Categoria: Speciale Elezioni Cosenza

Nel 2021 si rinnova l’appuntamento con le elezioni comunali a Cosenza. Il 3 e 4 ottobre sarà sfida a otto per la poltrona più importante del Comune, molti dei quali sventolano per l’occasione la bandiera del civismo.

Chi si candida a sindaco di Cosenza? Francesco Caruso, Franz Caruso, Bianca Rende, Francesco De Cicco, Francesco Civitelli, Valerio Formisani, Franco Pichierri, Fabio Gallo.

Li abbiamo invitati tutti in redazione, chiedendo a ognuno le stesse cose. Quindici domande e un video per ciascuna con le risposte. Solo di sette sfidanti però: Francesco De Cicco, nonostante numerosi inviti, non ha partecipato alle interviste impedendo ai lettori di confrontare le sue idee sulla città con quelle degli altri candidati a sindaco di Cosenza.

  • Amministrative Cosenza: il meglio, il peggio e il trash

    Amministrative Cosenza: il meglio, il peggio e il trash

    Cosenza non si smentisce mai: perde residenti in maniera vistosa, ma aumenta i propri candidati. Effetto senz’altro della balcanizzazione politica del post Occhiuto, che termina il suo ciclo come sindaco (ma, suggeriscono i bene informati, si prepara a fare il sindaco “di fatto” in qualità di vice di Francesco Caruso).

    Ma la frammentazione politica è solo una parte della spiegazione, perché i cosentini sono stati sempre generosi nel mettersi in lista: è, almeno, dai tempi di Perugini che la città di Telesio fa impazzire le statistiche grazie all’alto numero di candidati. Che nemmeno stavolta è smentito: 8 aspiranti sindaci a cui si collegano 29 liste per il totale mostruoso di 869 aspiranti consiglieri. I quali, spalmati su una popolazione residente di 65.209 unità generano un record non proprio trascurabile: un candidato ogni 75,0391 abitanti.

    Se si considera che la popolazione maggiorenne (almeno a livello anagrafico) supera di poco le 40mila unità, il rapporto cresce vistosamente (circa un aspirante consigliere ogni 50 abitanti e qualcosa).
    Un risultato simile, per fare paragoni su scala, non lo si raggiunge neppure a Roma, dove gli aspiranti sindaco sono 22 per un totale di 39 liste e 1.800 aspiranti consiglieri che, spalmati su una popolazione residente di 2.778.662, risultano uno ogni 1.543,701 abitanti.

    Anche la disordinata Napoli, al nostro confronto, sembra una caserma politica, perché gli aspiranti sindaco sono 7 per un totale di 160 aspiranti consiglieri su una popolazione residente di 938.507 unità.
    Per riprendere la battuta volgarissima di un ex consigliere comunale, i cosentini, almeno a livello politico, «hanno la candida». Già, ma in questo caso non è nulla di intimo, spesso inconfessabile e comunque fastidioso da curare: è una distorsione della vita pubblica che svaluta la democrazia perché polverizza il voto e gli toglie valore.

    I superpopulisti alla carica

    Una buona fetta di aspiranti consiglieri non coltiva ambizioni politiche di nessun tipo, neppure quella di acquisire qualche merito elettorale per bussare agli uffici “che contano” di Palazzo dei Bruzi.
    Al massimo, esprimono la rabbia, il disagio per il calo della qualità della vita nelle zone popolari e la delusione nei confronti dei vecchi referenti.
    Questo discorso riguarda senz’altro la stralarga parte dei seguaci di Francesco De Cicco e Francesco Civitelli.

    De Cicco tallona Francesco Caruso

    Forte di 6 liste per un totale di 192 candidati, De Cicco tallona da vicino Francesco Caruso. Ma una cosa è il numero degli aspiranti consiglieri, un’altra la possibilità di tradurre questo numero in un risultato elettorale temibile.
    L’ex assessore di Mario Occhiuto, infatti, ha pescato soprattutto nei quartieri popolari, grazie alla continua presenza (è stato l’assessore più a contatto diretto coi cittadini) e a un programma tutto cose, senza alcuna velleità “metropolitana” ma mirato a lenire i disagi pratici del cittadino comune. Lui è populista per definizione e vocazione e non sulla base del marketing politico.

    Coi suoi numeri danneggerà non poco gli avversari che, a destra e a sinistra, hanno finora colonizzato i quartieri popolari e rischia di essere determinante per il ballottaggio.
    Discorso simile per Civitelli, che con le sue 5 liste e 158 aspiranti consiglieri, è il terzo candidato sindaco per seguito. La vocazione populista e il radicamento nei quartieri è uguale a quella di De Cicco, ma l’esperienza politica minore. Potrebbe profittare dell’effetto sorpresa, fare numeri e giocarseli al ballottaggio anche lui.

    La sinistra di (non) governo

    Franz Caruso era partito con la quarta innestata, grazie all’appoggio esplicito di Nicola Adamo (che pesa più del cinquanta per cento del Pd cittadino) e di Luigi Incarnato, che comunque rappresenta i socialisti non di destra cosentini.
    Ai due, dopo qualche tentennamento iniziale, si è aggiunto Carlo Guccione, silurato alle Regionali ma ancora forte in città.

    Come tutti i motori lanciati con troppi giri, quello di Caruso ha picchiato in testa. Con il principe del Foro cosentino ci sono “solo” tre liste, sebbene ben curate.
    Curatissima quella del Pd, in cui figurano due sempreverdi della politica cosentina, cioè Damiano Covelli, protagonista di primo piano della vita amministrativa cittadina e legatissimo a Nicola Adamo, e Giuseppe Mazzuca, guccioniano di ferro e oppositore storico di Occhiuto.

    La Funaro capolista del Pd

    Anche la tradizione familiare ha il suo peso. Perciò non è un caso la presenza in lista di Maria Pia Funaro, già candidata dem alle scorse politiche e figlia di Ernesto Funaro, storico assessore regionale della vecchia Dc.
    La lista del sindaco presenta alcuni volti noti, tra cui quello di Chiara Penna, avvocata e criminologa molto presente sui media. Oltre ai volti, ci sono anche i nomi noti, in questo caso Giuseppe Ciacco, figlio di Antonio Ciacco, ex consigliere comunale di Cosenza e avvocato battagliero. Inoltre, c’è la consigliera uscente Maria Teresa De Marco.

    E ci sono altri due protagonisti della vita politica di Cosenza: Mimmo Frammartino, fresco di divorzio con Orlandino Greco, e Roberto Sacco, che ha trovato alla fine collocazione a sinistra. La sua candidatura mette la parola fine a un piccolo giallo: dato per candidato nella Lega (al riguardo, i bene informati riferiscono di un suo colloquio non troppo riservato con Spirlì alla Cittadella), il corpulento ex consigliere non sarebbe stato troppo gradito ad Occhiuto che avrebbe espresso il veto nei suoi confronti.
    Molto al femminile, invece, la lista del Psi, in cui Incarnato gioca il suo nome candidando sua figlia Giuseppina Rachele.

