Categoria: Fatti

  • Coronavirus: casi raddoppiati, ma il tasso di positività scende

    Coronavirus: casi raddoppiati, ma il tasso di positività scende

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    Questi gli aggiornamenti  di oggi (12 aprile) sulla diffusione del Covid in Calabria. I contagi comunicati dalla Cittadella tornano a salire, risultando poco più del doppio di quelli di ieri. Sono, infatti, 2.869 i nuovi casi. Un risultato che arriva a fronte di 13.393 tamponi. Il tasso di positività risulta, di conseguenza, pari 21,42%, di poco inferiore rispetto a quello di ventiquattro ore fa. I guariti dal Coronavirus che il bollettino riporta sono 1.868. I morti della giornata sono 10.
    A seguire, i dati delle singole province calabresi relativi alla pandemia comunicati dalle Asp di Catanzaro, Cosenza, Crotone, Reggio Calabria e Vibo Valentia alla Regione e riportati nel bollettino quotidiano della Cittadella.

    Dall’inizio della pandemia ad oggi (12 aprile): i dati sul Covid in Calabria

    Territorialmente, dall’inizio dell’epidemia, i casi positivi sono così distribuiti:

    • Catanzaro: CASI ATTIVI 7.240 (85 in reparto, 10 in terapia intensiva, 7.145 in isolamento domiciliare); CASI CHIUSI 37.431 (37.163 guariti, 268 deceduti).
    • Cosenza: CASI ATTIVI 39946 (111 in reparto, 4 in terapia intensiva, 39831 in isolamento domiciliare); CASI CHIUSI 40246 (39223 guariti, 1023 deceduti).
    • Crotone: CASI ATTIVI 4.420 (17 in reparto, 0 in terapia intensiva, 4.403 in isolamento domiciliare); CASI CHIUSI 28.765 (28.555 guariti, 210 deceduti).
    • Reggio Calabria: CASI ATTIVI 13.060 (111 in reparto, 3 in terapia intensiva, 12946 in isolamento domiciliare); CASI CHIUSI 114400 (113.672 guariti, 728 deceduti).
    • Vibo Valentia: CASI ATTIVI 17.854 (19 in reparto, 0 in terapia intensiva, 17835 in isolamento domiciliare); CASI CHIUSI 18.143 (17.980 guariti, 163 deceduti).

    L’ASP di Cosenza comunica 716 nuovi soggetti positivi di cui 4 fuori regione. Inoltre, specifica che “Oggi si registrano 718 nuovi casi. Il numero complessivo dei casi è incrementato di 716 unità e non di 718 in quanto 1 paziente è stato trasferito dal P.S. AOCS all’AOMD di Catanzaro ed 1 caso è stato eliminato perché risultato doppio”. L’ASP di Catanzaro comunica 718 nuovi soggetti positivi di cui 2 fuori regione.

  • Stretto di Messina: traghetti troppo cari, maxi multa per Caronte & Tourist

    Stretto di Messina: traghetti troppo cari, maxi multa per Caronte & Tourist

    Caronte & Tourist, la società che gestisce i traghetti sullo Stretto di Messina, dovrà sborsare quasi 4 milioni di euro di multa. A deciderlo è stata l’Antitrust, che ha irrogato una sanzione di oltre 3,7 milioni di euro.

    Tutto nasce dalla posizione di assoluta dominanza che Caronte&Tourist ha sul traghettamento passeggeri con auto al seguito. La società, secondo l’Autorità che regola la concorrenza sul mercato, la ha sfruttata a danno dei consumatori, applicando prezzi troppo elevati senza alcuna giustificazione.

    Traghetti sullo Stretto, i motivi della multa a Caronte

    Il calcolo sull’eccessiva onerosità delle tariffe è il frutto di un test in due fasi. Il risultato dell’analisi dell’Antitrust sui costi imposti da Caronte & Tourist per i traghetti sullo Strettoè la maxi multa. Le tariffe applicate ai passeggeri con autoveicolo che attraversano lo Stretto risultano sproporzionate rispetto ai costi sostenuti, ergo eccessive.

    Non solo: la sproporzione è irragionevole rispetto al valore del servizio reso, quindi iniqua. Ora Caronte & Tourist dovrà restituire “il maltolto” – anche se non direttamente agli utenti danneggiati – pagando una multa milionaria.

  • Irtolandia: il nuovo Pd puzza già di vecchio, inciuci e sardine

    Irtolandia: il nuovo Pd puzza già di vecchio, inciuci e sardine

    Un anno fa Nicola Irto era il candidato in pectore del centrosinistra alla presidenza della Regione Calabria. Sul suo nome, però, arrivò il veto del Movimento 5 Stelle. E il Nazareno, in virtù della ricerca spasmodica – più nazionale che locale – di una alleanza organica con i grillini, lo sacrificò. A nulla valse il supporto offertogli da Dalila Nesci, pronta a candidarsi a primarie di coalizione (suscitando le ire dei suoi colleghi).

    Irto si ritirò con tanto di nota polemica offerta alla stampa. «La volontà di militanti ed elettori è svilita», dichiarò. Per poi annunciare di non voler «starsene zitto e buono» e denunciare i «piccoli feudi» del Pd. Poco dopo ne divenne il segretario regionale al motto di “Rigenerare il Pd”. Ma il partito pare essere solo all’ennesima situazione di stallo dove regna il tutti contro tutti.

