Autore: Alessia Bausone

  • Vibo, Falduto superstar: il meloniano che piace anche a Nesci & Co

    Vibo, Falduto superstar: il meloniano che piace anche a Nesci & Co

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    L’amministrazione di Vibo Valentia vive in questi giorni un forte scossone politico.
    Domenico Primerano, il fedelissimo vice della sindaca Maria Limardo, ha mollato in malo modo dopo aver esternato diversi malumori.
    «La conformazione dell’attuale maggioranza, la sua specifica caratterizzazione, pone il problema della mia permanenza in Giunta: essendo un tecnico, ritengo non sussistano più le condizioni della mia presenza nell’esecutivo comunale».

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    Domenico Primerano, l’ex vice di Maria Limbardo

    Lo ha seguito a ruota Rosamaria Santacaterina, assessora all’Istruzione e alle politiche giovanili. «Anticipo il cambiamento politico in atto» ha scritto Santacaterina alla sindaca. Siccome non c’è due senza tre, ha lasciato anche l’assessora alla Cultura Daniela Rotino.

    Assessori che evaporano, assessori eterni

    Nella giunta Limardo certi assessorati si sciolgono come la neve al primo sole. Invece, ce ne sono altri che sembrano intoccabili, nonostante atti che destano scalpore in città. Ad esempio, i 15mila euro dati dall’assessore al turismo a un amico di partito per il festival sovranista Culturaidentità.

    Limardo e i meloniani

    Parliamo di Michele Falduto, assessore con varie deleghe, tra cui Turismo, spettacolo manifestazioni ed eventi, in quota Fratelli D’Italia.
    È fratello dell’avvocato Nuccio Falduto, che ha preso 1.900 preferenze con i meloniani alle ultime regionali, ex assessore comunale dell’Udc nel 2010 e poi consigliere di Pd e Fi.

    Nuccio Falduto, una presenza per molti

    All’atto di costituzione della sua giunta, Maria Limardo adottò uno schema per accontentare le forze politiche: due consiglieri, un assessore.
    Purtroppo è più facile fare gli schemi che rispettarli. Infatti, il consigliere meloniano Antonio Schiavello ha aderito l’anno scorso a Forza Italia, di cui è diventato capogruppo. Il suo collega Antonio Curello, invece, è rimasto in Fdi, ma è del tutto autonomo rispetto al partito.

    Il demansionamento d’oro

    Saltato lo schema Limardo, sarebbe dovuto saltare anche il relativo assessore. Ma la sindaca non ha voluto “guastarsela” con Wanda Ferro, la commissaria regionale dei meloniani. Tutto questo, nonostante le dichiarazioni rilasciate dalla stessa Ferro subito dopo l’inchiesta Rinascita-Scott: «È opportuno che il sindaco Limardo, che gode della nostra piena fiducia, riunisca le forze di maggioranza al fine di valutare la chiusura di questa esperienza amministrativa». E val la pena ricordare che la deputata aveva ricevuto un no secco, proprio dai consiglieri di Fdi e da Falduto.

    Wanda Ferro: la lady di ferro di Fdi

    Quest’ultimo sta per perdere quasi tutte le deleghe, tranne quella all’Innovazione tecnologica. In altre parole, rimarrebbe assessore all’innovazione tecnologica e ai social media con un compenso di 3.835,30 euro mensili. Insomma, un demansionamento d’oro.

    Michele Falduto e i soldi all’amico di partito

    La determinazione della dirigente del settore Turismo, Adriana Teti (la 1048 del 14 giugno) ha stanziato 15mila euro a favore dell’Associazione Culturaidentità nella kermesse Vibo Città del Libro.
    La manifestazione rientra nell’impegno di spesa di 500mila euro previsto dal decreto dirigenziale del Dipartimento turismo, marketing territoriale e mobilità della Regione, recentemente finito al centro del “gadget gate” con l’assessore, anch’esso in quota Fdi, Fausto Orsomarso.

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    Pasquale La Gamba

    Lo scorso 30 maggio, si legge nella determina della dirigente comunale, l’assessore al turismo Falduto «ha provveduto a trasmettere al Dirigente il programma degli eventi previsti in relazione alla nomina Vibo Città del libro» e «al contempo ha richiesto l‘attuazione di tutti gli atti relativi alla gestione dello stesso programma».
    Afferma ancora la dirigente: «Per la realizzazione delle manifestazioni è necessario procedere all’affidamento dei servizi essenziali per la riuscita degli eventi». Pertanto, alla luce della richiesta dall’Associazione CulturaIdentità, si provvedeva allo stanziamento del lauto contributo per un evento allegato alla delibera della giunta numero 54 dello scorso 22 marzo, la quale aveva ricevuto il placet di tutta l’amministrazione.

    Spunta La Gamba

    Piccolo particolare: il referente regionale di CulturaIdentità è Pasquale La Gamba, già vicesindaco nel 2010 (quando il fratello di Michele Falduto, Nuccio, era assessore) e attuale responsabile provinciale di Fdi. Cioè lo stesso partito dell’assessore e di suo fratello, già candidato regionale. Un particolare che, stando a rumors interni all’amministrazione, avrebbe mandato su tutte le furie la sindaca Limardo.

    Quando Spirlì era con Giorgia

    «Si svolgeranno nella città di Vibo Valentia due giornate che mirano alla promozione turistica culturale delle identità calabresi» si legge nell’allegato alla delibera di Giunta in riferimento al VI Festival di CulturaIdentità.
    Il cofondatore dell’associazione è l’ex presidente facente funzioni della Regione Nino Spirlì, che all’epoca era il responsabile regionale cultura di Fdi.

    Spirlì, Orsomarso & co, tutti alla corte di Giorgia

    Quest’ultimo, nel 2018 accolse così La Gamba: «#CulturaIdentità si arricchisce di un’altra elegante personalità, figlia di questa Terra di Calabria. Pasquale saprà nobilitare la nostra convinta lotta quotidiana contro l’arroganza e la volgarità, che stanno minando, ormai da troppo tempo, il ricco patrimonio Culturale e Identitario della regione».

    Sovranisti alla carica

    Una delle parole d’ordine dell’associazione è Liberare. Cioè: «Liberiamo la cultura dal regime di menzogne del politicamente corretto, dalle soggezioni conformiste della lobby radical chic e dalla globalizzazione dei cervelli”. L’altra è Riordinare, nel senso del ricominciare «dall’ovvio, dal normale, dall’ordine naturale delle cose. Rifiutiamo il finto umanitarismo livellatore, eterofobico».

    La Gamba family & Nesci

    Una ulteriore determina dirigenziale, sempre a firma Adriana Teti e sempre dello scorso 14 giugno, ha affidato direttamente, sempre su propulsione dell’assessore meloniano Michele Falduto, altri 15mila euro all’associazione culturale Elice per il primo premio Jole Santelli nell’ambito del Festival Calabria delle Donne, di cui è direttrice artistica la archeologa Mariangela Preta, moglie del citato La Gamba e consigliera per il patrimonio culturale della sottosegretaria al Sud in quota M5S, Dalila Nesci.

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    L’archeologa e la sindaca: da sinistra, Mariangela Preta e Maria Limardo

    Sul piede di guerra i consiglieri comunali di M5S, Pd, Progressisti per Vibo e Coraggio Italia. Questi gruppi chiedono in una nota: «Non essendo stata fatta una manifestazione di interesse, i rapporti tra l’assessore al ramo di Fratelli D’Italia e le associazioni hanno inciso su tali scelte?». Piccolo particolare: non hanno firmato il comunicato i due consiglieri comunali di Vibo Democratica Marco Miceli e Giuseppe Policaro. I due, guarda caso, sono, come Preta, consiglieri di Nesci. Tace, invece, la sindaca.

  • L’anatra zoppa in salsa catanzarese e il consiglio dei soliti voti

    L’anatra zoppa in salsa catanzarese e il consiglio dei soliti voti

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    Le elezioni del capoluogo di Regione erano le più attese e le più discusse con un centrodestra diviso tra faide personali, giochi nazionali e uno sguardo alle imminenti politiche. E il centrosinistra? Piazze piene, urne non altrettanto.

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    Nicola Fiorita con l’ex presidente del Consiglio e adesso leader del M5S, Giuseppe Conte

    Il ballottaggio

    I risultati ci consegnano un capoluogo tendenzialmente di centrodestra, pur mandando al ballottaggio due docenti di  centrosinistra e sinistra: Valerio Donato, che ha stracciato poco prima della competizione elettorale la tessera del Pd ma avrebbe certamente fatto il candidato sindaco dei dem; e Nicola Fiorita che non è mai stato iscritto al Pd ed in passato ne è stato avversario.
    Quello che caratterizza Fiorita è la capacità di attrarre il voto disgiunto a suo favore, oltre sei punti percentuali (a fronte degli oltre dieci del 2017) rispetto alla coalizione che lo sostiene. Per lui l’impronta civica prevale nettamente. Le “sue” liste Cambiavento e Mo’ che toccano rispettivamente il 7,35% e il 7,23%, a fronte di un Pd che raggiunge il 5,8 (nonostante big e portaborse piazzati in lista per la battaglia elettorale) e un M5S che raggiunge il 2,77%.

    Molto diversa la figura di Donato che ottiene otto punti percentuali in meno rispetto al risultato ottenuto dalle liste della sua coalizione. Una coalizione capitanata dal presidente del Consiglio regionale Filippo Mancuso, che si dimostra il più grande “tutore” politico di Valerio Donato. Ha messo a tacere i malumori leghisti (in due liste civiche oltre al simbolo mancano i militanti ”storici” del Carroccio), il deputato Domenico Furgiuele e lo stesso Matteo Salvini, che non si è fatto vedere per come desiderato dal candidato sindaco. Il risultato, però, si è palesato. La lista Alleanza Per Catanzaro ottiene il 7,56%, mentre Prima L’Italia il 6,38%.

    Catanzaro: anatra zoppa in vista

    Le dieci liste di Valerio Donato, però, avendo ottenuto il 52,3% hanno portato ad una situazione abbastanza atipica. Si chiama “lame duck” o “anatra zoppa”, praticamente non scatta il premio di maggioranza e, pertanto, spettano meno seggi alla coalizione donatiana che, se vincerà, si troverà ad avere una maggioranza risicata ma, qualora vincesse Nicola Fiorita al ballottaggio, sarebbe un sindaco di minoranza. Non un grande problema in una città dove regna politicamente il trasformismo e il trasversalismo più perverso.

    Nel 2010 a Lamezia Terme il sindaco Gianni Speranza governò con una maggioranza di centrodestra. Nel 2018 ad Avellino il sindaco del Movimento 5 Stelle governò con una maggioranza di centrosinistra. Dal 2021 a Latina il sindaco di Pd-M5S governa con una maggioranza di Lega, Fi e Fdi. Anatra zoppa potrebbe realizzarsi ora a Molfetta che va anch’essa al ballottaggio.

    Difficilmente, quindi, consiglieri comunali neo-eletti dopo una campagna elettorale estenuante, manderanno a casa un sindaco su due piedi, a prescindere da chi a Catanzaro la spunterà al ballottaggio. Una competizione che vede favorito Valerio Donato sui numeri (nonostante il segnale politico di “sfavore” arrivatogli dal voto disgiunto) ma, come ha ricordato sui social Antonello Talerico, nel 1994 Benito Gualtieri partì sfavorito con 9 punti in meno rispetto a Zunzio Lacquaniti, superandolo poi di 3500 voti al ballottaggio. La partita, quindi, è aperta.

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    Il presidente dell’Ordine degli avvocati di Catanzaro, Antonello Talerico

    E le altre destre?

    Citando i risultati del 1994, il presidente dell’Ordine degli avvocati di Catanzaro, Antonello Talerico, ha anche annunciato: «La storia si ripeterà, è già segnata», chiarendo già che sarebbe impossibile un suo appoggio alla coalizione sostenuta dalla sua nemesi politica, il senatore e coordinatore regionale di Forza Italia, Giuseppe Mangialavori. Insomma, una resa dei conti anche personale. Talerico, però, porta in dote un abbondante 13,1%, risultato rivendicato anche dal leader nazionale di Azione, Carlo Calenda (che elegge il segretario provinciale, Raffaele Serò, candidato in “Io Scelgo Catanzaro”), ma anche dal leader di Noi Con L’Italia, Mimmo Tallini. Un bottino certamente ambito e ricercato, che Nicola Fiorita dovrà riuscire a carpire con un valido accordo politico. «Vogliamo incidere sull’amministrazione» è il diktat di Talerico.
    Per quanto riguarda Wanda Ferro, invece, il risultato è stato certamente ragguardevole con un 9,16% (in linea con il risultato ottenuto a Catanzaro città alle regionali) a fronte del 4,82% della lista.

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    Wanda Ferro con la leader nazionale di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni

    Certo, se i consiglieri comunali uscenti legati al consigliere regionale Antonio Montuoro –  tra cui la sua portaborse Roberta Gallo e i parenti degli altri suoi portaborse Antonio Angotti, Emanuele Ciciarello, oltre che a Luigi Levato, candidati nella lista Progetto Catanzaro di Valerio Donato – , avessero “foraggiato” di consenso Fratelli D’Italia, quest’ultima lista avrebbe raddoppiato il risultato. Loro hanno ottenuto 2692, superando i 2777 raccolti dalla singola lista a sostegno di Wanda Ferro.

