Autore: Redazione

  • Delitto Belsito: il gup infligge sessantotto anni di carcere

    Delitto Belsito: il gup infligge sessantotto anni di carcere

    il gup di Catanzaro ha condannato tre persone nel rito abbreviato del processo per l’omicidio di ‘ndrangheta di Domenico Belsito, avvenuto nel 2004 a Pizzo.
    Hanno ricevuto 30 anni di condanna Nicola Bonavota e Francesco Fortuna.
    Otto anni per il collaboratore di giustizia Andrea Mantella; assolto Pasquale Bonavota. Belsito fu ferito a colpi di arma da fuoco mentre si trovava in un bar di Pizzo e morì due settimane dopo nell’Ospedale di Vibo Valentia.

    Omicidio Belsito: esecutore e mandante

    Secondo l’accusa avrebbe sparato Francesco Scrugli, ucciso a Vibo nel 2012. L’omicidio, secondo la Dda di Catanzaro, sarebbe maturato per dinamiche interne ai clan, impegnati in una lotta interna alla famiglia di ’ndrangheta dei Bonavota di Sant’Onofrio per definire la spartizione dei territori di competenza.
    A processo con rito ordinario, invece, c’è Salvatore Mantella, ritenuto mandante dell’omicidio e cugino del collaboratore di giustizia che avrebbe partecipato materialmente al delitto.

  • Pizza al taglio, anche la Calabria ai vertici nazionali

    Pizza al taglio, anche la Calabria ai vertici nazionali

    Roma è la capitale della pizza al taglio in Italia, ma anche la Calabria si difende egregiamente. A sancirlo è 50 Top Pizza, la guida delle migliori pizzerie che vede ben piazzate in classifica due locali del Cosentino. Il primo posto se lo aggiudica il celebre – ormai ha anche il suo show in tv – Gabriele Bonci. Quella del suo locale romano, Pizzarium, si conferma per il terzo anno consecutivo la migliore “Pizza in Viaggio (da taglio e asporto)” del Paese.

    Pizza al taglio: tra le prime 15, due sono in Calabria

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    Antonio Oliva insieme a Gabriele Bonci

    Si resta nella capitale anche per gli altri due gradini del podio. Il secondo posto va all’Antico Forno Roscioli, storica insegna familiare nel centro storico, mentre al terzo si piazza Lievito Pizza, Pane del giovane Francesco Arnesano. Ma è scorrendo la classifica – senza lasciare la Top 15 però – che arriva la Calabria. Dopo indirizzi mitici per i buongustai come La Masardona (4°) a Napoli e altri, al nono posto un nome che ha ormai fatto la storia della pizza al taglio in Calabria: Oliva Pizzamore di Antonio Oliva. Poco più giù, al dodicesimo posto, troviamo Campana Pizza In Teglia, la pizzeria di Daniele Campana a Corigliano-Rossano.

    Daniele Campana

    La Top 20 d’Italia

    Nelle valutazioni si è tenuto conto di molti fattori: qualità delle materie prime, ambiente, pulizia e cura dei dettagli.
    Queste le prime 20 posizioni di Le 50 Migliori Pizze in Viaggio in Italia 2022:

    1. Pizzarium, Roma (Lazio)
    2. Antico Forno Roscioli, Roma (Lazio)
    3. Lievito Pizza, Pane… Roma (Lazio)
    4. La Masardona, Napoli (Campania)
    5. Saporè Pizza Bakery, San Martino Buon Albergo – VR (Veneto)
    6. Sancho, Fiumicino – RM (Lazio)
    7. La Pia Centenaria, La Spezia (Liguria)
    8. Tellia, Torino (Piemonte)
    9. Oliva Pizzamore, Acri – CS (Calabria)
    10. Granocielo, Avezzano – AQ (Abruzzo)
    11. PorzioNi di Pizza, Napoli (Campania)
    12. Campana Pizza In Teglia, Corigliano-Rossano – CS (Calabria)
    13. ‘O Fiore Mio Pizze di Strada, Bologna (Emilia-Romagna)
    14. Grotto Pizzeria Castello, Caggiano – SA (Campania)
    15. Gina Pizza, Ercolano – NA (Campania)
    16. Forno Brisa, Bologna (Emilia-Romagna)
    17. La Divina Pizza, Firenze (Toscana)
    18. Alimento, Brescia (Lombardia)
    19. Pane E Tempesta, Roma (Lazio)
    20. PezZ de Pane, Frosinone (Lazio)
  • Cocaina dalla Calabria a Messina, in arresto anche il boss Nirta

