Autore: Valeria Esposito Vivino

  • Cavalli morti, roghi e… post: quando il sindaco è nel mirino

    Cavalli morti, roghi e… post: quando il sindaco è nel mirino

    Casse vuote, dipendenti ridotti al lumicino, pochi finanziamenti e margini di manovra minimi: tra onori (pochi) e oneri (molti), fare il sindaco è diventato uno sporco lavoro che qualcuno deve pur fare. Se ne staranno accorgendo i nuovi 82 primi cittadini eletti nell’ultima tornata del 3 e 4 ottobre. Amministratori di piccoli centri, sotto i 5mila abitanti o poco più, fatta accezione per Siderno e Cosenza.

    Grandi o piccoli i comuni le rogne sono le stesse per tutti. Sia per il sindaco di Brognaturo, con le sue 670 anime da gestire, che per quello di Cosenza che ne ha 100 volte tante a cui rendere conto. Tutti possono prendere decisioni impopolari. E, specie a queste latitudini, le reazioni a quelle scelte non sono le più rassicuranti.

    Amministratori nel mirino

    Nel primo semestre del 2021, in Calabria sono stati denunciati 30 atti intimidatori nei confronti di amministratori locali. Uno in più rispetto al primo semestre del 2020 e già circa il 50% in più rispetto al 2019. Numeri importanti che, però, non sono sufficienti a insidiare il primato del 2016. All’epoca furono ben 113 amministratori a subire intimidazioni.

    I dati, regione per regione, sulle intimidazioni agli amministratori pubblici italiani negli ultimi anni

    La spiegazione del Viminale a questa costante crescita di intimidazioni alla Pubblica amministrazione, sta nell’indebolimento delle condizioni economiche di vita, soprattutto delle fasce più deboli della popolazione, causato dalla pandemia e dall’esasperazione popolare che questa avrebbe generato. E che si sarebbe riversata sulle istituzioni più prossime ai cittadini.
    Secondo dati aggiornati al 2021 a subire intimidazioni sono stati 11 sindaci, 10 consiglieri comunali, 3 assessori, un commissario straordinario e quattro amministratori di altri enti locali.

    Tempi moderni e tradizioni antiche

    Nel 2021 la Calabria si attesta al secondo posto tra le regioni per numero di intimidazioni in relazione alla popolazione residente: un caso e mezzo ogni 100mila abitanti.
    La matrice delle intimidazioni è ancora principalmente ignota. A seguire in questa particolare classifica, le ragioni collegabili a tensioni sociali o politiche, questioni di natura privata o di criminalità comune. Solo all’ultimo posto viene denunciata la matrice legata alla criminalità organizzata.

    Cambiano i tempi e si aggiornano anche le minacce. Ormai non arrivano più solo tramite la classica lettera anonima, adesso viaggiano su web e social network veicolate da troll e profili fake. Seguono le aggressioni verbali, le scritte sui muri, l’utilizzo di armi da fuoco o l’invio di munizioni.
    E per onorare la fama della Calabria terra di solide tradizioni, tra gli espedienti utilizzati per “comunicare disappunto” trova ancora posto la testa sgozzata di qualche animale educatamente risposta in una scatolina di cartone chiusa a dovere e consegnata comodamente a domicilio. Non avrà i like di un post su Facebook, ma vuoi mettere l’effetto?

    Cosenza su tutte

    La provincia con il maggior numero di amministratori intimiditi è Cosenza con il 42% del totale dei casi censiti (Fonte Report Amministratori sotto tiro/ Avviso Pubblico 2020).
    A Scalea due persone hanno aggredito il consigliere Renato Bruno al termine di una seduta del Consiglio comunale. A Paola e San Nicola Arcella sono andate a fuoco le auto di due dipendenti comunali. Stessa sorte per le auto di un ex consigliere regionale di Amantea. A Corigliano Rossano ignoti hanno più volte squarciato le gomme all’automobile del sindaco Stasi. A Cetraro l’automobile di Cinzia Antonuccio, coordinatrice del servizio di raccolta rifiuti del Comune, è stata incendiata nel corso di una notte. La sindaca di Lattarico, Antonella Blandi ha ricevuto una lettera dal contenuto inequivocabilmente intimidatorio: «Se vuoi che i tuoi figli tornino a casa dall’asilo nido, fai lavorare chi non ha da mangiare».

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    Mario Occhiuto e altri sindaci della provincia durante una protesta all’ingresso dell’ospedale di Cosenza

    Tra i sindaci che hanno fatto spesso ricorso allo strumento della querela per minacce ricevute anche sui social, c’è l’ormai ex primo cittadino di Cosenza Mario Occhiuto. Memorabili le sue invettive contro gli “odiatori”: in pratica tutti coloro che osavano criticare la sua linea politica.
    Tra i tanti, un post di minaccia con l’invito a gettare un candelotto di dinamite contro casa sua è stato pubblicato sul profilo Facebook di Occhiuto da un profilo con il logo dei Cinquestelle.

    «Sono questi – commentava l’allora sindaco – i risultati scellerati di coloro i quali alimentano di continuo un clima di odio e di violenza nei confronti di chi ha il compito di amministrare, di scegliere e decidere. Denuncerò alle autorità competenti tali insulsi comportamenti, che sono la conseguenza di campagne mirate di delegittimazione e del populismo sfrenato e dell’ignoranza».

    Di mezzo anche i parenti morti

    Dodici i casi censiti in provincia di Reggio Calabria. Intimidazione ai danni dell’assessore all’Agricoltura ed al Turismo del Comune di Oppido Mamertina, Antonio Corrone: colpi di arma da fuoco contro la vetrata del suo studio. Incendiata a Roccella Jonica l’auto di Vincenzo Garuccio, amministratore di Jonica Multiservizi, società interamente pubblica che opera nella gestione dei servizi della città. Analogo trattamento un mese più tardi per due veicoli del Comune utilizzati per la raccolta differenziata. Emergono da un’inchiesta condotta dalla locale Direzione Distrettuale Antimafia intimidazioni nei confronti del sindaco di Locri Giovanni Calabrese, in merito ad interessi dei clan sulle attività economiche al cimitero. In questo caso la minaccia fa pendant col tema: o ti pieghi o non ritroverai le spoglie dei tuoi parenti.

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    Il cimitero di Locri

    Otto casi in provincia di Vibo Valentia. A Filandari doppio atto intimidatorio ai danni dell’assessore Giuseppe Antonio Artusa. Dopo aver esploso alcuni colpi d’arma da fuoco all’indirizzo della saracinesca del garage della sua abitazione, provocando danni alla vettura che si trovava all’interno, ignoti hanno dato fuoco ad una seconda automobile parcheggiata all’esterno. A Parghelia è stato colpito l’assessore alla Cultura, Gabriele Vallone: la sua auto è stata oggetto di un atto vandalico. Ad aggravare la situazione un messaggio minatorio dattiloscritto lasciato sul mezzo. A Tropea è finito nel mirino un agente della Polizia locale: danneggiata l’auto di proprietà e inserito al suo interno un biglietto minatorio.

    Cinque cavalli morti, incendi e cartucce

    Sette casi in provincia di Crotone. Una lunga scia di minacce ha visto protagonisti gli amministratori di Roccabernarda. Apripista Francesco Coco, ex sindaco ed attualmente consigliere comunale di opposizione, già oggetto di intimidazioni nel 2018. Col favore delle tenebre, ignoti hanno incendiato la sua autovettura e hanno ucciso cinque cavalli di sua proprietà. Successivamente è finito sotto tiro il sindaco Nicola Bilotta: una bottiglia incendiaria lasciata davanti alla sua abitazione e una busta con due cartucce di fucile sul parabrezza della macchina. A Cirò Marina, l’auto di Paolo Lo Moro, segretario generale del Comune, gestito da una commissione straordinaria a causa dello scioglimento dell’Ente per infiltrazioni mafiose, è andata distrutta in seguito ad un incendio.
    Quattro intimidazioni registrate in provincia di Catanzaro. A Tiriolo è andata a fuoco l’auto dell’assessore allo Sport Domenico Paone.

    Più denunce, meno infiltrazioni

    Mentre aumentano le denunce di atti intimidatori, diminuiscono i casi di scioglimento per infiltrazioni mafiose degli Enti locali. Dal 1991 ad oggi in Calabria sono stati sciolti per mafia 127 Comuni, otto procedimenti sono stati annullati e 23 archiviati.
    Nei primi sei mesi del 2021 in Calabria si contano “appena” quattro scioglimenti, pochi rispetto al record di 11 enti affidati ad una commissione straordinaria nel 2018. Si tratta di Simeri Crichi, Guardavalle (era già stata sciolta nel 2003), Rosarno e Nocera Terinese. Altrettanti avevano subito identica sorte nel 2020: Amantea (al secondo scioglimento), Sant’Eufemia d’Aspromonte, Cutro e Pizzo.

    Appalti pubblici, urbanistica, edilizia pubblica e privata sono i settori oggetto degli appetiti delle cosche per gli alti volumi d’affari prodotti. Settori resi permeabili dalla mancata trasparenza dell’azione amministrativa e da una burocrazia spesso compiacente e asfittica. Nell’ultima relazione sul tema, il ministero degli Interni evidenzia come un terzo dei comuni sciolti per infiltrazione mafiosa versi in condizioni di deficit finanziario. Al 31 dicembre 2020, in Calabria, 193 Comuni hanno dovuto dichiarare default. Sono, invece, attualmente in dissesto o riequilibrio quasi 7 Comuni calabresi su 10 (279 su un totale di 411).

