Autore: Michele Giacomantonio

  • Spirlì e il vangelo secondo Matteo…Salvini

    Spirlì e il vangelo secondo Matteo…Salvini

    Dalla cucina di Jole Santelli, dove per sua stessa ammissione preparava ottimi manicaretti, all’assessorato regionale alla Cultura. E dopo la prematura scomparsa della presidente della Regione, il salto che lo catapulta al piano più alto della Cittadella. Nino Spirlì è un uomo che non pone limiti alla Provvidenza.

    Spirlì promuove la Calabria dei prodotti tipici
    Sacro e profano

    Ernesto De Martino sarebbe impazzito davanti ad un personaggio come lui, capace di mischiare mistico e profano, senso del sacro e (presunta) trasgressione. «Frocio a tempo perso» ma «cattolico praticante», calabrese ma leghista in prima linea, amante dei selfie col Capitano. Solo recentemente, forse dietro utile suggerimento, ha cominciato a vestire abiti più congrui al ruolo che ha ricoperto. Sono tornati negli armadi i capispalla modello saio e le reliquie con santini appesi al collo. Al loro posto maglioni con stemmi tricolore.

    Spirlì
    La prima foto istituzionale da assessore per Nino Spirlì

    L’ormai ex presidente facente funzioni si autoproclama «intellettuale», evidentemente organico alla destra cristiano–sovranista, non disdegnando la pratica apparentemente disubbidiente del disprezzo verso il lessico politicamente corretto, percepito come un complotto contro la sua libertà di parola. Ecco quindi la rivendicazione del diritto di essere omofobi e razzisti, usando le parole chiave «frocio» e «negro». Però in senso buono, si intende.

    In missione per conto di Dio

    Il “Signor Nino Spirlì”, come da profilo personale sull’amato Facebook, è un personaggio multiforme, ma la cifra caratteriale più rappresentativa è la sua religiosità primitiva, fatta di forme devozionali arcaiche ed elementari, segnata da una marcata permalosità. Il Nostro ha spesso reagito con inusitata veemenza contro quanti ne sottolineavano l’assoluta mancanza di laicità.

    Il punto più alto è stato probabilmente quando ha invocato l’aiuto vendicativo della Madonna contro i non meglio precisati «Figli di satana» che lo perseguitavano per la sua fede cristiana. «O Immacolata Concezione, Maria Madre di Dio, quanto dà fastidio la mia fede mentre lavoro, schiumano odio e rabbia», scriveva sui social.
    Il mondo dell’ex ff ha una sua semplicità: da una parte lui e Dio, dall’altra quelli che non gli piacciono (e dunque non piacciono a Dio).

    satana_spirlì

    La verità è che Spirlì ha inteso il suo ruolo istituzionale, ereditato a seguito di una disgrazia, come una sorta di crociata contro quanti non apprezzano l’idea di una Calabria feudo salviniano e teocratico. Nel giorno della sua investitura disse «Invoco la Benedizione del Signore e mi affido alle amorevoli cure della Santa Vergine Immacolata. E mi impegno a svolgere il mio compito nell’unico interesse della mia gente. Accompagnatemi solo con le Vostre preghiere. Grazie. Dio Vi voglia bene». Parole più da sacerdote che da guida di una Regione.

    Matteo Salvini con Nino Spirlì e Jole Santelli, ex presidente della Regione scomparsa prematuramente
    Gaffe e sconfitte

    All’uomo di Dio casualmente alla guida della Calabria parrebbe piacer accompagnare i suoi passi con l’odore dell’incenso delle messe e col puzzo di bruciato dei roghi dei suoi detrattori. Ma a seguirlo come una implacabile ombra sono state invece le brutte figure. Come quando diffuse, con tanto di foto, una falsa notizia che annunciava il trasvolo della statua della Madonna a bordo di elicotteri dell’Aeronautica sui cieli d’Italia per liberare il Paese dal Covid. Era una bufala, ma molto suggestiva.

    Quando Spirlì giocava a fare Salvini con le grafiche del Carroccio

    Di lì in poi una serie gustosa di gaffe e battaglie perdute, scene da avanspettacolo e strepiti. Come quando, in fase di diffusa epidemia, ingaggiò uno scontro con il Governo che aveva dichiarato la Calabria zona arancione, trascinandoci a suo parere in una dittatura: «Lunedì la Calabria sarà in zona arancione, quindi saranno chiusi tutti i negozi. La Calabria sarà chiusa». Ovviamente nulla di ciò era vero, visto che la sola limitazione riguardava il poter uscire dai confini del comune di residenza.

    Pipi e patate

    Ma la verità per Spirlì è qualcosa che si acconcia a una narrazione utile per far salire i like social. Nella scorsa primavera si accanì a voler chiudere le scuole «perché non vogliamo vedere i nostri bambini nelle bare», Poi le riaprì di corsa dopo aver perso i ricorsi presentati al Tar da genitori furenti. La pandemia non gli è stata mai alleata, infatti sul tema ha preso diversi scivoloni. Per esempio insistendo nel confondere il numero di dosi di vaccino somministrate con quello delle persone realmente vaccinate. Oppure pronunciando parole ingrate e faziose all’indirizzo di Gino Strada.

    Tuttavia il meglio di Spirlì venne durante una delle amate dirette social, quando fece emergere la sua vera natura: quella gastronomica, con l’elogio dei “pipi e patate”. Oggi la sua poltrona è assai vacillante, ma alla fine di tutto questo ci sarà qualcuno che di lui dirà che ha fatto anche cose buone: probabilmente ai fornelli di casa Santelli.

  • Si spengono le luci, l’addio di Mario Occhiuto

    Si spengono le luci, l’addio di Mario Occhiuto

    È probabile che non siano in tanti a ricordarselo, ma c’è stato un tempo (breve) in cui a Cosenza si poteva perfino sciare. Succedeva agli inizi di questi dieci anni targati Mario Occhiuto. Il sindaco aveva fatto innalzare nei dintorni dei “Due Fiumi” una struttura dalla quale si poteva scendere con gli sci ai piedi. La pista era lunga poche decine di metri ma era costata ai cittadini circa 80 mila euro e avrebbe rappresentato l’inizio di una lunga stagione caratterizzata dal “fare”.

    Dopo gli anni incolori dell’amministrazione Perugini, fu anche per questa frenesia del “fare” che Mario Occhiuto, il sindaco-architetto vide crescere il consenso attorno alla sua persona, imponendo la sua visione della città ludica ed effimera, molto costosa e alla lunga separata dai reali bisogni dei cittadini. Furono gli anni delle luminarie e prima ancora dei cerchi, noleggiati a caro prezzo e poi acquistati. Ma anche quelli delle determine di somma urgenza, tutte una virgola sotto i 40 mila euro, per lavori spesso assegnati alle stesse ditte.

