Autore: Nino Mallamaci

  • Reggio di cuore: volontari e migranti nel doc di Melasi

    Reggio di cuore: volontari e migranti nel doc di Melasi

    La proiezione di un bellissimo documentario, dal titolo Armo, storie di volontari e di migranti, ha impreziosito i festeggiamenti in onore di San Luca, nella parrocchia di Reggio Calabria retta da don Bruno Cipro. Proprio don Bruno, in apertura, ha sottolineato ciò che in tanti pensano: la mancanza di coerenza di chi, pur professandosi cristiano, ha difficoltà (eufemismo, n.d.r.) ad accogliere chi fugge da fame, guerre, siccità.

    caritas-reggio-calabria-doc-melasi-migranti-volontari
    La parrocchia di San Luca a Reggio Calabria, retta da don Bruno Cipro

    In 51 emozionanti e commoventi minuti, il filmato mette insieme una serie di testimonianze e di immagini tratte dagli sbarchi nel porto della città dello Stretto. Prodotto dalla Caritas diocesana di Reggio Calabria, col contributo di quella nazionale, è stato magistralmente realizzato dal regista Antonio Melasi, con la parte musicale curata da Mauro Giamboi.

    Melasi ci tiene a precisare che non è stato pubblicato on line per privilegiare gli incontri dal vivo, per dare la possibilità di gustarlo meglio e di commentarlo a chiunque ne abbia voglia. Per promuoverne la visione si deve semplicemente inviare una comunicazione all’indirizzo caritasreggiocalabria@gmail.com, indicando promotore, luogo e data indicativa della proiezione.

    caritas-reggio-calabria-doc-melasi-migranti-volontari
    Il doc del filmaker Antonio Melasi (in foto) è stato prodotto dalla Caritas di Reggio Calabria

    Rendere per iscritto cosa si prova guardando quelle immagini è comunque difficile. Accanto alla sofferenza dei migranti appena sbarcati dopo i viaggi della speranza, che abbiamo imparato a conoscere ancor di più negli ultimi tempi, è ben visibile il patimento dei tantissimi volontari che si sono spesi e si spendono per aiutare, soccorrere, accogliere i migranti. Tuttavia, gli intervistati e gli intervenuti alla proiezione hanno voluto mettere in rilievo che, accanto ai momenti di sconforto, non sono mancati quelli di vera gioia. Tutti hanno rimarcato la bellezza di un’esperienza così totalizzante e coinvolgente da lasciarli certamente migliorati e arricchiti, anche rafforzati nella fede.

    Di questo comune sentire si è resa portavoce Bruna Mangiola, coordinatrice della Caritas per gli immigrati e da sempre impegnata nel volontariato cattolico. Ha elogiato il popolo reggino, che è accorso sempre più numeroso per prestare la propria opera, evidenziandone anche il cambiamento nell’atteggiamento nei confronti dei fratelli africani. Ha quindi offerto la sua testimonianza Luciano Gerardis, già presidente della Corte d’Appello di Reggio, che nel 2012 ha dato vita a Civitas, un’associazione la cui missione è quella di sensibilizzare la società civile sui temi del servizio alla collettività, della legalità, dell’affermazione dei diritti.

    La rinascita di Mussa

    Il documentario ha il pregio di descrivere passo passo il processo di crescita del movimento partecipativo alle vicende dei migranti. Due, a mio avviso, le storie più significative in esso narrate, una legata a un uomo, l’altra a un luogo. Mussa è un ragazzo del Senegal sbarcato a Reggio che è riuscito a costruirsi una nuova vita, grazie al sostegno della comunità ecclesiale di Cannavò. Oggi, oltre a lavorare, studia all’Università e nella nostra città ha trovato anche l’amore, una ragazza con la quale convive.

    Armo è la contrada che dà anche il titolo al documentario. Proprio ad Armo è stato realizzato un sito per la sepoltura di coloro, purtroppo tanti, che non ce l’hanno fatta, che hanno lasciato nelle acque del Mediterraneo vita e speranze. Anche in questo caso la collaborazione è stata il tratto distintivo della vicenda. Toccanti le immagini nelle quali si vedono le suore e altri nostri concittadini, adulti e ragazzi, posare fiori e versare lacrime sulle tombe bianche con sotto i corpi di sconosciuti, molti senza nome. Un segno tangibile dell’umanità che l’uomo è capace di tirare fuori dalla propria anima. Forse ciò accade troppo di rado, ma è motivo d’orgoglio che sia successo nella nostra terra di Calabria.

  • Mimmo Lucano: arriva la luce alla fine del tunnel

    Mimmo Lucano: arriva la luce alla fine del tunnel

    Ieri, alle cinque e mezza del pomeriggio, la mia mente è andata al teletrasporto. Che stramberia, penserete. E a ragione.
    Ma nel tumulto che mi ha investito quando Sasà Albanese mi ha confermato che Mimmo Lucano era stato (sostanzialmente) assolto, la ragione non c’entra. Perché in quel momento l’unico gesto che avrei voluto compiere era quello di abbracciare Mimmo, dal quale però mi separavano 130 chilometri.
    Mimmo, poco tempo fa mi aveva dichiarato in un’intervista che sarebbe andato in galera senza chiedere sconti di alcun genere. Condannatemi, aveva detto. Prendetevi fino in fondo le vostre responsabilità. Dopo aver coperto la distanza tra Reggio a Riace l’ho trovato lì dove m’aspettavo che fosse: in piazza, non in galera.
    A Riace, il paese dei miracoli, dove umanità, solidarietà, amore non sono parole. Sono volti, baci, abbracci, sorrisi, mani che si stringono e si protendono per soccorrere chi zoppica, chi è stanco, chi è affamato.

    Mimmo Lucano: Riace di tutti i colori

    Mani di colore diverso, perché nella Riace di Mimmo il colore che conta è quello del sangue, uguale per tutti. Del cielo, uguale per tutti. Del grano o delle foglie degli alberi, uguale per tutti.
    Abbraccio Mimmo a occhi chiusi, ma vedo bene che in quell’istante lui è il mondo intero, con le sue brutture e le sue bellezze. Imperfetto, a volte sordo. Però in momenti come questi meraviglioso.

    mimmo-lucano-cadono-accuse-piu-pesanti-ex-sindaco-riace
    Una bella immagine di Mimmo Lucano

