Autore: Camillo Giuliani

  • I padri so’ piezz’e core: dopo Pina, anche Luigi Incarnato nella squadra di Caruso

    I padri so’ piezz’e core: dopo Pina, anche Luigi Incarnato nella squadra di Caruso

    I padri so’ piezz’e core. Da Palazzo dei Bruzi arriva la nuova versione della celebre canzone di Mario Merola sui figli, protagonista un volto noto della politica locale: il socialista Luigi “Gigino” Incarnato. Tra i grandi sostenitori del vincitore delle ultime Amministrative, Franz Caruso, Incarnato aveva già messo piede nel Comune di Cosenza per interposta persona: sua figlia Giuseppina, eletta nella lista del Psi, è infatti uno degli assessori dell’attuale Giunta. Ora però anche suo padre avrà ufficialmente un ruolo nella nuova amministrazione di centrosinistra. Come riportato da Antonio Clausi sulle pagine di Cosenzachannel, Incarnato senior ha infatti ottenuto un incarico di collaborazione dal sindaco.

    Due Incarnato al fianco di Caruso

    Si occuperà, questa la formula, dell’espletamento di attività di supporto alla realizzazione delle linee programmatiche di governo. In estrema sintesi, farà il capo gabinetto, ruolo che il dissesto targato Mario Occhiuto ha lasciato giocoforza scoperto. Proprio le disastrate finanze municipali imporranno l’assenza di qualsiasi compenso per colui che i detrattori più maligni chiamano “Gigino ‘u gommista”. L’incarico per Incarnato sarà infatti a titolo gratuito (rimborsi esclusi), non per particolari ragioni etiche ma, più semplicemente, perché non potrebbe essere altrimenti. E, va detto, tra Franz e Gigino i rapporti sono ben più datati di quelli del primo con la figlia del secondo, vista la lunga comune militanza politica socialista.

    Un inedito

    Resta però la bizzarria di vedere il padre di un assessore fare da consulente a un altro membro – il più importante, tra l’altro – della Giunta. Non che nel passato in municipio parenti e amici degli amministratori non abbiano beneficiato dei loro rapporti (di sangue e non), ci mancherebbe. Ma quella di Luigi Incarnato nel suo genere, se la memoria non ci inganna, è una prima assoluta anche per Cosenza. D’altra parte i suoi successi come assessore regionale e commissario liquidatore della Sorical sono sotto gli occhi di tutti. E, visto che era libero, come rinunciare a un talento simile, per di più gratis?

     

  • Checco Zalone, Sanremo e la Calabria degli stereotipi

    Checco Zalone, Sanremo e la Calabria degli stereotipi

    Checco Zalone lo sa bene: se si parla di Calabria al grande pubblico – tanto più a Sanremo – meglio evitare la solita solfa a base di ‘nduja/soppressata, accenti un po’ sbilenchi, luoghi comuni e optare per le lodi sperticate. Per quella c’è già (e pagato pure meglio di lui) Muccino. E poi chi non lo fa dovrà scontrarsi con l’ira funesta di quella parte di regione che sistematicamente si inviperisce – non a tutti torti molto spesso – per la narrazione a tinte cupe, quando non grottesca, di una terra che alle tante ombre alterna anche luci di accecante splendore. Pure stavolta infatti, dopo l’apparizione del comico pugliese con Amadeus sul palco dell’Ariston, è scattato l’immancabile coro d’indignazione sui social. Meno unanime del solito, ma pur sempre ben nutrito.

    La Calabria di Checco Zalone

    La caricaturale Calabria di Checco Zalone, tuttavia, sembra né più né meno lo scenario perfetto per un breve show in forma di Cenerentola piccante che mira proprio a demolire gli stereotipi. Sketch non epocale, per carità, ma fondato su un meccanismo che è un grande classico della comicità, che dagli stereotipi ha sempre tirato fuori materiale a bizzeffe: si prendono, si gonfiano all’inverosimile e poi si fanno scoppiare. Zalone a Sanremo lo ha riproposto usando quelli sulla regione stereotipata per eccellenza, la Calabria, per demolirne altri, quelli sulla sessualità, e i pregiudizi a riguardo. Quale ambientazione migliore per provare a farlo?