    I cerchi luminosi, una delle costanti dei 10 anni di Occhiuto

    Un sistema che produsse un record difficilmente superabile: 61 determine firmate in una sola notte. Intanto la città cambiava volto. Dove prima c’erano strade nascevano piazze e slarghi pedonabili, sempre implacabilmente pavimentate con le stesse piastrelle. Il salotto cittadino si arricchiva di nuove statue, al fianco delle quali ogni tanto sorgevano pupazzi colorati a foggia di dinosauri o altri animali. In alcuni luoghi topici della città nascevano locali per giovani, animando spazi fin lì silenti: il sindaco poteva affermare con orgoglio di aver vivificato «una città che alle dieci di sera andava a letto».

    Il realismo magico

    È difficile comprendere la dinamica di fascinazione e consenso di cui Occhiuto è stato protagonista senza ricorrere a un riferimento culturale: il realismo magico, cioè la capacità di costruire trame narrative che mischiano e sovrappongono la realtà con l’immaginifico. Su questo piano l’ex sindaco è stato insuperabile. Ogni volta che faceva circolare sui social il rendering di un progetto, con le figure di abitanti gioiosi, i viali alberati, i palazzi bellissimi i cosentini cominciavano a sognare. Immaginavano loro stessi in quegli spazi idilliaci, trascurando di domandarsi come e quando quel sogno avrebbe trovato realizzazione.

    Particolare della statua di Alarico alla confluenza dei fiumi Crati e Busento

    Il sindaco architetto conduceva per mano i suoi cittadini nel mondo incantato della grafica digitale. E i cosentini, grati, lo premiavano con il loro diffuso consenso. Da qualche parte giacciono progetti di campi di calcio, tutti diversi e tutti buoni per catturare l’attenzione della città nei momenti del bisogno; ospedali che sembrano usciti da un film americano; perso in qualche cassetto c’è pure il progetto in cui la strada di viale della Repubblica sparisce in un sottopassaggio, mentre sopra c’è un rigoglioso viale alberato. Ma la scommessa più immaginifica resta quella della ricerca del tesoro di Alarico, per il ritrovamento del quale furono scomodati il politologo Luttwack e i droni israeliani. Questi ultimi per fortuna mai arrivati sulle rive del Busento.

    Le opere

    Le cose realizzate da Occhiuto nei dieci anni della sua amministrazione affondano le radici nell’epopea manciniana. È in quella fase storica che furono pensati i progetti di piazza Fera, del ponte di Calatrava, del Planetario. A Mario Occhiuto va il merito di averle realizzate, facendo sbiadire la figura del vecchio leone socialista e intestandosi le opere.
    Non senza qualche smagliatura nell’opera edificatoria. Il ponte di Calatrava è sorto (anche) grazie alle risorse destinate alla costruzione di case popolari. Lo hanno inaugurato – così ha denunciato l’ex assessore De Cicco – con il denaro che era stato stanziato per le periferie, mentre su piazza Fera pende come una scomunica l’indagine della Dda. Un capitolo a parte meritano le giravolte sulla metro e la realizzazione del viale del benessere, quello dove si registra il maggior tasso di maledizioni da parte degli automobilisti.

    Un momento della faraonica inaugurazione del ponte di Calatrava nel 2018
    Gli inciampi giudiziari

    Dieci anni da sindaco e una parte di essi da indagato. Le vicende personali e quelle legate al suo ruolo di sindaco si sovrappongono in una sequela impressionante di problemi sospesi con la giustizia: indagato per associazione a delinquere transnazionale; indagato per le spese personali con i fondi del comune; indagato per bancarotta fraudolenta, condannato in primo grado al pagamento di 262 mila euro per danno erariale. Con in più un marchio: essere il primo sindaco ad aver dovuto dichiarare il dissesto del Comune.

    L’assalto alla Regione

    Sono stati questi inciampi giudiziari a fermare la candidatura di Mario Occhiuto alla Regione, interrompendo una cavalcata sapientemente costruita e poi abbandonata per far spazio a Jole Santelli, verso cui aveva avuto parole da tragedia greca, prima di santificarla pubblicamente dopo la morte. Oggi la Regione l’ha conquistata per interposta persona, dal fratello Roberto. Non è la stessa cosa, ma ci si può accontentare.

    In questi dieci anni la frase più celebrativa del governo di Occhiuto è stata “Il bello è buono”, concetto con cui si il sindaco uscente spiegava che quello che a lui piaceva era certamente per ciò stesso anche giusto. Da oggi chi guiderà la città dovrà costruire un nuovo senso di bello. Quello che si lega col giusto.

  • Sila e sci: intoppi alla Regione, stagione a rischio

    Sila e sci: intoppi alla Regione, stagione a rischio

    Con l’inverno, cambiamenti climatici permettendo, arriverà nuovamente la neve sulle montagne della Sila. Ma se avete in un ripostiglio un paio di sci è possibile che anche quest’anno debbano restare lì a prendere polvere.
    Il motivo è che l’apertura degli impianti di risalita di Camigliatello e Lorica resta ancora assai incerta e ormai la stagione invernale incombe.

    Lorica e il nodo del gestore

    Come si ricorderà il destino sciistico di Lorica è stato segnato dall’incursione della Dda, che sequestrò gli impianti mandando in fumo i sogni turistici del comprensorio per i quali si prevedevano 13 milioni di euro di investimenti. Successivamente l’autorità giudiziaria autorizza la prosecuzione dei lavori, che prontamente riprendono e sono ormai prossimi alla conclusione.

    Il passaggio più importante deve però ancora essere formalizzato. È l’approvazione di un protocollo tra le parti interessate: la ditta che ha realizzato i lavori in Sila, il comune di Casali del Manco, nel cui territorio ricade l’area, e la Regione Calabria. Da questa intesa deve emergere il soggetto che gestirà gli impianti. La Regione, infatti, deve decidere se assumerne direttamente la conduzione, indire un avviso pubblico oppure procedere ad un affidamento diretto.

    Nessuna risposta

    «Stiamo inviando continuamente Pec alla Regione, sollecitando l’approvazione dell’intesa – ci racconta Roberto Esposito, coadiutore giudiziario della Lorica Ski – ma ancora non abbiamo ricevuto alcuna risposta». Al contrario, il comune di Casali del Manco ha rapidamente recepito la proposta di intesa della Lorica Ski, aderendo all’idea per sfruttare la stagione sciistica.