    Grillina e tansiana? Semplicemente Bianca

    Bianca Rende si è ribellata alle dinamiche del Pd e tenta la corsa da sola in nome del civismo. Tre liste al suo seguito, di cui la principale, Bianca Rende sindaca, piena di donne.
    Non sappiamo se la Rende riuscirà a correre, ma nel frattempo, balla, visto che con lei militano due maestri di danza: Paolo Gagliardi e il tansiano Patrizio Zicarelli.
    Inoltre, la presenza di Anna Fiertler è garanzia di un legame con una certa alta borghesia cittadina. Quella di Sandro Scalercio indica, invece, l’appoggio di alcuni movimenti civici, che sostengono contemporaneamente la candidatura dell’imprenditore Pietro Tarasi alla Regione.

    Ora, è vero che Tarasi corre con de Magistris. Ma è altrettanto vero che Tansi, il quale corre contro il sindaco di Napoli, appoggia la Rende. Lo fa come capolista della sua Tesoro di Calabria, con cui corre al fianco di Amalia Bruni alle Regionali in qualità di capolista in tutte e tre le circoscrizioni.
    Dedizione alla causa? Senz’altro. Ma non si andrebbe troppo lontani dal vero nel pensare che Tansi miri a entrare anche a Palazzo dei Bruzi.
    Altra conferma a fianco della pasionaria ex renziana, i Cinquestelle cosentini, che corrono con la Bruni in Regione.

    La corazzata di Caruso

    L’armata è temibile e, almeno in apparenza, vincente. Il centrodestra non ha lesinato mezzi per spingere Francesco Caruso alla vittoria.
    Col giovane ingegnere, fedelissimo di Mario Occhiuto, si sono schierati molti centometristi del voto, tra consiglieri uscenti in cerca di conferma, ex consiglieri che tentano di rientrare ed esponenti di primo piano della vita cittadina. Più il solito stuolo di amici e parenti.
    I suoi 252 aspiranti consiglieri, spalmati su otto liste promettono bei numeri e l’arrivo al ballottaggio in posizioni vantaggiose.

    La Lega da Bartolomeo a Karim Kaba

    La vera sorpresa, in questa coalizione, è la Lega, che è riuscita a compilare una propria lista dopo l’abbandono di Vincenzo Granata, fratello di Maximiliano Granata, il presidente del Consorzio Vallecrati.
    Nel partito di Salvini hanno trovato ospitalità alcuni volti noti (Francesco Del Giudice) e protagonisti dei dibattiti consiliari (Roberto Bartolomeo) che fanno buona compagnia ad altrettanti migranti, più o meno nazionalizzati, come Karim Kaba e Sodevi Bokkori.
    Fortissima la lista berlusconiana (Forza Cosenza), in cui hanno trovato posto altri protagonisti, come Giovanni Cipparrone, che completa con la militanza azzurra il suo percorso particolare, iniziato in Sel. O come Michelangelo Spataro e Luca Gervasi, fedelissimi di Occhiuto.

    L’immancabile Totonno ‘a Mmasciata e gli altri

    Non può proprio passare sotto silenzio la candidatura di Antonio Ruffolo, alias ’a Mmasciata, tanto silenzioso quanto votato. Un’altra fedelissima che milita in Fi è Alessandra De Rosa, ora nella Giunta dell’archistar.
    Molto forte anche la lista di Fratelli d’Italia, dove si è collocato il votatissimo Francesco Spadafora. Con lui, militano sotto le insegne di Meloni la ex assessora di Perugini, Francesca Lopez, il gentiliano Massimo Lo Gullo, Giuseppe D’Ippolito (fedelissimo di Orsomarso), la consigliera uscente Annalisa Apicella e, last but not least, Michele Arnoni, anche lui ex sodale di Orlandino Greco, che torna alla vecchia fiamma.

    Non è il solo Arnoni in corsa con Caruso. Infatti, l’altro Michele Arnoni (cugino e omonimo) è candidato in Coraggio Cosenza, la lista compilata da Vincenzo Granata per conto del governatore ligure Giovanni Toti. La Lega ha perso un rappresentante, ma Caruso ha guadagnato una lista.
    Consistente anche la lista dell’Udc, in cui corrono Enrico Morcavallo (eletto nel 2016 col Pd) e Salvatore Dionesalvi, anche lui ex assessore di Perugini.
    Confermato l’impegno dell’assessore regionale Gianluca Gallo, attraverso la lista La Cosenza che vuoi, in cui è sceso in campo il suo segretario Giovanni Iaquinta.

    Gli outsider

    Molto concreta la scesa in campo dell’ex big Udc Franco Pichierri, che schiera due liste, la nostalgica Democrazia cristiana (sì, si chiama proprio così) e Noi con l’Italia, con cui impegna a Cosenza il logo di Maurizio Lupi. Al suo seguito si candida Antonio Belmonte, altro protagonista dell’era Perugini eclissatosi negli ultimi dieci anni.
    L’allineamento di Pichierri al centrodestra durante il ballottaggio è quasi scontato.

    Candidature di pura testimonianza per l’ex ballerino Fabio Gallo e per il medico Valerio Formisani.
    Con Formisani, figura carismatica della sinistra radicale, si sono schierati, tra gli altri, il sindacalista Delio Di Blasi e l’ex militante di sinistra sinistra Graziella Secreti.
    Quasi a sorpresa l’ingresso di Gallo, ex ballerino ed esponente di primo piano dell’attivismo cattolico.

    Che il caos abbia inizio

    Ci aspetta circa un mese di comunicati, polemiche social, dibattiti e pareti tappezzate, il tutto in un prevedibile clima di caos. Non ci si può attendere altro dalla città con più candidati d’Italia.

  • Transfughi, parenti, evergreen: Caruso fa la squadra

    Transfughi, parenti, evergreen: Caruso fa la squadra

    La seconda partita della Calabria si gioca a Cosenza, dove si deciderà la successione di Mario Occhiuto. Per quanto piccolo e declinante, il capoluogo bruzio è di nuovo l’ago della bilancia degli equilibri regionali.
    Ecco perché il centrodestra si gioca il tutto per tutto e mira alla conquista di Palazzo dei Bruzi senza lesinare mezzi e con un bel po’ di pelo sullo stomaco.

    I numeri dell’armata

    Sulle liste delle Regionali tutto tace o quasi, visto che si attende il verdetto della Commissione antimafia, a cui si è rivolto il solo Roberto Occhiuto.
    Tra il Busento e il Campagnano, invece, è tutto un fermento di numeri, sigle e nomi.
    Magari non sarà “invincibile” (e, anzi, rischia di prendere qualche botta qui e lì), ma l’“armata” comunque c’è. Ed è temibile. Nelle sue file si mescolano veterani “pluridecorati” da tutti gli schieramenti della città e giovani rampanti, attratti dal miraggio della vittoria non improbabile, grazie soprattutto alle divisioni altrui.

    Iniziamo dalle liste, che al momento risultano sette, per il semplice motivo che Francesco Caruso, campione del centrodestra e unto dei fratelli Occhiuto, non ha ancora deciso di compilare la lista del sindaco.
    Ma non disperiamo: Cosenza è una delle città che produce più candidati in rapporto alla propria popolazione in assoluto. Quindi potrebbe essere solo questione di tempo perché si avverta la necessità dell’ottava lista e il mite Caruso si dia da fare per stoccarvi i potenziali candidati in eccesso.