    De Andrè a Sanremo

    Quello che ha raccontato Checco Zalone col consueto stile prosaico riecheggia a suo modo La Città vecchia di De Andrè. A Sanremo ieri, come nei più poetici ma altrettanto beffardi versi della canzone di Faber, c’era il professore che cerca disperatamente quella che disprezza di giorno, ma che di notte stabilisce il prezzo alle sue voglie. Con un dettaglio anatomico in più, per allargare il discorso all’intera comunità LBGTQ+. Una presa per i fondelli in piena regola dell’omofobia, col più stereotipato – melius abundare quam deficere – dei luoghi comuni: l’ipocrita che schifa in pubblico chi desidera di nascosto.

    Nessuno è perfetto

    La Calabria, insomma, più che il bersaglio di Checco Zalone sembra solo l’olio per provare a far girare al meglio gli ingranaggi del meccanismo del comico. Tentativo riuscito, fallito, felice o meno, forse poco importa. In fondo basterebbe ricordare tutti – anche (se non specie) da queste parti – che coi loro pregi e difetti i calabresi non sono a priori diavoli o santi, tantomeno perfetti. Più semplicemente (come chiunque), per restare a De Andrè, «se non sono gigli son pur sempre figli, vittime di questo mondo». Magari un po’ più permalosi della media, però ogni tanto ci possono ridere su anche loro. Chissà che non serva a demolire qualche altro stereotipo anche quello.

  • Sanità più moderna, se il nuovo piano è identico al vecchio

    Sanità più moderna, se il nuovo piano è identico al vecchio

    La notizia rimbalza di sito in sito ormai da qualche ora: la Regione ha pubblicato il nuovo piano che dovrebbe portare all’ammodernamento tecnologico della Sanità calabrese. E via con il lungo elenco di macchinari che presto (?) faranno bella mostra di sé nelle strutture pubbliche destinate alle cure dei cittadini. Un dettaglio, però, sembra sfuggito alle cronache: la cifra messa sul piatto è identica a quella del piano già pubblicato nella scorsa primavera.

    In pratica, stando alle cifre riportate, in tutti questi mesi non sarebbe stata comprata un’apparecchiatura che sia una, a dispetto dell’immancabile dose di promesse. C’erano a disposizione 86.488.636,84 euro nel vecchio piano, ci sono a disposizione 86.488.636,84 euro anche nell’attuale. Non un centesimo di più, né uno di meno. A voler essere generosi si potrebbero considerare gli allegati C e D del piano e non il documento principale. In questo caso, gli acquisti ancora da effettuare sfiorerebbero i 70 milioni di euro e quelli già effettuati si fermerebbero al 20% del totale più o meno.

    I mammografi in uso da oltre 18 anni

    Il budget, datato 2019 quindi già a disposizione da prima di redigere la precedente lista della spesa, dovrebbe servire alla Calabria per dotarsi di tecnologie all’avanguardia. Ma a furia di aspettare, il rischio è che i nuovi acquisti – quando arriveranno davvero – si rivelino meno ultramoderni di quanto sperato. Comunque vada stavolta, saranno comunque meno vecchi dei loro predecessori. In particolare, dei mammografi in uso nella nostra disastrata rete sanitaria pubblica. Dovrebbe andare in pensione dopo quasi 30 anni di onorato (?) servizio il decano della categoria, acquistato nel lontano 1993 per il presidio ospedaliero dell’allora Corigliano. Da quelle parti, in realtà, Fujifilm e Roche Italia ne hanno donato uno poche settimane fa. Nel piano della Regione, però, la cosa non risulta, tant’è che negli allegati si prevede una spesa di quasi 365mila euro per acquistarne uno.