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    Francesco Boccia, responsabile enti locali del Pd

    Irtolandia, in attesa delle politiche

    Oggi, il Pd è “Irtolandia”, un mondo dove lo scenario politico interno che viene raccontato è quasi idilliaco. L’unanimismo (spesso forzato) nelle decisioni interne e nell’elargizione di pennacchi partitici riempie le rassegne stampa quotidiane con roboanti annunci di assunzioni di responsabilità.
    Il tutto è chiaramente funzionale alle imminenti elezioni politiche che vedranno lo stesso capogruppo regionale del Pd candidato capolista (probabilmente al Senato). Irto, attualmente impegnato in un tour sui territori di presentazione del suo libro, è già proiettato verso uno scenario extracalabrese. E pazienza se ad accompagnarlo sono i mugugni di alcuni suoi colleghi eletti a Palazzo Campanella.

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    L’ex ministro Peppe Provenzano e Jasmine Cristallo

    I possibili intoppi rappresentati dal vedersi catapultati rivali interni nazionali pare averli scongiurati. Francesco Boccia è commissario regionale del Pd in Puglia e Stefano Graziano candidato segretario regionale del Pd campano. Con tali cariche avranno certamente diritto di opzione nei listini bloccati delle rispettive regioni. Ma per Irto sarà comunque complicato tenere le redini del partito con una lotta tra possibili “quote rosa” imposte da Roma e dirigenti locali, dato il risicato numero di posti per il Parlamento.

    Dema e Cristallo

    Il Nazareno, soprattutto per via dell’ex ministro Peppe Provenzano, tenta in tutti i modi di trovare spazio alla “sardina” di Catanzaro, Jasmine Cristallo. Il suo omologo bolognese, Mattia Santori, è consigliere comunale e si occupa di oche e frisbee. Lei è prima finita (con sorpresa dei più) nell’ormai noto sondaggio commissionato da Roma sui papabili candidati sindaci di Catanzaro espressi dal Pd. Poi avrebbe “suggerito” (tramite Boccia) al candidato sindaco Nicola Fiorita di offrirle un qualche ruolo nella campagna elettorale. Da qui al listino, però, ce ne passa. Certo è che se Fiorita dovesse diventare sindaco potrebbe essere suo grande sponsor. Sarà questo uno dei motivi del “boicottaggio” dei dem al “loro” candidato sindaco? Si vedrà.

    Altra questione è Luigi de Magistris, radicato praticamente “solo” in Campania ed in Calabria. Il centrosinistra a trazione Pd potrà concordare qualche patto di non belligeranza, inglobando qualche candidato dell’ex pm (la cosentina Anna Falcone?) in virtù del decantato campo largo? Sulla carta un accordo simile è già in atto nel capoluogo di regione, dove Dema e il Pd andranno a braccetto. Difficile, però, che l’uscente-effervescente Enza Bruno Bossio non usi (politicamente) il bazooka per farsi spazio, unitamente alle altre donne interne al Partito con l’ambizione di un giro di giostra in Parlamento.

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    Stefano Graziano, ex commissario del Pd in Calabria

    Ciao ciao Graziano

    Unica nota accolta con sollievo unanime all’interno del Pd è il bye bye a Stefano Graziano. Dell’ormai ex commissario regionale del Pd per ben tre anni, con in mezzo due elezioni regionali stra-perse, non rimarrà certo un buon ricordo tra i militanti, eccezion fatta per le portaborse di Amalia Bruni, da lui stesso indicate. Oltre alle elezioni calabresi, Graziano perse pure la sua in Campania nell’autunno del 2020. E dire che a sostenerlo c’erano vari big locali del suo partito: il sindaco di Caserta e presidente dell’Anci Campania, Carlo Marino; il vicesindaco Franco De Michele, presidente dell’Ente Idrico; il consigliere comunale e membro del C.d.a. del Consorzio Asi, Gianni Comunale.

    Graziano, però, è stato subito “recuperato” da Vincenzo De Luca quale suo consulente. Farà l’“Esperto del Presidente in materia di Analisi e programmazione economica degli interventi inerenti alle Reti ed Infrastrutture di interesse strategico regionale”. Oggi, proprio lo stesso De Luca lo sta fortemente sponsorizzando come segretario regionale a seguito delle dimissioni di Leo Annunziata. Andasse in porto, si archivierebbe nei fatti la sua candidatura in Calabria come “risarcimento” per il lavoro svolto nel triennio da commissario regionale.

    I feudi ci sono ancora: il caso Vibo

    Nonostante la mediatica narrazione del Pd come “IrtoLandia” e i congressi celebrati con la curatela del Nazareno che ha imposto l’unanimità nell’assunzione delle varie cariche, sui territori continuano ad esserci quei feudi che Irto aveva denunciato giusto un anno fa. E la situazione non si accinge certo a migliorare.

    Emblematico è il caso del Pd di Vibo Valentia, rimasto orfano del capogruppo in consiglio comunale, Stefano Luciano. «Sono grato a Nicola Irto per avermi scelto in direzione regionale del Pd, ma quanto verificatosi recentemente nel partito cittadino e provinciale non mi ha lasciato sereno, perché ogni spinta verso un radicale cambiamento è stata impedita in ogni modo e con ogni forza», ha dichiarato Luciano prima di abbracciare Azione di Carlo Calenda qualche giorno fa.

