Categoria: Cosenza solidale

Cosenza è una città solidale, al punto da ottenere il riconoscimento di Capitale italiana del Volontariato 2023. A fronte di vecchie e nuove forme di povertà, la comunità ha sempre risposto in modo capillare, attraverso un arcipelago di realtà associative che spesso hanno fatto rete tra loro. Insieme hanno dato sollievo a disagi sociali, recentemente aggravati dalla pandemia e da crisi economiche sempre più feroci.

Operando fuori dalle logiche di mercato, ma non appartenendo allo Stato, queste associazioni sono la spina dorsale del Terzo settore cittadino.
Gli ambiti di intervento sono molti e diversi: dal sostegno alle forme di disabilità, alla lotta al disagio sociale, alla inclusione multiculturale, all’impegno contro la dispersione scolastica nelle aree urbane di maggiore vulnerabilità economica, fino al soddisfacimento di bisogni primari, come fornire pasti o posti letto a chi vive ai margini della comunità stesa.

Viaggio al centro della solidarietà

Sono storie di solidarietà che I Calabresi racconteranno su impulso della Fondazione Attilio ed Elena Giuliani, che della ricerca è il committente. Nel nostro viaggio a puntate incontreremo uomini e donne che investono il loro tempo nella pratica della solidarietà, provenendo da mondi differenti, come quello legato alla Chiesa, oppure laico e perfino dal variegato universo dei movimenti antagonisti. Mondi che in varie occasioni, come la Fiera di San Giuseppe, fanno convergere gli sforzi per garantire ospitalità e assistenza ai molti stranieri che giungono nella nostra città.

Si tratta di esperienze silenziose, che affrontano con fatica e tenacia fenomeni come la violenza domestica, l’inadeguatezza genitoriale e il soccorso ai minori abbandonati, ma anche l’aiuto materiale a quesi ceti che non sono più al sicuro come una volta rispetto alla minaccia dell’impoverimento. Perché «Il presepe della povertà», come lo chiamava Bourdieu, è cambiato pure a Cosenza. E oggi include anche chi ieri era ceto medio e oggi vive sul confine della precarietà.
Ecco le storie di chi in prima linea affronta questo mondo fragile.

  • Insieme si cresce: scuole e welfare uniti per l’inclusione sociale

    Insieme si cresce: scuole e welfare uniti per l’inclusione sociale

    «Noi crediamo tanto nel progetto Insieme si cresce: coniuga l’impegno del settore privato di qualità con le istituzioni scolastiche e col mondo religioso. Tutto ciò per favorire la crescita culturale del territorio e l’inclusione sociale».
    Così Walter Pellegrini, il presidente della Fondazione Attilio e Elena Giuliani ha commentato la conferenza stampa di presentazione di Insieme si cresce, svoltasi il 15 febbraio a Villa Rendano a Cosenza.
    Alla manifestazione hanno partecipato Veronica Buffone, assessora al Welfare del Comune di Cosenza, Anna Cipparrone, direttrice del Museo Consentia Itinera, Roberta Coscarella, docente dell’Istituto comprensivo Fausto Gullo di Cosenza, e Gustavo Di Santo dell’Accademia da Vinci.

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    Pubblico in sala a Villa Rendano per la presentazione di Insieme si cresce

    Il progetto in breve

    Insieme si cresce, finanziato dall’Unione Europea con fondi del Pnrr, è un progetto che mira a combattere la povertà educativa e la dispersione scolastica.
    Quattro i protagonisti dell’iniziativa: la Fondazione Attilio e Elena Giuliani, capofila del progetto, la parrocchia San Francesco d’Assisi di Cosenza, l’Ic Fausto Gullo e il Comune di Cosenza.
    Attorno ad essi ruotano altri importanti soggetti del Terzo settore. E cioè: Arci Cosenza, Arca di Noè, Paolab, l’Accademia karate Costabile, Ops arte in corso e Movimento Statico.
    Iniziato lo scorso maggio, Insieme si cresce ha coinvolto finora cento ragazzini tra i cinque e i dieci anni e le loro famiglie. I criteri di selezione dei beneficiari sono tre: l’appartenenza a comunità a rischio di emarginazione, la povertà e il disagio sociale e l’eventuale presenza di disabilità. L’imperativo è uno: includere.