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    L’età media delle apparecchiature in dotazione al Servizio sanitario regionale calabrese

    Quello di Corigliano non è l’unico mammografo ad essere “diventato maggiorenne” in tutto questo tempo, anzi. A fargli compagnia ci sono quelli delle Casa della salute di Mormanno (2004), Cariati (2002) e dei presidi ospedalieri di Paola (2002), Gioia Tauro (2004) e Melito (2000), nonché quello del poliambulatorio di Cirò Marina (2003). Senza dimenticare i quasi diciottenni in uso ad Amantea (2005), Mesoraca (2006) e Trebisacce (2007). Le apparecchiature sanitarie, in teoria, sono considerate vecchie già dopo sette anni e andrebbero cambiate perché obsolete entro i successivi cinque.

    La Sanità tra tumori ed emigrazione

    Tutti i vecchi mammografi citati (e non solo quelli), stando alla relazione di contesto pubblicata dal dipartimento Sanità, richiedono una sostituzione. Consentirà «di avere diagnosi più accurate con una forte riduzione delle dosi di radiazioni e dei tempi dell’esame». Ma, soprattutto, di risparmiare un po’ di quattrini in prospettiva, rimediando «all’obsolescenza delle corrispondenti apparecchiature attualmente installate nel presidio ed ai conseguenti elevati costi di gestione a causa dei frequenti interventi di manutenzione».

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    Un estratto dell’approfondimento della relazione di contesto pubblicata dalla Regione

    La speranza è che servano anche a curare meglio i tumori alla mammella, che da questa parti continuano a risultare più problematici che nel resto d’Italia. Un divario, questo, che trova conferma anche nel trattamento delle altre patologie oncologiche. E va a pesare anche sulle casse regionali alla voce “emigrazione sanitaria” per milioni di euro ogni anno.

  • “Robbe da matti”: anche gli assessori fanno i portaborse

    “Robbe da matti”: anche gli assessori fanno i portaborse

    Di esperta pare proprio essere esperta, molto più di altri colleghi portaborse passati dalla Regione Calabria in questi anni. E non potrebbe essere altrimenti: fino a dicembre 2019 Angela Robbe era assessore al Lavoro e al Welfare nella giunta Oliverio. Da qualche tempo, invece, si è trasferita in Consiglio regionale. Con oneri e onori decisamente più ridotti del recente passato, pur continuando a occuparsi di lavoro e, per i più maliziosi, di un welfare sui generis. Quello tutto interno alla politica. Robbe, infatti, ha un nuovo incarico: collaboratrice esperta – appunto – al 50% della leader (o presunta tale) dell’opposizione Amalia Bruni.

    Il contratto, salvo cambi di idea in corsa della scienziata lametina, durerà fino a ottobre 2026, molto più dell’anno e mezzo trascorso nell’Esecutivo del sangiovannese prima di dimettersi a ridosso delle penultime elezioni. In compenso, gli emolumenti non saranno più quelli di un tempo: circa 78.500 euro lordi in poco meno di un quinquennio, roba (Robbe?) che un assessore regionale calabrese porta a casa in pochi mesi di attività.

    Dalle stelle alle stalle

    Certo è insolito vedere qualcuno che sedeva in Giunta retrocedere a semplice portaborse, per di più con lo stipendio da dividere a metà con un collega di pari grado. Ma non è un inedito assoluto dalle nostre parti, anzi. Le strutture dei consiglieri regionali sono da sempre piene di politici, alimentando il sospetto che più che l’esperienza per certi collaboratori conti il numero di voti portati al datore di lavoro alle elezioni.

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    L’ex consigliere regionale Alfonsino Grillo

    Nella maggior parte dei casi, molti di loro coincidono con quelli che si offendono ad essere chiamati portaborse come si usa per gli assistenti dei politici. A volte addirittura con quelli che preferirebbero essere chiamati onorevoli – pur non spettandogli il titolo – per i propri trascorsi in Aula Fortugno. Nella scorsa consiliatura, ad esempio, nello staff di Baldo Esposito c’era Alfonsino Grillo, che era stato a sua volta consigliere regionale fino al 2014. Con un quinto dei 1.230 euro netti al mese che la Regione gli passava pagava pure un danno erariale ai danni della stessa Regione per il quale lo aveva condannato la Corte dei Conti.