    Tanti amici e compagni sono lì, a condividere la luce dopo un tunnel buio e triste. Troppo, insopportabilmente lungo. Certo, nell’attraversarlo, Mimmo Lucano ha dimostrato una resistenza erculea. La tenebra nella quale ha camminato è stata penetrata da tanti raggi di sole: i suoi estimatori, sparsi in tutto il mondo. Tuttavia, credo che non ne sarebbe venuto fuori se non avesse avuto, dentro di sé, la forza delle sue idee. Incrollabili. Rocce che alcun corso d’acqua ruggente e violento avrebbe potuto trascinare via.
    I principi di una vita, saldi in lui fin da ragazzo. Quelli l’hanno guidato già prima di Riace, e quindi hanno segnato anche quell’esperienza. Non poteva cedere e non ha ceduto. E anche il suo più grande timore, quello di perdere credibilità davanti alla sua gente, per colpa delle accuse e del processo, si è squagliato ieri come neve al sole.
    Una giornata storica (in questo caso certamente sì) terminata tra sorrisi e abbracci, tra canti e brindisi. Con il grande Peppino Lavorato, dalla solita postura fiera e gentile da vecchio combattente, a dirigere il coro di Bella ciao.
    Più si va in là con gli anni, pensavo tornando a casa, più le occasioni per gioire si rarefanno. Sono gemme preziose da custodire gelosamente. Quella che abbiamo incastonato ieri nelle nostre vite è una delle più raffinate e pregiate. Il nostro Mimmo potrà continuare nella sua missione, che consiste semplicemente nell’aiutare il prossimo. Con la consapevolezza di poterlo fare perché la solidarietà, da ieri, non è più un reato.

  • «Andrò in galera a testa alta»

    «Andrò in galera a testa alta»

    Bisognerà attendere l’11 ottobre per conoscere la sentenza della Corte d’Appello di Reggio Calabria su Mimmo Lucano. L’ho cercato per avere le sue impressioni di prima mano. Ho con lui un rapporto d’amicizia cementato nel corso degli anni dalla condivisione di idee e principi. Tuttavia, ciò che penso della sua vicenda umana, politica e, ahimè, giudiziaria, non ha niente a che vedere con questo.

    «Non mi sono occupato del problema migranti per avere visibilità, è stata una conseguenza di quello che già facevo prima. Da vent’anni e più questo è un argomento al centro del dibattito politico, tanto che i confini, il loro rafforzamento, sono diventati i confini delle nostre coscienze, barriere alzate per proteggere i propri egoismi. Egoismi contro i quali ho sempre lottato. Già da ragazzo ho partecipato ai collettivi, alle lotte sociali: ero affascinato. C’è chi preferisce fare sport o altro, a me è sempre piaciuto occuparmi degli altri. Quando ero studente ho vissuto il 68 della Locride. Eravamo legati al mugnaio Rocco Gatto, al Movimento Cristiani per il Socialismo, al prof. Natale Bianchi. Dopo a monsignor Bregantini. Lui non ha mai dichiarato di aderire alla teologia della liberazione, ma era stato un prete operaio. Ci siamo incontrati in occasione del primo sbarco dei Curdi».

    Mimmo Lucano e la nascita del modello Riace

    Un momento di svolta per Mimmo Lucano. «Sono diventato un attivista del movimento del popolo curdo soprattutto per la loro lotta al capitalismo. L’accoglienza è nata da subito con forti motivazioni politiche, questa è la differenza con altre esperienze in altri luoghi. È nato il cosiddetto modello Riace, che a mio avviso non è un modello perché è nato spontaneamente. È stato, questo sì, coerente con il mio impegno precedente contro la speculazione edilizia e la devastazione della costa. Abbiamo recuperato i luoghi vuoti, dove in passato c’era la vita della comunità contadina, con i bambini che giocavano per strada. Sono diventati luoghi d’accoglienza, risvegliando anche la nostra tradizione umanitaria, di rispetto per lo straniero. Non abbiamo costruito lager, ma piccole comunità globali. La solidarietà e l’accoglienza parlano di per sé di rispetto per la dignità umana, quindi sono una naturale opposizione alla cultura mafiosa, alla violenza. Come ha detto Wim Wenders, era un messaggio di valore universale».

    mimmo-lucano-wenders
    Mimmo Lucano e Wim Wenders a Riace

    Il pericolo Mimmo Lucano

    Mimmo Lucano ci tiene a dare una forte connotazione politica al suo impegno per i migranti, come abbiamo visto. Una tragedia che affonda le sue radici nell’azione del capitalismo e del neo liberismo «che hanno sconvolto le terre abitate dai più poveri costringendoli a intraprendere i viaggi della speranza». L’esperienza di Riace, continua Mimmo Lucano, è stata messa all’indice perché pericolosa. Essa ha sbugiardato la predicazione sull’invasione in corso e quindi sulla necessità di rafforzare i confini e adottare politiche repressive. «Riace rappresenta un pericolo per la vendita delle armi, per il neoliberismo, per le guerre: se passa il messaggio dell’Umanità, l’unica arma che abbiamo utilizzato, tutta questa scenografia cade come un castello di carta. Anche la fiction con Beppe Fiorello non è stata mandata in onda perché, in prima serata su Raiuno, avrebbe raggiunto un pubblico vastissimo».

    fiorello-lucano-1200x675
    Beppe Fiorello nella fiction mai trasmessa dalla Rai

    Né soldi né candidature

    Gli chiedo del processo. «Il colonnello della GDF che ha testimoniato ha detto: “Attenzione, questo sindaco non ha intascato un euro”. Io non ho case, non ho barche, non ho nulla. Il giudice ha scritto una cosa, che si poteva risparmiare, utilizzando un’accusa e non una prova: io preferirei vivere in modo (diciamo) semplice perché devo simulare».

    mimmo_lucano_condannato
    Mimmo Lucano ascolta i giudici mentre lo condannano a 13 anni e 2 mesi di pena

    È un passo della sentenza di primo grado sul quale si è soffermato qualche giorno fa, sul Manifesto, il professore Luigi Ferrajoli: «C’è una frase rivelatrice nella motivazione della condanna, che si aggiunge alla massa di insulti in essa contenuti contro l’imputato: la mancanza di prove dell’indebito arricchimento di Lucano seguito alla sua politica di accoglienza, scrivono i giudici, dipende dalla “sua furbizia, travestita da falsa innocenza” e attestata dalla sua casa, “volutamente lasciata in umili condizioni per mascherare in modo più convincente l’attività illecita posta in essere”. Qui non siamo in presenza soltanto di una petizione di principio, che è il tratto caratteristico di ogni processo inquisitorio: assunto come postulato l’ipotesi accusatoria, è credibile tutto e solo ciò che la conferma, mentre è frutto di inganni preordinati o di simulazioni tutto ciò che la smentisce. Non ci troviamo soltanto di fronte a un tipico caso di quello che Cesare Beccaria stigmatizzò come “processo offensivo” nel quale, egli scrisse, “il giudice diviene nemico del reo” e “non cerca la verità del fatto, ma cerca nel prigioniero il delitto”. Qui s’intende screditare come impensabili e non credibili le virtù civili e morali dell’ospitalità, del disinteresse e della generosità».

    sentenza_lucano
    I giudici del Tribunale di Locri pronunciano la sentenza di condanna nei confronti di Mimmo Lucano

    Luigi Saraceni, calabrese, già magistrato e parlamentare, ha detto che non sa se definire la sentenza drammatica o ridicola. «Il colonnello della GDF – prosegue Mimmo Lucano – ha dichiarato che non avevo motivazioni economiche, caso mai politiche». Ciò è smentito dai fatti, in quanto l’ex sindaco di Riace non ha mai accettato le proposte di candidatura che gli sono piovute addosso da più parti e in più occasioni: elezioni politiche, europee, regionali. «Per quanto riguarda i soldi, poi, io non sono proprio interessato al denaro, alla proprietà, ai beni materiali. La storia delle carte d’identità, per la quale sono stato condannato per danno erariale, è emblematica: le compravo coi miei soldi, e andavo a Reggio a mie spese».

