Categoria: Fatti

  • Coronavirus: calano contagi, vittime e tasso di positività

    Coronavirus: calano contagi, vittime e tasso di positività

    Sono 2.362 le persone risultate positive al Covid nel bollettino di oggi (23 aprile) della Regione Calabria. Il dato arriva a fronte di 10.148 tamponi. Il tasso di positività si attesta, pertanto, al 23,28%, in calo rispetto alla giornata di ieri. Cala, per fortuna, anche il numero delle vittime di giornata, che scende a 5. I guariti, inoltre, sono 2.281.

    Il Covid in Calabria oggi (23 aprile)

    Territorialmente, dall’inizio dell’epidemia, i casi positivi sono così distribuiti:

    • Catanzaro: CASI ATTIVI 7502 (87 in reparto, 8 in terapia intensiva, 7407 in isolamento domiciliare); CASI CHIUSI 42491 (42216 guariti, 275 deceduti).
    • Cosenza: CASI ATTIVI 45679 (76 in reparto, 5 in terapia intensiva, 45598 in isolamento domiciliare); CASI CHIUSI 41272 (40223 guariti, 1049 deceduti).
    • Crotone: CASI ATTIVI 3787 (14 in reparto, 0 in terapia intensiva, 3773 in isolamento domiciliare); CASI CHIUSI 31379 (31163 guariti, 216 deceduti).
    • Reggio Calabria: CASI ATTIVI 9957 (93 in reparto, 4 in terapia intensiva, 9860 in isolamento domiciliare); CASI CHIUSI 123096 (122354 guariti, 742 deceduti).
    • Vibo Valentia: CASI ATTIVI 18313 (13 in reparto, 0 in terapia intensiva, 18300 in isolamento domiciliare); CASI CHIUSI 19270 (19100 guariti, 170 deceduti).

    L’ASP di Cosenza comunica che nel setting fuori regione si registrano 12 nuovi casi a domicilio.

  • Dopo Mancini il declino: Cosenza rischia il collasso

    Dopo Mancini il declino: Cosenza rischia il collasso

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    Il dibattito sull’area urbana (e, in prospettiva, sulla città unica) è un braccio di ferro tra gli opposti campanilismi di Cosenza e Rende.
    Le ultime puntate di questa contesa si sono concentrate sui rapporti tra i due territori, ciascuno dei quali ambisce alla centralità, o se si preferisce, supremazia.
    Ma questi rapporti sono l’esito di visioni politiche diverse: più territoriale quella di Rende, più evanescente quella di Cosenza, che sconta ancora il fatto di essere stata la sede del potere calabrese della Prima Repubblica.

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    Cecchino Principe, sindaco di Rende dal 1952 al 1980

    Rende: il paese diventa città

    Il paragone tra Cosenza e Rende è possibile solo a partire dal ’93, quando con l’elezione diretta dei sindaci e la fine della finanza derivata le amministrazioni locali si sganciano dai partiti.
    A rivedere le cose col senno del poi, balza agli occhi un paradosso: la dimensione paesana da cui è partita Rende si è rivelata alla fine un vantaggio, perché ha esemplificato tantissimo le dinamiche politiche.
    Ciò che non è avvenuto nella complicatissima Cosenza.

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    Sandro Principe

    Caos a Cosenza e “ordine” a Rende

    I numeri, come sempre, aiutano a chiarire: dal 1946 al 1993 il capoluogo ha avuto diciassette sindaci e due commissari prefettizi, per una durata media di poco meno di tre anni per primo cittadino.
    Al contrario di Cosenza, Rende ha avuto otto sindaci e nessun commissario.
    La statistica più impressionante riguarda Cecchino Principe, sindaco dal 1952 al 1980. Per restare nei paragoni, si pensi che Cosenza, nello stesso periodo, ha avuto sei sindaci, il più duraturo dei quali è stato Arnaldo Clausi Schettini.
    Con gli occhi di oggi, questa discrepanza sembra disordine (e spesso lo era). In realtà era il normale funzionamento di un’amministrazione comunale col vecchio sistema, in cui il sindaco era nominato dal consiglio comunale.
    Di più: mentre le città con demografia consistente e tradizioni politiche (e di potere), presentavano spettacoli simili a quello di Cosenza, i centri più piccoli, come Rende, appunto, avevano la classica figura del sindaco “a vita”, che riusciva a imporsi grazie alle liste civiche costruite su misura e a eventuali liste di partito più o meno compiacenti.

    Qual è stata, allora, la differenza tra Rende e i tanti paesi della Corona? La leadership di Cecchino Principe fu costruita da due fattori: un ruolo forte in un partito, il Psi, centrale negli equilibri politici del Paese, e un forte consenso sul territorio,
    Lo stesso meccanismo si è ripetuto per Sandro Principe, sindaco dall’80 all’87, che addirittura stravince nell’85 con un consenso bulgaro.
    A differenza di Cosenza, dove i galli nel pollaio erano troppi, a Rende il Psi era egemone e i Principe lo controllavano in maniera ferrea. Questo ha consentito alla dinastia del Campagnano di puntellare senz’altro la propria leadership e il proprio potere, a dispetto della crescita demografica, ma anche di fare gli interessi del proprio territorio, trasformandolo da un paesone di circa 14mila e rotti abitanti in una cittadina che oggi è quasi il triplo.

    La lenta agonia di Cosenza

    Il paragone più serio tra i due sistemi politici si può fare dal ’93 a oggi. E purtroppo bastona Cosenza.
    Al riguardo, emerge un altro paradosso: il capoluogo arretra vistosamente nel momento in cui i sindaci, dotati di poteri maggiori grazie all’elezione diretta, avrebbero potuto invece rilanciare il territorio o, perlomeno, frenarne il declino.
    La storia della Cosenza della Seconda Repubblica è la storia di un’agonia prolungata, interrotta qui e lì da qualche sussulto. Rende ha continuato a capitalizzare il ruolo dell’Unical, soffiata da Cecchino a Piano Lago, e si è puntellata a nordest, in direzione della Valle del Crati e della Sibaritide.
    Il capoluogo, al contrario, ha perso un pezzo dopo l’altro. E, soprattutto, ha perso la cassa.

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    Giacomo Mancini durante la sua sindacatura

    Don Giacomo: dopo di lui il diluvio?