    Il nodo sta nel fatto che, pur finendo in tempi brevi i lavori, la ditta non saprebbe a chi consegnare “le chiavi” dell’impianto. E senza l’indicazione istituzionale di un gestore ogni sforzo verrebbe vanificato. A questo si aggiunga l’urgenza dettata dai tempi. Prima che gli impianti diventino concretamente fruibili da sciatori e turisti, è necessario provvedere ai collaudi che precedono ogni inaugurazione. E anch’essi esigono tempi ben precisi.

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    Fausto Orsomarso, assessore regionale al Turismo

    A riguardo l’assessore Orsomarso replica non senza una certa irritazione, rivendicando di essere stato lui uno dei protagonisti dell’individuazione del percorso che ha portato al dissequestro degli impianti e alla ripresa dei lavori in Sila «grazie alla proficua collaborazione di tutte le parti, gli amministratori di Casali del Manco e i vertici di Lorica Ski», affermando quindi che la Regione la sua parte l’ha fatta tutta.
    Se i protagonisti di questa vicenda non parleranno la stessa lingua, quindi, gli appassionati potranno guardare la neve cadere ma senza sciarci sopra.

    Niente soldi a Camigliatello

    Per Camigliatello la situazione è diversa, ma non meno ingarbugliata. La struttura che consente di salire in quota sulle piste deve essere sottoposta alla verifica ventennale e per farlo serve denaro. E non poco. Sempre Orsomarso nei mesi passati aveva annunciato sui social che la Regione aveva stanziato 3,8 milioni di euro «perché l’Arsac aspettava da anni finanziamenti per la manutenzione ed autorizzazioni».

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    Il problema pareva risolto, ma per nulla disposti ad indulgere all’ottimismo invece sono all’Arsac. Carlo Monaco, responsabile amministrativo degli impianti a fune di Camigliatello, dice che ad oggi di quei soldi non c’è traccia. «Al momento siamo fermi e dobbiamo realizzare il collaudo ventennale, per il quale servono risorse. La Regione le ha promesse, ma concretamente qui non è arrivato nulla», racconta con disincanto Monaco.

    Tempi lunghi e/o prestiti

    Anche su questo aspetto Orsomarso cerca di fare chiarezza, spiegando che il denaro è stato stanziato, ma essendo stato spostato da un capitolo di spesa ad un altro, è necessario rimodulare la formulazione del finanziamento presso la Corte dei conti. I tempi previsti potrebbero estendersi fino ad ottobre inoltrato. Poi ci sono quelli richiesti per i lavori di collaudo, insomma molti mesi.

    Ma Orsomarso ha una soluzione: «L’Arsac con in mano la delibera può andare presso un istituto di credito e farsi prestare i soldi, così da procedere rapidamente ai lavori necessari». Per il futuro, secondo l’attuale assessore regionale al Turismo la gestione degli impianti dovrebbe essere assegnata alle competenze dei Trasporti, salvaguardando le professionalità che intanto sono state formate.
    Tra Pec cui non c’è risposta e risorse economiche che sono solo sulla carta, anche questo inverno la neve rischia di cadere invano. Almeno per chi vorrebbe sciare in Sila.

  • Debito della sanità azzerato, tutti promettono ma Roma dice no

    Debito della sanità azzerato, tutti promettono ma Roma dice no

    Il debito della sanità calabrese? Azzeriamolo. Questa è la parola magica pronunciata in campagna elettorale dalla politica che promette di risolvere il dramma del buco nero del debito, la cui portata reale non è ancora stata interamente quantificata. Comprensibilmente è pure l’argomento cui i calabresi sono maggiormente sensibili, perché qui si decide se ci si può curare oppure no, se si devono cercare altrove centri specializzati e terapie che qui non funzionano.

    Per questo è anche il terreno di gioco dove si consuma la partita più importante, quella in cui si possono vincere oppure perdere le elezioni e l’idea di azzerare il debito della sanità è così suggestiva che finisce per accomunare tutti i candidati. Un desiderio destinato ad infrangersi contro l’ultimo verbale del “Tavolo Adduce”, la commissione che vigila sullo stato dei conti della sanità calabrese. E che spiega impietosamente che ogni ipotesi di stralcio non ha reale fondamento. Il documento evidenzia come «al momento non è stata quantificata l’entità del debito pregresso».

    Annunci da destra…

    Eppure in mille occasioni ogni candidato continua a sostenere la promessa di cancellare il disavanzo. Il primo a sollevare questa ipotesi è stato Roberto Occhiuto, che già nel dicembre del 2020 annunciava trionfante che grazie ad un suo emendamento «di fatto si azzera il debito». In realtà la supposta conquista del candidato della destra è piuttosto una rateizzazione del «debito sanitario diluendolo in 30 anni con un tasso d’interesse del 1,2%». Ma nel gioco delle parole il parlamentare, che ancora non era candidato alla presidenza della Calabria, nel settembre di quell’anno spiegava che «il problema del debito verrà azzerato».

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    Nino Spirlì e Roberto Occhiuto, il ticket che il centrodestra propone per la guida della prossima Giunta regionale

    Sullo stesso fronte nel marzo dello scorso anno il presidente facente funzioni Spirlì proclamava in una delle sue dirette social, ma anche in maniera più ufficiale, di aver avanzato «la richiesta di azzeramento al ministro della Salute Speranza». Il leghista spiegava che tale ipotesi «si poggia sulla constatazione che se non si riparte da zero sarà impossibile poter prevedere nuovi investimenti».

    … E da sinistra

    Ma se credete che il sogno della cancellazione del disavanzo appartenga solo alla destra vi sbagliate: la candidata del centro sinistra, Amalia Bruni, ha in più occasioni affermato la necessità di ricorrere a questa cura, perché «la ricetta necessariamente deve passare dall’annullamento del debito». Sulla stessa linea si è espressa Dalila Nesci, unica calabrese tra i sottosegretari del governo dei Migliori guidato da Draghi. L’esponente dei 5 Stelle, parlando della sanità regionale ha esortato a «lavorare per azzerare il debito». A questo miraggio non si sottrae nemmeno de Magistris, nel cui programma è scritto con chiarezza che si deve ottenere la «fine immediata di ogni commissariamento» e procedere «all’azzeramento del debito sanitario»

    I casi di Reggio e Cosenza

    La proposta dell’azzeramento rivela la misura della distanza tra il meraviglioso mondo della teoria e il severo mondo della realtà. E a marcare questa distanza è la dimensione del debito che gela ogni ipotesi di stralcio. Ma, soprattutto, sono le parole con cui si chiude la relazione del Tavolo Adduce.