    Mimmo Lucano e il processo di ottobre

    Gli parlo del progetto della Regione Sicilia (governo di centrodestra) di ripopolamento di venti paesi delle Madonie dando accoglienza ai migranti. «In Calabria abbiamo la legge 18/09, ma Loiero e Oliverio non hanno fatto nulla per applicarla. Ho ringraziato Oliverio per l’appoggio che mi ha sempre dato, ma questo gliel’ho voluto dire. Con i fondi FER o POR avrebbero potuto realizzare uno SPRAR regionale, inserendo nel progetto anche l’utilizzo dei terreni incolti. Purtroppo si è persa, almeno finora, questa possibilità».

    oliverio-e-mimmo-lucano-jpg-241847.large
    L’ex presidente della Regione, Mario Oliverio, e Mimmo Lucano

    Alla fine non posso fare a meno di chiedergli cosa si aspetta dall’11 ottobre.Risponde senza esitazioni: «Mi aspetto l’assoluzione per un processo che non avrebbe dovuto neanche iniziare, orchestrato da un potere senza volto e senza nome per distruggere un’esperienza che metteva in discussione tutto quello che andavano dicendo sul fenomeno migratorio. Ma se ciò non dovesse avvenire, voglio che si assumano fino in fondo le loro responsabilità, non voglio sconti di pena. Andrò in galera a testa alta». Usa proprio questo termine, in tutta la sua crudezza: galera. Senza girarci intorno, edulcorando nulla.

    Ci salutiamo col solito calore. Rimango seduto, col telefono in mano. Sono stordito. Ci sono uomini che fanno la Storia, e Mimmo è uno di questi. Con la sua macchina trascurata, il suo conto corrente alla posta quasi a zero, la sua semplicità spesso disarmante.
    Nel 2016 Forbes l’ha classificato al 40° posto degli uomini più influenti al mondo. A distanza di 7 anni rischia la prigione per avere speso la sua vita aiutando il prossimo.

  • Migranti, Occhiuto ha cambiato idea?

    Migranti, Occhiuto ha cambiato idea?

    Scrivere di immigrazione mettendo da parte la mia coscienza, nella quale sono scolpiti principi che impongono di soccorrere chiunque sia in difficoltà in qualsiasi situazione e zona del “globo terracqueo”, è impresa ardua. Tuttavia ci voglio provare, e lo faccio componendo un mosaico composto dalle seguenti tessere.

    Migranti? Un’opportunità, parola di Occhiuto

    «I flussi di migranti sono difficilmente arginabili… Penso che in un Paese di 60 milioni di abitanti, 100 mila migranti non dovrebbero essere molti da integrare; diventano, invece, troppi quando non c’è integrazione, quando si costruiscono dei ghetti magari a ridosso delle stazioni. Ma un Paese moderno che si affaccia sul Mediterraneo il problema dell’integrazione dei migranti avrebbe dovuto affrontarlo e risolverlo già da tempo. Io ho proposto, per esempio, di organizzare un’accoglienza diffusa… Troppe volte in Italia si è discusso del problema dell’immigrazione senza capire come potesse essere arginato facendolo diventare un’opportunità… Quelli che oggi vengono in Europa scappano dalla fame, dalle guerre, dalla morte. Un Paese civile è un Paese fatto di donne e uomini che non hanno una concezione proprietaria del territorio nel quale hanno avuto la fortuna di nascere e di vivere».

    Queste dichiarazioni sono tratte da un’intervista. Non le ha rilasciate Gino Strada buonanima. No. È il presidente della Regione Calabria a parlare, Roberto Occhiuto.

    La legge Loiero

    La legge regionale 18/2009 (c.d. “legge Loiero”, anche per dare a Cesare quel che è di Cesare) prevede che la Regione Calabria «nell’ambito delle proprie competenze, ed in attuazione dell’articolo 2 del proprio Statuto, concorre alla tutela del diritto d’asilo sancito dall’articolo 10, terzo comma, della Costituzione della Repubblica promuovendo interventi specifici per l’accoglienza, la protezione legale e sociale e l’integrazione dei richiedenti asilo, dei rifugiati e dei titolari di misure di protezione sussidiaria o umanitaria presenti sul territorio regionale con particolare attenzione alle situazioni maggiormente vulnerabili tra le quali i minori, le donne sole, le vittime di tortura o di gravi violenze» e «promuove il sistema regionale integrato di accoglienza e sostiene azioni indirizzate all’inserimento socio-lavorativo di rifugiati, richiedenti asilo e titolari di misure di protezione sussidiaria o umanitaria».frontex

    Gli accordi di “esternalizzazione” (anche i termini hanno una loro importanza, e questo è orribile se l’argomento è l’immigrazione) con Tunisia e Libia, regalando motovedette e supportando le intercettazioni in mare insieme a Frontex, non hanno fermato la fiumana di disperati che fanno rotta verso l’Italia.
    È invece cresciuta e cresce giorno dopo giorno: “come può uno scoglio arginare il mare?”.

    Scuola, demografia, famiglie

    È di questi giorni l’accendersi del dibattito sul dimensionamento scolastico, il cui frutto avvelenato è la scomparsa di un buon numero di istituzioni scolastiche dotate di autonomia dovuta essenzialmente al calo della popolazione. Ne abbiamo già scritto circa sette mesi fa, quindi rinviamo a quell’articolo.
    Il “ricongiungimento familiare”, oltre ad essere un istituto giuridico per richiamare i congiunti nel Paese dove il migrante ha trovato nuove opportunità di vita, è diventato una pratica che coinvolge la nostra terra. Personalmente, conosco almeno una ventina di famiglie che hanno deciso di trasferirsi in altre zone dell’Italia, soprattutto al Nord, per raggiungere i figli che hanno stabilito in quei luoghi il centro dei loro interessi di studio/formazione/lavoro. La spiegazione è semplice e rassegnata: «E perché dovremmo rimanere qui?». Oltre all’affetto, incide la necessità di aiutare i membri della famiglia nella gestione quotidiana dei figli, o anche esigenze economiche se la remunerazione non è adeguata ai costi da affrontare per condurre un’esistenza “libera e dignitosa” (viva la nostra Carta!).

