazioni di riorganizzazione delle frequenze non comportano la necessità di cambiare l’apparato televisivo o l’antenna». Tuttavia precisano che«in caso di persistenti problemi di ricezione si consiglia di verificare il proprio impianto». I cambiamenti che interesseranno il digitale terrestre, si diceva, partiranno da martedì 12 ma la riorganizzazione «proseguirà in Calabria fino al 3 maggio e in tutte le Regioni fino al 30 giugno 2022».

     

  • Coronavirus: lieve flessione nei contagi, i morti sono 10

    Coronavirus: lieve flessione nei contagi, i morti sono 10

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    Questi gli aggiornamenti  di oggi (8 aprile) sulla diffusione del Covid in Calabria. I dati comunicati dalla Cittadella riportano 2.173 nuovi contagi. Un risultato che arriva a fronte di 10.257 tamponi. Il tasso di positività risulta, di conseguenza, pari al 21,19%. I guariti dal Coronavirus salgono a 1714.
    Si registra, inoltre, anche quest’oggi la morte di 10 persone.
    A seguire, i dati delle singole province calabresi relativi alla pandemia comunicati dalle Asp di Catanzaro, Cosenza, Crotone, Reggio Calabria e Vibo Valentia alla Regione e riportati nel bollettino quotidiano della Cittadella.

    Dall’inizio della pandemia ad oggi (8 aprile): i dati sul Covid in Calabria

    Territorialmente, dall’inizio dell’epidemia, i casi positivi sono così distribuiti:

    • Catanzaro: CASI ATTIVI 7.261 (83 in reparto, 11 in terapia intensiva, 7.167 in isolamento domiciliare); CASI CHIUSI 35.421 (35.160 guariti, 261 deceduti).
    • Cosenza: CASI ATTIVI 38.116 (116 in reparto, 4 in terapia intensiva, 37.996 in isolamento domiciliare); CASI CHIUSI 39.851 (38.846 guariti, 1005 deceduti).
    • Crotone: CASI ATTIVI 4.851 (19 in reparto, 0 in terapia intensiva, 4.832 in isolamento domiciliare); CASI CHIUSI 27.663 (27.455 guariti, 208 deceduti).
    • Reggio Calabria: CASI ATTIVI 12.097 (106 in reparto, 3 in terapia intensiva, 11.988 in isolamento domiciliare); CASI CHIUSI 112.962 (112244 guariti, 718 deceduti).
    • Vibo Valentia: CASI ATTIVI 17.565 (18 in reparto, 0 in terapia intensiva, 17.547 in isolamento domiciliare); CASI CHIUSI 17716 (17.554 guariti, 162 deceduti).

    L’ASP di Cosenza comunica 614 nuovi soggetti positivi di cui 6 fuori regione.

     

  • Tentato omicidio a Cosenza, quattro persone in manette

    Tentato omicidio a Cosenza, quattro persone in manette

    Quattro persone sono state arrestate – due in carcere e due ai domiciliari – dai carabinieri della Compagnia di Cosenza nell’ambito delle indagini avviate a seguito di un tentativo di omicidio avvenuto, in città, nella notte tra il 3 e il 4 dicembre. Nella circostanza la vittima riuscì a evitare di essere colpito in parti vitali.

    Gli arresti, nei confronti di soggetti ritenuti a vario titolo presunti responsabili di tentato omicidio e detenzione e porto illegale di armi comuni da sparo, sono stati fatti in esecuzione di un’ordinanza emessa dal Gip di Cosenza su richiesta della Procura. Dalle indagini, svolte dai militari anche sulla base di attività tecniche, è emerso che uno degli indagati nella circostanza, nel centro urbano di Cosenza, fece fuoco utilizzando un’arma contro la vittima che però riuscì a reagire con prontezza facendo deviare il colpo e venendo raggiunto prima ad una mano e poi ad una coscia. Gli investigatori, secondo quanto riferito, hanno ricostruito il movente dell’episodio che non è stato reso noto. Non si escludono al momento ulteriori sviluppi. Durante le perquisizione operate dai carabinieri un 34enne è stato inoltre arrestato in flagranza di reato e posto ai domiciliari con l’accusa di detenzione illecita di sostanze stupefacenti perché trovato in possesso di 858 grammi di marijuana.