    Il vecchio Giacomo Mancini intuì per primo la fine dei partiti e comprese al volo il nuovo sistema elettorale. Vinse nel’93 e stravinse nel ’97.
    Nei suoi nove anni e rotti di sindacatura (e di vita), Mancini cantierò opere e progetti tali da impegnare la città per i cinquanta anni successivi. Alcune di queste iniziative sono state realizzate quindici anni dopo: è il caso del Ponte di Calatrava e del rifacimento di piazza Bilotti, che allora si chiamava ancora “Fera”.
    Altre, invece, sono finite in nulla, come la metro leggera. Altre ancora hanno avuto uno sviluppo problematico: è il caso di viale Parco.
    Con lui è iniziato anche lo stress delle casse comunali, trasformatosi prima in dissesto più o meno “mascherato” e poi in default.
    I debiti dell’era Mancini non sono solo finanziari: il ricorso alle cooperative “b” ha ingessato la pianta organica del Comune e creato meccanismi elettorali un po’ viziati che pesano tuttora.
    Il rilancio del centro storico, il tentativo di puntellare a sud l’area urbana e il risveglio culturale della città sono gli aspetti più significativi di quell’amministrazione.
    Che ha avuto un solo limite: la presunzione di immortalità del vecchio Giacomo, che ha attivato dinamiche che lui solo sapeva gestire.
    Voto 9. Al netto del campanilismo, 7.

    Eva Catizone, quando era sindaco di Cosenza

    Eva, l’erede senza qualità

    Erede o fantasma? Eva Catizone è diventata sindaca a trentotto anni in qualità di erede del vecchio Giacomo.
    Ha stravinto anche lei, sulla scia dei consensi (anche emotivi) maturati nel decennio d’oro.
    La sua sindacatura, durata poco meno di quattro anni, è stata la prosecuzione dell’era Mancini. Ma è stata una prosecuzione scialba, perché i partiti, nel frattempo, avevano ripreso il loro ruolo e perché le vicende private si sono incrociate con i doveri pubblici.
    È quasi superfluo ricordare la turbolenta relazione con Nicola Adamo, all’epoca leader dei Ds. Lo facciamo solo perché quella vicenda rimbalzò agli onori delle cronache nazionali.
    Tutto lascia pensare che Eva, troppo giovane e fino a quel momento blindatissima, sia stata sopraffatta da una situazione e da un ruolo più grandi (e gravi) di lei. Infatti, è finita defenestrata da un golpe di palazzo da Prima Repubblica, tra l’altro accompagnato da una tragedia.
    Ci si riferisce alla morte di Antonino Catera, il giornalista che seguì quell’ultimo Consiglio, di cui non riuscì a scrivere perché stroncato da un infarto. Di lei si ricordano il Museo all’aperto, i cordoli a corso d’Italia (oggi Fera) e il cambio di denominazione di piazza Fera in Bilotti. Troppo poco.
    Voto 4.

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    Salvatore Perugini diventò sindaco di Cosenza nel 2006

    Salvatore, il galantuomo immobile

    Non basta essere galantuomini, né basta lo spessore politico. Amministrare può essere davvero un inferno.
    La sindacatura di Salvatore Perugini resta una parentesi di Prima Repubblica nella storia recente di Cosenza. Vecchie liturgie, vecchi equilibri e vecchi ricatti.
    Eppure, la rottura con gli ambienti socialisti che rivendicavano l’eredità di Mancini poteva essere l’occasione buona per fare i conti col vecchio Leone. Soprattutto, per archiviare nostalgia e retorica, che già allora si facevano sentire.
    I retroscena dell’epoca raccontano di un Perugini che ha rifiutato l’ipotesi del dissesto, per cui già allora (2006) ci sarebbero stati gli estremi. E che ha amministrato cercando di sforbiciare le spese e di nascondere la polvere sotto i tappeti.
    Ostaggio di una maggioranza rissosa, in cui covavano gli oppositori più feroci (e sleali), Perugini ha navigato a vista, tra un rimpasto e l’altro e rincorrendo i consiglieri per non andar sotto.
    Nel frattempo, il centro storico è regredito, le opere pubbliche si sono bloccate e la demografia ha accelerato la discesa. Di più: viale Parco, fiore all’occhiello dell’urbanistica secondo Mancini, si crepa e finisce al centro di un’inchiesta giudiziaria.
    Arte della sopravvivenza e immobilismo più il mancato coraggio del parricidio.
    Voto: 5.

    Occhiuto 1: Cosenza tenta la rimonta

    Al collasso di Perugini è seguito il crollo del centrosinistra, dovuto soprattutto alla litigiosità interna.
    Mario Occhiuto batte Paolini al ballottaggio nel 2011 e diventa il primo sindaco di centrodestra. Sebbene alle sue spalle ci fossero, così sussurrano i maligni, alcuni notabili del Pd, in particolare Nicola Adamo.
    L’archistar, fratello maggiore dell’attuale presidente della Regione, cerca di darsi da fare per rilanciare la città. Abbellisce dove e come può, cerca di incentivare il terziario e di opporsi alle presunte “prepotenze” rendesi.
    A un certo punto, si oppone anche alla metro di superficie, finanziata poco prima della sua sindacatura. Apre cantieri e continua la pedonalizzazione del centro città.
    I risultati sono più formali che altro, ma riesce comunque a far vedere qualcosa. Ad esempio, l’avvio del cantiere di piazza Bilotti. Lo ferma un golpe di palazzo sei mesi prima della scadenza del suo mandato.
    Nel frattempo, è sopravvissuto alla rottura coi Gentile e alla crisi regionale del centrodestra.
    Voto: 6 meno.

    Occhiuto
    Mario Occhiuto è stato per due volte sindaco di Cosenza

    Occhiuto 2: la rivalsa mancata

    Nel 2016 Mario Occhiuto stravince in scioltezza contro un fronte avverso diviso e indeciso. Polverizza Paolini e Guccione e si insedia alla guida di una maggioranza più forte.
    Porta a termine piazza Bilotti e realizza il ponte di Calatrava. Ma sono i suoi unici successi seri. Nel frattempo, il bilancio collassa, e alcune opere mostrano le proprie inadeguatezze: è il caso del parcheggio di piazza Bilotti.
    Anche il maggior dialogo con Rende, propiziato da Marcello Manna, non dà i suoi frutti. Ma tant’è: Occhiuto termina il suo mandato tra chiacchiere e polemiche. La sua eredità, affidata a Francesco Caruso, non è accettata dai cosentini.
    Voto 5 meno.