    L’elenco delle liste

    Al momento risultano schierate e prossime al completamento le seguenti liste:

    • Forza Italia, che con tutta probabilità sarà rinominata Forza Cosenza, come nel 2016;
    • Fratelli d’Italia, che come vedremo è oggetto di negoziazioni e tentativi di colonizzazione;
    • Lega, che dopo la defezione di Vincenzo Granata, si presta a operazioni simili, forse addirittura più ardite, a quelle in corso sul partito di Giorgia Meloni;
    • Udc, un rampicante sempreverde della politica calabrese, che a Cosenza risulta più attrattivo che altrove;
    • Coraggio Cosenza, cioè la versione cosentina di Coraggio Italia, il partito di Giovanni Toti e Luigi Brugnaro, diventato il rifugio di Granata e di buona parte dei dissidenti che hanno deciso di mollare Salvini;
    • Azzurri (o Lista Azzurri), un troncone di Forza Italia, in cui si candideranno i fedelissimi di Gianluca Gallo;
    • Continuità, un altro troncone azzurro costituito dagli ultrà del sindaco uscente.

    Tra gli organizzatori dello schieramento, secondo i bene informati, un ruolo di primo piano ce l’ha Carmine Potestio, il superconsulente uscente, che sarebbe intento a spalmare i suoi fedeli, tra consiglieri e aspiranti tali, nelle sette liste.

    L’enigma Ruffolo

    Ma prima di proseguire è doverosa una domanda: che fine ha fatto Antonio Ruffolo?
    Su di lui, al momento, è uscito pochissimo dal delicatissimo gioco di incastri escogitato dallo stato maggiore degli Occhiuto.
    Infatti, non è dato sapere dove si collocherà il consigliere uscente dell’Udc, tanto silenzioso quanto votato. Di Ruffolo non si ricorda un intervento in Consiglio né una polemica. Ma, forte di una media di oltre cinquecento voti a tornata elettorale, il Nostro ha sempre dato il traino alle liste dell’Udc.

    Il motivo di tanto insospettabile successo è piuttosto chiaro: Ruffolo, noto in città col soprannome di ‘A ‘mmasciata, sempre pronto ad aiutare gli anziani a portare la spesa e a sbrigare le faccende condominiali e di quartiere, è il lobbista di chi in una lobby non può mettere piede e il faccendiere di chi non può permettersene uno.
    La sua microclientela di quartiere risulta sostanzialmente innocua per le casse comunali ma paga bene in consensi. Difficile immaginare una coalizione cosentina senza di lui. Di sicuro c’è che Ruffolo è vivo e lotta (con gli Occhiuto). Ma non è dato sapere dove.

    Forza Occhiuto

    La lista di Forza Italia è la croce e delizia dello schieramento di Francesco Caruso. Essendo l’ammiraglia della coalizione, sarà composta da candidati di provata fede su cui i big del centrodestra spenderanno le proprie fiches.
    Tra i candidati berlusconiani si annoverano, sempre per ora, Luca Gervasi, Alessandra De Rosa e Fabio Falcone. Della partita dovrebbe essere anche Michelangelo Spataro, altro uscente di peso, che sarà candidato in ticket con la figlia dell’imprenditore Giampiero Casciaro, per motivi personalissimi: i due sono amicissimi e soci in affari, perché titolari di una casa di riposo a Mendicino, alle porte della città.

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    L’assessore uscente Michelangelo Spataro era in maggioranza anche con Salvatore Perugini sindaco

    L’amicizia prima di tutto. Ed ecco perché Casciaro, dopo aver candidato nel 2016 la moglie in ticket con Giovanni Cipparrone nella coalizione di Enzo Paolini, ha deciso di candidare la figlia in ticket con un occhiutiano di provata fede.

    Udc: democristiani fuori, cosentini dentro

    L’ex partito di Roberto Occhiuto si rivela un ottimo contenitore politico per cosentini di tutti gli orientamenti in libera uscita. Tra i candidati si annovera Salvatore Dionesalvi, ex assessore della giunta di Salvatore Perugini, l’ultima esperienza di governo del centro sinistra.
    C’è, inoltre, Giovanni Cipparrone, ex presidente di circoscrizione in quota Ds, poi oppositore al fianco di Paolini, quindi transitato al centrodestra, dopo un avvicinamento progressivo a Mario Occhiuto.

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    Da sinistra verso destra: Luca Gervasi, Francesco Spadafora e Giovanni Cipparrone

    E figura Emanuele Sacchetti, altro ex presidente di circoscrizione, molto attivo sul territorio ma passato in secondo piano in seguito all’abolizione di questi enti subcomunali. Sacchetti, secondo i bene informati, dovrebbe correre in ticket con la figlia di Giacomo Fuoco, già consigliere e altro fedelissimo di Occhiuto. Il motivo del ticket starebbe nella comune vicinanza di Sacchetti e Fuoco papà a Luigi Novello, medico di San Lucido con una consistente base elettorale e candidato alle scorse Regionali con la Lega.
    Tra i papabili dell’Udc ci sarebbe inoltre Roberto Bartolomeo, un altro mattatore di Palazzo dei Bruzi. Ma sul suo nome non c’è ancora certezza perché potrebbe trovare un’altra collocazione, sempre nel centrodestra.

    La Lega dopo Granata

    La missione di compilare le liste della Lega dopo gli ammutinamenti di Granata e di altri dissidenti passa allo staff di Occhiuto.
    Anche in questo caso la missione è semplice: fare voti, il più possibile e senza andare per il sottile. Che lo scopo sia questo, lo conferma uno dei nomi su cui si chiacchiera di più: Roberto Sacco, un intramontabile della politica cosentina che, dopo aver cambiato più volte vasi e aiuole, diventa anche finalmente verde.

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    Roberto Sacco
    Coraggio Cosenza

    È la lista di più difficile compilazione, perché in essa dovrebbero convivere Vincenzo Granata, i transfughi della Lega e altri fedeli di Occhiuto che non troveranno posto altrove.

    Fratelli d’Italia

    Nel partito della Meloni la parola d’ordine è: colonizzare. A riprova, va da sé, della debolezza strutturale di un partito più forte negli slogan che nell’organizzazione.
    Tra i neomeloniani spicca Francesco Spadafora, il consigliere più votato nelle precedenti Amministrative. Già vicino a Ennio Morrone, il giovane poliziotto di Donnici ha dato prova a più riprese di carattere e indipendenza politica. E c’è chi dice che sarà capace di avvicinare le mani alla fiamma sbiadita di Fdi senza scottarsi.

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    Mario Occhiuto e Luca Morrone quando il secondo, prima di sfiduciare il primo, era presidente del consiglio comunale bruzio

    A proposito di Morrone: Luca, il vicepresidente uscente del Consiglio regionale, conferma anche a Cosenza di voler stare fermo un giro e di agire, semmai, per interposta persona anche nella conquista di Palazzo dei Bruzi. Non si candiderà neppure nella sua città ma pescherà nella sua rete parentale: candiderà una sorella della moglie, che a sua volta è già candidata alle Regionali.