  • Usura ed estorsione con metodo mafioso: tre arresti nel Cosentino

    Usura ed estorsione con metodo mafioso: tre arresti nel Cosentino

    Avrebbero prestato denaro ad un piccolo imprenditore, gestore di un lido balneare, imponendogli tassi usurari costringendolo a subire minacce. Tre persone, appartenenti allo stesso nucleo familiare, sono state arrestate dai carabinieri di Scalea. Sono accusate, a vario titolo, di usura, estorsione ed esercizio abusivo dell’attività finanziaria con l’aggravante del metodo mafioso.

    I militari hanno inoltre proceduto al sequestro preventivo di beni per circa 250mila euro. I sigilli sono stati apposti, in particolare, ad un magazzino di 100 metri quadri. Gli arresti, due in carcere e uno ai domiciliari, sono stati fatti in esecuzione di un’ordinanza emessa dal Gip del Tribunale di Catanzaro. Emessa su richiesta della Procura della Repubblica-Direzione Distrettuale Antimafia di Catanzaro.

    L’imprenditore di Scalea presunta vittima di usura ed estorsione

    L’indagine ha avuto origine nel settembre 2021 dalla denuncia presentata dall’imprenditore in relazione ad un presunto prestito usurario di cui sarebbe stato vittima e da cui è emersa, successivamente, un’ulteriore vicenda relativa ad una presunta estorsione ai danni di altro imprenditore. L’aggravante del metodo mafioso è emersa in quanto le condotte illecite da parte dei tre sarebbero state poste in essere dal terzetto avvalendosi della forza intimidatrice derivante dal vincolo associativo riconducibile alla cosca di ‘ndrangheta operante sul territorio.

  • Guerra in Ucraina, incroci pericolosi tra caccia russo e nave Usa al largo della Calabria

    Guerra in Ucraina, incroci pericolosi tra caccia russo e nave Usa al largo della Calabria

    Sale la tensione nel mar Mediterraneo. Presidiato non solo delle forze della Nato, in primis la marina degli Stati Uniti d’America.
    Il sito del quotidiano Repubblica riporta delle immagini satellitari diffuse ieri dal portale CovertShores. In base alle quali il caccia russo Kulakov ha in qualche modo inseguito la portaerei statunitense Truman. L’episodio – che desta non poche preoccupazioni – è avvenuto al largo della costa jonica calabrese. La guerra tra Russia e Ucraina amplifica ancora di più una tensione nel Mediterraneo già presente da tempo.

    La portaerei Truman non è una nave qualsiasi. È l’ammiraglia delle forze navali occidentali americane nel Mediterraneo. Ospita cacciabombardieri F18 Hornet che si sono spinti, simulando incursioni, fino al mar Nero e al Baltico.

    Il Kulakov invece è una nave modernizzata nel 2010 che potrebbe essere dotata di missili cruise Kalibr, ampiamente impiegati nella guerra in Ucraina. Oltre alla Kulakov è presente anche l’incrociatore Varyag, detto “killer di portaerei”.

    La guerra tra Russia e Ucraina ha accelerato le manovre navali dello zar Putin nel Mediterraneo. Anche alla luce del blocco navale sul Bosforo.

    Il Varyag è la nave ammiraglia della flotta Nord dell’esercito di Putin. Si trova nel Mediterraneo dal febbraio scorso, dove è presente pure la Maresciallo Ustinov. Una potenza navale notevole è stata schierata dal Cremlino: due caccia, due fregate, due incrociatori, due sottomarini.

  • Mancini, 20 anni dopo: anatomia di un socialista senza eredi

    Mancini, 20 anni dopo: anatomia di un socialista senza eredi

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    Due chilometri di corteo funebre, decorato da mazzi di garofani rigorosamente rossi, e venti anni di nostalgia.
    Il corteo, che si svolse il 12 aprile 2002, lo raccontò Fabrizio Roncone sul Corriere della Sera. La nostalgia, invece, è roba di queste ore e di questi giorni.
    Giacomo Mancini se ne andò l’8 aprile del 2002 a ottantasei anni, cinquantotto dei quali vissuti da protagonista politico di primo piano. E da allora è diventato il mito incapacitante di Cosenza, che usa l’ultimo decennio da sindaco dell’illustre vegliardo come un parametro per valutare i successori.

    Ma anche questi ultimi hanno provato a rivendicare, ciascuno a modo suo, l’eredità mancinana. La rivendicazione fu scontata per Eva Catizone, erede diretta a Palazzo dei Bruzi. Un po’ meno per gli altri.