    Giorgia Meloni risponde pubblicamente a Matteo Salvini dicendo che il centrodestra non è stato unito nei territori, tra cui Catanzaro, «per motivi locali». Wanda Ferro, invece, quasi fosse una partita di ping-pong, specifica che ad orientare Fratelli D’Italia al ballottaggio sarà il ragionamento complessivo fatto dai leader nazionali. Tutto fa pensare, però, che una manina a Valerio Donato arriverà a prescindere.

    La restaurazione in consiglio comunale

    Quello che non vedremo al secondo turno, però, sarà un surplus di impegno dei consiglieri comunali “in bilico”, essendo i giochi già fatti per quanto concerne i seggi. La composizione (potenziale, fino alla proclamazione) del nuovo consiglio comunale, però, è molto simile alla precedente per cui chi parla di “rinascita”, si troverà di fronte un’assise all’insegna della restaurazione.
    Salvo errori, omissioni e potenziali ricorsi, la coalizione di Valerio Donato avrà 18 seggi, una maggioranza risicata, dove oltre a Donato stesso, entrerebbero per Alleanza per Catanzaro gli ex consiglieri di Svolta Democratica, oggi novelli pseudo leghisti, Eugenio Riccio e Manuel Laudadio (quest’ultimo è il figlio dell’ex consigliere e assessore regionale Franco Laudadio). Con loro ritorna in aula (dove è presente, al pari di Riccio, da oltre 15 anni), Rosario Mancuso.
    Con l’altra lista leghista, Prima l’Italia, viene rieletto l’ex esponente di centrosinistra con Calabria in rete ed ex assessore comunale, Rosario Lostumbo, oltre alla new entry Giovanni Costa.
    Con Progetto Catanzaro tornano in aula i già citati ex forzisti ora “montuoriani” Emanuele Ciciarello e Luigi Levato. A casa, invece, la portaborse Roberta Gallo e l’uscente Antonio Angotti. Flop per l’ex candidato regionale Gianluca Tassone, figlio del democristiano Mario.
    Con Catanzaro Azzurra vince la coppia Marco Polimeni e Alessandra Lobello, che rientrano in consiglio comunale. Fuori, invece, gli amministratori uscenti Ezio Praticò, Danilo Russo e Concetta Carrozza.
    Con la lista Riformisti Avanti, ispirata dai fratelli Fabio e Roberto Guerriero, con l’ottimo risultato del 5,56%, entrano l’ex candidato regionale di Forza Azzurri (ma sostenitore del centrosinistra nel 2017) Giorgio Arcuri, e l’ex esponente di Fare per Catanzaro, Stefano Veraldi.

    La lista Cambiamo! di Giovanni Toti riporta in Consiglio l’ex talliniana Manuela Costanzo e l’ex portaborse ed ex assessora comunale Lea Concolino (ora vicina a Francesco De Nisi). La lista Fare per Catanzaro riporta in Consiglio il suo leader Sergio Costanzo, che rimane il più votato in città con 1195 preferenze. Silurata, invece, la sua ex compagna di viaggio, l’uscente Cristina Rotundo.
    Rispetto alle liste dei partiti del centrodestra (e di quella di centrosinistra dei Guerriero), la lista del candidato sindaco, Rinascita si ferma al 4,93% portando in consiglio l’ex Presidente del CdA del Sant’Anna Hospital, Gianni Parisi. Fuori l’ex esponente Udc e consigliere uscente Giovanni Merante, l’ex segretario Pd Antonio Menniti e l’ex grillina Roberta Canino.

    Italia al Centro piazza Francesco Scarpino, già consigliere comunale “abramiano” di due consiliature fa. Rientra con la lista Volare Alto, invece, il consigliere comunale uscente Antonio Corsi.

    Sinistra amarcord

    Più indietro il centrosinistra. Il campo largo è, per ora, solo decantato. La coalizione di Nicola Fiorita avrà 9 seggi incluso il suo. Ritorna in aula con la seconda elezione in Cambiavento, Gianmichele Bosco, già esponente di Potere al popolo e tra i fedelissimi del candidato sindaco. Con lui Vincenzo Capellupo, già consigliere comunale nel Pd dal 2012 al 2017. La new entry (una delle poche dell’assise) è la docente di diritto romano della Umg, Donatella Monteverdi.
    Ritorna in aula con la lista la docente Daniela Palaia e Tommaso Serraino, quest’ultimo sostenuto dall’ex consigliere comunale di centrodestra Roberto Rizza.
    Il Pd si ferma al 5,8%, ma riesce ad eleggere due consiglieri. Fa il botto di preferenze la ex candidata regionale e ora presidente regionale del Pd Giuseppina Iemma e segue il segretario cittadino Fabio Celia, già consigliere comunale di Fare per Catanzaro in una parte della scorsa consiliatura. Flop, invece, per l’ex coordinatore cittadino Salvatore Passafaro, che non viene eletto.

    La presidente regionale del Pd, Giuseppina Iemma con il segretario regionale Nicola Irto

    Con il 2,77% il Movimento 5 Stelle entra per la prima volta in consiglio comunale con l’ex consigliere dell’Italia dei Valori, Danilo Sergi, che porta a casa 434 preferenze, a fronte delle 236 del capolista Francesco Mardente. Da rilevare il ruolo di mero riempilista dell’ex coordinatore provinciale di Catanzaro (per la campagna elettorale regionale) Pietro Maria Barberio con 0 voti. Infine, la lista Catanzaro Fiorita con il 2,7% dovrebbe eleggere l’esponente socialista Gregorio Buccolieri.

    Gli altri…

    Determinante per i futuri assetti dell’assise sarà Antonello Talerico che, oltre a se stesso, e al già citato coordinatore di Azione, Raffaele Serò, riporta in consiglio comunale l’ex azzurra Giulia Procopi, ora con Noi con l’Italia. Dovrebbe entrare con Catanzaro al centro anche il giovane Antonio Barberio. Fuori l’ex capogruppo del Pd Lorenzo Costa, oggi leader del movimento di centrodestra Officine del sud che fa capo al notabile di centrodestra Claudio Parente. Flop per l’ex assessore comunale Mimmo Cavallaro, candidato nella stessa lista, fermo a 88 voti.
    Con Fratelli D’Italia dovrebbe “scattare” solo il seggio a Wanda Ferro, che ritorna in consiglio comunale dopo 11 anni. Nella consiliatura iniziata nel 2006 governava il centrosinistra di Rosario Olivo, che la stessa Ferro votò al ballottaggio insieme a Michele Traversa contro l’ex Udc, Franco Cimino. Da segnalare che qualora la Ferro lasciasse il seggio comunale, le subentrerebbe Anna Chiara Verrengia, figlia di Emilio Verrengia, ex consigliere provinciale dell’Udc e poi di Forza Italia.
    Insomma, una assise con ben poche sorprese, tra blocchi di consenso consolidato e nepotismo, tutto un grande minestrone di Consiglieri che si sono “piazzati” e sono certamente pronti a sostenere qualsiasi sindaco uscirà vincitore dal ballottaggio.

  • Cirò Marina, il padel dei Farao finisce in Parlamento

    Cirò Marina, il padel dei Farao finisce in Parlamento

    Numerose testate giornalistiche hanno ripreso la notizia data da I Calabresi sulla licenza per il campo da padel che il Comune di Cirò Marina ha concesso alla società “Signor Padel srls” di Giuseppe Farao, condannato in primo grado per associazione mafiosa e figlio del boss dell’omonimo clan al centro del processo “Stige”. Ma ha avuto strascichi ulteriori, che rischiano di “inguaiare” l’amministrazione guidata dal presidente della Provincia di Crotone Sergio Ferrari.
    Già, perché  Francesco Sapia, deputato di Alternativa, ha proposto una formale interrogazione parlamentare sul caso alla ministra dell’Interno Luciana Lamorgese in cui invoca la commissione di accesso antimafia. Ma procediamo per gradi.

    Cirò Marina e il padel di Farao: la riunione di mezzanotte

    Nella tarda serata dello scorso primo giugno, subito dopo la pubblicazione dell’inchiesta de I Calabresi, sulla pagina Facebook “Sergio Ferrari – Sindaco” è comparso un post con l’hashtag #INDIRETTADALCOMUNE. Il primo cittadino specificava, anche a nome di tutta l’amministrazione, di aver «immediatamente convocato gli uffici». Così come di avere «richiesto delucidazioni in merito alla procedura ed all’istruttoria propedeutica al rilascio del permesso». Chiariva poi che «nell’immediatezza, nella sollecitata attività di riesame, l’Ufficio Tecnico ha ritenuto avviare procedimento di revoca in autotutela del già citato permesso, sospendendo nelle more ogni effetto». Affermava, infine, di voler «adottare ogni provvedimento necessario, nei confronti dell’Ufficio Area Urbanistica e del Responsabile, in assoluta aderenza alle linee di indirizzo, che sono valse sin dall’insediamento di questa Amministrazione».

    Il sindaco Sergio Ferrari è anche presidente della Provincia di Crotone

    Insomma, il sindaco ha prontamente annunciato con un post di mezzanotte la revoca della licenza edilizia concessa a Farao il giorno stesso. In effetti, come si legge nel permesso di costruire, il numero 18 del 1 giugno 2022, è in quella medesima data che è stata fatta l’ultima verifica (quella di regolarità tributaria) prima della concessione della licenza a firma del responsabile dello sportello unico per l’edilizia, Raffaele Cavallaro.

    La reazione dopo lo stop

    L’uscita di Ferrari ha indotto in escandescenza Giuseppe Farao, che ha replicato pubblicamente nell’immediatezza al post del Sindaco (dal profilo Facebook del fratello Vincenzo, ma a sua firma). Farao ha annunciato: «Denunceremo il tutto, compresi tutti i veri ‘abusi’ che ogni giorno sono sotto gli occhi di tutti. Lei signor sindaco non può parlare pubblicamente di revoca (da guardare la normativa) solo per dimostrare qualcosa… Bisogna indagare se il tutto è fatto nella massima legalità prima di infamare, anche lei, perché in un qualche modo l’ha appena fatto. La legalità non è solo una semplice parola».

    Poi ha aggiunto in un secondo post: «Ci tengo a precisare che la licenza edilizia richiesta e concessami in data 1/6/22 è stata controllata e rivoltata come un calzino prima che mi venisse consegnata con tutta la documentazione prevista dalla legge a differenza di altre. Per quanto riguarda le misure adottate dal sindaco revocandomi la stessa, posso solo limitarmi a dire che se è giusto o meno si vedrà nelle sedi competenti in quanto tutto è stato nell’immediatezza denunciato alle autorità».

    Entrambi i post hanno ricevuto numerosi like da parte di concittadini di Farao e commenti solidali. Contattato direttamente da I Calabresi tramite il profilo Facebook da lui utilizzato per comunicare, ossia quello del fratello Vincenzo Farao, alla domanda se volesse chiarire meglio la sua posizione rispetto a quanto scritto al sindaco e rispetto a quanto scritto nella nostra inchiesta, Giuseppe Farao ha espressamente declinato l’invito.

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    Il permesso rilasciato dal Comune di Cirò marina alla Signor Padel Srls di Giuseppe Farao

    Il Comune di Cirò Marina revoca la licenza per il padel di Farao

    In effetti, il sindaco è stato (in parte) consequenziale. Con un provvedimento dell’Ufficio Area Urbanistica del Comune di Cirò Marina del 3 giugno scorso, firmato dall’architetto Raffaele Cavallaro, che questa volta si firma come “responsabile Area Tecnica”, lo stesso si autonominava responsabile del procedimento. Quindi inviava la comunicazione di avvio dell’iter di revoca del permesso di costruire alla Signor Padel Srls di Giuseppe Farao (concessa solo due giorni prima). Con che motivazione? Secondo «l’art. 12 delle norme tecniche di attuazione del PRG, per la zona B non prevede la destinazione d’uso indicata nel progetto presentato di cui al permesso di costruire».

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    Gli impianti della “Signor Padel Srls” (foto dal sito aziendale)

    E questo è vero perché il terreno a Cirò Marina sul quale dovevano sorgere i campi da padel – di proprietà di Antonietta Garrubba, moglie di Giuseppe Farao e socia unica della Signor Padel Srls – risulta qualificato al catasto come “Uliveto”. Difficilmente una tale qualificazione urbanistica avrebbe potuto portare alla costruzione di una attività commerciale. Nonostante questo, il loro sito PadelCiromarina.it è stato aggiornato ed il progetto viene indicato come “in esecuzione”.

    Da aggiungere un particolare non di secondo rilievo. L’Ansa il 3 giugno riporta un virgolettato attribuito al Comune di Cirò Marina. Stando all’agenzia, «per mero errore materiale non è stato chiesto il Bdna (il certificato antimafia, ndr) così come previsto dalla normativa vigente». Invece, in un articolo de Il Quotidiano Del Sud del giorno successivo, si legge quest’altro virgolettato: «Il certificato antimafia? Lo avevamo dimenticato».

    In attesa che si calmino le acque

    Col decreto numero 14 del 3 giugno 2022 il sindaco Sergio Ferrari ha revocato un suo precedente decreto, il numero 9 che lo scorso 19 aprile aveva attribuito all’architetto Raffaele Cavallaro (firmatario del permesso di costruire a Farao) la titolarità della posizione organizzativa dell’Area Urbanistica. E lo revocava, si legge nel decreto pubblicato sull’Albo pretorio, per «accertate situazioni non in linea con gli obiettivi desumibili dal programma amministrativo del Sindaco e ravvisate particolari inadempienze amministrative».