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    L’Asp di Cosenza: l’ultimo bilancio consuntivo approvato risale al 2017 e sulla sua attendibilità sussistono parecchi dubbi

    «Con riferimento alla richiesta di costituire gestione stralcio per affrontare la questione del debito pregresso, con particolare riferimento alle ASP di Reggio Calabria e Cosenza, valutano che eventuali modifiche normative che potrebbero rendersi necessarie, dovranno essere valutate una volta definita la quantificazione del debito pregresso». Fuori dalla rigidità del lessico burocratico, vuol dire che non potete stralciare nulla, anche perché non siete stati in grado di dirci a quanto ammonta il debito e soprattutto come coprire l’eventuale azzeramento.

    Roma dice no

    Ma non è finita. La stessa relazione mette sull’avviso che «occorre poi attentamente valutare eventuali proposte normative che potrebbero generare effetti emulativi e ricadute in termini di finanza pubblica nel breve e nel lungo periodo, dopo un lavoro di risanamento dei conti del SSN che ha richiesto impegno pluriennale da parte di tutte le regioni». Tradotto in soldoni significa che le altre regioni che stanno affrontando piani di rientro con successo e sacrifici, potrebbero esigere di azzerare anch’esse il debito residuo.

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    La sede del Ministero della Salute

    E in conclusione di tutto ciò, lapidariamente si afferma che «pertanto la proposta di una gestione stralcio per il debito pregresso, per le motivazioni su esposte, non si ritiene percorribile». Se qualcuno pensava di risolvere la questione con un fantasioso scurdammoce ‘o passato, si è sbagliato alla grande.

  • Se vinco a Cosenza faccio l’ospedale a Rende

    Se vinco a Cosenza faccio l’ospedale a Rende

    «Il nuovo ospedale troverebbe la giusta dislocazione nell’area dove insiste l’Università della Calabria». Lo scrive nero su bianco Franco Pichierri nel suo programma da sindaco. Pichierri è un democristiano in servizio permanente effettivo, trasversale, moderato e prudente, ma la sua idea circa il posto dove costruire il nuovo nosocomio è capace di far sgranare gli occhi. Per la verità è la sola idea che susciti attenzione, sommersa in mezzo a proposte che paiono senza vigore, ma è sufficiente per promuoverlo come sola voce fuori dal coro campanilistico.

    Sindaco di Rende o Cosenza?

    Pichierri dunque si candida ad essere non solo il primo sindaco della città, ma proprio il primo cosentino ad immaginare che l’ospedale debba sorgere a Rende. Ci vuole coraggio, ma pure una certa lungimiranza, per proporre una idea di tal genere. La lungimiranza risiede nell’immaginare un ospedale accanto all’università, dove è in arrivo la facoltà di medicina, ma soprattutto perché quell’area è più baricentrica rispetto ad un bacino territoriale parecchio vasto.

    Il coraggio, invece, è necessario per superare il campanilismo. Ma ancor di più per rinunciare alla promettente economia che si avrebbe attorno alla costruzione di un nuovo ospedale e ai sottostanti interessi, che poi sono le ragioni per le quali questo argomento si trova ancora solo nei programmi elettorali. Pichierri però è uno di quei candidati con non solidissime chance di affermarsi. E forse proprio per questo l’indossare l’abito del politico che guarda lontano può dargli un poco di lustro a poco prezzo.

    La lotteria per il centro storico

    Il resto del programma è rappresentato da una lista di buoni propositi, senza l’impegno che sarebbe necessario. Anche il candidato Dc fa riferimento alle risorse del Pnrr di Draghi per affrontare il dissesto, sulle cui responsabilità democristianamente tace. I cosentini posso stare tranquilli, perché «l’obiettivo è fare diventare l’amministrazione pubblica alleata dei cittadini» e ciò accadrà grazie alla «trasformazione digitale del Comune di Cosenza». Per quanto riguarda il lavoro il candidato vorrebbe «stimolare nuove imprenditorialità, avvicinando il talento alle aziende».

    Non manca lo sguardo rivolto alla città antica, che «deve rinascere e ritornare realmente a svolgere quel ruolo centrale e trainante che un tempo aveva nell’ambito dell’intero comprensorio, quale centro pulsante artistico, sociale e produttivo» e qui è verosimile che Pichierri faccia riferimento ai fasti del XV secolo. Il problema delle casse svuotate si può risolvere e il candidato dello Scudo crociato pensa di affrontarlo favorendo «anche il coinvolgimento dei privati promuovendo l’istituzione della “Lotteria Nazionale dei Brettii”».

    Dieci anni da cancellare

    Le idee di Cosenza in Comune, invece, sono precedute da una fotografia dolente della città, che racconta di disuguaglianze acuite dal Covid, ma causate anche da scelte politiche che hanno trascurato le persone e i bisogni reali. A guidare la lista è Valerio Formisani, medico che ha sovrapposto la sua militanza politica alla professione, impegnandosi, tra l’altro, nell’assistenza sanitaria agli ultimi con la creazione di un “Ambulatorio medico senza confini”. Nessuno stupore quindi se il suo programma parta dai temi sociali, dalla partecipazione democratica dei cittadini alle scelte.

    Formisani sa che le casse sono vuote, «a causa di sperperi, pessime gestioni finanziarie, bilanci falsi perpetrati da un decennio di cattiva amministrazione». Per questo occorre individuare le priorità di intervento, per esempio «il rafforzamento dei servizi pubblici essenziali, l’integrazione delle marginalità sociali e territoriali e il ripristino della salubrità ambientali, mortificati da un’azione amministrativa improntata ad una irragionevole e sfrenata cementificazione affaristica».

    La solitudine dei duri e puri

    Un cambio di passo che metta i cittadini al centro dell’azione politica, che prevede la creazione di un “Piano comunale del benessere”. Il “benessere” sociale di Formisani non è la striscia di cemento dove scorrazzare con le bici elettriche immaginata dal sindaco uscente, però. Consiste nel monitorare le condizione economiche della cittadinanza per «costruire interventi sociali, culturali ed economici mirati, favorire la redistribuzione del lavoro esistente, attraverso la “Contrattazione territoriale”, bloccare gli sfratti e aiutare i “morosi incolpevoli”. Quanto alle risorse del Pnrr «devono essere destinati al potenziamento dei servizi pubblici soprattutto a favore dei soggetti più disagiati».

    La città vecchia nei progetti del candidato di Cosenza in Comune vedrebbe l’apertura di cantieri per la manutenzione degli stabili, il censimento degli immobili pericolanti e il recupero delle attività commerciali. E poi la cultura, la lotta all’intolleranza e la spinta all’inclusione culturale. Temi e bandiere che rischiano di essere proposti e sventolate per pura testimonianza. Perché ancora una volta, probabilmente anche per difendere con orgoglio una idea di purezza, Cosenza in Comune corre in solitudine.