    Dettagli, questi, che non riguardano il suo emulo dell’attuale consiliatura: Francesco Pitaro. La poltrona l’ha lasciata dopo le Regionali di ottobre ma è rientrato a Palazzo Campanella come segretario particolare del democrat Raffaele Mammoliti. Declassamento oneroso ma non troppo, il suo: per lui ci sono circa 200mila euro lordi a rendere meno doloroso il prossimo quinquennio.

    Il precedente più illustre (e recente)

    L’esempio più noto, però, è ancora in casa Pd. È di qualche settimana fa la notizia dell’ingresso dell’ex consigliere ed assessore Carlo Guccione nello staff del neo eletto Franco Iacucci. Guccione ci arriva da componente interno, ossia da impiegato regionale messo al servizio di un politico in cambio di un extra sullo stipendio mensile che gli passa l’ente. Lui in Regione ha piantato le tende col mitico “concorsone” che ha fatto la gioia dei cronisti dell’epoca. E per anni se l’è presa con quanti lo definivano ex portaborse di Nicola Adamo per aver lavorato nella struttura di quest’ultimo.

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    Carlo Guccione e Nicola Adamo nella segreteria di Franco Iacucci durante le ultime elezini regionali (foto A. Bombini) – I Calabresi

    Alle ultime elezioni non lo hanno ricandidato, ma poco dopo è diventato responsabile della Sanità per il Meridione nel suo partito. Si spera riesca a conciliare l’impegno con le fatiche degne di Stachanov alla quale lo sottoporrà senza alcun dubbio l’altro ex comunista Iacucci negli uffici che non mancherà di frequentare. Anche Guccione, proprio come Robbe dopo di lui, aveva la delega al Lavoro con Oliverio. Seppur in ritardo rispetto a quando dovevano crearli loro, almeno due discreti posti nella Calabria della disoccupazione gli sono rimasti.

  • Anche i Lupi piangono: Cosenza perde Di Marzio

    Anche i Lupi piangono: Cosenza perde Di Marzio

    Gianni Di Marzio conosceva bene il paradosso di Achille e della tartaruga. E lo applicava. Su un muro di Città 2000, il quartiere dove abitò da allenatore e lavorò da dirigente – la società si era trasferita lì tra un’esperienza e l’altra – del Cosenza, nell’anno culminato con la promozione c’era un adesivo che celebrava l’amore del mister per l’andatura lenta ma costante di quell’animale. Sarebbero stati i piccoli passi a permettere alla squadra di arrivare al traguardo lasciandosi alle spalle le rivali in classifica. Lo diceva spesso Di Marzio e i risultati gli diedero ragione.

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    Il Cosenza di Gianni Di Marzio, primo in Serie C1 al termine del campionato 1987-88

    “Occh’i vitro”

    Lo chiamavano occh’i vitro già all’epoca, quando il politically correct era più lontano della regola dei tre punti a vittoria. Ma sembrava uno di quei soprannomi un po’ cattivi che si affibbiano a un amico ironico, convinti che il primo a riderne sarà lui. Diventò occhio stuartu, con tanto di coro in facile rima col più classico degli insulti locali, poco tempo dopo. Il tentativo dei tifosi rossoblù di ostentare indifferenza nei suoi confronti non riuscì granché bene. Si era ripresentato in città da allenatore del Catanzaro, che pure aveva già guidato fino alla serie A ben prima di approdare a Cosenza. E il calcio in quei giorni era passione viscerale e identitaria, certi tradimenti era difficile mandarli giù in fretta.

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    Il Catanzaro di Gianni DI Marzio promosso in serie A: nella stagione 1975 – ’76.