    Uno slogan dei leghisti calabresi è: mai i Gentile con noi. Ma forse i seguaci di Salvini intendono i fratelli Gentile e i loro familiari. Infatti, il divieto è escluso per i fedeli dei due fratelli terribili, visto che Massimo Lo Gullo, sodale da sempre della famiglia più potente di Cosenza, si candiderà coi meloniani.
    Sempre con la fiamma, è prevista inoltre la candidatura del figlio dell’assessore Lino Di Nardo, altro destrorso di lungo corso legato al sindaco uscente, seppure con autonomia lucida e critica.

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    Giovanni Quintieri e Annalisa Apicella

    Tra i fiammisti uscenti, si segnala Annalisa Apicella, che correrà in ticket con Giovanni Quintieri. Occorre ricordare, al riguardo, che già nel 2016 la Apicella fu di fatto in ticket con l’avvocato, che si dimise consentendole di entrare in Consiglio.
    Ultimo ma non da ultimo, Michele Arnoni, ex esponente de La Destra di Storace passato poi con Orlandino Greco. Per lui è il classico ritorno di fiamma.

    Lista Azzurri, dallo Jonio con furore

    La lista di Gianluca Gallo ha la stessa impronta centrista di Forza Italia. È un esperimento politico non ancora definito, con cui l’assessore regionale all’Agricoltura ed ex rivale interno di Roberto Occhiuto tenta di mettere qualche pedina a Cosenza.
    I nomi che spuntano sono quelli di Marisa Arsì – altra consigliera uscente, moglie dell’imprenditore Pino Carotenuto, ex seguace della famiglia Morrone ed ex superconsulente di Palazzo dei Bruzi – e Giovanni Gentile, segretario nella struttura regionale di Gianluca Gallo e già seguace di Saverio Zavettieri.

    Il quadro e le variabili

    Per avere un quadro completo e rispondere ad altre curiosità tipicamente cosentine (ad esempio: che farà Katya Gentile?) occorrerà attendere la compilazione definitiva delle liste regionali del centrodestra. Al momento è tutto e, come si vede, è un gran casino.

  • Chi è più civico di me? A Cosenza è fuga dai partiti

    Chi è più civico di me? A Cosenza è fuga dai partiti

    D’accordo che siamo la patria di Cetto, ma qualche occhiatina al dizionario, anche distratta, non fa male. Ci aiuterebbe a capire, per esempio, che “civico” è sinonimo di “civile” o “urbano” e che il contrario di civico non è “partitico”, ma cafone, villico, in definitiva tamarro.
    A questo c’erano arrivati già i picciotti di Stefano Bontate, che prima di farsi sterminare come le mosche, chiamavano viddani, cioè villici, i corleonesi di Luciano Liggio e Totò ’u Curtu. Ma questa è un’altra storia, grande e tragica, che riguarda ben altre classi dirigenti.
    Quella cosentina, a partire dai problemi col vocabolario, è decisamente peggio.

    Faccio danni quindi rivinco

    Squadra vincente non si cambia, recita l’adagio. A Cosenza si va oltre e si mantiene quella perdente, con la quasi certezza di vincere.
    Prendiamo il caso dell’amministrazione uscente. Forse non è del tutto colpa di Mario Occhiuto se il Comune è finito in default: lui aveva solo “ereditato” una situazione disastrosa, il famigerato debito mascherato di cui si era favoleggiato a lungo nei bar “che contano”. Tuttavia, la Corte dei Conti la pensa altrimenti. E ha pure condannato in primo grado Mario l’Archistar e una buona fetta del suo Stato Maggiore a risarcire danni erariali ai cosentini per altre vicende.

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    Un estratto della sentenza di primo grado con cui la Corte dei Conti nel 2020 ha condannato per danno erariale Mario Occhiuto, parte della sua Giunta e alcuni ex dirigenti per spese relative allo staff del sindaco

    Normalmente, l’esperienza di Occhiuto finirebbe archiviata perché i cittadini, stanchi delle tasse a palla, girerebbero i propri consensi altrove. Anche a dispetto del fatto che il fratello Roberto Occhiuto sia l’aspirante governatore regionale in predicato di vincere.
    Invece no: a Cosenza manca l’“altrove” a cui rivolgere consensi e su cui sfogare dissensi e mal di pancia più o meno motivati. Per le deficienze dell’attuale centrosinistra la città rischia di assistere allo spettacolo non bellissimo del 2016, quando Mario l’Archistar vinse in maniera bulgara a dispetto della sfiducia del Consiglio comunale, a cui si associarono elementi importanti della sua stessa maggioranza.

    Solo che allora qualche scusa per la disfatta c’era. Ad esempio, c’era la prepotenza di Renzi, che aveva imposto Lucio Presta in un sussulto di fighetteria. E ci fu la candidatura tardiva di Carlo Guccione, già logorato dai suoi alti e bassi nell’amministrazione regionale Oliverio, che non riuscì ad assicurare nemmeno l’onore della bandiera.
    Ora non c’è alcuna pezza. Ci sono solo gli appetiti dei big che mirano a ritagliarsi spazi e ruoli, col metodo più facile (e vecchio): sputano veleno sui partiti, che nei loro confronti hanno solo la colpa di non elargire abbastanza. In termini di potere, si capisce.

    La quadra dei partiti

    Una cosa va detta: gli Occhiuto non sono fessi, quindi non faranno a meno delle sigle di partito, che utilizzeranno forse con le solite accortezze un po’ tamarre: Forza Cosenza per far capire che è Forza Italia, Fratelli di Cosenza, Lega Cosenza ecc.
    D’altronde, non potrebbero eliminarle neppure se volessero: la legittimazione civica per loro è difficile, dopo lo sfascio del Comune, e in questo settore c’è chi è più “bravo” di loro. Ad esempio, Francesco De Cicco, la cui candidatura è civica perché non riesce a essere politica neppure sotto sforzo; lui è il punto zero della politicità.
    A chi storce il naso è possibile obiettare che De Cicco è il civismo su misura di una città invecchiata, in decrescita demografica e in arretramento culturale, in cui il ceto medio si è assottigliato paurosamente.

    Il problema vero per chi aspira a riprendersi il territorio dopo un decennio di lamentele improduttive e di opposizione più urlata che fattiva, è la mancanza di fisionomia politica.
    Già: perché i cosentini dovrebbero votare chi non è carne né pesce, e magari deve tutto al sistema da cui prende le distanze?
    L’interrogativo non riguarda, ovviamente, Franz Caruso, che è contentissimo di essere candidato a sindaco dal Pd e dal Psi, dopo anni di tentativi elettorali e di presenze nelle istituzioni coi marchietti socialisti e post socialisti.
    Il problema è che dietro Caruso ci sono (e, se non cambia qualcosa, ci saranno) Nicola Adamo, Carlo Guccione e Luigi Incarnato. Ovvero, tre spezzoni della sinistra che ha gestito potere. Il che, in parole povere, si traduce in poche briciole per tutti gli altri.

