Autore: Alfonso Bombini

  • Palazzo dei Bruzi, pronto il ticket Caruso-Rende

    Palazzo dei Bruzi, pronto il ticket Caruso-Rende

    Franz Caruso sindaco e Bianca Rende vice. Ecco il ticket trovato dal centrosinistra in vista delle prossime elezioni per il rinnovo del consiglio comunale di Cosenza. Sono ore decisive per definire il contesto di questa sintesi politica in procinto di essere battezzata da Francesco Boccia, responsabile enti locali della segreteria nazionale del Pd. I due nomi sono in pole per la conferma che dovrebbe manifestarsi tra non molto. Forse anche prima della presentazione ufficiale di “Cosenza 2050”, nome un po’ grillino per la premiére di Caruso nella sala degli specchi della Provincia prevista per il 3 agosto prossimo.

    L’avvocato socialista e l’ala adamica

    Franz Caruso finora ha sempre tentato, senza riuscirci, di arrivare fino in fondo alla candidatura a sindaco. Questa volta il finale sembra essere diverso dal solito. Complice il dialogo ritrovato anche tra l’ala dei Democratici che fa capo ad Enza Bruno Bossio – e suo marito Nicola – con la nuova segreteria nazionale guidata da Enrico Letta. Seguono a ruota i socialisti di Incarnato da sempre sostenitori della candidatura a Palazzo dei Bruzi del noto penalista. Intanto a via Popilia si moltiplicano i candidati.

    Bianca Rende e il patto del caciocovello
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    Bianca Rende (a sinistra) e Stefania Covello (a destra) con l’ex ministro Teresa Bellanova

    Sembra quasi un’operazione democristiana. Di quelle costruite con sapienza e pazienza. Forse gestita da Stefania Covello, riferimento politico della stessa Bianca Rende. La Covello, figlia di Franco (noto come caciocovello negli ambienti della Balena bianca) dopo avere abbandonato Italia Viva, sarebbe tornata nell’alveo del Pd discutendo direttamente con Enrico Letta. Anche Bianca Rende aveva lasciato il partito di Renzi. È tra i fondatori del movimento WWW, What Women Want, oggi è spesso ospite di incontri organizzati dalla Cgil, segno di un suo riposizionamento più a sinistra. Sperava nella candidatura a sindaco. Essere vice non è poi così male.

    Bocciofili di Cosenza unitevi

    Cosa c’è di meglio che una riunione alla presenza di Francesco Boccia negli ambienti condizionati dell’Hotel Royal per decidere come risolvere la complicata matassa del centrosinistra a Cosenza? Non era difficile capire che, dopo l’uscita del commissario Miccoli, l’aria sarebbe cambiata. Non fino a questo punto.
    Ecco pronto un altro ticket. Quello tra il presidente della Provincia di Cosenza Franco Iacucci e la parlamentare Enza Bruno Bossio. Entrambi dovrebbero correre nelle file del Partito Democratico alle regionali di ottobre. Boccia pare avere un ruolo anche su questo schema. Del resto si accompagna sempre a Franco Iacucci in molte uscite pubbliche.

  • Il controsenso di marcia tra i crolli del centro storico

    Il controsenso di marcia tra i crolli del centro storico

    Un turista israeliano pensava fosse stato bombardato il centro storico di Cosenza. La professoressa Marta Maddalon racconta questo aneddoto durante il Sesto senso di marcia, il tour fra le macerie della città vecchia organizzato stamane dal Comitato Piazza Piccola. Succede a via Galeazzo Tarsia, sventrata e abbandonata dopo alcuni crolli. L’idea del Sesto senso di marcia nasce in contrapposizione ai Cinque sensi di marcia, ideato e organizzato dall’assessorato alla Cultura del Comune di Cosenza, guidato da Rosaria Succurro.