    Cocaina dalla Calabria a Messina, in arresto anche il boss Nirta

    I Carabinieri del Comando Provinciale di Messina hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di 18 persone (per 13 è stato disposto il carcere, per 3 gli arresti domiciliari e per 2 l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria), accusate a vario titolo di associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti e detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti, in particolare cocaina. Tra gli arrestati il boss ‘ndranghetista Paolo Nirta, in affari con i trafficanti messinesi.

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    Il procuratore Maurizio De Lucia

    L’inchiesta, coordinata dalla Dda guidata dal procuratore Maurizio de Lucia, nasce dagli accertamenti fatti dal Nucleo Investigativo del Comando Provinciale di Messina dal febbraio 2021, a seguito delle dichiarazioni di un collaboratore di giustizia, che ha parlato di una strutturata associazione di trafficanti di droga che operava principalmente nella zona sud della città di Messina.

    Il ruolo della famiglia Nirta

    La banda aveva di fatto quasi interamente monopolizzato l’approvvigionamento in città della cocaina, che poi veniva spacciata al dettaglio a Messina, ma anche nel comune di Tortorici, dove c’era un’autonoma piazza di spaccio gestita da alcuni degli indagati. L’organizzazione si approvvigionava da un esponente di spicco della famiglia Nirta, ai vertici della ‘ndrangheta calabrese. In carcere oggi è infatti finito il figlio di Giuseppe Nirta, detenuto all’ergastolo per la faida di San Luca, e fratello di Sebastiano e Francesco Nirta, all’ergastolo per il loro coinvolgimento nella strage di Duisburg in cui vennero uccise sei persone.

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    Giovanni Strangio, la mente del commando che agì a Duisburg

    Doppi fondi e telefonini riservati

    Il fornitore si serviva di un’articolata rete di corrieri, alcuni dei quali incensurati e tutti residenti nella provincia di Vibo Valentia, che si occupavano della consegna della droga “a domicilio” fino a Messina. Particolarmente ingegnose erano le modalità di trasporto della cocaina dalla Calabria a Messina. Per sfuggire a eventuali controlli, in particolare nell’area degli imbarcaderi dei traghetti, gli indagati utilizzavano auto modificate in alcune parti della carrozzeria con doppi fondi in cui nascondere la droga. I calabresi, inoltre, avevano dato ai complici messinesi telefoni riservati.

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    Imbarcaderi a Messina

    Tre kg di cocaina dalla Calabria a Messina

    Nel corso delle indagini sono state documentate varie forniture di sostanze stupefacenti dalla Calabria alla Sicilia, che hanno portato al sequestro di 3 chili di cocaina. Oltre alla città di Messina, i vertici dell’associazione erano in grado di rifornire di stupefacente pusher che operavano nella cittadina di Tortorici con i quali avevano creato un canale privilegiato di fornitura. A Tortorici quattro ragazzi avevano avviato un commercio di stupefacenti e quasi settimanalmente acquistavano la droga a Messina. L’operazione di oggi, condotta dai carabinieri, ha impegnato oltre 120 militari del Comando Provinciale di Messina, impiegati anche nelle provincie di Reggio Calabria e Vibo Valentia. (ANSA)

  • Aggredito ex sindaco di Roccabernarda: al vaglio la posizione di due 17enni

    Aggredito ex sindaco di Roccabernarda: al vaglio la posizione di due 17enni

    L’ex sindaco di Roccabernarda, comune di poco più di 3 mila abitanti in provincia di Crotone, Francesco Coco, 73 anni, è stato ricoverato in gravi condizioni, ma non sarebbe in pericolo di vita, nell’ospedale di Catanzaro a seguito di una violenta aggressione subita nella notte mentre stava rientrando a casa. Da una prima ricostruzione due persone, con volto coperto, avrebbero atteso Coco davanti casa e mentre stava entrando nel giardino colpendolo alle spalle con un bastone e causandogli ferite gravi tanto che i sanitari intervenuti hanno deciso di trasferirlo nel reparto di neurochirurgia dell’ospedale del capoluogo calabrese dove è attualmente ricoverato in osservazione.

