Autore: Alfonso Bombini

  • Un dicembre che brucia troppo a Fuscaldo

    Un dicembre che brucia troppo a Fuscaldo

    Uno scuolabus in fiamme non è solo inquietante. Ricorda scenari di guerra. Al di là delle cause non ancora accertate, c’è un valore simbolico per l’uso quotidiano del mezzo: trasporta bambini. Gli stessi che ne hanno, probabilmente, visto lo scheletro fumante infine rimosso dalla strada. Solo poco tempo fa sempre uno scuolabus era stato preso di mira da vandali. Entrambi i mezzi sono in uso a una ditta privata. Lo conferma il sindaco Giacomo Middea a ICalabresi.

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    Il piccolo camion con gli aghi di pino andati in fiamme a Fuscaldo

    Mercoledì scorso l’ultimo e strano episodio: bruciano improvvisamente gli aghi di pino nel cassone di un piccolo furgone di proprietà del Comune. Era parcheggiato nel cortile di una scuola media. Mesi fa, invece, sono state squarciate le gomme di un mezzo destinato al servizio di raccolta dei rifiuti. Fatto già accaduto pochi anni fa. Una serie di eventi uniti dal fatto di essere tutti avvenuti a Fuscaldo, cittadina sul mar Tirreno tagliata a metà dalla Statale 18.

    Una “rompiscatole” a Fuscaldo

    Nel silenzio quasi generale spunta Annamaria De Luca. Dopo 20 anni vissuti a Roma, vince un concorso da dirigente scolastico e torna a Fuscaldo. Lavora proprio nella scuola primaria intitolata a sua zia, Angela Maria Aieta, desaparecida durante la dittatura della giunta militare di Videla in Argentina. Annamaria è una di quelle che tanti in paese considerano una “rompiscatole”. Perché non si gira dall’altra parte e fa dell’impegno civile un valore non negoziabile.
    E lei quando vede l’autobus in fiamme avvia subito una diretta su Facebook sollevando il caso. Da giornalista, collabora anche con La Repubblica e il Sole 24Ore, conosce bene la potenza di un messaggio lanciato sui social.

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    Annamaria De Luca, dirigente scolastica dell’Istituto comprensivo di Fuscaldo (foto Alfonso Bombini)

    «Nemmeno Libera parla»

    «I carabinieri indagano, ma una presa di posizione dei cittadini me l’aspettavo. A parte Italia Viva, nessuno ha inteso dire qualcosa, nemmeno Libera». La dirigente scolastica prova a spiegare cosa succede: «È veramente uno scenario non europeo, di un paese in guerra. Forse c’è una guerra che noi non vediamo, forse siamo in guerra. Di certo devono tenere fuori da questa merda i bambini, loro non c’entrano niente. Non posso permettere che vedano scene di questo tipo. Cerchiamo di dare speranza ai ragazzi, facciamo il giardino dei giusti e l’Aula natura, e poi si trovano di fronte a un’immagine del genere. È disarmante».
    Il Giardino dei giusti è stata una sua idea. Lo ha inaugurato il procuratore di Catanzaro, Nicola Gratteri nel 2020. Anche questo presidio di legalità ha subito un attacco da parte di ignoti che hanno tagliato gli alberi.

    Le parole del sindaco

    Giacomo Middea viene da Alleanza nazionale. Un passaggio con il Pdl e poi il transito in Forza Italia. Avvocato penalista, da un anno e tre mesi è sindaco di Fuscaldo con una civica di centrodestra. Non si fa mancare un esponente del Pd in maggioranza.
    Sulla questione dello scuolabus in fiamme pronuncia delle parole chiare: «Al momento non abbiamo certezze sulla natura di questo atto. Ma dubito si tratti di autocombustione. Se fosse un gesto doloso sarebbe orribile perché colpisce studenti e ragazzi. Immagini terribili. Siamo pronti a costituirci parte civile se in futuro dovessero essere accertate eventuali responsabilità. Lo faremo immediatamente».

    Il sindaco di Fuscaldo, Giacomo Middea (foto Alfonso Bombini)

    «Intervenga la Direzione distrettuale antimafia»

    Middeo fa il suo mestiere: il primo cittadino. Sa che Fuscaldo è un territorio “caldo”, non più di molti altri paesi lungo la costa.
    Ma non ci sta quando qualcuno vuole dipingere la sua comunità come una terra in piena emergenza criminalità. Non nega la sua presenza. Anzi: «L’inchiesta Tela del Ragno più di dieci anni fa ha allungato i riflettori su questo comune perché c’erano alcune consorterie ritenute tali dalla Dda che operavano ed erano nate nel nostro territorio. Sono fenomeni ad oggi isolati. Mai, però, abbassare la guardia».

    In più circostanze dice di «avere chiesto pubblicamente che fosse implementato il numero di carabinieri a Fuscaldo» e invocato l’arrivo «della magistratura per impedire che determinati fenomeni di malavita organizzata che oggi sono isolati possano diventare consolidati». Le sue parole diventano ancora più perentorie: «Urge un intervento deciso della Direzione distrettuale antimafia». Basta solo questo per capire che il clima non è dei migliori a Fuscaldo. Malgrado i quasi 20 gradi di un dicembre molto caldo. Forse troppo.

    Un tratto del lungomare di Fuscaldo (foto Alfonso Bombini 2022)
  • Meridiani d’Arbëria: il museo diventa comunità a Pallagorio

    Meridiani d’Arbëria: il museo diventa comunità a Pallagorio

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    Un cittadino dona una casa a un gruppo di ragazzi un po’ cresciuti e con la voglia di rischiare. La sistemano tra mille difficoltà e di tasca loro. Diventa un museo. Con questi pochi ed essenziali gesti nasce nel 2021 Muzé a Pallagorio, in provincia di Crotone. Una collina sullo Jonio, il mare che ha spinto e portato i greci ad occidente.