    E Rende resiste

    Cosenza, in tutti questi anni, perde circa 20mila abitanti. Rende, invece, continua a tener botta. Meno convegni, meno lustrini, più opere: è il caso di viale Principe, realizzata durante l’era di Umberto Bernaudo. Oppure di via Rossini, completata nello stesso periodo dal nuovo municipio, che scende a valle l’amministrazione e puntella la città a nordest.
    Soprattutto, non c’è il collasso demografico del capoluogo, perché i residenti oscillano tra i 33mila e i 35mila. L’edilizia si ferma e alcune opere mostrano la corda. Ma l’assetto urbano regge e l’economia tiene. Tant’è che Marcello Manna, che pure aveva battuto lo schieramento principiano, parla con rispetto della tradizione riformista cittadina. Lo ha fatto anche di recente, cercando di arruolare la figura di Cecchino Principe per colpire Sandro.

    Miseria e nobiltà

    La nobile è decaduta e l’ancella le ha fatto le scarpe. Da centro, Cosenza è diventata periferia. Resta una città invecchiata e in spopolamento, incapace di tutelare anche le sue memorie perché nel frattempo l’anagrafe ha cancellato i grandi notabili che le tutelavano.
    Il declino è uguale per tutti, ma su alcuni grava di più. Inutile dare altre pagelle, perché scopriremmo che anche i sindaci di Rende non sono il massimo.
    Ma una cosa è non capitalizzare appieno le potenzialità acquisite negli anni, un’altra è disperdere un patrimonio, arte su cui la classe dirigente cosentina si è dimostrata imbattibile.

  • Coronavirus: Tasso di positività sopra il 25%, sale a 11 il numero dei morti

    Coronavirus: Tasso di positività sopra il 25%, sale a 11 il numero dei morti

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    Questi gli aggiornamenti di oggi (22 aprile) sulla diffusione del Covid in Calabria. I nuovi contagi comunicati dalla Cittadella sono 2479. Un risultato che arriva a fronte di 9.799 tamponi. Il tasso di positività risulta, di conseguenza, pari al 25,30%. I guariti dal Coronavirus che il bollettino riporta sono 1.491. I morti della giornata sono 11.
    A seguire, i dati delle singole province calabresi relativi alla pandemia comunicati dalle Asp di Catanzaro, Cosenza, Crotone, Reggio Calabria e Vibo Valentia alla Regione e riportati nel bollettino quotidiano della Cittadella.

    Dall’inizio della pandemia ad oggi (22 aprile): i dati sul Covid in Calabria

    Territorialmente, dall’inizio dell’epidemia, i casi positivi sono così distribuiti:

    • – Catanzaro: CASI ATTIVI 7372 (83 in reparto, 8 in terapia intensiva, 7281 in isolamento domiciliare); CASI CHIUSI 42058 (41784 guariti, 274 deceduti).
    • Cosenza: CASI ATTIVI 44880 (84 in reparto, 5 in terapia intensiva, 44791 in isolamento domiciliare); CASI CHIUSI 41211 (40164 guariti, 1047 deceduti).
    • Crotone: CASI ATTIVI 3738 (15 in reparto, 0 in terapia intensiva, 3723 in isolamento domiciliare); CASI CHIUSI 31340 (31124 guariti, 216 deceduti).
    • Reggio Calabria: CASI ATTIVI 10856 (87 in reparto, 4 in terapia intensiva, 10765 in isolamento domiciliare); CASI CHIUSI 121537 (120796 guariti, 741 deceduti).
    • Vibo Valentia: CASI ATTIVI 18324 (13 in reparto, 0 in terapia intensiva, 18311 in isolamento domiciliare); CASI CHIUSI 19080 (18911 guariti, 169 deceduti).

    L’ASP di Cosenza comunica che nel setting fuori regione si registrano 13 nuovi casi a domicilio.

     

     

     

  • Beccato dalla polizia con 21 kg di cocaina

    Beccato dalla polizia con 21 kg di cocaina

    In auto trasportava oltre 21 chili di cocaina. Per questo la polizia di Stato di Arezzo ha arrestato un 49enne. A fermare per un controllo l’auto, con targa italiana, condotta dall’uomo, calabrese, incensurato, sono stati gli agenti della polizia stradale della sottosezione di Battifolle sul teatro aretino dell’Autosole. Le risposte troppo evasive fornite dall’uomo e il suo atteggiamento nervoso, fanno sapere gli investigatori, hanno insospettito i poliziotti che hanno deciso di procedere alla perquisizione dell’autovettura, estesa anche alla persona. L’auto, ad un attento esame, è risultata provvista di un sottofondo dentro il quale erano nascosti 20 panetti di cellophane risultati poi contenere 21,775 kg di cocaina purissima. L’uomo è stato arrestato, la droga sequestrata.

  • Mongrassano e Gioia Tauro, al Sud si ghiaccia

    Mongrassano e Gioia Tauro, al Sud si ghiaccia

    Il regno del frozen food è in Calabria. È da Gioia Tauro che partono i prodotti surgelati e coltivati in campo aperto in centinaia di ettari di valli orticole nella Sibaritide, nel Crotonese, lungo la fascia tirrenica. Rape, broccoli, patate silane, asparagi, cipolle di Tropea, melanzane. Destinazione Stati Uniti, Gran Bretagna, Giappone.

    La sede della Gias a Mongrassano Scalo

    L’azienda calabrese di casa in Texas

    La Gias spa, industria leader di alimenti surgelati, ha mezzo secolo di vita, dialoga da sempre con le multinazionali ed è di casa in Texas. È tra le aziende selezionate dalla Whole Foods di Austin, società nel pacchetto d’oro Amazon, che gestisce cinquecento supermercati americani e tratta prodotti biologici per il suo takeaway.

    Nella storica sede di Mongrassano Scalo, a pochi chilometri da Cosenza, la major meridionale del freddo sta vivendo l’epoca della pandemia e l’eco disastrosa della guerra in Ucraina con molta preoccupazione ma con nuovi progetti, ben salda alla sua vocazione: piatti pronti con ortaggi e verdure di qualità, coltivazioni in ambienti salubri e rispetto per la natura.

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    La sede della Gias è a Mongrassano Scalo ma il cuore e la mente sono nella Sibaritide

    Di padre in figlia

    Gloria Tenuta, presidente e amministratore delegato, ha chiuso i conti del 2021 con una crescita del 6 per cento e un fatturato che si attesta sui 52 milioni di euro. La Gias è stata fondata da suo padre Antonio, scomparso nel 2005, dal quale ha ereditato una visione del futuro collegata con il mondo e con le radici salde nel proprio territorio. Dei quattro figli di Antonio, è stata l’unica a portare avanti l’industria. Di progetti sul porto di Gioia Tauro sente parlare da quando era piccola.

    L’hub di Occhiuto a Gioia Tauro si farà?