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    Da sinistra: Gustavo Di Santo e Veronica Buffone

    Insieme si cresce: parlano i protagonisti

    «Diciamo subito che l’aspetto economico (il censo, per dirla alla vecchia maniera) non è un criterio dirimente», spiega Veronica Buffone. Infatti, prosegue l’assessora, «le fragilità si trovano dappertutto e il disagio non è classista, ma colpisce ogni ambiente socio-familiare».
    La casistica di ragazzi a rischio dispersione è ampia, specifica la professoressa Coscarella: «Si va dagli allievi dipendenti passivamente dall’hi-tech e dagli smartphone ai ragazzi che provengono da situazioni familiari piene di conflitti. La scuola, da sola, può non bastare a contenere e gestire queste problematiche, perciò i docenti più lungimiranti devono saper approfittare di tutte le opportunità che offre il territorio».
    Ma come funziona il progetto? «Gli uffici Welfare del Comune», spiega Buffone, «stilano le liste dei bambini assieme agli istituti e poi, caso per caso, si scelgono le attività».
    Così è stato per le attività di doposcuola e formazione, svoltesi nei locali della parrocchia San Francesco d’Assisi e per i laboratori di Villa Rendano. Il tutto con il coordinamento determinante dell’Accademia da Vinci.

    Roberta Coscarella

    Le attività di reintegrazione e recupero scolastico si basano su tre concetti chiave: legalità, ambiente e settore ludico-didattico.
    I risultati finora, chiosa Di Santo, sono stati incoraggianti. Tant’è che l’incontro del 15 febbraio ha avuto anche il valore di un invito a tutti gli enti interessati a partecipare.
    Insomma, fare rete si può. Perché Insieme si cresce non è solo un modo di dire.

    Questo articolo fa parte di un progetto socio-culturale finanziato dalla “Fondazione Attilio e Elena Giuliani ETS”. L’impegno de I Calabresi e della Fondazione Attilio ed Elena Giuliani è quello di arare il terreno della memoria collettiva e trovare le radici da cui proveniamo per riscoprire la fierezza di una appartenenza.

  • Tutti insieme per l’Auser, parola d’ordine: Ubuntu

    Tutti insieme per l’Auser, parola d’ordine: Ubuntu

    Andrà in scena venerdì 26 gennaio alle ore 17.00, presso la Casa della Musica Luciano Luciani di Piazza Amendola a Cosenza, lo spettacolo di beneficenza Ubuntu, tra musica e parole a sostegno della attività dell’Ambulatorio Auser di Cosenza “Senza confini”.
    A promuovere l’iniziativa ci sono anche l’Auser di Rende, le associazioni Confluenze, La Terra di Piero, Methexis, spazio teatrale partecipato e soprattutto il Conservatorio di Musica Stanislao Giacomantonio. Quest’ultimo ha messo a disposizione la struttura e i musicisti per la realizzazione dell’evento.

    Ubuntu e Auser

    Da anni l’Auser si prende cura delle persone che vivono ai margini di una società in cui ogni progetto di inclusione, soprattutto sanitaria, diventa sempre più difficile. Per fare questo c’è bisogno di sostegno da parte delle istituzioni e dei cittadini.
    L’idea di un evento dedicato alla musica e al teatro nasce dal desiderio di creare un rapporto tra le persone e la comunità fondato sulla bellezza che educa ai valori di un’etica che guarda all’equità sociale. Il titolo della serata, invece, arriva dal termine Ubuntu, che nella filosofia sub-Sahariana indica la credenza di un legame che unisce tutta la comunità: «Io sono perché noi siamo». E una comunità che vuole unirsi attorno alla bellezza della musica e delle parole riesce a guarire dal degrado e dalla malattia chi la bellezza non l’ha mai incontrata.

    Odontoiatri volontari nell’ambulatorio dell’Auser a Cosenza (foto Alfonso Bombini 2023)

    Sul palco

    I protagonisti di Ubuntu saranno i musicisti Gottardo e Giuseppe Iaquinta. Al violino e al pianoforte eseguiranno le partiture di Fryderyk Chopin, tra i più importanti compositori del Romanticismo.
    Tra le note musicali si inseriranno i contributi teatrali di Lara Chiellino, Dario De Luca ed Ernesto Orrico, portando in scena storie di migranti, briganti, filosofi e di santi dai desideri spassosi.