  • Drive-in Cosenza, la fantasia dei civici se va al potere

    Drive-in Cosenza, la fantasia dei civici se va al potere

    «Con questa destra mai più. Al ballottaggio non farò accordi con loro». La mano sul cuore, lo sguardo fermo sulla telecamera, Francesco De Cicco ha annunciato che con Mario Occhiuto e Francesco Caruso non ha intenzione di dialogare. De Cicco è stato assessore proprio della Giunta guidata dall’architetto e ha affidato a un video su Facebook le sue decisioni.

    Da due anni diserta la Giunta

    Queste parole valgono più di ogni dettagliato programma elettorale e lasciano immaginare un possibile accordo col centro-sinistra. Ma mai fare l’errore di considerarle la pietra tombale su un possibile ritorno dell’amore tra Occhiuto e De Cicco. Basta guardare indietro nel tempo, quando De Cicco mobilitava le sue truppe a via Popilia contro il sindaco che voleva portare i rom a Vaglio Lise, salvo poi deporre le armi davanti alla nomina ad assessore.

    Nessuno dimentica le tante volte in cui ha minacciato di far cadere l’amministrazione, per poi rientrare prontamente nel recinto della maggioranza. Questa volta a marcare la distanza lo stesso De Cicco nel video spiega che «sono due anni che non partecipo alle riunioni di Giunta, né firmo i bilanci», tuttavia continuando, presumibilmente, ad incassare l’indennità di assessore.

    Gallo, Civitelli e De Cicco: i tre civici

    De Cicco, assieme a Francesco Civitelli e Fabio Gallo, rivendica il ruolo di portabandiera del civismo. Leggendo il programma dell’ancora assessore troviamo la negazione dell’idea di viabilità costruita in questo decennio da Occhiuto. E quindi con «la rimodulazione stradale a viale Mancini, via Roma, corso Umberto, via XXIV Maggio e relative traverse». Una proposta che potrebbe trovare l’entusiasmo degli automobilisti. Contorta e di difficile interpretazione la parte in cui si parla della «introduzione di trasporto di massa veloce, certo e sicuro che potrà avvenire solo se realizzato su linee di mobilità che devono prevedere sedi stradali libere dal traffico privato». Praticamente è una metro leggera che forse si chiamerà in un altro modo. Su tutto questo vigilerà una «assemblea cittadina aperta ai “competenti”», che però non si comprende chi possano essere.

    Francesco Civitelli, impegnato in un selfie allo specchio
    Drive in e festival medievali 

    Se quel passaggio resta vago, deciso è chiaro è l’intento di De Cicco sindaco per quanto concerne il lavoro: assumerà 240 impiegati comunali nell’arco del suo mandato. Lo sguardo sul centro storico non manca, con l’impegno a “chiamare” l’Università per aprire una facoltà nella parte antica della città. De Cicco promette pattuglie di vigili che avranno il ruolo di “educatori”, impedendo le occupazioni abusive e aiutando i giovani.
    Se la cultura in questi anni ha sofferto, l’assessore pensa di rilanciarla attraverso «la creazione di cinema drive in, per poter guardare il film in macchina». E poi con «il rilancio del teatro Rendano attraverso l’invito di artisti famosi, l’organizzazione di festival medievali nel centro storico e la creazione di un festival culinario».

     Auto a viale Parco e zero piste ciclabili

    Stringatissimo il programma prodotto da Francesco Civitelli, che rivendicando un lontano impegno politico accanto a Mancini, si limita ad un elenco di emergenze. Si parte dal Welfare per finire alla crisi idrica, passando per i rifiuti e la viabilità. Senza tralasciare la necessità di eliminare le piste ciclabili, aumentare le aree con le strisce bianche, attivare le Ztl solo nei fine settimana e riaprire viale Parco.

    L’audace similitudine con Mancini

    Assai più articolata invece la visione della città proposta da Fabio Gallo. Ha pazientemente costruito la sua candidatura, senza però mai dichiararne la volontà. Nel corso del secondo mandato di Occhiuto organizzò una kermesse nell’auditorium del Telesio. Invitò tutte le anime che rappresentavano forme di opposizione al sindaco, una assemblea ecumenica che non sortì alcun effetto.

    Da allora, tenacemente, ha dato vita al Movimento Noi, che ha la pretesa di avere carattere nazionale, ma che pare esistere solo qui. Forme di autorefenzialità che hanno partorito il topolino di una sola lista. La cosa non preoccupa il candidato, che recentemente ha affermato in una sua diretta Fb che «anche Mancini aveva solo due liste e stravinse», lanciandosi in un confronto che pare fuori misura.

    Gallo pensa al Pnrr 

    La concretezza dei buoni propositi del Movimento Noi viene affidata a una serie di provvedimenti finalizzati al finanziamento di progetti, partendo dal Pnrr fino ai fondi europei. Ma Gallo nel programma non scende nel dettaglio di spesa per ogni idea, né ai tempi necessari per attuarle. Si passa quindi dalla genericità di un impegno per la costruzione del nuovo ospedale, ai particolari sulla viabilità. Un tema che gli è caro  come agli altri candidati. In merito pensa di «ripristinare la circolazione di Via R. Misasi, ristabilendo i sensi di marcia precedenti, eliminare il doppio senso di marcia di Piazza Bilotti, renderla uno spazio vivibile ed accogliente».

    Fabio Gallo, cattolico militante del Movimento Noi
    Basta monopattini indisciplinati, servono regole

    Ha intenzione di «riaprire Viale Parco alla circolazione privata e pubblica, attuare un piano di reale manutenzione e riasfaltatura di tutte le strade della città, utilizzare le linee ferrate esistenti per collegare Cosenza all’Unical, acquistare una flotta di Electrobus a inquinamento “zero”». Ma per fortuna a tutto questo aggiunge «la regolamentazione dell’uso dei monopattini», questione evidentemente molto urgente.

    La cultura al centro del progetto città pensato dal Movimento Noi, con un non meglio precisato «sostegno all’artigianato locale e la restituzione dei Bocs art alla città e al mondo del lavoro». Soprattutto è prevista la nascita della Fondazione Cosenza, una realtà con lo scopo di «riunire in essa tutti i Beni di proprietà del Comune, dunque pubblici, destinati alla manifestazione dell’arte e della cultura in generale perché essi siano tutelati da eventuali derive privatistiche e resi produttivi e realmente utili ai Cittadini».

    Energia idroelettrica da Crati e Busento

    Gallo ha pensato anche a produrre energia per la città dai suoi fiumi – dove evidentemente si smetterà di cercare il tesoro di Alarico – e di riportare le Colombe di Baccelli a piazza Kennedy, in una operazione nostalgia. Sulla scuola il candidato prende uno scivolone, quando immagina «la riduzione degli alunni per classe fino a un massimo di 15». Gli sfugge il dettaglio che il numero di studenti per classe e dunque l’organico dei prof è deciso dal Ministero, non dal sindaco.

