Autore: Nino Mallamaci

  • Ma il nuovo Pd targato Schlein su Reggio non ha nulla da dire?

    Ma il nuovo Pd targato Schlein su Reggio non ha nulla da dire?

    Anche se si continua a definirle “del PD”, le primarie svoltesi quasi due settimane addietro sono state, per fortuna e per scelta lungimirante e azzeccata, “del Centrosinistra”. Senza trattino.
    Per chi ha a cuore le sorti della parte progressista dello schieramento politico italiano, e non i propri interessi personali o della “ditta”, tale modalità di partecipazione all’elezione del vertice del PD è l’unica capace di assicurare il più ampio coinvolgimento del popolo della Sinistra, con vantaggi immediati e di prospettiva per essa e per la democrazia italiana. Per la democrazia italiana per una ragione oggettiva, certificata dai numeri.

    La Sinistra degli enunciati

    Tante le ipotesi in questi anni per spiegare l’astensione crescente che ha caratterizzato le elezioni nel nostro Paese. Tra queste, la disillusione degli elettori di Sinistra, allontanatisi legittimamente dalle urne perché orfani politici di un soggetto che portasse avanti le battaglie ideali del progressismo, schiava com’è del neo liberismo figlio dei vari Blair, Clinton, D’Alema, e via dicendo.

    terza-via-pd-schlein-falcomata-e-reggio-non-ha-nulla-da-dire
    Tony Blair, Fernando Cardoso, Massimo D’Alema, Bill Clinton, Lionel Jospin e Gerhard Schroeder

    Ampliamento dei diritti civili e sociali; contrasto alle diseguaglianze; tutela dei titolari di nuove forme di lavoro, e non solo di occupati nei settori tradizionali; redistribuzione della ricchezza prodotta; lotta alla disoccupazione; garanzie sulla qualità e l’estensione dei servizi pubblici. Su questi temi, e su tanti altri, i progressisti (sulla carta) si sono limitati agli enunciati. O, peggio ancora, hanno agito in continuità con le forze conservatrici e liberiste.

    Per la prima categoria possiamo citare, ad esempio, la questione dello Ius soli: nel momento decisivo, abbiamo assistito ad una ritirata indecorosa ed incomprensibile. Per la seconda l’infausta decisione sull’articolo 18. E va bene che a compierla fu il partito di Renzi, ma altrettanto vero è che non si registrò quella sommossa che sarebbe stato lecito attendersi, se non da parte di alcuni.

    La sorpresa Schlein

    Le primarie aperte, e il fatto che si siano mosse verso i seggi un milione e centomila persone, sono gli elementi che hanno generato il benefico stravolgimento dell’elezione di Elly Schlein. Importante in sé, per la piattaforma schiettamente di Sinistra sulla quale ella ha basato la sua campagna, ma non solo. La sua vittoria, se Schlein manterrà il profilo che l’ha sempre contraddistinta, riporterà a casa e alle urne gli orfani politici di cui sopra.

    primarie-pd-schlein-falcomata-e-reggio-non-ha-nulla-da-dire
    Elly Schlein festeggia la vittoria alle primarie

    Lo dimostrano i sondaggi e, ancora di più, l’impennata di iscritti al PD, determinata dalla speranza che esso trovi una sua precisa identità e intraprenda un cammino che sia in sintonia con un soggetto di centrosinistra alternativo rispetto alle politiche liberiste. Sono trascorse appena due settimane dall’exploit di Schlein, e perciò non è certo tempo di bilanci. Tuttavia, i segnali positivi non sono mancati. Sia quelli indirizzati all’interno dello schieramento progressista, sia quelli con destinatario il Governo.