    In un video, girato a Lampedusa nella notte del 14 settembre, si vedono abitanti dell’isola, turisti, immigrati, ballare per le strade tutti insieme, sorridenti. Quella che per molti seguaci del ministro della paura uscito dalla fantasia di Antonino Albanese è un’emergenza, un disastro, una calamità simile a terremoti e inondazioni, si può trasformare in qualcosa di gioioso, in vita ed arricchimento reciproco. D’altra parte, Riace sta in Calabria, non in Veneto.
    In definitiva, invece di andare appresso alla propaganda e alle scelte securitarie dei vari Minniti, Salvini, Meloni, i cui risultati sono sotto l’occhio di tutti quelli che non se li bendano, facciamo una scelta diversa.

    Migranti e Occhiuto, le ultime parole famose

    Presidente Occhiuto, utilizzi gli strumenti a sua disposizione, le funzioni in capo alle Regioni, e quindi anche alla Calabria, per realizzare per i migranti ciò che lei stesso ha proposto: «organizzare un’accoglienza diffusa», in quanto «in Italia si è discusso del problema dell’immigrazione senza capire come potesse essere arginato facendolo diventare un’opportunità».
    L’Italia è o no “un Paese civile fatto di donne e uomini che non hanno una concezione proprietaria del territorio nel quale hanno avuto la fortuna di nascere e di vivere”?
    Questa, a mio avviso, l’affermazione più significativa del presidente Occhiuto, piacevolmente sorprendente, in quanto cancella in un colpo solo la teoria della sostituzione etnica, quella della non italianità dei cittadini italiani di pelle nera (Paola Egonu, copyright il generale che non voglio neanche nominare), quella (addirittura!!!) della stirpe, riportata alla luce dal Medioevo dal cognato–fratello d’Italia.

    paolaegonu_ipa_fg.jpg--
    La pallavolista italiana Paola Egonu

    Se pensiamo ai Calabresi, tralasciando il resto dello Stivale e delle isole, essi sono il frutto di un miscuglio di etnie, colori di pelle, culture, idiomi, religioni: un vero melting pot in salsa calabrese. Basti pensare che lo Statuto regionale, e la Costituzione italiana, riconoscono sul nostro territorio tre minoranze linguistiche con radici che affondano in centinaia e, in un caso, migliaia di anni.

    Occhiuto e le opportunità dei migranti

    E allora, presidente Occhiuto, contribuisca a fare rinascere la Calabria partendo dai migranti, da quella che definisce un’opportunità. Siamo d’accordo con lei. Crei le condizioni per portare nella nostra regione nuova linfa. Gente che, come i nostri avi e i nostri coevi, ha una spinta in più, dettata da motivazioni forti, tanto forti da spingerla a rischiare la vita su barchini in balia delle onde o di rimanere internati per settimane a Ellis Island prima di entrare negli USA, o di tornare indietro con lo stesso bastimento dell’andata.

    migraniti-occhiuto-ellis-island
    Italiani in arrivo ad Ellis Island nl secolo scorso

    Con la terra abbandonata, a rischio incendi per mancanza di cura e di occhi vigili, tanto da dover ricorrere a droni e telecamere. Con i paesi e le città che si svuotano, e hai voglia a protestare per il ridimensionamento dei servizi (le scuole, in primis, ma non solo) in una fase storica in cui per ognuno di essi le entrare devono coprire in larga parte i costi.
    Risolviamo il problema. Anzi: cogliamo l’opportunità. Cosa potrà succedere? Che avremo qualche bambino un po’ meno bianco? E allora dovremmo vietare anche la tintarella e le abbronzature nei centri estetici.
    D’altra parte, i medici cubani di bianco hanno solo il camice.

    occhiuto-medici-cubani-secondo-contingente-e1691187528471
    Roberto Occhiuto con alcuni dei medici cubani giunti in soccorso della sanità calabrese
  • Da Bennett a Sinatra: Roccella celebra i paisà del jazz

    Da Bennett a Sinatra: Roccella celebra i paisà del jazz

    Fino al 3 settembre Roccella Jonica e il jazz – con una puntatina di una sera a Martone – tornano al centro della musica con la 43^ edizione del Festival Rumori Mediterranei, seguita come sempre da Radio Roccella in diretta e con interviste a tutti i protagonisti. L’organizzazione, con la direzione artistica di Vincenzo Staiano, ha scelto di dedicare la kermesse al famoso crooner Tony Bennett, al secolo Anthony Dominick Benedetto, recentemente scomparso all’età di quasi 100 anni. Una decisione azzeccata, sia per la grandezza di un’artista con 70 anni di carriera costellata di enormi successi anche recenti, sia in ragione delle origini del cantante il cui padre John era emigrato negli USA nel 1906 da Podargoni – frazione collinare di Reggio Calabria – e la cui madre, Anna Suraci, aveva genitori anch’essi nati nella città dello Stretto.

    Vinili e improvvisazione

    Staiano ha anche il merito di aver dato un tocco di originalità alla rassegna, inserendo nel programma una produzione originale di Rumori Mediterranei, Jazz back to grammo, che, tra l’altro, sta riscuotendo un ottimo riscontro in altri appuntamenti del genere. Essa consiste, per come si legge nel comunicato stampa diramato dall’organizzazione, «nell’ascolto combinato di vinili di musica jazz, azionati da vecchi grammofoni, e musica dal vivo prodotta da tre musicisti».

    Vincenzo Staiano

    Il merito di aver custodito il materiale d’epoca va a Giuseppe Nicolò. È lui ad azionare la manovella del grammofono e illustrare i brani presentati, oggetto successivamente d’improvvisazione da parte dei musicisti. Essi sono stati, nella serata d’apertura, il sassofonista Carmelo Coglitore, il contrabbassista Pino Delfino e il batterista Francesco Cusa.

    Il jazz “calabro-americano” a Roccella

    Particolare attenzione per le stelle italo-americane del jazz, con un ovvio occhio di riguardo per Tony Bennett. È uno dei leitmotiv del Festival di quest’anno, e accentua e formalizza quanto accaduto in passato. I nostri emigrati hanno dato tantissimo al “jass”, come venne intitolato dal trombettista Nick La Rocca il suo primo album realizzato con la Original Dixieland Jass Band. E quando scriviamo “nostri” intendiamo anche i calabro-americani. Oltre a Bennett, Joe e Scott LaFaro, Harry Warren, Sal Nisticò, Chick Corea, John Patitucci, Michael Coscunà, Joey Calderazzo, Dave Binney, Jessica Pavone e George Garzone.

    roccella-jazz-concerto
    Un concerto delle precedenti edizioni del festival

    Tribute ai paesani prevede produzioni originali con omaggi a Frank Sinatra, Scott LaFaro, Tony Scott, Henry Mancini, Sal Nistico’, Joe Venuti, Eddie Lang e Chick Corea da parte di famosi artisti quali Rachel Gould, Luis Bonilla, Riccardo Fassi, Mary Holvorson, Jessica Pavone, Jim Rotondi e Michael Rosen.