    L’uomo che aveva scoperto Maradona

    Ma Di Marzio, oltre che di calcio, era uomo di mondo e sulla panchina dei Lupi ci tornò in breve tempo. Una salvezza insperata non bastò per una vera riconciliazione con la città. Quella arrivò quando portò in riva al Crati da direttore generale la sua esperienza di talent scout pochi anni dopo. E che talent scout: era l’uomo che aveva “scoperto” Maradona quando era solo un ragazzino in Argentina. Quel calcio di stadi pieni a mezzogiorno, partite la domenica, numeri da 1 a 11 ed entusiasmo popolare, però, era già al crepuscolo. Rimanevano brandelli di sogno, sepolti sotto il fuoco della passione che per fortuna ancora oggi la tv non ha spento del tutto.

    Prigionieri di un sogno

    Sogno pieno, e più reale che mai, era stato quello della promozione di pochi anni prima e Di Marzio tornò presto ad esserne l’iconico protagonista nella memoria collettiva. Un eroe, come un simpatico Achille dal tallone giallorosso. E come i giocatori della sua squadra tartaruga che i tifosi ripetono ancora oggi in sequenza, quasi fossero versi di una filastrocca. “Mai più prigionieri di un sogno”, quello del ritorno in B atteso dagli anni ’60, avevano scritto d’altronde in uno striscione in curva gli ultrà quando il trionfo era ormai cosa fatta. E di striscioni ne erano spuntati un po’ ovunque nei quartieri durante i giorni della festa. Perché la città festeggiò per giorni, non una sera soltanto come si fa adesso.

    Le scritte sui muri diventano cult cittadino

    I ragazzini facevano collette per comprare la vernice e lasciare il loro segno sui muri e nei cortili, fosse anche una semplice lettera B. Pubblicità e proverbi ispiravano le scritte dei più grandi. Alla Massa erano più tecnologici, col telefunkeniano “Potevamo stupirvi con effetti speciali, ma noi non siamo fantascienza: siamo i tifosi del Cosenza”. A via degli Stadi il mitico “L’uomo del monte ha detto Bi”. Il migliore? “Il lupo perde il pelo ma non il B…izio”, probabilmente. Di Marzio, quando glielo ricordavano, sorrideva. A ripensarci, ora che non c’è più, viene da piangere.

     

  • Ue e Calabria, il balletto della spesa certificata

    Ue e Calabria, il balletto della spesa certificata

    Le ultime parole famose le avevano pronunciate l’allora presidente f.f Nino Spirlì e il dg del Dipartimento Programmazione comunitaria della Regione, Maurizio Nicolai. Era il 4 agosto 2021 e i due annunciarono urbi et orbi il raggiungimento di un obiettivo epocale: la Calabria aveva certificato all’Ue una spesa dei fondi comunitari da record. Il traguardo erano 861 milioni di euro entro il 31 dicembre di quest’anno e la Cittadella era arrivata addirittura a 915 già a metà estate.

    Numeri e reputazione

    Decine di milioni in più che, dichiararono i due, avrebbero fruttato un sostanzioso premio: 82 milioni extra in arrivo da Bruxelles, tutti per noi. Niccolai, stando alle cronache di quei giorni, sembrava quasi commosso. «Ci siamo messi – le sue parole in conferenza stampa – all’interno di un circuito virtuoso di credibilità istituzionale. Questo è importante. Ci tengo a ricordare quando la presidente Santelli mi disse “non mi interessano i numeri ma la reputazione”. […] Tra l’altro parliamo di spesa certificata, perché quella effettiva è anche di più».

    Quarantacinque milioni in meno

    Chi, al contrario della defunta governatrice, è interessato anche ai numeri sarà rimasto stupito da uno degli ultimi comunicati diffusi dalla stessa Regione qualche ora fa. Nell’annunciare trionfalmente pagamenti per circa 11,5 milioni destinati al mondo dell’agricoltura, gli uffici della Cittadella e l’assessore Gallo hanno spiegato che grazie ad essi «la spesa certificata sale a 870.313.520 euro». Ossia 45 milioni in meno dei 915 dati per certificati quattro mesi e mezzo prima.