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    Una delle stanze del museo Muzè a Pallagorio, in provincia di Crotone

    Muzé: museo e comunità

    Muzé è un presidio di cultura e idee in terra arbëresh: un pezzo d’Europa, quella del margine, dell’entroterra, dell’osso. Nulla di statico. Migrazioni, spostamento e contaminazione si condensano nel cammino di tre paesi a pochi chilometri l’uno dall’altro: Carfizzi, Pallagorio, San Nicola dall’Alto. La bellezza fonetica e levantina dell’Arbëria crotonese contro il logorio della Calabria dei luoghi comuni: peperoncino in primis. Una specie di etichetta che ritrovi ovunque. Al di là della indiscutibile bontà a tavola, ha un po’ rotto le scatole.

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    Gruppo musicale arbëresh a San Nicola dall’Alto (foto pagina facebook Fili Meridiani)

    Immagini, abiti tradizionali, oggetti del quotidiano accompagnano il patrimonio immateriale e più importante di questo museo a Pallagorio: libri, idee, incontri, persone sedute in circolo, gente che si parla.
    Più che uno storytelling (parola accantonata pure da Christian Salmon, uno dei suoi primi utilizzatori) si tratta di viaggio rituale e visuale nel passato. La comunità torna al suo atto fondativo: nel XV secolo il condottiero dell’Albania ancora cristiana Giorgio Castriota Skanderbeg porta il suo popolo in salvo dalla furia ottomana. Elemento chiave della cultura arbëresh, celebrato ogni anno nelle danze circolari chiamate vallje.

    Fili meridiani: da Cambridge a Pallagorio

    L’idea di Fili Meridiani nasce in piena pandemia dopo una serie di incontri on line sulle piattaforme ormai entrate nel lessico famigliare di tutti. Ursula Basta è un architetto che, dopo gli studi a Firenze, ha vissuto e lavorato alcuni anni a Cambridge. Ha deciso di tornare nel paese dei genitori e dei nonni e lanciare insieme ad altri tre amici questo laboratorio di pensieri e innovazione. Lei ha già in mente il nome. Ispirato dal Pensiero meridiano del sociologo Franco Cassano.
    Fabio Spadafora ha frequentato Scienze politiche all’Unical. Si è occupato di comunicazione e analisi politica. Ma con una fidanzata di Pallagorio, non lontano dal paese dello scrittore Carmine Abate, non poteva che essere coinvolto nel progetto. Gli altri sono il videomaker e fotografo, Ettore Bonanno e la grafica Francesca Liuzzo. Dei tre solo Fabio non ha origini arbëresh: un cosentino con una madre presilana, cosa che rivendica con orgoglio. Ma la Calabria è una terra di mescolanze, di diversità intrecciate.

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    I calanchi del Marchesato

    Instaruga

    Instaruga è un progetto di promozione turistica del Marchesato crotonese. Unisce associazioni, guide e cittadini. Ed è pure una piattaforma digitale. Il nome fa pensare subito a Instagram. Ma non è così. C’è altro. «In‘sta ruga significa “in questa ruga”, dentro il vicinato, dentro i paesi, dentro la Calabria». Così si legge sul portale web di Fili meridiani. Che passano con estrema facilità dalle gjitonie agli algoritmi della comunicazione social.

    Alternano escursioni nei calanchi di Cutro oppure scorribande tra le vigne del Cirò. Piccole meraviglie del Crotonese per chi vuole uscire fuori dai percorsi turistici troppo noti e battuti. Alla ricerca di tanti piccoli fili meridiani disseminati nelle calabrie nascoste.

  • Quadara, una lingua di rame a Dipignano

    Quadara, una lingua di rame a Dipignano

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    La quadara (il calderone) è una questione da prendere sul serio a Dipignano e in Calabria. Se non altro perché ospita la cottura di parti molto saporite del maiale, quadrupede culto e prelibatezza immancabile nella cucina e nell’immaginario dei suoi abitanti.
    Dipignano è sempre stato, nei secoli dei secoli, il paese dei quadarari, i calderai, maestri abilissimi nella lavorazione del rame. Probabilmente sin dal 1300.

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    Calderoni nella bottega-officina di Roberto Farno a Dipignano

    Roberto Farno: ultimo dei calderai di Dipignano

    Oggi cosa resta di questa antica tradizione? Non poco, nemmeno tanto. Innanzitutto le mani grandi e callose di Roberto Farno, ultimo superstite di un mestiere in estinzione. La sua bottega è a Motta, parte bassa del comune a pochi chilometri da Cosenza. Abbastanza lontano dalla città per raggiungere e superare i 700 metri di altitudine. Roberto si cimenta anche con il ferro, che gli è «costato tre ernie». I cancelli li fabbrica e poi li prende di peso. Alla lunga persino Ercole avrebbe qualche problema alla schiena.

    Suo padre è il “mitico” Franchino Farno. È stato calderaio, comunista e uomo incline all’ironia. Roberto ha appreso questa arte come i suoi fratelli più grandi, oggi «radiatoristi e meccanici alla Riforma», storico quartiere di Cosenza.
    Rame e stagno, eccoli i due metalli intrecciati in una lunga storia di fatica e passione. Roberto racconta l’apprendistato iniziato a 16 anni e le prime tappe. In giro per i paesi il padre e i fratelli preparavano un piccolo fuoco per fondere lo stagno in piazza. E lui richiamava l’attenzione «iettannu ‘u bannu», diffondendo la voce per le viuzze.

    Nell’economia domestica, fino a qualche decennio fa, non poteva mancare una quota da destinare all’involucro interno di pentole e calderoni. Oggi è tutto cambiato. In cucina il rame è utilizzato dai grandi chef. Il calore si diffonde in maniera uniforme a tutto vantaggio di una buona cottura. I costi, però, sono elevati. Roberto Farno ci parla del listino prezzi dei calderoni: per 80 cm di diametro in rame si spendono fino a 600 euro, in acciaio 250 e in alluminio appena 60. Ci sarà una ragione se il prezzo varia così tanto. Qualche commessa arriva da proprietari di ville e da chi ama creazioni uniche. Poca cosa ormai.

    Il museo del Rame

    Un pezzo di storia di Dipignano e dei suoi calderai vive ancora nel Museo del rame e degli antichi mestieri. È un viaggio a ritroso tra utensili e strumenti della bottega artigiana, fatiche e vita grama, oggetti quotidiani e libri. Compresi quelli scritti da Franco Michele Greco che ha ricostruito il cammino di una comunità.