    • In cartellone anche un inedito documentario su Frank Sinatra e l’Italia a cura del Master in ‘Editoria e produzione musicale’ dell’Università IULM di Milano.
      La settimana del jazz di Roccella prevede poi:
    • due serate dedicate alla Turchia;
    • una parte, “Next generation jazz”, riservata alle esibizioni di giovani musicisti;
    • master class di strumento e voce;
    • presentazioni di libri e CD;
    • incontri con protagonisti del jazz internazionale.

    Roccella suona il jazz: una settimana, 18 concerti

    Inoltre, spazio significativo, come da tradizione, alle produzioni originali. Esse saranno nove su un totale di 18 concerti. Quattro le prime nazionali.
    Tra i partecipanti particolarmente atteso Lino Patruno, alla sua prima apparizione a Roccella. Personaggio musicalmente molto eclettico, ha il merito di offrire all’ascolto il jazz più tradizionale. E, non per caso, consegna agli amanti del genere la teoria secondo la quale all’origine del dixieland, e quindi del jazz, ci sarebbero i musicisti italo-americani, più specificatamente con radici in Sicilia.

    Sergio-Cammariere
    Sergio Cammariere

    Altra partecipazione italiana di spicco quella di Sergio Cammariere, di nuovo al Festival a parecchi anni di distanza dall’ultima apparizione all’apice del successo. Quest’anno proporrà i brani del suo album di recentissima pubblicazione.
    Tutti a Roccella, dunque, ad ascoltare il jazz. Con una particolare punta d’orgoglio per i calabresi che, anche in questo campo, possono affermare a ragion veduta di aver fatto, partendo da zero, qualcosa di positivo per il mondo intero.

  • Internet, da oggi si cambia: in vigore il Dsa, le novità nell’Ue

    Internet, da oggi si cambia: in vigore il Dsa, le novità nell’Ue

    Una novità che riguarda anche i calabresi. Da oggi, 25 agosto, su internet si applica in tutta l’Ue il Digital Services Act (DSA). Le norme che contiene tutelano i diritti di tutti i cittadini dell’UE. E dovranno osservare le sue prescrizioni tutti gli intermediari online: social network, motori di ricerca, marketplace, servizi di hosting.
    Le piattaforme più grandi, tra le quali ovviamente le cosiddette Big Tech, sono definite VLOP (very large online platforms) e VLOSE (very large online search engines), piattaforme e motori di ricerca on line molto grandi. Esse sono soggette a obblighi più rigidi e figurano in un elenco redatto in base al numero di utenti – superiore a 45 milioni – che le utilizzano mensilmente in tutta l’Unione.

    amazon
    Una sede di Amazon

    I social media Meta (Facebook), Instagram, Snapchat, TikTok, X (già Twitter), Linkedin, Pinterest, YouTube; i servizi di prenotazione, ad esempio Booking.com; i marketplace Amazon, Zalando, Google Shopping, Alibaba, AliExpress; gli store per le applicazioni Apple App Store e Google Play; Google Maps e Wikipedia; i motori di ricerca Google e Bing. Tutti loro, nella vecchia Europa, dovranno finalmente sottostare a regole.
    Ciò rappresenta, mentre negli USA ancora si discute su come intervenire per limitarne lo strapotere, una vera rivoluzione. È infatti grazie alla deregulation che in questo settore hanno potuto generarsi profitti immensi e fenomeni deleteri e pericolosi quali disinformazione e hate speech.

    Dsa in vigore: le novità su internet in UE

    Entrando nel merito, ecco le novità più significative. Per quanto concerne la segnalazione dei contenuti pubblicati dagli utenti, fino ad oggi le piattaforme erano ritenute responsabili quando, venutene a conoscenza, non procedevano con la loro rimozione. Adesso, invece, le VLOP e le VLOSE dovranno sempre rimuovere i contenuti segnalati. Ma dovranno in più attrezzarsi con un “punto di contatto”. Un team in ogni Paese prenderà in carico le segnalazioni di Autorità e utenti, predisponendo un sistema semplice ed efficace per la raccolta, l’esame e l’eventuale rimozione dei contenuti. Questi potranno essere rimossi, e i loro autori “bannati”, solo a seguito di preavviso. In quest’ultimo si dovrà esporre in modo chiaro il motivo per il quale si procede. Non più soltanto, quindi, facendo generico riferimento alla violazione di termini e condizioni del servizio.

    Per i marketplace è previsto un controllo sui prodotti venduti per verificarne la legalità. Ma il DSA, per i contenuti, va oltre. Onde evitare che, come in passato, il meccanismo della rimozione entro brevissimo tempo provochi, come effetto collaterale, rischi di censura, è stato introdotto il concetto dell’analisi del rischio sistemico.
    Ogni anno le Big Tech devono perciò presentare un documento di valutazione dei rischi per la libertà d’espressione, la tutela dei minori, i diritti fondamentali, che possono scaturire dal loro utilizzo illegittimo o da abusi.
    Alla valutazione segue la proposizione di soluzioni per mitigare gli effetti dei rischi individuati: per l’attività di moderazione dei post, di uso degli algoritmi di raccomandazione, per modificare termini, condizioni e design, e altro ancora.
    A valutare tutto saranno le Autorità e – elemento importantissimo anche ai fini della tanto agognata trasparenza – ricercatori esterni.

    Dsa: stretta dell’Ue per pubblicità e disinformazione su internet

    Altra previsione altamente significativa riguarda la lotta alla disinformazione. In occasione di pericoli per la salute e la sicurezza dei cittadini le piattaforme dovranno adottare, con la Commissione europea, protocolli di crisi e misure d’emergenza.
    Sul piano ancora della trasparenza, bisognerà rendere noti i parametri in base ai quali gli algoritmi raccomandano i contenuti. In altre parole, la spiegazione sul motivo per il quale un determinato utente vede un certo post, e non altri, diviene obbligatoria. Per limitare le influenze esterne, inoltre, la possibilità di scegliere la modalità cronologica di visione dei contenuti deve essere valorizzata anche nella progettazione.

    La pubblicità non potrà usare informazioni che riguardano religione, salute, orientamento sessuale. Diviene assoluto il divieto di usare dati relativi ai minori, e di proporre loro avvisi in base alla cosiddetta “targettizzazione”.
    Ancora sulla pubblicità, le piattaforme hanno adesso l’obbligo di tenere traccia degli investitori e conservare, per ogni post, le informazioni su chi l’ha pubblicato e pagato, per quanto tempo è stato mostrato e a quale gruppo.
    Veniamo ai famigerati Dark pattern (modello di progettazione ingannevole: interfaccia utente studiata e realizzata per indurlo a compiere azioni indesiderate e svantaggiose, come iscriversi a servizi in abbonamento non voluti, fonte Wikipedia). Un esempio? L’icona per accettare i cookie colorata, le altre grigie. Il DSA risolve il problema alla radice vietando finalmente tali pratiche.