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    Raffaele Cavallaro

    Il sindaco, però, non revocava il decreto numero 7, emanato sempre il 19 aprile, che conferiva all’architetto Raffaele Cavallaro l’incarico triennale di “Istruttore Direttivo Tecnico – cat. D, Pos. Econ. D1” ai sensi dell’articolo 110, comma 1 del Tuel. Un incarico, quindi, fiduciario, espressamente revocabile “per risultati inadeguati”.
    Pertanto, il funzionario comunale che – quale responsabile dello sportello unico dell’edilizia, dell’area tecnica e dell’area urbanistica – avrebbe dimenticato di chiedere il certificato antimafia ad un condannato per mafia del medesimo paese, è stato, di fatto, confermato nell’incarico che necessita della fiducia di Ferrari.

    Lo stesso Cavallaro, inoltre, benché privato della posizione organizzativa (e, quindi, del potere di firma quale responsabile), è rimasto nel medesimo ufficio ad occuparsi delle medesime incombenze. E rumors interni riportano come lui dichiari di aver ricevuto solo una mera sospensione temporanea «in attesa che si calmino le acque».

    Sapia porta il caso in Parlamento: l’interrogazione alla ministra Lamorgese

    Invece, la questione continua a tener banco, non reggendo la scusa della “carenza di organico”, essendo recentemente rientrata dalla maternità l’impiegata del settore Lavori pubblici Bina Fusaro.
    Da precisare, inoltre, che il precedente responsabile dell’Ufficio tecnico del Comune di Cirò Marina, l’ingegnere Giuseppe Rocco Crispino di Monterosso Calabro, ha rassegnato le proprie dimissioni volontarie lo scorso aprile, due settimane prima della richiesta concessoria avanzata da Giuseppe Farao.
    «Nessun motivo particolare e nessuna pressione» ha dichiarato a I Calabresi l’ingegner Crispino, ora assunto a Sant’Eufemia D’Aspromonte.

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    Francesco Sapia (Alternativa)

    A volerci veder chiaro, però, è il deputato di Alternativa, Francesco Sapia, che con una interrogazione scritta alla ministra dell’Interno Luciana Lamorgese si chiede come sia stato possibile che l’Ufficio tecnico di Cirò Marina abbia “dimenticato” di chiedere il certificato antimafia ad un condannato per associazione mafiosa, congiunto del boss a capo di uno dei clan calabresi tra i più efferati secondo l’ultima relazione della Dia. Lo stesso Sapia chiede lumi sulla permanenza nell’ente comunale dell’architetto Raffaele Cavallaro. E chiede di sapere, altresì, se il Ministero e la Prefettura intendano promuovere l’accesso antimafia previsto dal Testo Unico sugli Enti Locali. Insomma, un nuovo macigno su un Comune già sciolto nel 2018 per infiltrazioni mafiose in cui si deve rilevare il totale silenzio dell’opposizione cittadina e dei rappresentanti regionali e nazionali del territorio. Attendiamo nuovi riscontri.

     

    **********

    La versione iniziale dell’articolo riportava tra i cofirmatari della concessione, oltre a Raffaele Cavallaro, la dipendente comunale Marina Ceraudo.
    Quest’ultima, però, ha siglato il provvedimento nella sola qualità di responsabile della pubblicazione degli atti, senza rivestire ulteriori ruoli durante l’iter amministrativo.
    Ci scusiamo con la diretta interessata e i lettori per le eventuali incomprensioni che il dettaglio potrebbe aver ingenerato.

  • Civismo addio: ora Voce se la fa con gli azzurri

    Civismo addio: ora Voce se la fa con gli azzurri

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    Dio è morto, Marx è morto e anche il civismo non si sente molto bene. Il riadattamento della celebre battuta aiuta a comprendere il declino del civismo calabrese.
    Il civismo è riesumato ad ogni campagna elettorale, comunale e regionale, come un “valore aggiunto”. Ma, alla prova dei fatti, quasi inesistente dato che nei momenti di bisogno (o di difficoltà) è proprio ai partiti che ci si appiglia.
    È il caso di Crotone, dove Vincenzo Voce, unico sindaco espressione del movimento Tesoro Calabria di Carlo Tansi, ha visto sgretolarsi tra le mani la maggioranza civica che lo ha portato alla vittoria poco più di un anno e mezzo fa. E che gli garantiva 21 voti sui 11 della minoranza.

    Vincenzo Voci in Consiglio comunale

    Crotone: collassa la maggioranza di Voce

    Nel settembre 2020 furono quattro le liste a sostegno di Voce: Tesoro Calabria, Crotone Cambia, Città Libera e Stanchi dei soliti. L’aspirante sindaco incassò anche il sostegno di Elisabetta Barbuto, la parlamentare più ricca della Calabria in quota M5S, e della collega senatrice Margherita Corrado. La cosa provocò una spaccatura tra i grillini, che si presentavano ufficialmente come rivali dei tansiani.
    Anche la coalizione civica scricchiolò da subito.

    La senatrice grillina Elisabetta Barbuto

    I tansiani si dividono: Tesoro Crotone resta con Voce

    Tesoro Calabria si scisse immediatamente formando un secondo gruppo: Tesoro Crotone. Al suo interno la consigliera Paola Liguori, a capitanarlo invece Dalila Venneri.

    Venneri si candidò alle scorse Regionali con Luigi De Magistris, facendo nascere in consiglio regionale a febbraio il monogruppo De Magistris Presidente, con tanto di benedizione dello stesso ex pm e del consigliere regionale Antonio Lo Schiavo. Entrambi i gruppi sono rimasti in maggioranza.

    La ex tansiana (poi demagistristiana) Dalila Venneri

    Spuntano i renziani

    La consigliera comunale Giada Vrenna, eletta con Crotone Cambia, invece, ha costituito il monogruppo di Italia Viva. «Manifesto il mio entusiasmo nell’aderire e costituire il gruppo di Italia viva in seno al Consiglio comunale della mia città. Ho visto nel partito di Matteo Renzi lo strumento migliore per mettere la persona al centro dell’azione politica»: così dichiarò Vrenna pochi mesi dopo le elezioni. Ma restò in maggioranza, tra lo sconcerto di colleghi reduci da una campagna elettorale giocata contro i partiti.

    Giada Vrenna, dal civismo alla corte di Renzi

    Ex tansiani all’opposizione

    Poi ci sono quattro eletti con Tesoro Calabria: Anna Maria Cantafora, Salvo Riga, Vincenzo Familiari e Nicola Corigliano. Questi hanno costituito il gruppo Un’altra Crotone due mesi fa. Nell’occasione hanno dichiarato: «Non è andata come pensavamo, non abbiamo saputo spenderci per la nostra città perché Tesoro Calabria è solo il gruppo autoreferenziale di Carlo Tansi».
    Non finisce qui: gli ex tansiani si son recentemente collocati all’opposizione assieme a Fabrizio Meo e Carmen Giancotti (che lo hanno fatto fin dalle prime sedute dell’assise pitagorica pur non cambiando gruppo). Il tutto con stoccate a mezzo stampa nei confronti del sindaco. L’ultima è quella di Cantafora. La quale, ha chiesto l’azzeramento della Giunta (dopo il mini rimpasto dello scorso febbraio col siluramento dell’ingegnere Ilario Sorgiovanni, vicino alla Barbuto) e ha provocato la risposta stizzita di Enzo Voce.

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    Anna Maria Cantafora, ex tansiana e ora oppositrice

    Voce s’arrabbia

    Voce ha replicato così: «Il sindaco, gentile consigliera Cantafora non accetta ultimatum, anzi penultimatum. Perchè di questo si tratta: un penultimatum per sondare il terreno, a discapito dell’interesse dei cittadini ma supportato solo da interessi di natura personali. Un penultimatum che non ha nessuna base politica. Il conto alla rovescia non è iniziato, gentile consigliera Cantafora. È già finito»

    Niente soccorso rosso…

    In vista delle Provinciali, Voce si era avvicinato al Partito democratico. Tant’è che si candidò alla presidenza della Provincia con la lista Per il Territorio, costituita tutta da dem (l’unico eletto di quella lista, il cirotano Giuseppe Dell’Aquila, ha infatti costituito il gruppo Pd nella provincia di Crotone). Peccato che proprio alcuni sindaci e amministratori di riferimento del Pd in quell’occasione votarono a destra, tentando il delitto (politico) perfetto nei confronti di Voce.
    Il sindaco, invece, è apparso rafforzato nel post-provinciali lo scorso dicembre. Ma ora, dopo la frattura definitiva con i quattro di Tesoro Calabria, Carlo Tansi, ha dichiarato sui social: «Se qualche traditore farà cadere il sindaco Enzo Voce, avrà la responsabilità di aver riconsegnato Crotone alla ’ndrangheta prima dell’arrivo della valanga di soldi PNRR».

    … Ma arriva quello azzurro

    Ora, però, è emerso sulla scena pitagorica l’ingresso in maggioranza di Forza Italia, con il placet del deputato Sergio Torromino e della consigliera regionale Valeria Fedele.

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    Sergio Torromino, il manovratore azzurro

    Stando a rumors insistenti e alla luce delle riunioni dirette da Mario Megna coordinatore cittadino di Forza Italia (e portaborse della Fedele), un gruppetto di consiglieri sarebbe pronto a fare da “stampella” a Voce. Va da sé, in maniera “organica”, cioè in cambio di poltrone.
    Megna ha trascorsi movimentati: ex vicesindaco del Pd ed ex consigliere cicontiano espressione di Svolta democratica (ancora prima dell’Idv e del Pdm), è oggi presidente della Commissione trasparenza del Comune.

    Totopoltrone e gettoni per Forza Italia

    Megna bramerebbe la poltrona di presidente del Consiglio. Mentre Fabiola Marrelli e Carmen Giancotti, si contenderebbero l’assessorato alle Politiche sociali al posto della traballante Filly Pollinzi.
    Se si tiene conto che l’indennità del presidente del Consiglio è passata da gennaio a 5.120 euro lordi, mentre quella di assessore a 4.096 euro lordi, si capisce che queste postazioni sono ambite.

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    Mario Megna

    Li seguirebbero anche Antonio Manica, fedelissimo di Torromino, e Andrea Tesoriere, vicino a Roberto Occhiuto (il padre, Ottavio Tesoriere, è stato candidato alle ultime regionali con Forza Azzurri), già protagonista di un documento di sfiducia a Voce naufragato mesi fa.

    Poche idee, ma confuse

    Piccolo particolare: Fabiola Marrelli aveva diramato giusto sei mesi fa una nota stampa in cui si indignava per gli «avvicinamenti per entrare in maggioranza». Più di recente, invece, la consigliera ha dichiarato in una intervista al Quotidiano Del Sud: «Oggi il Comune un commissariamento non se lo può permettere». Ma una settimana prima aveva firmato una nota in cui diceva: «Noi come forze di opposizione moderate, popolari e liberali non possiamo che essere consequenziali. La città merita un nuovo inizio». Insomma, molta confusione.

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    Fabiola Marrelli

    Tansi e De Magistris masticano amaro

    Luigi De Magistris e Carlo Tansi, che hanno i propri rappresentanti nel Consiglio di Crotone, faticano a “digerire” questa degenerazione del civismo.
    Tansi, interpellato da I Calabresi, alla richiesta di una dichiarazione sull’allargamento della maggioranza civica di Crotone a Forza Italia ha risposto: «Preferisco di no. La situazione è molto delicata». Più netto, il consigliere regionale di De Magistris Presidente ha risposto: «Meglio di no». Nessuna risposta da Luigi de Magistris. Il deputato forzista Sergio Torromino è pronto ad intestarsi politicamente il cambio di colore dell’amministrazione Voce. Con la più classica delle scuse: il «bene della città».

  • Cirò Marina, il padel dei Farao con il permesso del Comune

    Cirò Marina, il padel dei Farao con il permesso del Comune

    Su Cirò Marina, come è noto, quattro anni fa si è abbattuta la scure giudiziaria della Dda di Catanzaro. L’operazione “Stige” ha colpito fortemente il clan Farao-Marincola, egemone su quel territorio ma con ramificazioni nel crotonese, in Germania e, soprattutto, nel Nord Italia, come sottolineato nell’ultima relazione della Dia del 2021.

    Il processo Stige

    Stige «è una delle più grandi operazioni degli ultimi 23 anni per numero di arrestati» disse il procuratore Nicola Gratteri subito dopo l’operazione. E aggiunse che «ormai nelle istituzioni locali la ‘ndrangheta ha messo suoi uomini funzionali agli interessi dell’organizzazione criminale». Difatti, Stige portò agli arresti anche il sindaco di Cirò Marina e presidente della Provincia di Crotone, Nicodemo Parrilla, poi condannato in primo grado per concorso esterno. Non c’era di mezzo solo la politica, però. Le ramificazioni ‘ndranghetistiche si estendevano nei più svariati settori. Lo stesso procuratore aggiunto Vincenzo Luberto spiegò: «Non possiamo più parlare di infiltrazione dei clan nella vita economica, ma siamo di fronte a una immedesimazione tra ‘ndrangheta e imprenditoria».