    Al vaglio la posizione di due 17enni

    L’aggressione è avvenuta poco prima della mezzanotte. Gli accertamenti avviati dagli investigatori dell’Arma hanno portato verso due diciassettenni nei confronti dei quali non è stato ancora emesso alcun provvedimento giudiziario. La loro posizione è al vaglio dei militari anche allo scopo di comprendere le motivazioni alla base del pestaggio. Sono stati sequestrati anche degli indumenti utilizzati dagli aggressori poi abbandonati nelle campagne circostanti durante le rocambolesche fasi della fuga a piedi. I carabinieri stanno anche procedendo all’esame delle telecamere di videosorveglianza pubbliche e private presenti nell’area per raccogliere eventuali altri indizi

    Ex maresciallo noto per le posizioni contro la ‘ndrangheta

    Coco, che nel 2006 è stato anche insignito del titolo di cavaliere della Repubblica italiana, è un ex maresciallo dei carabinieri noto per le sue posizioni contro la criminalità organizzata. A Roccabernarda è stato sindaco, a capo di una lista di centrodestra, dal 2002 al 2007; eletto successivamente consigliere nel 2017 ha rivestito anche il ruolo di consigliere provinciale dal 2020 al 2021. Negli anni scorsi è già oggetto di gravi intimidazioni: nel 2019, quando era consigliere comunale, gli è stata incendiata l’auto.

    Il sindaco di Roccabernarda, Luigi Foresta, insieme a tutta l’amministrazione, ha espresso un messaggio vicinanza e solidarietà a Coco: «Siamo vicini con la mente e con il cuore – afferma – al nostro concittadino. Atti del genere sono vergognosi, inauditi e incidono negativamente sulla tranquillità di una intera popolazione. Siamo certi che le autorità competenti troveranno i colpevoli di questo vigliacco gesto così da permettere giustizia nei confronti del Maresciallo e di tutta la sua famiglia».

     

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  • Addio a Franco Dionesalvi

    Addio a Franco Dionesalvi

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    Cosenza è una città che ama la nostalgia: da inizio millennio in tantissimi rimpiangono il decennio di Giacomo Mancini.
    Ma quanti sanno che l’evento pubblico più forte con cui la città dichiarò allora la propria voglia di cambiare e modernizzarsi fu una trovata di Franco Dionesalvi?
    Il Festival delle Invasioni fu un’iniziativa forte e, a suo modo, rivoluzionaria. Grossi nomi del rock internazionale e convegni, mostre e proiezioni.
    Un festival multimediale, pensato e realizzato quando l’espressione ancora non esisteva.
    Fu la sfida del piccolo capoluogo calabrese alle kermesse storiche (Umbria Jazz, Villa Celimontana ecc.). Ma quell’esperienza è anche un mito incapacitante: Invasioni, dopo Dionesalvi (che tentò di riorganizzare il Festival nel 2014), è diventato un brand vuoto e incapace di ripetersi ai livelli delle origini.

    Franco Dionesalvi, l’intellettuale della porta accanto

    Dionesalvi non si nasce né ci si improvvisa. Per diventare Franco Dionesalvi occorrono tre cose: l’impegno, lo studio e la coerenza.
    Classe ’56 e plurilaureato (in Giurisprudenza e Pedagogia), Franco aveva accumulato un’esperienza importante, tipica tra l’altro della sua generazione, in cui si mescolavano l’impegno politico, la produzione culturale e la passione civica.
    A Firenze, dove conseguì, la prima laurea, aveva partecipato al Movimento del ’77 e agli Indiani Metropolitani.
    Una volta tornato a Cosenza, Franco mollò quasi subito il mondo forense e si lanciò nell’iperattivismo culturale, tra teatro (la cooperativa sperimentale Nuova Immaginazione) la letteratura (il romanzo La maledizione della conoscenza) e poesia (in particolare, la rivista poetica Inonjia, fondata e redatta con Angelo Fasano e Raffaele De Luca).
    Fu tra i primi obiettori di coscienza e, soprattutto, portò nella sinistra cosentina l’ispirazione libertaria delle esperienze del Centronord.