    Crolli e carcasse

    Crolli, carcasse di auto e un sole da controra accolgono i camminatori del Sesto senso di marcia a Santa Lucia. Ma «le zone più colpite – commenta Stefano Catanzariti del Comitato Piazza Piccola – sono anche la Garrubba e via Giuseppe Campagna». L’abbandono del centro storico non è una questione vicina nel tempo. Sono «30 anni di abbandono diffuso, assenza istituzionale e servizi spostati altrove». E poi ci si lamenta se cresce il disagio sociale.
    Catanzariti si propone di «sovvertire l’idea che il centro storico sia un problema solo dei residenti». Residenti e abitazioni in mano a molteplici eredi sono uno degli ostacoli alla sua messa in sicurezza. Ecco perché l’attivista punta tutto su «una legge speciale che dovrebbero caldeggiare amministrazioni locali e parlamentari». C’è da capire ancora la sua applicabilità giuridica a questo contesto.

    Marta e John, l’acqua fino alla testa a via Gaeta

    «Avevamo l’acqua fino alla testa, per più di un anno». Marta Maddalon è una linguista dell’Unical che vive insieme al glottologo John Trumper proprio in via Galeazzo di Tarsia.
    «I topi erano centinaia, abbiamo passato mesi di inferno, era tutto bloccato» – continua la professoressa universitaria – e le «macerie sono state lì finché non abbiamo bloccato corso Telesio chiedendo che venissero rimosse».
    Quando «si abbatte succede anche questo» – precisa la Maddalon: «Quelle case non erano a pericolo crollo».
    Perché «quando una casa è recuperabile, la si svuota lasciando le pareti perimetrali per non dare l’idea di un bombardamento». E i turisti israeliani, abituati a situazioni di conflitto, non hanno avuto difficoltà a notarlo.

    Demolire e mandare via la gente

    «Tutta l’area di Santa Lucia risulta chiusa e transennata con enormi difficoltà per chi ci vive». Parole pronunciate dell’attivista Roberto Panza davanti a una piccola folla di camminatori in pausa. E se i «contratti di quartiere hanno fallito, serve comunque verificare – puntualizza Panza – il percorso dei milioni che la settimana scorsa il Comune ha destinato a Santa Lucia, ma noi crediamo sia sempre il solito giochetto».
    Gli attivisti temono il destino di altri centri storici: buttare giù e demolire, mandare via la gente per favorire la nascita di b&b.
    Timori e proposte si uniscono al caldo che continua a battere duro. Un pugno di superstiti del tour nel centro storico raggiunge alcune sedi istituzionali, compreso Palazzo dei bruzi. In dono portano una pietra e una cartolina della città vecchia. Una di quelle dei crolli, giusto per ricordare di aggiornare i cinque sensi di marcia a sei.

  • Sanità allo sbando, accreditamenti «fuori controllo»

    Sanità allo sbando, accreditamenti «fuori controllo»

    Il Settore Accreditamenti della Regione, quello che gestisce i rapporti tra sanità pubblica e privata, «è fuori controllo». A metterlo nero su bianco è Remo Pulcini (Agenas) nel report inviato al ministero della Salute e realizzato in collaborazione e su indicazione del dirigente del Settore 2, Francesca Palumbo. Pulcini staziona nella Cittadella in qualità di esperto inviato dall’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali, a supporto della struttura commissariale guidata da Guido Longo.

    La grande fuga

    La guida del settore 2 della Cittadella di Germaneto non sembra un posto ambito, anzi. Molti scappano, altri fanno di tutto per starne alla larga. Palumbo è stata trasferita d’ufficio lì con decreto del presidente facente funzioni Nino Spirlì. Ma ha capito subito, come tanti altri, che il suo ruolo da dirigente non sarebbe stato affatto semplice. A marzo del 2021 partecipa all’avviso interno della Regione Calabria, passando poi al dipartimento Agricoltura. Prima di lei aveva mollato il tellurico Settore 2 anche Francesco Bevere, direttore generale di allora.