    Una post democristiana civica

    Bianca Rende ha attribuito la sua candidatura a Palazzo dei Bruzi alle esortazioni del gruppo What Women Want, di cui lei fa parte. Una roba civica e neofemminista, insomma.
    Eppure, la Rende ha legami più che solidi con la politica, che datano alla Prima Repubblica più “profonda”. Suo padre Piero è stato un big di lungo corso della Dc, quando la Dc dettava le regole e dava le carte a tutti i tavoli, anche quelli comunisti.
    Lei stessa ha aderito al Pd, nella sua cosiddetta “area popolare”, il centro di stoccaggio per orfani e cuccioli della Balena Bianca.

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    Eletta nella lista del Pd alle elezioni del 2016, Bianca Rende punta a succedere a Occhiuto come rappresentante del civismo

    E c’è stata in buona compagnia: quella di Stefania Covello, figlia del superbig democristiano Franco Covello e anch’essa protagonista di una carriera non proprio piccola, vissuta a cavallo tra centrodestra e centrosinistra. Un’esperienza in consiglio comunale tra i banchi di Forza Italia, eletta parlamentare nel Pd, Stefania ha saltato il fosso e ha aderito a Italia viva, trascinando con sé Bianca.
    Peccato solo che quello di Renzi sia un gruppo parlamentare molto coeso che, tuttavia, pesa poco nella società civile. Detto altrimenti: difficile negoziare qualcosa di serio se il proprio referente romano è l’ex premier. Meglio giocarsi la carta del civismo, magari con l’aiuto della famiglia Covello.

    Con lei ci sarebbero, per quel che pesano, anche i Cinquestelle cosentini. In realtà ci sarebbe pure Carlo Tansi, che pesa altrettanto, ma ingombra di più.
    Giusto una curiosità: non era proprio Bianca Rende quella che tuonava dalle colonne del Quotidiano del Sud nel 2018 contro i finti civici, responsabili a suo dire di generare indisciplina e mettere a repentaglio la governabilità?

    Sergio Nucci, l’irriducibile centrista

    A Sergio Nucci molti giornalisti devono dire grazie, perché con il suo sito ha letteralmente rimpiazzato l’albo pretorio del Comune e rimpinzato i cronisti di tutti i documenti relativi agli strafalcioni dell’amministrazione Occhiuto.
    Anche il dentista cosentino è civico. S’intende: nella misura in cui possono essere civici gli esponenti del notabilato politico che non trovano spazio adeguato nei partiti.
    Nucci, infatti, respira politica da sempre, grazie alla Dc in cui aveva militato e in cui vanta una parentela illustre: quella con Annamaria Nucci, la compianta ex deputata Dc e poi Ppi e donna forte dell’esecutivo Perugini.

    Crollata la Prima repubblica, il Nostro si è posizionato prima nell’area manciniana e poi si è messo in proprio in nome del civismo: nel 2011 si è candidato a sindaco alla guida di una minicoalizione, in cui, oltre alla sua associazione Buongiorno Cosenza, c’erano due liste partitiche: i finiani di Fli e i rutelliani di Api.
    Forte di un buon consenso, il Nostro ha appoggiato Mario Occhiuto al ballottaggio e poi, a causa di una negoziazione finita male, è passato all’opposizione. Ora ci riproverebbe, più civico che mai. Non si sa mai che uno dei due Caruso (Franz o l’occhiutiano Francesco) risulti più malleabile…

    Marco Ambrogio, dal postcomunismo all’infinito

    Anche Marco Ambrogio è un altro civico per autoproclamazione. Il giovane avvocato cosentino vanta, tuttavia, una gavetta forte e radici familiari importanti negli ambienti postcomunisti. È parente di Franco Ambrogio, già eminenza grigia del Pci e poi regista delle successive trasformazioni dei compagni (anche di merende…) fino al Pci.
    Forte di un certo radicamento nella sua Donnici, a cui vorrebbe restituire la circoscrizione, Ambrogio Jr è stato assessore con Salvatore Perugini e capogruppo del Pd. Poi ha tentato il colpaccio nel 2014, schierandosi con Gianluca Callipo in occasione delle primarie per la scelta del governatore.

    Di fatto, si è tarpato le ali da solo. Ma, tra una cosa e l’altra, è riuscito a impalmare Rosaria Succurro, assessora di Occhiuto (e condannata assieme a lui per danno erariale) nonché attuale sindaca di San Giovanni in Fiore.
    L’avvocato cosentino è riuscito a rientrare in Consiglio comunale candidandosi con Carlo Guccione in una lista civica. Civico per civico, ora balla da solo. Non si sa mai che la vicinanza indiretta con Occhiuto, propiziata dal talamo nuziale, non torni utile…

    Giacomo Mancini, l’evergreen postsocialista

    Giacomo Mancini riscuote ancora simpatia, affetto e qualche consenso nella sua roccaforte del centro storico. Ovviamente, tutto questo non basta per motivare una sua candidatura a sindaco al di fuori dei partiti, nei quali, invece, si è mosso alla grande e con forti risultati.
    È stato consigliere comunale nel gruppo socialista quando ancora era forte la nostalgia per suo nonno, il vecchio Giacomo, ed è diventato deputato con la Rosa nel pugno, il partitino radicalsocialista messo in piedi da Daniele Capezzone.

    Al pari del suo leader, ha saltato il fosso nel 2008, quando l’agibilità del centrosinistra era agli sgoccioli. Giusto in tempo per diventare assessore con Peppe Scopelliti. Il ritorno a sinistra non gli ha portato molto bene, visto che non è riuscito a tornare a Montecitorio nel 2018. Peccato, perché rispetto ad altri Giacomo è almeno presentabile. Il suo tentativo di candidarsi a sindaco sarebbe motivato, secondo i bene informati, da alcune proposte arrivategli da una parte del Pd. Ma dopo che Guccione e Adamo hanno fatto pace, nel partito di Letta lo spazio è esaurito.
    Il suo civismo è quello di chi non ha più partiti: li ha finiti tutti.

    Formisani: a volte i compagni ritornano

    Come tutti i neocomunisti, anche Valerio Formisani ha una tendenza a spaccare l’atomo.
    Lo prova il comunicato con cui i vertici cosentini di Sinistra Italiana hanno lanciato la candidatura in solitaria del “medico del popolo”, che ha contribuito a far saltare il tavolo del centrosinistra.

    A Formisani, già vicino a Rifondazione e poi a Vendola, si può rimproverare tutto fuorché l’opportunismo: fa il “civico” il minimo indispensabile per evitare di dar fastidio ai compagni e cercare di prendere qualche decimale in più per arrivare almeno in Consiglio comunale. È poco. Ma quando si spaccano gli atomi, ciò che conta è sopravvivere alle esplosioni e alle radiazioni. E l’amministrazione? Un’altra volta.

    Occhiuto è vivo

    Se il centrosinistra continua così, Mario Occhiuto rischia di fare il suo terzo mandato come sindaco ombra del suo attuale vice.
    Ma tutto si può rimproverare all’Archistar fuorché l’incoerenza: perseguire un progetto di potere non è un reato. E conseguire una vittoria perché il campo avversario gliela propizia non è un crimine.