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    Il procuratore di Catanzaro, Nicola Gratteri (foto Tonio Carnevale)

    Sotto quest’ultimo aspetto, l’allora ministro dell’Interno Marco Minniti nella proposta allegata al decreto di scioglimento scrisse: «Gli accertamenti svolti in sede di indagini hanno interessato la cornice criminale e il contesto ambientale ove si colloca l’ente con particolare riguardo ai rapporti tra gli amministratori e le consorterie locali e hanno evidenziato come l’uso distorto della cosa pubblica si sia concretizzato nel favorire soggetti e imprese collegati direttamente e indirettamente ad ambienti controindicati». Il processo Stige ha portato ad un fiume di condanne in primo grado, mentre per molti di quelli che hanno scelto il rito abbreviato, è già giunta la condanna in appello.

    Un permesso che fa discutere

    Nel 2020 Cirò Marina è tornata alla normalità amministrativa con un voto che ha premiato l’ex assessore comunale al bilancio, simpatizzante di Forza Italia, Sergio Ferrari. Quest’ultimo ha battuto alle urne l’esponente del Pd Giuseppe Dell’Aquila. Oggi Ferrari è, al pari del suo predecessore Parrilla, presidente della Provincia di Crotone.

    Il sindaco Ferrari con il sottosegretario Dalila Nesci

    Il sindaco di Cirò Marina non si esime dal partecipare ad iniziative sulla legalità. Per esempio era di recente al convegno cittadino “Sport: giovani e legalità”, alla presenza, tra gli altri, della prefetta di Crotone Maria Carolina Ippolito e del colonnello della Legione Carabinieri del Comando Provinciale di Crotone, Gabriele Mambor. Ma ha ricevuto anche la visita dello scorso ottobre della sottosegretaria al Sud, la pentastellata Dalila Nesci. Il tema quel giorno era la necessità di «coniugare legalità e sviluppo».

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    Il permesso rilasciato dal Comune di Cirò marina alla Signor Padel Srls di Giuseppe Farao

    Farà discutere ora, però, un permesso di costruire (il numero 18 del 1 giugno 2022) rilasciato per l’intervento di “realizzazione di una tensostruttura da adibire a campo da Padel con relativi servizi da ubicare in Loc.ta Taverna Comune di Cirò Marina (KR)” su un terreno qualificato come “Uliveto” dal catasto.

    Padel e ‘ndrangheta

    Ad ottenerlo, previo il pagamento a favore del Comune di 9.859,43 euro di oneri concessori, è il “proprietario”, nonché amministratore unico e legale rappresentante della ditta “Signor Padel Srls”, Giuseppe Farao. A suo carico, nell’ambito del processo Stige, risulta una condanna in primo grado a 13 anni e 6 mesi di reclusione  per associazione mafiosa e trasferimento fraudolento di valori aggravato dall’agire mafioso.

    La cattura di Silvio Farao

    Giuseppe Farao è figlio del boss Silvio Farao (condannato, invece, a 30 anni nello stesso processo) ed è stato condannato anche alle pene accessorie dell’incapacità a contrarre con la pubblica amministrazione per 5 anni, all’interdizione perpetua dai pubblici uffici a all’interdizione legale durante l’espiazione della pena.

    La “Signor Padel Srls”

    Sul sito della società, contenente anche l’apposito volantino sulla prossima “nuova apertura”, si legge che il progetto Signor Padel Srls «è in fase di realizzazione, siamo in attesa di ricevere i campi per l’installazione», specificando che “I nostri campi di padel a Cirò Marina sono di ultima generazione” e che il Padel “può essere anche semplicemente un’occasione di incontro e di “ritrovo”…può essere un’attività praticata da tutta la famiglia”.

    La società, nata il 19 gennaio di quest’anno (quindi, dopo la sentenza Stige, risalente agli inizi del 2021) ha come codice Ateco 749099 “Altre Attivita’ Professionali Nca” come attività prevalente (possono rientrare, sotto questa codificazione, ad esempio, attività di intermediazione aziendale, ad esempio per la compravendita di piccole e medie imprese e attività di intermediazione per l’acquisto e la vendita di licenze d’uso) e il codice 93113 “Gestione Di Impianti Sportivi Polivalenti”, come attività secondaria.

    Farao e Garrubba, il signore e la signora Padel

    Amministratore unico e legale rappresentante dell’impresa è Giuseppe Farao (che risulta residente allo stesso indirizzo in Cirò superiore dove risultavano residenti all’epoca dell’ordinanza cautelare di Stige, i boss Giuseppe e Silvio Farao, suo zio e suo padre). Come socia unica, invece, è presente Antonietta Garrubba, sua moglie, che è anche la proprietaria del terreno (qualificato dal catasto come “uliveto” con un reddito agrario di 5,86) su cui dovranno sorgere i campi di Padel.

    Il capitale sociale conferito alla società alla sua nascita di gennaio scorso è stato di 500 euro, mentre i soli oneri concessori pagati al Comune di Cirò Marina (alla fine di aprile) per il permesso di costruire sono stati, come si è detto pari, a 9.859,43 euro.

    L’ex latitante Giuseppe Nicastri

    Il progetto, come si legge nella relativa pratica edilizia, è stato presentato dall’architetto Giovanni Ciccopiedi di Cirò superiore, che ne è anche il progettista e il direttore dei lavori. Ciccopiedi, non condannato né indagato, è il nipote di Giuseppe Nicastri, esponente di rilievo della cosca Farao-Marincola e noto pregiudicato ex latitante. Il fratello di quest’ultimo, Leonardo Nicastri, viene definito dalla Dda di Catanzaro guidata da Nicola Gratteri «medico di professione, persona particolarmente vicina ai componenti la famiglia Farao».

    Farao: prima del padel, le lavanderie

    Nella sentenza Stige si legge che «la cosca Farao-Marincola monopolizzava ‘ndranghesticamente i servizi di lavanderia industriale attraverso le società “Wash Plus s.a.s.” e la “Industrial Laundry s.r.l.” entrambe riconducibili a Giuseppe Farao (detto “Peppone”), figlio del capo-cosca promotore Silvio Farao».

    Per i giudici del Tribunale di Crotone (e per la Dda di Catanzaro), Giuseppe Farao «gestiva per conto della cosca diverse imprese, operanti nel settore della lavanderia industriale che lavoravano in regime di monopolio grazie all’appartenenza alla famiglia Farao nonché alla collaborazione di sodali appartenenti alla consorteria cirotana e altri locali affiliati».

    La Wash Plus s.a.s., società che si occupava di lavanderia industriale, nacque nel 2007 con un capitale sociale di mille euro e due soci («fasulli», disse espressamente il boss Giuseppe Farao durante un colloquio in carcere). Due anni dopo, nella compagine societaria entrò direttamente Giuseppe Farao.

    Da una società all’altra

    Il giovane nipote del boss, il 24 ottobre 2012 costituiva una nuova società operante nel medesimo settore del lavaggio industriale, la Industrial Laundry s.r.l., con capitale sociale di 25mila euro. Le quote di quest’ultima venivano poi suddivise in 17.500 in capo a lui (che era amministratore unico) e 7.500 euro in capo a Antonietta Garrubba, che divenne poi sua moglie. Pochi giorni dopo, Farao cessava la qualità di socio della Wash Plus s.a.s. e il 25 febbraio 2013, dopo soli 4 giorni dal recesso, la Wash Plus conferiva parte del suo capitale, 90mila euro, proprio alla Industrial Laundry srl di cui Farao era socio e amministratore.

    Introiti incompatibili

    «Questa successione di società nel medesimo business, è stata esercitata attraverso una serie di operazioni societarie, a seguito delle quali l’azienda della prima società è confluita nella seconda, entrambe di fatto amministrate e gestite da Giuseppe Farao come delegato della cosca», scriveva il Gip De Gregorio a fine 2017.

    Come si legge, inoltre, nella sentenza di primo grado, «con un investimento iniziale di soli 8mila euro (immediatamente rientrati sul suo conto) Giuseppe Farao nel 2013 ha acquisito la titolarità e la piena gestione di un’impresa fortemente capitalizzata (mediante conferimenti di 115mila euro oltre riserve accantonate) perfettamente avviata e senza alcuna posta passiva».

    La Wash Plus raggiunse un volume d’affari nel 2012 di 575.325 euro, mentre la Industrial Laundry di 566.283,00 l’anno successivo. Introiti, secondo giudici e inquirenti, incompatibili con la situazione reddituale di Giuseppe Farao e della moglie.

    Padel e Farao, interverrà la Prefettura?

    La legge regionale n. 9 del 26 aprile 2018 recante: “Interventi regionali per la prevenzione e il contrasto del fenomeno della ‘ndrangheta e per la promozione della legalità, dell’economia responsabile e della trasparenza” all’articolo 28 impone il rilascio del permesso di costruire previa acquisizione della comunicazione antimafia, ma solo per interventi dal valore superiore a 150mila euro. Si deve presumere, quindi, rispetto al permesso di costruire rilasciato dal Comune di Cirò Marina al figlio del boss Silvio Farao, che l’intervento richiesto inerente il progetto presentato, sia al di sotto di tale soglia.

    Vedremo nel prosieguo se, in merito all’attività societaria posta in essere da Farao quale amministratore unico della Signor Padel srls (unitamente alla moglie) la Prefettura di Crotone interverrà con una informazione antimafia ai sensi dell’articolo 91 del D.lgs. 6 ottobre 2011, n. 159 (codice antimafia), anche alla luce delle citate pene accessorie (in primis il divieto di contrarre con la P.A.) alla condanna per associazione mafiosa di Giuseppe Farao.

  • Faide, figli e portaborse: Catanzaro pronta a votare

    Faide, figli e portaborse: Catanzaro pronta a votare

    A Catanzaro – nonostante la decantata riscoperta o, comunque, il solito riscatto della “catanzaresità” tipico delle elezioni amministrative – il voto sta assumendo sempre più i tratti di una sfida nazionale. Lo dimostra l’attenzione mediatica di molte testate nazionali, decisamente maggiore a quella rilevata nella scorsa tornata del 2017. Ma anche la sfilata di leader che si sono presentati – o che a breve arriveranno – nella città dei tre colli.

    Certo, alcuni di loro (si vedano Giorgia Meloni e Enrico Letta) arrivano con la premura di mettere toppe a profondi imbarazzi. Sono lì a cercare di arginare spaccature. O, anche, a salvare il salvabile. Altri poi, come ad esempio Matteo Salvini, sono stati praticamente bollati come “indesiderati” dai relativi candidati.
    Quanto ai partiti, invece, a impazzare sono scissioni, riesumazioni, liquefazioni, sdoppiamenti, camuffamenti di simboli, giochi delle tre carte. In sintesi: un gran casino.

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    Gli assessori Danilo Russo e Alessandra Lobello con il presidente del consiglio comunale Marco Polimeni (al centro)

    Catanzaro alle elezioni: Azzurri sbiaditi

    Forza Italia è stato il partito di riferimento del ventennale sindaco Sergio Abramo. Ha dominato elettoralmente in città per decenni, ma ora si cela dietro il brand Catanzaro Azzurra, una lista a favore dell’ex Pd Valerio Donato. La capeggia il presidente del consiglio comunale uscente ed ex portaborse di Baldo Esposito: Marco Polimeni. Il senatore Giuseppe Mangialavori ha affidato a lui il coordinamento cittadino di Forza Italia dopo l’uscita dell’ex presidente del Consiglio regionale Mimmo Tallini, dell’assessore Ivan Cardamone (andati in Noi con l’Italia) e dello stesso sindaco Abramo (finito in Coraggio Italia).

    Mimmo Tallini, ex presidente del consiglio regionale

    In Catanzaro Azzurra alle elezioni si presenteranno vari assessori uscenti. Quella al Turismo, Alessandra Lobello, il cui padre, Francesco, è stato nominato autista del già citato Baldo Esposito nel 2020. Ma anche Nuccia Carrozza (Pari opportunità) e Danilo Russo (Personale). Insieme a loro, il consigliere comunale Ezio Praticò e lo storico consigliere provinciale e comunale Giulio Elia, nel 2020 nominato portaborse dell’esponente di centrosinistra Francesco Pitaro.

    Curiosità: in lista è presente il lametino Paolo Marraffa. È parente di Cettina Marraffa, già presidente del movimento apostolico sciolto dal Vaticano lo scorso anno (poco prima delle dimissioni del vescovo Bertolone) e figlio della attivista del M5S di Lamezia Terme, Dora Rocca. Insomma, di storici forzisti non se ne vedono. Sarà per questo che, finora, Roberto Occhiuto non si è pronunciato sulle elezioni amministrative di Catanzaro, limitandosi a fare gli auguri a tutti i candidati. Né risultano in programma discese di big azzurri.

    Coraggio Italia: la faida

    Coraggio Italia in Regione sostiene il centrodestra di Occhiuto. A Pizzo il centrosinistra. A Vibo Valentia si colloca all’opposizione dell’esecutivo guidato dalla forzista Maria Limardo. E a Catanzaro? È letteralmente scoppiato, facendo emergere la faida tra Sergio Abramo e Francesco De Nisi.

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    Francesco De Nisi (a sinistra) con Valerio Donato

    Il “big” Frank Santacroce, uscito dal partito dopo le Regionali e dato in un primo momento in avvicinamento alla Lega, è main sponsor di “Azione Popolare” a sostegno di Antonello Talerico. Sergio Abramo, rimasto politicamente vicino al deputato Maurizio D’Ettore e al sindaco di Venezia Luigi Brugnaro, dopo un primo avvicinamento al citato Talerico, è divenuto sponsor della candidatura della meloniana Wanda Ferro. E ha inserito (curiosamente) i candidati espressione di Coraggio Italia, come il membro della direzione nazionale Dario Gareri, nella lista con il simbolo di Fratelli D’Italia.

