Sergio Pugliesi, la rivoluzione della liuteria si fa a Scilla

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Uscire dal recinto obbligato delle tarantelle classiche. Allontanarsi dalle atmosfere ipnotiche della tradizione popolare calabrese. Sposare ritmi e melodie che non si vergognano ad abbracciare il jazz e il pop e virano su rotte che guardano senza timore al passato remoto (e a quello più prossimo) restando con i piedi nel presente. Un presente fatto di un nuovo interesse per uno degli strumenti principe della tradizione popolare: la chitarra battente. È il percorso di tradizione “in movimento” che è diventato il marchio di fabbrica di Sergio Pugliesi. Artista del legno per vocazione familiare e liutaio quasi per caso, con le sue Oliver si è ritagliato negli anni la fiducia di tanti musicisti in giro per il mondo.

Autodidatta

Il Dams nella Cosenza degli anni ’90, gli studi e le ricerche sugli strumenti della tradizione, il laboratorio di falegnameria che era stato di suo padre e di suo nonno prima di lui: gli elementi c’erano tutti. Il detonatore lo fa la passione per la musica. L’innesco, la voglia di costruirsi, da autodidatta, un basso elettrico. «Sì, ma alla fine il risultato non fu eccelso. Avevo già fatto delle cose con il legno – racconta Puglisi appoggiato al banco da lavoro del piccolo laboratorio sul lungomare di Scilla, a due passi dallo Stretto – se vieni da una famiglia come la mia, dove tutti avevano in qualche modo a che fare con il legno, è inevitabile. Ma non avevo nessuna esperienza e non suonava bene».

Da quel primo tentativo – che ricorda da vicino il modello suonato da Les Claypool dei Primus e che ora osserva dall’alto del soffitto la creazione dei nuovi strumenti – molte cose sono cambiate. Le prime riparazioni agli strumenti dei musicisti locali, le prime creazioni originali sul solco della tradizione, l’intuizione di trasformare passione e talento in un lavoro vero e proprio.

Animo rock

L’approccio di Sergio Pugliesi al mondo della tradizione popolare è quindi influenzato dalla contemporaneità – «ai tempi dell’università con un mio professore avevamo fondato il nucleo combattente contro la tarantella», racconta sorridendo – che consente all’artigiano di sforare i dogmi dei «talebani della tradizione» ritagliando alla chitarra battente, strumento divenuto ormai cavallo di battaglia della sua produzione, un nuovo ruolo nel panorama musicale contemporaneo, per uno strumento camaleontico, capace di sposare la musica colta da cui nasce, e quella popolare da cui è stato adottato.

Un pezzo alla volta

L’ebano o il palissandro per la tastiera, il mogano per il manico e la sequoia centenaria e il tiglio per la cassa armonica. E poi il pero, il gelso e l’ulivo, in una ricerca continua di materiali e tecniche che seguono la tradizione anche nell’utilizzo delle ricchezze del territorio. Ma anche la fibra di carbonio come rinforzo al manico, e l’acciaio inox per i tasti. E ancora colle e solventi di origine naturale. Tutti elementi essenziali che entrano nel processo creativo di Sergio Pugliesi che realizza a mano ogni suo lavoro.

Un percorso solitario e che va incontro alle esigenze di chi si è messo in fila per ottenere una battente Oliver. «Istruire un aiutante sospenderebbe di fatto la produzione. Questo è un lavoro di estrema precisione, non ho davvero tempo per insegnarlo a qualcuno. Forse un giorno, se qualcuno dei miei figli dimostrerà interesse…».

Lunghe attese per le chitarre Oliver

Ci vogliono infatti diversi mesi di lavoro per realizzare ogni pezzo e la lista d’attesa per ordinare l’agognato strumento può arrivare anche a sfiorare un anno. I prezzi variano da strumento a strumento – oltre alle chitarre, il laboratorio sforna anche lire calabresi e altri strumenti della tradizione che si affiancano a chitarre e bassi elettrici.

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Sergio Pugliesi e il basso rivestito di peluche realizzato per sua figlia (foto Vincenzo Imperitura)- I Calabresi

«Quello nero ricoperto con il peluche l’ho fatto per mia figlia che sta imparando a suonare». Per una battente si arriva a pagare anche 2.500 euro, un prezzo che non ha scoraggiato decine di musicisti in giro per il pianeta. Che si sono messi in fila, in questo piccolo laboratorio affacciato sul mare, per poter utilizzare l’arte di questo artigiano calabrese: la battente sul tavolo da lavoro aspetta gli ultimi ritocchi prima di approdare in Cile.

I sogni nella capsula del tempo

All’orizzonte, frontiere ancora più sfacciate rispetto all’intoccabile mondo della tradizione calabrese. «Sto pensando a una battente elettrica, ma non mi invento niente, Pino Daniele la usava già negli anni ‘80». E, soprattutto, l’idea di fissare nel tempo la “paternità” degli artisti che suoneranno le battenti di Scilla in giro per il mondo. «Il processo di creazione di ogni battente si alimenta del confronto continuo con il musicista che l’ha ordinata e che la vuole realizzata secondo le proprie indicazioni».

Francesco Loccisano, compositore e docente della prima classe di chitarra battente in Italia al Conservatorio Tchaikovsky, con una delle creazioni di Sergio Pugliesi

«Chiederò a ogni musicista con cui lavorerò di scrivere una lettera che descriva il suo carattere, le sue motivazioni, i suoi sogni e la inserirò all’interno della cassa. Sto già lavorando al tipo di colla migliore da utilizzare per fissarla. Ogni chitarra battente diventerà una piccola capsula del tempo che porterà al suo interno la storia del suo possessore originale». Per uno strumento che nella tradizione popolare è costruito con materiali di fortuna – e che, di norma, non è destinato a durare nel tempo – è un’altra piccola rivoluzione targata Sergio Pugliesi.