  • Portaborse “portavoti”: la Regione e il ritorno degli amici

    Portaborse “portavoti”: la Regione e il ritorno degli amici

    Con l’insediamento del nuovo consiglio regionale uscito dalle urne il 4 e 5 ottobre si manda in soffitta l’undicesima legislatura della Calabria. Un’esperienza da record sotto molti punti di vista. La prima che ha visto una donna sedere sullo scranno più alto dell’Assemblea, Jole Santelli, scomparsa dopo neanche un anno dall’elezione. La prima legislatura nata e cresciuta in piena pandemia e durata appena 18 mesi (anche questa è una prima assoluta).
    Una esperienza da record anche per ciò che riguarda portaborse e co.co.co. Nell’ultimo anno e mezzo l’Ufficio di presidenza e le strutture del consiglio regionale sono costati la bellezza di 5 milioni 172mila euro.

    Gli incarichi lampo

    Facciamo due conti. Solo i lavoratori con contratti di collaborazione che nel 2020 si sono succeduti alle dipendenze dei gruppi consiliari sono stati 233 e sono costati 597mila euro. Nel 2021 qualcuno si è perso per strada e ne sono rimasti 179, per un spesa complessiva di 253mila euro. Tradotto in soldoni: 850mila euro in appena 18 mesi.
    La tipologia e la durata degli incarichi lasciano qualche dubbio: i più impegnativi durano 5 mesi, quelli più sbrigativi appena 17 giorni.

    Anche i compensi in questi 18 mesi oscillano parecchio. L’ultimo in classifica intasca 296€ contro i 17mila del primo arrivato che, ovviamente, è una vecchia conoscenza della tecnocrazia calabrese. Si chiama Flavio Cedolia, rendese, nel 2012 direttore generale di Fincalabra e commissario liquidatore dell’Arssa nel 2013.
    Fortuna che non ci sono malelingue e oppositori politici a commentare questi dati. Altrimenti avrebbero potuto interpretarli come una sorta di ricompensa post-elettorale per ripagare gli amici.

    Portaborse o portavoti?

    Nei corridoi di Palazzo Campanella c’è sempre stato un gran via vai di segretari, autisti, portaborse, collaboratori più o meno esperti. Gli ultimi 18 mesi non fanno eccezione. La legge consente agli eletti di assumere personale esterno pagato dalle casse pubbliche e i consiglieri non fanno altro che usare uno strumento del tutto legittimo. Chiarito questo punto, andiamo a vedere chi sono i collaboratori che hanno sostenuto un Consiglio convocato in poco più di quindici occasioni, quasi solo per gestire l’ordinaria amministrazione. E come in un elenco che dovrebbe comprendere tecnici o chauffeur la politica faccia spesso capolino.

    Mogli, mariti e possibili ripescaggi

    Non essendo stato riconfermato non potrà più accontentare i suoi grandi elettori, il consigliere uscente di opposizione, Graziano di Natale, che ci aveva mostrato come fosse possibile infilare nella sua struttura fino ad otto componenti con un compenso mensile variabile tra i 1400 e i 1700 euro.

    Tra segretari particolari, responsabili amministrativi, collaboratori esperti e autisti, in un anno e mezzo si sono succeduti Ilaria De Pascale, vicesindaco di Lago, Chiara Donato, consigliere comunale di Paola, Francesco Città, ex segretario del Pd di Paola, Vanessa Franco, presidente del consiglio comunale di Roseto Capo Spulico, Sonia Forte, ex assessore di Morano Calabro. Per tutti un lungo curriculum da esperti in campagne elettorali.

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    Il consigliere regionale uscente Graziano Di Natale

    Resterà a casa anche il consigliere di minoranza Giuseppe Aieta e, come lui, anche il suo segretario particolare Matteo Viggiano. Quest’ultimo, consigliere comunale di Bonifati, dovrà rinunciare ad un mensile di 3.300 euro. Lascerà sul piatto 1.400 euro, invece, il sindaco di Acri, Pino Capalbo, prima autista poi promosso da Aieta collaboratore esperto. In passato per pochi mesi nella stessa posizione lo aveva preceduto sua moglie.

    Fuori dal risiko delle nomine a chiamata anche il consigliere uscente Dem, Carlo Guccione che lascia a casa l’assessore di Aiello Calabro, Luca Lepore. Niente di più facile, però, che Lepore venga ripescato dal neo-eletto Pd, Franco Iacucci, che di Aiello Calabro è sindaco.

    Si resta in famiglia?

    Chissà se la moglie dell’uscente Luca Morrone, Luciana De Francesco, appena eletta in quota Fdi, rinnoverà il contratto di collaborazione a miss Cotonella Calabria 2015, Annalisa Torbilio. Annovera nel cv anche una partecipazione a Temptation Island nel 2019. O se deciderà di mantenere l’ingegnere Santo Serra, già candidato alle amministrative di Cosenza del 2011 con i socialisti dell’avvocato Paolini. Poi deve essere rimasto deluso ed è passato dall’altra parte.

    De Francesco potrebbe inoltre contare su Paolo Cavaliere (vicesindaco di Fuscaldo), Pietro Lucisano (ex consigliere comunale di Rossano e consigliere alla Provincia di Cosenza) già “testati” dal marito come responsabili amministrativi al 50% e su due autisti d’eccellenza come Franco Piazza, che in Consiglio c’era già con papà Ennio, e Williams Verta, che si è fatto le ossa alla guida dei giovani di Forza Italia a Cosenza.

    Chi fa tris

    Nicola Irto si appresta ad inaugurare la sua terza legislatura consecutiva sotto le insegne del Pd. Se lo farà nel segno della continuità dovrebbe riconfermare per la terza volta consecutiva il suo autista Francesco Foti e l’ex coordinatore del Pd reggino, Girolamo Demaria, segretario particolare al 50%.

    Terzo ingresso a Palazzo Campanella anche per Mimmo Bevacqua, sempre Pd, che dovrà decidere se confermare i suoi storici collaboratori: l’autista Raffaele Morrone, (già consigliere comunale di Acri) e i segretari particolari al 50% Gianpaolo Grillo e Gianmaria Molinari, questo ultimo figlio del potente direttore generale della Provincia di Cosenza ai tempi di Oliverio, Tonino Molinari, poi sbarcato alla corte del sindaco Occhiuto fino alla dichiarazione di dissesto del Comune bruzio.

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    Mimmo Bevacqua

    Un giro nella struttura di Bevacqua in qualità di autista se lo è fatto pure Mario Aragona, segretario del movimento civico “Insieme Libera-Mente Insieme” di Montalto Uffugo vicino alla corrente Zonadem. Quella di Bevacqua, ovviamente. Come responsabile amministrativa spazio a Maria Luisa Cennamo, figlia del sindaco di Cetraro, Ermanno Cennamo. Per l’assessore del comune di Aprigliano, Giulio Le Pera, invece, il ruolo di segretario particolare al 50%, fresco di assoluzione dall’accusa di abuso d’ufficio nell’attribuzione di incarichi pubblici.

    I figli so’ piezz’e core

    Incetta di “parenti” per l’uscente Sinibaldo Esposito (Casa delle libertà) che ha ospitato Marco Polimeni, già consigliere comunale di Catanzaro e figlio del conduttore televisivo Lino, e Alessio Mirarchi, figlio del consigliere comunale di Catanzaro Antonio Mirarchi coinvolto nell’inchiesta Gettonopoli. Senza dimenticare Francesco Lobello, padre di Alessandra Lobello, assessore al Turismo sempre del comune capoluogo di Regione.

    Tra i collaboratori esperti fa capolino l’avvocato Nunzio Sigillo, parte del collegio difensivo nei processi Stige e Timpone Rosso. Di questi tempi, un buon penalista può fare comodo. Per tutti, una paga intorno ai 1.700 euro mensili.

    Giù dal Carroccio

    Non siederà più tra i banchi del Consiglio, Pietro Molinaro e così toccherà trovare nuova collocazione ai suoi ex collaboratori Antonio Mondeta, (presidente regionale di Lega Consumatori), al consigliere comunale di Acri in quota Lega, Marco Abruzzese, all’ex consigliere provinciale Lucantonio Nicoletti e a Carmine Bisignano, figlio dello storico sindaco di Bisignano, Umile, nonché fratello di Stefania Bisignano, candidata del Carroccio uscita sconfitta alla ultime comunali.

    Ha sfatato il vecchio luogo comune “donne al volate pericolo costante” il consigliere Giuseppe Graziano scegliendo come autista prima Giusi De Luca e poi la moglie di Diego Tommasi (ex assessore regionale all’Ambiente) Ester Bernabò. Alla corte di Graziano anche il collaboratore esperto recordman di “incassi” Flavio Francesco Cedolia.

    Il futuro

    Per la legge regionale 13 del 2002, (“le spese organizzative, di rappresentanza, di aggiornamento e documentazione, riconducibili esclusivamente agli scopi istituzionali riferiti all’attività del Consiglio regionale), ad ogni singolo consigliere spettano 8.159,76 Euro annui. In totale fa 1 milione e 264 mila euro in cinque anni.
    Con decorrenza 27 marzo 2020, l’ufficio di presidenza del Consiglio Regionale, inoltre, ha rideterminato il tetto massimo di spesa per il personale dei gruppi consiliari in 1.328.671,78 euro annui (42.860,38 euro a consigliere).

    Ancora non è dato sapere come si determinerà il prossimo consiglio regionale a riguardo. Ma, viste le sfide che ci attendono e le risorse del PNRR che dovrebbero arrivare, sarebbe forse utile, spendere più soldi per aggiornare il personale interno. Acquistare dotazioni tecnologiche magari, investire in formazione. Stabilire che nelle strutture dei consiglieri lavorino dipendenti regionali. E non ricompensare più i mestieranti delle campagne elettorali, siano essi grandi o piccoli elettori.
    Se il nuovo presidente eletto Roberto Occhiuto vuole che la Calabria sia davvero la regione “che l’Italia non si aspetta” potrebbe partire da qui.

  • Consiglio regionale: un anno e mezzo che «si illustra da sé»

    Consiglio regionale: un anno e mezzo che «si illustra da sé»

    Il 3 e il 4 ottobre si vota per rinnovare il consiglio regionale della Calabria, decaduto all’indomani della scomparsa della presidente Jole Santelli.
    Gli ultimi dodici mesi di amministrazione regionale, sono trascorsi in regime di prorogatio e a stipendio pieno –  sotto la guida del presidente ff, Nino Spirlì. In questo contesto, gli unici atti che la legge consente di emanare, sono quelli indifferibili caratterizzati da somma urgenza.