    Le scelte di De Nisi per le elezioni a Catanzaro

    Francesco De Nisi, consigliere regionale di Coraggio Italia, invece è divenuto il mese scorso segretario regionale di Italia al Centro. A capeggiare l’omonima lista che sostiene Valerio Donato è la consigliera comunale uscente e signora delle preferenze nel quartiere Aranceto, Anna Altomare, con il supporto attivo dell’ex assessore comunale allo sport Giampaolo Mungo, condannato in primo grado per traffico di influenze.

    De Nisi ha nominato coordinatore per Catanzaro di Italia al Centro è il consigliere comunale Andrea Amendola, ex autista del già citato Tallini e indagato per truffa nell’ambito dell’inchiesta Gettonopoli. Amendola è ispiratore della lista Catanzaro prima di tutto, formazione in cui si candidano l’assessora comunale all’Ambiente uscente Lea Concolino (il cui parente Salvatore Aloi è portaborse di De Nisi, mentre lei stessa lo è stata di Tallini negli anni scorsi) e la consigliera comunale ex talliniana Manuela Costanzo. Con loro anche Danilo Gironda, cugino di Valerio Donato e fratello del consigliere comunale Francesco Gironda rinviato a giudizio per corruzione nell’ambito del processo “Corvo”.

    Il consigliere comunale Francesco Gironda, cugino di Valerio Donato

    Viscomi si smarca

    Non farà notizia, ma occorre dirlo: il Pd si è diviso. Volti noti, storici dirigenti e amministratori sono transitati con il candidato Valerio Donato. Alcuni di loro sono candidati nella lista Rinascita e nella lista Avanti, promossa dai fratelli Fabio e Roberto Guerriero. Sono molto vicini al ministro Andrea Orlando, ma ora strizzano l’occhio a Matteo Renzi e Italia Viva.

    Antonio Viscomi (a sinistra) con Nicola Fiorita

    Sta facendo discutere tra i dem, però, il mancato apporto alla lista per le comunali, a sostegno di Nicola Fiorita, del deputato del Pd Antonio Viscomi. «Non è riuscito ad indicarci nemmeno un nome per la lista» si lamentano i dirigenti locali. Eppure, nonostante l’invito del responsabile enti locali del partito, Francesco Boccia, a candidarsi in prima persona, Viscomi se l’è data a gambe. Lapidaria la sua chiosa: «Ci si candida dove si vive». Peccato che nemmeno nella “sua” Pizzo abbia dato seguito all’invito del nazionale, a differenza della ex candidata alle regionali e oggi presidente regionale del Partito, Giusy Iemma.

    Portaborse e parenti

    A “sbarrare la strada” della Iemma su Catanzaro ci hanno pensato i malefici del Partito. Ricandidatura quindi per la giovane esponente dem Arianna Luppino, compagna dell’ex portaborse cicontiano Andrea Iemma, fratello di Giusy. A proposito di portaborse, nella lista Pd per le comunali troviamo Nadia Correale, cognata del segretario cittadino Fabio Celia (che è candidato capolista), nonché sorella di Giuseppe Correale, portaborse del consigliere regionale Ernesto Alecci.

    Il segretario provinciale del Pd Domenico Giampà con il segretario regionale Nicola Irto

    Presente anche Fabrizio Battaglia, figlio di Marziale, consigliere comunale di Isca sullo Ionio, già vicepresidente della Provincia e oggi autista del citato Alecci. Posto in lista pure per Giancarlo Devona, anch’esso portaborse di Alecci, ma con un particolare: è di Crotone, città dove è stato assessore comunale, mentre oggi il fratello Andrea è consigliere.

    Fabrizio Battaglia è il figlio di Marziale Battaglia, autista di Ernesto Alecci

    Elezioni, la balena bianca si è arenata a Catanzaro

    La collocazione dell’Udc in vista delle amministrative di Catanzaro ha riempito le pagine dei giornali locali per settimane. Da una parte, Vincenzo Speziali (con il placet del segretario nazionale Lorenzo Cesa) aveva la delega a comporre la lista in città a sostegno di Antonello Talerico. Dall’altra, il consigliere uscente Giovanni Merante e il presidente nazionale Antonio De Poli spingevano per sostenere Valerio Donato.

    Risultato: Merante è candidato con la lista espressione del candidato sindaco ex Pd, ma dello scudocrociato si sono perse le tracce su tutti i fronti. I big che si erano avvicinati al partito – come l’ex candidato regionale Baldo Esposito ed il consigliere comunale e provinciale Sergio Costanzo – hanno virato verso altri lidi. L’ex presidente della commissione Sanità alle prossime elezioni sostiene Catanzaro Azzurra. Costanzo, invece, è a capo della lista del suo movimento, Fare per Catanzaro, insieme alla consigliera uscente Cristina Rotundo.

    Sergio Costanzo con Valerio Donato (a destra)

    Anche qui, un piccolo particolare: Costanzo è a processo per truffa per la sua presunta assunzione fittizia presso l’azienda Zoomarket di Salvatore La Rosa (anch’esso imputato). Secondo gli inquirenti, Costanzo avrebbe ricevuto un rimborso complessivo, da gennaio 2016 a dicembre 2018 di 78.749,00 euro. Per questo la Giunta comunale, su proposta dell’assessore Danilo Russo (oggi, come si è detto, candidato con Catanzaro Azzurra nella stessa coalizione di Costanzo) ha deliberato con atto 275 del 22 giugno scorso di costituirsi parte civile nel processo penale (R.G.N.R. 4961/2018 pendente dinanzi al Tribunale di Catanzaro) a carico, tra gli altri, proprio del consigliere comunale Costanzo. La circostanza starebbe causando non pochi imbarazzi al candidato sindaco Donato.

    Wanda e i giovani

    Alla fine è venuta Giorgia Meloni a mettere una toppa dopo le giravolte “donatiane” di Wanda Ferro, con l’imprimatur ad una candidatura di rappresentanza partitica della commissaria regionale.
    Una candidatura “fake”, perché la deputata catanzarese ben poteva essere la candidata unitaria di tutto il centrodestra fin dalla prima seduta delle trattative ai tavoli tra i big. Ha preferito, però, concentrarsi su “trame” che hanno condotto alla creazione della candidatura di Valerio Donato (il quale, fino a poche settimane prima, ospitava le riunioni sulla candidatura di Nicola Fiorita nel suo studio), salvo poi usare come “scudo umano-politico” prima l’assessore regionale Filippo Pietropaolo poi Rino Colace, l’ex coordinatore di Noi con l’Italia.

    Luana Tassone, ex attivista del Movimento 5 stelle

    Oggi, con una sola lista composta prettamente da giovani (i portatori di voti e consiglieri uscenti vicini al consigliere regionale Antonio Montuoro sono candidati nella lista “Progetto Catanzaro” con Valerio Donato), svolge una campagna elettorale per “contarsi” (e per contare?). Tra i candidati troviamo personalità politicamente curiose come Carmen Chiefalo, commessa che sui social si dichiara di centrosinistra, Elisabetta Condello, che su Facebook scrive di lavorare come “Fan di Marco Carta”, cantante per cui, evidentemente, stravede. Ma anche l’ex attivista del M5S Luana Tassone (in lizza per diventare candidata sindaca dei pentastellati nel 2017) e l’estetista Maria Giovanna Moniaci.

    Pittelli e Pietropaolo

    Oltre loro, però, troviamo i “pittelliani”. Già, perché tra i candidati spunta Francesco Saverio Nitti, il commercialista comparso nelle intercettazioni della “vicenda Copanello” con l’ex parlamentare imputato nel maxi-processo Rinascita-Scott, Giancarlo Pittelli. Presente anche Luca De Nardo, che della figlia di Pittelli è il fidanzato.
    Gaetana Pittelli, inoltre, ha in comproprietà con l’assessore regionale Filippo Pietropaolo (usufruttuario risulta il padre Giancarlo) un immobile a Catanzaro, in piazza Roma 9. Un indirizzo non casuale, dato che la “Roma 9 s.r.l.” era la società che aveva proprio Pietropaolo quale amministratore unico.

    Luca de Nardo candidato di Fdi e fidanzato con la figlia di Giancarlo Pittelli

    Tramite la società veniva acquistato un «immobile di cui figuravano solo formalmente intestatari lo stesso avvocato Pittelli e Pietropaolo Filippo, nella qualità di amministratore unico della Roma 9 s.r.l., ma sostanzialmente destinato alla nuova allocazione dello studio Pittelli» (come si legge nel decreto di perquisizione e sequestro datato 26 novembre 2008 della Procura di Salerno, emanato nell’ambito dei procedimenti a carico delle toghe catanzaresi).

    Nessun amico da sistemare

    E se la Meloni a Catanzaro ha dichiarato che Wanda «non ha amici degli amici da sistemare» con le elezioni, allora verrebbe da chiedersi come mai il figlio di Michele Traversa, Cesare, sia portaborse dell’assessore Filippo Pietropaolo, mentre la compagna (nuora dell’ex parlamentare e sindaco) Valentina Talarico è assunta presso aziende riconducibili allo stesso assessore regionale. E verrà anche da chiedersi se il risultato che conseguiranno sarà offerto in dote dalla Ferro all’ “amico” Valerio Donato nel probabile ballottaggio, con buona parte delle critiche a Lega e Forza Italia che, per dirla alla Meloni, «non stanno nella loro metà campo».

    Cesare Traversa
  • Vuoi i voti della ‘ndrangheta? E a Cirò cala il silenzio

    Vuoi i voti della ‘ndrangheta? E a Cirò cala il silenzio

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    Sono due i candidati a sindaco del Comune di Cirò, paese che torna al voto il prossimo 12 giugno. Uno è l’uscente, l’avvocato Francesco Paletta. Già vice sindaco, assessore in passate consiliature e consigliere comunale dal 2003, Paletta sfiderà il medico Mario Sculco, che è stato presidente dell’assise civica e sostenitore dello stesso Paletta nel 2017.

    Un territorio complicato, quello di Cirò. Proprio lì c’è stata la prima amministrazione comunale sciolta per infiltrazioni mafiose in assoluto nella provincia di Crotone nel 2001. Ma anche quella che ha “fatto giurisprudenza” salvandosi dallo scioglimento del 2013 con un ribaltamento operato dal Tar del Lazio, prima, e dal Consiglio di Stato dopo nel 2015.

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    Il procuratore di Catanzaro, Nicola Gratteri

    L’operazione Stige

    Certo, dopo la maxi operazione “Stige” del 2018 della Dda di Catanzaro, che ha portato allo scioglimento dell’amministrazione della vicina Cirò Marina (città che oggi, invece, esprime nuovamente il presidente della Provincia, ma anche un consigliere regionale), l’attenzione pubblica su ciò che avviene nel Cirotano è ancora maggiore, soprattutto in occasione delle competizioni elettorali.

    «È cambiato il rapporto tra mafia e politica. Oggi i clan gestiscono direttamente la cosa pubblica» dichiarò pubblicamente il procuratore capo Nicola Gratteri a seguito della citata operazione “Stige” in cui sono rimasti coinvolti (e condannati) numerosi amministratori locali.

    Farao-Marincola: le mani su Cirò

    Già, perché a Cirò, come dimostrano molteplici operazioni di polizia, con risultanze che hanno trovato conferma in sentenze definitive passate in giudicato, non solo esiste, ma è anche operativo, pervasivo e radicato il clan Farao-Marincola.
    La sentenza “Galassia” emessa dalla Corte di Assise di Appello di Catanzaro l’11 agosto 2001, divenuta irrevocabile, sancì l’esistenza e l’operatività a Cirò e dintorni di questa associazione per delinquere armata, di tipo mafioso. A dirigerla, a partire dal 1977, e sino alla fine degli anni ’90, Nicodemo Aloe. Dopo l’uccisione di quest’ultimo, sono stati invece Giuseppe e Silvio Farao e Cataldo Marincola. Anche le operazioni “Eclissi”, “Scacco Matto”, “Dust” e “Bellerofonte” portarono alla conferma dell’esistenza del locale di Cirò.

    Le condanne di Stige

    «Siamo di fronte a un locale, quello di Cirò, antico, che partecipa al Crimine e al Tribunale della ‘ndrangheta. È una struttura così radicata nel territorio che non necessita neanche più di fare intimidazioni» ha dichiarato Nicola Gratteri. La sua Procura ha ottenuto nel processo di appello di Stige, lo scorso settembre, la condanna (in abbreviato) a 20 anni per il figlio di Silvio Farao. Per quest’ultimo e suo fratello Giuseppe, invece, una condanna (in ordinario) 30 anni di carcere in primo grado.
    Non di secondo rilievo è l’ultima relazione della Dia, risalente al primo settembre 2021 (e, quindi, post-Stige) dove si trova conferma dell’operatività dei Farao-Marincola a Cirò.

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    Silvio Farao, appartenente alla potentissima cosca di Cirò

    Legalità a Cirò

    Sia all’interno del programma elettorale “Attivamente Cirò” del sindaco uscente Francesco Paletta, sia in quello di “Progetto Cirò” di Mario Sculco, pubblicati entrambi sull’albo pretorio del Comune, non si fa alcun riferimento però a mafie e ‘ndrangheta.
    Nel programma di Paletta si legge: «Oggi più che mai si sente il bisogno di educazione alla legalità per una promozione trasparente e pulita della crescita del territorio». In un altro passaggio dice: «Legalità, trasparenza ed efficienza continueranno ad essere i punti fermi della nostra azione amministrativa».