    Il report sugli accreditamenti

    Il documento di Palumbo e Pulcini evidenzia come il Settore sia ai limiti del collasso, costretto ad affrontare «gravi criticità». L’aggettivo non è speso a caso, l’elenco dei problemi comprende, infatti, un «ingente arretrato di varia tipologia; nessun criterio logico organizzativo; tempistica di conclusione dei procedimenti non rispettata con inevitabile contenzioso; pratiche incomplete o introvabili; istruttorie avviate con parziale documentazione».

    Le raccomandazioni dell’Anticorruzione

    Anche l’Anac ha segnalato nel 2020 una serie di criticità in merito all’attività di controllo sulle strutture sanitarie accreditate. Nel documento inviato, tra gli altri, anche al presidente Nino Spirlì, l’Anticorruzione raccomandava «la previsione di meccanismi non automatici di rinnovo del contratto ma legati alla verifica della performance, anche in termini di risultati e qualità del servizio offerto». Il suggerimento non sembra avere avuto fortuna.

    «Caos amministrativo»

    Già il 26 gennaio 2021 la stessa Palumbo rispondeva a una richiesta di accesso agli atti del consigliere regionale Carlo Guccione (Pd) evidenziando «il caos amministrativo già segnalato dalla stessa precedente dirigente ad interim». In merito agli elenchi chiesti dal consigliere, la Palumbo scriveva: «La ricognizione è approssimativa». Perché? «Non esiste archiviazione elettronica dei documenti, né fascicoli elettronici delle strutture, né sufficiente personale nel settore».

    Quattro accreditamenti su cinque scaduti 

    Il problema è che in quegli uffici si decide la destinazione – e la sua legittimità – di decine e decine di milioni di euro. Guccione snocciola numeri che mettono a nudo un sistema in tilt: «In Calabria le strutture sanitarie – pubbliche e private – con accreditamenti validi sono solo 86. Quelli scaduti sono 422, mentre solo 142 hanno presentato istanza di rinnovo». Il democrat sintetizza così il dato che ne emerge: «Più dell’80% delle strutture opera in regime di illegittimità per colpa degli uffici del Settore 2, accreditamenti e autorizzazioni, del dipartimento Tutela della Salute». Dati forniti dalla Regione stessa, difficile metterli in dubbio. Ma qualcuno dalla Cittadella dovrebbe spiegare come e perché siano possibili

  • Alarico, da Mancini a Occhiuto la supercazzola continua

    Alarico, da Mancini a Occhiuto la supercazzola continua

    La questione Alarico è più trasversale e lontana nel tempo di quanto si pensi. La responsabilità di questa operazione di riapparizione del mito, una vera e propria supercazzola, è di «Giacomo Mancini e del festival Invasioni, ovviamente con scopi, senso e obiettivi diversi rispetto a quelli di Mario Occhiuto» – commenta l’antropologo Giovanni Sole, che ha persino scritto un libro (Il Barbaro buono e il falso beato, Rubbettino), dove racconta l’ossessione dei calabresi – dei cosentini in particolare – per gli invasori e l’odio riversato verso i figli più illustri.

    «Telesio è stato perseguitato da questa città rimasta essenzialmente simile a quella raccontata dai viaggiatori del passato». Una comunità capace di «odiare e boicottare – sostiene il docente dell’Unical in pensione – le sue menti migliori, perché i suoi abitanti sono fatti così, spacconi che scimmiottano le grandi metropoli, con una borghesia fondiaria desiderosa di conquistare quarti di nobiltà, senza nessuno spirito di innovazione e cambiamento. Altro che Atene della Calabria!». Giovanni Sole parla del passato per decifrare il presente. «Mario Occhiuto ha capito perfettamente la psicologia dei cosentini rimasta invariata nel corso del tempo e ne ha tratto benefici politici per se stesso». Lo studioso intravede una sostanziale continuità tra la città del leone socialista e quella dell’architetto di Forza Italia.