    Il tempo dei calderai nel Museo del Rame e degli antichi mestieri a Dipignano (foto Alfonso Bombini)

    Ammascante, la lingua dei calderai

    I calderai erano un po’ alchimisti, custodivano gelosamente i segreti del mestiere. A tal punto da inventare una lingua, l’ammascante. Che significa, appunto: parlata mascherata. E i calderai erano mascheri, varvottari, erbari, mussi tinti. Tutti sinonimi.

    Esiste pure un vocabolario grazie alle ricerche del glottologo John Trumper e della linguista Marta Maddalon, entrambi professori dell’Università della Calabria. Oltre 400 lemmi catalogati e spiegati con tutta la ricchezza di idee che solo due studiosi così attenti potevano restituire e donare alla memoria collettiva. Parole di questa lingua hanno contaminato il gergo dei calderai sardi a Isili. E altrove. Segno che gli artigiani di Dipignano hanno girato in lungo e in largo per l’Italia nei secoli passati.

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    Franco Araniti, poeta che scrive pure in Ammascanti (foto Alfonso Bombini)

    Franco Araniti, poeta e scrittore di Gallico (Reggio Calabria), ha fatto tesoro di questo vocabolario. Arrivato a Dipignano per amore, non è più andato via. Uno “straniero” che scrive versi anche in ammascanti. Parole poi musicate dal Collettivo Dedalus in un album valso al gruppo musicale il secondo posto al prestigioso Premio Tenco.

    Araniti, da attento osservatore, ha notato come questa lingua sia sopravvissuta pure nelle comunità dipignanesi in Canada. Dove, prima dell’avvento di Watt’s up, si scambiavano sms farciti di ammascanti. Un piccolo matrimonio tra nostalgia del paese natale e tecnologia. Manca solo una quadara sul fuoco. Magari a Montreal o Toronto qualcuno in giardino non rinuncia al suo pezzo di Calabria. Alla sua porzione di frittole.

  • Daniel Cundari, quel “ragazzo dell’Europa” tra poesia e politica

    Daniel Cundari, quel “ragazzo dell’Europa” tra poesia e politica

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    Daniel Cundari si muove con la stessa disinvoltura tra i locali del Barrio Gotico a Barcellona oppure tra i vicoli della sua Cuti, contrada di Rogliano. E legge ad alta voce Jorge Luis Borges così come recita Duonnu Pantu, il monaco di Aprigliano autore di rime «controverse e lascive». Sopratutto «in privato», confessa, omettendo particolari da censura.

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    Daniel Cundari a Cuti, sotto il murales di Alice Pasquini in via Pietro Nicoletti (foto Alfonso Bombini 2022)

    Non solo Daniel Cundari: la strada degli artisti

    Poeta, performer, autore teatrale. È difficile inquadrare Daniel. Vive nella sua personale Macondo in Via Pietro Nicoletti proprio a Cuti, nota anche per il suo pane prelibato. Sulla destra abita e lavora Sandro Sottile, liutaio e polistrumentista. A due passi si sente il rumore degli attrezzi di Ferdinando Gatto, scultore di legno e pietra. Bastano poche centinaia di metri per raggiungere il ceramista Telemaco Tucci, la talentuosa artista del trucco Ilenia Tucci e la street artist Alice Pasquini. Daniel ci tiene a citarli tutti. Come parte di un’unica comunità.

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    Daniel Cundari tiene molto al progetto della Piccola biblioteca di Cuti (foto Alfonso Bombini 2022)

    La piccola biblioteca di Cuti

    È una comunità che adesso ha pure una casa dei libri. La piccola biblioteca di Cuti, esempio in controtendenza rispetto a una Calabria che legge pochissimo. Un progetto a cui tiene molto. Non una semplice collezioni di testi.

    Molte rarità letterarie (compresi grandi classici sudamericani in lingua originale e autografati) hanno messo radici tra le mensole di quella che è stata per lungo tempo pure una vineria.

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    Il celeberrimo vino Savuto “Succo di Pietra” bevuto dallo scrittore Mario Soldati (foto Alfonso Bombini 2022)

    E conserva una bottiglia di Succo di Pietra del 1973, una delle ultime rimaste di quel Savuto “Britto” bevuto e lodato dallo scrittore Mario Soldati nel suo celebre Vino al vino. Una targa ne ricorda il passaggio a Rogliano.

    Un paese, almeno per poterci restare

    Fa freschetto a 650 metri, ma il sole si fa sentire ancora. Daniel si ferma a parlare con un barbiere d’eccezione, Pino alias Pippos Orlandos. Una vecchia gloria dei concerti alternativi. Sui muri sciarpe e immagini di Bob Marley. Pino, però, ammette di essersi perso l’unica tappa italiana del re del Reggae a Milano. Correva l’anno 1980. In paese si dice che abbia persino tagliato i capelli a Vinicio Capossela mentre si esibiva sul palco. Di queste piccole mitologie si nutre una parte del suo immaginario.

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    Pino, alias Pippos Orlandos, barbiere “reggae” di Rogliano (foto Alfonso Bombini 2022)

    Repentismo cutise

    Nei sei anni trascorsi nel quartiere gitano di Granada, Daniel ha appreso le tecniche del flamenco. Da qui nasce l’amore per il repentismo. Che ha declinato in salsa cutise, colorandolo della sua cultura: con le sue contraddizioni, le sue ricchezze, i suoi personaggi. Un concentrato di differenze molto apprezzato anche fuori dal vecchio continente. Cuba in primis. Cundari è di casa in terra caraibica. E in Messico tra rime e Tequila y Mezcal.

    Daniel Cundari, ragazzo dell’Europa

    Ma la seconda patria di Daniel è la Spagna. Lì ha iniziato a collaborare con la prestigiosa rivista letteraria Quimera. Tra i fondatori c’è lo scrittore Mario Vargas Llosa. A Barcellona confessa di essere stato stregato dall’anarchismo catalano. E nella città blaugrana ha conosciuto Gianna Nannini. «Le serviva un tecnico del suono in tutta fretta, ha chiesto a un mio amico – ricorda Daniel – e io ho le ho risolto il problema». Nel suo studio di registrazione la rocker senese ha poi ascoltato per caso il poeta di Cuti impegnato a declamare qualche suo verso. Da lì è scattata la scintilla. Gianna capisce la forza dirompente di quel calabrese che poi si esibirà sul palco con la star italiana. Fino a gridargli, sottolinea sorridendo Cundari: «Daniel, ragazzo dell’Europa».