    Continua: «Per noi la garanzia saranno i tanti progetti messi in cantiere che dovranno trovare esecuzioni nei prossimi 5 anni e continuare a mantenere un clima di serenità e legalità attraverso il rispetto delle regole uguali per tutti». Più timido in questo senso pare essere quello di Sculco, in cui si legge: «Verità, trasparenza e lealtà devono caratterizzare la macchina amministrativa ed essere alla base dello sviluppo individuale, sociale, economico e spirituale di tutti cittadini».

    Due domande

    Entrambi i candidati a sindaco sono stati contattati da I Calabresi. Abbiamo rivolto loro due domande:

    1. Prende le distanze dal clan Farao Marincola?
    2. Dichiara di non volere i loro voti e quelli delle altre mafie presenti sul territorio?

    Francesco Paletta ci ha risposto dopo un paio di giorni: «Non ho nessun rapporto né con associazioni né con cosche. Non voglio i voti di nessun tipo di mafia, di nessuna cosca, di nessuna organizzazione criminale. Ho bisogno solo dei voti dei cittadini perbene». Silenzio, invece, da Sculco.

    Lo scioglimento di Cirò nel 2001

    A guidare l’amministrazione di Cirò eletta nell’aprile del 1997 e sciolta nel febbraio 2021, pochi mesi prima della scadenza naturale della consiliatura, c’era Antonio Sculco, fratello dell’attuale candidato, all’epoca al secondo mandato ed eletto con l’80% dei voti.
    Giova premettere che a seguito di quello scioglimento, al netto di una condanna definitiva per danno erariale di cui si dirà, non c’è stata per Antonio Sculco alcuna conseguenza penale.

    In ogni caso, come ricordato da Claudio Cavaliere nel suo libro Un vaso di coccio. Dai governi locali ai governi privati: comuni sciolti per mafia e sistema politico istituzionale in Calabria (2004, Rubbettino), l’accesso antimafia disposto dal prefetto all’epoca, avvalorò la sussistenza delle ipotesi di infiltrazione, mettendo in evidenza «la stretta ed intricata rete di parentele, affinità, amicizie e frequentazioni, che vincola la maggior parte degli amministratori comunali, così come numerosi dipendenti ed esponenti delle cosche locali» e che il Tar ritenne poi che le risultanze siano state «inequivoche e rivelatrici di un inquinamento ambientale tra amministrazione e malavita organizzata».

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    Enzo Bianco, ex ministro dell’Interno

    Condizionamenti esterni

    Nel decreto di scioglimento del 2001, firmato dall’allora ministro dell’Interno, Enzo Bianco, si legge che i collegamenti tra esponenti della criminalità e gli amministratori compromettevano «la libera determinazione dell’organo elettivo ed il buon andamento dell’amministrazione di Cirò». Il documento rileva che «la permeabilità dell’ente ai condizionamenti esterni della criminalità organizzata arreca grave pregiudizio allo stato della sicurezza pubblica e determina lo svilimento delle istituzioni e la perdita di prestigio e di credibilità degli organi istituzionali». E sottolinea che «la stretta ed intricata rete di parentele, affinità, amicizie e frequentazioni, che vincola la maggior parte degli amministratori comunali così come numerosi dipendenti ad esponenti della dominante cosca locale, costituisce il principale strumento attraverso cui la criminalità organizzata si è inserita nell’ente condizionandone l’apparato gestionale».

    Antonio Sculco venne condannato dalla Corte dei conti Sezione Giurisdizionale per la Calabria con sentenza depositata il 23 ottobre 2003 (confermata dalla sezione giurisdizionale centrale il 29 settembre 2010 e divenuta definitiva con la sentenza 12902 del 2011 delle Sezioni Unite della Cassazione) per un danno erariale di 28.888,72 euro per aver contratto un mutuo da 900 milioni di lire per pagare «il prezzo di acquisto dell’immobile Castello di Cirò poi utilizzato parzialmente in spese correnti». Insomma, una distrazione di fondi acquisiti con mutuo e, quindi, una violazione delle disposizioni in tema di utilizzo delle entrate a destinazione vincolata, con alle spalle una situazione di dissesto finanziario del Comune.

    L’appoggio del Pd e del M5S a Sculco

    Volendo “politicizzare” la competizione, a fronte di Paletta, simpatizzante di Forza Italia, Sculco si caratterizza per un chiaro appoggio Pd-M5S. Significativo è stato il post su Facebook del 20 maggio 2017 sulla sua diretta discesa in campo (come consigliere al seguito di Francesco Paletta). Mario Sculco scriveva testualmente: «Non ho mai, prima d’ora, voluto saperne di fare politica in prima persona, sebbene abbia sempre seguito e appoggiato le direttive politiche impartite in ogni tornata elettorale da chi, nella mia famiglia, al contrario di me, ha sempre fatto politica attiva».

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    Flora Sculco, candidata nelle file dell’Udc alle scorse regionali in Calabria

    Alle ultime elezioni regionali ha sostenuto la candidata dell’Udc, Flora Sculco. Ora, invece, gode dell’appoggio del consigliere provinciale del Pd ed ex presidente facente funzioni della Provincia, Giuseppe Dell’Aquila. Lo stesso che a Cirò è stato consigliere comunale (eletto nella lista opposta a Sculco e Paletta nel 2017) prima di candidarsi a sindaco di Cirò Marina nel 2020. Per poi perdere al ballottaggio.

    Oggi si vocifera con insistenza di un suo ritorno a Cirò nella qualità di vicesindaco della futura amministrazione Sculco. Ma solo se il cugino presente in lista, Andrea Grisafi, fosse il più votato tra i candidati. Certamente godrà dell’appoggio del responsabile dell’ufficio finanziario del Comune, lo zio di Dell’Aquila (fratello della madre), Natalino Figoli, recentemente finito nell’occhio del ciclone per presunte irregolarità nel concorso per gli autisti dello scuolabus e, prima ancora, per le tasse universitarie pagategli dal Comune (circostanza citata nel decreto di scioglimento).
    Presente in lista anche una giovane parente del consigliere regionale del M5S, Francesco Afflitto, Martina Virardi, con sostegno (almeno virtuale, con “like” social) dell’ex maresciallo dei carabinieri di Cirò, Diego Annibale, a processo per rivelazione di segreto d’ufficio proprio a favore del citato Figoli.

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    Natalino Figoli con il ministro Roberto Speranza

    Le parentele “scomode” degli assessori di Paletta

    Tra i candidati di Sculco è presente l’attuale consigliera comunale di opposizione Maria Aloe. Si tratta della nipote del già citato boss di Cirò Nicodemo Aloe, freddato nel 1987. Accanto al cadavere, con macabro rituale, gli assassini hanno fatto trovare anche un cane impiccato. Suo cugino, Francesco Aloe, è stato condannato a 10 anni nell’ambito del processo di appello “Stige”.

    Tra la compagine attualmente in carica di Francesco Paletta si trovano altre parentele degne di nota. L’assessore comunale alla viabilità urbana, Giuseppe Mazziotti, ha una figlia, Daniela, sposata con il nipote di Cataldo Marincola. Mentre l’ assessore comunale allo sport Mario Romano (lo era anche nelle due giunte precedenti e, prima ancora, semplice consigliere) è fratello di Giuseppe Romano, considerato dagli investigatori un elemento apicale della cosca e già condannato per associazione di stampo mafioso. Inoltre, è cugino di Giuseppe Sestito, la cui sorella è moglie del boss Cataldo Marincola. Sestito, inoltre, è parente di Nicodemo Guerra, condannato per associazione mafiosa.

    L’assessore Romano, in una pubblica seduta del Consiglio comunale del 31 gennaio 2013, affermò di non rinnegare le proprie parentele, non capendo il motivo per cui le condanne dei suoi familiari debbano influire sulla sua persona o sull’amministrazione.
    La stessa sentenza del Consiglio di Stato (numero 4792 del 2015) che confermò l’annullamento dello scioglimento specifica che le parentele rilevano ai fini dello scioglimento di una amministrazione «a condizione che siano effettivamente legami e cioè siano connotati da attivi comportamenti di solidarietà e cointeressenza».

    Per questo, una pubblica presa di distanza di entrambi i candidati sindaci, provenienti dalla medesima maggioranza uscita dalle urne nel 2017, rispetto al voto mafioso e inquinato e a queste “cointeressenze”, sarebbe stata un atto dovuto rispetto a quel principio di trasparenza tanto decantato nei reciproci programmi elettorali.

  • Gadget da 160mila euro, per Occhiuto «è cambiata la musica». Ma suona sempre Orsomarso?

    Gadget da 160mila euro, per Occhiuto «è cambiata la musica». Ma suona sempre Orsomarso?

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    Guardare la pagliuzza e non la trave, è questo quello che apparentemente avrebbe fatto il presidente della Regione Roberto Occhiuto quando ha annunciato sui social la rimozione della dirigente del settore turismo coinvolta nell’ormai nota determina da 164mila euro per i gadget promozionali.

    «Non condivido importo e procedure» ha dichiarato Occhiuto, suscitando le ire del sindacato dei dirigenti degli enti locali (Direl) che, riservandosi di tutelare «la dignità della categoria dei dirigenti e dei dipendenti pubblici» nelle sedi opportune, specifica che «ove l’organo politico avesse avuto delle riserve da manifestare nei confronti della legittimità del provvedimento avrebbe potuto formulare i dovuti rilievi alla dirigenza in forma rituale ed ai sensi di legge e non mediante l’uso dei social».

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    Il presidente della Regione Roberto Occhiuto

    Approfondendo la questione, però, si intravedono responsabilità politiche che si tentano di (mal)celare, mettendo alla gogna dirigenti e burocrati che, come risulta dagli atti, hanno seguito indicazioni arrivate proprio dalla Giunta presieduta da Occhiuto.

    Gadget gate, la determina “incriminata”

    La determina da cui nasce il “Gadget gate” è la numero 5443 del 18 maggio, firmata dalla dirigente del settore “Promozione della Calabria e dei suoi asset strategici, spettacolo e grandi eventi, marketing territoriale” del Dipartimento Turismo, l’avvocata cosentina Gina Aquino, spostata in quel settore pochi giorni prima, il 3 maggio.
    È finita lei sul banco degli “imputati” (o meglio dire, dei “revocati”) a seguito della sfuriata social di Roberto Occhiuto.

    In quella determina, come è noto, si procedeva all’affidamento diretto per 164.122,94 euro, alla società Pubbliturco di Rende, di Vittorio e Valentina Turco, per la fornitura di gadget promozionali personalizzati per “Calabria Straordinaria”. Ossia il claim promozionale per il turismo promosso dall’assessore al ramo in quota Fratelli D’Italia, Fausto Orsomarso. Era anche l’hashtag della sua ultima campagna elettorale.

    Responsabile del procedimento in quella determina è il dipendente con posizione organizzativa in quel settore (nominato dalla Dg Antonella Cauteuriccio e dal dirigente di settore scopellitiano Cosimo Caridi con determina 1142 del 8 febbraio 2022), Luca Gennaro Fregola, già componente dell’ufficio di Gabinetto dei Presidenti di Regione Jole Santelli e Nino Spirlì.

    La proposta è di Orsomarso

    Allegato alla deliberazione della Giunta regionale n. 59 del 18 febbraio scorso, troviamo il “Piano Esecutivo annuale 2022”. E, benché la firma in calce alla deliberazione sia di Roberto Occhiuto, come assessore proponente viene indicato Fausto Orsomarso.
    Nell’allegato, al punto 3.3.8., rubricato “Marketing off-line: Promozione e Comunicazione” c’è scritto che: ”Le azioni riguardano lo sviluppo di campagne di comunicazione, (legate anche a CALABRIA STRAORDINARIA, il progetto-quadro di comunicazione strategica e di riposizionamento nazionale e internazionale dell’immagine complessiva della regione) su carta stampata, web e radio, tv, stazioni ferroviarie, grandi superfici di vendita, grandi eventi mediatici e sportivi”.

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    L’estratto del piano regionale allegato alla delibera 59

    Tra ciò che rientrava espressamente a titolo esemplificativo in quella categoria viene, nero su bianco, riportato lo “Sviluppo linea merchandising e gadget” e come fonte finanziaria i Por e i Pac.
    Nella successiva deliberazione della Giunta, la 189 del 3 maggio, avente ad oggetto “Piano di Azione e Coesione (PAC) Calabria 2007-2013. Approvazione rimodulazione scheda intervento III.7 “Interventi per la promozione e la produzione culturale”, tra le declinazioni delle azioni di promozione e marketing, viene, nuovamente, menzionato il “Marketing Off-line” quale azione di sviluppo anche di Calabria Straordinaria, che include espressamente lo “Sviluppo linea merchandising e gadget”.

    Gadget gate, lo scaricabarile sulla dirigente

    In quell’atto, la Giunta prende atto “delle esigenze manifestate dai Dirigenti Generali dei Dipartimenti interessati” e approva “la rimodulazione della Scheda III.7 Interventi per la promozione e la produzione culturale, restando immutata la relativa dotazione finanziaria, pari a Euro 28.750.000,00”.