    La destra fa la destra (italiana)

    A proposito del Governo, una considerazione è necessaria. Esso è un esecutivo di destra, che si muove e agisce come un esecutivo di destra. E di una destra con una precisa identità e una matrice ben identificabile. Non è la CDU tedesca, e Meloni non è Merkel. Storie personali e politiche diverse; riferimenti culturali e politici sideralmente distanti: radici nella destra fascista italiana per Meloni; nel centrodestra tedesco, che ha fatto da quasi 80 anni i conti col passato della Germania e non è mai sceso a patti con l’estrema destra, per la Merkel.

    Mi stupisce lo stupore – ipocrita e finto in certi casi – col quale vengono accolti scelte, posture, atteggiamenti della destra al governo. Non esclusivi di Meloni, beninteso; gli altri partiti della maggioranza non hanno nulla di diverso dai fratelli e dalle sorelle d’Italia. Anzi, forse sono gli esponenti del partito di maggioranza relativa e la loro condottiera a sforzarsi, con scarsi risultati, nel non apparire eredi diretti di una dottrina che ha sconquassato l’Italia, l’Europa, l’intero pianeta.

    Le prime mosse? Niente questione morale

    Ma torniamo a Schlein e al nuovo corso del Partito democratico. La segretaria del PD ha preso posizione sui più importanti temi sul tappeto, compreso quello scottante, decisivo e divisivo della guerra in Ucraina. Ella ha evitato la prassi di dare un colpo al cerchio e uno alla botte. Rifuggendo meritevolmente il vago, si è detta favorevole a proseguire con l’appoggio al Paese aggredito, coerentemente col suo voto in Parlamento. D’altro canto, ha tenuto a segnalare la necessità di uno sforzo diplomatico dell’Unione europea per trovare una via d’uscita a un conflitto che rischia di sfociare in un’escalation micidiale e globale.

    Palazzo_San_Giorgio_-_Reggio_Calabria_-_Facciata_dal_lato_sinistro
    Palazzo San Giorgio, il municipio di Reggio Calabria

    Ma la nuova segretaria del PD non ha toccato un tema che ci riporta alle vicende calabresi e reggine in particolare. Si tratta della questione morale, sulla quale vi è a mio avviso l’esigenza di un forte segnale di discontinuità. Il Comune di Reggio versa da tempo in una condizione di minorità dal punto di vista amministrativo e politico, con il sindaco – del Comune e della Città metropolitana – e diversi esponenti della Giunta e della maggioranza sospesi in applicazione della legge Severino. In più, un consigliere, ex capogruppo del PD, è il principale accusato perché avrebbe imbastito un sistema di brogli nelle elezioni comunali nelle quali è stato eletto lo stesso sindaco Giuseppe Falcomatà.

    Falcomatà e il caso Miramare

    Tornando a quest’ultimo, qualche giorno fa sono state depositate le motivazioni della sentenza d’appello che ha riformato quella di primo grado portando la condanna da un anno e quattro mesi a un anno per il processo “Miramare”. Sono stati condannati invece a sei mesi gli assessori, la segretaria comunale, la dirigente del settore interessato e l’imprenditore. Nelle motivazioni, Falcomatà è individuato come «vero regista della vicenda». I giudici lo evincono dai messaggi Whatsapp scambiati tra i membri di Giunta in prossimità della seduta dell’esecutivo: essi documentano in modo pregnante il suo interesse personale all’esito della pratica, percepito dagli assessori come “un suo desiderio” da assecondare.

    Il collegio giudicante ha rilevato che questi e altri contatti «documentano senza possibilità di equivoci le tensioni e le accese discussioni che hanno accompagnato e seguito la trattazione della pratica Miramare prima ancora della riformulazione del testo definitivo, evidente frutto di una soluzione di compromesso nell’intento di tutti di assecondare i desiderata del sindaco. Le richiamate emergenze concorrono senz’altro a dimostrare l’interesse personale perseguito dal Falcomatà con la delibera in oggetto, che ciascun imputato, ognuno nel proprio ruolo, ha concorso a realizzare».