    La poesia

    Il vento libertario che ispirava Franco soffiava coi polmoni della poesia: in particolare, quella della Beat Generation.
    La città socialista, grazie anche a lui, iniziò a sognare un po’ d’America, quando l’America era l’America, e a emanciparsi dai riti della partitocrazia di provincia e da certe suggestioni d’oltre cortina.

    Non solo Invasioni

    Il Festival è solo il prodotto più vistoso della creatività di Dionesalvi.
    Il vulcanico assessore dell’era Mancini lasciò la sua impronta su iniziative più “solide”: a Cosenza, la Casa delle Culture, realizzata nell’antica sede del primo municipio, e a Rende il Museo del Presente. Entrambi concepiti come spazi aperti a disposizione di tutti i cittadini.
    Due domande sono obbligatorie: quante persone hanno svolto (o partecipato a) iniziative in una delle due strutture? E quanti di loro sanno che quelle strutture furono ideate da Dionesalvi?

    Franco Dionesalvi e la politica

    Per Franco Dionesalvi la politica era un impegno ideale. Poco propenso a “sporcarsi le mani” con l’amministrazione e i suoi inevitabili compromessi, capitolò al corteggiamento serrato di Giacomo Mancini solo nel ’97.
    E poi, terminata quell’esperienza, divenne un consulente “deluxe” della politica rendese e regionale. Ma rifiutò sempre l’impegno elettorale.
    Sempre bonario, mai sussiegoso, concepiva la cultura come dialogo e parlava con tutti, soprattutto con chi criticava le sue idee.
    Il ritorno di Franco a Invasioni fu un tentativo tardivo di ridare qualità a una città che cercava di recuperare qualcosa dei suoi anni d’oro.

    Oltre la politica

    I rimpianti e il cordoglio la dicono lunga: sui social si alternano Marcello Manna, l’attuale sindaco di Rende, e Sergio Crocco, storico capo ultrà e cuore pulsante de La Terra di Piero. Non sono mancate le condoglianze di Franz Caruso, il sindaco di Cosenza, e di Maria Pia Funaro, la sua vice.
    E, con loro, tante persone che, in un modo o nell’altro, avevano conosciuto Franco.
    Su tutto, troneggia l’immagine sorridente di Dionesalvi col sombrero, ispirata dal logo della storica rubrica che l’ex assessore ha tenuto per oltre un decennio sul Quotidiano, prima della Calabria e poi del Sud.
    Si può lottare contro tutti e sopravvivere a tutto. Ma al destino ci si deve arrendere, specie quando si presenta nelle vesti di una malattia letale.
    Franco si è arreso, non senza combattere, come nel suo stile.
    Con lui se ne va forse l’ultimo pezzo significativo degli anni ’90. E non ci si deve meravigliare se, nel suo caso, al cordoglio seguirà l’ennesima nostalgia.
    Ai suoi familiari e a suo fratello (e nostro collega de I Calabresi) Claudio, le nostre più sentite condoglianze.

  • Delitto a Mandatoriccio, confessa il marito

    Delitto a Mandatoriccio, confessa il marito

    Il delitto di Mandatoriccio costato la vita alla 71enne Domenica Caligiuri ha il più scontato dei colpevoli: suo marito Luigi Carlino. L’uomo, 73 anni, fermato poco dopo il ritrovamento del corpo della vittima non ha retto alle domande degli inquirenti. Crollato durante l’interrogatorio, ha confessato di aver ucciso sua moglie. Stando alle informazioni trapelate avrebbe descritto modalità e tempistiche dell’uxoricidio nei dettagli.

    Mandatoriccio, dopo la confessione del marito l’autopsia

    Carlino avrebbe anche fornito ai militari del Reparto territoriale di Corigliano Rossano, che stanno svolgendo le indagini, le indicazioni per fare trovare il coltello con cui ha ucciso la moglie. L’arma, però, non è stata ancora trovata. Il corpo di Domenica Caligiuri si trovava all’interno dell’abitazione della coppia a Mandatoriccio, sul letto matrimoniale sporco di sangue. Ora sarà l’autopsia a dover chiarire ulteriori particolari sull’accaduto e verificare se il racconto del marito corrisponda al vero. Secondo le prime ipotesi, l’accoltellamento della donna risalirebbe a un paio di giorni fa e il movente sarebbe da ricondurre ai frequenti litigi della coppia. Luigi Carlino avrebbe però continuato a comportarsi normalmente, finché i parenti della vittima, non avendo più notizie di lei, hanno allertato le forze dell’ordine. Quindi, la macabra scoperta nella mattinata di oggi.