    Due raccolte di poesie di Daniel Cundari (foto Alfonso Bombini 2022)

    Il poeta pluripremiato

    Scrive in italiano, spagnolo e nella sua lingua d’infanzia, quella dei padri e dei nonni, il dialetto definito «strumento musicale». Grazie a Geografia Feroz Daniel ha vinto il Premio Genil de Literatura nel 2011. Nello stesso anno ha collezionato il prestigioso Lerici Pea. Tra gli ultimi riconoscimenti compare il Premio Ischitella. Autore di numerose pubblicazioni come Cacagliùsi (2006), Il dolore dell’acqua (2007), Istruzioni per distruggere il vento (2013), Poesie contro me stesso (2014), Nell’incendio e oltre (2016) ‘Ngilla orba (2017), Il silenzio dopo l’amore (2019).

    La Calabria di Daniel Cundari tra poesia e politica

    Nella Calabria di Daniel Cundari scrittura e impegno civile si danno appuntamento. Non è un caso se chiama in causa spesso Franco Costabile e il suo Canto dei nuovi migranti. Lo ha persino recitato alla sua maniera in un comizio durante le ultime elezioni regionali. Le ha affrontate da candidato con Luigi De Magistris. Buoni risultati nel suo territorio e tanta voglia di continuare la strada intrapresa.

    Oggi la luna di miele con l’ex sindaco di Napoli è finita. È tempo di guardare oltre. In cantiere un movimento politico con radici nel suo Savuto e la voglia di conquistare spazio e idee altrove. Si chiamerà Calabria giovane dentro. E promette pure di ripristinare le vecchie sezioni. Al suono di un suo vecchio mantra: la poesia è l’ultimo partito che rimane.

  • Addio zona rossa: la Presila lascia Gagarin per Conte e Meloni

    Addio zona rossa: la Presila lascia Gagarin per Conte e Meloni

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    Addio compagno Gagarin. Adesso è il tempo di tovarišč Conte. Segno dei tempi e della turbopolitica. Macella, trita e inghiotte tutto: storie, appartenenze, colori. Nessuno, però, ha mai avuto il coraggio di rimuovere e cambiare il nome della piazza intitolata al cosmonauta russo. A Pedace, oggi frazione di Casali del Manco, una cosa del genere potrebbe ancora provocare una sollevazione popolare.

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    Fausto Gullo, antifascista e ministro (foto bibliotecagullo.it)

    Nel cuore della rossa Presila di Fausto Gullo e Cesare Curcio il colore dominante è il giallo. Nelle ultime elezioni politiche il Movimento 5 Stelle ha raggiunto il 46,1 % alla Camera. Il Pd si è fermato al 13,28 %, tallonato da Fratelli d’Italia con il 12,81%.
    Le destre sono pronte per la spallata alle prossime amministrative. Dove i grillini fanno sempre fatica a sfondare. Un copione già visto pure altrove quando si parla di crisi della sinistra.

    Presila zona rossa: Ingrao fuggiasco a Pratopiano di Pedace

    Pedace ha rappresentato per la sinistra calabrese un simbolo. Qui fu nascosto Pietro Ingrao, in fuga dai fascisti. Una storia di resistenza in un Sud dove non erano tanti ad opporsi al regime di Mussolini. Uno dei pochi fu Cesare Curcio, meccanico specializzato. Tenne con sé Ingrao, futuro presidente della Camera, nei boschi di castagne a Pratopiano. Oggi ha raccolto il suo testimone ideale il figlio Peppino, attivista e scrittore, raccoglitore di storie di briganti.

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    Pietro Ingrao a Pedace prima e dopo la caduta del regime fascista. In alcune foto compare Cesare Curcio

    È ancora lì la casa dove fu nascosto il dirigente del Partito comunista italiano. L’hanno trasformata in una suggestiva abitazione di montagna. Basta salire poche centinaia di metri e un’altra costruzione ospita un piccolo museo familiare. Con gli atti parlamentari del padre eletto parlamentare del Pci e poi morto troppo presto. Foto, carte, documenti. Uno dei piccoli tesori nascosti. Non lontano in linea d’aria da San Martino di Giove a Canale di Pietrafitta, dove morì Gioacchino da Fiore.

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    Peppino Curcio, storico e attivista (foto Alfonso Bombini)

    Il Pd governa con Fratelli d’Italia

    La memoria è un esercizio difficile. Consente di capire – o, almeno, provarci – perché sono cadute storiche roccaforti della sinistra. Sesto San Giovanni e Sant’Anna di Stazema su tutte. Passate a destra. Figuriamoci se questo non può succedere a Casali del Manco. Comune, tra l’altro, dove un primo cittadino del Pd governa con un assessore di Fratelli d’Italia.

    Sul punto Peppino Curcio, già candidato a sindaco del M5S, ha le idee chiare: «L’inciucio ha un suo peso». È un ritorno alle «politiche di prima, quelle del mettersi d’accordo per fini elettorali». Ne ha pure per il Movimento Presila Unita, a suo dire «rivelatosi una succursale del Partito democratico».

    Parole che Peppino Curcio pronuncia nella casa museo di Fausto Gullo a Macchia. Un condensato di storia e aneddotica: appunti del ministro dei contadini, ricordi catalogati di uno dei padri costituenti, carte del processo Valpreda (difeso dall’illustre giurista). Senza dimenticare quella lettera di Togliatti che ringrazia Gullo per il dono ricevuto: deliziosi fichi calabresi.

    I timori dell’ex segretario provinciale del Pd

    Persino Luigi Guglielmelli, ex segretario provinciale del Pd, ha il timore che l’assalto al fortino Presila possa andare a segno prima o poi: «Mi auguro che il prossimo primo cittadino di Casali del Manco non sia di centrodestra, ma non è scontato». I motivi? «C’è una grande frammentazione della sinistra e del M5S, non vedo in campo un percorso unitario».