    E difatti, la maggior parte dei 113 provvedimenti licenziati da questa assemblea legislativa, sono riconducibili all’ordinaria amministrazione: approvazioni di rendiconti finanziari, presa d’atto di indirizzi della Unione Europea, approvazione dei bilanci di previsione degli enti strumentali o delle società partecipate dalla Regione più una infinità di proroghe a scadenze prodotte dall’emergenza Covid. Non fanno eccezione neppure atti datati nel tempo e dal forte valore simbolico come la liquidazione di Calabria Etica e dell’Afor, slittati a data da destinarsi.

    Per il resto, lo spartito seguito durante questa consiliatura è rimasto sempre lo stesso sin dai primi atti. E di rado è andato oltre le formalità: proclamazione degli eletti, nomine e surroghe nelle commissioni.

    Un passo avanti e uno indietro

    L’undicesima legislatura sarà ricordata per l’approvazione all’unanimità della legge sulla doppia preferenza di genere e sulla parità di accesso alle candidature tra uomini e donne.
    La legge, attesa da almeno cinque anni, è arrivata dopo una diffida del Governo che “sollecitava” la Calabria ad adeguarsi alla legislazione nazionale. Con la nuova normativa, nessun genere potrà essere rappresentato nelle liste elettorali per oltre il 60%.  E si possono esprimere due voti di preferenza per candidati di sesso diverso.
    La proposta di legge era stata presentata dai consiglieri Tallini, Minasi, Vito Pitaro, Aieta, Pietropaolo, Arruzzolo, Francesco Pitaro, Crinò, Graziano, Anastasi.

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    Domenico Tallini (Forza Italia)

    Sempre Tallini, il plenipotenziario forzista nel capoluogo di regione, è tra i protagonisti di un pasticcio legislativo difficile da dimenticare. È il 26 maggio del 2020 e Palazzo Campanella approva all’unanimità la legge sull’estensione del beneficio del vitalizio ai consiglieri regionali decaduti. Un provvedimento che «si illustra da sé», come lo definì presentandolo all’aula Fortugno il consigliere Graziano (Udc), approvato in meno di due minuti senza ulteriori discussioni o chiarimenti.
    Siamo in piena pandemia e la notizia deflagra a rete unificate. La pressione mediatica provocata da una ondata di indignazione popolare è tale che i consiglieri sono costretti a fare rapidamente dietrofront. E dopo appena una settimana la legge viene abrogata.

    Così come viene cassata, ma questa volta in silenzio e senza troppo clamore, anche la legge regionale 25/2009 che regolamentava le “Elezioni primarie per la selezione dei candidati alla presidenza della Regione”. La motivazione sempre nelle parole di Tallini: «L’abrogazione comporterà un notevole risparmio alle casse della Regione».

    Il Consiglio fa marcia indietro

    Alla chetichella vengono anche emendate una serie di leggi promulgate nel corso della legislatura con un fine lavoro di taglio e cucito semantico.
    Legge regionale sulle Pro Loco:

    proloco

    Alla legge per la “Promozione dell’istituzione delle Comunità energetiche da fonti rinnovabili” si aggiunge la parola “anche” all’art. 2 così da non limitare il potere delle Comunità energetiche alla sola iniziativa dei soggetti pubblici. Via la frase “zone archeologiche” dalla legge che istituisce il “Consorzio Costa degli Dei”: la materia è di competenza dei Beni Culturali, meglio evitare sovrapposizioni.

    anche
    Ritocchi per il Governo

    Taglia di qua, aggiusta di là. Il lavoro di adeguamento delle norme regionali alla legislazione nazionale è continuo. Su impulso della Giunta regionale, il Consiglio approva la modifica dell’art. 14 della Legge 21/12/2009 per le “Attività di sviluppo nel settore della Forestazione”. Una rettifica dovuta all’illegittimità della norma così come intesa in Calabria per l’esercizio della delega delle funzioni amministrative sull’area del demanio marittimo.

    Per evitare una impugnativa del Governo – il Consiglio aveva “dimenticato” di fare riferimento al codice degli Appalti – viene modificata anche la legge regionale 23/4/2021 (“Disciplina delle modalità e delle procedure di assegnazioni delle concessione di grandi derivazioni idroelettriche della Regione Calabria”).

    Via di bianchetto anche per la legge 20/12/2012 “Istituzione dell’Arsac e disposizioni in materia dello sviluppo dell’agricoltura”. Onde evitare richiami del Governo per la mancata composizione del Comitato tecnico di indirizzo previsto dalla legge, il Consiglio abroga la figura del comitato stesso: problema risolto.

    Una sola legge di sinistra

    Porta la firma di Graziano Di Natale l’unica legge presentata da un esponente di minoranza e approvata all’unanimità dal consiglio regionale. La norma “Disposizioni per garantire condizioni controllate e/o sicure in ambito ospedaliero tra degenti e familiari” punta a istituire un protocollo operativo che garantisca accessi regolamentati ai reparti Covid e al contempo consenta di alleviare le sofferenze dei degenti.

    Se il farmacista è meglio di un caposala

    Nonostante non rivesta il carattere della necessità e dell’urgenza, trova l’approvazione dell’aula la “norma per l’utilizzo dei farmaci nelle strutture pubbliche e private” promossa da Giannetta, Anastasi e Arruzzolo.
    La norma introduce la figura di un farmacista abilitato nelle strutture sanitarie per l’approvvigionamento, allestimento e somministrazione dei farmaci all’interno delle strutture sanitarie pubbliche e private.

    «Allo stato attuale, infatti, nelle strutture sanitarie i caposala infermieri – si legge nella relazione descrittiva – , al di fuori delle loro competenze, detengono un armadio farmaceutico e dispensano i farmaci. Questa anomala situazione comporta un costo elevato per il sistema sanitario perché i frequenti errori nella gestione, somministrazione e controllo della terapia farmaceutica possono provocare danni ai pazienti, aumentare i giorni di ricovero, non garantire prestazioni sanitarie ottimali e aumentare gli oneri a carico del sistema sanitario calabrese».
    Una legge, a detta dei firmatari, che non comporta alcun aggravio per le casse regionali ma che forse peserà sui bilanci delle strutture sanitarie con i conti già in rosso.

    Liquidazioni lunghe per enti strumentali e comunità montane

    Il consiglio regionale è intervenuto con una legge ad hoc per impedire che la liquidazione delle comunità montane finisse in un indistinto pignoramento di massa. L’iter legislativo è partito dopo che i creditori di una comunità montane del reggino avevano bloccato i conti di una comunità montana cosentina per il solo fatto che facevano riferimento allo stesso soggetto.
    In questo caso, il Consiglio è intervenuto per ribadire che «sebbene il commissario liquidatore fosse unico, l’entità giuridica delle comunità montane è da considerarsi separata e nessuno poteva avanzare pignoramenti presso terzi».

    Molinaro e la passione per l’agricoltura

    Si concentra sui Consorzi di bonifica e sul patrimonio forestale, l’attività legislativa del leghista Pietro Molinaro. Forte del suo passato al timone della Coldiretti, il consigliere propone una modifica nella procedura di trascrizione – pubblicazione dei parametri dei contribuenti dei consorzi che ottiene il via libera dall’assemblea. Si passa così da una trascrizione e da una pubblicazione dei computi per ogni singolo consorzio a una sola pubblicazione per conto della Regione Calabria.

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    Pietro Molinaro (Lega)

    Disco verde anche per la modifica apportata alla gestione, tutela e valorizzazione del patrimonio forestale regionale (art. 2 legge regionale 12/10/2021) che introduce la modifica dei piani di coltura per la sostituzione delle piante esotiche con specie autoctone. Via libera all’eradicazione delle piante non gradite, senza troppi problemi.

    Più dettagliata la modifica e l’integrazione legislativa introdotta da Pitaro, Arruzzolo, Neri, Pietropaolo, Minasi, Graziano e Crinò alla legge regionale 30/4/2009 sull’esercizio delle attività formative previste per le aziende agricole.
    Il consiglio regionale approva la sostituzione di “dieci ore obbligatorie di stage” con “l’impegno a presentare attestazione di formazione entro sei mesi dalla data della domanda di iscrizione”.

    Questione di euro

    Per dare una scossa al sistema produttivo regionale in piena emergenza Covid, su impulso del consigliere Pietropaolo viene approvato un provvedimento per lo “Sviluppo dell’industrializzazione e dell’insediamento dell’attività produttive”: tre milioni di euro da FinCalabra al Corap.

    Commissioni

    A rilento anche il lavoro delle commissioni consiliari. La più produttiva risulta la Commissione sanità. Che tenta più volte di introdurre un sussidio per i malati oncologici affetti da alopecia, senza riuscire però a fare approdare la discussione in Consiglio.
    Ferma al palo la Commissione riforme, riunitasi solo nel luglio 2020. Nessuna proposta di rilievo dalle altre commissioni, neanche dalla commissione speciale contro la ‘ndrangheta. Eppure di stimoli ne avrebbe parecchi.

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    Il consigliere regionale uscente Graziano Di Natale

    L’attivismo in Consiglio è prerogativa della maggioranza, in questa legislatura l’opposizione è apparsa particolarmente sonnacchiosa e priva di mordente. Poche interrogazioni, interpellanze e mozioni. La palma del più sveglio alla new-entry Graziano Di Natale che ha presentato 69 interrogazioni e 22 mozioni. Eterea la presenza di Aieta: due provvedimenti in due anni.

    Al Consiglio che uscirà dalle urne il prossimo 3 e 4 ottobre, l’incarico di vincere la sfida lanciata dai loro predecessori. A conti fatti, non dovrebbe essere un compito impossibile.