    Certo, sono comunque più dei fatidici 861 previsti inizialmente dall’Ue. Ma, visto il precedente estivo, è quantomeno bizzarro vederli definire «un ulteriore, importante passo avanti sul sentiero della spesa, rapida e qualificata, dei fondi europei».
    La reputazione – buona o cattiva? – magari sarà anche salva, la credibilità istituzionale forse un po’ meno.

  • Leo Battaglia alla Regione: è successo davvero

    Leo Battaglia alla Regione: è successo davvero

    Migliaia di litri di vernice dopo, in barba agli scettici o a chi nutre ancora fiducia nella politica, è successo: Leo Battaglia è alla Regione. In fondo mancava solo lui al variopinto campionario di portaborse, autisti e assistenti più o meno capaci transitati negli anni dalle strutture dei consiglieri a Palazzo Campanella.

    Dai muri al gemello

     

    Il percorso per il leghista con la passione per la vernice è stato lungo. Ha iniziato come imbrattatore seriale di muri, disseminando i suoi “Leo Battaglia alla Regione” nelle strade e gallerie di metà provincia di Cosenza. Ma la poltrona in Consiglio è rimasta un miraggio. Ci ha riprovato poi sdoppiandosi, ispirandosi forse al grande successo nelle sale cinematografiche di The Prestige. Come il protagonista della pellicola, il buon Leo può contare su un gemello e lo ha sfruttato in campagna elettorale: lui andava da una parte, magari accompagnando l’amato Salvini; il fratello andava da un’altra a far campagna elettorale spacciandosi per quello candidato.

    I santini anti covid

    Neanche quello è bastato. Così come finire sui giornali di tutta Italia quest’estate, quando ha pensato bene di lanciare dal cielo sulle spiagge (e in mare) buste di plastica con dentro l’invito a votarlo e una mascherina chirurgica. I cittadini, privi di fantasia, invece di ringraziarlo ed eleggerlo lo hanno preso per uno scemo che inquinava e provava a farsi pubblicità perfino col covid. Salvo imprevisti, ci toccherà attendere cinque anni per ammirare la sua nuova trovata.

    La "mascherina elettorale" protagonista dell'ultima campagna elettorale di Battaglia
    La “mascherina elettorale” protagonista dell’ultima campagna elettorale di Battaglia
    Leo Battaglia alla Regione

    Ma cotanto genio non farà mancare il suo contributo fattivo alla nuova maggioranza approdata alla Regione. Nel giorno della vigilia di Natale, infatti, il Burc ha fatto dono ai calabresi di questa rassicurante notizia: fino al 4 ottobre del 2026 Leo sarà a carico loro.
    La consigliera leghista Simona Loizzo lo ha scelto infatti come responsabile amministrativo al 50% della sua struttura. Significa che dividerà con un pari ruolo lo stipendio che gli competerebbe se rivestisse da solo l’incarico.

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    La leghista Simona Loizzo
    Quasi 100mila euro per lui

    E a quanto ammonta il salario in questione? Poco meno di 20.400 euro all’anno, che calcolati dal suo ingresso nello staff della Loizzo fino alle prossime elezioni fanno circa 98.000 euro. I primi 500 li prenderà per questo scorcio di dicembre, 20.400 per i successivi tre anni, e 15mila e rotti dal primo gennaio 2026 al termine della consiliatura.

  • «La Questura faccia un passo indietro», Cosenza pronta a mobilitarsi

    «La Questura faccia un passo indietro», Cosenza pronta a mobilitarsi

    Cosenza sarà più sicura se due ragazzi non violenti e impegnati per la tutela di diritti costituzionali saranno costretti a rientrare a casa prima delle 21? A firmare ogni giorno in questura o chiedere – come criminali matricolati ma senza un reato preciso contestato a loro carico, solo un carattere «ribelle» – il permesso a un magistrato per spostarsi? Il fatiscente centro storico della città uscirà dal suo stato di abbandono se chi prova a riportare attenzione sul degrado si vede infliggere multe salate per una passeggiata? In fondo sta tutto in queste tre domande il senso dell’assemblea pubblica che ha animato il Palazzo della Provincia. Anche perché di senso, altrimenti, in quello che sta accadendo sembra essercene veramente poco.