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    Giovanni Di Bartolo, segretario provinciale del Pd a Vibo Valentia

    Rigenerazione sì, ma dei parenti

    Già, perché in città è prevalsa la linea di Francesco Colelli e Fernando Marasco (provenienti da Sinistra, ecologia e libertà) e Carmelo Apa, proveniente da Rifondazione Comunista.
    Non certo una “Rigenerazione”, per dirla con Irto, ma il riproporsi delle stesse facce o dei loro parenti. È il caso del consigliere comunale del Pd Stefano Soriano, figlio di Michele, già candidato a sindaco in quota dem nel 2010. Ma anche del consigliere provinciale Marco Miceli che, seppur iscritto al gruppo “Vibo Democratica” (strizzando l’occhio al M5S), ha come padre un dirigente cittadino di lungo corso del Pd (ha guidato la commissione di garanzia dell’ultimo congresso).

    A livello provinciale il “pennacchio” di segretario è andato, invece, a Giovanni Di Bartolo, studente universitario, classe ’96, già “social media manager” dell’ex deputato Brunello Censore. La presidenza del Partito, invece, è toccata all’ex consigliere regionale Michele Mirabello, anche lui ex pupillo di Censore e già segretario provinciale del Partito nel 2013. Per l’uscente segretario provinciale Enzo Insardà, infine, è arrivato il posto di tesoriere regionale del Partito.

    L’ambiguo rapporto con Solano

    A “rigenerarsi” con questo nuovo Pd è certamente il presidente della Provincia di Vibo Valentia, Salvatore Solano, imputato per corruzione, concorso nel minacciare gli elettori e turbata libertà degli incanti con l’aggravante mafiosa nell’ambito del processo della Dda di Catanzaro “Petrolmafie”.
    Già, perché la consigliera provinciale del Pd Maria Teresa Centro ha accettato di buon grado la delega offertale da Solano (che, ricordiamo, è stato eletto con Forza Italia), unitamente al citato Miceli, supportata dal collega di gruppo comunale Giuseppe Policaro, anch’esso grande supporter di Solano. Insomma, qui il nuovo Pd inciucia quanto e come il vecchio.

    A Catanzaro ritorno al passato

    Una versione amarcord del Pd arriva pure dal Catanzarese. Sui tre colli hanno “incoronato” segretario l’ex consigliere comunale Fabio Celia, che è stato il primo coordinatore del Pd cittadino nel 2010. Dodici anni fa scriveva: «Basta con chi ha generato la morte della politica di centrosinistra in città; basta con chi ha costruito lobby di potere per gestire la politica dell’interesse e dell’affermazione di sé e dei propri amici». Un ottimo intento, che pare cozzare, però, con l’aver piazzato suo cognato Giuseppe Correale prima come portaborse di Francesco Pitaro e ora di Ernesto Alecci.

    Come primo atto, Celia ha nominato un direttivo dal quale nell’immediato si è dimesso più d’uno in dissenso con la linea del Partito. Non proprio un buon inizio. La nomina di Celia è arrivata dopo il passo indietro di Salvatore Passafaro, figlio di ex consigliere comunale, già coordinatore cittadino del Pd  – e futuro capolista, qualora i dem abbiano la forza di stilare una lista alle prossime amministrative nonché protagonista delle primarie farsa (con tesseramento fasullo) del 2019.

    Come segretario provinciale, archiviata la tragicomica era Cuda, è stato collocato Domenico Giampà. Il sindaco di San Pietro a Maida, protagonista della faida per la segreteria provinciale con Enzo Bruno a suon di ricorsi del 2013, è un ex portaborse dell’assessore all’Ambiente Roberto Musmanno, fedelissimo di Enza Bruno Bossio e Nicola Adamo. Il Pd a guida Giampà ha confermato come presidente l’ex primo cittadino di Satriano, Michele Drosi, già portaborse dell’assessore regionale Francesco Russo nell’era Oliverio.

    Ernesto Alecci, consigliere regionale del Pd

    Il nuovo Pd che guarda a destra

    Piccolo particolare: come membro della direzione regionale il Pd catanzarese ha nominato Eugenia Paraboschi, figlia dell’ex presidente della commissione di garanzia del partito catanzarese, storico comunista di Marcellinara. È proprio in questo paese che Eugenia è stata candidata ed eletta con “Marcellinara da Vivere”, lista di centrodestra con candidato a sindaco l’allora vicepresidente della provincia in quota Forza Italia, oggi consigliere regionale di Fdi, Antonio Montuoro. La Paraboschi correva contro il segretario cittadino del Pd di Marcellinara, Giovanni Torcasio, ed è ancor oggi nel gruppo consiliare con l’esponente dei meloniani. Insomma, c’è molta confusione in questo “nuovo Pd”. Tanto che, in vista delle comunali del capoluogo, molti suoi esponenti hanno già virato a destra con Valerio Donato, chi ufficialmente, chi in maniera felpata.