  • Mare monstrum, 40mila kg di pesca illegale in Calabria

    Mare monstrum, 40mila kg di pesca illegale in Calabria

    Il mare Mediterraneo è malato. A dirlo sono le eloquenti immagini che ogni estate ci pongono di fronte alla squallida realtà dell’acqua sporca e di turisti in fuga. Ma adesso sono anche i dati diffusi da Legambiente.
    Inquinamento, abusivismo edilizio e pesca illegale sono le cause del grande male che affligge il nostro mare. Anche e soprattutto in Calabria dove il mare, se tutelato e valorizzato, potrebbe essere l‘elemento chiave di una rinascita economica e turistica della regione.

    Il lockdown non ha fermato la mattanza

    Sui problemi della depurazione e sull’abusivismo che deturpa le coste si sono scritti fiumi di inchiostro, mentre poco o nulla è stato detto sulle conseguenze della pesca illegale per l’ecosistema marino e non solo. Neanche un anno di lockdown è servito ad arginare l’aggressione criminale alle coste e al mare: i sequestri effettuati dalle Capitanerie di porto e dalle Forze dell’ordine, hanno fatto segnare numeri in costante crescita.

    Reti illegali sequestrate dalla Guardia costiera
    Pesca fuorilegge

    Per inquadrare il potenziale impatto della pesca illegale è necessario operare una prima distinzione tra pesca professionale e pesca sportiva.
    La prima, regolamentata dal consorzio Mably, rileva i dati di cattura e sbarchi per conto del ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali e avviene tuttavia su base campionaria e attraverso il dichiarato dei battenti che è obbligatorio solo per i natanti superiori ai 10 metri. Questi però rappresentano solo il 38% della flotta da pesca esistente in Italia.

    Una rete di controllo dalle maglie davvero troppo larghe che diventano voragini quando si parla di pesca sportiva. Basti solo pensare che la Federazione italiana operatori pesca sportiva, che rappresenta oltre 600 negozi di articoli da pesca, dichiara due milioni di pescatori sportivi e ricreativi. Un numero in crescita esponenziale che sfugge ad ogni tentativo di controllo e monitoraggio.

    Il bianchetto: l’oro del mare

    Nel 2020 la Calabria è stata la quarta regione d’Italia per numero di infrazioni accertate (324) pari al 7,2% del totale nazionale con 470 persone denunciate o arrestate e 280 sequestri effettuati.
    La Capitaneria di porto, solo nel 2020, lungo i 715 km di costa calabrese ha sequestrato la bellezza di 40.446 kg di prodotti ittici. Sono dati emersi da Mare monstrum 2021, il rapporto annuale di Legambiente.

    In Calabria novellame, tonno e pesce caviale

    Ogni regione ha le sue specialità. In Calabria la maggior parte degli illeciti riguarda la pesca illegale di pesce caviale, tonno e novellame. In Sicilia, Campania e Puglia la pesca illegale si concentra invece su datteri di mare, crostacei e molluschi.
    La pesca del novellame di alice e sarde, detta anche neonata, bianchetto o rosamarina, è una tradizione tutta calabrese che arreca un danno alla fauna marina di proporzioni enormi.

    Il medico veterinario Santi Spadaro ha indicato la portata di questo scempio: «È una pesca che crea un danno biologico devastante, ogni chilo di novellame corrisponde a 2 quintali di pesce adulto».
    Un business difficile da individuare e da contrastare. Un kg di novellame può essere acquistato dai 13 ai 15 euro per poi essere rivenduto nella ristorazione con ricavi importanti.

    “No driftnets”

    Le Capitanerie di Porto e la Guardia Costiera sono da sempre impegnate a contrastare la pesca illegale soprattutto quando questa avviene attraverso l’utilizzo delle reti da posta derivanti che non vengono ancorate al fondo ma sono lasciate libere di muoversi in balìa delle correnti, intrappolando ogni tipo di specie marine senza possibilità di distinzioni.
    Nel 2021, dal 15 aprile al 15 luglio, il Centro di controllo nazionale pesca ha pianificato a livello nazionale l’operazione “No Driftnets” (nessuna rete derivante).

    Nella nostra regione i controlli sono avvenuti nel Tirreno Cosentino con la nave Gregoretti impegnata nello specchio d’acqua antistante le Isole Eolie e la nave Cavallari a largo di Amantea. La prima ha sequestrato attrezzi e reti da posta per oltre 10 chilometri. La seconda ha individuato invece 2,5 chilometri di rete illegale che aveva intrappolato anche delle mante (una specie protetta), una della quali di circa mezza tonnellata.
    Altri interventi sono stati svolti dai militari in località San Lucido di Cetraro, dove sono state ritrovate altre 3 reti lunghe circa 3,8 chilometri.
    Tutte le attrezzature sono state sequestrate e i trasgressori sanzionati.

    Depauparamento del Mediterraneo

    Atti internazionali e della Unione europea hanno messo in guardia l’Italia sul sovrasfruttamento degli stock ittici e sulle crescenti minacce alla sopravvivenza di molte specie di pesci e di altre specie marine.
    Ma nessun vero deterrente normativo è in atto, quasi come se i dati sullo sfruttamento del mare e l’impatto della pesca amatoriale non fossero sufficientemente allarmanti.
    E al danno si aggiunge la beffa. La nuova legge 27 del 29 marzo 2019 “Capo IV Bis – Misure a sostegno del settore ittico” ha di fatto ridotto molte delle sanzioni amministrative in vigore e prevede sanzioni per la pesca illegale, non dichiarata e non regolamentata, principalmente in via amministrativa con sanzioni pecuniarie non deterrenti attribuendo rilevanza penale solo in un residuale numero di ipotesi.

    Il grido di Legambiente

    Sembra quasi un incentivo alla pesca illegale. Duro il giudizio di Legambiente: «È necessario rafforzare il sistema normativo e dotare di strumenti idonei gli organi inquirenti per consentire di contrastare la pesca illegale e per assicurare l’effettiva tutela delle specie oggetto di pesca e dell’ambiente marino».

    Al vuoto normativo si somma quello culturale. Fino a quando i menù dei ristoranti saranno pieni di frittelle di bianchino e fritture di “fragaglia”, i retrobottega delle pescherie di vasetti di tonno pescati illegalmente nei mari calabresi, il mare nostrum diventerà sempre più mare monstrum.

  • Caminia, il paradiso perduto dice basta al cemento abusivo

    Caminia, il paradiso perduto dice basta al cemento abusivo

    Dal 1969 ad oggi un abuso lungo 52 anni segna la storia di uno dei tratti di costa più suggestivi della Calabria. Caminia, provincia di Catanzaro, comune di Stalettì, è una lingua di terra costeggiata da macchia mediterranea e da un mare caraibico.
    Un paradiso che si è riusciti a deturpare stuprandolo con abusi di ogni tipo: costruzioni “ignoranti” ammassate una sull’altra, casette poggiate sulla spiaggia a pochi metri dal mare, canaloni di scolo di cemento armato da cui non scola più niente perché non hanno mai visto neanche un’ora di manutenzione.

    Un mostro sul mare

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    Ci sono voluti più di 45 anni perché qualcuno, in questo caso la Procura di Catanzaro, accendesse un faro su questa vergogna nazionale.
    Inizia tutto nel 2015 con il progetto per la costruzione di un megavillaggio proprio sopra la baia di Caminia. Arrivano le ruspe e fanno il loro lavoro. Scavano e producono detriti, una enorme quantità di detriti, che vengono gettati a valle e ostruiscono i 2 canaloni di scolo che costeggiano un villaggio vacanze. Sono nove piccoli bungalow e un parcheggio sorti sul demanio marittimo proprio sotto il costone del fondo Panaja di Caminia.

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    L’area recintata al cui interno sorgevano i bungalow demoliti e quel che resta degli arredi interni

    È a questo punto che Caminia esce dal cono d’ombra e si scopre, grazie all’indagine coordinata da Nicola Gratteri, che si tratta di un’area demaniale di 5.000 mq sottoposta a vincolo paesaggistico e identificata come zona a rischio frana, alluvione e inondazione dal Piano Stralcio per l’Assetto Idrogeologico Regionale.
    Il 17 dicembre 2020 i proprietari di un villaggio e i residenti di una settantina di villette a schiera a pochi metri dalla spiaggia di Caminia ricevono il provvedimento di sequestro dei fabbricati.
    Passano altri 6 mesi e, il 22 giugno scorso, la Procura della Repubblica di Catanzaro invia il provvedimento esecutivo. Le demolizioni iniziano il 20 luglio e terminano come da cronoprogramma il 16 agosto 2021.

    Il deserto degli abusivi

    Oggi il paesaggio è spettrale: i bungalow sono stati rasi al suolo e uguale sorte dovrebbe toccare a tutte le villette che dal “villaggio Aversa” arrivano alla fine della spiaggia di Caminia. Una schiera interminabile di casette – tutte rigorosamente abusive – abbandonate in fretta dai proprietari che dopo la comunicazione dell’Autorità giudiziaria non possono più abitarle anche se hanno presentato un ricorso in Tribunale per bloccare l’esecutività delle demolizioni. Ci vorrà del tempo, ma la sorte, anche per queste costruzioni, dovrebbe essere la stessa.

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    Case abusive sotto sequestro a pochi metri dalla spiaggia di Caminia

    In un primo momento i proprietari del villaggio hanno tentato la strada della mediazione con l’aiuto di un legale. A quanto è dato sapere la famiglia Aversa era anche riuscita ad arrivare a un compromesso. Avrebbe dovuto sborsare oltre 2 milioni di euro per arrestare l’iter delle demolizioni senza la certezza però di acquisire la proprietà del terreno. Un incognita per il futuro e un rischio troppo grosso.
    Hanno desistito, anche su consiglio del procuratore Mariano Lombardi, storico frequentatore della spiaggia di Caminia.