  • Caruso e Rende: divisi nelle liste, meno nelle idee

    Caruso e Rende: divisi nelle liste, meno nelle idee

    Il centrosinistra arriva diviso alla linea di partenza, ma con programmi non troppo diversi. Segno che a separare non sono le idee quanto una certa predisposizione ai personalismi. Franz Caruso e Bianca Rende dunque l’uno contro l’altra, suscitando l’ottimismo dell’altro Caruso, quello di Occhiuto.

    Quel che i due candidati vorrebbero fare della città è raccontato nelle loro proposte: stringate e sintetiche quelle di Rende, più dettagliate quelle dell’avvocato sostenuto dal Pd. Comprensibilmente non mancano punti coincidenti, come la preoccupazione per le condizioni della casse comunali, prosciugate dal dissesto firmato Occhiuto.

    Verità sul bilancio

    Per far fronte alla voragine che erediterà chiunque vada a sedersi sulla poltrona di sindaco, Bianca Rende propone di utilizzare «con correttezza e trasparenza» le risorse del Pnrr, mentre Caruso pensa anche a costruire un «percorso di verità sul dissesto», che spieghi ai cittadini come si sia arrivati al fallimento della città, «segnalando situazioni anomale agli organi competenti». Per entrambi i candidati la preoccupazione sembra essere quella di dire: se vinciamo e troviamo le casse saccheggiate, sappiate che non siamo stati noi.
    Un assillo del tutto comprensibile, perché le cose da fare per risanare la città sono parecchie, ma «gli effetti di questo dissesto sono e saranno sulle spalle dei cosentini per diversi anni».

    Più acqua nelle case

    Da dove partire? Per esempio da uno dei temi più urgentemente avvertiti dai cosentini: l’acqua. Per Rende e Caruso serve un nuovo servizio idrico. La candidata pensa a coinvolgere «i competenti dipartimenti dell’Unical per risolvere definitivamente la questione idrica cittadina». Caruso è più cauto e immagina tappe di avvicinamento alla soluzione, anche con un’App attraverso la quale i cittadini saranno avvisati «sulle variazioni della fornitura idrica». Sarà grande motivo di soddisfazione per i cosentini leggere sul proprio telefonino quando non potranno lavarsi. Ma, a parte ciò, l’idea forte è quella di dare vita a un “Servizio idrico integrato in Calabria”, mentre per adesso si tratterà di razionalizzare le risorse idriche, facendo in mondo che «nessun quartiere resti sfavorito rispetto ad altri».

    Welfare e rifiuti

    Grandi novità pure per i rifiuti. Per Bianca Rende infatti deve essere «ripensato il sistema di raccolta e riorganizzato attraverso sistemi innovativi e alternativi», visto che per la candidata la raccolta “porta a porta” ha fallito. Di opinione diversa è invece il candidato del Pd, per il quale quel metodo va proseguito, ma implementandolo con «isole ecologiche a scomparsa».

    Per due candidati che rivendicano radici riformiste, il welfare è terreno strategico. Il diritto alla casa e a una vita dignitosa, per esempio, questioni che la Rende vuole affrontare «partendo dal censimento del bisogno abitativo, di servizi socio sanitari… per corrispondere con progetti mirati», mentre per Caruso la risposta potrebbe giungere dal Recovery Found, per «incrementare la squadra e la struttura» dei servizi sociali.

    Dimenticare Occhiuto

    Per entrambi i candidati è necessario dimenticarsi della favola di Alarico e puntare su identità culturali autentiche, come «gli 800 anni della cattedrale di Cosenza», come suggerisce Bianca Rende. O sulla nascita di un «Ufficio dell’Immaginazione pubblica, per i giovani o le associazioni che hanno idee per Cosenza vecchia», promette Caruso, avanzando una proposta che però già nel nome, pare una cosa piuttosto effimera.

    Per il centrosinistra disunito sui nomi, ma coerente sulle idee, si tratta di far rivivere la città dopo dieci anni di governo Occhiuto. E di farlo partendo proprio dalle cose più care all’architetto sindaco uscente. Rende infatti pensa al «ripristino della viabilità su Viale Mancini e via Roma e al ridisegno – attraverso concorso di idee- di piazza Bilotti, dell’area ex Jolly e piazza Riforma». Caruso vorrebbe dare vita ad un “Ufficio per la vivibilità dei luoghi”, «con delega a ricevere tutte le segnalazioni che riguardano situazioni di degrado», mentre per rendere più alberata la città, saranno assunti «lavoratori verdi».

    Stesse parole, voci differenti

    Il tema rovente della sanità pubblica non manca. Il centrosinistra a guida Franz Caruso pensa ai fondi del Piano di risanamento di Draghi, grazie al quale annuncia potrebbero essere realizzate strutture sanitarie di prossimità, ben tre in città, mentre il nuovo ospedale verrebbe costruito a Vaglio Lise, capovolgendo le intenzioni dell’amministrazione uscente. E poi integrazione, solidarietà, digitalizzazione e commercio. Il centro sinistra dice le stesse parole, ma con due voci differenti.

  • Espropri à gogo, Caruso finge di non essere Occhiuto

    Espropri à gogo, Caruso finge di non essere Occhiuto

    Scrivere un programma elettorale può essere una fatica immane: deve essere breve, convincente e deve fare sognare. Il programma di Francesco Caruso potrebbe riuscirci: otto pagine di buoni propositi, il lessico è lo stesso che ha fatto il successo del sindaco uscente, parole come “rigenerazione urbana”, “città smart e green”, “decoro”. Quella che sembra mancare è la parola “continuità”, ma si percepisce sin da subito, per esempio nella promessa di realizzare «nuove piazze che nasceranno a Sud della città».

    Finalmente le periferie

    La prima preoccupazione che emerge dal programma di Caruso/Occhiuto è quella di smentire la convinzione diffusa di essersi in questi anni impegnati solo per il salotto buono della città. Ed ecco quindi sin da subito l’idea di dare vita a «veri e propri comitati di quartiere» nelle periferie. A questi comitati sarà delegato il compito di individuare gli obbiettivi che l’amministrazione dovrà raggiungere, come la definizione di un progetto denominato “Quartiere 2030”, «capace di offrire una nuova prospettiva di sviluppo alle periferie». L’obiettivo, non proprio inedito, è quello di fare una città policentrica, senza tuttavia spiegare dove trovare il denaro.