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    Un manifesto elettorale di Mancini presente anche oggi in un garage del centro storico di Cosenza (foto Camillo Giuliani)

    Tutti i sindaci… manciniani a parole

    «Io mi candido a guidare la città che fu di Mancini», esclamò da un palco nei pressi della Villa Comunale Mario Occhiuto. «Fui presidente del Consiglio comunale quando era sindaco Mancini», gli rispose Salvatore Perugini, sindaco uscente e avversario di Occhiuto su problematica designazione del Pd. E che dire del terzo incomodo, cioè Enzo Paolini, altro presidente del Consiglio di quel decennio, che si portò sul palco Gaetano Mancini, ex senatore socialista e cugino di Giacomo? Anche lui aveva bisogno di un pezzo di mancinismo…

    Era la campagna elettorale del 2011, a cui sarebbe seguita l’esperienza di Occhiuto, che ha trascorso buona parte della sua sindacatura a realizzare o terminare opere progettate dal vecchio Giacomo: il rifacimento di piazza Bilotti e il ponte di Calatrava su tutte. Infine, la metro leggera, finita in nulla dopo una vicenda a dir poco travagliata.
    In compenso, i debiti maturati nel decennio, sono esplosi e il dissesto, di cui si parlava dai primi Duemila, è diventato realtà. L’era Occhiuto, che inaugurava la stagione del centrodestra, doveva essere il superamento del mancinismo, già tentato da Perugini. In realtà ne è stato il remake fatto male.

    Di padre in figlio… in nipote

    Per i malevoli, non pochi anche tra i calabresi, Mancini fu una specie di satrapo. Del «califfo della Calabria Saudita», come lo ha definito di recente (ma in maniera benevola) Filippo Ceccarelli, si ricorda la prepotenza, la personalizzazione del potere, iniziata ben prima di Craxi, e la propensione dinastica.
    Figlio di Pietro, storico leader socialista, Giacomo Mancini fu padre di Pietro, che fu sindaco di Cosenza al crepuscolo della Prima Repubblica, e nonno di Giacomo, che è stato consigliere comunale, deputato e assessore regionale. E continua a rivendicare l’aggettivo jr, appiccicatogli quando il nonno era vivo, con un misto di orgoglio e devozione.
    Ma tant’è: il tradizionalismo, ribadito dal passaggio generazionale dei nomi e del potere, è una curvatura inevitabile della politica del Meridione profondo, anche di quella progressista.

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    Giacomo Mancini, Giulio Andreotti e altri big della politica italiana

    Mancini dinasty

    Ma le tradizioni familiari (e familistiche) di quella generazione erano anche scuole, in cui l’apprendistato poteva essere severo. È ciò che fa la differenza tra un figlio d’arte e un figlio di papà.
    Per il vecchio Giacomo, essere figlio di Pietro ha significato la possibilità di misurarsi coi gigantissimi come Pietro Nenni, di esordire nel movimento clandestino della Roma ancora occupata dai tedeschi e di farsi le ossa nella difficile accademia del riformismo, allora quasi azzerata dalla presenza ingombrante del Pci.
    Ha significato, soprattutto, avere la possibilità di dialogare col potere democristiano per spostare a sinistra l’asse della politica italiana.

    Non si diventa ministri per caso, specialmente non allora. Il vecchio Giacomo approdò ai governi di centrosinistra di Moro e Rumor, in cui fu ministro del Lavori pubblici e della Sanità, dopo un rodaggio di dodici anni come deputato.

    A 20 anni dalla morte sul Web ancora si ironizza sulla SA-RC che Mancini volle far passare da Cosenza (meme A. Muraca)

    Il vaccino contro la polio e l’autostrada Salerno-Reggio

    L’ascesa alla segreteria del Psi fu per lui un coronamento quasi naturale. Se la sua carriera si fosse fermata lì, ai primi anni ’70, Mancini sarebbe passato comunque alla storia come il politico calabrese di maggior successo e potere, con la sola eccezione di Riccardo Misasi (che, tuttavia, fu ministro quasi a vita ma mai segretario).

    L’ambivalenza tra il radicamento nella sua città e la frequentazione romana, fu alla base di una visione politica (oggi merce rara) particolare, per cui il disagio sociale del Sud diventava il simbolo del disagio del Paese, perché i poveri si somigliano tutti, e la questione meridionale era una questione nazionale. Con questa logica, Mancini impose in tutt’Italia la vaccinazione contro la poliomielite. E poi vagheggiò la modernizzazione del Sud, a partire dalla Calabria.
    Con tutti i loro difetti, la Salerno-Reggio e i tanti tentativi di industrializzazione della regione sono frutto di questa visione, secondo cui il lavoro e il benessere erano le basi della democrazia. E le “tute blu” l’antidoto alle coppole.

