Autore: Geppino De Rose

  • «Occupabile sarà lei!»: la povertà diventa status

    «Occupabile sarà lei!»: la povertà diventa status

    [responsivevoice_button voice=”Italian Male” buttontext=”ASCOLTA L’ARTICOLO”]

    Un nuovo soggetto rivoluzionario si aggira per l’Italia: l’occupabile.
    Si tratta, secondo la previsione normativa, di “soggetti sani, dall’età anagrafica compresa tra i 18 anni e i 59 anni che non abbiano nel nucleo familiare disabili, minori o persone a carico con almeno 60 anni di età, che non svolgano un’attività lavorativa (sia autonomamente che come subordinati) e che non frequentino un corso di studi o di formazione”.

    L’occupabile e il reddito di cittadinanza

    A leggere la lista dei requisiti, sembrerebbe tutto sommato una categoria di fragilità minore.
    E invece no perché, nel frattempo, sono diventati oggetto di una contesa che sta a metà tra la logica economica tout court e il peggiore paraculismo burocratico Italian style. Si tratta infatti di un esercito di ben 660mila unità destinate, nella migliore delle ipotesi, a ricevere il sussidio del Reddito di Cittadinanza, condizionato e non oltre gli 8 mesi, in attesa dello stop definitivo previsto, per gli occupabili, nel 2024.

    E se il lavoro non c’è?

    Ora la domanda è: ma l’occupabile, comunque disoccupato perché non trova lavoro, perché dovrebbe perdere il sussidio? Solo perché non ha malattie, figli disabili o genitori a carico?
    La sensazione, triste, è che solo lo scivolamento verso la povertà assoluta possa rendere, di fatto, gli occupabili destinatari del reddito di cittadinanza.
    Se l’economia non genera lavoro, che senso ha ancorare il destino di tante persone a questa formula odiosa dell’occupabile?

    Un futuro paradossale

    La beffa delle moderne politiche attive del lavoro è tutta qui: dato il rallentamento della crescita e la pre-recessione, considerato che è difficile trasformare gli occupabili in occupati, solo chi certificherà e documenterà la propria povertà potrà accedere ai sussidi.
    Paradossalmente, quindi, la povertà deve diventare status per trasformarsi in diritto al sussidio.
    Occupabili di tutta Italia unitevi: la povertà è il vostro futuro.
    Con buona pace di Keynes, moltiplicatori, acceleratori e pieno impiego.

  • Autonomia ed energia, una rima (anche) per la Calabria

    Autonomia ed energia, una rima (anche) per la Calabria

    La buona notizia è che la Calabria, fra fonti rinnovabili, idroelettrico e altre fonti non fossili, produce più energia di quella necessaria alla sua autonomia energetica. Addirittura siamo al 42% sulle rinnovabili, dato che ha entusiasmato Younous Omarijee, presidente della Commissione Europea per lo Sviluppo Regionale, di recente in visita in Calabria. Evviva, verrebbe voglia dire. E invece no. Anzi quasi.
    Tutto bello, certo, se non fosse che, per il tramite di alcune datate convenzioni con scadenze non proprio dietro l’angolo, la Regione Calabria ha affidato ad una società per azioni lombarda, la A2A, quotata in borsa e con 7 miliardi di fatturato, la gestione dei propri bacini idroelettrici.

    L’acqua verso Nord e la Calabria a secco

    Primo risultato? In forza di tali convenzioni, l’A2A, legittimamente sia chiaro, destina il grosso della produzione di energia elettrica verso il Nord utilizzando l’acqua dei nostri invasi. Secondo risultato? Accade che a causa dei mutamenti climatici e quindi in piena siccità e parallela crisi idrica, ci si ritrovi con i laghi quasi completamente svuotati. E con città come Crotone che, ad esempio, rischiano la paralisi degli approvvigionamenti idrici per uso domestico e agricolo. A penalizzarci è una convenzione che orienta l’utilizzo delle risorse idriche (nostre) verso priorità diverse da quelle espresse dalle esigenze sociali e produttive del territorio.
    Le domande che ora vorremmo porre sono quasi banali. Per esempio: attesa l’eccezionalità della situazione meteo, i termini di queste convenzioni non possono essere rivisitati per intervenuta eccessiva onerosità o, magari, per distorsione della relazione sinallagmatica fra le parti contraenti?

    ampollino-svuotato
    Sila, il lago Ampollino svuotato

    L’autonomia passa dall’energia: la Calabria e l’esempio del Veneto

    In attesa che qualche giurista risponda al quesito, vorremmo lanciare una proposta chiara e forte. Visto che produciamo più energia di quella a noi oggettivamente necessaria, perché non pensiamo ad una autonomia differenziata che ci veda protagonisti e non spaventati da quello che il Nord e/o il Ministro Calderoli potrebbero architettare ai nostri danni? Sapete che il Veneto ha già approvato una legge che dispone il trasferimento della proprietà delle centrali idroelettriche alla Regione? Sapete che il presidente Zaia impazza già sui social rivendicando l’evento come primo passaggio verso l’autonomia della Regione Veneto?

    calabria-energia-fa-rima-autonomia
    Luca Zaia posa con un militante durante una manifestazione in favore dell’autonomia del Veneto

    Un gestore pubblico tutto calabrese

    E perché la Calabria non dovrebbe riscoprirsi coraggiosamente autonoma e, addirittura, visto il surplus energetico, regione fornitrice dell’intero mercato nazionale, nel settore delle rinnovabili, atteso che sole, vento e correnti marine non sembrano proprio mancarci? E chiaro o no che la tendenza di scenario, tra Agenda Onu 2030 e PNRR, muove inarrestabile verso la transizione ecologica e la sostenibilità?
    Perché non costituire, da subito, un soggetto pubblico calabrese per la captazione, trasformazione, stoccaggio e distribuzione di energia derivante da fonti rinnovabili visto che le risorse naturali sono nostre e soprattutto non rare?

    Indipendenti, non col cappello in mano

    Attenzione a non giocare la solita partita vittimistica dell’autonomia differenziata e del Sud depredato. Cambiamo modulo di gioco: per la prima volta, nella nostra storia, proviamo a riscoprirci autonomi ed intraprendenti anziché genufletterci all’A2A di turno per pietire, con il solito cappello in mano ormai sgualcito, volumi aggiuntivi di acqua o di energia visto che, soprattutto, parliamo di risorse nostre.
    E poi magari, nel frattempo, stiamo attenti a non dimenticare che lo stesso soggetto pubblico potrebbe, anzi dovrebbe, avviare la pianificazione degli investimenti necessari a giocare la partita energetica del futuro: quella sull’idrogeno.
    La Calabria regione leader, in Italia, nelle energie rinnovabili. Dai, proviamo a regalare una prospettiva, un lavoro e un sogno alle nuove generazioni calabresi. I calabresi siamo noi.