    E allora: il contrario di “partitico” non è “civico”. Ma il contrario di “civico” è senz’altro “incivile”, in tutti i significati possibili. E si è incivili anche quando ci si traveste, per infiltrarsi nei partiti e, appunto, spacciarsi per “civici”.
    Già: incivile è anche chi vuol male alla propria città.

  • L’ultima di Marco Ambrogio: ospedali in tutti i quartieri

    L’ultima di Marco Ambrogio: ospedali in tutti i quartieri

    Vi sentite poco bene? No problem: se alle comunali dovesse vincere Marco Ambrogio avrete un ospedale sotto casa. La proposta del candidato post Pd, soccorritore di Occhiuto in questi due mandati e oggi scopritore del civismo, sarebbe la soluzione dei molti e antichi guai della sanità calabrese.

    Più ospedali per tutti

    Il leader della lista La più bella Cosenza di sempre oggi si è prodotto in un’idea rivoluzionaria: perché non costruire piccoli ospedali in ogni quartiere? Ed ecco inserita l’intuizione dentro il programma elettorale. Ogni area cittadina avrà il suo mini nosocomio, con medici pronti a produrre diagnosi. Peccato che una cosa del genere già esista: si chiamano ambulatori e basterebbe farli funzionare.

    In realtà l’idea di Ambrogio è parecchio più ambiziosa. Gli ospedali di quartiere, benché “piccoli”, avrebbe a loro disposizione strumenti diagnostici sofisticati e medici specialisti. Il candidato non spiega dove trovare le risorse per realizzare questo progetto con una sanità che boccheggia ed è assediata da emergenze. Ma in campagna elettorale certi dettagli contano poco. Senza considerare che nel corso di tutto il secondo mandato di Occhiuto uno dei temi roventi è stato proprio l’individuazione del luogo dove costruire il nuovo (vero) ospedale, con il conflitto tra Oliverio e Occhiuto che frapponeva veti ed ostacoli tali da mandare per adesso nel dimenticatoio la soluzione del problema.

    Cosenza indipendente

    Ma a ben guardare non è meglio avere venti piccoli ospedali a pochi passi – avrà pensato Ambrogio – che uno nuovo e grande ma distante? In fatto di proposte audaci lui stesso recentemente aveva anche annunciato che – in caso di vittoria elettorale – avrebbe ridato vita alle circoscrizioni comunali, che nel suo programma sarebbero «il vero front office tra le esigenze quotidiane e la politica delle alte stanze».

    Una bella idea, quella di ridurre le distanze tra i cittadini e la burocrazia, velocizzando le pratiche e snellendo le procedure. Tuttavia il Governo potrebbe non essere d’accordo, visto che una legge dello Stato le ha abolite.
    Forse dentro le pieghe del programma di Ambrogio però c’è la soluzione: una repubblica autonoma di Cosenza. Non sappiamo se sarà la più bella di sempre, certamente sarà indipendente e con molte circoscrizioni e più ospedali per tutti.

  • Cosenza, quartieri popolari alla conquista del Palazzo

    Cosenza, quartieri popolari alla conquista del Palazzo

    L’attuale balcanizzazione del quadro politico di Cosenza, ha un aspetto curiosamente nuovo: su sei aspiranti sindaco, tre provengono da via Popilia, che con i suoi oltre 20mila abitanti è un terzo della città. Di questi pretendenti allo scranno di Palazzo dei Bruzi, uno solo ha percorsi politici di rilievo (e conseguenti numeri potenziali): Francesco De Cicco, già vicino al notabile Ennio Morrone e poi sostenitore di Mario Occhiuto. Ora De Cicco balla da solo, con un programma minimale e “tutto cose”, probabilmente concepito sugli stessi marciapiedi in cui viene diramato prima che inizi la campagna elettorale. 

    Gli altri due sono Luigi Bevilacqua, self made man di origine rom che vanta un’ascesa culturale non scontata (da operaio ha conseguito il diploma di maturità e ora fila come un treno a Scienze politiche all’Unical), e Francesco Civitelli, che gareggia in pragmatismo (ma non in consensi) con De Cicco.

    I tre hanno un tratto comune: la voglia di dare una voce autonoma ai quartieri popolari, a partire da quello più rilevante, anche a livello simbolico.
    Sempre a proposito di quartieri popolari: se si sommano gli oltre ventimila “popiliani” ai circa diecimila cosentini sparsi tra via degli Stadi e San Vito Alto si arriva a metà abitanti della città. Se a questi si sommano gli oltre cinquemila che resistono nel Centro storico, che ha perso il suo carattere interclassista ed è in fase di “popolarizzazione” avanzata, fare i conti è facile: i quartieri popolari predominano. 

    Una demografia in declino

    Questa trasformazione è dovuta alla demografia e alle mutate condizioni economiche della città, che si è impoverita tutta.
    C’è un’espressione non bellissima che gira tra alcuni addetti ai lavori, che forse l’hanno ripresa dagli intellettuali: “città policentrica”, che, riferita a Cosenza, non è proprio un complimento. 

    Al più, è un modo di indorare la pillola: i cosentini si sono sparsi in tutta l’hinterland, hanno colonizzato Rende e Montalto a Est, determinandone crescita demografica ed economica, Vadue, Mendicino, Laurignano a Ovest e, praticamente, il municipio del capoluogo ne rappresenta solo una parte. Quindi, è un’espressione soft per spacciare il dimagrimento demografico del capoluogo per un’espansione urbana, visto che di realizzare la Grande Cosenza – che fu un sogno urbanistico fascista prima e socialista poi – se ne parla a pezzi e bocconi.

    Quarant’anni, 40mila abitanti in meno

    Ma il dimagrimento demografico, iniziato negli anni ’80 avanzati, ha acquisito due aspetti tragici: quello tipicamente meridionale dell’emigrazione, ripreso alla grande a partire dagli anni ’90, e quello più global (almeno per quanto riguarda l’Occidente) della denatalità.

    Ed ecco che Cosenza, dopo aver raggiunto il massimo della popolazione residente nel 1981 con 106mila e rotti abitanti (dato Istat), si è ridotta agli attuali 65mila e rotti (dato del 2019). In pratica, è sprofondata nella sua stessa Provincia, dove l’ha battuta la nuova città Corigliano-Rossano, con i suoi oltre 70mila abitanti. Ed è diventata una città di peso secondario nel contesto regionale, visto che viene anche dopo Lamezia Terme, che non è capoluogo e non vanta importanti tradizioni storico-urbane. Ma ha quasi 70mila abitanti e l’unico aeroporto funzionante della Regione. 

    Chi sono i cosentini?

    A dirla tutta, Cosenza non è mai stata una città di grandi numeri. Si presentò all’Unità d’Italia con poco più di 18mila abitanti, raggiunse un primo picco demografico nel Ventennio, quando superò i 40mila ed ebbe il boom urbanistico a partire dal dopoguerra.