    Il governatore Roberto Occhiuto prospetta un hub più attrezzato per l’export, dotato di una piastra del freddo. L’importante snodo del traffico container del bacino del Mediterraneo è stato protagonista anche in occasione della recente Expo di Dubai ed è al centro della politica di sviluppo per la sfida energetica del progetto rigassificatore.
    Gloria Tenuta guarda con interesse alla possibilità di una piastra del freddo, sperando «che questa sia finalmente la volta buona».

    Il porto di Gioia Tauro

    «Sono tante le aziende che potrebbero usufruirne – dice, – non necessariamente soltanto chi produce surgelati». È un’opportunità anche per chi «impiega materie prime per le quali sono necessari stoccaggi sotto zero e inoltre – aggiunge, – può essere utile a tante aziende non calabresi».
    Il fatto è che non basta la piastra del freddo a Gioia Tauro per rafforzare l’export. Il trasporto via mare ha un problema fondamentale: non si trovano navi. «È molto difficile reperirle e il prezzo dei noli in questo momento è quadruplicato. Gli aumenti inevitabilmente incidono sul mercato e sui costi produttivi».

    Cavaliere del lavoro, due figli, Gloria Tenuta, 62 anni, è innamorata della Calabria, soprattutto della Piana di Sibari, dove è nata e vive tuttora. Dipinge nei momenti che sottrae al lavoro, alla famiglia e alla sua passione per il mare.
    La storia dell’azienda di famiglia è stata un’avventura. «Le nostre origini sono legate ai prodotti finiti della Findus. Nei primi dieci anni di attività avevamo soltanto la conservazione, quando mio padre brevettò la pelatura del pomodoro a freddo, da azienda di servizi ci siamo trasformati in realtà industriale».
    Antonio Tenuta intuì che quintali di pomodori destinati al macero potevano diventare un business. Era il 1977 e il brevetto del peeling del pomodoro congelato spopolò negli Stati Uniti e conquistò anche paesi come l’Israele e il Sudan.

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    L’origine della Gias è legata ai prodotti finiti della Findus

    Quatto salti in Calabria

    Dagli Anni ’80 e negli anni del sodalizio con la Findus Unilever, la Gias è entrata in tutte le casi degli italiani. I must dell’epoca erano i “Quattro salti in padella” e le “Zuppe del casale”. Molti calabresi riempivano i carrelli di surgelati salva pranzo, ignorando che avrebbero mangiato melanzane, cavoli, broccoletti coltivati a pochi chilometri da casa.
    «Preferiamo le materie prime del sud, non soltanto per i minori costi di trasporto, ma perché la nostra vocazione è quella di lavorare ciò che il territorio offre, e offre tanto. Produciamo 27mila tonnellate di prodotto all’anno e ne vendiamo 20mila. Abbiamo i nostri campi e le imprese referenti sul territorio, in Calabria, in Puglia, in Basilicata».

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    L’Ad Gloria Tenuta (al centro) con una parte dei dipendenti della Gias

    Quattrocento lavoratori d’estate e 150 dipendenti fissi

    «Nel picco estivo per la nostra azienda lavorano 400 persone, il resto dell’anno sono 150 i dipendenti. In mezzo secolo di attività – racconta la manager industriale, – abbiamo fatto tanti investimenti nel corso del tempo, abbiamo vissuto tanti momenti di crescita e tanti periodi difficili, come l’inflazione degli anni ’90, con la chiusura dei mercati e una crisi che ha investito l’industria con effetti dannosi». I Novanta peggio della scivolata dei mercati finanziari nel 2018, annus horribilis per i bond, il petrolio, l’oro.

    Eppure è negli Anni ’90 che Antonio Tenuta diversifica la produzione e sigla nuove alleanze con grosse catene dell’agroalimentare. Accanto al settore industria, nascono il catering e il retail con “Il Mediterraneo a tavola” e altri marchi.
    In questa epoca di crisi a Mongrassano è nata una newco. C’è aria di rinnovamento con l’ingresso di IdeA agro (gruppo De Agostini) e Cleon Capital. due società virtuose al loro primo investimento in Calabria. L’ingresso dei soci spinge a guardare verso i nuovi mercati, soprattutto verso la Cina.

    Lavorazione delle melanzane nello stabilimento della Gias a Mongrassano

    Alla conquista dei mercati asiatici

    «Con i nuovi partner condividiamo un progetto ambizioso che prevede l’ampliamento delle linee produttive di miscelazione, dai grigliati ai piatti pronti, l’incremento tecnologico con la meccanizzazione delle celle di stoccaggio e la conquista di nuovi spazi nei mercati esteri, negli Stati Uniti, dove siamo già presenti, e in quelli asiatici, dove lo siamo di meno».
    Lo sguardo della Gias non punta al vicino est, tantomeno alla Russia. «Non è mai stato un nostro mercato. È rimasta a un consumo di surgelati basici e attinge da paesi che non offrono prodotti particolari. In più c’è sempre stata la difficoltà di capire in maniera trasparente le loro regole».

    Se il bilancio del 2021 si è chiuso in crescita, il prossimo, 2022, resta un’incognita. Gli aumenti in bolletta sfiorano il 150 per cento.
    L’azienda calabrese ha un impianto di trigenerazione ed è classificata energivora.
    «Spendiamo già due milioni all’anno, ci aspettiamo minimo un raddoppio. Le nostre attese erano ben diverse dopo il periodo difficile del Covid; invece ci ritroviamo a fronteggiare nuovi e gravi problemi».

    Europa salutista, Usa ipercalorici. E i cinesi?

    Aumenti, speculazioni sulla crisi, navi che non si trovano, reti ferroviarie e autostradali storicamente inadeguate. I progetti di crescita devono fare i conti con questo elenco nero.
    Nel dialogo con la regione, le aziende chiedono sostegno e impegno per ottenere una moratoria Covid. «Bisognerebbe estendere gli aiuti, direttamente in bolletta, per i produttori ma anche per le famiglie. Se stanno soffrendo anche le aziende solide come la nostra, è necessario fare qualcosa».
    Adesso la priorità è organizzare il mercato asiatico. In Europa la tendenza è salutista, e vanno alla grande le vellutate, le verdure e i cereali, in America la richiesta è varia, dal vegano ai primi piatti iper calorici. Bisognerà capire cosa mangiano i cinesi.

  • Concorsi truccati all’Università di Reggio Calabria: “Mediterranea” decapitata

    Concorsi truccati all’Università di Reggio Calabria: “Mediterranea” decapitata

    Doveva “aspettare il proprio turno”. Avrebbero funzionato così i concorsi all’Università Mediterranea di Reggio Calabria. È un vero e proprio bubbone quello che ha fatto scoppiare l’inchiesta “Magnifica”, condotta dalla Procura reggina ed eseguita dalla Guardia di Finanza.