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    Luigi Guglielmelli, ex segretario provinciale del Pd di Cosenza

    Non deve meravigliare più di tanto il fenomeno delle liste civiche «che racchiudono – puntualizza Guglielmelli, oggi nella direzione regionale del partito – tutto l’arco costituzionale, è molto diffuso dappertutto». Ultimo tabù ancora in piedi? «Anche nelle formazioni civiche con presenze di centrodestra il sindaco è sempre stato iscritto al Pd».

    I tempi sono maturi per il centrodestra

    Chi è convinta che Casali del Manco sia vicino ad essere conquistato dal centrodestra è Emma Staine, militante della Lega che, poco tempo dopo aver parlato con I Calabresi,  è diventata assessore regionale nella Giunta di Roberto Occhiuto: «I tempi sono maturi. Negli ultimi 5 anni ci siamo affermati scardinando determinati dogmi e luoghi comuni che volevano la Presila rossa». Ormai da quattro anni il partito di Salvini – spiega – «è stabile dall’8 al 10% raggiungendo picchi del 15 alle Europee affermandosi lo scorso anno a Celico come prima forza alle regionali».

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    Emma Staine, assessore regionale alle Politiche sociali e ai Trasporti

    Zona rossa e memoria corta

    Uno spostamento spiegato anche in termini di «perdita della memoria storica di un luogo». Fausto Gullo, Cesare Curcio e il sindaco Rita Pisano «purtroppo sono figure che interessano soprattutto gli studiosi». Francesco Scanni, ricercatore di Scienze Politiche all’Università di Teramo e attivista di Voci in Cammino, fa notare «la distanza fra queste personalità di grande valore e il ceto politico attuale». Perché «non basta avere avuto cittadini così illustri, resta un obbligo ricordarli, riconoscerne l’importanza e trasmettere l’insegnamento alle generazioni future».

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    Francesco Scanni, ricercatore universitario a Teramo e attivista di Voci in Cammino (foto Alfonso Bombini)

    L’antipasto del totonomi

    L’attuale maggioranza in consiglio comunale tenterà di restare in sella in vista delle amministrative del 2024. Probabilmente cambiando il candidato a sindaco. Che non dovrebbe essere l’attuale primo cittadino Nuccio Martire. Uno tra gli ex sindaci di Trenta e Casole Bruzio, Ippolito Morrone e Salvatore Iazzolino, potrebbe decidere di scendere in campo. Così come l’ex primo cittadino di Pedace, Marco Oliverio. Defilato ma attento si muove l’ex consigliere regionale, tornato nel Pd dopo la sbornia De Magistris, Giuseppe Giudiceandrea. Il centrodestra osserva con attenzione. Se le divisioni a sinistra resteranno ferite aperte, il tempo di conquistare l’ex roccaforte rossa è davvero arrivato. E Gagarin sarà costretto a farsene una ragione.

  • Cosenza è già la palla al piede della città unica

    Cosenza è già la palla al piede della città unica

    L’anello debole della città unica Cosenza-Rende è proprio il capoluogo bruzio. Perde abitanti e servizi. E con i conti in rosso che si ritrova sarebbe una palla al piede per gli altri. Compresi Montalto Uffugo e Castrolibero, due feudi non proprio desiderosi di farsi inglobare da sorelle maggiori così ingombranti.
    Nessuno si chiede: i cittadini-contribuenti sono disposti a pagare i debiti dei vicini? E parlare di aria vasta per indorare la pillola non migliora né la situazione, né la percezione del problema. Il sindaco di Mendicino, Antonio Palermo, pensa a giocare la carta Pandosia, intanto, emulando il percorso di Casali del Manco.

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    Il sindaco di Cosenza, Franz Caruso (foto Alfonso Bombini)

    E se i conti migliorano pure a Rende?

    Lo ha annunciato assessore al Bilancio del Comune di Rende, Fabrizio Totera. E così in «meno di otto anni» arriverà – a suo dire – entro dicembre 2022 l’uscita dal pre-dissesto.

    Una boccata d’ossigeno proprio nel momento di peggiore crisi della maggioranza consiliare oltre Campagnano dopo due inchieste giudiziarie che hanno innescato inevitabilmente, se non un terremoto, almeno uno smottamento politico. Resta il divieto di dimora per il sindaco Marcello Manna (ma è caduta l’accusa di presunta corruzione), mentre continua l’interdizione del vicesindaco Anna Maria Artese.

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    Il sindaco di Rende, Marcello Manna (foto Alfonso Bombini)

    Dopo l’annuncio trionfale di Totera, il movimento RendeSì ha messo in guardia dai facili entusiasmi del momento: «Solo la Corte dei Conti può certificare l’uscita dal pre-dissesto».
    Intanto Forza Italia si dichiara «autonoma» rispetto all’intero consiglio comunale per bocca del commissario cittadino, Eugenio Aceto. E dice di «non condividere diverse scelte della maggioranza». Non è ancora un divorzio, tuttavia ha il sapore di un appoggio esterno.

    Un debito che fa paura ai vicini

    La storia delle finanze in crisi del Comune di Cosenza affonda le radici nel 1876 quando divenne primo cittadino un certo Francesco Martire. Ma il primo dissesto vero e proprio arriva nel 2019. Sindaco era Mario Occhiuto, attuale senatore di Forza Italia. Una situazione contabile precaria ereditata inevitabilmente da Franz Caruso, subentrato alla guida della città dopo l’architetto. La leva del debito facile è stata azionata per primo in maniera massiva da Giacomo Mancini. Erano altri tempi e Roma ci metteva sempre una pezza sopra.

    L’incontro sulla città unica organizzato dalla parlamentare della Lega, Simona Loizzo

    Città unica Cosenza-Rende? Un salotto bipartisan in casa Loizzo

    L’incontro sulla città unica organizzato dalla parlamentare della Lega, Simona Loizzo, non ha ceduto alle solita noia del politicamente corretto. Per il senatore Mario Occhiuto «la città unica esiste nei fatti». In concreto «non l’hanno voluta né Principe, né Manna».
    Sandro Principe ha risposto per le rime: «Lo sguardo di Occhiuto non andava oltre le cinte murarie di Cosenza»

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    Il senatore di Forza Italia, Mario Occhiuto (foto Alfonso Bombini 2022)

    Picconate e analisi dell’ex sottosegretario socialista con un occhio all’esperienza recente di Corigliano-Rossano: «Territori in crisi profonda». Perché «i matrimoni riusciti hanno bisogno di lunghi fidanzamenti».