    Espropri ai privati

    Molto più lunga è la parte dedicata all’Agenda urbana, che vede la riqualificazione energetica di molti palazzi e la promessa di un impegno contro il disagio abitativo attraverso la riqualificazione di appartamenti nella città vecchia. Qui vale la pena di sottolineare il cambio di rotta annunciato da Caruso, che smentendo quanto sostenuto lungamente da Occhiuto, intende espropriare gli edifici privati e ristrutturarli.

    Dissesto, anche quello idrogeologico

    Tre sono le righe destinate al dissesto idrogeologico, con l’impegno di «mitigazione del rischio frane» in alcune aree della città, come per esempio nel centro storico, quindi c’è speranza che la strada che conduce a Porta piana, bloccata da una frana da parecchio, sia restituita ai cittadini. Tra le promesse non manca «l’adeguamento sismico, l’efficientamento e la rifunzionalizzazione della Biblioteca civica», patrimonio della città dimenticato e condannato a morte proprio dall’amministrazione uscente. I cittadini che si lamentano della spazzatura nelle strade possono stare tranquilli, visto che Caruso immagina di risolvere la questione anche grazie «all’incremento di uomini e mezzi per velocizzare la raccolta».

    I soldi sono finiti da un pezzo

    La nota dolente sono i soldi: quelli sono finiti da un pezzo. La causa è il dissesto, le cui responsabilità, secondo alcune sentenze, sono di Occhiuto. Caruso questo non può dirlo e quindi ci dice che in Calabria «l’80% degli enti locali è soggetto a procedure di dissesto», ma l’essere in questa compagnia non rallegra per nulla. Anche perché «con il Piano di riequilibrio – approvato dalla Corte dei conti – le aliquote dei tributi sono elevate al massimo». La sola soluzione possibile per uscire dall’abisso in cui la città è stata trascinata dall’amministrazione uscente «è quella di mettere in campo tutti gli strumenti per incassare i tributi» e solo dopo, forse, «pensare a una diminuzione della pressione tributaria».

    Vuole essere sindaco, dimenticando che è stato vice

    A pagare il prezzo di tutto ciò è il Welfare, verso il cui il candidato della destra dedica poche righe, senza spiegare coperture finanziare. Intanto Caruso è certo che Cosenza abbia «sperimentato una crescita economica esponenziale» grazie al «maniero di Federico II…al Planetario…e alle piazze monumentali come Piazza Bilotti».
    Restando all’economia, che in città è molto rappresentata dal commercio, coloro che sono impegnati in questo settore possono stare tranquilli, perché «il Comune stimolerà gli operatori verso l’individuazione di un proprio rappresentante di quartiere». A ben guardare il programma di Francesco Caruso sembra quello di uno che vuole fare il sindaco, dimenticando di aver già fatto il vice.

  • Gentile e Occhiuto: c’eravamo tanto odiati

    Gentile e Occhiuto: c’eravamo tanto odiati

    “Le cose cambiano” è il titolo di un bel film di Mamet, perfettamente applicabile ai mutamenti della politica a queste latitudini. Nemici feroci, opportunisticamente alleati, sempre con i pugnali pronti. E’ la storia, per esempio dei fratelli Gentile ed Occhiuto, tra i quali è scorso molto sangue, ma oggi sono uniti dalla presenza di Katya Gentile, figlia di Pino, nella lista che sostiene Roberto Occhiuto, fratello del sindaco uscente di Cosenza.

    Gegè Caligiuri sceglie i Gentile per Forza Italia

    Ma la storia, i conflitti e le alleanze tra loro cominciano molto tempo fa, quando Berlusconi scende in campo e a Cosenza nasce il primo Club di Forza Italia. La sede è in un bell’appartamento del centro, con i soffitti affrescati, scelto da Gegè Caligiuri, uomo di Publitalia, mandato a guidare il partito in Calabria. Caligiuri non sceglie solo la location del partito, sceglie pure gli uomini e tra Roberto Occhiuto, allora giovane di belle speranze e i fratelli Gentile, sceglie questi ultimi. I fratelli sono già ex molte cose: ex socialisti, ex Psdi, ex repubblicani. Cercano casa e portano un considerevole pacchetto di consensi costruito pazientemente, si dice senza mai tradire una promessa fatta. Tra i Gentile e gli Occhiuto non c’è partita, i primi sono troppo forti e Roberto fa le valigie trovando ospitalità nello sguarnito Udc.

    Lo scontro alle provinciali del 2009

    Le due famiglie per anni si ignorano, pascolando in recinti elettorali contigui, ma diversi, ad un certo punto però giunge il momento dello scontro diretto: è il 2009, tempo di elezioni provinciali. I candidati sono tre: Mario Oliverio per il centrosinistra, Pino Gentile per Forza Italia e Roberto Occhiuto con l’Udc. Si capisce subito che il vero avversario di Roberto è Pino, quasi a cercare un modo per misurarsi nell’ambito della stessa alleanza di centrodestra. Curiosamente in quella occasione, al fianco di Occhiuto c’è una lista civica che si chiama “No al Federalismo leghista”, ma speriamo che Spirlì non faccia al riguardo ricerche su Google.

    Le due famiglie tornano ad incrociarsi alle elezioni comunali di Cosenza del 2011. La destra vuole conquistare la città fortino della sinistra e ci riesce candidando Mario Occhiuto che vince di un soffio. È sostenuto da uno schieramento parallelo a quello ufficiale ma trasversale, fatto di grumi del centrosinistra e dai Gentile. Questi ultimi otterranno il posto di vicesindaco affidato a Katya. Occhiuto, come un novello Frankenstein, si ribella presto ai suoi creatori – sostenitori e si libererà di loro. Anche di Katya, marginalizzata e poi defenestrata dopo una serie di atti chiaramente ostili.

    La guerra social di Katya Gentile

    Da allora è guerra. La figlia di Pino da quel momento diventa una pasdaran anti Occhiuto: non c’è giorno che sulla sua bacheca di Facebook non spari bordate contro il sindaco, svelando inciuci, affari, nefandezze.

    Mario non incassa senza replicare e in una occasione chiama mafiosi i Gentile. Sarà querelato, naturalmente, ma incredibilmente assolto. A parte questo, il padre e lo zio di Katya tacciono, sono troppo navigati per farsi prendere dall’emotività, sanno che le cose cambiano, come avverte Mamet e che presto arriverà il tempo della vendetta, oppure di una nuova alleanza e non si sbagliano.