    A Cosenza tutto rimandato

    A non cedere fino ad oggi all’unanimismo forzato che è stato imposto nelle varie province è stata la federazione del Pd cosentino, che esprime la deputata Enza Bruno Bossio.
    La Commissione nazionale di garanzia ha annullato le fasi propedeutiche alla celebrazione dei congressi alla luce dei vari ricorsi presentati. Tutto rimandato a maggio, in attesa che Bruno Bossio, Bevacqua, Zagarese, Locanto e Iacucci, con la tutela nazionale imposta per il tramite del funzionario Riccardo Tramontana, trovino la quadra.

    Nel mezzo, però, ci son state le elezioni provinciali di Cosenza, che hanno visto vincere il centrodestra di Rosaria Succurro. Il sindaco di Corigliano-Rossano, Flavio Stasi, ha punzecchiato: «Bisognerebbe riflettere su quanti e sulle ragioni di chi, seppur del centrosinistra o del PD, hanno votato centrodestra, visto che è aritmeticamente accertato». Per questa resa dei conti c’è da attendere.
    Intanto il tour di Irto continua, di feudo in feudo.

    La parlamentare del Pd, Enza Bruno Bossio
  • Principe contro Principe: una città per due urbanistiche

    Principe contro Principe: una città per due urbanistiche

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    Empio Malara è cittadino onorario di Rende. E questo è l’unico dato certo nella polemica esplosa tra Malara e Sandro Principe, che ha tenuto banco nei media regionali.
    Ma questa stessa polemica impone una riflessione sulla storia recente di Rende, che è essenzialmente una storia urbanistica.
    Malara ha accusato Principe di «velleità strapaesane» e di «ingratitudine» nei confronti di suo padre, il mitico Cecchino.
    Principe ha tenuto botta: coi soliti toni pesanti, ma anche con molti dati alla mano, ha provato a dimostrare che la “sua” Rende è una città diversa da quella pensata da Cecchino e disegnata da Malara.

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    Cecchino Principe in un comizio d’epoca

    L’archistar, dal canto suo, ha cercato di far capire che la “sua” Rende (quindi, anche quella di Cecchino) era migliore di quella realizzata da Sandro.
    Non è il caso di entrare in questioni estetiche, su cui forse neppure gli addetti ai lavori concordano. Resta vero, tuttavia, che la Rende ideata tra i ’60 e i ’70 era decisamente diversa da quella che conosciamo e vediamo oggi.

    Rende e Cosenza: dalla continuità alla rivalità

    La Rende di Cecchino Principe, in effetti, non dava nell’occhio: continuava Cosenza e l’aiutava a smaltire la popolazione in eccesso, accumulata dal dopoguerra fino agli anni ’70.
    Il leader socialista, al riguardo, si era limitato a riprendere la vecchia intuizione urbanistica del ventennio fascista: Cosenza non poteva sviluppare a sud-ovest, per via della sua struttura collinare e quindi l’unico sbocco urbanistico era a nord-est, in direzione della Valle del Crati e della Sibaritide.

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    Rende, Panoramica di via Rossini

    La città verde disegnata da Malara, che si agganciava a Cosenza tramite Roges, era lo sfogo ideale. Certo, qualcosa scappò, visto che il primo disegno urbanistico non comprendeva l’Unical – che negli anni ’60 era nella mente di Dio e neppure – e non ipotizzava la crescita di Quattromiglia, che era solo la sede di una Stazione ferroviaria che continua a non richiamare Rende in alcun modo (infatti, è tuttora la Stazione di Castiglione).
    Rende aveva iniziato il suo sviluppo come città servente e forse non poteva essere altrimenti. Ma la realizzazione dell’Università della Calabria, in origine non prevista da Cecchino né da Malara, cambiò non poco il quadro.

    Il Campus della discordia

    La variante del piano regolatore che includeva il Campus di Arcavacata fu firmata (e quindi progettata o quantomeno approvata) da Malara negli anni ’70.

    Beniamino Andreatta

    L’idea di creare un ateneo all’americana, cioè staccato dal tessuto urbano, aveva un motivo nobile, pensato da Beniamino Andreatta in persona: staccare i laureandi dai contesti socio-familiari per creare una classe dirigente progressista.

    Rende vinse la sfida sia grazie al dinamismo di Cecchino, che elaborò un mega esproprio “lampo”, ma soprattutto grazie alla maggiore disponibilità di territorio, sottopopolato e in larghissima parte agricolo.
    Ottenere il Campus fu il primo passo. Il secondo, davvero decisivo, fu l’inclusione dell’Unical nel Piano regolatore generale. Da quel momento in avanti, Rende iniziò a mordere al collo Cosenza.

    Parlano i numeri

    La classe dirigente cosentina, costituita da professionisti formatisi fuori regione, aveva sottovalutato ciò che accadeva, anche perché il capoluogo era in ascesa demografica.

    La demografia di Cosenza fino al 2011

    Ma, contemporaneamente, cresceva pure Rende, che accoglieva non pochi cosentini “bene”: si pensi solo che alcuni amministratori di Cosenza risiedevano (e risiedono tuttora) oltre il Campagnano.
    L’evoluzione successiva, caratterizzata dalla decrescita di Cosenza e dall’ascesa demografica di Rende, cambiò il quadro della situazione a partire dagli anni ’80.
    Infatti, la città del Campagnano passò dai 13mila e rotti residenti del ’71 ai circa 25mila e rotti nell’81 e agli oltre 30mila del decennio successivo. Cosenza, che aveva superato i 100mila abitanti nell’81, invertì la curva demografica, fino a scendere agli attuali 64mila e rotti abitanti. Questi numeri spiegano le generose colate di cemento al di là del Campagnano.