  • Fondazione Lilli, l’amore per la ricerca e la grande fede di Natuzza

    Fondazione Lilli, l’amore per la ricerca e la grande fede di Natuzza

    Michele Funaro ha degli occhi che sanno parlare e una voce limpida. Racconta con sintesi puntuale (del resto è un ingegnere, ma con un taglio umanistico) i 19 anni di attività della Fondazione che porta il nome di Lilli, sua sorella. Scomparsa troppo presto. La famiglia ha trasformato questa grande perdita in un grande dono per le persone che lottano contro il cancro.
    Michele è il portavoce. «Ma il vero motore della fondazione sono le mie sorelle Maria Pia e Checca» -dice.

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    Da sinistra i fratelli Maria Pia, Michele e Francesca “Checca” Funaro

    In 19 anni sono stati devoluti 200mila euro in progetti di ricerca e borse di studio. «Partecipano prioritariamente i ricercatori dell’Unical ma anche della Magna Graecia di Catanzaro, qualcuno viene anche da fuori» – sostiene Michele Funaro.
    La Fondazione continua ad essere anche sportello informativo. Tante persone che si trovano ad essere spiazzate dinnanzi a una diagnosi del genere, chiedono informazioni per sapere come potere affrontare i diversi percorsi.
    Il convegno scientifico condensa gli sforzi di un anno intero. A giugno verranno – come di consueto – relatori del territorio e altri da fuori: dal policlinico Gemelli di Roma, dall’ospedale di Bologna. Sono in programma lectio magistralis per medici, infermieri, fisioterapisti.

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    L’Università della Calabria

    Intanto oggi c’è pure Medicina all’Unical. Sul punto dice: «Noi ci auguriamo che cresca sempre di più. In un certo senso l’abbiamo stimolata. Con l’assegnazione delle borse di studio ci siamo resi conto che tanti bravi ricercatori sono presenti anche qui, come biologi, chimici, alcuni nel settore farmaceutico. L’Ateneo di Cosenza è una realtà fertile».

    Musica e ricerca, le due anime di Lilli

    La Fondazione articola le sue attività sulla base di due aspetti importanti della vita di Lilli. Il tradizionale concerto di agosto – che finanzia larga parte dei progetti – rappresenta la sua anima gioviale e la grande passione per la musica. Da Pino Daniele, il suo preferito, fino a De Gregori e Bennato. L’altra anima di Lilli era quella della studentessa di Medicina, quindi amante della scienza. Ecco spiegato il senso del convegno annuale.
    Da futuro camice bianco lei sapeva perfettamente cosa stesse affrontando. Al contempo aveva il grande dono della fede.
    Una fede mai ostentata. E legata a Natuzza Evolo, la mistica di Paravati. «Molto spesso c’era una nuova cura sperimentale – racconta Michele -. Lei non ci credeva molto. Quasi casualmente arrivava a casa la telefonata di Natuzza. Parlava con Lilli per un quarto d’ora al telefono. Lilli usciva da quella stanza e diceva: sono convinta, partiamo».

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    Natuzza Evolo, la mistica di Paravati

    «Ho visto Lilli entrare in Paradiso»

    Chiaramente è un aspetto personale, però poi ha caratterizzato i primi anni di attività della Fondazione fino allo stop inevitabile imposto dalla pandemia. «Ogni anno, il 2 luglio, noi organizzavamo diversi pullman – ricorda Michele – da Cosenza a Paravati. Per ascoltare una messa. Una messa speciale. In alcuni frangenti i pullman sono arrivati a sette».
    Perché il 2 luglio? «Lilli muore a febbraio, a giugno ci chiama padre Michele insieme a Natuzza. Che disse di andare a Paravati per una Messa in Gloria il 2 luglio. Natuzza aveva avuto una visione: Lilli che entra in Paradiso. Rappresentata poi dalle vetrate che stanno nella Chiesa di Sant’Aniello a Cosenza. Noi ogni anno ricordiamo questo passaggio. Ultimamente lo facciamo con una Messa a Sant’Aniello. Dopo la Pandemia non abbiamo più organizzato i pullman».

    La colazione per gli ambulanti della Fiera

    Il pranzo della solidarietà era partito prima che il Covid imponesse nuove abitudini sociali. È ripartito quest’anno, una domenica al mese nella chiesa di Sant’Aniello. Un pranzo per chi è solo, non solo per chi ha bisogno. L’ultima di volontariato è stata una colazione offerta agli ambulanti della Fiera di San Giuseppe. «Abbiamo percorso questo chilometro e mezzo di fiera ogni mattina – spiega Michele Funaro – con l’aiuto di bar che ci hanno supportato, volontari che preparavano ciambelle e dolci, tè e latte caldo. Dare un buongiorno a chi porta colore alla nostra città ci sembrava un piccolo gesto da fare».