    Giovanni Sole, antropologo e docente universitario
    La leggenda del re marcatore

    Il tesoro di Alarico sta progressivamente diventando come quello di Tutankhamon. Porta male. Occhiuto fu sfiduciato (poi rieletto con percentuali bulgare) durante la prima consiliatura a metà febbraio del 2016. Il giorno dopo era previsto un convegno sul re dei goti con annesso film, mai girato, che avrebbe dovuto dare lustro a Cosenza e lavoro a un esercito di maestranze locali. Di recente è toccato a Fausto Orsomarso, assessore regionale con delega anche al Turismo, subire gli effetti della maledizione ed essere bersagliato su Facebook.

    Su un manifesto della sua #Calabriastraordinaria tra i marcatori identitari da promuovere è comparso il fantomatico tesoro di Talarico, con una ingombrante “t” in più. E, siccome «non si hanno notizie certe, di quello di Alarico» – sostiene ancora Sole – probabilmente l’autore del testo intendeva riferirsi al «re del morzello di Catanzaro», come si legge in uno dei tanti commenti ironici apparsi sui social. Altri ricordano il brand di cravatte di alta sartoria oppure un delizioso caciocavallo silano.

    Resta nelle cronache di questa città la brochure presentata alla Bit di Milano con l’immagine di Himmler, capo delle SS arrivato a Cosenza anche lui per trovare l’inesistente tesoro. Il sindaco Occhiuto e l’assessore alla Cultura del Comune di Cosenza, Rosaria Succurro, hanno cercato di difendere quella scelta. Come? Virando sul valore storico di quell’episodio e sul solito ritornello delle strumentalizzazioni politiche di avversari e odiatori di varia natura e genere.

    Alarico, il tesoro e il museo che non c’è
    La statua equestre dedicata ad Alarico. Alle spalle, quel che resta dell’ex hotel Jolly

    Il primo cittadino nel re barbaro ha visto, invece, un modo per fare marketing e per cercare di costruire un museo senza reperti, senza un monile o una pietra preziosa del tesoro. Giovanni Sole fa notare come esista anche una «segnaletica nella città vecchia con una freccia che fornisce indicazioni per raggiungere proprio il tesoro di Alarico». E che «le fonti su Alarico non hanno alcun valore storico».

    Poco importa, si direbbe. Gli scavi sono iniziati lo stesso. Poi però li ha bocciati il Mibact. Anche la demolizione dell’edificio destinato ad ospitare il museo è diventata questione per i tribunali. Un classico di Palazzo dei Bruzi in questi anni. Proprio come l’utilizzo di celebrità amiche per promuovere un progetto (Sgarbi, Luttwak o il sinologo Sisci) o il ricorrere di nomi legati ad altre vicissitudini comunali.

    A supportare il Rup della “Riqualificazione della confluenza dei fiumi Crati e Busento e realizzazione del museo di Alarico” è Mario Capalbo, architetto ex socio del sindaco. Occhiuto lo aveva messo al vertice dell’Amaco. Sotto la sua presidenza, però, la municipalizzata ha accumulato perdite per circa 3,5 milioni di euro. Occhiuto per premiarlo di cotanto successo lo aveva “promosso” dirigente del Comune, salvo fare marcia indietro nel giro di poche ore. Ma solo perché aver presieduto l’Amaco fino a poco prima rendeva Capalbo incompatibile col nuovo incarico in municipio. Non con quello da quasi 40mila euro legato ad Alarico però.

    Se ad affiancare il Rup è Capalbo, la direzione dei lavori del fantomatico museo dedicato al barbaro, invece, è stata invece affidata alla Sigeco Engineering. Tra i soci compare Antonino Alvaro, che risulta tra gli indagati dell’inchiesta sul collaudo di piazza Bilotti. Ad oggi sulla confluenza del Crati e del Busento rimane soltanto una statua equestre dedicata al condottiero e lo scheletro del piano terra del Jolly, mostro architettonico già sede dell’Aterp. Nulla più.