    La demografia di Rende fino al 2011

     

    Politiche diverse

    È difficile dire se Sandro Principe abbia inaugurato un trend o, più semplicemente, lo abbia interpretato.

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    Sandro Principe

    Detto altrimenti: se abbia deciso di far concorrenza al capoluogo oppure abbia approfittato della crescita spontanea di Rende per ideare una città alternativa.
    Di sicuro, la creazione di via Rossini a partire dalla chiesa di San Carlo Borromeo (che a suo tempo fu contestata da Malara), la struttura di Commenda e la definitiva urbanizzazione di Quattromiglia, agganciata all’Unical a partire dagli anni ’90, sono il prodotto di variazioni, anche particolarmente invasive, del disegno originario.

    Rende e Cosenza: la guerra tra Principe e Mancini

    Quasi ignorata dal vecchio sistema dei partiti, la concorrenza tra Rende e Cosenza esplose feroce negli anni ’90, quando Sandro Principe iniziò il braccio di ferro col vecchio Giacomo Mancini.
    Il volano della crescita di Rende fu l’Unical, che aveva stimolato una forte espansione edilizia nella città perché aveva superato la sua funzione originaria di ateneo per studenti a basso reddito e attirava molti iscritti, per i quali le strutture residenziali “istituzionali” non bastavano più.
    La guerra tra le due città fu condotta senza esclusione di colpi a partire dai servizi (si pensi allo scontro sui bus dell’Amaco, bloccati dai vigili di Rende),

    La situazione attuale

    Il declino di tutta l’area urbana cosentina non ha colpevoli specifici. Lo spopolamento – che tocca anche Rende e a cui corrisponde un calo di iscritti dell’Unical, scesa nel 2021 sotto le 30mila immatricolazioni – è, purtroppo, l’esito di un calo che ha colpito tutto il Mezzogiorno.

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    Panoramica dell’Unical

    Atene piange e Sparta non ride e, nel Cosentino, è difficile dire chi sia Sparta e chi Atene. Ma un dato è certo: l’enorme quantità di appartamenti, invenduti o sfitti, di Rende non giustifica ulteriori incrementi edilizi. E lo stesso discorso vale per il capoluogo. Eppure, in entrambe le città si continua a far colare il cemento e si programmano altre colate, come se non ci fosse un domani.

    Il cemento è per sempre

    Il litigio a mezzo stampa tra Malara e Principe rivela troppi non detti, a cui l’ex sindaco ha alluso pesantemente.
    Il primo riguarda i rapporti tra la famiglia Malara e Rende: si pensi che Andrea Malara, il nipote di Empio, cura tuttora l’illuminazione pubblica di Rende. Questo dato banale non deve meravigliare nessuno, visto che i Malara sono una firma nell’urbanistica.

    Empio Malara

    Il secondo sottinteso riguarda la cementificazione: l’area di viale Principe, secondo il Piano strutturale comunale caldeggiato dall’attuale amministrazione Manna, dovrebbe essere destinato non più solo ai servizi (centri commerciali e rifornitori di carburanti) ma anche all’edilizia residenziale. Cioè altri palazzi, per un totale di mille appartamenti in più.
    Una quantità di vani che non si giustifica neppure con l’incremento demografico, di 1.200 residenti, annunciato con orgoglio dal sindaco alcuni giorni fa, considerata l’enorme quantità di abitazioni vuote, non ancora censita.

    Tra Rende e Cosenza Montalto gode

    Contrapporre la Rende di Malara a quella di Sandro Principe significa contrapporre due epoche diverse.
    Tutto lascia pensare che la rievocazione di un Cecchino “buono” e lungimirante contro un Sandro “cattivo” e “strapaesano” sia l’ennesima tossina di una lotta senza quartiere, che rischia di avvelenarsi ancor di più perché c’è un terzo incluso: la magistratura.
    Forse nell’attuale maggioranza c’è chi spera che l’ex uomo forte di Rende finisca fuori combattimento e, con lui, l’opposizione.

    La demografia di Montalto fino al 2011

    Il problema non è l’urbanistica né la cementificazione. Soprattutto, non sono un problema il “rendecentrismo” o la “cosentineria”: Rende è cresciuta a scapito di Cosenza e ora Montalto cresce a scapito di Rende, come dimostra la curva demografica in costante ascesa. Questo processo ha spostato di molto a nordest l’asse dell’area urbana e tolto più centralità al capoluogo.
    Di fronte a questa evidenza tutte le polemiche sono inutili.

  • ‘Ndrangheta, venti condanne nel processo “Rimpiazzo”

    ‘Ndrangheta, venti condanne nel processo “Rimpiazzo”

    Il Tribunale di Vibo Valentia ha condannato 20 persone e ne ha assolte altre 13 assoluzioni nell’ambito del processo con rito ordinario nato dall’inchiesta “Rimpiazzo” contro la cosca dei “Piscopisani” che prende il nome dal quartiere di Vibo dal quale il gruppo criminale proviene. Le accuse contestate sono associazione mafiosa, concorso esterno, estorsione, danneggiamento, armi e spaccio di droga.