    Principe non crede nella fusione a freddo. Preferisce partire con servizi condivisi e piccoli passi. Una posizione non dissimile è quella del coordinatore di Forza Italia a Rende, il già citato Eugenio Aceto. A margine del confronto, ha commentato: «Io sono per la città unica, ma le condizioni sono confronto sui Bilanci e unificazioni dei servizi». In questo senso, la bruzia Amaco sull’orlo del fallimento non aiuta.

    Guccione c’è, Franz Caruso declina l’invito

    In realtà Principe, da politico navigato, sa bene e ha il timore che gli incentivi dello Stato per una futura città unica Cosenza-Rende potrebbero essere pochi e, forse inutili, rispetto al debito consistente dei cugini spendaccioni di Palazzo dei Bruzi.

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    Da sinistra Sandro Principe (di spalle); Carlo Guccione; Mario Campanella; Mario Occhiuto (foto Alfonso Bombini 2022)

    Il sindaco di Cosenza, Franz Caruso ha declinato l’invito a partecipare all’incontro. Gli attacchi dei compagni di partito non hanno fermato, invece, Carlo Guccione, responsabile Sanità per il Pd nel Sud, presente al focus in casa del Carroccio. «Non c’è un progetto di area urbana di centrodestra e di centrosinistra, ma una necessità unica» – ha evidenziato. Del resto l’ex consigliere regionale è uno dei sostenitori più radicali e convinti della “Grande Cosenza”.

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    La parlamentare della Lega, Simona Loizzo (foto Alfonso Bombini 2022)

    Città unica nel metaverso

    Simona Loizzo aveva presentato una proposta di legge regionale per la città unica Cosenza-Rende da consigliere regionale. E ha promesso di continuare a lavorarci anche da parlamentare. «I confini territoriali sono dentro di noi» – ha commentato la deputata del Carroccio. Nella costruzione di «un ospedale che sarà azienda sanitaria universitaria, nell’area urbana della cultura e della digitalizzazione» vede tre strade da seguire. E non è un caso se Fabio Gallo, a capo del Movimento Noi che punta molto sulle leve del digitale, era nelle prime file ad ascoltare con attenzione. Perché la città unica nel metaverso forse è possibile, quella reale sembra ancora in balia di un dialogo tra sordi.

  • La danza di Scanderbeg

    La danza di Scanderbeg

    Qualcuno si spinge fino al Ponte del diavolo. A piedi i più temerari, in sella a vecchi fuoristrada Iveco i meno abituati alle insidie della salita. Sono le prime ore del pomeriggio di un martedì che a Civita e nelle altre comunità dell’Arbëria  ha un significato particolare per le Vallje. Come ogni anno, dopo la Pasquetta, queste antichissime danze segnano il calendario dei paesi albanofoni. Senza la minima tentazione di chiamarli borghi.

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    Vallje a Civita, nel cuore del Pollino (foto Alfonso Bombini 2022)

     

    L’origine delle Vallje non si perde nella notte dei tempi. Nascono per rinsaldare quel legame profondo tra l’Arbëria, la sua storia, la madrepatria. E rievocano un episodio particolare con la forza di diventare un mito fondativo: la vittoria del condottiero Giorgio Castriota Scanderbeg sui turchi nella città di Kruja. Era il 24 aprile 1467. Anche allora era il primo martedì dopo Pasqua.

    Scanderbeg è l’icona più forte in possesso degli albanesi d’Occidente. Al pari della bandiera rossa con l’aquila nera. Immancabile anche ieri a Civita (Çifti). Al lato del palco, forse 3×6, ha accolto il Presidente della Repubblica d’Albania, Ilir Meta.

    Vallje a Civita: da tradizione d’Arbëria a festival del folklore

    C’è qualcosa di immutabile e al contempo rivoluzionario nella cultura di questo popolo, come ricorda lo scrittore Carmine Abate da Carfizzi. Due anni di fermo non hanno fiaccato la voglia di riportare in vita tradizioni così radicate. La pandemia si è fatta sentire e continua a rosicchiare tempo e destini. Ieri il ritorno della sfera pubblica. In una piazza militarizzata con transenne ovunque.

    Misure di sicurezza per garantire protezione a Ilir Meta. Un paradosso difficile da non notare: danze circolari hanno da sempre avvolto autoctoni e forestieri, adesso sono diventate uno spettacolo da festival del folklore. Con un copione imposto. Va bene lo stesso. Ma gli occhi di chi ne ha viste tante tradiscono il disappunto per un rito ormai confinato a beneficio di smartphone e fotografi veri o improvvisati con gli immancabili teleobiettivi parabellum. Quasi a volere entrare dentro il corpo di una comunità. Che invece si lascia attraversare allargando lo sguardo.

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    Il presidente della Repubblica albanese, Iril Meta, in visita a Civita (foto Alfonso Bombini 2022)

    Da San Marzano a Civita

    Ci si ritrova un po’ tutti in piazza, calabresi e non. Persino “Katundi Joni”, gruppo proveniente da San Marzano di San Giuseppe, in provincia di Taranto. Una città meridiana più vicina del capoluogo Catanzaro al piccolo centro del Pollino. Più vicina non solo su Google maps.
    Ne fa parte la signora Carmela. Per la prima volta partecipa alle Vallje. Ma in qualche modo ha un profilo levantino come le stesse Calabrie di quassù. Canta a squarciagola e balla insieme ai suoi compaesani. In Puglia organizza rappresentazioni teatrali rigorosamente in lingua arbëreshë.

    Mancano fiumi di anice

    Pochi metri più dietro qualcuno chiama: «Professo’!». Si gira un signore anziano in camicia bianca e cravatta rossa. Uno dei pochi a sfidare una primavera mascherata da quasi inverno. Inizia a intonare canti, accompagnato da un organetto e un tamburo. Lo suona un tipo coi baffi che sembra un gitano dei film di Emir Kusturica. Vengono da Cerzeto e poco dopo li raggiunge pure il sindaco Rizzo. Nemmeno lui vuole perdersi rito e presidente Meta. Manca l’anice che invece nella vallja “eretica” e carnevalesca di Cervicati scorre a fiumi.