  • Mandatoriccio, Domenica Caligiuri uccisa a coltellate: i sospetti sul marito

    Mandatoriccio, Domenica Caligiuri uccisa a coltellate: i sospetti sul marito

    I carabinieri hanno trovato a Mandatoriccio il corpo senza vita di Domenica Caligiuri sul letto matrimoniale della casa in cui la vittima viveva col marito. La donna, 71enne, è stata uccisa a coltellate. Il cadavere sarebbe rimasto lì per due giorni senza che il marito dell’insegnante facesse trapelare all’esterno quanto era accaduto. Domenica Caligiuri, insegnante in pensione, secondo i primi accertamenti sarebbe morta giovedì scorso. Da quel giorno suo marito avrebbe continuato a fare finta di nulla, senza avvertire nessuno e comportandosi come se nulla fosse.

    Il marito di Domenica Caligiuri interrogato a Mandatoriccio nega tutto

    Tra moglie e marito, stando alle prime ricostruzioni, i litigi sarebbero stati frequenti. I due coniugi avevano altrettanti figli, che non erano però in casa nel momento dell’omicidio. Il marito di Domenica Caligiuri, rintracciato dall’Arma e tuttora sotto interrogatorio nella caserma del paese, starebbe negando di essere il responsabile dell’omicidio. I sospetti sul suo conto restano però tanti. A dare l’allarme che ha fatto scattare le indagini che hanno portato al ritrovamento del cadavere di Domenica Caligiuri sono stati i parenti della donna, preoccupati per il fatto che da un po’ di tempo non avevano notizie di lei.

  • Reggio Calabria, il Comune la fa sfrattare ma interviene l’Onu

    Reggio Calabria, il Comune la fa sfrattare ma interviene l’Onu

    Rischiava di finire per strada, nel disinteresse del Comune di Reggio Calabria che avrebbe dovuto tutelarla, ma a garantirle ancora un tetto sotto cui dormire ha pensato l’Onu. E così, per la prima volta, in riva allo Stretto un provvedimento delle Nazioni Unite ha fermato l’esecuzione dello sfratto di una signora indigente. La donna non è l’unica ad aver corso questo rischio: sono 218 gli sfratti che il Tribunale cittadino ha deciso durante i due anni di pandemia, tutti in esecuzione nel 2022 dopo il blocco del biennio precedente.

    Il Comune e la Prefettura latitanti

    Gli enti dell’Osservatorio sul disagio abitativo, dopo aver lanciato l’allarme, avevano sollecitato il Comune e la Prefettura ad assumere delle misure operative per garantire il diritto alla casa alle famiglie sfrattate con reddito basso. ma, scrivono in un comunicato, «nessuna misura è stata adottata». Il Comune, infatti, «non ha neppure avviato le assegnazioni ordinarie per i casi di emergenza in graduatoria da dicembre 2020 e non ha fornito alcuna risposta alle istanze successive». Quanto alla Prefettura, «non ha costituito il tavolo sfratti richiesto dalla Ministra dell’Interno». Tant’è che la domanda di alloggio per sfratto che la signora ha inoltrato lo scorso dicembre attende ancora risposte.

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    Il Comune di Reggio Calabria

    Uno sfratto a Reggio sul tavolo dell’Onu

    A trovare una soluzione ha pensato Cesare Ottolini, membro della Segreteria nazionale Unione Inquilini e coordinatore dell’Alleanza Internazionale degli Abitanti. Ottolini ha presentato il 10 giugno scorso un ricorso al Comitato per i Diritti Economici, Sociali e Culturali dell’ONU. L’Italia, infatti, ha ratificato fin dal 2014 il Protocollo Opzionale del Patto Internazionale sui Diritti Economici, Sociali e Culturali. E l’Alto Commissario per i diritti umani dell’Onu ha accettato il ricorso il 22 giugno scorso. Il suo provvedimento chiede allo Stato italiano «di prendere misure urgenti per la sospensione dello sfratto» della donna. O, in alternativa, di offrirle una sistemazione che rispetti le sue esigenze.