    Ecco che la responsabilità è politica. E difficilmente può ricadere su una dirigente regionale nominata in quel settore dieci giorni prima di una determina che è conseguenza di un piano approvato nel mese di febbraio. Pertanto, in attesa dell’annunciato provvedimento di revoca della dirigente (in merito al quale i sindacati hanno già promesso battaglia), si tenta di mettere sotto al tappeto le responsabilità dell’assessore al ramo, già “assolto” pubblicamente dallo stesso Occhiuto.

    La Pubbliturco e la Regione

    I due soci della Pubbliturco s.r.l., beneficiaria dell’affidamento diretto nel “Gadget gate”, sono i fratelli Vittorio e Valentina Turco. Quest’ultima è stata legata sentimentalmente ad Alessandro Martire, collaboratore della sindaca di San Giovanni in Fiore Rosaria Succurro (e prima ancora fedelissimo dell’assessore De Cicco a Cosenza) ed è vicina professionalmente a Luigi Vircillo, già responsabile della comunicazione della Presidente Jole Santelli.

    L’azienda non è nuova ai finanziamenti regionali. Risulta sul Burc, difatti, un finanziamento dal Fondo per l’occupazione e la crescita di 78 mila euro nel 2016, un’aggiudicazione di servizio per 39mila euro oltre iva nel 2018 per informazioni e pubblicità del PSR Calabria 2014-2020, di 38mila euro nel 2019 per servizi e forniture per la partecipazione della Regione alla “Notte dei ricercatori”. E poi altre decine di migliaia di euro nel 2021 per magliette e cappellini destinati agli operatori volontari del servizio civile universale.

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    La foto postata su Fb da Roberto Occhiuto

    Nonostante le simpatie politiche, però, il nome della Pubbliturco è finita sul post social con tanto di X rossa del Presidente della Regione, facendo il giro d’Italia. Ora che la “determina a contrarre” nei loro confronti, firmata dalla dirigente Aquino, verrà revocata, qualora all’annuncio di Occhiuto seguano i fatti, è lecito chiedersi se alle già eventuali conseguenze legali, vi saranno anche conseguenze politiche. Che non riusciranno a stare sotto quel tappeto dove si son già tentate di nascondere le responsabilità di Fausto Orsomarso.

  • Co.co.co. alla Regione: la grande abbuffata

    Co.co.co. alla Regione: la grande abbuffata

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    La spesa per il personale (gli ormai arcinoti contratti Co.co.co.) dei gruppi politici in Consiglio alla Regione Calabria nella dodicesima legislatura è pari a 1.388.574,01 euro, in aumento rispetto alla precedente. Sono 44.792,71 gli euro annuali a consigliere regionale per stipulare i contratti previsti dalla legge regionale 13 del 2002.
    Una normativa molto chiara che rimarca nel suo articolo 5 il divieto di finanziamento, anche indiretto, ai partiti e, quindi, a finalità estranee a quelle dei Gruppi.

    Regione Calabria, più Co.co.co. per tutti

    Peccato che tra i vari beneficiari di questi compensi pubblici vi siano parecchi con un curriculum quantomeno inconsueto per qualsiasi ipotetica attività di supporto ai gruppi consiliari (fisioterapisti, babysitter, modelle, commessi, braccianti agricoli, ecc.). Oppure che figurino persone che con “il contrattino” vengono fidelizzate, come amministratori locali ed esponenti vecchi e nuovi dei partiti politici. O, ancora, grandi elettori che vengono così “ringraziati” per l’apporto offerto in campagna elettorale. Una distorsione se si pensa che non sono chiare le mansioni che questi “collaboratori” svolgano effettivamente. Né gli orari di lavoro. Né, addirittura, se mai abbiano messo o metteranno piede nelle istituzioni regionali che li stanno retribuendo.

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    La sede del Consiglio regionale

    Se fino a due anni fa quello dei Co.co.co. si poteva definire un circo, ora possiamo affermare che l’erogazione quasi selvaggia di questi compensi pubblici arrivi a “beneficare”, come si suol dire, cani e porci. E nessuna forza politica è esente, inclusi gli “ex anti-sistema” di Dema e il M5S. Come vedremo, tra i 155 contratti di collaborazione c’è anche la loro firma.

    Udc: Unione dei Co.co.co.

    L’Udc di Giuseppe Graziano è divenuta negli anni scorsi un caso paradigmatico noto a livello nazionale in merito a questi contratti di collaborazione, soprattutto per l’assunzione di una proprietaria di un hotel di Rossano che nel curriculum pubblicato sul sito del Consiglio regionale vantava di aver vinto un abbonamento a Topolino per un anno per aver vinto un concorso di disegno all’età di sei anni. In quello scandalo, finito a Le Iene, c’era anche un parrucchiere di Belvedere Marittimo, Giuliano Stumbo, oggi riconfermato nel suo contratto di collaborazione. Riceverà 2.204 euro lordi totali fino a fine luglio.

    Giuseppe Graziano (foto Alfonso Bombini/ICalabresi)

    Presente anche il consulente immobiliare di Corigliano-Rossano, Gianfranco Gallo, che per lo stesso lasso temporale guadagnerà 2.432 euro lordi; stessa somma per Giovanni De Simone, ex consigliere e assessore comunale di Rossano, oggi vicecoordinatore Udc cittadino e per il consigliere comunale di Corigliano-Rossano, Alfonso Pietro Caravetta. Saranno 2.420 euro, invece, per lo studente di economia (a Perugia) Gianni Beschin.

    Lega sprecona

    Lo scorso ottobre il commissario regionale della Lega, Giacomo Saccomanno, rivendicava pubblicamente il «modello virtuoso di gestione del gruppo consiliare che ha lasciato il segno nella politica di palazzo Campanella» operato dal suo partito che ha risparmiato 110mila euro di spese dei gruppi consiliari. Ora la rotta pare essersi invertita, dato che, oltre all’incetta di portaborse, sono presenti pure i “contrattini” leghisti.
    In quota Simona Loizzo, troviamo il neodiplomato perito informatico Francesco Bartolomeo, che nel curriculum pubblicato precisa di essere “iscritto alle liste di collocamento della Provincia di Cosenza”. Una mera opera di bene? Non proprio, perché è figlio dello storico consigliere comunale e provinciale di Cosenza (Udeur, poi Pdl) Roberto Bartolomeo. Il figlio prenderà un compenso pari a 13.230 euro lordi per una collaborazione fino a fine dicembre.

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    Il consigliere regionale della Lega, Simona Loizzo (foto Alfonso Bombini)

    Della stessa durata, ma con un compenso pari a 6.737 euro lordi ciascuno, tornano in quota Lega gli ex autisti dell’ex presidente f.f. della Regione Nino Spirlì, Luca Bongiovanni e Vincenzo D’Agostino.
    In quota Pietro Raso è presente il leghista lametino Giuseppe Antonio Folino, che avrà un compenso di 4.788 euro lordi per una collaborazione fino a fine agosto.

    Alla militante Angela Isabella andranno invece 6.070 euro lordi per una collaborazione fino a fine dicembre.
    Presenti anche gli “amici” del presidente del Consiglio regionale, Filippo Mancuso. Riceverà 2.869 euro lordi per una collaborazione fino a fine luglio, Maria Madia, moglie di Rosario Marziale, portaborse in carica dello stesso Mancuso, mentre per una collaborazione fino alla fine di dicembre, il giovane presidente del consiglio comunale di Cropani, Dario Mercurio, riceverà 8.395 euro lordi.

    Regione Calabria e Co.co.co: l’ipocrisia a 5 stelle

    L’attuale capogruppo regionale del M5S, Davide Tavernise nel maggio del 2018 (all’epoca era consigliere comunale di Crosia), presentò la proposta di legge “taglia privilegi” unitamente ai parlamentari Alessandro Melicchio, Riccardo Tucci e Federica Dieni cui seguì una raccolta di migliaia di firme. Veniva proposto proprio il taglio delle spese per i gruppi consiliari. Oggi, da capogruppo in Regione, oltre ad essere colui che ha completato per primo la “maxi struttura” con ben 8 portaborse, autisti inclusi, è anche il primo grillino ad aprire la stagione dello spreco con i Co.co.co., nel silenzio imbarazzato del partito.

    Tra i “selezionati” ci sono gli ex candidati alle elezioni regionali del 2020, Guglielmo Minervino, che avrà un compenso di 1.800 euro lordi fino a fine maggio, e Valentina Pastena (attualmente candidata consigliera a Lungro con la lista “Rinascita” a sostegno di Carmine Ferraro), con un compenso di 3.600 euro lordi per una collaborazione fino a fine agosto. Oltre a loro, è presente l’ex collega bagnino di Tavernise al Futura Club Itaca Nausicaa di Corigliano Rossano, Emilio Capristo di Mirto Crosia, che avrà anch’esso un compenso di 3.600 euro lordi per una collaborazione fino alla fine di agosto. Non è la prima volta che Tavernise assume ex colleghi. Tra i portaborse, difatti, c’è Patrizia Pace, anch’essa di Mirto Crosia ed ex collega nel medesimo villaggio vacanze.

    Davide Tavernise (M5S)

    Stessa somma, sempre per collaborare fino alla fine di agosto, andrà a Marco Lucio Pace, “aiuto casaro” al caseificio Fazio di Crosia. Nel suo curriculum, tra le competenze, ci sono il “taglio, porzionatura e confezionamento dei prodotti” e la “gestione delle operazioni di detersione e sanificazione di superfici”. Chissà se quest’ultima skill sarà utile a pulire anche la coscienza politica di Tavernise e del M5S, rispetto alle plateali promesse pre-palazzo sul taglio dei costi della politica.

    Il solito Pd

    Fiumi di collaborazioni anche in casa dem. Giovanni Brindisi, ex portaborse di Giuseppe Aieta, otterrà un compenso di 4.063 euro lordi per una collaborazione fino alla fine di settembre, mentre Antonio Vincenzo Leotta, già portaborse del consigliere regionale Mimmetto Battaglia del Pd, riceverà 3.028 euro lordi per una collaborazione fino a fine luglio.
    Presente anche Gianmaria Molinari, figlio di Antonio, per anni direttore generale della Provincia di Cosenza con Mario Oliverio e poi capo di gabinetto di Mario Occhiuto a Palazzo dei Bruzi. È stato portaborse del capogruppo del Pd Mimmo Bevacqua l’anno scorso e ora prenderà 7.590 euro lordi per una collaborazione fino alla fine di settembre.

    A Giuseppe Ciancio, componente dell’assemblea provinciale del Pd di Vibo e figlio dell’ex sindaco di Sant’Onofrio, Franco, andranno 5.332 euro lordi per una collaborazione fino a fine dicembre. Poi c’è l’ex sindacalista della Cgil, Giovambattista Paola di Gizzeria. Avrà, in quota Raffaele Mammoliti, 6.389 euro lordi per una collaborazione fino alla fine di dicembre.
    Per lo stesso periodo e sempre in quota Mammoliti entra il fisioterapista di Strongoli, Ercole Caligiuri, con un compenso di 5.314 euro lordi. Spicca anche Piero Corigliano, figlio di Pepè Corigliano, storico esponente del Pd di Rocca Di Neto ed esponente della Fondazione Enrico Berlinguer di Crotone. Per il rampollo 4.542 euro lordi di compensi pubblici per una collaborazione fino alla fine di settembre.

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    Un santino elettorale di Raffaele Mammoliti

    Presente anche Giuseppe Dell’Aquila, ex portaborse dell’assessora regionale al lavoro dell’era Oliverio, Federica Roccisano, nonché ex Presidente f.f. della Provincia di Crotone e oggi consigliere provinciale del Pd e consigliere comunale a Cirò Marina, in lizza per diventare a breve vicesindaco di Cirò (sul punto ci ritorneremo). Per lui 6.813 euro lordi, fino alla fine di dicembre.
    Riceverà 2.482 euro lordi, invece, Rosario Frosina, già portaborse del portavoce dell’allora presidente del Consiglio regionale Nicola Irto, per una collaborazione fino alla fine di luglio.

    Non manca più nessuno…

    Nell’elenco dei “contrattini” sono presenti anche esponenti di Coraggio Italia. Toccheranno 3.402 euro lordi per una collaborazione fino alla fine di agosto al presidente del Consiglio comunale di Sant’Onofrio e studente Unical, Giuseppe Alibranti. Stessa cifra per lo stesso periodo a Sara Lucia Borello, già titolare del Winner Bar di Serra San Bruno e moglie dell’ex assessore comunale Cosimo Polito. Idem per il campione di Judo vibonese, Bruno Giovanni Carè, espressione dei giovani del Partito.
    Presente anche Francesco Maria Meduri, responsabile regionale organizzazione di Coraggio Italia. Percepirà un compenso di 3.251 euro lordi per una collaborazione fino alla fine di settembre.

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    Antonio Lo Schiavo

    Con il consigliere regionale di De Magistris Presidente, Antonio Lo Schiavo, vengono contrattualizzati in due. La prima è Valentina Carmen Ferraro, con un compenso di 3.000 euro lordi fino a fine luglio, figlia dell’ex sindaco di Rombiolo, Mario Ferraro e cugina dell’ex consigliere regionale Antonio Billari. Il secondo è Cosimo Silipo, figlio della consigliera comunale di Vibo Valentia, Loredana Pilegi e del professore ordinario dell’Unical, Damiano Silipo. Per lui 3.250 euro lordi fino a fine luglio.

    Regione Calabria, il centrodestra e i Co.co.co.