    Decapitata l’Università Mediterranea di Reggio Calabria

    A essere coinvolti, 6 professori ordinari e 2 dipendenti dell’area amministrativa dell’Università Mediterranea di Reggio Calabria. Tra le persone sottoposte alla misura cautelare del divieto temporaneo all’esercizio del pubblico ufficio ricoperto presso l’Università Mediterranea di Reggio Calabria figurano anche l’attuale rettore dell’Ateneo, Santo Marcello Zimbone, sottoposto ad una misura interdittiva della durata di 10 mesi.

    Il rettore Zimbone

    Catanese di nascita, si è laureato in Ingegneria civile idraulica all’Università degli Studi di Catania e ha conseguito il dottorato di ricerca in Idronomia all’Università degli Studi di Padova nel 1994. È il rettore dell’Università degli Studi “Mediterranea” di Reggio Calabria da alcuni anni.

    È il successore di Pasquale Catanoso, attuale prorettore vicario e anch’egli colpito dall’inchiesta “Magnifica”. Per Catanoso, da anni uomo assai influente nelle dinamiche accademiche, è arrivata una misura interdittiva della durata di 12 mesi. Nei confronti di quest’ultimo, il GIP ha altresì disposto l’esecuzione di un sequestro preventivo del valore di circa 4 mila euro.

    L’indagine

    L’arco temporale investigato è molto significativo e va dal 2014 al 2020. Secondo gli inquirenti, all’interno dell’Ateneo sarebbe esistita in tutto questo periodo un’associazione dedita alla commissione di delitti contro la pubblica amministrazione e contro la fede pubblica. Una vera e propria “Concorsopoli”, che mette nel mirino la direzione e gestione dell’Università degli Studi Mediterranea di Reggio Calabria e delle sue articolazioni compartimentali.

    Sulla base di quanto emerso dalle indagini, la perpetrazione di molteplici e reiterati atti contrari ai doveri d’ufficio di imparzialità, lealtà, correttezza e fedeltà si manifestava, soprattutto, in occasione delle varie procedure concorsuali e comparative, nella selezione delle commissioni esaminatrici attraverso la scelta di componenti ritenuti “affidabili” e pertanto idonei a garantire un trattamento favorevole ai singoli candidati scelti “direttamente” o a seguito di “segnalazione”.

     “Aspettare il proprio turno”

    Le indagini traggono origine da un esposto, presentato alla Procura della Repubblica reggina, retta da Giovanni Bombardieri. A denunciare tutto, una candidata non risultata vincitrice, che avrebbe segnalato condotte irregolari perpetrate in occasione dell’espletamento della procedura di valutazione comparativa per un posto di ricercatore universitario.

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    Il procuratore Bombardieri

    La denuncia penale è stata solo l’extrema ratio decisa dalla candidata, che inizialmente aveva promosso presso la Giustizia amministrativa dei ricorsi. Ma arriverebbe qui, stando al racconto, la frase “incriminata”. Non solo sotto il profilo penale, ma anche sotto il profilo sociale. Sarebbe stato infatti suggerito di rinunciare all’azione giudiziaria intrapresa ed “aspettare il proprio turno” per avere accesso a future opportunità professionali all’interno del Dipartimento.

    Le perquisizioni

    È un bubbone perché, oltre a essere coinvolti i vertici, finiscono nelle maglie delle Fiamme Gialle anche altri docenti ordinari. Nonché alcuni membri del personale amministrativo.  Sono in tutto quattro i docenti interdetti dai due ai quattro mesi.

    Si tratta di Ottavio Salvatore Amaro, professore associato del Dipartimento di architettura ed ex direttore generale dell’ateneo; Adolfo Santini, direttore del Dipartimento di architettura; Massimiliano Ferrara, direttore del Dipartimento di giurisprudenza, economia e scienze umane; Antonino Mazza Laboccetta, professore associato dello stesso Dipartimento di giurisprudenza. L’interdizione riguarda, inoltre, anche due funzionari dell’Area tecnico-scientifica elaborazione dati dell’Ateneo, Alessandro Taverriti e Rosario Russo.

    Contestualmente, i finanzieri hanno eseguito perquisizioni domiciliari e personali nei confronti di 23 soggetti. L’obiettivo della Guardia di Finanza è quello di scovare materiale probante nei sistemi informatici/telematici in uso alla “Mediterranea”. Le procedure comparative e concorsuali riguardavano indistintamente le posizioni di ricercatori, di professori ordinari e associati, di assegnisti di ricerca nonché le selezioni per l’accesso ai dottorati di ricerca e ai corsi di specializzazione.

    Lo sperpero di denaro all’Università di Reggio Calabria

    Gli indagati rispondono infatti di associazione per delinquere, concussione, corruzione, abuso d’ufficio, falso ideologico commesso da pubblico ufficiale in atti pubblici, peculato e turbata libertà del procedimento di scelta del contraente.

    Alla Mediterranea, infatti, sarebbe stato documentato un sistematico sperpero di risorse universitarie. E, quindi, di soldi pubblici. Le autovetture di servizio, infatti, sarebbero state sistematicamente sottratte alle loro finalità istituzionali per essere utilizzate ai fini privati. L’indebito utilizzo delle risorse dell’ente non ha riguardato solo le autovetture di servizio. Le contestazioni di peculato concernono, infatti, anche le carte di credito intestate all’Università, reiteratamente utilizzate per pagare spese di natura prettamente personale.

    Ma è quella degli appalti la questione apparentemente più grave: l’affidamento di lavori edili di manutenzione dei locali universitari, infatti, sarebbe arrivato in assenza di apposite procedure di gara e sulla base di false prospettazioni della realtà fattuale.