    E gli Aversa, che oltre al villaggio abbattuto gestiscono lo stabilimento balneare lido Panaja, quest’ultimo perfettamente in regola per concessione e pagamento dei tributi, hanno preferito prendere in locazione una vasta area nella zona di Pietragrande, a poche centinaia di metri da Caminia, da adibire a parcheggio. Da lì, con le navetta, accompagnano i clienti alla spiaggia.

    Il Comune in cerca di idee

    Il futuro comunque qualche porticina la lascia aperta. Si parla di un bando del comune di Stalettì per la gestione dell’area in cui sorgeva il villaggio. Notizie precise ancora non ce ne sono. Sulla questione il sindaco di Stalettì, Alfonso Mercurio ci ha detto: «Stiamo lavorando a un concorso di idee per l’area oggetto di demolizione. Il bando sarà pubblicato in autunno e il miglior progetto sarà scelto da un’apposita commissione e riceverà i finanziamenti previsti dalla Regione Calabria».

    La baia di Caminia, il golfo di Copanello, le vasche di Cassiodoro sono solo tre dei tesori naturali del Comune di Stalettì. «Siamo un piccolo comune – precisa Mercurio – e non abbiamo le risorse sufficienti. Per portare a reddito e rendere attrattive queste aree abbiamo bisogno di contributi pubblici. Ben vengano dunque le risorse stanziate dalla Regione per il rifacimento delle fognature e per il ripristino della zona archeologica Fonte di Panaja».

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    La baia di Caminia vista dall’alto

    Ma perché solo uno dei villaggi presenti sul demanio è stato raso al suolo? «La Cabana – spiega Mercurio – è titolare di concessione. Gli Aversa, invece, hanno costruito senza mai riconoscere la proprietà del demanio a differenza di quanto fatto con lo stabilimento balneare Panaja».

    Legambiente teme il bis

    La presidente di Legambiente Calabria, Anna Parretta, commenta così la vicenda: «Restiamo in attesa della demolizione di tutte le villette abusive, incluse quelle ancora sub iudice, un vero ecomostro diffuso per come è stato definito, e del conseguente recupero ambientale effettivo del territorio. Non vogliamo che restino ferite aperte come quella, ben visibile, rimasta a Stalettì dopo l’abbattimento di parte di villaggio Lopilato, seguito ad anni di lotte ambientali». Nei progetti dell’amministrazione il rilancio di Caminia passa da «un adeguato piano parcheggi e da una mobilità sostenibile. E quando arriveranno le risorse del Recovery plan noi saremo pronti».
    Speriamo che non abbia in mente un’altra colata di cemento.

  • Cultura 2020, grandi esclusi e ripescaggi nella corsa ai fondi

    Cultura 2020, grandi esclusi e ripescaggi nella corsa ai fondi

    Per l’edizione 2020 ha ricevuto sostegno dalla Direzione generale Cinema del Mibact, dal Dipartimento di Stato degli Usa, dal regno d’Olanda, dal Canada, dalle ambasciate di Norvegia, Germania, Irlanda, Austria, Svezia, Australia, dall’Istituto culturale coreano. Ma nemmeno un centesimo dalla Regione Calabria.

    Quella della Guarimba, il festival internazionale di cortometraggi che l’anno scorso ha ricevuto anche una medaglia da Sergio Mattarella e la menzione su giornali del calibro del New York Times, è forse l’esclusione più sorprendente dall’elenco dei beneficiari dei finanziamenti del bando Cultura 2020 emanato dalla Cittadella, la cui graduatoria è stata resa pubblica appena tre giorni prima dell’inizio dell’edizione 2021 della rassegna cinematografica estiva che anima Amantea.

    La motivazione? Il progetto – anche dopo un riesame – secondo la commissione chiamata a giudicarlo ha ottenuto sei punti in meno del minimo (54/100) necessario per beneficiare dei fondi. Il successo delle edizioni passate, il patrocinio del Parlamento europeo e di Palazzo Chigi, il respiro internazionale della manifestazione forse non fanno punteggio a queste latitudini.

    Una torta da un milione e mezzo

    La stagione culturale calabrese 2020 costerà alla Regione Calabria circa un milione e mezzo di euro divisi per i 41 soggetti, tra pubblici e privati, che si spartiranno la torta dei finanziamenti a valere sui PAC 2007/2013. Gli esclusi per vizi di forma o mancanza dei requisiti sono stati in totale 29. Tra i destinatari del bando enti pubblici, fondazioni, associazioni culturali, imprese, cooperative e consorzi operanti nel campo della promozione culturale.

    I requisiti indispensabili erano sostanzialmente due: avere svolto almeno sei edizioni dello stesso progetto negli ultimi dieci anni e la realizzazione di eventi che abbiano un legame «duraturo e caratterizzante col bene o con il luogo in cui si svolge».
    L’importo massimo del contributo erogabile era di 50mila euro per i singoli partecipanti e 75mila euro per le domande presentate in forma associata.

    Le graduatorie sono distinte per enti pubblici e soggetti privati. Delle sedici amministrazioni comunali vincitrici, 15 hanno ricevuto il massimo (o quasi) del finanziamento erogabile. Solo il Festival del Libro dei ragazzi promosso dal Comune di Zumpano ha ricevuto 25.500 euro.

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    Il municipio di Zumpano, unico tra gli enti beneficiari del bando a incassare circa la metà del massimo richiedibile

    Cinquantamila euro anche per le associazioni Armonie della Magna Grecia, Associazione Culturale Novecento, Ama, così come per il Festival Trame 2020. La Cenerentola dei privati è il lametino Color Fest, che ottiene appena 10.296 euro. Occorre, però, considerare che molti eventi si sono svolti in streaming con un abbattimento dei costi fino al 50%.

    Troppi errori, niente fondi

    L’anno del Covid ha mietuto vittime anche nel blasonato mondo degli eventi culturali regionali. Fuori per un cavillo burocratico la kermesse Moda Movie, storico evento che unisce moda e spettacolo, fondata da Sante Orrico e giunta oramai alla 25° edizione.
    Per i privati le ragioni dell’esclusione sono prettamente di natura finanziaria: bilanci non completi, mancanza del rendiconto, assenza della certificazione della capacità economica del soggetto che promuove l’evento.

    Quando, invece, parliamo di pubblico ecco venir fuori l’incapacità dei burocrati nel compilare a dovere e inviare la domanda di partecipazione.
    Bocciata per incompletezza la richiesta di finanziamento presentata dal Comune di Castrolibero per la rassegna teatrale “Chi è di scena”. Una svista imperdonabile per la città di Orlandino Greco. Alla mail di partecipazione del Comune di Martirano Lombardo per “Rockon” mancano gli allegati.

    Arrivano fuori tempo massimo la domanda del Comune di San Fili per la “Notte delle Magare” e quella del Comune di Oriolo per “La stagione teatrale Oriolese 2020”. Sono entrambi eventi attesissimi e capaci di richiamare ogni anno centinaia e centinaia di turisti.
    Macroscopica, invece, la svista del Comune di Simeri Crichi che, per la 9° edizione del Presepe Vivente, decide di partecipare con un raggruppamento tra Comune e associazioni non previsto però dal bando.

    Di sfortunata casualità si potrebbe parlare per il Comune di Saracena, che non riesce a partecipare all’avviso perché la carta d’identità allegata al progetto risulta danneggiata. Un salto del responsabile della pratica all’Ufficio Anagrafe del suo stesso ente sarebbe tornato utile probabilmente.
    Sfumano anche la “Sagra degli Arnedos” di Rovito e lo storico festival “Radicamenti – Festa della Seta” del Comune di Mendicino per una mancata risposta al soccorso istruttorio della Regione Calabria. Magari i dirigenti erano in smart-working…

    Clausole e ripescaggi

    Il bando di gara era chiaro: potevano ambire ai fondi regionali gli organizzatori di eventi svolti dal 1 gennaio al 31 dicembre 2020. Nessuna deroga Covid. Così almeno sembrava all’inizio. Deve ringraziare un cavillo l’associazione Cluster, veterana dei finanziamenti regionali ed organizzatrice del Festival del Fumetto “Le strade del paesaggio” a Cosenza. La XIV edizione era prevista per il 2020 ma, sospesa causa Covid, la si è realizzata nel 2021.

    A far ottenere i fondi a Cluster, però, sono state due magiche paroline presenti nel bando: “avvio dei lavori”. Una nota a piè di pagina del bando definisce come “la data di inizio dei lavori di costruzione relativi all’investimento oppure la data del primo impegno giuridicamente vincolante ad ordinare attrezzature o di qualsiasi altro impegno che renda irreversibile l’investimento, a seconda di quale condizione si verifichi prima”.

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    Tanto è bastato per salvare il finanziamento e qualche malpensante potrebbe chiedersi perché non sia stato adottato lo stesso criterio per la “Notte delle Magare” ad esempio. Tra la graduatoria provvisoria di aprile e quella definitiva dei primi di agosto, comunque, le differenze sono quasi nulle. E i pochi ripescati gongolano ripensando alla bocciatura iniziale divenuta promozione (e denaro).

    Riammesso dopo il riesame il “XXIII Festival della Musica” del Comune di Spezzano Sila, dapprima escluso per documentazione incompleta. Rientrano in zona Cesarini anche “MusicAma Calabria” di AmaCalabria , “Arte immaginazione, creat(t)ività e multiculturalità” dell’associazione La città del Sole, la “XXI edizione del Festival dell’Aurora” della Fondazione Odyssea. Ognuna di loro porta a casa 50mila euro, il massimo del finanziamento erogabile. Per “Ricrii 18”, la manifestazione proposta da Scenari Visibili, il ripescaggio porterà in cassa, invece, circa 14mila euro.

  • Quanto costa una poltrona in Consiglio regionale?

    Quanto costa una poltrona in Consiglio regionale?