    Grazie al documento dell’Alto Commissario, l’avvocato della signora, Francesco Nucara, ha presentato ricorso al Tribunale di Reggio Calabria. E quest’ultimo lo ha accolto con provvedimento del 28 giugno 2022. Ad emetterlo, il GOT Anna Marraffa, che ha sospeso l’esecuzione dello sfratto del 29 giugno fissando l’udienza del procedimento per il 19 luglio prossimo.

    Onu e Tribunale concordi, che farà ora il Comune di Reggio?

    Esultano l’Osservatorio sul disagio abitativo, il CSOA Angelina Cartella e le associazioni “Un Mondo Di Mondi”, “Reggio Non Tace”, “Ancadic” e “Società dei Territorialisti/e Onlus”. «Per la prima volta nella nostra città – commentano in una nota – grazie all’intervento dell’Onu e la positiva risposta del Tribunale è stato affermato il principio di legge che l’esecuzione di uno sfratto è legale e quindi è possibile solo se viene garantito alla persona sfrattata a basso reddito il passaggio da casa a casa, mentre in caso contrario l’esecuzione è illegittima e deve essere fermata». Immancabile la stoccata finale al Comune: «Il Tribunale di Reggio Calabria con questo provvedimento ha dimostrato di rispettare il diritto alla casa sancito dai trattati internazionali mentre il Comune, purtroppo, continua a non farlo. Dopo l’intervento dell’Onu e la risposta del Tribunale, il sindaco f.f. Brunetti deciderà ancora di mettere il Comune fuori dalle norme del diritto internazionale?».

    Il sindaco facente funzioni Brunetti
  • In fiamme auto del capogruppo del Pd a San Giovanni in Fiore

    In fiamme auto del capogruppo del Pd a San Giovanni in Fiore

    Un incendio sulle cui cause sono in corso accertamenti ha distrutto, nella notte, a San Giovanni in Fiore, in provincia di Cosenza, l’auto di un avvocato, Domenico Lacava, di 53 anni, già candidato sindaco e attualmente capogruppo del Pd nel Consiglio comunale del centro silano. L’auto era parcheggiata in via Panoramica, in una zona centrale della cittadina. Le fiamme si sono propagate anche ad un’altra autovettura posteggiata nelle vicinanze che è stata seriamente danneggiata. Sono in corso le indagini dei carabinieri intervenuti sul posto e le verifiche dei vigili del fuoco per stabilire le cause che hanno scatenato l’incendio. Al momento non si esclude alcuna ipotesi sulle cause del rogo.

  • Traffico internazionale di droga tra Sudamerica e Reggio Calabria: 19 arresti

    Traffico internazionale di droga tra Sudamerica e Reggio Calabria: 19 arresti

    È scattata all’alba l’operazione antidroga “Hermano” con l’arresto di 19 persone. I carabinieri hanno dato esecuzione a un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip su richiesta della Direzione distrettuale antimafia. Al centro dell’inchiesta ci sono diversi soggetti residenti a Taurianova, nella Piana di Gioia Tauro. Il blitz ha interessato anche le province di Milano, Parma, Verona e Vicenza. Gli indagati sono accusati di aver fatto parte di un’articolata organizzazione criminale, capace di gestire un fiorente traffico di sostanze stupefacenti. Stando alle risultanze investigative dei carabinieri, coordinati dal procuratore Giovanni Bombardieri, la droga veniva acquistata in Sudamerica e, passando attraverso il canale spagnolo, arrivava poi in Italia dove veniva rivenduta in diverse città settentrionali.

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    Il procuratore di Reggio Giovanni Bombardieri

    Erano in contatto con narcos peruviani le 19 persone arrestate, sette in carcere e 12 ai domiciliari, nell’ambito dell’operazione “Hermano”. Tra i destinatari del provvedimento di arresto emesso dal Gip Giovanna Sergi, c’è Carmelo Bonfiglio, di 42 anni, ritenuto uno dei promotori e organizzatori dell’associazione a delinquere finalizzata al traffico di droga. Stando all’indagine Bonfiglio teneva i contatti con i fornitori spagnoli e albanesi. Ma soprattutto con i peruviani. Con questi ultimi produttori di cocaina, infatti, secondo la Dda, gli arrestati avrebbero goduto di rapporti privilegiati grazie ai quali erano in grado di acquistare partite di droga a prezzi concorrenziali: 32mila euro al chilo a fronte di un prezzo di mercato che va dai 35 ai 40mila euro.