    Da febbraio non solo Big Tech

    In conclusione, si può affermare che il Regolamento UE sui servizi digitali rappresenta un enorme passo avanti in questo campo. Lo dimostra anche la celerità con la quale alcune piattaforme hanno rivisto o stanno rivedendo le loro politiche per adeguarvisi.
    Certo, è necessario che i Paesi europei designino al più preso l’Autorità nazionale incaricata di monitorare e garantire il rispetto del DSA. Per l’Italia dovrebbe essere l’AGCOM. Da febbraio 2024, infatti, esso diventerà vincolante anche per le piattaforme con meno di 45 milioni di utenti mensili, e le sanzioni potranno ammontare al 6% del fatturato globale.
    Ciò in attesa delle decisioni in itinere su un altro tema molto delicato, quello sull’utilizzo dell’Intelligenza artificiale. I presupposti per una sua sistemazione normativa in Europa sono abbastanza buoni.
    Bisogna considerare, tuttavia, la necessità di affrontarlo in termini globali in quanto nel web i confini fisici e politici hanno poca o nulla rilevanza.

  • Tragedia sulla Jonio-Tirreno: ma quando ci sarà una presa di coscienza?

    Tragedia sulla Jonio-Tirreno: ma quando ci sarà una presa di coscienza?

    Una famiglia percorre il sentiero che da Bivongi conduce alle cascate del Marmarico. Vengono da San Calogero. Una madre di 36 anni con la figlia di 4, suo fratello con la compagna e la figlia di 3 anni. Sono allegri, spensierati, hanno deciso di festeggiare così il compleanno dell’avvocato Antonella Teramo, la madre, tornata da Milano in Calabria per trascorrere le vacanze coi suoi cari. Incontrano delle persone – due amici e la figlia di uno di loro – e lei, dal carattere espansivo e cordiale, raccomanda loro di fare attenzione, ché alcuni passaggi nascondono insidie inaspettate.

    Morte sulla Jonio-Tirreno

    Certamente sa, ma in quel momento non ci bada, che il pericolo vero, in Calabria, non sono i sentieri di montagna, ma le strade che collegano le varie parti di un territorio notoriamente accidentato.
    Qualche ora dopo, l’auto sulla quale percorrono la Jonio-Tirreno (strada statale 682) si scontra frontalmente con un’altra occupata dal solo conducente. Questi e la madre muoiono sul colpo; la bambina di 4 anni, Maya, poco dopo all’ospedale di Polistena. Feriti gravemente la bambina di tre anni e gli altri due familiari, che avevano fatto la promessa di matrimonio lo scorso 30 marzo.

    antonella-teramo
    Antonella Teramo

    Concorrenza sleale

    Da circa un mese si dibatte sulla prossima chiusura di questa strada. Ci sono lavori improcrastinabili da effettuare nella galleria che buca per tre chilometri il monte Limina. Ciò di cui invece non parla chi decide cosa fare, dove e quando, sono gli interventi su tutto il sistema delle comunicazioni della regione: stradali, ferroviari, marittimi, aerei. E quando affronta l’argomento, è solo per reclamizzare il ponte sullo Stretto e la destinazione al Nord dei fondi che servirebbero per rendere il sistema moderno, efficiente, e soprattutto sicuro. È vero, accade che una delle cause degli incidenti automobilistici sia da imputare all’alta velocità, all’imprudenza. Già, perché gli straccioni calabresi per spostarsi senza rischiare, la vita o sanzioni pesanti, lo devono fare a 50 chilometri orari. Anche quando hanno esigenze lavorative che imporrebbero tempi limitati, come succede nei luoghi solo ipoteticamente concorrenti che con ipocrisia vengono definiti più fortunati.

    ponte-calabria-e-sicilia-prima-ricolleghiamo-jonio-e-tirreno
    La Galleria Limina sulla SS 682 resterà chiusa per almeno 20 mesi

    Una presa di coscienza

    Non di fortuna si tratta. Sono le scelte scellerate a fare della Calabria una terra ormai senza futuro. Scellerate e frutto di un’accondiscendenza, da parte della classe dirigente locale, che sfocia nel servilismo, nell’ascarismo più eclatante. Una pratica, sia chiaro, non imputabile esclusivamente alla Destra. Così, la traiettoria storica calabrese si presenta come un libro già scritto, dal finale scontato. Il nostro cammino, al contrario di quanto asseriva qualcuno, è identico al rotolare della palla sul biliardo: parte e arriva dove deve arrivare. L’unico ostacolo che potrebbe incontrare, fuor di metafora, è quello che finora non si è mai effettivamente presentato: una presa di coscienza che porti i calabresi tutti, in primis la sua classe dirigente, a prendere nelle proprie mani il futuro di questo «sfasciume pendulo sul mare» per tentare, nei limiti del possibile, di migliorarne la sorte.

  • Il mare blues di Roccella Jonica

    Il mare blues di Roccella Jonica

    Roccella Jonica: non solo il longevo Festival del Jazz e l’ormai scontata bandiera blu. Anche il “Rocca Blues Festival” – patrocinato dal Comune di Roccella – la cui ormai prossima terza edizione si svolgerà dal oggi al 31 luglio, attira nella bella cittadina schiere di appassionati della musica che affonda le sue radici nelle piantagioni di cotone del Sud degli States e nel Delta del Mississippi.

    Gli organizzatori di Radio Roccella hanno scelto un angolo particolarmente seducente per piazzare il palco. I musicisti si esibiranno infatti con le spalle il mare della Magna Graecia e davanti il Largo Rita Levi Montalcini, dove svettano due colonne monolitiche in porfido egiziano, dette Melissari dal luogo del loro ritrovamento nel 1868. Tre serate gratuite di grande musica, e non solo. Il 29 luglio aprirà la manifestazione la Freddie Maguire Band, ideale ponte tra Italia e Stati Uniti.

    rocca-blues-festival-musica-mare-roccella-jonica
    Il musicista Alberto Lombardi

    Il 30 salirà sul palco il chitarrista e performer Alberto Lombardi, che ha al suo attivo partecipazioni ai tour e collaborazioni con artisti di fama mondiale. Tra essi l’australiano Tommy Emmanuel, uno dei chitarristi migliori al mondo. Arriverà invece da Cosenza, per la serata di chiusura, la band White Bread 69, coi suoi coinvolgenti ritmi groove. Di Radio Roccella gli speaker incaricati di condurre gli spettacoli: Manuela Cricelli, Nicola Procopio e Tiziana Romeo. Non solo musica, dicevamo: il direttore artistico, Ilario Ierace, ha previsto per ogni serata, alle ore 20:00, L’AperiBlues con il DJ Set di Tony L, e alle 21:30 la proiezione di filmati d’epoca con Racconti e aneddoti del Blues, dalle origini ai giorni nostri, a cura dello speaker Gianfranco Piria, ideatore e conduttore del programma Me&Blues.