    «Cinquemila euro tra prosciutti, soppressate, caciocavallo e ogni sera una cena nella tavernetta di casa mia. Così, sono stato eletto». Le parole soddisfatte pronunciate nell’era Loiero da Salvatore Magarò, ex consigliere regionale, hanno fatto storia. Difficile emularlo oggi, vuoi per il Covid, vuoi per una campagna elettorale al “sapore di sale”.
    Il 3 e 4 ottobre prossimi si svolgeranno le elezioni per il rinnovo del Consiglio regionale e gli aspiranti candidati hanno iniziato a farsi i conti in tasca e a cercare sponsor. Soprattutto i consiglieri uscenti, in carica da appena un anno e mezzo. Troppo alto il rischio di investire risorse senza centrare l’obiettivo: una poltrona in aula Fortugno, che vale dai 12mila ai 18mila euro al mese.

    Web e nostalgia

    Da più di dieci anni anni la campagna elettorale viaggia anche sul web, sui social network in particolare, con Facebook che la fa da padrone. Dopotutto, ormai chi non ha almeno un profilo Fb? Gli elettori sono a portata di clic, ma non sempre gratis.
    La sponsorizzazione dei contenuti è diventata prassi: si sceglie l’area d’interesse, il numero di utenti da raggiungere magari indicando sesso, età e orientamento politico. Si decide il budget e via. Anche dieci euro su un singolo post permettono di raggiungere numeri virtuali inaspettati.

    Per i nostalgici della comunicazione elettorale, invece, ci sono sempre i mezzi tradizionali. E via libera allora a vele, cartelloni 6×3, manifesti, santini, pieghevoli, pubblicità su radio, giornali e spot tv. I costi sono variabili. Un 6X3 con affissione quindicinale costa, per ogni postazione, da 150 ai 250 euro, comprensiva di stampa e affissione, costo maggiorato di circa 50 euro se le grafiche sono a carico dell’agenzia. Ma se si vuol vedere il proprio faccione a dimensioni maxi, bisogna affrettarsi. Il 6×3 può essere affisso sino a 40 giorni prima dalla data delle elezioni.
    Pochi temerari tenteranno l’impresa, basti pensare che a un mese e mezzo dalle elezioni ancora non si ha certezza sui candidati alla presidenza, figurarsi dei consiglieri e delle liste.

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    Il prezziario di una tipografia nel periodo della campagna elettorale

    I più sceglieranno i classici manifesti 70×100 (a soli 0,30 centesimi l’uno), le vele che potranno essere fisse (50 euro a giorno) o in movimento (100 euro per percorrere 100 km). Ma la carta è carta. E mentre i volti dei candidati invaderanno l’etere, le chat di Whatsapp, le stories di Instagram, saremo inondati di santini (1000 pezzi a 30 euro), fac simile (sino a 0,11 centesimi per pezzo), cartoline (0,50 centesimi cadauna), pieghevoli (140 euro per duemila pezzi).
    I più avveduti penseranno anche alle pubblicità su giornali, riviste, siti on line, spot radio e tv. Anche se l’ultima frontiera è la pubblicità sui cartelloni a led: passaggi di 15 secondi più volte al giorno. Costi personalizzati.

    Giuro che è così

    Al termine della campagna elettorale, il consigliere eletto dovrà presentare entro tre mesi dall’elezioni un rendiconto obbligatorio (art.7. comma 6, legge 10 dicembre 1993 n. 515) nel quale dettagliare il più possibile gli eventuali contributi ricevuti e le spese sostenute nel corso della campagna elettorale. La normativa (legge 43/95, art .5. comma 1) impone un limite di spesa ad ogni candidato consigliere pari a 38.802,85 euro più 0,0061 euro per ogni cittadino residente nella Circoscrizione. Equivalgono a 4.357 euro in più per la provincia di Cosenza, 3250 per Reggio Calabria, 4346 euro per l’area centrale.

    In caso di mancata comunicazione, le sanzioni saranno severe: sino al pagamento del triplo dell’importo non dichiarato e l’interdizione temporanea dai pubblici uffici.
    Il Collegio regionale di garanzia elettorale può comminare una multa anche per chi sfora il tetto di spesa con una ammenda sino al doppio dell’importo non comunicato e l’eventuale decadenza dalla carica.
    Ma come non fidarsi di un consigliere eletto che nel modello di rendicontazione firma tale dichiarazione: «Sul mio onore affermo che la dichiarazione concernente le spese sostenute e le obbligazioni assunte per la propaganda elettorale corrisponde al vero».

    2014, spese al limite

    Pino Gentile per essere rieletto nel 2014 ha speso quanto la candidata alla carica presidenziale Wanda Ferro, poco meno di 30mila euro.
    Al limite della spesa, il suo ex discepolo Giuseppe Graziano. Sfiora i 39mila euro, anche se è l’unico candidato a inserire nel rendiconto delle spese elettorali i nominativi e gli importi ricevuti dai finanziatori: 39mila euro di contributi a fronte di 38.500 di spese. Oltre a diversi sostenitori, emerge l’azienda Consulecos di Bisignano, da anni impiegata nell’erogazione di servizi ambientali tra cui la depurazione delle acque che investe 5.000 euro sul candidato di Rossano.

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    Il trasparentissimo Giuseppe Graziano e i suoi sostenitori

    Due, invece, le società di depurazione tra gli sponsor del consigliere regionale Giuseppe Aieta: Giseco srl e Smeco Srl. Versano 5000 euro ciascuna sul conto del mandatario elettorale, che beneficia anche dei contributi di due società romane, la Arbela srl e la Essevu spa, quest’ultima leader nel settore delle bomboniere.

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    I contributi ricevuti da Giuseppe Aieta nel 2014

    A Carlo Guccione primo degli eletti con 14797 preferenze è bastato 1,78 euro di investimento ad elettore per stravincere. Giuseppe Giudiceandrea, nonostante abbia usufruito del comodato d’uso gratuito della sede elettorale, nel 2014 ha chiuso la sua campagna elettorale con un debito di 4600 euro. Bilancio positivo invece per Nicola Irto. Sebbene le 12mila preferenze ha chiuso il suo percorso verso palazzo Campanella con un avanzo di novemila euro: 29mila euro di finanziamenti e appena 18.900 di spese.

    Per avere lo stesso risultato in termini di consenso Giuseppe Scalzo ha investito invece 28.770 euro. Male la campagna di propaganda di Giuseppe Mangialavori che ha sborsato 25mila euro per raggranellare appena 7.200 voti. Proporzione sfavorevole anche per Arturo Bova che entra in Consiglio con appena 2.924 voti a fronte di un investimento di 12mila euro.

    2020, pochi Paperoni e campagna più costosa

    Nel 2020 sono pochi i consiglieri che hanno investito più di 30mila euro. A fronte dei 290mila euro complessivi di spese dichiarate dagli eletti, è Flora Sculco ad aver speso di più con ben 31.398 euro.
    Una cifra monstre se si pensa che Marcello Anastasi è stato eletto spendendo appena 1.300 euro. Certo, la differenza si vede nel consenso. La dama crotonese ha preso 6.000 preferenze, mentre il callipiano appena 1.000 incassando lo stesso risultato: entrambi sono risultati eletti in Consiglio nelle fila della minoranza.

    Sceglie la via della morigeratezza per la sua seconda campagna elettorale anche Giuseppe Graziano, che spende poco meno di 7.000 euro.
    Drastica riduzione anche per Guccione che ottiene lo stesso risultato numerico di Graziano ma a fronte di meno della metà di quanto speso nella competizione precedente, 12.800 euro. Il sindaco di Orsomarso, Antonio De Caprio, spende e spande, ma con 12mila euro di investimento in propaganda elettorale ottiene appena 4mila voti.

    Saldo negativo per i due consiglieri del centrodestra Luca Morrone e Pietro Molinaro. Per l’ex presidente del consiglio comunale di Cosenza la campagna elettorale si chiude con un meno 15mila euro. Tra i creditori tre agenzie di affissioni e comunicazione. Stessa tipologia di debito per l’ex presidente della Coldiretti, ma entità ridotta di oltre due terzi.

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    Il prospetto dei debiti non ancora onorati da Luca Morrone al momento della rendicontazione delle sue spese elettorali
    L’attesa ripagata

    Tuttavia, c’è chi non si lamenta di lavorare a perdere durante la campagna elettorale, come è accaduto alla Spot Channel, tipografia storica del Partito Democratico e del già presidente Mario Oliverio. L’attesa alla fine viene ripagata. Tant’è che per due annualità 2016/2017 ha vinto il Bando Cultura per il progetto Transumanze del valore di 108.428 euro. Ma non è tutto: negli anni della presidenza Oliverio, Spot Channel si è aggiudicata anche diversi eventi di promozione, un progetto di comunicazione del Corap di 20mila euro e il progetto Rosso Calabria, dedicato alla promozione del vino. Spot Channel gode di buoni uffici anche con la presidenza Spirlì, sarà che a capo del dipartimento Agricoltura c’è il sempreverde Giovinazzo.

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    Il finanziamento per Transumanze andato alla Spot Channel

    Tra i tanti provvedimenti licenziati dal dipartimento da lui diretto c’è il Programma di sviluppo rurale della Calabria 2014/2020. La campagna di comunicazione pubblicitaria e attività convegnistica relativa al PSR Calabria 2014-2020 , con importo a base d’asta di euro 120.000, è stata avviata con decreto 6884 del 02/07/2021 a contrarre attraverso il Mepa (Mercato elettronico della Pubblica amministrazione). Invitate una ventina di ditte, al 9 luglio 2021 è pervenuta la proposta di Spot Channel di Arci Angelo & C. sas di Rende (CS) – l’avviso non specifica se sia l’unica arrivata – alla quale viene aggiudicato il servizio per l’importo di euro 118.500 oltre Iva come da decreto dirigenziale 7819 del 28/07/2021.