    Carcere anche per Rocco Camillò di 44 anni, Diego Giovinazzo (46 anni), Palmiro Cannatà (62 anni), Salvatore Sanò (60 anni), Damiano Veneziano (33 anni) e Antonio Pedullà (36 anni). Il gip ha disposto i domiciliari per Antonio De Luca di 71 anni, Antonio Ranieli (71 anni), Francesco Macrillò (64 anni), Francesco La Cognata (44 anni), Maurizio Scicchitani (55 anni), Antonio Zangari (53 anni), Gino Carlo Melziade (50 anni), il peruviano Oscar Bruno Bagigalupo Lobaton (47 anni), Donato Melziade (63 anni), Endri Dalipaj (33 anni), Gioacchino Marco Molé (30 anni) e Riccardo Ierace (34 anni). Sono 56 gli indagati dell’inchiesta partita nel dicembre 2017 dopo un arresto per durante un controllo di polizia.

    All’epoca, infatti, all’interno di un auto, i carabinieri trovarono 3 chili e 400 grammi di infiorescenze di cannabis indica essiccata. Da quel sequestro, si è risaliti prima a Palmiro Cannatà e poi a Carmelo Bonfiglio riuscendo così a ricostruire la filiera della droga, ma anche a delineare la struttura della consorteria criminale capace di gestire i traffici di marijuana, hashish e cocaina. È emerso che gli arrestati riuscivano a importare in Italia ingenti partite di droga. I carichi venivano nascosti in “scomparti segreti” all’interno dei veicoli utilizzati per il trasporto nelle principali città italiane, tra cui Milano e Roma. Lì lo stupefacente veniva suddiviso in dosi e smerciato.

    Libri di cocaina

    Per sviare i controlli delle forze dell’ordine e quelli in aeroporto, la cocaina smerciata dal gruppo criminale smantellato nell’ambito dell’operazione “Hermano” condotta dai carabinieri e coordinata dalla Dda di Reggio Calabria veniva trasportato in forma liquida, chimicamente intrisa nelle fibre di valigie o addirittura saturandola nei libri per poi estrarla attraverso processi chimici di reazione molecolare che ne consentono il recupero. Un metodo emerso in fase di indagini quando a Biella i carabinieri sequestrarono 250 grammi di cocaina trasportata in un trolley insieme a due bidoni di solvente che, secondo gli investigatori, sarebbe servito al processo inverso di estrazione della sostanza. Ai 19 indagati, sette in carcere e 12 ai domiciliari, viene contestata anche l’aggravante della natura transnazionale del traffico di stupefacenti.

    I carabinieri, indagando, sono riusciti a scoprire che il coordinamento delle attività veniva gestito anche dall’interno del carcere di Ivrea. Per il gip Sergi, l’episodio è «degno di un best set cinematografico hollywoodiano». In sostanza, «una banda di detenuti, per la maggior parte sudamericani – è scritto nell’ordinanza – divulgava disposizioni all’esterno su dove, come e quando commercializzare cocaina, oppure ordinava dosi della medesima sostanza stupefacente da introdurre nel carcere e, per finire, dava indicazioni sul traffico della droga da e per l’Ecuador. Il tutto mediante l’uso illegale di un telefono cellulare munito di regolare sim card».

    L’ombra della ‘ndrangheta

    Alcuni indagati sono ritenuti affiliati alla ‘ndrangheta. Altri, invece, stando all’inchiesta, erano in contatto con personaggi legati alle cosche mafiose calabresi come i Papalia operanti a Milano o affiliati alle famiglie Molé di Gioia Tauro, Cacciola-Grasso di Rosarno, Ierace di Cinquefrondi, Manno-Maiolo di Caulonia e Facchineri di Cittanova. Tra gli indagati, infatti, c’è Luigi Facchineri per il quale il gip ha rigettato l’arresto. Agli atti dell’indagine, coordinata dal procuratore Giovanni Bombardieri, c’è pure la famiglia De Stefano di Reggio Calabria. Secondo i pm, infatti, con un esponente rimasto ignoto del clan di Archi, Carmelo Bonfiglio avrebbe anticipato 25mila euro per l’acquisto in Spagna e il trasporto in Italia di un carico di marijuana.