    • Sono 52 in totale le persone che figurano nel registro degli indagati:
    • Elvira Rita Adamo, 1990, Cosenza
    • Renata Giuliana Albanese, 1957, Roma
    • Salvatore Ottavio Amaro, 1959, Reggio Calabria (professore associato Dipartimento Architettura)
    • Nicola Arcadi, 1953, Reggio Calabria
    • Giuseppe Bombino, 1971, Reggio Calabria
    • Pasquale Catanoso, 1953, Reggio Calabria (pro rettore università di Reggio Calabria)
    • Antonio Condello, 1973, Taurianova
      Zaira Dato, 1949, Catania
    • Alberto De Capua, 1964, Reggio Calabria
    • Roberto Claudio De Capua, 1961, Reggio Calabria
    • Lidia Errante, 1989, Reggio
    • Philipp Fabbio, 1976, Villorba (Tv)
    • Giuseppe Fera, 1950, Messina
    • Massimiliano Ferrara, 1972, Reggio Calabria (direttore del dipartimento Giurisprudenza, Economia e Scienze Umane)
    • Giovanna Maria Ferro, 1977, Reggio Calabria
    • Gaetano Ginex, 1953, Palermo
    • Giovanni Gulisano, 1959, Catania
    • Rita Iside Laganà, 1994, Reggio Calabria
    • Filippo Laganà, 1964, Reggio Calabria
    • Maria Teresa Lombardo, 1990, Roccella Ionica
    • Demetrio Maltese, 1988, Reggio Calabria
    • Chiara Manti, 1991, Campo Calabro
    • Domenico Manti, 1955, Campo Calabro
    • Antonino Laboccetta Mazza, 1972, Reggio Calabria (professore associato dipartimento Giurisprudenza)
    • Martino Milardi, 1962, Reggio Calabria
    • Carlo Francesco Morabito, 1959, Villa San Giovanni
    • Gianfranco Neri, 1952, Roma
    • Stefania Ilaria Neri, 1991, Pavia
    • Paolo Neri, 1961, Reggio Calabria
    • Rossella Panetta, 1991, Galatro
    • Adele Emilia Panuccio, 1988, Reggio Calabria
    • Giuseppe Pellitteri, 1954, Palermo
    • Giulia Ida Presta, 1993, Cosenza
    • Antonello Russo, 1972, Messina
    • Valerio Maria Rosario Russo, 1956, Salerno (funzionario area tecnica)
    • Francesca Sabatini, 1994, Roma
    • Giovanni Saladino, 1963, Bova marina
    • Adolfo Santini, 1955, Catania (direttore dipartimento Architettura)
    • Leonardo Schena, 1971, Monopoli
    • Andrea Sciascia, 1962, Palermo
    • Aurelia Sole, 1957, Cosenza (ex rettore dell’Università della Basilicata)
    • Vincenzo Tamburino, 1953, Catania
    • Alessandro Taverriti, 1959, Messina (funzionario area tecnica)
    • Laura Thermes, 1943, Roma
    • Marina Rosa Tornatora, 1970, Reggio Calabria
    • Michele Trimarchi, 1956, Roma
    • Giuseppe Tropea, 1975, Soverato
    • Agostino Urso, 1965, Reggio Calabria
    • Giovanna Zampogna, 1990, Palmi
    • Giuseppe Zampogna, 1954, Palmi
    • Antonio Demetrio Zema, 1970, Reggio Calabria
    • Agrippino Marcello Santo Zimbone, 1961, Catania (rettore dell’Università di Reggio Calabria)
  • Ponte Morandi, in sette rinviati a giudizio

    Ponte Morandi, in sette rinviati a giudizio

    Sette persone rinviate a giudizio nel procedimento scaturito dall’operazione “Brooklyn” sui presunti illeciti nei lavori di manutenzione straordinaria del ponte “Morandi”, principale strada di accesso al centro di Catanzaro, e di un tratto della strada statale 280 “dei Due Mari”, arteria che collega il capoluogo allo snodo autostradale di Lamezia Terme.

    Chiesto il processo: i nomi

    Lo deciso il gup di Catanzaro Chiara Esposito. A processo, che inizierà il primo di giugno, andranno: gli imprenditori Eugenio e Sebastiano Sgromo, di 52 e 55 anni; gli ingegneri Anas Franco Pantusa, di 39 anni, e Silvio Baudi, di 43; il geometra Gaetano Curcio (42); l’ispettore della guardia di finanza Michele Marinaro (52) e Rosa Cavaliere (54).

    Le accuse, a vario titolo, sono trasferimento fraudolento di valori, auto-riciclaggio, corruzione in atti giudiziari, associazione per delinquere, frode nelle pubbliche forniture, con l’aggravante di aver agevolato associazioni di tipo mafioso. Secondo quanto ricostruito dalla Guardia di finanza nell’inchiesta coordinata dalla Dda di Catanzaro, gli imprenditori avrebbero costituito delle società intestandole fittiziamente a una loro collaboratrice, la Cavaliere.

    Catanzaro, malta scadente per il Ponte Morandi?

    Ma di fatto ne avrebbero mantenuto il controllo di fatto e attraverso una di queste gli Sgromo sarebbero riusciti a infiltrarsi nei lavori di manutenzione straordinaria per il ripristino del calcestruzzo del ponte Morandi e di rifacimento dei muri di contenimento di un tratto della strada statale “dei Due Mari”.

    Inoltre, con la presunta complicità del direttore dei lavori dei tecnici Anas avrebbero iniziato a utilizzare nelle lavorazioni un tipo di malta di qualità scadente, ma più economico di quello inizialmente utilizzato. Il tutto potendo contare su una talpa all’interno della Procura di Catanzaro, l’ispettore della Guardia di finanza, che avrebbe orientato le indagini facendo passare i due imprenditori come vittime dei clan lametini. In cambio, secondo l’accusa, avrebbe ottenuto varie utilità tra cui il trasferimento dalla Dia di Catanzaro alla Presidenza del Consiglio dei ministri.

  • Locride Horror Picture Show:  il cemento armato sfida la bellezza

    Locride Horror Picture Show: il cemento armato sfida la bellezza

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    Volete visitare la Locride ma non ne potete più della macchia mediterranea? Siete stufi delle litanie sul consumo del territorio e sul rispetto dell’ambiente? Stanchi della cattedrale medievale incastonata in un paese gioiello o della banalissima passeggiata tra le pietre degli antichi greci? Della Calabria da cartolina di scena in questi giorni alla Bit di Milano?

    Dimenticatevi il solito weekend fatto di escursioni al borgo e passeggiate bucoliche. Questo itinerario mette al centro uno degli elementi di spicco più autentici del territorio: il cemento armato. Materiale poliedrico attraverso cui si è voluto omaggiare alcuni tra i massimi artisti della scena planetaria con opere capaci di spingersi oltre il consueto. Opere cadute nel dimenticatoio e che noi intendiamo riportare ai fasti di un tempo.

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    L’architettura avanguardistica del depuratore di Caulonia

    Caulonia e l’Anarchitecture

    Il nostro mini tour alla riscoperta del patrimonio perduto inizia a Caulonia, con una visita al capolavoro di building-cuts ripreso da un progetto originale di Gordon Matta-Clark.
    L’esponente di punta del movimento Anarchitecture fu chiamato a intervenire nell’ambito del programma “progettiamo con arte” varato dall’allora giunta comunale. Fu lui a volere riproporre il suo splitting – il famoso taglio che raddoppia gli spazi rendendoli speculari – sull’indispensabile depuratore.