    Cosenza rinasce grazie a Mancini

    Giacomo Mancini fu sindaco di Cosenza per la prima volta a metà anni ’80. Ma solo nel decennio successivo divenne “il” per davvero.
    Contestato dagli oppositori e dai rivali per i metodi autoritari e per la propensione alla spesa facile, il vecchio Giacomo terminò la carriera politica (e la vita) dando una sonora sveglia alla sua città, fresca reduce da una feroce guerra di mafia.
    In quei nove anni e rotti Cosenza esibì un dinamismo inedito e tentò di imitare le città del Centronord in cui parecchi cosentini “bene” facevano l’università. Vogliamo dire che il Festival delle Invasioni costava un po’ troppo? Diciamolo. Ma aggiungiamo che fu l’unico tentativo di creare, a Sud, un rivale credibile ai Festival che contavano (Umbria Jazz in testa).

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    Giacomo Mancini con Carlo Azeglio Ciampi

    Vogliamo dire che il ricorso massiccio alle cooperative sociali sarebbe diventato un’eredità impossibile da gestire? Certo. Ma all’epoca fu un calmiere sociale che riportò la pace e la sicurezza.
    Vogliamo constatare che il recupero del centro storico alla lunga si rivelò effimero? Senz’altro. Ma il tentativo mantiene un suo innegabile successo: una zona negletta e borderline, fino ad allora sinonimo di povertà estrema, divenne un attrattore.
    Anche il duello con la vicina Rende, sostenuto con fermezza, si sarebbe rivelato perdente sulla lunga distanza. Tuttavia, quello di Mancini resta il tentativo più forte di dare al capoluogo una centralità che non ha più.
    Il limite più vistoso di questo modo di amministrare fu il ricorso quasi esclusivo alle casse pubbliche, che ne uscirono stremate. Certo, Mancini indebitò il Comune quando il “deficit spending” vecchia maniera era ancora praticabile, perché il Trattato di Maastricht, in quel lontano ’93, era appena firmato e i suoi vincoli non mordevano ancora. Ma quel debito non lo colmò nessuno…

    Craxi driver?

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    Giacomo Mancini e Bettino Craxi

    Mancini fu l’ultimo grande politico della Prima Repubblica a gestire potere in Calabria e a Cosenza. Ma fu anche il primo sindaco della Seconda, cioè eletto col voto diretto, che fu la seconda mazzata al sistema dei partiti.
    La prima era stata la preferenza unica, con cui si svolsero le Politiche del ’92 e proprio Mancini, candidato da capolista ne fece le spese: non rientrò in quel Parlamento che frequentava dal ’48.

    Tra la mancata rielezione a l’ascesa a Palazzo dei Bruzi, ci fu la controversa deposizione resa al pool di “Mani Pulite” a carico di Craxi il 18 novembre del ’92. Per i malevoli, quelle dichiarazioni spontanee sarebbero state il ticket pagato da Mancini per avere cittadinanza nella Seconda repubblica. Per altri, ancora più cattivi, il vecchio Leone si sarebbe vendicato del suo ex segretario, che lui stesso aveva aiutato a trionfare al Midas nel ’76. Per altri, invece, Mancini avrebbe detto solo la verità sui finanziamenti illeciti del Psi. Comunque sia, quel «non poteva non sapere» che inchiodava Craxi e sminuiva un po’ le responsabilità del tesoriere Vincenzo Balzamo, confermava il teorema di Tangentopoli

    Stampa e procure

    La micidiale battuta di Cuore, il settimanale satirico de l’Unità, («Scatta l’ora legale, panico tra i socialisti») potrebbe non riferirsi al solo Craxi.
    Nei primissimi anni ’70 Mancini fu bersaglio di una terrificante campagna stampa condotta dal giornalista di destra Giorgio Pisanò sul Candido, con linguaggio e metodo che anticipavano non poco le celebri inchieste di Mino Pecorelli su Op.
    «Mancini, ladro e cretino», oppure: «Si scrive leader si legge lader». O infine: «Quelli che rubano con la sinistra si chiamano Mancini», erano gli slogan del battagliero settimanale di satira, trasformatosi per circa due anni in una testata d’inchiesta.