    Giuseppe Falcomatà

    Secondo i giudici d’appello, alla fine, si configura la commissione del reato d’abuso d’ufficio per «l’affidamento in via diretta dell’uso dei locali di un prestigioso immobile comunale, per svolgere eventi finalizzati a valorizzare le risorse culturali, territoriali e turistiche della città ad un’associazione del tutto sconosciuta nel panorama degli enti no profit cittadini, senza la benché minima valutazione comparativa di proposte progettuali di altri soggetti interessati, omettendo il necessario vaglio di congruità tecnico ed economica dell’unica istanza considerata, violando le norme sulle competenze attribuite dall’art. 42 Tuel al Consiglio comunale». Questo, in sintesi, il quadro comportamentale criminoso cristallizzato dal collegio giudicante nelle motivazioni alla sentenza.

    Sciogliere il Consiglio a Reggio Calabria?

    Veniamo al dato politico – amministrativo e, direi, etico e morale. Il Comune di Reggio e la Città metropolitana sono retti da quasi due anni da due supplenti, e da un esponente della destra è venuta la richiesta di scioglimento del Consiglio in applicazione dell’art. 141 del Testo unico sugli Enti locali. A mio avviso, rilevare nella situazione del Comune di Reggio la sussistenza degli elementi contenuti nella norma in questione potrebbe essere solo il frutto di una forzatura, anche in considerazione della gravità della sanzione che ne scaturirebbe. Tuttavia, il ragionamento non si può chiudere a questo punto. Bisogna senz’altro sottolineare la pretestuosità della posizione favorevole allo scioglimento del Consiglio dettata da situazioni passate, determinate dalla destra, ben più gravi di quella che ci occupa.

    La sede della Corte di Cassazione a Roma

    Il ragionamento deve però proseguire passando dal piano giuridico a quello politico, etico e morale. Nel quale entra in scena Elly Schlein e l’auspicato nuovo corso del Partito democratico sotto la sua guida. Dopo le puntuali, precise, gravi motivazioni dei giudici di secondo grado, è possibile ancora fare finta di niente?
    Anche considerando la vischiosità del reato di cui parliamo, e del dibattito aperto sulla sua consistenza giuridica (soprattutto dalla destra, in verità), reato che comporterebbe, ad avviso dei sostenitori della sua abrogazione, la quasi paralisi dell’attività amministrativa per il cosiddetto “terrore della firma”? È ammissibile puntare sulla presunzione di innocenza fino alla pronuncia della Cassazione dopo una simile condanna per fatti giuridicamente acclarati, posto che il giudizio della Suprema Corte non investe i profili fattuali ma quelli di legittimità?

    Il primato (e gli strumenti) della politica

    Ci si lamenta spesso del ruolo di supplenza assunto dall’apparato giurisdizionale rispetto alla politica. Esso si manifesta, tuttavia, proprio quando la politica non interviene con gli strumenti a sua disposizione, anche in presenza di fatti e atti gravi, che contribuiscono ad accrescere la sfiducia dei cittadini nei confronti delle Istituzioni. Che è poi una delle cause della disaffezione e della diserzione dalla politica attiva e dalla sua manifestazione più importante: il voto.

    Per tutti questi motivi, sarebbe opportuno, urgente, un intervento della nuova segretaria del Partito democratico. Per porre fine ad una vicenda che si trascina da troppo tempo e che non ha senso alcuno procrastinare. Per dare un segnale forte di cesura rispetto al passato. Per costruire una proposta politica credibile, per la città di Reggio, in grado di mettere almeno in discussione uno sbocco favorevole alla destra che, alle condizioni attuali, appare ai più scontato.

  • Autonomia scolastica: a rischio il 25% degli istituti

    Autonomia scolastica: a rischio il 25% degli istituti

    L’arsenale di armi puntate contro le aree deboli del Paese, e quindi contro il Mezzogiorno e la Calabria, si arricchisce. Accanto all’autonomia differenziata e alle gabbie salariali applicate agli insegnanti, ecco la proposta per il “dimensionamento e la riorganizzazione” delle scuole, già licenziata dal Governo e attualmente all’esame della Conferenza Stato – Regioni.

