Vedere รจ credere? Forse

Due bambini, 4 anni ciascuno e un nome quasi gemello, Omar e Omer. Uno palestinese, lโ€™altro israeliano, accomunati dallo stesso destino. Muoiono nei primi giorni del conflitto, uno mentre gioca con il fratello piรน grande, Majd, davanti lโ€™uscio di casa, lโ€™11 ottobre, lโ€™altro allโ€™interno della sua casa, insieme al resto della famiglia, nel kibbutz Nir Oz durante lโ€™attacco del 7 ottobre.

Un destino che va anche oltre la morte, negata dai social. Di Omar si arriva a scrivere che si tratta di una bambola, e di Omer che รจ un attore pagato; sarร  la giornalista della BBC, Marianna Spring, ad andare a verificare la notizia, intervistando la famiglia dellโ€™uno, e i parenti rimasti in vita dellโ€™altro.
Una storia che conferma la brutalitร  cinica della guerra, rivelando una diffusa consapevolezza rispetto ai meccanismi di comunicazione social, per cui tutto รจ falso e verosimile al tempo stesso (o falso proprio perchรฉ verosimile). Ma ai tempi dellโ€™AI, che rende disponibili su un sito di stock false foto del conflitto, la percezione di questa vicenda ha contorni paradossali, che ci riportano, ancora e sempre, alla natura della fotografia. Perchรฉ la negazione della morte di Omar e Omer non mette in dubbio lโ€™autenticitร  delle foto insieme alla loro funzione testimoniale, ma la veridicitร  stessa della storia. Come dire che se cโ€™รจ la consapevolezza di un conflitto parallelo, combattuto sul fronte della disinformazione, per altri versi si fa ancora fatica ad abbandonare lโ€™idea barthesiana della fotografia come un โ€œรจ statoโ€.
In ogni caso, compito della propaganda รจ oscurare la foto con quellโ€™invisibile oltre i bordi che รจ il terreno vago dellโ€™interpretazione.

Attilio Lauria