    La mitica prima di Cuore con la battuta sull’ora legale (archivio Camillo Giuliani)

    Per quelle espressioni pesanti (che riportiamo per mero dovere di cronaca) e per alcuni errori giornalistici, Pisanò passò i guai e si fece pure un po’ di galera, da cui lo tirò fuori il celebre avvocato Francesco Carnelutti. Mancini, oltre al fango, non ebbe conseguenze. L’unico che ebbe problemi seri fu il produttore cinematografico Dino De Laurentis, finito nel tritacarne di Pisanò assieme al segretario del Psi, che lasciò l’Italia.
    Il secondo round di guai fu l’inchiesta per mafia, intentatagli dalla Procura di Palmi, dalla quale  derivò un processo lungo e pesantissimo. Ne sarebbe comunque uscito assolto, se non fosse morto prima.

     

    L’eresia a Cosenza

    Tutto si può dire di Mancini, tranne che fu un riciclato. Al contrario, divenne sindaco di Cosenza alla guida di una coalizione di liste civiche, in cui gli eretici della destra (Arnaldo Golletti e Benito Adimari) coesistevano coi reduci dei Movimenti (ad esempio, la Lista Ciroma, guidata da Paride Leporace) e i duri e puri del Psi convivevano con le vecchie glorie dell’autonomia (ad esempio, Franco Piperno, che visse la sua seconda giovinezza come assessore del Vecchio Leone).
    Mancini non entrò in alcun partito, ma fece il sindaco a dispetto dei partiti, spesso colonizzati da ex socialisti cresciuti sulle sue gambe (è il caso di Pino Gentile…).
    A prescindere da ogni valutazione, Cosenza fu un laboratorio interessante. Che ebbe un limite: l’incapacità di sopravvivere al suo stregone.

    Ironie del web: la 106 secondo Mancini (meme di Alessandro Muraca)

    Un gigante senza eredi politici

    Della Mancini dinasty resta pochissimo: il nipote Giacomo, dopo una prima fiammata come deputato della Rosa nel pugno, riuscì a farsi battere da Salvatore Perugini. Poi, dopo il salto nel centrodestra, effettuato fuori tempo massimo, e l’esperienza di assessore per Scopelliti, ha perso consensi elettorali e si limita a sortite in nome della nostalgia.
    Stesso discorso per suo padre Pietro, che esibisce ora simpatie salviniane. Quasi sparita, invece, Giosi, la figlia di Giacomo (che ha tentato solo una candidatura come consigliera nelle ultime Amministrative a Roma). Sparita del tutto Ermanna Carci Greco, la figlia di prime nozze di donna Vittoria, più manciniana, forse, dello stesso Patriarca.

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    Giacomo Mancini, jr e sr

    Eva Catizone, dopo la sindacatura, ha tentato più volte la carta elettorale in ciò che restava del Psi. Poi è passata con Mario Occhiuto. E Cosenza? Langue. Fuori da quel contesto politico, le nuove opere del vecchio Mancini, piazza Bilotti e il Ponte, sembrano fuor d’opera. E molte di quelle vecchie, i ponti sul Crati e il Palasport ad esempio, sono fatiscenti.
    Polvere e rughe: tutto ciò che resta di un’esperienza politica forte, che ha bruciato in dieci anni uomini e risorse per cinquanta. È lo specchio di una città dal declino irrimediabile che si rifugia nella nostalgia: «Le rughe han troppi secoli, oramai, e truccarle non si può più». Cantava Lucio Battisti.
    Oggi, a truccarle, non basterebbero dieci Mancini redivivi.

    L’ultimo, grottesco, capitolo sull’eredità politica di Giacomo Mancini
  • ‘Ndrangheta, chiesti tre ergastoli per l’omicidio Belsito

    ‘Ndrangheta, chiesti tre ergastoli per l’omicidio Belsito

    Il pm della Dda di Catanzaro Andrea Mancuso ha chiesto la condanna all’ergastolo per tre dei quattro imputati che hanno scelto di essere giudicati con rito abbreviato nell’ambito del processo per l’omicidio di Domenico Belsito, avvenuto nel 2004 a Pizzo.

    I Pm chiedono 7 anni per il pentito Andrea Mantella

    Le richieste di carcere a vita sono state avanzate per Pasquale Bonavota, di 47 anni, Nicola Bonavota (45) e Francesco Fortuna (41), tutti di Sant’Onofrio. Per il quarto imputato, il pentito Andrea Mantella, è stata chiesta una pena di 7 anni e 2 mesi di reclusione. Oltre che dell’omicidio, gli imputati sono accusati di lesioni personali aggravate per il ferimento del cognato di Mantella, il 66enne Antonio Franzè, avvenuto a Vibo.