    I magistrati della Dda di Catanzaro – rappresentati in aula dal pm Andrea Mancuso – e gli investigatori della Polizia hanno ricostruito durante l’indagine circa 26 estorsioni, 9 danneggiamenti e 32 episodi di spaccio. Secondo l’accusa, i Piscopisani puntavano a scalzare i potenti Mancuso di Limbadi dal capoluogo vibonese e dalle frazioni marine sfruttando il fatto che molti rappresentanti dei Mancuso fossero in carcere. Inizialmente i Piscopisani sceglievano le vittime delle estorsioni e delle intimidazioni individuandole tra coloro che sapevano essere sottoposti al controllo dei Mancuso.

    Lo scorso 16 marzo, in sede di requisitoria, il sostituto procuratore Andrea Mancuso aveva chiesto 32 condanne e una assoluzione. Secondo la ricostruzione della Dda diretta da Nicola Gratteri, il locale di “Piscopio” vedeva al vertice – per quanto riguarda coloro che hanno optato per il rito ordinario – Rosario Battaglia, alias “Sarino”, condannato a 28 anni di reclusione, Salvatore Giuseppe Galati, alias “Pino il Ragioniere” (12 anni). Condannato a 10 anni e 4 mesi Giuseppe D’Angelo. Condannati i tre uomini di fiducia del presunto capo cosca Rosario Fiorillo (condannato a 19 anni e 4 mesi in abbreviato): Nazzareno Galati, 13 anni e 11 mesi, Benito La Bella, 13 anni e 11 mesi, e Francesco Felice, 13 anni e 8 mesi di reclusione. Otto anni sono stati comminati a Pantaleone Mancuso, alias “Scarpuni”, ai vertici dell’omonima cosca di Limbadi, per estorsione aggravata nei confronti di un negozio di detersivi.

  • Stop alla Multiutility di Occhiuto: la legge non arriva in consiglio regionale

    Stop alla Multiutility di Occhiuto: la legge non arriva in consiglio regionale

    Qualcosa dev’essere andato storto. A cosa sia dovuto il cortocircuito tra il vertice della Giunta e quello del Consiglio regionale nessuno, almeno ufficialmente, lo dice. Ma che in questi giorni si sia verificato lo raccontano i fatti. È importante metterli in fila, perché sono fatti che riguardano uno dei provvedimenti più importanti annunciati da quando Roberto Occhiuto è presidente della Calabria, quello sulla creazione di un’unica Autorità di gestione per acqua e rifiuti.

    Sabato scorso, durante la convention nazionale di Forza Italia che ha segnato il ritorno sulla scena di Silvio Berlusconi, poco prima dell’ora di pranzo è stato il turno di alcuni presidenti di Regione. Occhiuto, introdotto da un gongolante Maurizio Gasparri, ha guadagnato il pulpito azzurro tra gli applausi e ha cominciato a distribuire elogi ai ministri del suo partito.

    I tre grazie

    Uno: «Grazie a Brunetta in Calabria non si assume più con commissioni regionali ma tramite il Formez». Due: «Grazie a Mara Carfagna per il costante supporto relativo alle risorse del Fondo di sviluppo e coesione». Tre: «Grazie a Mariastella Gelmini che è il “censore” delle leggi delle Regioni: molte delle cose che stiamo facendo in Calabria le stiamo facendo attraverso leggi di riforma importanti, che, se non avessimo un rapporto così collaborativo con il governo, spesso passerebbero attraverso la scure dell’incostituzionalità, invece lo risolviamo prima».

    Proprio sulla scia del terzo ringraziamento Occhiuto ha portato ad esempio la legge che punta ad accentrare in una sola Authority – di cui lui nominerà il capo – la gestione del servizio idrico e del ciclo dei rifiuti. Sono settori che in Calabria rappresentano «un problema da 20 anni», mentre «noi – ha aggiunto il presidente della Regione – in pochi mesi stiamo facendo questa riforma e mercoledì la approveremo in Consiglio regionale» (lo dice qui, da 1:59:00 in poi).

    La multiutility in Consiglio? Scomparsa

    Insomma, se uno che ha il vento in poppa come Occhiuto annuncia da un palco così importante che mercoledì si approva la legge, vuol dire che mercoledì si approva la legge. Invece no: nell’ordine del giorno della seduta di consiglio regionale del 13 aprile il punto su acqua e rifiuti scompare dai radar. Ci sono provvedimenti importanti, come quelli riguardanti il nuovo Por 2021-2027 che implica una spesa superiore ai 3 miliardi di euro. Ma tra i 10 punti all’odg di acqua e rifiuti non si fa menzione.

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    Una seduta del Consiglio regionale

    Eppure il disegno di legge approvato dalla giunta su proposta di Occhiuto a Reggio ci è arrivato già da un po’. Per la precisione è stato depositato alla Segreteria dell’Assemblea il 25 marzo, il 6 aprile è passato in Commissione Ambiente e l’8 sarebbe dovuto passare per il parere della Commissione Bilancio, ma questo step era stato dato per saltato per andare subito in Aula. Invece niente.