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    La Fiera di San Giuseppe a Cosenza

    Una rete del terzo settore

    La Fondazione Lilli si muove insieme ad altre esperienze del terzo settore. Per esempio Hasta cuanto podemos. un progetto nato prima della pandemia con la famosa asta delle maglie di calcio organizzata da Daniele e Federica Piraino. «Noi abbiamo sostenuto questa iniziativa a inizio anno con l’asta delle magliette. Fondi utilizzati poi per donare una piccola biblioteca all’ospedale civile dell’Annunziata». E «Collaboriamo con il Moci di Gianfranco Sangermano».
    In passato «abbiamo fatto cose anche con la Terra di Piero. Ci chiesero di ricordare Lilli. Infatti c’è un angolo del Parco Piero Romeo dedicato proprio a lei».

     

     

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    Questo articolo fa parte di un progetto socio-culturale finanziato dalla “Fondazione Attilio e Elena Giuliani ETS”. Cosenza sarà per tutto il 2023 Capitale italiana del volontariato. Attraverso I Calabresi la Fondazione intende promuovere e far conoscere una serie di realtà che hanno reso possibile questo importante riconoscimento.

  • La Terra di Piero: curva, cuore e mamma Africa

    La Terra di Piero: curva, cuore e mamma Africa

    Dalla curva del San Vito-Marulla fino ai paesi più poveri dell’Africa. La storia della Terra di Piero comincia sugli spalti di un campo di calcio, dentro una moltitudine di persone che si sentono comunità. Ragazzi uniti non solo dalla fede per la squadra della propria città, ma probabilmente legati anche da un insopprimibile insofferenza verso le ingiustizie. E se hai questo fuoco dentro, allora il tuo posto è accanto agli ultimi.

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    Piero Romeo in Africa

    Il loro leader era Piero Romeo e oggi Sergio Crocco spiega che senza quel ragazzo generoso e sfortunato, la Terra di Piero non ci sarebbe. Non ci sarebbero i pozzi realizzati in centro Africa, le scuole per i bambini e le bambine della Tanzania o del Madagascar, né il parchi solidali costruiti a Cosenza, e nemmeno il sostegno alle vecchie e nuove povertà di casa nostra.
    La Terra di Piero oggi rappresenta una delle realtà più vivaci nella galassia del Terzo settore, intervenendo capillarmente sui numerosi aspetti attraverso cui si disvela il disagio, la fatica del vivere, la sofferenza sociale, dai progetti in Africa, fino alla distribuzione di pasti alle famiglie in difficoltà nel corso del lockdown (ma anche successivamente).

    Il viaggio in Africa con Padre Fedele

    «L’Associazione nasce pochi giorni dopo la morte di Piero – racconta Crocco – all’inizio in modo spontaneo, quasi naturale, per dare corso e continuità agli ideali e ai progetti che avevano animato la sua vita: la mensa dei poveri e l’aiuto alle popolazioni della Repubblica Centrafricana». Forse è proprio quel viaggio nel buco nero della miseria africana, fatto da Piero Romeo assieme a Sergio Crocco, Paride Leporace e Padre Fedele ad essere una sorta di seme. L’associazione si struttura, si spoglia piano dello spontaneismo iniziale, diventa organizzazione che attrae volontari, chiama donne e uomini generosi, individua i campi di intervento e mobilita risorse e intelligenze per costruire solidarietà.

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    Sergio Crocco in Africa nella mensa con i bambini

    I primi passi della Terra di Piero

    I primi passi furono rappresentati dalla realizzazione di pozzi nella Repubblica Centrafricana. Il progetto prendeva il nome di “Pozzo farcela”, coniugando l’ironia e la leggerezza con l’impegno solidale. Ma quello fu solo l’inizio.
    Il “mal d’Africa” aveva contagiato quelli della Terra di Piero e i volontari tornarono per costruire scuole, dormitori, mense in Madagascar, Namibia, Senegal e Tanzania. Si tratta di progetti ed interventi che hanno visto i volontari impegnati nel bonificare lebbrosari, edificare luoghi per imparare e giocare, superando le barriere architettoniche. Infatti da un certo momento in poi la Terra di Piero si concentra sulla tematica della disabilità. E lo fa a suo modo: rimboccandosi le maniche e costruendo luoghi praticabili da tutti i bambini, anche quelli meno fortunati.