    Lo strano caso di Frank Santacroce

    Frank Santacroce approda in consiglio regionale il 6 luglio 2020 subentrando a Domenico Tallini, coinvolto in una procedimento giudiziario. Anche lui, poco dopo, sarà indagato per rivelazione di segreto d’ufficio in concorso in merito a un’inchiesta sulle cosche di San Leonardo di Cutro.
    Ebbene, Santacroce ottiene 4.920 voti nelle fila di Forza Italia, ma nel rendiconto finanziario ha dichiarato di aver ricevuto zero euro di finanziamenti e di aver effettuato zero euro di spese. Peccato che sulla rete e nelle diverse manifestazioni pubbliche organizzate si contino diversi manifesti e passaggi elettorali. Chissà chi avrà pagato…

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    Frank Santacroce durante un comizio con manifesto in bella mostra
    Il record di Sainato

    Raffaele Sainato diventa consigliere regionale con 3.897 preferenze. Un vero record se si pensa che per la campagna elettorale ha speso appena 1.424 euro e che l’ex sindaco di Locri è stato da poco indagato per scambio politico mafioso insieme a Nicola Paris, cugino di primo grado del più noto consigliere regionale Nicola Irto.

    Flora Sculco regina di sponsor

    Flora Sculco è tra i consiglieri eletti una di quelli che investe moltissime risorse in propaganda elettorale. Dopotutto è tra i candidati che ricevono maggiori finanziamenti.
    Tra i suoi principali supporter si annoverano nel 2014 imprenditori della sanità privata, società di autotrasporti, imprese edili del territorio e la sempre ricorrente Consuleco.
    Nel 2020 i contributi si dimezzano, passando da 38mila e 19.500 euro. Ma il main sponsor Marrelli Hospital resta (7.000 euro) e a fargli compagnia si aggiunge l’azienda agricola Le Verdi Praterie Agricole.

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    I contributi ricevuti da Flora Sculco nella precedente consiliatura
    Due mandati, costi diversi

    Otto sono i consiglieri eletti e poi riconfermati nelle ultime due competizioni elettorali: Aieta, Arruzzolo, Bevacqua, Guccione, Irto, Neri, Sculco, Tallini. Ad essi si aggiungono, a modo loro, Ennio Morrone nel 2014 e il figlio Luca nel 2020.
    Giuseppe Neri è un caso a sé:in entrambe le competizioni si è trovato eletto con la coalizione vincente e ha speso pressoché lo stesso importo 4.850 euro (2014) e 4.299 euro (2020).
    La spesa per la propaganda elettorale, però, è generalmente maggiore quando il candidato consigliere mira a uno scranno in maggioranza e inferiore quando sa, per la legge dell’alternanza che governa la Regione Calabria, che andrà tra le fila della minoranza.
    Fanno eccezione Tallini, che ha speso 7.200 euro nel 2014 e appena 4.473 euro nel 2020, e Mimmo Bevacqua. Il democrat ha investito di più (13.450 euro) nel 2020 – forse per paura di non riuscire ad entrare in Consiglio – e meno nel 2014 (8.748 euro).

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    La differenza tra le spese sostenute dai consiglieri eletti sia nel 2014 sia nel 2020
    Le voci di spesa

    Nella compilazione del rendiconto, la maggioranza dei consiglieri sceglie, tra le tante disponibili, quasi sempre un’unica voce di costo: materiale di propaganda elettorale.
    Mettendo sempre zero euro a tutte le altre voci previste.
    Non poco imbarazzo, dunque, nel leggere il report di Domenico Creazzo. Dichiara di aver speso 4mila euro per la realizzazione di materiali elettorali e 3.600 euro di carburante per propaganda elettorale. Ma neanche un centesimo per la distribuzione del materiale elettorale. Ad eccezione di Carlo Guccione, tutti dichiarano zero euro per spese di personale: sarà che il volontariato da campagna elettorale viene ripagato una volta superato l’ostacolo con le ricche retribuzioni da portaborse e consulenti.

  • Guerra tra poveri per tappare i buchi del dissesto

    Guerra tra poveri per tappare i buchi del dissesto

    Per l’anno scolastico 2021/2022 il Comune di Cosenza potrebbe affidare il servizio di pre-post scuola e accompagnamento ai percettori del Reddito di cittadinanza. Tutto questo è possibile attraverso i Puc (progetti utili alla Collettività) con buona pace dei 15 lavoratori della cooperativa Adiss impegnati da oltre venti anni ad erogare questo servizio con uno stipendio di 650 euro.

    Il Dissesto welfare e istruzione

    Il dissesto economico-finanziario dell’ente ha pesantemente inciso sulla capacità di garantire da parte di Palazzo dei Bruzi dei servizi nei settori welfare e istruzione.
    A rischio invece l’anno scolastico per gli asili nido. L’assessore Lanzino ha annunciato la possibilità di effettuare una variazione di Bilancio nel mese di agosto che consentirà di garantire un “appalto in convenzione”.

    Sul piatto solo 350mila euro

    Il Comune metterà sul piatto 350mila euro a fronte del 1.080.000 necessario a coprire l’erogazione dei servizi per tutto l’anno scolastico. Una somma irrisoria, se si pensa pensa che solo 750mila euro sono vincolati dagli stipendi ai 35 lavoratori impiegati. La coperta è troppo corta. Delle due l’una: o si riduce il personale e dunque i servizi oppure si aumentano le rette e i costi della mensa per garantire lo stesso servizio.

    Cosa sono i Puc

    I Puc sono progetti utili alla collettività attuati dai comuni, in forma singola o associata anche con enti del terzo settore che, attraverso l’utilizzo di percettori del reddito di cittadinanza garantiscono una nuova attività o il potenziamento di una attività esistente sul territorio.
    Sono sei gli ambiti di intervento: cultura, arte, tutela dei beni comuni, formazione, ambiente e sociale.
    I Comuni sono responsabili dell’approvazione, attuazione, coordinamento e monitoraggio dei progetti anche con l’apporto di altri soggetti pubblici e del privato sociale.

    I Puc in Calabria

    Attualmente in Calabria sono stati attivati 300 progetti Puc. L’ambito d’eccellenza è Soverato con ben 80 progetti attivati, 250 beneficiari e 28 Comuni coinvolti. Sono: Amaroni, Argusto, Badolato, Cardinale, Cenadi, Centrache, Chiaravalle, Davoli, Gagliato, Gasperina, Girifalco, Guardavalle, Isca, Montauro, Montepaone, Olivadi, Palermiti, Petrizzi, S. Andrea, S. Caterina, S. Sostene, S. Vito Sullo Jonio, Satriano, Soverato, Squillace, Stalettì, Torre Di Ruggiero, Vallefiorita.

    Nella raccolta di esperienze positive e buone prassi redatta dal ministero del Lavoro e delle Politiche sociali c’è anche il Comune di Montalto Uffugo con il progetto “L’amico della porta accanto” destinato all’assistenza dei diversamente abili ed anziani e l’associazione E.T.I.C.A. di Crotone con il progetto “Genitori, ripuliamo le scuole”.

    A Vibo spazzini e caregiver

    Dodici i progetti avviati dal Comune di Vibo Valentia. Nove gli ambiti di interesse dall’affiancamento al personale degli uffici comunale all’attività di cura del verde pubblico e delle spiagge, dalla salvaguardia e valorizzazione del patrimonio delle biblioteche alla piccola manutenzione degli immobili comunali. Per finire con la  sensibilizzazione, promozione e corretta esecuzione della raccolta differenziata e le attività di cura ai non autosufficienti.

    A Catanzaro archivisti e pre-post scuola

    Solo quattro, per il momento i progetti realizzati a Catanzaro: riordino archivio cartaceo e verifica numerazione civica, valorizzazione della biblioteca di Palazzo de Nobili, catalogazione beni comunali; accoglienza e sorveglianza alunni (pre-post scuola).
    Per ampliare gli ambiti d’interesse l’assessorato alle Politiche Sociali, guidato da Lea Concolino, ha istituito “il catalogo dei Puc” che sarà aggiornato mensilmente per garantire servizi anche in altri settori.

    Reggio ha approvato solo a luglio i Puc

    Dopo Catanzaro e Vibo Valentia anche la città metropolitana di Reggio Calabria ha approvato a metà luglio i Puc.
    «I percettori di reddito di cittadinanza – ha annunciato il sindaco Giuseppe Falcomatà – contribuiranno in maniera fattiva nella cura e nella tutela dei beni comuni. I progetti previsti porteranno dei “rinforzi” in settori nevralgici come la pulizia delle piazze, delle aree cimiteriali, della cura del patrimonio culturale e degli impianti sportivi».
    Mancano ora all’appello Crotone e Cosenza.

    I numeri di una nuova forza lavoro

    Al 30 maggio 2021 in Calabria sono 189.235 i percettori del reddito di cittadinanza, 80.070 i nuclei familiari coinvolti con un reddito medio di 566,45 euro per circa 107.192.165 euro complessivi al mese.
    La Provincia con il maggior numero di richieste di Rdc nel 2021 è Cosenza seguita da Reggio Calabria, Catanzaro, Crotone e Vibo.
    Per legge il percettore del reddito di cittadinanza è obbligato ad offrire la propria disponibilità a partecipare a progetti comunali utili alla collettività nel Comune di residenza, mettendo a disposizione un numero di ore non inferiori a 8 ore settimanali, aumentabili sino a 16.

    Se non partecipi al Puc perdi il Reddito di cittadinanza

    La mancata partecipazione ai PUC comporta la decadenza del beneficio del RdC.
    Sono esclusi dalla partecipazione ma possono aderire volontariamente i componenti con disabilità, i beneficiari di Rdc o pensione di cittadinanza con età pari o superiore ai 65 anni, chi frequenta regolare corso di studio, le persone con lavoro dipendente sopra gli 8500 gli autonomi con un reddito superiore ai 4800 euro.

    Un nuovo bacino di precari? 

    Il principio cardine dei Puc è la loro non assimilabilità ad attività di lavoro subordinato, para-subordinato o autonomo, trattandosi di attività contemplate nel Patto per il lavoro o nel Patto per l’inclusione sociale che il beneficiario del reddito di cittadinanza è tenuto a prestare e, dunque non darebbe luogo ad alcuni ulteriore diritto. Tuttavia, l’idea comune tende ad identificare i percettori del reddito di cittadinanza impiegati nei Puc agli ex lavoratori socialmente utili o di pubblica utilità, anche perché le attività da svolgere sono coincidenti.