    Calabria: a rischio il 25% delle scuole

    Secondo il piano, le istituzioni scolastiche dotate di autonomia passerebbero, su tutto il territorio nazionale, da 8.158 a 7.461: meno 697 unità. Ma da un esame più approfondito della tabella pubblicata dal Corriere della Sera emerge che le regioni più colpite dal provvedimento sarebbero la Sicilia, la Campania e, sul podio come spessissimo accade per le cose negative, la Calabria, rispettivamente con – 146, – 109, – 79.
    Nella parte medio – bassa della classifica si piazzano Lombardia e Piemonte (-20), Liguria (-18), Emilia Romagna (-15). Il dato percentuale è ancora più indicativo: nella nostra regione le scuole autonome sarebbero alla fine il 25 % in meno. Di gran lunga il dato relativo più alto di tutti!

    scuole-calabria-rischio-25-istituti-calo-demografico
    Un’aula deserta

    La bassa demografia uccide le scuole in Calabria

    Se il piano non dovesse essere approvato dalla Conferenza, lo Stato eserciterà il potere sostitutivo: perderanno l’autonomia gli Istituti con meno di 900 alunni. Mentre alcune Regioni si accingono ad impugnare la decisione davanti alla Consulta, è il caso di farsi qualche domanda. Se è vero che tali scelte sono la conseguenza diretta del calo demografico, che colpisce le regioni del Sud e con particolari virulenza e drammaticità la nostra, altrettanto lampante risulta la correlazione tra calo della popolazione e riduzione dei servizi, specie nelle aree interne.

    Le Poste: un esempio in controtendenza

    Queste azioni perpetuano un circolo vizioso: il cane si morde la coda perché nessuno gli offre la soluzione per smettere. Come, ad esempio, sta tentando di fare Poste italiane, che con il progetto “Polis” punta a promuovere la coesione economica nelle aree interne del Paese e a realizzare un nuovo punto di aggregazione per le persone. Si potranno ottenere i passaporti utilizzando l’Ufficio postale e sbrigare lì le pratiche burocratiche per il rilascio della carta d’identità. Un’applicazione da manuale del principio di sussidiarietà. Delle aree interne e dei piccoli agglomerati urbani, della necessità di preservarli, rilanciarli, tutelarli, si è molto scritto e detto. Lo spopolamento di interi pezzi di territorio è una delle ragioni del degrado, dal punto di vista geo morfologico, sociale, economico, civile, della lotta alla criminalità comune e organizzata.

    scuole-calabria-rischio-25-istituti-calo-demografico
    La presentazione del progetto Polis di Poste Italiane

    La parola agli esperti

    Nel momento in cui si fanno scelte penalizzanti, come questa, si dà un segnale di assoluta incoerenza tra il predicato e il praticato. Salvo poi stracciarsi le vesti quando, anche a causa della mancata presenza dell’uomo, la nostra terra viene squassata, ad esempio, da incendi, alluvioni, immani fenomeni franosi. Abbiamo voluto coinvolgere nell’esame degli argomenti trattati in questo articolo il professor Vittorio Daniele, docente di Politica economica dell’Università di Catanzaro, e il professor Vito Teti, docente di Antropologia culturale dell’UniCal.

    Daniele: a furia di tagliare si fa il deserto

    «Il dimensionamento delle istituzioni scolastiche – esordisce il prof Daniele – riduce dirigenti e personale di segreteria. Il criterio è contrarre la spesa riorganizzando la rete degli istituti e il Sud ne è particolarmente colpito».