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    Il Parco Piero Romeo nel centro di Cosenza

    Nasce il Parco Piero Romeo, nel cuore della città, il primo luogo di gioco interamente fruibile da tutti. Oggi quel parco, soprattutto nel corso della bella stagione, è animato dall’allegria giocosa dei bambini. Ma Crocco sul terreno dell’impegno a favore dei disabili, ci tiene a sottolineare un progetto passato forse sotto silenzio, quello della realizzazione presso dieci lidi balneari, sei sul Tirreno e quattro sullo Ionio, di pedane e carrozzine che consentono ai disabili di raggiungere il mare. A tale scopo si è anche provveduto a formare i bagnini.

    Non solo Parco dei nonni

    E proprio di fronte al Parco Piero Romeo, presto potrebbe sorgere il Parco dei Nonni, attorno alla struttura, proprietà del Comune, che in passato ospitava un bar e che adesso diventerà una trattoria inclusiva, dove lavoreranno come cuochi anche ragazzi down.
    La Terra di Piero è una fabbrica di idee, dalla quale escono produzioni teatrali, progetti, impegno concreto. Come la “spasera di coperte” che Maria, calabrese d’adozione e volontaria, sta preparando assieme a molte altre persone. Si tratta di realizzare coperte fatte a mano, da vendere per farle «diventare mattoni per costruire scuole in Tanzania e provare a salvare le bambine dall’infibulazione grazie allo studio».

    Una scuola in Tanzania che nasce grazie all’impegno della Terra di Piero

    Maria ha conosciuto la Terra di Piero per vicende personali ed è rimasta sedotta dal coraggio e dalla generosità di quel mondo fino a scegliere di restare e impegnarsi anche lei. «Sergio mi ha affidato la cura del progetto contro l’infibulazione ed è nata l’idea di realizzare così tante coperte da riempire piazza Fera. Abbiamo coinvolto in questo progetto diverse altre realtà solidali e quando saremo pronti esporremo i nostri prodotti che diventeranno banchi e scuole per le bambine africane, perché il sapere può cambiare le cose». Ci sarà presto una “spasera di coperte”, annuncia Maria, che non è calabrese ma il dialetto l’ha imparato bene. E che ha imparato pure che la solidarietà può avere le sembianze di una coperta.

     

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    Questo articolo fa parte di un progetto socio-culturale finanziato dalla “Fondazione Attilio e Elena Giuliani ETS”. Cosenza sarà per tutto il 2023 Capitale italiana del volontariato. Attraverso I Calabresi la Fondazione intende promuovere e far conoscere una serie di realtà che hanno reso possibile questo importante riconoscimento.

  • Volontari in azione: il 2023 ruggente del Csv di Cosenza

    Volontari in azione: il 2023 ruggente del Csv di Cosenza

    Cosenza capitale nazionale della solidarietà per il 2023? «Una scommessa un po’ folle», dice Gianni Romeo, figura storica del terzo settore in Calabria e non solo e, da sette anni, presidente del Centro servizi per il volontariato (Csv) della provincia di Cosenza.
    I numeri sono lusinghieri e a favore dell’iniziativa: 160 associazioni per circa 1.200 volontari sono una base sociale di tutto rispetto. E garantiscono alla città di non sfigurare rispetto agli altri due capoluoghi che l’hanno preceduta nel ruolo: Padova e Bergamo.
    Un risultato così non si improvvisa. Anzi, è il frutto di una lunga storia.

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    Un primo piano di Gianni Romeo

    I Csv: cosa sono

    Iniziamo dal Csv. Esiste dai primi anni ’90 e, come i suoi omologhi nel resto d’Italia, anche quello di Cosenza si rapporta a una “casa madre”: Csv Net.
    Prima della riforma del 2017 esisteva un Centro in ogni provincia, ora ne è previsto uno ogni milione di abitanti.
    Con due eccezioni vistose: Reggio Calabria e Cosenza, che a rigore non coprono il dato numerico.
    E tuttavia, spiega Romeo, «la particolarità del territorio cosentino e la forte presenza di volontari giustificano l’eccezione e il riconoscimento».

    I Csv: come funzionano

    Il Centro servizi per il volontariato è un Ente di terzo settore, che fornisce servizi alle associazioni e promuove la cultura del volontariato.
    Questi servizi sono di varia natura: «Aiutiamo le associazioni a fare convegni o le dotiamo delle attrezzature di cui hanno bisogno», spiega ancora Romeo a titolo d’esempio.
    Quello di Cosenza è piuttosto strutturato: «Abbiamo quattro sportelli: per la precisione, a Fuscaldo, Corigliano, Castrovillari e San Marco Argentano e disponiamo di undici dipendenti part time che, assieme a una coordinatrice, costituiscono la parte tecnica».