    I dubbi del Settore Assistenza giuridica

    Anzi: nel frattempo il settore Assistenza giuridica del consiglio regionale ha prodotto un parere che non è esattamente un pollice alzato per il ddl di Occhiuto. Il dirigente di Palazzo Campanella Antonio Cortellaro inanella nella sua scheda di analisi tecnico-normativa diversi dubbi. Segnala alcuni errori sui riferimenti normativi. Esprime varie perplessità.

    Lo fa, per esempio, sul comma che prevede che i costi di funzionamento dell’Autorità siano a carico di quota parte delle tariffe del servizio idrico e dei rifiuti «nella misura definita dallo Statuto». Questi costi, rileva l’ufficio del Consiglio regionale, non sono neanche «quantificati». Dunque, della questione sarebbe bene che si occupasse la competente Commissione Bilancio. La cui seduta è però saltata.

    La questione Sorical in poche righe

    I dubbi più corposi riguardano il passaggio in cui il ddl che in poche righe autorizza Fincalabra ad acquisire le azioni di Sorical attualmente in mano ai privati. L’articolo in questione «non fa riferimento alcuno alla disciplina dei rapporti» tra la società in house della Regione e il soggetto misto (53,5% della Regione, 46,5% del socio privato) che gestisce le risorse idriche calabresi.

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    Cataldo Calabretta, commissario della Sorical

    La stessa Sorical è in liquidazione ma neanche nella relazione descrittiva che accompagna la proposta di legge c’è traccia di informazioni sulle sue condizioni finanziarie. «Né appare chiaro – rilevano gli uffici di Palazzo Campanella – se allo stato attuale ci siano i presupposti per il superamento della fase liquidatoria».

    La trattativa da chiudere

    La matassa dell’idrico ha a che fare con le condizioni poste sulle quote da una banca con sede in Irlanda che ha ceduto i crediti nei confronti di Sorical a un Fondo governativo tedesco. Con loro Occhiuto sta cercando di trattare per rendere pubbliche tutte le quote di Sorical. E solo dopo che ci sarà riuscito potrà prendere davvero forma la multiutility di cui parla fin dalla campagna elettorale.

    Se ci riuscisse avrebbe in mano le chiavi di un’enorme macchina amministrativa che accentrerebbe due settori da sempre ingovernabili. Si aggiungerebbero alla gestione della sanità su cui Occhiuto, proprio dalla convention forzista, ha chiesto al governo di avere poteri ancora maggiori. Mentre su acqua e rifiuti, almeno per ora, di ritorno da Roma dovrà capire cosa sia successo sulla strada che dalla Cittadella porta a Palazzo Campanella.

  • Covid: i contagi scendono ancora, ma vittime quasi raddoppiate

    Covid: i contagi scendono ancora, ma vittime quasi raddoppiate

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    Questi gli aggiornamenti  di oggi (11 aprile) sulla diffusione del Covid in Calabria. I dati comunicati dalla Cittadella riportano 1.431 nuovi contagi, quasi 200 in meno rispetto a quelli della giornata di ieri. Un risultato che arriva a fronte di soli 6.627 tamponi. Il tasso di positività risulta, di conseguenza, pari 21,59%, oltre tre punti percentuale in più rispetto a ventiquattro ore fa. I guariti dal Coronavirus che il bollettino riporta sono 977.
    Raddoppiano, o quasi, però le vittime di giornata: i morti sono 13 persone.
    A seguire, i dati delle singole province calabresi relativi alla pandemia comunicati dalle Asp di Catanzaro, Cosenza, Crotone, Reggio Calabria e Vibo Valentia alla Regione e riportati nel bollettino quotidiano della Cittadella.

    Dall’inizio della pandemia ad oggi (11 aprile): i dati sul Covid in Calabria

    Territorialmente, dall’inizio dell’epidemia, i casi positivi sono così distribuiti:

    • Catanzaro: CASI ATTIVI 7.294 (84 in reparto, 10 in terapia intensiva, 7200 in isolamento domiciliare); CASI CHIUSI 36661 (36396 guariti, 265 deceduti).
    • Cosenza: CASI ATTIVI 39.398 (116 in reparto, 5 in terapia intensiva, 39.277 in isolamento domiciliare); CASI CHIUSI 40.082 (39.063 guariti, 1019 deceduti).
    • Crotone: CASI ATTIVI 4.436 (17 in reparto, 0 in terapia intensiva, 4.419 in isolamento domiciliare); CASI CHIUSI 28.490 (28.281 guariti, 209 deceduti).
    • Reggio Calabria: CASI ATTIVI 12.718 (114 in reparto, 2 in terapia intensiva, 12.602 in isolamento domiciliare); CASI CHIUSI 113.848 (113.122 guariti, 726 deceduti).
    • Vibo Valentia: CASI ATTIVI 17.687 (19 in reparto, 0 in terapia intensiva, 17.668 in isolamento domiciliare); CASI CHIUSI 18.028 (17.865 guariti, 163 deceduti).