     

    Civita, per le Vallje ecco gli stranieri in Arbëria

    Gli occhi di giovani e meno giovani si posano su un cappello rosso che fa pendant col rossetto. Armata di ballerine ai piedi, sorride e gira video con il cellulare. Quel che resta delle intenzioni cariche di testosterone vittorioso sul colesterolo postpasquale si riversa su di lei. È inglese.

    Non mancano olandesi con figli piccoli, francesi e tedeschi a loro agio in t-shirt. Senza il bisogno di abbigliamento tecnico comprato nella non lontanissima Decathlon di Corigliano-Rossano. La tragedia del Raganello è alle spalle, non il ricordo delle vittime. Qui si viene volentieri. Case Kodra e buon cibo. Gente ospitale.

    Per fortuna la fisiologica passerella della politica non ha ammorbato troppo il pomeriggio di Civita. Tutti hanno già dato al mattino. Tributando saluti a effendi Iril Meta. Adesso il sole taglia queste montagne alle spalle. Il mare si concede ancora alla vista. L’organetto accompagna per l’ultima volta le Vallje di Çifti.

     

  • «No agli abusi», la protesta del liceo di Castrolibero si prende Cosenza

    «No agli abusi», la protesta del liceo di Castrolibero si prende Cosenza

    Dalla scuola occupata al corteo per le strade di Cosenza. Gridando «no agli abusi» ma pure «no alla scuola dei padroni». Sono i due motivi che hanno animato la manifestazione di stamane nella città dei bruzi. Da piazza Loreto fino al provveditorato agli studi. Fumogeni e bandiere del Che hanno accompagnato la protesta. Un grande classico che resiste pure nell’epoca di Tik Tok.

    Le presunte molestie e la scuola occupata

    Il Me too calabrese ha la voce degli studenti dell’istituto d’istruzione superiore Valentini-MaJorana di Castrolibero, in provincia di Cosenza. I ragazzi hanno occupato la scuola dal 3 febbraio scorso, ma da lunedì torneranno in classe. Protestano contro la mancata presa di posizione della dirigente scolastica, Iolanda Maletta, nei confronti di un professore di matematica e fisica che – sostengono i liceali – si sarebbe reso responsabile di presunte molestie sessuali. Sul punto ha aperto un’inchiesta la Procura della Repubblica di Cosenza. Il docente risulterebbe iscritto nel registro degli indagati.

    Le chat e le e-mail 

    Il caso è rimbalzato sui media nazionali, occupando una spazio importante nei programmi in prima serata. E proprio Le Iene, popolarissima trasmissione di Mediaset, ha mostrato in un servizio alcuni messaggi segnatamente ambigui («ciao polpettina») del professore e il testo della mail inviata dai genitori degli alunni alla dirigente scolastica.

    I prof che solidarizzano con la protesta

    Sei professori dell’istituto di istruzione superiore Valentini-Majorana di Castrolibero hanno manifestato vicinanza e sostegno alla protesta degli studenti. Scrivendo una lettera, dove si legge: «Ciò che è successo ci ha posto di fronte ad una dura realtà e siete stati voi a sbattercela in faccia». Tra i banchi della scuola di Castrolibero sono arrivati giorni fa anche gli ispettori inviati dal Ministero dell’Istruzione dopo l’esplosione del caso di presunte molestie denunciato dai ragazzi.

    La politica sollecita l’intervento del ministro Bianchi

    Le deputate del Partito democratico hanno inviato un’interpellanza al ministro Patrizio Bianchi affinché si faccia subito chiarezza su quanto accaduto. Il presidente della Commissione Antimafia, Nicola Morra, ha incontrato personalmente a Castrolibero i ragazzi impegnati nell’occupazione. Mentre il deputato di Alternativa ed ex grillino, Francesco Sapia, ha presentato un’interrogazione parlamentare in cui si chiede l’immediato trasferimento della dirigente scolastica, Iolanda Maletta. Un provvedimento chiesto anche dagli studenti che hanno occupato il liceo Valentini-Majorana e da molti fra i loro genitori. Per ora la dirigente scolastica è in malattia.

  • «Commissari alla Sanità? Clientela calabrese gestita dal Ministero»

    «Commissari alla Sanità? Clientela calabrese gestita dal Ministero»

    «I piccoli ospedali chiusi non dovrebbero essere riaperti». Suonano paradossali le parole del presidente dell’Ordine dei medici di Cosenza, Eugenio Corcioni, intervistato dal direttore de I Calabresi, Franco Pellegrini. Strane, perché arrivano nei giorni in cui alcuni presidi sanitari soppressi, compreso quello di Cariati, tornano ad essere operativi per combattere il Covid. Il virus corre e morde.

    Pandemia e sistema sanitario

    La pandemia ha trovato in Calabria un sistema sanitario in condizioni già di per sé pietose. Per due ragioni, sostiene Corcioni. Innanzitutto «un’offerta incongrua e inappropriata con ospedaletti sparsi nella nostra difficile regione». Poi «40 anni di politica distruttiva nel settore».

    Generare voti e clientele

    La medicina territoriale non se la passa benissimo quasi ovunque in Italia. Comparto strategico dove c’è ancora oggi un «marcatissimo interesse per generare voti e clientele». Corcioni, dopo la legnata, suggerisce un percorso: «Ripartire dai concorsi». Su «scala nazionale come un tempo, con 7 prove scritte e orali».

    Il Pnrr non risolverà tutti i problemi

    Il Pnrr non basta. Serve chiedersi: «quale modello assistenziale si vuole costruire, quale personale utilizzare, come organizzare? Come fare i concorsi?». Di certo la posizione di Corcioni sull’edilizia sanitaria è chiara: «Ristrutturare i piccoli nosocomi conviene a chi fa i lavori». Al contrario, pensa sia necessario costruire, e in tutta fretta, il nuovo ospedale di Cosenza: «Da ubicare vicino all’Università della Calabria, in una zona strategica e raggiungibile, perché deve servire tutta la provincia, non una sola città». Boccia, quindi, le idee di chi vuole edificare la nuova Annunziata partendo dal vecchio sito (l’ex sindaco Mario Occhiuto). E al contempo mostra una forte contrarietà verso il progetto caro al centrosinistra cosentino “stregato” dal sito di Vaglio Lise.

