Futuri possibili per la città

Calvino racconta che «La città non dice il suo passato, lo contiene come le linee d’una mano, scritto negli spigoli delle vie…», come un segreto ben celato, ma pronto a svelarsi a chi mostrasse di amarla. I protagonisti di Futuri Urbani e poi del Cosenza open Incubator, di amore ne hanno avuto parecchio verso la parte della città più trascurata e che quasi pudicamente si nasconde, le antiche pietre della città storica.

Dall’Unical al Centro storico

L’esperienza di Futuri Urbani ha inizio nel 2021 per iniziativa dell’Università della Calabria e specificatamente del Dispes. A ideare il progetto furono Mariafrancsca D’Agostino, che insegna Migrazioni e cittadinanza globale, Francesco Raniolo, docente di Scienza politica e Felice Cimatti, professore di Filosofia del Linguaggio presso lo stesso ateneo, con il fondamentale sostegno di Maurizio Muzzupappa, delegato al Trasferimento tecnologico dal rettore Nicola Leone. Il campo d’azione è stato il centro storico cittadino, scelto per sperimentare la possibilità di dare vita a forme critiche di sapere e a processi di sviluppo sociale ed economico nuovi.

Si è trattato a tutti gli effetti di un sperimento di “ecologia urbana”, di ricerca che si è svolta incrociando per un verso l’analisi dei processi di neo liberalizzazione che da anni  interessano le città e tra esse Cosenza, ma anche l’osservazione dei nuovi processi di partecipazione che stanno emergendo nelle realtà urbane più marginalizzate.

La rigenerazione urbana parte dalla partecipazione diffusa ai progetti

Contrastare le disuguaglianze

La potenza di quella esperienza è venuta dalla partecipazione attiva delle diverse associazioni, che avendo condiviso il progetto ne sono diventate partner e con il loro operato hanno trasformato in azione “politica” l’impianto teorico di studio. Gli interventi realizzati avevano lo scopo di contrastare le disuguaglianze e provare a mitigare gli effetti sociali dell’impoverimento materiale e immateriale del territorio.

La contaminazione tra università, realtà urbane e associazionismo ha dato vita a una forma inedita di realizzazione della Terza missione dell’Unical, dove lo scambio è stato trasversale, tra saperi sofisticati, esperienze radicate nei luoghi e formazione relativa alla nascita di possibilità di nuove forme di economie sostenibili.

Palazzo Spadafora, nel centro storico di Cosenza, sede dei progetti dell’Unical

Palazzo Spadafora e le startup

Oggi parte una seconda fase, forte dell’esperienza fin qui costruita. Si tratta di una sorta di passaggio di testimone che prevede l’inclusione nell’Open Incubator che l’Unical ha aperto dentro Palazzo Spadafora, di una serie di iniziative non soltanto economiche e imprenditoriali, ma anche di rigenerazione culturale. In questo ambito le associazioni GaiaAghia Sophia e Radio Ciroma, operano anche dentro il Palazzo, favorendo l’idea di un “incubatore sociale” che lavori sulla multiculturalità, le politiche di genere, la riappropriazione degli spazi, esercitando forme di partecipazione civica dal basso.

Il ruolo delle associazioni

Le associazioni da parte loro hanno accolto con grande favore il coinvolgimento giunto dal Dispes,  infatti dall’Unical non sempre c’è stata una uguale attenzione verso il centro storico. Oggi Palazzo Spadafora, sede dell’incubatore di dieci startup, è anche punto di partenza di una animazione territoriale. Ed è qui che entrano in gioco le associazioni, da diverso tempo presenti nel quartiere. Per tutto il mese di novembre si svolgeranno iniziative laboratoriali, eventi capaci di coinvolgere i cittadini e le scuole. Si tratta di un segnale di vitalità, che dimostra concretamente che attuare pratiche differenti di vivere e animare gli spazi urbani riempiendoli di senso, è possibile.

I progetti comprendono la valorizzazione delle antiche attività artigiane

I destinatari di questi segnali sono certamente l’università, il resto della città e ovviamente l’amministrazione comunale. Si tratta di una azione dalla valenza culturale, è ovvio, ma di cui non si può non cogliere la portata politica, che si manifesta attraverso mostre artistiche, eventi culturali, forme di richiamo tra le antiche pietre dei vicoli della città vecchia. Sono modi di reclamare per quei luoghi, spesso dimenticati, una centralità che potrebbero ancora avere, una  forma di rivendicazione di dignità per le popolazioni che li abitano.

Il radicamento delle associazioni dentro il quartiere ha fornito loro legittimazione e autorevolezza presso gli stessi abitanti. Ecco quindi, che le loro iniziative, come quelle di Radio Ciroma, di formazione dei giovani alle forme di comunicazione, hanno trovato accoglienza e consenso.

Le associazioni svolgono anche un ruolo formativo all’interno del quartiere

Dare continuità alla costruzione del futuro

Adesso si tratta di guardare oltre, dare continuità a un percorso coraggioso e certamente difficile, il cui esito positivo era tutt’altro che scontato, scaturito dalla capacità di coniugare efficacemente saperi sofisticati con la necessità di are forma concreta a quelle idee. Futuri urbani non è stata una esperienza accademica, anche se alcuni protagonisti provenivano dalle aule universitarie, ma una forma di confronto e sperimentazione di idee audaci e possibili che sono diventate realtà. Di qui la necessità che l’attenzione dell’università verso questa esperienza non vada smarrita, ma trovi rinnovata continuità.