    rocca-blues-festival-musica-mare-roccella-jonica
    White Bread 69

    In sella alle Harley d’Aspromonte

    Il villaggio del “Rocca Blues Festival” ospiterà inoltre una esposizione motociclistica curata dall’associazione Harley-Davidson “Aspromunti Calabria”, una mostra fotografica, una esposizione di oggettistica di vario genere. E, per allietare il gusto oltre che l’udito e la vista, si potranno degustare prodotti tipici locali. Il “Rocca Blues Festival” costituisce l’ennesima scommessa vinta dagli animatori, tutti volontari, di Radio Roccella, emittente senza scopo di lucro e senza vincoli commerciali. Dal 1976 essa mantiene una particolare connotazione che ancora oggi, dopo quasi quarant’ anni, ci consente di poterla associare allo spirito originario che caratterizzava quelle che allora erano definite “radio libere”.  È indicativo il fatto che per l’informazione Radio Roccella si avvalga del gemellaggio con Radio Popolare, storica emittente con una ben precisa collocazione culturale e politica. Radio Roccella organizza, proprio per ancorarsi maggiormente al territorio di riferimento, un Rock Contest per giovani gruppi emergenti e segue in diretta manifestazioni come il Festival jazz ma anche congressi, eventi sportivi, teatrali e cinematografici.

    rocca-blues-festival-musica-mare-roccella-jonica
    Agli albori di Radio Roccella, storica radio libera nata nel 1976

    La roulotte di Radio Roccella

    La ciliegina sulla torta è lo studio mobile Azzurra, una roulotte vintage che da sette anni racconta quanto di rilevante accade in giro per la costa Jonica reggina e non solo. Insomma, una realtà viva e pulsante perfettamente in sintonia con una cittadina che già al primo sguardo si segnala come una vera e propria oasi, conosciuta e apprezzata da tanti in Italia e all’estero. Le ragioni di questa diversità in positivo andrebbero indagate e analizzate per cercare di esportare il modello Roccella al di fuori dei suoi confini territoriali.

  • Silvestra Sesini, dagli orrori nazisti all’amore per Siderno

    Silvestra Sesini, dagli orrori nazisti all’amore per Siderno

    Cum panis… condividere lo stesso pane: il titolo calzante per lo scritto di Antonella Iaschi e per la serata dedicata a Siderno alla memoria di una donna. Si chiamava Silvestra Tea Sesini e ha vissuto più vite, ma con una costante: la condivisione col prossimo delle sofferenze, delle lotte, delle vittorie e delle sconfitte. Da antifascista, da partigiana, da attivista nella politica e nel sociale dopo la débacle del regime. Fino agli ultimi anni passati, lei nata a Biella come Silvia Francesca Luigia Tea, a Siderno.

    L’incontro è stato voluto dalla sezione ANPI insieme alla Federazione Italiana Teatro Amatori e all’associazione Il Gabbiano, col patrocinio del Comune di Siderno rappresentato dall’assessora Francesca Lopresti. Dopo l’introduzione di Federica Roccisano, la scena l’ha dominata in modo sublime l’attrice Daniela Bertini, con la regia di Daniele Matronda. Grande merito va attribuito ad Antonella Iaschi, poetessa e scrittrice che, come Silvestra Sesini, ha scelto di lasciare il Nord Italia per venire a vivere a Roccella Jonica.

    Il marito, l’amica e i nazisti

    Il suo testo – liberamente tratto da scritti della stessa protagonista, di Rosalba Topini e di Domenico Romeo – si apre con lo sguardo di Silvestra che scruta il mare. Pensa al marito Ugo Sesini, ebreo antifascista che finì i suoi giorni nel 1944 a Gusen, dopo l’internamento a Mauthausen.
    «Padre del mio unico figlio, compagno di vent’anni della mia vita», così lo ricorda Silvestra nella versione di Antonella Iaschi. «Sapessi, Ugo, quanto è stato difficile, continua, (…) rapportarmi con un figlio orfano senza fargli mancare il padre, senza fargli sentire la mia solitudine».

    mauthausen
    L’ingresso del campo di Mauthausen

    Poi la mente di Silvestra si volge all’amica Anna Maria Enriques, chiamandola con il cognome paterno negatole dalle leggi razziali. «Compagna di studi, di stanza, di ideali, di conquiste, di paure e di dolori, donna e partigiana disarmata, lottatrice coraggiosa che nemmeno le più atroci torture naziste hanno piegato».
    Antonella Iaschi rende bene lo struggimento della partigiana Silvestra Sesini che scrive «sulla battigia due date: i giorni in cui vi ho perso per sempre fisicamente, ammazzati come bestie dai nazisti, ma un’onda più saggia le ha cancellate (…) quelle date non sono nulla nel calendario delle nostre vite. Il ricordo delle ore trascorse insieme è il campo che ho a disposizione per coltivare frutti buoni. Per la cancrena nazista ho perso il vostro corpo, i vostri sguardi, i vostri abbracci, la vostra voce, ma non la forza di portare avanti i NOSTRI valori».

    Condividere lo stesso pane

    Silvestra – Antonella è tormentata. Non è sicura che quello successivo alla Liberazione sia stato e sia un tempo di pace effettiva, o solo un’apparenza. «(…) in realtà quella Pace non è mai nata se ancora esistono la fame e gli stenti, l’ignoranza e la sottomissione alla violenza sia nelle case che nelle strade. Se ancora nel mondo esistono decine e decine di guerre altre. In realtà quella libertà è un’apparenza e lo sarà fino a quando un solo bambino, un solo essere umano dovrà patire sopraffazioni e stenti».

    silvestra-sesini
    Silvestra Tea Sesini

    Solo la morte riesce a separare le due amiche. Silvestra Sesini, grazie a «un provvidenziale trasferimento all’infermeria di Regina Coeli» prima della fucilazione, si salva. «La tua sorte, invece, ha calato la sua falce arrugginita sui tuoi 37 anni (…). (Le SS) ti hanno ammazzata con la pistola insieme ad altri partigiani. Tu che avevi scelto l’Amore e la Resistenza disarmata».
    Per sopravvivere al dolore immenso della morte di due persone così care e vicine, Silvestra sceglie l’unica strada che sente sua fino in fondo, di fare ciò che può rinvigorirla e in parte consolarla: «Ogni giorno della mia vita è e sarà impegno, devoto agli ideali e disobbediente all’indifferenza. Come eravamo noi. Cum panis. Condividere lo stesso pane».

    Silvestra Sesini e Siderno

    Ed ecco, infine, l’approdo di Silvestra Sesini a Siderno, nel 1958. Nelle parole che Antonella Iaschi attribuisce a Silvestra, tutto l’amore per questa terra. E certo non è un caso che, ispirandosi a Silvestra, a scriverle sia una donna che ha sperimentato la stessa emigrazione “al contrario”.