    Alla base della scelta vi è un fatto oggettivo: «La riduzione del numero di alunni dovuta alla bassa natalità, aggravata nel Mezzogiorno dall’emigrazione che riguarda in particolare i centri interni. La Calabria è la regione col più elevato tasso migratorio verso il Nord del Paese». Questa profonda modificazione demografica «porta allo spopolamento dei comuni interni. Nella logica della razionalizzazione economica, esso si accompagna con la riorganizzazione dei servizi pubblici nel territorio: la chiusura, cioè, di uffici postali, reparti ospedalieri, scuole, sedi di tribunali e, per la stessa logica, sportelli bancari: desertificazione demografica ed economica».

    Vittorio Daniele
    L’economista Vittorio Daniele

    Un circolo vizioso

    E, invece di invertire la rotta, si continua a percorrere una strada che, oggettivamente, porta ad un inasprimento del problema. «La chiusura dei servizi – continua Daniele – alimenta il processo perché riduce i posti di lavoro diretti e indotti che essi creano nel fragile tessuto economico di quei centri e, privando quei luoghi di servizi, spinge i residenti, soprattutto i più giovani, a spostarsi altrove. La necessità di ridurre la spesa pubblica, considerata dal lato dei costi ma non dei benefici complessivi per la popolazione, peggiora i problemi sociali ed economici di molti territori già economicamente marginali. Non può essere solo la logica ragionieristica dei costi a guidare l’azione pubblica». La politica pubblica deve porsi l’obiettivo, più generale, del «benessere della popolazione e la creazione di condizioni di effettiva uguaglianza».

    Teti: giù le mani dalle scuole in Calabria

    Il progetto di accorpamento scolastico, se portato a compimento, «causerà – secondo l’antropologo Vito Teti – difficoltà e disagi a ragazzi, studenti, cittadini, famiglie. Esso è ingiusto e contiene possibili profili di incostituzionalità perché comporterebbe una restrizione dei diritti in alcune aree del Paese». Verrebbero penalizzati i cittadini che vi abitano e che già hanno problemi di lavoro, di trasporti, di assenza o carenza di vie di comunicazione, di insufficienza dei servizi sanitari.

    Fuga dalla Calabria senza servizi e scuole

    «Essi – sostiene Teti – sono privati di qualcosa di essenziale per la vita dei centri abitati di piccole dimensioni. Rendere più difficile l’accesso all’istruzione scoraggia la tensione al miglioramento e restringe l’area dei diritti». La questione delle aree interne non è però limitata a quelle calabresi. «Investe tutto l’Appennino e le Alpi».

    Non finisce qui. Infatti, continua l’antropologo originario di San Nicola da Crissa, in provincia di Vibo: «La Calabria ha perso circa 100mila abitanti nell’ultimo anno. A questo fenomeno epocale non viene data però la giusta rilevanza. Interi paesi, entro 10 o 20 anni, moriranno. Un danno per questi e per quelli delle coste, e anche per i centri urbani più grandi». Non è solo una questione culturale e demografica. «I paesi interni – spiega Teti – sono anche dei presidi ecologici: non devono destare meraviglia fenomeni estremi e disastrosi come quelli di Soverato o di Crotone, o i continui e micidiali movimenti franosi o gli incendi che distruggono interi boschi».

    scuole-calabria-rischio-25-istituti-calo-demografico
    L’antropologo Vito Teti

    Ci salverà il paesaggio?

    «Bisogna investire sulla tutela del territorio, sui boschi, sulla pietra. Il paesaggio dovrebbe costituire, se opportunamente popolato e quindi manutenuto, una risorsa, non un problema. In questa direzione ho suggerito provocatoriamente anni fa che ogni paese dovrebbe avere un piccolo museo per raccogliere la memoria e le speranze dei suoi abitanti e per fungere da luogo di cultura e di aggregazione: per guardare la partita, giocare a carte, presentare libri. Se si chiude tutto, nessuno vorrà restare o tornare in un posto invivibile per l’assenza di ogni servizio alla persona e alla collettività».