    Degli amministratori dell’epoca invece l’oculata scelta relativa al quadratino di spiaggia – proprio accanto alla foce della fiumara più distruttiva del reggino – dove edificare qualche migliaia di metri cubi di cemento, in questo pregevole esempio di arte prestata all’ingegneria civile.

    Un’opera da tutelare

    L’artista, morto purtroppo prima dell’inaugurazione, ha voluto contaminare la sua opera con un omaggio alla cultura bizantina presente sul territorio. Da qui la presenza, sulle pareti esterne che guardano al mare, di una volta stellata col il caratteristico blu di lapislazzuli.

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    Il blu delle stelle sul muro del depuratore si fonde con quello del cielo diurno in un poetico omaggio a Magritte

    Della Giunta di allora, e di quelle che seguirono, l’intento di non fare mai entrare in esercizio l’opera di ingegneria per evitare che vibrazioni e umidità potessero danneggiarla. Obiettivo raggiunto. Il tour cauloniese prevede anche una visita guidata alla piazzetta dei finti bronzi, con riproduzioni nane degli antichi guerrieri (in cemento) su piedistalli oblunghi (sempre in cemento). E prosegue con la “colonna solitaria”, omaggio contemporaneo al vero deus ex machina del territorio: il palazzinaro.

    “Colonna solitaria”, opera simbolo della scuola filocementista locridea

    Locride, un esempio che ha fatto scuola

    Attribuito invece al movimento del neobrutalismo lo splendido edificio che possiamo ammirare sulla spiaggia tra Riace e Stignano. Originariamente dedicato alla residenzialità turistica, questo raro esempio di architettura – che alcuni riconducono alla scuola di As Found – è lungo quanto un campo di calcio e alto cinque piani. Rappresenta ancora, a distanza di quasi 40 anni dalla posa della prima pietra, una meraviglia unica, seppure malamente replicata a macchia di leopardo su tutta la costa. L’ardito utilizzo del cemento armato a vista – il beton brut così come esce dalle casseforme – realizza fino in fondo l’idea del brutto che diventa bello solo perché reale.

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    Il concetto di interazione tra spazi urbanizzati e natura assume qui nuovi significati

    In questo caso, il concetto di “sottrazione” caro al movimento, sposandosi con le accuse di abusivismo e speculazione edilizia mosse ingiustamente ai mecenati dell’epoca, consentì di lasciare intatto lo scheletro nudo dell’opera, proprio come lo avevano pensato gli architetti inglesi. Seppure risultino remotissime le possibilità di abbattimento e di ripristino dei luoghi, dobbiamo segnalare che la vegetazione sempre più disordinata e la prepotenza del mare potrebbero minarne la solidità strutturale.

    Palafitte a Gioiosa

    Con un breve trasferimento lungo la pittoresca Statale 106, il nostro itinerario nella Locride prosegue e si conclude nella vicina Siderno. Non prima però di avere reso omaggio all’inconfondibile stile palafittesco – in omaggio ai primi esempi di autogrill – della sala da pranzo “sospesa” che accoglie con i suoi pali turchese le frotte di turisti in arrivo sul lungomare di Gioiosa Marina. Qui la burocrazia si è messa di mezzo. Da tempo l’accesso all’opera è precluso ai turisti, che possono però transitare sotto l’arco che guarda lo Jonio e godere dell’ombra.

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    Il richiamo evidente agli autogrill come architettura di denuncia civile contro l’inadeguatezza della SS 106

    Parkour a Siderno

    Giunti a Siderno, il nostro tour nella Locride prevede una visita al vecchio molo: 180 metri di acciaio e cemento inutilmente protesi sul mare. Anticamente era utilizzato come molo commerciale, alcuni vecchi pescatori del posto favoleggiano di quando le navi vi attraccavano. Da anni ormai è stato riconvertito in percorso di parkour. Interruzioni, cedimenti e vertiginose arrampicate sull’acqua sempre nuove e sorprendenti, grazie all’azione continua del binomio mare/vento. Una perniciosa ordinanza della capitaneria ne vieta, attualmente, l’accesso al pubblico.

    Il sacro fuoco dell’arte

    Risalendo la costa, il nostro tour comprende una sosta al famoso “stabilimento balneare flambé”. Si trova nel centro geografico del lungomare delle Palme, a 50 metri dalla piazza e dal corso principale della cittadina. Lo stabilimento, ovviamente in cemento armato, sfida orgoglioso lo scorrere del tempo. E, incurante delle varie ordinanze che lo bollano come abusivo, continua ad attirare turisti e appassionati che vi si intrufolano tra porzioni di tetto bruciacchiate e preziosi esempi di streetart di «coraggiosa denuncia».

    La Locride e il brutalismo

    Ormai stanchi, ma non paghi di tanta bellezza, i turisti verranno accompagnati per il pernottamento al “Grand Hotel Burraccia”. Attribuito all’architetto milanese esponente del brutalismo italiano, Vittorio Viganò, e dedicato alla memoria dell’omonimo mendicante amico di tutti – unico ad abitarci fino ad ora, esclusi gli ambulanti che vi soggiornano di straforo durante la settembrina festa di Portosalvo – l’hotel chiude il cerchio sul nostro tour della Locride. Cibo e bevande non compresi nel prezzo.

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  • Occhiuto ha un amico in più, la Caporetto dell’opposizione

    Occhiuto ha un amico in più, la Caporetto dell’opposizione

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    L’opposizione in consiglio regionale sembra sia fatta della stessa sostanza di cui sono fatti i selfie. Amalia Bruni, che continua a proporsi come leader del fronte Pd-M5S, non mostra però la dimestichezza di un Matteo Salvini con la pratica dell’autoscatto e la compattezza da lei ostentata il 13 aprile si è sbriciolata appena una settimana dopo.

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    Amalia Bruni durante la campagna elettorale per le Regionali perse del 2021

    La prima Caporetto del centrosinistra non si scorda mai

    Il voto sull’Authority acqua-rifiuti voluta da Roberto Occhiuto, differito a dopo Pasqua per quelle che lo stesso governatore ha definito «imboscate regolamentari» della minoranza, si è tradotto nella Caporetto del primo scorcio di legislatura per il centrosinistra. Bruni aveva addirittura messo insieme non solo i dem e i pentastellati, ma anche i consiglieri di De Magistris, nel fronte rivoluzionario dei combattenti anti-multiutility. Solo che proprio dal M5S, ormai ipergovernista non solo a Roma, è arrivato l’appoggio che non ti aspetti – o forse sì – al provvedimento simbolo del new deal accentratore del Duca Conte.