    «A inizio estate qui al Sud l’erba è già imbiondita ma ancora non è bruciata dal sole, i fichi d’India sono puntellati di fiori gialli, i gelsomini sbocciano per le mani veloci delle raccoglitrici mentre decine e decine di fiori spontanei crescono indisturbati. Se questa terra non fosse dimenticata dallo Stato, maltrattata da persone senza scrupoli, e tenuta nell’ignoranza da un sistema scolastico non sufficiente, le sue bellezze la farebbero diventare uno scrigno d’oro. Come d’altronde era un tempo.

    Qui il destino mi ha concesso di nuovo l’emozione grande di incontrare chi non avendo nulla, nemmeno i diritti primari, ti apre il cuore e si affida, senza sapere che sei tu ad affidarti a lui. La gente che si ferma a parlare con me per le strade, in piazza, al mercato, che mi racconta i propri problemi mi ha fatto diventare semplicemente e unicamente Silvestra, una di loro. (…) Questi cieli infinitamente blu, questo mare che sa essere piombo, smeraldo, ametista e turchese, questo arenile dove ogni orma mi dice “sei viva, vai avanti,” mi hanno regalato la consapevolezza di quello che ancora vorrei. È stato talmente facile innamorarmene e decidere di restare».

    Il testamento di Silvestra Sesini

    Ormai anziana, Silvestra Sesini esprime la sua volontà ultima, dando l’ennesima prova di come il nostro andrebbe conservato come mare di vita – non di morte come accade troppo spesso – per come riesce a penetrare nell’anima delle persone che gli si avvicinano: «Voglio che la mia tomba sia rivolta verso il mare. Sì, questo è il mio testamento. Affido ai Sidernesi il mio desiderio di guardare ancora una volta, anzi per sempre, il mare».

  • Ponte tra Calabria e Sicilia? Prima ricolleghiamo Jonio e Tirreno

    Ponte tra Calabria e Sicilia? Prima ricolleghiamo Jonio e Tirreno

    Neanche un grande scrittore, o un regista, sarebbe stato capace di mettere l’una accanto all’altra le diverse scene alle quali abbiamo assistito in questi giorni legate, direttamente o indirettamente, alla vicenda Ponte sullo Stretto.
    Gli incontri in pompa magna tra varie amministrazioni, tra le quali quelle di Reggio Calabria e Villa San Giovanni, e l’a.d. della società Pietro Ciucci, durante i quali nessuno ha alzato un sopracciglio per mettere in dubbio un qualsiasi aspetto critico della questione Ponte.
    La dichiarazione dell’ineffabile ministro Salvini, che con nonchalance comunica che se non si farà l’alta velocità in Calabria, perché lui «non vuole una linea a zig zag» (sic), poco male, il ponte si realizzerà lo stesso.

    Prefettura_sindaci_alto_Jonio-1
    I sindaci in protesta nell’androne della Prefettura di Cosenza

    L’occupazione della Prefettura da parte di numerosi sindaci dello Jonio cosentino che chiedono di incontrare Meloni «per avere notizie sullo stato di realizzazione delle opere di compensazione ambientale del Terzo Megalotto e di superare la fase di stallo che si è creata in merito ad esse ed agli svincoli dopo il silenzio di questi anni e tutte le relative richieste disattese». E poi il colpo di scena. Quello che rompe la narrazione corrente e racconta come davvero stanno le cose al di là dei proclami.

    Coast to coast

    La Regione Calabria comunica che da gennaio 2024 la strada statale 682 Jonio-Tirreno, voluta allora fortemente dal presidente della Provincia di Reggio Vincenzo Gallizzi, sarà chiusa per 20 mesi (dubitare sui tempi è lecito, non farlo è da stupidi creduloni). Il motivo? La galleria sotto il Monte Limina richiede improcrastinabili lavori di manutenzione.

    ss682-jonio-tirreno-Foto-sito-anas
    La SS 682 Jonio-Tirreno

    Per chi non lo sapesse, la 682 collega le due coste calabresi, la piana di Gioia Tauro con la Locride. L’opera presenta criticità evidenti per la carreggiata angusta e i conseguenti limiti di velocità. Realizzarla, però, ha consentito a due territori, separati in linea d’aria da pochi chilometri ma da una catena montuosa imponente, di venire a contatto quotidianamente. Non è solo una questione di spostamenti di merci e persone. O della possibilità degli abitanti della Locride di raggiungere i capoluoghi e gli aeroporti di Lamezia e Reggio molto più agevolmente. Dal punto di vista economico una via di comunicazione del genere, in una terra condizionata fortemente dalla sua conformazione geomorfologica, costituisce un oggettivo elemento di sviluppo, favorendo scambi e concorrenza.

    Priorità in Calabria: il Ponte o le strade?

    Sia chiaro che nessuno si sogna di chiedere il rinvio sine die di un intervento necessario su un tunnel lungo oltre tre chilometri. Il problema è un altro. Le risorse e le energie di programmazione anche mentali (?) dello Stato italiano sono in questo momento concentrate su un intervento che presenta molti aspetti critici: l’effettiva utilità; la tenuta gestionale dal punto di vista finanziario; le difficoltà progettuali, etc.

    ponte-sullo-stretto-si-riparte-con-le-proteste
    Matteo Salvini mostra il plastico del progetto del ponte sullo Stretto di Messina

    Ma, alla luce dei fatti appena elencati, è il Ponte sullo Stretto la priorità per la Calabria? O è affrontare tutte le manchevolezze alle quali si è fatto rapido cenno?
    Venendo meno il collegamento della Jonio – Tirreno, non ci sono altre trasversali in grado di ovviare decentemente ai gravi problemi che questa chiusura comporta. Torneremo a decenni fa, con la superstrada jonica 106 da un lato, e l’autostrada dall’altro. A meno che non si voglia pensare che la 280, da Lamezia alla 106 jonica, possa fungere da arteria sostitutiva. O addirittura, più a sud, la 111 Gioia Tauro – Locri o la Bovalino – Bagnara. Nessuno sano di mente può arrivare a tanto.

    Un referendum sul Ponte in Calabria

    E allora torniamo al problema dei problemi, quello del quale non ci stancheremo mai di parlare. Facciamo scientemente i “benaltristi”, giacché giocare questo ruolo, nella situazione data, è da persone responsabili, non un voler dire sempre e solo no “a prescindere”. Ideologicamente, direbbe qualcuno solo perché questa è la vulgata corrente. È, casomai, opporre ragionevolezza a sventatezza, approssimazione, sciatteria decisionale.
    Non credo che la Calabria abbia bisogno del Ponte. Ma voglio che la Calabria e i calabresi siano messi nelle condizioni di potersi muovere, dentro e fuori dai confini regionali, rapidamente, efficacemente, con mezzi e vie moderne.
    L’isolamento ha pesato e pesa ancora molto. È una delle cause principali, se non la principale, dell’arretratezza e del sottosviluppo. Ma dobbiamo decidere noi del nostro destino: bisogna indire un referendum per dare una volta per tutte la parola al popolo calabrese.