    L’ASP di Cosenza comunica 411 nuovi soggetti positivi di cui 7 fuori regione.
    Inoltre specifica che “Oggi si registrano 410 nuovi casi. Il numero complessivo dei casi è incrementato di 411 unità e non di 410 in quanto è stato registrato il decesso di un paziente ricoverato in T.I. AOPC ed in precedenza in carico all’Asp di Catanzaro; Dei 10 decessi comunicati oggi, 1 è avvenuto in T.I. AOPC 1 in T.I. AOCS , 4 in altri reparti AOCS e 4 sono avvenuti a domicilio, rispettivamente il 21/02/2022, l’08/03/2022, l’08/04/2022 ed il 09/04/2022”.

    covid-calabria-oggi-11-aprile

  • Digitale terrestre, domani tv da risintonizzare per 51 comuni calabresi

    Digitale terrestre, domani tv da risintonizzare per 51 comuni calabresi

    Domani, martedì 12 aprile, inizia in Calabria la rivoluzione del digitale terrestre. Per continuare a vedere l’intera offerta tv – nei casi in cui la procedura non avviene automaticamente – si dovrà effettuare la risintonizzazione degli apparecchi televisivi. La programmazione regionale della Calabria sarà comunque sempre visibile sul canale 821.

    I Comuni che saranno coinvolti domani alle operazioni di ricollocazione delle frequenze sono: Acri; Albidona; Alessandria del Carretto; Amendolara; Bocchigliero; Calopezzati; Caloveto; Canna; Carfizzi; Cariati; Casabona; Castroregio; Cerchiara di Calabria; Cirò; Cirò Marina; CoriglianoRossano; Cropalati; Crosia; Crotone; Crucoli; Cutro; Francavilla Marittima; Longobucco; Mandatoriccio; Melissa; Montegiordano; Nocara; Paludi; Petronà; Pietrapaola; Plataci; Rocca di Neto; Rocca Imperiale; Roseto Capo Spulico; San Cosmo Albanese; San Demetrio Corone; San Fili; San Giorgio Albanese; San Giovanni in Fiore; San Lorenzo del Vallo; San Nicola dell’Alto; Santa Severina; Santa Sofia d’Epiro; Scala Coeli; Scandale; Spezzano Albanese; Terranova da Sibari; Terravecchia; Trebisacce; Umbriatico; Vaccarizzo Albanese.

  • Imprenditore scomparso, fermata la la moglie e altri 2

    Imprenditore scomparso, fermata la la moglie e altri 2

    Non si è allontanato volontariamente ma sarebbe rimasto vittima di un omicidio l’imprenditore agricolo Agostino Ascone, scomparso nel tardo pomeriggio del 27 dicembre da quando non fece più ritorno nella sua abitazione di Amato di Taurianova, in provincia di Reggio Calabria. In stato di fermo sono finiti la moglie dell’imprenditore Ilaria Sturiale, Salvatore Antonio Figliuzzi, legato alla donna e Giuseppe Trapasso, ritenuto complice dei due. A carico dei tre è scattato un decreto di fermo emesso dalla Procura in seguito alle indagini effettuate dai militari del Nucleo investigativo di Gioia Tauro.

  • Covid: contagi poco sopra quota 1.600, ma ancora 7 morti

    Covid: contagi poco sopra quota 1.600, ma ancora 7 morti

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    Questi gli aggiornamenti  di oggi (10 aprile) sulla diffusione del Covid in Calabria. I dati comunicati dalla Cittadella riportano 1.619 nuovi contagi, quasi 500 in meno rispetto a quelli della giornata di ieri. Un risultato che arriva, però, a fronte di soli 8.850 tamponi. Il tasso di positività risulta, di conseguenza, pari 18,29%, in calo rispetto a ventiquattro ore fa. I guariti dal Coronavirus che il bollettino riporta sono 1.175.
    Si registra, inoltre, anche quest’oggi la morte di 7 persone.
    A seguire, i dati delle singole province calabresi relativi alla pandemia comunicati dalle Asp di Catanzaro, Cosenza, Crotone, Reggio Calabria e Vibo Valentia alla Regione e riportati nel bollettino quotidiano della Cittadella.

    Dall’inizio della pandemia ad oggi (10 aprile): i dati sul Covid in Calabria

    Territorialmente, dall’inizio dell’epidemia, i casi positivi sono così distribuiti:

    • Catanzaro: CASI ATTIVI 7325 (83 in reparto, 12 in terapia intensiva, 7230 in isolamento domiciliare); CASI CHIUSI 36409 (36145 guariti, 264 deceduti).
    • Cosenza: CASI ATTIVI 39029 (112 in reparto, 5 in terapia intensiva, 38912 in isolamento domiciliare); CASI CHIUSI 40047 (39038 guariti, 1009 deceduti).
    • Crotone: CASI ATTIVI 4775 (18 in reparto, 0 in terapia intensiva, 4757 in isolamento domiciliare); CASI CHIUSI 27929 (27721 guariti, 208 deceduti).
    • Reggio Calabria: CASI ATTIVI 12357 (111 in reparto, 3 in terapia intensiva, 12243 in isolamento domiciliare); CASI CHIUSI 113845 (113120 guariti, 725 deceduti).
    • Vibo Valentia: CASI ATTIVI 17609 (19 in reparto, 0 in terapia intensiva, 17590 in isolamento domiciliare); CASI CHIUSI 17893 (17730 guariti, 163 deceduti).

    L’ASP di Cosenza comunica che dei 2 decessi comunicati oggi, 1 è avvenuto a domicilio il 19/02/2022. Nel setting fuori regione si registrano 1 nuovo caso a domicilio.