    Non sono esenti nemmeno Fdi, Forza Italia, Forza Azzurri. Insomma, ci sono tutti. In quota Fratelli D’Italia, 5.528 euro lordi per una collaborazione fino a fine luglio andranno a Nicola Caruso, esponente cosentino di Gioventù nazionale, 2.648 euro lordi al consigliere comunale di Lamezia Terme, Antonio Lorena, 2.456 euro lordi alla vicesindaca di Casali del Manco, Federica Paura e 3.857 euro per l’assessora comunale di Simeri Crichi, Caterina Zangari.

    In quota Fi, con un compenso di 4.232 euro lordi fino alla fine di luglio, è stata contrattualizzata Regina Chinigò. È la moglie dell’ex consigliere comunale e provinciale di Forza Italia, Giuseppe Eraclini, indagato nell’ambito dell’inchiesta recente sui brogli elettorali a Reggio Calabria. La figlia Stefania, anch’essa già consigliera comunale, è attualmente portaborse della vicepresidente della Giunta, Giusy Princi.
    Al consigliere comunale di Lamezia Terme, Matteo Folino, invece, andranno 1.837 euro lordi. Per lui una collaborazione fino a fine luglio.

    Qualcuno sembrerebbe averlo piazzato anche il presidente Roberto Occhiuto. Massimo Bozzo, ad esempio, amico di vecchia data ed ex consigliere ed assessore a Cosenza quando era sindaco il fratello del governatore. Oppure il sempreverde Mario Campanella, ex gentiliano Docg, votatosi alla causa dei fratelli forzisti e della compianta Santelli negli ultimi anni (con relativi incarichi al Comune e in Regione). Il primo prenderà 5.104 euro fino a luglio. Molto più ricco il piatto per il secondo: 14.089 euro fino al 31 dicembre.

    I più bizzarri

    Sfogliando i vari curriculum rileviamo, infine, che andranno:

    • 3.795 euro lordi ad Anna Maria Pia Ardito, insegnante di Yoga reggina e aspirante osteopata;
    • 2.574 euro lordi alla docente di musica di Rende, Rosa Audia;
    • 3028 euro lordi al bracciante agricolo (che tra le esperienze lavorative inserisce la “raccolta di mele”) Giuseppe Carbone;
    • 3.600 euro lordi alla baby sitter di Corigliano-Rossano, Bina Cariati;
    • 2.432 euro lordi al tabaccaio di Spezzano Albanese, Damiano Carnevale;
    • 5.411 euro lordi alla O.s.s. lametina Teresa De Fazio;
    • 3.000 euro lordi al cameriere di Tropea, Gaetano Navarra;
    • 2.730 euro lordi all’estetista di Locri, Caterina Palamara;
    • 5.965 euro lordi alla logopedista crotonese Roberta Pignolo;
    • 2.730 euro lordi alla wedding planner catanzarese Valentina Maiolo;
    • stessa cifra per la lametina Cinzia Fabiano, già responsabile gastronimica di “Crudo e Cotto” e cassiera della Conad.
    • 2.947 euro lordi andranno a Gaetana Miduri, collaboratrice della ditta Pilò s.r.l., che ha l’appalto delle pulizie del Consiglio regionale.

    Dulcis in fundo, 2.279 euro lordi al giovane catanzarese, classe 2000, Dino Fera. Nel suo profilo Facebook scrive: “lavora presso…nel letto”. Insomma, lo spreco è servito.

     

     

  • Viscomi come Renzi? Entopan, un business di sinistra

    Viscomi come Renzi? Entopan, un business di sinistra

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    Porte girevoli, conflitti di interesse e lobbying. Sono tutte questioni che tengono banco nel dibattito pubblico di questi mesi, soprattutto a seguito delle attività extraparlamentari del leader di Italia Viva e senatore Matteo Renzi. In particolare, destò molto scalpore la nomina dell’ex presidente del Consiglio nel Cda della Delimobil, società di car sharing operante in Russia, partecipata dalla banca statale Vtb. Certo, appena scoppiato il conflitto in Ucraina, Renzi lasciò quel Cda, ma l’assenza di una regolamentazione di queste attività per i parlamentari continua ad essere evidenziata dagli addetti ai lavori e non solo.

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    Il leader di Italia Viva, Matteo Renzi

    Lobby e silenzi

    Manca prima di tutto una legge sulle lobby. In Calabria ne venne approvata una nel 2016, ma non è mai stata applicata. Per i deputati della Repubblica, invece, il 12 aprile 2016 è stato approvato dalla Giunta per il Regolamento un codice di condotta che dispone “Qualora un deputato assuma una carica o un ufficio successivamente alla proclamazione, deve renderne dichiarazione (al Presidente della Camera, ndr) entro il termine di trenta giorni”. In caso di violazione di quanto disposto, è previsto che ve ne venga dato annuncio in Assemblea con conseguente pubblicazione della violazione sul sito web della Camera dei Deputati. Insomma, un corpus normativo molto flebile, a fronte di situazioni che possono essere più che rilevanti.

    Il Viscomi dimezzato: parlamentare e lobbista

    Antonio Viscomi, deputato del Pd ed ex vicepresidente della Regione Calabria rappresenta un caso emblematico. Possiede dal 31 marzo (deposito atto il 20 aprile) di quest’anno 50mila euro di quote della Entopan Innovation srl, società di progettazione, sviluppo, gestione e startup di interventi di innovazione tecnologica. Di questa società, dal novembre 2019 è anche consigliere di amministrazione, così come lo è dal gennaio 2020 di un’altra società che partecipa con quote alla prima, la Entopan srl.

    Dall’ottobre 2019 al gennaio 2020, Viscomi è stato anche nel Cda di Ehic srl; inoltre, dall’ottobre 2019 al marzo 2022 è stato nel Cda di Harmonic Innovation Hub srl; dall’ottobre 2021 al marzo 2022, poi, è stato presidente del Cda di Harmonic Innovation Research srl, tutte società “satelliti” di Entopan. Tra le dichiarazioni sulle cariche ricoperte sul sito della Camera, però, tutte queste cariche non risultano contenute in atti pubblicati ed è ipotizzabile, quindi, che Antonio Viscomi non abbia provveduto a dichiararle come previsto dalla citata normativa parlamentare.

    Entrambe le società in cui Viscomi ha attualmente cariche del Cda (Entopan e Entopan Innovation) si occupano, tra le altre cose, di instaurazione di regolari rapporti di collaborazione con Università e/o centri di ricerca, istituzioni pubbliche e partner finanziari. Tra le attività svolte, risulta anche lo svolgimento di attività di reti di relazioni, lobbying e marketing. Si legge nelle relative visure camerali, che le attività della società “si rivolgono alle imprese, agli enti, ai territori, alle comunità ed alle competenze che intervengono nelle diverse fasi che compongono l’intera filiera della ricerca e dell’innovazione”.

    I potenziali conflitti d’interesse di Viscomi

    Un business redditizio perché a fine 2020 Entopan Innovation srl, con un capitale sociale di oltre 4 milioni e 300 mila euro, ha fatturato 1milione e 971mila euro, mentre la Entopan srl, con un capitale sociale di 380mila euro, a dicembre 2019 aveva un fatturato di 1milione e 652mila euro.
    Certo, nel 2021 Entopan Innovation ha avuto il ruolo di advisor nell’ingresso di Cdp Ventura Capital Sgr spa (Fondo Nazionale Innovazione) – società del gruppo Cassa Depositi e Prestiti partecipata al 70% dalle società pubbliche Cdp Equity e al 30% da Invitalia – nella società calabrese Altilia srl, con un investimento di quasi 3 milioni di euro nel campo dell’intelligenza artificiale.

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    La sede di Cassa Depositi e Prestiti

    Nello stesso anno, la Entopan Innovation ha ricevuto un affidamento diretto dal Ministero della Cultura (a guida dell’esponente Pd, Dario Franceschini), per un importo certamente più modesto, 2800 euro oltre Iva. In entrambi i casi, però, la presenza del parlamentare Pd Antonio Viscomi nel Consiglio di Amministrazione della società, pare rappresentare un elemento di forte conflitto di interesse.

    Gli amici di sinistra…

    Viscomi non è l’unica presenza politica in questa galassia societaria. Già, perché presidente di Entopan srl è Francesco Cicione, molto vicino all’ex sottosegretario e deputato verdiniano Pino Galati. Cicione è stato vicesindaco di Lamezia Terme nella giunta di centrosinistra di Gianni Speranza dal 2008 al 2014. «Fare impresa è fare politica, e fare impresa così come la facciamo è la più alta forma di Carità» ha dichiarato il fondatore di Entopan Francesco Cicione in una intervista. «Operiamo in favore di imprese, start-up, spin-off, territori e comunità, accompagnando i processi lungo l’intera filiera dell’innovazione».

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    L’ex sottosegretario Pino Galati

    Con lui tra gli amministratori di Entopan, oltre alla moglie, Brunella Chiodo, c’è un altro innesto della citata Giunta Speranza, l’ex assessora Giuseppina Crimi, che è stata anche consigliera comunale a Lamezia dal 2002 al 2014. Nel Cda, inoltre, risulta anche lo stesso ex Sindaco Gianni Speranza.
    Tra gli “advisoring” della società, invece, è presente l’ex parlamentare dei Ds, Nuccio Iovene.

    …e i “Calabresi nel mondo”

    Gli ex assessori comunali di Lamezia, Cicione e Crimi, sono stati al centro del polverone sulla Fondazione “Calabresi nel Mondo”, sul quale pende ancora il processo di primo grado a carico dell’ex Presidente, appunto l’ex deputato Pino Galati, per la presunta gestione illecita e clientelare delle assunzioni.
    Oltre alle assunzioni di Crimi (che ne portò alle dimissioni da assessora comunale) e Cicione, risultavano anche quelle del cognato di quest’ultimo, Paolo Strangis e dei rappresentanti di Arci, Gennaro Di Cello e Francesco Falvo D’urso, oggi rispettivamente vicepresidente e graphic designer di Entopan srl.
    Nell’elenco degli assunti c’era anche Giandomenico Ferrise, figlio di Aldo Ferrise, anche lui assessore comunale a Lamezia Terme nella Giunta Speranza e oggi socio di Entopan Innovation srl.

    «Prima di entrare in Entopan conosceva già Francesco Cicione con cui condivideva valori ed alcune esperienze lavorative. Fondamentale, per la sua scelta di diventare socio di Entopan, è stata la collaborazione comune ad un progetto del 2012: Calabresi nel mondo. Lì è maturata la consapevolezza di avere un bagaglio condiviso di esperienze e valori e la voglia di iniziare insieme un percorso professionale» viene raccontato su Gennaro Di Cello su Effedi.

    La galassia societaria di Entopan

    Ricapitoliamo: Entopan srl è socia di Entopan Innovation srl (delle quali Antonio Viscomi è componente di Cda). In quest’ultima risultano anche soci oltre, appunto, al parlamentare Viscomi e all’ex sindaco Speranza e i suoi ex assessori Ferrise, Crimi e Cicione, anche la direttrice reggente dell’autorità regionale dei trasporti della Calabria, Filomena Tiziana Corallini, il costruttore Angelo Ferraro, vicepresidente della squadra di calcio Lamezia F.C. e già presidente dei “galatiani” di Alternativa Popolare di Lamezia Terme, l’ex Co.co.co. regionale Vera Tomaino, la cooperativa sociale Inrete (che ha il vicepresidente di Entopan come residente ed il già citato Francesco Falvo D’Urso nel Cda) e l’ex Prorettore dell’Unical, Luigino Filice.

    Abbiamo anche la società, iscritta nel registro delle imprese come startup innovativa, Harmonic Innovation srl. «La società ha per oggetto e con carattere prevalente la ricerca di base e pre competitiva, la progettazione, la prototipazione e lo sviluppo di concept e processi edilizi, tipologici ed architettonici, ad alto tasso di innovazione tecnologica, strategica e sociale». «La società, inoltre, potrà realizzare e commercializzare in proprio eventuali interventi immobiliari complessi finalizzati alla valorizzazione della ricerca sviluppata», si legge nella visura camerale.

    Le partecipazioni societarie

    Le partecipazioni societarie sono, tra le principali, quelle di Entopan srl per 155mila euro, la 2Effe Holding s.r.l. per 117mila euro (del citato Angelo Ferraro, col parente Antonio), 66mila euro di Valerio Barberis, assessore comunale del Pd di Prato (e nome papabile quale futuro Sindaco) e 17mila della Seshat s.r.l. che ha come amministratore unico Pietro Grandinetti, direttore tecnico della Ferraro spa.

    Harmonic Innovation hub srl, anch’essa registrata come startup innovativa, ha un capitale sociale più ingente, di quasi 2 milioni di euro. Entopan srl partecipa con quasi 1milione e 300mila euro, 255mila la 2Effe Holding s.r.l. dei Ferraro e 200mila l’ex parlamentare del Pdl, Santo Versace. Presidente del consiglio di amministrazione è un altro ex sindaco di Lamezia Terme, Pasqualino Scaramuzzino (il cui Consiglio venne sciolto per infiltrazioni mafiose), già candidato con “Forza Azzurri” alle ultime elezioni regionali.

    Insomma, tra partecipazioni, incarichi ed esponenti pubblici, la galassia di Entopan risulta un incubatore (redditizio) non solo di start-up, ma anche di interessi che certamente metteranno (almeno) in imbarazzo Antonio Viscomi, quale deputato in carica e membro della commissione Lavoro. Oltre che come esponente di quel Partito Democratico che nei mesi ha criticato Matteo Renzi a tutto tondo per i suoi affari extraparlamentari.