    La crescita di Cosenza si è basata su un fenomeno tipico delle aree marginali: l’inurbazione, che in questo contesto riguardò gli abitanti del contado e della provincia, attratti dalle maggiori opportunità offerte dalla città e la minoranza rom, che crebbe in maniera forte a partire dagli anni ’50. I cosentini “puri”, che potevano vantare più di quattro generazioni nel perimetro urbano, sono diventati minoranza in una popolazione che si è rimescolata più volte.

    Alla crescita artificiale, stimolata dalle opere pubbliche e dalle assunzioni più o meno clientelari nelle amministrazioni e negli enti pubblici nati come i funghi durante la Prima Repubblica, è seguita una decrescita naturale, che tuttavia prosegue a rilento perché, mentre i rampolli del ceto medio emigravano per studiare o lavorare, i quartieri popolari hanno tenuto a livello demografico. E ora, giustamente, presentano il conto.

    È il caso di chiarire un passaggio: l’aggettivo “popolare” è anche sinonimo di “povero” e “disagiato”. Questo chiarimento aiuta a capire un altro aspetto amaro della realtà: dal 2001 in avanti è andato via soprattutto chi ha potuto, in cerca di prospettive di vita e di lavoro migliori.

    Sono i migranti col trolley e col laptop a tracolla, ben descritti dal rapporto della Fondazione Migrantes per il 2018. La Calabria ne vanta circa 200mila, il 10 per cento circa della popolazione, in larghissima parte under 50 e in buona parte (il 30 per cento) laureati. Somigliano poco o nulla ai braccianti con le valige di cartone che li avevano preceduti il secolo scorso. Ma con essi hanno un tratto comune: sono partiti con poche speranze di tornare.

    Cosenza si svuota

    Proiettiamo questo dato su Cosenza. Nel 2019 sono morti 871 cosentini di fronte a 448 nuovi nati, le persone coniugate di entrambi i sessi oscillano tra 14 e 15mila, meno di mille in più dei single ambosessi, che oscillano tra i 13 e i 14mila. Il dato più inquietante riguarda l’invecchiamento: il blocco maggioritario della popolazione (circa il 52%) è compreso tra gli over 45 a salire, i minori non toccano il 15%, i cosiddetti “giovani”, compresi tra i 18 e i 35 anni, superano di poco il 33%.

    Dove sono spariti quei gruppi sociali da cui la città reclutava le classi dirigenti? Sono in buona parte al Nord, attratti dalle opportunità delle grandi aree metropolitane e all’estero. Logico, allora, che a questa trasformazione demografica segua un cambiamento antropologico e politico.

    Il consenso che cambia

    Esistono un “prima” che stenta a finire e un “dopo” che si sta delineando con una certa velocità. Il “prima” è rappresentato dai vecchi gruppi dirigenti, che pescavano voti a man bassa nei quartieri popolari, grazie a pratiche clientelari consolidate, ma si legittimavano sui ceti medio-alti.

    È il caso della famiglia Gentile, partita dal Centro storico, che ha trovato la sua roccaforte nella Sanità. Il suo rapporto con le aree popolari è diventato man man sempre più mediato. Si pensi al fedelissimo Massimo Lo Gullo, se possibile più gentiliano dello stesso Pino Gentile: è stato uno dei consiglieri comunali più votati nella zona compresa tra via degli Stadi e San Vito Alta. I suoi consensi sono irrinunciabili per la famiglia politica più vecchia di Cosenza (ad eccezione dei Mancini, per i quali vale un discorso diverso), che tuttavia basa il suo potere sulle Aziende sanitaria e ospedaliera.

    Un discorso simile, ma minore nei numeri vale per i Morrone, il cui ruolo nella Sanità privata è più che noto: pure loro hanno pescato a man bassa nei quartieri popolari grazie all’attività di sodali più o meno turbolenti e fedeli come il menzionato De Cicco o l’effervescente Roberto Bartolomeo, che non è stato rieletto per poco in Consiglio Comunale.

    Un meccanismo analogo è applicabile a Nicola Adamo ed Enza Bruno Bossio: fortissimi nel Centro storico, ma capaci di proiettarsi a livello regionale e nazionale grazie ai loro legami col mondo istituzionale e imprenditoriale “che conta”.

    Un patto che scricchiola

    Tuttavia, è importante un altro passaggio: il consenso dei quartieri popolari si limita spesso all’immediato (le buche per strada, l’acqua che manca, le fogne che scoppiano, i marciapiedi inesistenti ecc) e ha come referente immediato il Comune. Chi guarda oltre perché può permetterselo è il ceto medio, che mira invece al buon posto di lavoro e alla carriera. In questo caso, i target istituzionali si alzano: sono la Regione e i ministeri. 

    Ma che succede quando il Comune va in dissesto e non è in grado di soddisfare più le richieste minime, clientelari e non? Succede che il meccanismo si rompe e il “patto feudale” tra i “vassalli” popolari e i loro potenti scricchiola.

    Voglia di protagonismo

    Tra i vassalli che tentano di mettersi in proprio (De Cicco) e i nuovi aspiranti leader, è facile delineare il trend: una buona fetta di abitanti dei quartieri popolari vuol far sentire i propri bisogni più direttamente possibile. Forse non si fida più dei “potentes” vecchi e nuovi (tra i quali è doveroso includere Enzo Paolini) e riversa i propri consensi su figure percepite come simili. O perché, come l’assessore occhiutiano, vivono le stesse situazioni e parlano lo stesso linguaggio. Oppure perché incarnano un sogno di riscatto e di ascesa almeno culturale, come Bevilacqua.

    La partita vera deve ancora iniziare, ma i presupposti attuali rendono il caos cosentino più interessante del solito. E – perché no? – più divertente e istruttivo per gli osservatori.

  • Il sindaco del rione via Popilia

    Il sindaco del rione via Popilia

    Quanto è distante via Popilia da Palazzo dei Bruzi? E quanto cammino si deve affrontare per arrivare dal quartiere più popoloso della città fino allo scranno di sindaco? La fatica si misura non in passi, ma nella capacità di aggregare consenso e i modi sono sostanzialmente sempre uguali: promettere il riscatto del quartiere.

    Via Popilia ha sempre rappresentato il campo dove si vincono o si perdono le elezioni a Cosenza. Per il grande numero di famiglie che vi abitano, ma anche per ragioni storiche e sociali che ne hanno fatto nel tempo terreno di caccia per costruire gli imperi clientelari delle ben note famiglie politiche cosentine.

    I soliti noti

    Nell’avvicinarsi inesorabile delle prossime elezioni comunali, si prepara la consueta schiera di chi minaccia o medita di candidarsi a sindaco e tra questi è difficile scorgere autentici segni di novità. Non è nuovo Francesco Caruso, organico all’esperienza dell’amministrazione Occhiuto e che proprio nell’architetto che ha governato la città potrebbe avere il suo vice sindaco.

    A Cosenza già girano gustose battute sulla “Strana coppia”, (senza riferimenti a Walter Matthau e Jack Lemmon, che nel confronto risulterebbero comunque vincenti), con Caruso succube di un esuberante Occhiuto per nulla intenzionato a levare le mani dalla città. Anche la scelta di prendersi come vice chi ha trascinato nell’abisso del dissesto il capoluogo, se dovesse trovare conferma, pare chiaramente il frutto di un patto a tavolino separato dai bisogni dei cittadini.