    Un passo indietro

    Tanta gente nel Salone degli Specchi, altrettanta all’esterno dell’edificio, collegata via radio o sui social per esprimere solidarietà agli attivisti locali che nei giorni scorsi sono finiti nel mirino della Questura cittadina. Un inno al libero pensiero e al dissenso, contrapposto a una repressione apparsa eccessiva ai più e che ha suscitato non poco scalpore. Altrettanto abbondanti sono state le parole spese durante l’incontro di ieri sera, un fiume di interventi e messaggi di solidarietà. Ma, soprattutto, di inviti alla Questura a fare un passo indietro.

    Quello che sta accadendo d’altra parte, come ricordato da Vittoria Morrone di Fem.in in apertura, «non è normale». Sembra piuttosto «un attacco politico» a chiunque abbia o voglia avere «una coscienza critica». Gli attivisti per cui è stata richiesta la sorveglianza speciale o quelli multati per la passeggiata – parola del docente Andrea Bevacqua – sono invece persone che lottano per concetti come «partecipazione, democrazia, comunità».

    La meglio gioventù

    Ragazzi che, come hanno ricordato la docente Unical Maria Francesca D’Agostino e il ricercatore Giancarlo Costabile, hanno pronunciato «parole in cui tutti ci siamo riconosciuti» denunciando lo stato della sanità calabrese. E che hanno fatto «con la schiena dritta in una terra di disgraziati e di complici, proteste in maniera pacifica e democratica ridestando coscienze sopite e battendosi per diritti costituzionali come lavoro, sanità, abitazione».

    Quello che è successo «è molto grave», ha sottolineato Antonella Veltri, del Centro anti violenza Roberta Lanzino. Anche perché riguarda «giovani che debbono rappresentare il presente, non il futuro», ha sostenuto il segretario provinciale della Cgil, Pino Assalone. La Questura farà il fatidico passo indietro? Difficile prevederlo.

    Una mobilitazione a gennaio

    Lo hanno comunque chiesto a gran voce l’assessore rendese Elisa Sorrentinodi Palazzo dei Bruzi invece non si è visto nessuno nonostante la solidarietà espressa da Franz Caruso nei giorni scorsi, ai “passeggiatori” quantomeno – e la parlamentare pentastellata Anna Laura Orrico. La prima ha parlato di un «errore marchiano» delle forze di polizia invitandole a tornare sui propri passi. La seconda ha definito «la meglio gioventù, una boccata d’ossigeno per la nostra città e la Calabria» i destinatari dei provvedimenti repressivi auspicando un lieto fine.

    Vittoria Morrone (a sinistra), insieme a Simone Guglielmelli e Jessica Cosenza, i due giovani per cui la Questura ha chiesto misure di sorveglianza speciale
    Vittoria Morrone (a sinistra), insieme a Simone Guglielmelli e Jessica Cosenza, i due giovani per cui la Questura ha chiesto misure di sorveglianza speciale

    Fatto sta che ai cosentini – e non solo, durante l’assemblea è arrivato un messaggio anche da Medici senza Frontiere Italia – quanto accaduto non va proprio giù. E presto potrebbe arrivare il bis della più celebre manifestazione in favore di chi dissente che Cosenza abbia mai ospitato, quella post G8 del 2001. A preannunciarla, in chiusura, proprio uno degli attivisti nel mirino della Questura: «Siamo in una terra che non garantisce  alcun diritto se non sotto ricatto e la Questura decide di perseguire chi prova a far politica dal basso. Va difesa l’agibilità democratica di questa città, crediamo serva una grande mobilitazione a gennaio».