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    Gianni Romeo e i suoi volontari

    Servizio civile e lavoro: i nuovi gol del Csv

    Servizio civile e inserimento nel mondo del lavoro. Sono gli ultimi step del Csv di Cosenza.
    Ecco come li racconta Romeo: «Il servizio civile è un settore che conosco molto bene, perché a suo tempo fui obiettore di coscienza. Col Centro di Cosenza abbiamo deciso di inserirci in questo discorso, tra l’altro già praticato da molte associazioni importanti».
    Quest’inserimento è propiziato dalla trasformazione del vecchio Servizio civile in Servizio civile universale. Infatti, prosegue il presidente, «stiamo operando una selezione tra 500 domande di servizio civile».
    Per la formazione lavorativa, «abbiamo avviato un dialogo con la Camera di commercio di Cosenza e siamo in contatto con aziende interessate alla nostra proposta: formare, attraverso il volontariato, dei giovani, immigrati ma anche italiani in difficoltà (penso ai ragazzi delle case famiglia) che possano inserirsi nel circuito produttivo». Una partnership che potrebbe dimostrare «come il terzo settore, tradizionalmente no profit, sia in grado di interagire con l’economia reale senza usurparne le funzioni».

    Due parole su Gianni Romeo

    I Csv non si improvvisano. Ma neppure Gianni Romeo ci si improvvisa, e non è un modo di dire.
    Reggino di origine, classe ’60 e cattolico di formazione, Romeo ha trascorso la quasi totalità della propria vita professionale nel terzo settore, a partire da quando non si chiamava ancora così. «Iniziai nel 1979, quando ancora ero studente all’Unical, come volontario in una storica casa-famiglia: La Terra, che si occupava di minori. Ne divenni presidente e, grazie all’impegno dei volontari, siamo riusciti a dare servizi anche ai migranti e a creare un centro polifunzionale».
    Poi il passaggio successivo, sicuramente più importante, almeno dal punto di vista quantitativo.

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    La premiazione del volontario dell’anno

    Il Banco alimentare

    «Nel 1996 fui tra i promotori del Banco alimentare della Calabria, con cui aiutiamo circa quarantamila persone». Come a dire: il lavoro è tanto, il malessere pure.
    Il Banco alimentare, di cui Romeo è diventato direttore generale, si interfaccia sia coi privati, da cui raccoglie le eccedenze, sia con le associazioni e gli enti no profit accreditati. «Che sono oltre seicento di vario tipo: si va dalle Caritas diocesane alle case famiglia e per ragazze madri per finire con le sezioni locali della Croce Rossa».
    L’impegno di Romeo è tanto e i problemi non mancano.

    Volontari e istituzioni: un dialogo difficile

    I volontari del Banco Alimentare

    A partire dal dialogo, tutt’altro che facile, con le istituzioni. «A livello regionale, purtroppo, non c’è nulla di organico», lamenta Romeo. Che incalza: «Il Csv e le associazioni sono interpellati solo per attività di “supplenza”, cioè per cose che il personale, amministrativo e non solo, che gravita attorno alla Regione, non riesce a fare».
    Con la Provincia, «che è fortemente ridimensionata, anche a livello finanziario», il rapporto è minimo, mentre col Comune di Cosenza «per via della situazione finanziaria tragica» si è prossimi all’assenza.

    L’impegno e la speranza

    «C’è molto bisogno di volontariato, soprattutto in gravi momenti di crisi come l’attuale. E purtroppo non è una frase fatta», chiosa Romeo.
    La ricetta è una: «Strutturarsi a rete col minimo di gerarchia funzionale che serve».
    È opportuno chiarire anche questo concetto: «Per gerarchia non intendo rapporti di “potere” ma responsabilità operativa. Significa soprattutto coordinare e, ripeto, dare servizi».
    Ma ciò non esclude altre forme di organizzazione: «Di recente abbiamo promosso un meeting tra i Csv del Sud, per elaborare progetti comuni su aree più vaste di quelle di stretta competenza dei singoli centri».
    Morale della favola: «Soli non si va da nessuna parte. E, a proposito del volontariato e delle sue difficoltà quotidiane, mi si creda: neanche questa è una frase fatta»