    Dietrofront: un posto per Katya e Andrea Gentile

    Infatti il tempo arriva: Roberto Occhiuto si candida a guidare la Regione e in caso di vittoria cederebbe il posto in parlamento al figlio di Tonino Gentile, rimasto fuori alle passate elezioni, ma soprattutto ecco Katya nelle liste al fianco del fratello del lungamente detestato Mario. Gli improperi social saranno certamente perdonati in cambio di un consistente consenso legato alla storia della famiglia Gentile, che passa lo scettro da Pino alla figlia. In politica si fanno le capriole come al circo, perché le cose cambiano, ma le persone no.

  • Lorica: impianti quasi pronti, ma si potrà sciare?

    Lorica: impianti quasi pronti, ma si potrà sciare?

    «Stiamo lavorando perché alla fine di ottobre i lavori relativi agli impianti di Lorica siano terminati», assicura Roberto Esposito, coadiutore giudiziario della Lorica Ski, tuttavia potrebbe accadere che non si possa lo stesso sciare e non per forza per mancanza di neve.

    Un progetto da 16 milioni

    La storia del progetto “Lorica Hamata in Sila Amena” è stata particolarmente tormentata. La Regione Calabria intendeva rilanciare il turismo invernale in un’area della Sila dove generalmente l’innevamento è più abbondante. E così aveva approvato il piano di rifacimento degli impianti di risalita, che erano parecchio vetusti. La somma stanziata, utilizzando i fondi comunitari, era cospicua: oltre 13 milioni di euro. Altri 3 milioni dovevano provenire dai privati che avrebbero successivamente gestito la struttura. Poi è giunta la tempesta giudiziaria.

    Interviene la Dda

    La Dda di Catanzaro a seguito di una indagine sequestra gli impianti. Poi, con l’operazione Lande desolate, procede agli arresti di Barbieri (lo stesso imprenditore che aveva realizzato piazza Bilotti a Cosenza) e di altri, ed indaga anche l’allora presidente della Regione, Oliverio. Il sogno di avere in Sila una struttura all’avanguardia, in grado forse di promuovere lo sviluppo di quell’area, svanisce.
    Il progetto riprende vita quando l’autorità giudiziaria autorizza la prosecuzione dei lavori, pur se il procedimento penale non è concluso. Di qui l’affidamento alla società Lorica Ski del completamento di quanto rimasto sospeso.

    Casali del Manco ha fretta

    A Casali del Manco, comune nel cui territorio ricade l’area interessata al progetto, sono fiduciosi. Sia il sindaco Stanislao Martire che l’ingegnere Ferruccio Celestino affermano di sperare di poter aprire al pubblico gli impianti, «perché manca poco». «E potremmo perfino partire – aggiungono – senza che siano pronti anche le attrezzature necessarie per produrre l’innevamento artificiale».

    In realtà a Casali del Manco si azzardano anche a guardare oltre. Sperano di poter presto avviare la realizzazione dell’altro grande progetto che vede la Sila protagonista, quello che consentirebbe il collegamento tra gli impianti di Lorica e quelli di Camigliatello. Ma sanno che per questo ci sono ancora mille difficoltà, visto che «mancano le autorizzazioni relative all’impatto ambientale e occorre verificare la copertura finanziaria».

    Ottimismo contro realismo

    A guardar bene, è probabile che sindaco e ingegnere pecchino di infondato ottimismo, la strada che conduce alla fine di questa storia pare ancora parecchio lunga. La Regione prevede che entro il 31 ottobre i lavori siano completati e per come si è pronunciato il coadiutore giudiziario, è possibile che questo avvenga. Si sta procedendo alla messa in sicurezza del rifugio a monte, alla revisione della sciovia e all’installazione dei cannoni spara neve, recuperando il ritardo imposto dall’emergenza Covid.

    Tuttavia sono ancora molte le cose da fare prima di consegnare ai turisti la nuova cabinovia e riguardano scelte amministrative e politiche. Intanto occorre procedere ai collaudi, ma soprattutto è necessario individuare il soggetto che gestirà la struttura. E i tempi sono molto stretti.

    Il nodo della gestione

    «I comuni non hanno alcuna competenza riguardo la gestione degli impianti – spiega ancora Esposito – quindi tocca alla Regione assumere una decisione a riguardo».
    Se i tempi relativi ai lavori saranno rispettati, la palla passerà alla Cittadella. Sarà lei a dover procedere ad un affidamento diretto della gestione della struttura, per esempio alle Ferrovie, oppure indire un avviso pubblico in grado di richiamare privati o, ancora, assumerne direttamente la conduzione.

    I tempi per tutto questo paiono ristretti, soprattutto perché la Lorica Ski ha presentato un protocollo in base al quale, una volta consegnati i lavori, si renderebbero immediatamente fruibili gli impianti, senza attendere i tempi infiniti della giustizia penale. Infatti la struttura è sul terreno demaniale e dunque del tutto estranea ai procedimenti giudiziari che ne hanno a lungo bloccato gli sviluppi.

    Questo protocollo è stato rapidamente recepito dal comune di Casali del Manco, mentre dalla Regione non è ancora arrivato nessun commento. Se da Catanzaro non dovesse giungere il consenso al protocollo, tutta l’urgenza impiegata per mettere in operatività gli impianti sarebbe vanificata. A riguardo oggi è intervenuto con una certa preoccupazione il consigliere leghista Pietro Molinaro, che in un comunicato sollecita la Giunta a prendere rapidamente posizione sulla vicenda e in generale ad attuare la Delibera “Santelli – progetto Sila”. Il leghista aveva già nel mese di giugno avanzato uguale richiesta, «ma senza ottenere alcun riscontro».

    L’annuncio dell’assessore

    Nel mese di marzo l’assessore Orsomarso era presente sul cantiere dei lavori. In quella occasione aveva assicurato che la Regione avrebbe chiesto il dissequestro della struttura e avviato quanto necessario per dare vita ad un bando per affidarne la gestione. E proprio ieri, sulla sua pagina Facebook, Orsomarso ha annunciato «che su Lorica forse abbiamo trovato la via d’uscita, lavorando proficuamente con amministratori giudiziari che hanno condiviso un percorso con i giudici, i comuni e la Regione». Una dichiarazione che, circa i destini di Lorica, sembra ancora piuttosto generica.

    Per gli impianti di Camigliatello anch’essi chiusi per motivi legati alla manutenzione dei cavi, sempre sui social Orsomarso ha annunciato novità. La Regione – si legge nel suo post – ha stanziato 3,8 milioni di euro, «perché l’Arsac aspettava da anni finanziamenti per la manutenzione ed autorizzazioni». La stagione invernale è in arrivo e occorre essere pronti. Altrimenti il paragone – piuttosto azzardato – con Cortina e Courmayeur, evocato dall’assessore regionale nel corso di una intervista rilasciata di recente proprio a Lorica, rischia di diventare meno di una barzelletta.