    L’intervento del legislatore

    Per differenziarli il legislatore ha inserito limiti e vincoli sulle attività da svolgere tali da evitare l’instaurazione, di fatto, di una nuova categoria di lavoratori precari, come avvenuto con gli L.S.U., da anni oggetto di finanziamento di politiche di stabilizzazione negli enti utilizzatori o di erogazione di incentivi regionali finalizzati all’attività autonoma o alla micro-imprenditorialità ma forse non basta.

    L’ideale sarebbe predisporre progetti in misura tale da poter occupare tutti i percettori del Reddito di cittadinanza dei Comuni, anche perché in assenza dei progetti il reddito viene comunque percepito e in caso di mancato avvio dei Puc si potrebbe profilare, a carico del dirigente comunale di turno, una ipotesi di danno alla collettività.

    Ma a queste latitudini, con le amministrative alle porte anche un diritto contenuto in una legge dello Stato e che non avrebbe bisogno di spintarelle, pacche sulle spalle o telefonate, sarà trasformato nella gentile concessione di politici e ‘mmasciatari vari.

     

  • Oliverio verso De Magistris? Sono più di tre indizi

    Oliverio verso De Magistris? Sono più di tre indizi

    Come Ernesto Magorno anche Mario Oliverio non correrà alla presidenza della Regione Calabria. Due rinunce con sorpresa. Mentre il primo ha scelto il centrodestra di Roberto Occhiuto, il secondo si dirige verso Luigi de Magistris.
    L’ex presidente aveva provato a forzare la mano come nel 2014 ma non c’è stato niente da fare. Forte del consenso e della rete costruita tra sindaci e amministratori locali ha deciso di giocare comunque la sua partita e cercherà da gregario le soddisfazioni che non è riuscito a trovare da protagonista.

    Tre indizi fanno una prova

    Lo farà, però, spendendosi fuori dal partito dove ha militato per anni decidendo di offrire il suo patrimonio politico al sindaco di Napoli. Se tre indizi fanno una prova basterebbero i nomi di Giuseppe Giudiceandrea, Mimmo Lucano e Ugo Vetere per confermare quella che per il momento è una voce insistente. E in queste ore diverse sono le indiscrezioni di consiglieri ed ex consiglieri regionali del Cosentino e del Vibonese che hanno avuto un abboccamento con Luigi de Magistris. I nomi che circolano con maggiore insistenza sono quelli di Aieta, Di Natale e Censore.

    Amalia, l’amica di Mario

    Il Pd ha provato a ricucire lo strappo mettendo in difficoltà l’ex governatore con la candidatura della scienziata Amalia Cecilia Bruni, professionista stimata e amica di lungo corso dell’ex governatore tanto da essere stata nominata  nel Consiglio superiore della Sanità proprio durante la presidenza del sangiovannese. Ma non è stato sufficiente. Tutt’altro, se l’effetto è stato quello di spingere Oliverio ad utilizzare tutto il suo ascendente per svuotare le liste del Pd a favore del Polo civico dell’ex sindaco.

    Cosa vuoi di più dalla vita? Un Lucano

    Ad indicare la via, un mese e mezzo fa, era stato l’ex sindaco di Riace, Mimmo Lucano che nel web talk KlausCondicio ha dichiarato: «Non sono nessuno per dare indicazioni, il mio è solo un auspicio che si possa avere un orizzonte più largo possibile. Questo non significa tornare al vecchio politichese. Verso Mario Oliverio così come Agazio Loiero c’è un rapporto di affetto. Mi rendo conto che non sono la sinistra antagonista ma sulla questione che ha fatto volare l’immagine della Calabria intesa come terra di solidarietà e inclusione nel mondo sono stati presenti e partecipi. È un auspicio, una speranza».

    Il 30 luglio è prevista una riunione a Lamezia Terme tra tutti i candidati di Luigi de Magistris, il giorno della verità. Dentro o fuori.

  • Sequestri e vacche sacre, c’è del marcio nell’Arma?

    Sequestri e vacche sacre, c’è del marcio nell’Arma?

    Qual è stato il ruolo delle forze dell’ordine nei sequestri di persona avvenuti tra gli anni ’80 e ’90 in provincia di Reggio Calabria? È vero che dei carabinieri collusi con la ‘ndrangheta hanno favorito e sono stati parte attiva nei sequestri? Che uso è stato fatto delle camionette in dotazione all’Arma? È vero che servivano per trasportare i sequestrati ed eludere i posti di blocco delle altre forze dell’ordine? Ma soprattutto, fu proprio perché vide un sequestrato su un mezzo dell’Arma che Stefano Bonfà fu ucciso? Esiste un legame tra i sequestri di persona di ieri e il fenomeno delle vacche sacre di oggi? A questi e ad altri interrogativi, cerca risposta Bruno Bonfà, figlio dell’uomo ucciso il 3 ottobre 1991.

    La ricerca della verità

    Tanti gli esposti denuncia presentati dall’imprenditore agricolo specializzato nelle colture di bergamotto. Diversi i destinatari: ministri dell’Interno e della Giustizia, prefetti, procuratori capo della Dda, commissari straordinari del Governo, il procuratore nazionale Antimafia, il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. E per ultimo il primo ministro Mario Draghi.
    La richiesta di accertamento di Bruno Bonfà è circostanziata e dettagliata. Chiede di verificare i rapporti tra criminalità, servizi segreti e forze dell’ordine in relazione ai sequestri di persona avvenuti in Aspromonte. Nello specifico, quelli nella vallata de La Verde.
    «Mio padre ha pagato con la vita l’aver visto qualcosa che non doveva vedere. Molto probabilmente uno dei sequestrati a bordo di una camionetta dell’Arma. La mia è una battaglia per la verità – spiega – sui tanti morti trucidati solo perché fortuiti testimoni di quei passaggi inconfessabili».

    vacche sacre-sequestri-bonfà
    Il frontespizio dell’ultima denuncia presentata dall’imprenditore Bruno Bonfà
    Seguire il denaro per verificare eventuali collusioni

    Bonfà sollecita accurati controlli. Vuol capire come all’epoca la ‘ndrangheta disponesse di informazioni riservate, poi usate per evitare di percorrere strade e sentieri controllati dalle forze dell’ordine presenti sul territorio.
    Per questo motivo chiede di verificare le dichiarazioni rilasciate da un dirigente di Polizia. che confermavano la collusione di parte dei militari dell’Arma di Bianco. Il dirigente fu improvvisamente trasferito in altra sede e Bonfà vorrebbe accertare anche le vere ragioni di quel trasferimento. Ma per individuare i deviati basterebbe «seguire i soldi».

    L’imprenditore, nelle sue denunce, suggerisce un accertamento patrimoniale per tutti i militari in servizio coinvolti nella gestione dei sequestri di persona sul territorio ricadente nella giurisdizione della Compagnia dei Carabinieri di Bianco. In particolare, quelli che operavano «nella vallata La Verde, alle spalle di Africo, nel bosco di Ferruzzano, lungo la fiumara La Verde, direzione Motticella, ai piedi di Samo e nelle relative diramazioni perché crocevia tra San Luca e Motticella».
    «Per scoprire se ci sono stati militari deviati basterebbe – afferma l’imprenditore – fare un semplice incrocio dei dati tra mezzi a disposizione dell’Arma. Percorsi svolti, personale in servizio, eventuali posti di blocco e attuali risorse economiche dei Carabinieri in servizio all’epoca per individuare gli eventuali collusi».
    Su un punto Bonfà non transige: «Tutti gli accertamenti sulla presenza o meno di forze militari deviate devono essere svolte da forze investigative non calabresi. Troppo alto il rischio insabbiamento».

    Sequestri e vacche sacre

    Dal 1998 l’azienda agricola Bonfà, produttrice di bergamotto, è oggetto di incursioni delle vacche sacre della ‘ndrangheta che, a più riprese, hanno distrutto il 70% delle 3500 piante esistenti.
    Grazie alla legge 44/99 è riuscito ad ottenere un indennizzo per i danneggiamenti avuti.
    Circa 200mila euro, elargiti in più tranche. Poca roba rispetto al reale danno subito. Che oggi ammonterebbe a 20 milioni di euro.
    Con le risorse ricevute Bonfà ha ripreso le produzioni che contraddistinguono l’azienda in Italia, ma non basta. Anche perché i pascoli delle vacche sacre sono continuati nel tempo, così come i piccoli danneggiamenti e gli incendi.
    In un primo momento le forze dell’ordine hanno registrato quanto denunciato dall’imprenditore e ci sono stati anche interventi di abbattimento di alcuni capi di bestiame.
    Ma poi, improvvisamente, nulla si è più mosso. Nonostante le decine di foto testimonianza c’è chi ha persino tentato di addebitare i danni presenti all’interno dell’azienda «alla presunta incuria» di Bonfà che l’imprenditore respinge al mittente: «È in corso l’elettrificazione della mia azienda, un servizio di cui godranno tutti gli agricoltori della vallata. Assurdo».

    Gli avvistamenti a marzo 2021

    Del suo caso si sta occupando la Procura di Reggio Calabria e la X Commissione parlamentare. Ma la sua pratica per ricevere un nuovo indennizzo grazie alla legge 44/99 è ferma.
    «A causa – spiega – delle ennesime informative deviate che hanno prodotto le forze dell’ordine e che io ho prontamente denunciato». Silenzi, omissioni e accuse che per l’imprenditore hanno un unico emissario: la ‘ndrangheta. Obiettivo: portare l’azienda al collasso e rilevarla. Ma Bonfà ha la testa dura e ha scelto di continuare la sua battaglia di verità nonostante tutto. «Lo faccio per la memoria di mio padre, non si può far finta di niente. Se tacessi sarei anch’io connivente».