    La lotta ai terremoti crea lavoro

    Cosa si può e si deve fare, allora? «Non ci si può illudere  – commenta Teti – di risolvere il problema in 5 o 10 anni. Bisogna pensare a un progetto per creare posti di lavoro allettanti, utili, uno stimolo per i giovani a rimanere e, nel contempo, creatori di realtà dove essi abbiano voglia di rimanere. Occorre avviare un’opera di risanamento e quindi di tutela del paesaggio e dei centri storici. La Calabria è zona sismica, nella quale mettere in sicurezza edifici pubblici abitazioni private creerebbe lavoro produttivo, non assistenza, utilizzando manodopera locale e risorse materiali locali come legno e pietra. La nostra regione ha un’evidente vocazione turistica, ma se si svuota chi accoglierà i turisti?».

    Reggio devastata dal terremoto del 1908

    Intanto «la scelta ecologica è fondamentale, soprattutto se messa in relazione con la crisi climatica. La Calabria, nonostante scempi ed errori, ha tanto, e non ha bisogno di ulteriore cemento. È necessario tornare alla terra, certo non in forme e modalità arcaiche; valorizzare i prodotti tipici, che non solo non vengono valorizzati ma neanche coltivati. Prodotti provenienti da altre parti del mondo vengono spacciati per locali. Abbiamo il mare, la montagna, la collina, e i relativi frutti». Si tratta di un unicum nel Mediterraneo, non solo in Italia».

    Storia di chi (non) torna

    «All’inizio vi è stata l’impressione che molti volessero tornare. Ma chi è rientrato a lavorare da remoto ha trovato difficoltà a rimanere in posti che offrivano poco o nulla a livello di servizi. Il lavoro a distanza va calato in una comunità complessivamente funzionante, dove ci sono negozi, luoghi di ritrovo, servizi pubblici e privati. Non si possono chiedere atti di eroismo alle persone, cioè tornare in luoghi invivibili. Se chi viene rimane deluso non lo farà più definitivamente, e la fiammella della speranza si spegnerà.

    E i musei come quello del mare a Reggio? Teti risponde: «Non conosco il progetto di Reggio. In linea di massima i musei sono un’ottima opportunità, ma se hanno certe caratteristiche. Ho proposto un museo per ogni paese. Musei che raccontino la storia e la memoria della collettività, che attivino forme di socialità e collaborazione culturale. La domanda da porsi è: quanti posti di lavoro crea una realizzazione? Se ne consegue la possibilità di rimanere per chi lo vuole, va bene. Ovviamente per chi vuole, non per chi desidera andare via ritenendo di poter migliorarsi altrove».

    scuole-calabria-rischio-25-istituti-calo-demografico
    Il progetto del Museo del mare di Reggio Calabria

    Scuole e non solo: rimedi peggio del male

    Cosa resta da fare? «Da 40 anni – argomenta Teti – parlo di museo dell’identità calabrese e di contrasto allo spopolamento. Nessuno dava importanza a questi temi, a queste proposte. Ora che i buoi sono scappati si tenta di rimediare con risposte sbagliate o, come abbiamo visto, con provvedimenti peggiorativi. Abbiamo 800 km di costa. La crisi climatica può comportare grandi problemi, e già l’innalzamento del livello del mare ha generato spese enormi per la protezione delle vie di comunicazione e degli abitati costieri. Nonostante ciò, essa viene vissuta come una cosa lontana, che non ci riguarda. Se non si ha la consapevolezza necessaria, tutti i problemi sono irrisolvibili».

    Questa la conclusione di Vito Teti, implicitamente rivolta a tutti, ai cittadini come ai decisori pubblici. La Calabria era “sfasciume pendulo sul mare”, secondo Giustino Fortunato. Nel futuro, se non s’inverte il trend, diventerà «sfasciume deserto pendulo sul mare».