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    Striscioni di protesta davanti all’ospedale di Cariati (foto Alfonso Bombini)

    Sanità privata, soldi pubblici

    «Non esiste la Sanità privata in Calabria, nemmeno in Italia». Corcioni precisa: «Salvo qualcosa in alcune città come Roma e Milano e per prestazioni fuori dai Lea (Livelli essenziali di assistenza)». In realtà è una «una gestione privata ma con soldi pubblici, tutta un’altra cosa». La solita regola del capitalismo italiano, dalle Pmi alle grandi imprese: abbeverarsi alle mammelle del settore pubblico.

    Privati e famelici

    Per Corcioni il problema della sanità privata è la gestione: «Non possiamo prendercela con chi esercita un suo diritto». Semmai «la responsabilità è del pubblico che ha il potere e il dovere di programmare, individuare e controllare».
    Ma se diventa orientabile e condizionabile, soprattutto in una regione come la nostra, favorisce le grandi famiglie della sanita cosiddetta privata. Che muovono un sacco di voti.

    La girandola dei commissari alla Sanità

    Nel variegato mondo dei commissari al Piano rientro sanitario in Calabria, Corcioni opera delle distinzioni: «Quelli non eletti dal popolo e quelli osteggiati dalla politica». Si riferisce a Scura. Che non ha avuto un rapporto proprio idilliaco con l’ex presidente della Regione, Mario Oliverio. Corcioni, si capisce, salva solo Scura.
    In generale i commissari sono persone «venute quaggiù per avere una piccolo budget in pensione e una piccola carica onorifica». Il presidente dell’Ordine dei medici di Cosenza definisce il loro operato «un disastro totale». La colpa «è di chi li ha inviati». Al fondo è sempre la politica a volere che non funzioni il sistema: «Con la gestione commissariale può fare quel che vuole». Uno «sport troppo facile prendersela con persone inadeguate al ruolo». Invece, nel grande capitolo della sanità commissariata Corcioni chiama in causa il ruolo del ministero della Sanità che «ha gestito la clientela cosentina e calabrese nelle poche cose che contavano».

    E adesso? Corcioni promuove i i primi passi del neo presidente della Regione e commissario alla sanità, Roberto Occhiuto. Perché? «Ha chiesto la redistribuzione dei soldi nella conferenza Stato-Regioni, qui si decide il budget». Senza soldi non si cantano messe, ma non si fa nemmeno buona sanità.

  • Giunta Cosenza, 4 assessori di Franz erano con Occhiuto

    Giunta Cosenza, 4 assessori di Franz erano con Occhiuto

    Giunta nuova, nomi vecchi a Cosenza? In larga parte sì. Quattro assessori, che oggi sono al fianco di Franz Caruso, erano in maggioranza con Mario Occhiuto. Il più noto è Francesco De Cicco, l’unico ad essere in Giunta prima. Gli altri sono Pasquale Sconosciuto, Mariateresa De Marco e Massimiliano Battaglia. I tre erano consiglieri comunali.

    Il vice sindaco in quota Boccia

    Il Partito democratico porta a casa, come da indiscrezioni, il vicesindaco con Maria Pia Funaro. Per lei anche le deleghe all’Ambiente e al Territorio. Capolista e seconda eletta nelle file del Pd, è stato Francesco Boccia in persona a indicare il suo nome a Franz Caruso e a spingere perché i tentativi di preferirle Damiano Covelli andassero a vuoto. Non è andata, comunque, male a Covelli. Porta a casa un super assessorato: Lavori Pubblici; Viabilità e Trasporti; Mobilità; Organizzazione, Innovazione e Risorse Umane. La vicenda Amaco, una questione spinosa per il prossimo esecutivo, sarà pure di sua competenza. Resta questo boccone amaro del vicesindaco e si percepisce. Stamane era praticamente attaccato al primo cittadino, quasi a voler comunicare che il suo ruolo va oltre la dimensione amministrativa.

    Il sindaco di Cosenza, Franz Caruso e il vice sindaco Maria Pia Funaro
    Gli altri assessori 

    Due posti in Giunta per la lista Franz Caruso sindaco. Massimiliano Battaglia ha le deleghe al Commercio, Artigianato e Attività produttive. Mentre Maria Teresa De Marco, ex consigliere delegato alla Sanità con Occhiuto, questa volta si occuperà della stessa materia ma da assessore.
    Scontate le deleghe a Francesco De Cicco: Manutenzione e Polizia Municipale. Per il suo fedele compagno Pasquale Sconosciuto: Verde Pubblico, Servizi al Cittadino, Quartieri e Frazioni.
    Urbanistica ed edilizia vanno a Pina Incarnato in quota PSI. Figlia di “Giggino”, consigliere politico più fidato del primo cittadino. Pare che lo segua ovunque e lo marchi stretto a Palazzo dei Bruzi, raccontano dalla stessa maggioranza di Franz.
    Primo volta in Giunta a Cosenza per il Movimento 5 stelle, dopo il gran rifiuto di Bianca Rende. Veronica Buffone si occuperà di Attività istituzionali, Protezione Civile, Legalità e Puc.

    Disastro finanziario ma non andrà in Procura

    «Non è un dissesto ma un disastro finanziario» quello trovato dal sindaco Caruso nel Comune di Cosenza. Non a tal punto da recarsi in Procura e consegnare le carte ai magistrati. Franz Caruso ha detto esplicitamente che non lo farà. Terrà per sé la delega al Bilancio per poi affidarla a un tecnico di valore. La materia e le finanze di Palazzo dei Bruzi fanno tremare i polsi. Esiste una soluzione politica? L’attuale sindaco spera nello Stato centrale, perché possa farsi carico di questa situazione insostenibile. E cerca alleati importanti come il sindaco di Napoli. Governare sarà davvero impresa difficile senza una qualche misura salva-Cosenza.
    Per ora testa bassa e lavorare. Franz lo ha detto con due parole: «È una Giunta operaia».