     

  • Azienda Zero, quando Gallo le cantava ad Oliverio

    Azienda Zero, quando Gallo le cantava ad Oliverio

    Di indigestione di parole rimangiate non risulta mai morto nessun politico e siamo certi possa sopravvivere anche l’assessore regionale Gianluca Gallo. Mentre la maggioranza si appresta a votare per la nascita di Azienda Zero, non risultano in merito dichiarazioni del recordman di preferenze delle ultime elezioni. Niente di straordinario, si dirà: Gallo fa parte della maggioranza che vuole affidare tutta la sanità al presidente Occhiuto, perché opporsi? Il problema è che lo stesso Gallo, da consigliere d’opposizione, ne diceva di tutti i colori su un’idea a dir poco simile quando a proporla era stato Oliverio.

    Basta andare a ritroso sulla sua bacheca Facebook per trovarne ancora le prove. Siamo a dicembre del 2017 e il Nostro pubblica un post inequivocabile. «Vogliono che la politica controlli la sanità. Vogliono che il loro governo orienti scelte, decisioni e probabilmente nomine. Invece di occuparsi dei problemi della gente, che non ha più ospedali in cui curarsi né servizi efficienti sui quali poter contare, con un emendamento infilato nella Legge di Stabilità la giunta Oliverio punta a sopprimere le aziende sanitarie provinciali ed a creare un’unica azienda sanitaria regionale, con sede a Catanzaro. Alla faccia del decentramento e delle esigenze dei cittadini, e di negative esperienze passate, con un blitz vogliono accentrare tutto per poter avere maggior potere decisionale. Una vergogna. Ci opporremo con tutte le forze».
    L’azienda unica rimase sulla carta, magari per merito anche dell’opposizione dell’attuale assessore all’Agricoltura. Che si deve essere tanto sforzato all’epoca da non avere nemmeno più un briciolo d’energia per rilanciare la vecchia, sentitissima battaglia quattro anni dopo.

  • Il centro storico crolla, non ditelo o sono guai

    Il centro storico crolla, non ditelo o sono guai

    Pericolo scampato. Cosenza rischiava di ricordarsi che la sua parte più antica e bella si sgretola sotto il peso di anni di incuria dei privati e chiacchiere del pubblico. Una trentina di facinorosi di ogni età aveva fatto notare il susseguirsi dei crolli nel centro storico, passeggiando tra i vicoli del quartiere in una calda mattina di fine luglio. Ne erano successe di tutti i colori: persone che indicavano tetti caduti o calcinacci sparsi qua e là, altre addirittura che se ne lamentavano, magari pure ascoltando la gente del posto che gli apriva casa. Un clima di tensione tale da far temere il peggio, come dimostra il video girato dal nostro Alfonso Bombini in quell’occasione.

    https://www.facebook.com/ICalabresi.it/videos/421174852474766

    Manifestazione o camminata?

    Ma i leader di quel manipolo di sovversivi, a quanto pare, non la passeranno liscia. La Questura di Cosenza ha notificato a tre di loro che dovranno rispondere di fronte alla legge di quella camminata non autorizzata. E che la sanzione da pagare ammonterebbe a 1180 euro ciascuno. I tre, invece di avvisare con almeno altrettanti giorni d’anticipo le autorità come se la loro fosse una vera e propria manifestazione, hanno dato appuntamento a chiunque volesse partecipare in piazza Valdesi.

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    “Il sesto senso” di marcia tra le macerie del centro storico di Cosenza
    Il senso della questione

    Da lì, apriti cielo: qualche decina di persone ha passeggiato chiacchierando con residenti e stampa delle «gravi omissioni e l’incuria contestate alla Provincia, alla Soprintendenza ai Beni culturali, al Comune e alla Prefettura, ritenuti degli imputati responsabili dello stato di abbandono dell’intero centro storico». Il tutto dando pure un nome alla passeggiata – Il sesto senso di marcia – che prendeva in giro nientepopodimeno che i Cinque sensi di marcia, tour a piedi tra le bellezze ancora in piedi della città storica organizzato periodicamente da Palazzo dei Bruzi. Irriverenza ai limiti del vilipendio alla bandiera, meglio intervenire subito. Il buon nome di Cosenza vecchia è salvo, il buonsenso chissà. E se crollano i palazzi meglio non dirlo.