    Certamente non è nuovo Marco Ambrogio, che si candida con la benedizione dei fratelli Occhiuto ed evidentemente pensa che un sindaco in famiglia non basti. Nella sinistra ancora c’è incertezza, altrimenti non sarebbe la sinistra. Quella movimentista cerca un nome in grado di rappresentare il disagio e la sofferenza sociale generati da dieci anni di indifferenza verso i bisogni reali delle persone, mentre il centrosinistra dibatte inutilmente, facendo ogni tanto affiorare la proposta di Franz Caruso, ex giovane socialista, il cui nome ciclicamente viene annunciato.  

    Via Popilia alla riscossa

    A ben guardare la novità viene proprio da via Popilia, da dove si muovono tre candidature: Francesco De Cicco, Francesco Civitelli e Luigi Bevilacqua. Mai accaduto prima. De Cicco per la verità nuovo non lo è per nulla, ma la sua appartenenza allo strategico quartiere lo pone all’attenzione. Per anni assessore di Occhiuto – che giura di non sentire da «oltre un anno e mezzo», proprio a volerne marcare la sopraggiunta distanza –  ha tenacemente presidiato ogni buca nell’asfalto, ogni tombino ostruito, chiamando celermente squadre di operai per le riparazioni, spesso supervisionando e partecipando lui stesso ai lavori. È anche in questo modo che ha lentamente costruito un consenso popolare, proiettando di sé l’immagine dell’uomo del fare. 

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    Francesco De Cicco amava definirsi l’assessore “pala e pico”, in contrapposizione (e rima) con la passione di Occhiuto per la figura di Alarico

    Lo dichiara lui stesso, quando avvisa che «dal basso sto lavorando da tempo al programma», preparando «sette liste vere» e l’aggettivo vorrebbe sottolinearne la potenza e il radicamento. La sua visione della città non vola altissimo, ma si basa su un buon proposito, «quello di togliere il muro tra i cittadini e la politica». E il suo stare sempre «sul marciapiede» vale a dire a diretto contatto con «la gente», gli sembra il modo più efficace per superare le distanze.

    Le multe a Guarascio

    Sul concreto De Cicco pare avere le idee chiare, «col Comune in dissesto, non si può fare molto, chiunque prometta il contrario mente». Tuttavia un piano ce l’ha e sulle grandi opere, vanto della stagione del sindaco Occhiuto, aggiunge che “«certamente non si possono demolire, ma molte cose si possono aggiustare». De Cicco sa di parlare al cosentino medio, quello che smadonna chiuso in macchina nel traffico bloccato e gli promette di «allargare il tratto stradale di viale Parco, aggiungendo anche parcheggi con strisce bianche, creare una variante su via Molinella e sbloccare così via XXIV Maggio». Poi il suo sguardo si volge a via Roma e aggiunge che «pure la villetta davanti alle scuole può essere modificata, con l’uso di semafori si può consentire il traffico stradale lineare e scorrevole».

    Da uno che parte da via Popilia ti aspetti attenzione verso i quartieri, ed ecco che De Cicco vuole ridare fiato «alla consulta dei quartieri». Se il ruolo assegnato nel programma alle aree periferiche e popolari vi pare troppo vago, molto decise sono invece le parole sui rifiuti e chi ne gestisce la raccolta.
    «Guarascio se ne deve andare», e la richiesta del candidato non riguarda solo il calcio. «Se fosse per me rescinderei il contratto, paghiamo milioni e la città è sporca. Gli ho fatto fare multe per mancata raccolta dei rifiuti, ma nessuno si è preoccupato di esigerne il pagamento», spiega sconsolato. Poi aggiunge che «per via del fatto che ha il Cosenza calcio nessuno osa «parlarne male»

    El pueblo unido ma non troppo

    Il percorso di avvicinamento più lungo verso una candidatura è forse quello di Luigi Bevilacqua, rom cosentino da tempo impegnato in iniziative a favore delle aree periferiche e delle marginalità sociali. «Stiamo lavorando da tempo per concretizzare un impegno e, nello specifico, realizzare una lista civica dal nome “Orizzonti futuri”», spiega Bevilacqua. Nel cammino, aggiunge, sarebbe utile trovare compagni di viaggio per non disperdere energie.

    Dunque ecco la necessità di «dialogare con altri candidati che provengano dai quartieri periferici, per portare un unico programma e restare compatti in questa tornata elettorale». E quando Bevilacqua si guarda attorno per cercare compagni di viaggio, aggiunge «con Civitelli non penso sia possibile, con De Cicco si potrebbe fare».

    Dalle baracche al Palazzo

    Rispetto a De Cicco, Bevilacqua ha una visione della città più concretamente legata al sociale e le sue battaglie ne sono la testimonianza. Con orgoglio rivendica le sue origini, nella desolazione delle baracche di via Reggio Calabria, fino alle conquiste come quella per la tutela della minoranza linguistica ottenuta con la legge n°41 del 2019 della Regione Calabria.

    Anche per lui il problema è il superamento della separazione della città in due parti che sembra non si appartengano. Sembra assai consapevole delle difficoltà e infatti spiega che «non abbiamo la velleità di vincere, ma di cominciare il cambiamento». Per questo il welfare e la distribuzione delle risorse sono un punto centrale del programma, anche per porre rimedio a dieci anni di Occhiuto, «contro cui mi sono sempre opposto, anche con esposti in procura». La Cosenza che immagina Bevilacqua è diversa dagli estetismi di chi ha governato fin qui. «A lui piace il bello – spiega riferendosi ad Occhiuto – ma ha prodotto due città separate e ingiuste». 

    La barriera invisibile

    Civitelli si era candidato a sostegno di Enzo Paolini cinque anni fa, ottenendo 268 preferenze, salite a 747 alle Regionali 2020. Anche per lui si deve passare dall’effimero che sembra aver dominato questi anni al concreto dei bisogni della città. Dunque «niente statue, né feste, ma strategie per la viabilità, parcheggi gratis, ciclovie fuori dal centro urbano». Un programma radicale, che probabilmente non dispiacerà a chi passa la giornata imbottigliato nel traffico.

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    Il vecchio rilevato ferroviario che separava via Popilia dal resto della città

    La sua corsa è cominciata nel 2016, «quando abbiamo visto chi aveva vinto e abbiamo capito che non ci sarebbe stata alcuna opposizione ad Occhiuto». Di qui l’esigenza di organizzarsi, ponendosi anche la questione dell’unità del nucleo urbano. «Quando c’era il rilevato ferroviario esisteva una vera barriera. Ora non c’è più, ma la separazione è rimasta. Lo scopo è quello di fare della città un solo corpo organico».

    Tra poco ci sarà un fiorire di liste e programmi, e come avvisa De Cicco, che forse di queste cose ne capisce, «molti candidati mirano solo ad un accordo». Alla fine ne resterà uno, potrebbe essere il più forte, non necessariamente il migliore.