    Il delitto sarebbe maturato per dinamiche interne ai clan

    Belsito fu ferito a colpi di arma da fuoco la sera del 18 marzo 2004 mentre si trovava in un noto bar di Pizzo e morì due settimane dopo nell’Ospedale di Vibo Valentia. A sparare – secondo l’accusa – fu Francesco Scrugli, ucciso a Vibo nel 2012. Un omicidio che per la Dda di Catanzaro sarebbe maturato per dinamiche interne ai clan, impegnati in una lotta interna alla famiglia di ‘ndrangheta dei Bonavota di Sant’Onofrio per meglio definire la spartizione dei territori di competenza. A processo con rito ordinario, invece, c’è Salvatore Mantella, ritenuto mandante dell’omicidio e cugino del collaboratore di giustizia che avrebbe partecipato materialmente al delitto.

  • Auto: ibride ed elettriche raddoppiano, ma la Calabria resta poco green

    Auto: ibride ed elettriche raddoppiano, ma la Calabria resta poco green

    Le auto ibride ed elettriche in circolazione in Calabria sono aumentate del 136,8% nel corso del 2021. Erano 6.190 l’anno prima, sono diventate 14.656. I numeri arrivano dall’analisi del Centro Studi di AutoScout24 su base dati Aci. Non è tutt’oro quel che luccica però. Quando si parla di auto, infatti, la Calabria continua a segnalarsi come una delle regioni in cui il parco vetture circolante è particolarmente datato. Basti pensare che, pur raddoppiando nel giro di dodici mesi, ibride ed elettriche restano soltanto l’1’1% delle circa 1.329.400 auto in circolazione, con le elettriche che si fermano addirittura allo 0,1%.

    Il problema delle vetture poco green non è solo questione di alimentazione dei motori. Ce ne sono, si sa, sia a benzina che diesel con un impatto abbastanza ridotto su consumi e ambiente. Solo che in Calabria rappresentano una minoranza. Secondo AutoScout24 da queste parti ne circolano quasi 585mila (il 44% del totale) con una classe di emissioni Euro 3 o inferiore. Addirittura sono oltre 196mila quelle Euro 0 (14,8%). Se poi si va a guardare l’età media dei veicoli si scopre che oltre un’auto su due (53%) ha 15 anni o più.

    È la provincia di Catanzaro, comunque, quella a registrare il maggior numero di ibride ed elettriche in circolazione, con una percentuale dell’1,5%. Seguono Reggio Calabria (1,1%), Cosenza (1%) e, fanalino di coda, Vibo Valentia e Crotone, entrambe con lo 0,9%. Quelle in cui, invece, la crescita di veicoli meno inquinanti è stata maggiore rispetto al 2020 sono Vibo e Cosenza, aumentate rispettivamente del +187,9% e +149,5%.

    La maglia nera per il numero di auto con una classe Euro 3 o inferiore va a Crotone: sono il 46,2% del totale. Non che dalle altre parti vada molto meglio: Vibo Valentia (45,6%), Reggio Calabria (45,2%), Cosenza (44,5%) e Catanzaro (39,2%). Vibo, peraltro, è la provincia con più auto Euro 0 in percentuale: sono addirittura il 16,9%. Quella ad averne di più invece è Cosenza, con le sue 69.933.

  • La variante XJ arriva anche in Italia: primi due casi isolati a Reggio Calabria

    La variante XJ arriva anche in Italia: primi due casi isolati a Reggio Calabria

    È più contagiosa delle altre che abbiamo conosciuto finora e nessuno l’aveva ancora isolata in Italia: XJ, l’ultima variante del coronavirus ha scelto Reggio Calabria per sbarcare dalle nostre parti. Individuata in Finlandia alla fine dello scorso mese, dalle nostre parti non risultavano ancora casi. Ma è stato il laboratorio dell’Asp di Reggio Calabria, diretto da Maria Teresa Fiorillo, a individuare ieri i primi due soggetti ad averlo contratto. I medici di via Willermin hanno segnalato la circostanza all’Istituto superiore di Sanità, che ha confermato il risultato.

    Variante XJ, la spiegazione dell’Asp di Reggio Calabria

    A quel punto è stata la stessa Asp di Reggio Calabria a diffondere la notizia. Nella nota diffusa dall’Azienda sanitaria si legge che «La variante XJ è una ricombinazione della variante Omicron costituita da una forma ibrida dei ceppi Omicron 1 e Omicron 2 e comporta un aumento del tasso di contagiosità»