    C’era una volta il Movimento 5 stelle

    Il fatto è noto ed è già oggetto di stupite e articolate analisi da parte degli osservatori della politica regionale. Il capogruppo grillino, Davide Tavernise, in Aula si è astenuto, mostrando qualche pudore in più rispetto al collega-portavoce-cittadino-consigliere Francesco Afflitto, che ha addirittura votato a favore. Secondo i rilievi procedurali sollevati nella seduta pre-pasquale, alla maggioranza servivano 21 voti, che avrebbe avuto già allora non fossero stati assenti in 3. Dopo gli stravizi di Pasquetta la creatura di Occhiuto si è ritrovata con 22 sostenitori.

    Un certo clamore lo ha aggiunto la circostanza che Afflitto sia anche presidente della Commissione di Vigilanza – il collega di DeMa Antonio Lo Schiavo ha minacciato di abbandonarne la vicepresidenza – ovvero l’unico organismo che, vista la funzione (teorica) di controllo «sugli atti di programmazione economico-sociale della Regione e degli enti ed aziende dalla stessa dipendenti», per prassi viene presieduto da un componente dell’opposizione. Che attualmente – alla luce degli ultimi sviluppi, ma in verità fin dal suo esordio da provvisorio presidente del Consiglio in qualità di consigliere anziano – non sembra, diciamo, esattamente un barricadero. E nemmeno un occhiuto – chissà se “occhiutiano” – censore dell’operato del centrodestra.

    Da Afflitto a Morrone

    Non è neanche questa una novità. La Vigilanza condivide con l’Antimafia la denominazione di commissione «speciale» e una scarsamente riconosciuta utilità, ma è nelle cose che per concedere la sua Presidenza all’opposizione la maggioranza in Consiglio debba scansarsi un attimo. Lo dimostrano le votazioni: Afflitto è stato eletto presidente con 8 voti a favore e 14 schede bianche. Dunque ha avuto il sostegno di Pd e M5S e anche un tacito ma evidente semaforo verde dal centrodestra a guida Occhiuto. A cui, dicono i soliti maligni, ieri avrebbe reso un favore politico magari mettendosi in condizione di riceverne qualche altro.

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    Ennio Morrone presiede la Commissione Vigilanza a Palazzo Campanella (2018)

    Roba da corridoio, certo, voci di sottobosco difficilmente dimostrabili. Come quelle che accompagnarono, ai tempi della presidenza di Mario Oliverio, la scalata alla Vigilanza di Ennio Morrone. Allora in Forza Italia, il suocero dell’attuale consigliera di FdI Luciana de Francesco ottenne 16 preferenze su 31 votanti. Non serviva dunque essere né strateghi né giocatori di poker per ipotizzare una qualche cointeressenza politica col centrosinistra. Tra l’altro in precedenza era stato assessore nella giunta regionale di Agazio Loiero.

    Giannetta e Forza Italia pigliatutto

    In mezzo c’è stata la (tragicamente breve) parentesi della Presidenza di Jole Santelli. La coalizione che la sosteneva aveva appetiti tali da aver dovuto creare, per tentare di saziarli, una commissione nuova di zecca. Dunque si può immaginare cosa si fece della Vigilanza: un sol boccone. Non certo lasciato all’opposizione – che disertò polemicamente le votazioni – ma dato in pasto al forzista Domenico Giannetta.

    Con lui in un anno, tra il 2020 e il 2021, si sono tenute 10 riunioni della Vigilanza. Non risulta abbiano fatto perdere il sonno a chi governava la Cittadella. Con Morrone tra il 2015 e il 2019 ce n’erano state 36. Ben altri numeri, in era Scopelliti, aveva raggiunto l’avvocato Aurelio Chizzoniti – subentrato nel 2013 in Consiglio ad Antonio Rappoccio e preceduto alla Presidenza da Giulio Serra, entrambi di maggioranza – con 51 sedute tra il 2010 e il 2014.

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    Straface, Lo Schiavo e Afflitto in Commissione Vigilanza a Palazzo Campanella

    Difeso dalla Straface

    Sotto la presidenza di Afflitto la Vigilanza si è finora riunita tre volte. La prima seduta è durata 16 minuti (inizio lavori h. 11,49, fine lavori h. 12,05). La seconda un’ora e un quarto e la terza un’ora e mezza, compresi i saluti e l’approvazione dei verbali delle sedute precedenti. Nessun provvedimento trattato. Uniche audizioni, quelle del commissario della Sorical Cataldo Calabretta e del delegato del dg del dipartimento Ambiente della Regione.

    In quest’ultima occasione – si legge nel resoconto del 22 febbraio scorso  – Pasqualina Straface (Forza Italia) ha illustrato la situazione di Sorical. E Amalia Bruni ha proposto che la questione fosse «affrontata in una apposita seduta di Consiglio regionale». Tutti d’accordo.

    In Aula è poi finita così: a difendere il pentastellato e «il proficuo lavoro» della Commissione da lui presieduta è stata proprio la consigliera forzista. Mentre Occhiuto ha portato a casa la sua legge sì con una settimana di ritardo, ma spaccando l’opposizione. Sembrano lontanissimi – ma era il 2015 – i tempi in cui l’M5S calabrese diceva che affidare la Vigilanza a uno come Morrone equivalesse ad «affidare a Dracula la gestione del centro trasfusioni». Oggi loro stessi pare abbiano trovato chi può regalare ben altre soddisfazioni. Al centrodestra.

  • Reggina: due punti di penalità e Gallo inibito per 45 giorni

    Reggina: due punti di penalità e Gallo inibito per 45 giorni

    Due punti di penalizzazione in classifica per la Reggina e 45 giorni di inibizione per il numero uno della società amaranto, Luca Gallo. A deciderlo, il Tribunale federale nazionale della Figc, presieduto da Carlo Sica. Le sanzioni arrivano dopo il deferimento della società dello Stretto nelle scorse settimane.

    Gallo non avrebbe versato entro il termine del 16 febbraio scorso le ritenute Irpef riguardanti gli emolumenti dovuti ai tesserati per il periodo marzo-ottobre 2021. Idem per i contributi Inps relativi agli emolumenti dovuti ai tesserati per il periodo luglio-ottobre 2021. L’amministratore avrebbe dovuto comunicare alla Covisoc, entro lo stesso termine, l’avvenuto pagamento delle somme in questione.

    La penalizzazione per la Reggina e lo stop per Gallo scatteranno già durante la stagione in corso. Ma, vista la posizione a metà classifica degli amaranto, in serie B le squadre in corsa per la promozione e la salvezza restano sostanzialmente identiche.